Inizia a emergere il problema della corrosione degli impianti
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Inizia a emergere il problema della corrosione degli impianti
INSERTO ENERGIA RINNOVABILE ● ESITI DI UNA RICERCA CONDOTTA IN GERMANIA SU IMPIANTI DI BIOGAS Inizia a emergere il problema della corrosione degli impianti Oltre ai processi chimici ed elettrochimici, anche l’azione di microrganismi può indurre fenomeni corrosivi e, secondo ricercatori tedeschi, essa è responsabile di circa il 20% dei danni che la corrosione provoca agli impianti di biogas. Tali effetti sono strettamente legati alla tecnologia di desolforazione utilizzata e si manifestano sia nelle parti sommerse del digestore sia in quelle a contatto con il biogas Corrosione da induzione microbica Nella pratica non esiste materiale (polimeri, metalli, vetro, ceramica, ecc.) la cui struttura microscopica non possa essere attaccata e modificata dai microorganismi. I ricercatori stimano che il 20% circa dei danni indotti dalla corrosione siano riconducibili alla corrosione da induzione microbica. Tra i più attivi in questo senso sono i solforiduttori, i batteri cioè che riducono i solfati. I ricercatori hanno confermato come siano soprattutto gli acciai non legati (acciai nel quale i tenori degli elementi di lega rientrano nei limiti indicati dal prospetto I della UNI EN 10020 quelli maggiormente interessati alla corrosione microbica, che però si riscontra anche in acciai inossidabili oltre che nelle platee di calcestruzzo. E questo si rileva sia nelle zone del digestore sommerse dalla miscela in digestione sia in quelle a contatto con il biogas. Influenza del trattamento di desolforazione di Pierluigi Navarotto L’ esperienza che stiamo maturando sulla scorta dei vari eventi che accadono negli impianti di biogas in funzione da alcuni anni, conferma drammaticamente quanto sia importante operare con grande attenzione al fine di contenere i fenomeni corrosivi che, per varie cause, possono svilupparsi all’interno degli impianti. Tale esigenza è ancor più evidente nella vicina Germania, dove molti impianti hanno già raggiunto gli 8-10 anni d’età. Interessanti, per questo, le prime indicazioni che si hanno da una ricerca sviluppata dalla Scuola superiore di ingegneria della Vestfalia meridionale (Fachhochschule Südwestfalen), sede di Iserlohn (Germania), sono stati raccolti 32 i dati relativi alle rotture riscontrate in impianti di biogas e sono stati analizzati i vari materiali per indagare le cause del loro cedimento (i risultati della ricerca, iniziata nel 2012, verranno presentati in forma conclusiva il 25-11-2015). La ricerca ha sviluppato anche prove in laboratorio per meglio distinguere i danni da corrosione da quelli conseguenti ad altre azioni, quali l’abrasione e l’erosione, che nell’operatività si possono sovrapporre. Si è innanzitutto chiarito come il fenomeno corrosivo, che interessa i materiali da costruzione, metallici e non, spesso deriva da una serie di azioni combinate a opera di processi chimici, elettrochimici e microbiologici, per cui ogni strategia di difesa deve attentamente considerare quali siano i processi effettivamente coinvolti. supplemento a L’Informatore Agrario • 29/2015 © 2015 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l. L’effetto corrosivo è fortemente influenzato dalla tipologia di trattamento utilizzato nell’impianto per la desolforazione. L’importanza di tale trattamento è evidente se si ricorda come in un digestore che opera con liquami zootecnici, rifiuti umidi e/o sottoprodotti agroalimentari si riscontrano concentrazioni di idrogeno solforato (H2S) nel range 2.000-5.000 ppm. Desolforazione biologica. Quando, come spesso capita, visti i ridottissimi costi diretti di tale soluzione, si utilizza la desolforazione biologica, si provvede a inserire nella spazio gasometrico piccole quantità d’aria in modo da ottenere lo sviluppo dei batteri aerobi, che si insediano sulla parete, sulle strutture interne, sulla rete del digestore, oltre che sul pelo libero, e qui sviluppano il loro metabolismo. INSERTO ENERGIA RINNOVABILE nella fase liquida, in forma di solfuro di ferro scarsamente solubile, resta il problema del cloro che in presenza di ossigeno atmosferico può indurre corrosione sui manufatti metallici. Tali problemi si evidenziano facilmente nelle vasche di premiscelazione dove i componenti sono sollecitati anche dallo sforzo indotto dalla miscelazione. Sollecitazioni meccaniche e azione corrosiva degli ioni cloruro possono sviluppare delle sinergie che accelerano il degrado della struttura. Tubo di prelievo del biogas in acciaio Aisi 304. La zona alta del tubo (disposta in orizzontale all’interno del gasometro) è fortemente corrosa, mentre quella a terra (esterna al gasometro) è ancora integra L’idrogeno solforato viene così degradato dai microorganismi a zolfo elementare e solfato, dal quale si forma facilmente, in ambiente umido, acido solforico la cui capacità corrosiva è ben nota. Non sono pochi gli impianti che, già a distanza di pochi anni, presentano alcuni componenti, anche se realizzati in acciai inossidabili pregiati quali l’Aisi 316 Ti (acciaio inossidabile, con cromo, nichel e molibdeno, stabilizzato con titanio), sui quali si sono sviluppati evidenti, e talvolta gravi, fenomeni di corrosione. Desolforazione chimica. Anche la desolforazione chimica, con l’impiego di sali di ferro (ad esempio FeCl 2 o FeCl3), presenta fattori di rischio in quanto, mentre si ottiene la precipitazione dell’idrogeno solforato, presente Parti dell’impianto colpite dalla corrosione Alcuni fenomeni di corrosione sono stati osservati già a pochi anni dall’attivazione dell’impianto in miscelatori ad asse orizzontale dove l’albero si è rotto in seguito a un profondo attacco corrosivo sviluppatosi in corrispondenza della fessura presente tra le bussole di fissaggio. Ciò è stato ipotizzato avvenga in seguito all’asportazione del rivestimento a causa dell’azione di rimescolamento e delle sollecitazioni di taglio e all’azione sia dei microorganismi stessi sia dei sottoprodotti del loro metabolismo (solfuri e acido solforico). La ricerca segnala come anche nelle pareti del digestore, soprattutto nella zona emersa, si possono riscontrare fenomeni corrosivi e riporta il caso di un digestore metallico, in funzione da circa sei anni, dove la parte a contatto con la fase liquida era in acciaio Aisi 304 (acciaio inossidabile al cromo-nichel), mentre per quella a contatto con la fase gas era stato utilizzato il più pregiato Aisi 316 Ti. I danni si sono evidenziati sopra la linea del battente, tra fase liquida e gassosa. In particolare, i ricercatori hanno riscontrato corrosioni di tipo pitting (localizzate) e anche di tipo diffuso su tutta la superficie; per questo si è provveduto alla sostituzione di tutta la parete di tale zona. Tale fenomeno è stato messo in relazione con il trattamento di desolforazione biologica a causa della presenza di ossigeno nella zona gasometrica (almeno lo 0,3-0,4% di O2) indispensabile per l’attività dei batteri solfossidanti che metabolizzano l’H2S trasformandolo in zolfo elementare e in solfato che, come detto, nell’ambiente acquoso porta facilmente alla formazione di acido solforico. La presenza di ossigeno nello spazio gasometrico innesca e favorisce la corrosione. Anche altre forme di corrosione, quali la vaiolatura (corrosione puntiforme), si sono evidenziate sulle bussole di supporto delle pale dei miscelatori in corrispondenza dei punti di saldatura. Carbonizzazione degli elementi lignei Oltre alle parti metalliche, numerose problematiche si stanno ora evidenziando anche negli elementi lignei utilizzati nelle coperture gasometriche, dove lo sviluppo di acido solforico (sviluppo sempre indotto dalla presenza dell’ossigeno) li carbonizza riducendone le caratteristiche meccaniche. Si tratta di un fenomeno oggetto, in Germania, di recenti ricerche che analizzeremo in un prossimo lavoro. Possibili soluzioni L’interesse della ricerca, sviluppata sulla base delle numerose evidenze corrosive riscontrate nella pratica, è evi- 1 2 1. Trave di una copertura gasometrica in esercizio da circa un anno. Ben evidenti le zone brunastre che indicano una carbonizzazione, per il momento ancora superficiale, del materiale. 2. Copertura danneggiata in seguito alla rottura di alcune travi. Si notino le zone scure correlabili con fenomeni di carbonizzazione 29/2015 • supplemento a L’Informatore Agrario © 2015 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l. 33 INSERTO ENERGIA RINNOVABILE dente se si considera come gli impianti abbiano manifestato tali problematiche già a pochi anni dall’avvio, mentre, per mantenere fede alle valutazioni reddituali di progetto, dovrebbero garantire condizioni di funzionamento ottimali per un periodo di almeno vent’anni. Per questo, in attesa dei risultati conclusivi della ricerca, che si prevede di poter avere per la fine di novembre 2015, a Francoforte, in occasione del convegno dell’Associazione per la protezione dalla corrosione, sono già stati indicati alcuni suggerimenti che sono destinati a modificare sensibilmente le modalità costruttive e gestionali di un gran numero di digestori, soprattutto per quel che riguarda i sistemi utilizzati per il trattamento di desolforazione. In particolare: ● è fondamentale scegliere con cura i materiali da utilizzare per i componenti meccanici ricorrendo all’impiego di acciai inox alto legati a maggiore tenore di cromo e molibdeno; ● evitare la presenza di ossigeno nelle zone gasometriche e quindi abbandonare la tecnica della desolforazione biologica interna e optare per soluzioni di desolforazione esterne; ● eliminare, o almeno ridurre fortemente, l’utilizzo della desolforazione chimica per evitare l’azione corrosiva degli ioni cloro. Sono suggerimenti non certo facili da seguire in quanto contrastano con le soluzioni attualmente maggiormente diffuse, ma si ritiene importante prendere seriamente in esame la revisione del nostro modus operandi approfittando della più matura esperienza della vicina Germania dove queste evidenze, anche se ancora piuttosto in sordina, cominciano a emergere. Intervenire precocemente ci consentirebbe sia di limitare tali problematiche sia, soprattutto, di programmare gli interventi manutentivi in occasione delle revisioni importanti del gruppo di cogenerazione evitando gli interventi in emergenza e i conseguenti fermi motore aggiuntivi. ● TRINCIATRICE TESTATA DA CNR-IVALSA E CRA-ING Biomass 150 in prova su scarti legnosi NELLE PROVE di trinciatura e raccolta, condotte nel 2014 su ramaglie di gelso e robinia presso un’azienda veronese, la produttività ha sfiorato le 6 t/ora di trinciato fresco e non si sono registrati intasamenti. Il 75% in peso dei campioni di trinciato sono risultati di lunghezza compresa tra 3 e 45 mm, mentre particelle sovra misura e polveri hanno costituito rispettivamente il 17 e il15% del peso totale. Per oliveti, pescheti, meleti e colture assimilabili, la macchina testata risulta una soluzione preferibile, in quanto a leggerezza, compattezza ed economicità, rispetto ad attrezzature tipicamente forestali. di Raffaele Spinelli, Giorgio Fabbri, Luigi Pari Q uando si parla di legname per uso energetico si pensa subito al bosco, soprattutto al bosco ceduo, e tale percezione certamente non è sbagliata. I boschi italiani attualmente producono milioni di tonnellate di legname per uso energetico e ne potrebbero produrre molte di più se fossero gestiti in modo più puntuale ed efficace. Tuttavia, anche l’agricoltura rappresenta un importantissimo serbatoio di scarti legnosi, il cui potenziale è stimato a svariati milioni di tonnellate di prodotto, attualmente valorizzato in quantità minima. Quella agricola è una risorsa importante, che potrebbe essere sfruttata per soddisfare la crescente domanda di biomassa legnosa. Tra l’altro, il recupero degli scarti legnosi a fini energetici risolverebbe automaticamente il problema dello smaltimento, che oggi costituisce un onere importante per le aziende agricole. Di questa opportunità si sono già accorti sia il mondo agricolo sia i costruttori di macchine. Pierluigi Navarotto Già ordinario di ingegneria applicata alle produzioni animali presso l’Università degli studi di Milano Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a: [email protected] 34 Il cantiere di lavoro composto da Biomass 150 (nel dettaglio) applicato su un trattore Valtra N 163 da 116 kW, predisposto per la guida retroversa, che trainava un rimorchio della capacità di 8 m3 supplemento a L’Informatore Agrario • 29/2015 © 2015 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l. INSERTO ENERGIA RINNOVABILE Limiti delle macchine più diffuse nanziato dal Ministero delle politiche agricole e forestali per sostenere attività di ricerca a sviluppo mirate ad aumentare la sostenibilità economica Recentemente sono apparse sul mere ambientale delle agroenergie. cato numerose attrezzature interessanti, Il «cuore» di Biomass 150 è un robucapaci di conseguire buone prestazioni sto rotore Rhenduel a mazze fisse, che nel recupero del legname di scarto prolavorano contro una battuta a pettine dotto in agricoltura, soprattutto potatuper consentire un taglio il più possibile re ed espianti. Tutte queste macchine accurato, evitando un’eccessiva framperò derivano dalla modifica di comuni mentazione del prodotto. Davanti al trinciasarmenti e soffrono degli stessi rotore è installato un doppio pick up limiti che normalmente caratterizzano reversibile, ad azionamento idraulico. le attrezzature originarie. In particolare, La macchina al lavoro sulle andane Una turbina di lancio è montata in potutte le macchine apparse finora sono di gelso e robinia sizione coassiale al rotore e consente retroportate e non possono affrontadi spostare il trinciato su distanze anre andane più alte della luce libera da terra del trattore a cui sono applicate, Per contro, il costruttore spagnolo che importanti, così da raggiungere il altrimenti il trattore spinge avanti l’an- Serrat (www.serrat.es) ha sviluppato cassone retroportato. La produzione dana, fino a formare una barriera capa- una gamma di trinciatrici frontali pen- di un trinciato relativamente fine e rece di arrestarne l’avanzamento. sate appositamente per l’agricoltura e golare, insieme alla spinta esercitata Questo è un difetto importante per- capaci di offrire un giusto compromes- dal ventilatore, consente il flusso di ché costringe a lavorare su andane so tra dimensioni contenute e capacità prodotto attraverso un tubo flessibile relativamente «magre», dove è molto di lavoro. Partendo dalle proprie col- a sezione circolare, facilitando enordifficile raggiungere livelli produtti- laudate trinciasarmenti, Serrat ha svi- memente la gestione delle operazioni. La macchina completa pesa 1.460 kg, luppato una nuova linea di prodotto, vi elevati. La scelta di impiegare attrezzature interamente dedicata al recupero del ha un fronte di lavoro di 2 m ed è preretroportate è giustificata anche dal trinciato per uso energetico. Questa disposta per l’applicazione a trattori desiderio di rendere la macchina il più linea include sei modelli distinti, con agricoli con potenza di almeno 100 kW. possibile semplice e compatta. Infatti, capacità di lavoro crescenti e richiesta Secondo il costruttore, la macchina launa macchina frontale difficilmente di potenza variabile tra 50 e 300 kW, a vora bene con legname fino a un diametro di 8-10 cm e produce un trinciapuò integrare un cassone per la rac- seconda del modello. to adatto all’alimentazione della magcolta del trinciato, il quale deve invece gior parte degli impianti a biomassa. costituire un elemento separato, porIl materiale da raccogliere deve estato da un rimorchio affiancato al trattore o attaccato dietro lo stesso trattoA fine 2014, CNR e CRA hanno con- sere disposto con l’asse principale in re che aziona la macchina. Nel primo dotto, presso l’azienda Fratelli Mo- direzione trasversale all’avanzamento caso si ottiene un cantiere piuttosto randini di Dossobuono (Verona), una della macchina, così da agevolare il laingombrante, e soprattutto parecchio prova preliminare di Serrat Biomass voro del pick up e ridurre le perdite di più costoso da gestire perché costituito 150, portata in Italia in occasione di raccolta. Questa macchina è senz’alda due macchine distinte. Nel secondo Eima 2014. Il lavoro è stato eseguito tro più impegnativa rispetto ai mocaso, la distanza tra la trinciatrice e il nell’ambito del progetto Suscace, fi- delli retroportati leggeri, sviluppati soprattutto per l’impiego nei cassone è troppo estesa perché vigneti, ma è molto più leggeil trinciato possa essere sposta- GRAFICO 1 - Distribuzione granulometrica ra, compatta ed economica rito fino al cassone usando la pu- del trinciato prodotto spetto alle attrezzature più tira accelerazione impartita dagli picamente forestali, che hanno organi di taglio della trinciatrice. 60 un peso vicino alle 3 t e necessi50 tano di trattori con una potenza minima di almeno 150 kW. 40 In sostanza, Biomass 150 si preDalle precedenti considerasenta come il giusto comprozioni emerge l’interesse verso 30 messo tra i due estremi e pouna macchina frontale e capace trebbe costituire una soluzione di lanciare il trinciato fino a un 20 ideale per oliveti, pescheti, merimorchio trainato dallo stesso leti e altre colture assimilabili. trattore che la aziona. Macchine 10 In particolare, questa macchina di questo tipo sono rare in foreè abbastanza potente e versastazione, benché alcuni prototipi 0 tile da poter essere impiegata siano stati presentati nel corso <3 16-3 45-16 63-45 > 63 sia nelle opeazioni di potatura degli anni. In ogni caso le macDimensioni trinciato (mm) sia negli espianti, anche dopo chine forestali sono attrezzatuche il materiale più grossolano re troppo costose e ingombranti sia stato recuperato come legna per un impiego efficace anche Oltre il 50% in peso dei campioni è rappresentato da trinciato di dimensioni comprese tra 3 e 16 mm. da ardere. In queste operazioni, in agricoltura. Trinciatrici Serrat Distribuzione (% in peso) La macchina testata 29/2015 • supplemento a L’Informatore Agrario © 2015 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l. 35 INSERTO ENERGIA RINNOVABILE la giacitura del terreno e la disposizione razionale delle piante consentono il passaggio di macchine anche abbastanza ingombranti, favorendo il raggiungimento di produttività elevate. Inoltre, la quantità e le dimensioni del materiale da raccogliere sono generalmente tali da impedire l’impiego di attrezzature più leggere. Esiti delle prove Le prove di raccolta sono state condotte su ramaglie di gelso e robinia ricavate dalla potatura di una siepe campestre posta a bordo strada, poiché le abbondanti piogge dei giorni precedenti impedivano l’accesso ai frutteti. Peraltro, la robinia ha fornito un materiale molto adatto a un collaudo perché è abbastanza difficile da lavorare, caratterizzata da un legno duro ed elastico che è tra i più rispettati da tutti i cippatori e trituratori. Per approfondire come sono state impostate le prove vedi riquadro all’indirizzo internet pubblicato a fine articolo Capacità di raccolta I risultati della prova sono stati molto incoraggianti. La macchina ha affrontato senza difficoltà le andane di robinia, lavorando in modo del tutto soddisfacente. La produttività registrata ha sfiorato le 6 t di trinciato fresco per ora netta di lavoro, che è un valore estremamente elevato per questo tipo di operazioni. Ipotizzando una quota di tempi morti pari al 30% del tempo totale di lavoro, la produttività lorda si attesterebbe sulle 31 t di trinciato fresco per una giornata di 8 ore. 36 Il trinciato di robinia appena scaricato nel cassone del rimorchio Caratteristiche del trinciato Anche la qualità del trinciato è risultata molto interessante, nonostante il contenuto idrico elevato (45% su base fresca) dovuto alla necessità di trinciare materiale tagliato al momento, visto che i campi preparati in precedenza non erano agibili a causa della pioggia. In condizioni di lavoro normali, si può intervenire dopo aver lasciato il legname in campo per qualche settimana, affinché si riduca l’umidità e migliori la qualità sotto il profilo energetico. Senz’altro valida la pezzatura del prodotto se si considera che la macchina è una trinciatrice, non un cippatore. Due terzi del peso totale dei campioni erano rappresentati da trinciato medio-piccolo, con lunghezza compresa tra 3 e 45 mm. Le particelle sovra misura (> 63 mm) rappresentavano invece il 17% del peso totale, mentre le polveri costituivano un altro 15% (grafico 1). Ovviamente, queste caratteristiche vanno messe in relazione al tipo di macchina e di materia prima. Se tali percentuali di polvere e sovra misure sono sicuramente eccessive per supplemento a L’Informatore Agrario • 29/2015 © 2015 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l. un cippato di qualità prodotto da una cippatrice forestale classica, esse sono invece molto incoraggianti quando si parla di potature trattate con una trinciasarmenti modificata, visto che altre macchine simili molto spesso producono pezzature meno bilanciate e generalmente più grossolane. Peraltro, se la pezzatura del cippato fosse davvero molto scadente, il prodotto non riuscirebbe a fluire agevolmente nel tubo di scarico, generando intasamenti, che invece non si sono registrati durante la nostra prova. Infine, occorre sottolineare che la robinia è notoriamente difficile anche per le cippatrici forestali di tipo convenzionale. È probabile che trattando legno diverso, sia la produttività sia le caratteristiche del prodotto andranno a migliorare ulteriormente. Raffaele Spinelli, Giorgio Fabbri Consiglio nazionale delle ricerche Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree - Sesto Fiorentino (Firenze) Luigi Pari Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura Unità di ricerca per l’ingegneria agraria Monterotondo (Roma) Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a: [email protected] Per consultare gli approfondimenti e/o la bibliografia: www.informatoreagrario.it/ rdLia/15ia29_7895_web www.informatoreagrario.it Edizioni L’Informatore Agrario Tutti i diritti riservati, a norma della Legge sul Diritto d’Autore e le sue successive modificazioni. 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