Analisi della locandina italiana del film Ladri di biciclette di Vittorio
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Analisi della locandina italiana del film Ladri di biciclette di Vittorio
Analisi della locandina italiana del film Ladri di biciclette di Vittorio de Sica ‐ 1948 La prima cosa che notiamo è che la locandina del film è a colori mentre il film è in bianco e nero. All’epoca del film, la locandina era l’unico mezzo di comunicazione e di seduzione per fare pubblicità all’opera. Doveva dunque essere attrattiva per dare voglia allo spettatore d’andare a vedere il film. In primo piano, vediamo i due protagonisti della vicenda: Ricci è un po’ di profilo, ha il pugno stretto, si può indovinare che è arrabbiato. Sembra anche disperato e stanco. D’altronde Bruno, suo figlio che è attaccato a lui, vede che suo padre non sta bene e sembra compatire. L’espressione della faccia del bambino mostra che non ha avuto una vita felice: dato l’epoca nella quale si svolge il film e l’età di Bruno, si può supporre che ha vissuto la Seconda guerra mondiale. Si vede anche un altro protagonista, un uomo che volta le spalle alla coppia principale. Sta camminando con una bicicletta; forse è un ladro e ciò rimanderebbe al titolo del film. In secondo piano, c’è il titolo che il regista ha voluto evidenziare: perciò è scritto in lettere grandi e in rosso, colore che salta agli occhi. Il titolo è composto di due parole al plurale (“ladri” e “bicilette”) : allude al fatto che nell’Italia del dopoguerra molte biciclette erano rubate, era una generalità. Invece, il titolo francese è al singolare: Le voleur de bicyclette, il che cambia il suo significato, perché il furto non è più un fenomeno comune, ma un fatto unico, piuttosto raro. Il nome del regista è ugualmente messo in evidenza poiché Vittorio de Sica era un attore famoso della commedia italiana durante il fascismo e aveva già realizzato un film neorealista prima di quello. Lo spettattore lo conosce già e può fidarsi. In terzo piano si scorge uno scenario urbano, cioè la città di Roma dove si svolge il film. Dal lato di Bruno e Ricci, i colori sono piuttosto tristi e freddi, mentre dalla parte del ladro, ci sono colori vivaci, caldi. Quest’opposizione cromatica può simboleggiare i sentimenti dei vari protagonisti, nonchè le condizioni di vita nelle quali si trovano : Ricci ritornerà allo statuto di disoccupato e avrà difficoltà a provvedere ai bisogni della sua famiglia, mentre il ladro, grazie alla bicicletta, potrà cavarsela meglio... La bicicletta ha un valore simbolico, poiché permette l’integrazione sociale. Tutto sommato, si può affermare che questo film corrisponde alle caratteristiche del Neorealismo, un movimento cinematografico in opposizione colla commedia fascista italiana. Si trattava innanzitutto di rappresentare la realtà quotidiana dell’Italia del dopoguerra in modo oggettivo, con riprese soprattutto in esterno apparentemente documentaristiche, anche se non si può parlare di vero documentario. Spesso gli attori principali non erano professionisti (è il caso di Lamberto Maggioranni che incarna Antonio Ricci) ed erano sconosciuti dal pubblico prima del film: i registi desideravano che la gente possa riconoscersi ed identificarsi. Attraverso questo film, Vittorio de Sica vuole mostrare che nell’Italia del dopoguerra la miseria sociale è molto diffusa e l’illustrazione più chiara sarebbe la scena al Monte di Pietà. Le lenzuola accumulate evidenziano il numero di persone in difficoltà nella società del secondo dopoguerra. Fin dalla prima sequenza del film, si vede il gran numero di disoccupati e l’assenza di solidarietà tra la gente povera. Ė un tema ricorrente lungo tutto il film. Difatti, nessuno, tranne i suoi amici netturbini, aiuterà veramente Ricci a ritrovare la sua bicicletta; sarà da solo contro tutti. Penso che il neorealismo permetta di farsi un’idea dell’Italia del dopoguerra, di prendere coscienza della precarietà nella quale si trovava l’Europa. Trovo che i film neorealisti abbiano un po’ un valore di testimonianza storica. Ho provato a vedere altri film neorealisti : un altro film di Vittorio de Sica, Sciuscià, uscito nel 1946. L’ho trovato molto commovente, tanto più che che parla delle difficoltà dei bambini per sopravvivere nell’Italia del dopoguerra. Mi è piaciuto anche un altro film: Riso amaro di Giuseppe De Santis (1949). Ė dedicato alle mondine, ai loro sacrifici. Ė un film che unisce ribellione, amore, frustrazione, povertà e tragedia. Pur essendo il riflesso delle difficoltà sociali ed economiche dell’Italia alla fine degli anni Quaranta, si ispira anche alle commedie americane che avevano molto successo all’epoca. Finisco col film probabilmente più famoso: si tratta di Roma città aperta di Roberto Rossellini uscito nel 1945, anche un film neorealista impegnato. E un’opera che rende omaggio a tutte le forme di Resistenza. Ė propio struggente e secondo me, è proprio il film neorrealista da vedere. Cécile V. – Terminale LV3