Tv locali, rischio chiusura «Il digitale ci ha rovinato»
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Tv locali, rischio chiusura «Il digitale ci ha rovinato»
Cronaca di Roma Corriere della Sera Venerdì 15 Gennaio 2010 Tecnologia Lo switch off Tv locali, rischio chiusura «Il digitale ci ha rovinato» Il caso E ancora non tutti i decoder funzionano Grido d’allarme dopo il calo del 10% negli ascolti «Troppa confusione, rivedere l’ordine dei canali» Molte tv locali di Roma e del Lazio rischiano la chiusura. L’effetto combinato della crisi economica e del passaggio al digitale terrestre sta mettendo in ginocchio i piccoli operatori: lo «switch off», cioè il passaggio alla nuova tecnologia, è avvenuto senza regole certe sul posizionamento dei canali nella piattaforma, che spesso si verifica in maniera casuale, offrendo un ordine privilegiato per Rai e Mediaset. In assenza di un quadro normativo univoco, a farne le spese sono quindi appunto i «piccoli» che rischiano di scomparire nella piattaforma, in posizioni infelici e di scarsissima visibilità. I dati di ascolto, che certo dipendono anche dalla qualità della programmazione ma non solo, parlano chiaro: Rai in particolare e anche Mediaset con il digitale terrestre (quindi con i nuovi canali) hanno registrato un deciso aumento degli ascolti. E a pagare sono i piccoli operatori, che accusano una flessione intorno al 10%. Il grido di allarme è stato lanciato ieri dalle stesse emittenti locali, a partire da Teleroma 56 della famiglia Caltagirone e da Super3 di Filippo Rebecchini, oltre a un’altra trentina di reti, con le tre associazioni di categoria presen- 10% È il calo degli ascolti registrato dalle reti locali di Roma e del Lazio da quando un mese e mezzo fa c’è stato lo «switch off», cioè il passaggio dalla tv analogica al digitale terrestre 50 Sono le emittenti televisive locali censite nel Lazio, anche se non tutte sono realmente attive Ieri alla riunione convocata dal Corecom erano presenti i rappresentati di trenta reti locali 8.000 Secondo i sindacati e le associazioni di categoria, è il numero degli addetti delle tv locali di Roma e del Lazio, compreso l’indotto Il giro d’affari è stimato in svariate decine di milioni di euro all’anno Responsabile Francesco Soro, presidente del Corecom (Commissione regionale di controllo) ti: la Frt, la Conna e l’Aeranti Corallo. Le tv private erano state convocate per una riunione sulla «par condicio elettorale» presso il Corecom, il Comitato regionale per le comunicazioni, l’organismo di vigilanza presieduto da Francesco Soro. La discussione è però scivolata subito sul rischio chiusura. I rappresentanti delle emittenti hanno chiesto l’intervento del Corecom. «Se non sappiamo dove viene posizionato il nostro canale nella piattaforma digitale, non possiamo vendere la pubblicità, che già risente degli ascolti in calo e della crisi», hanno detto i rap- presentati delle reti locali, che poi hanno firmato un appello congiunto: «La situazione è drammatica. La ragione principale sta nell’assoluta confusione che caratterizza il sistema di posizionamento dei canali sul telecomando (il cosiddetto Lcn). Oggi non c’è alcuna regolamentazione, rischiamo di tornare alla stagione del Far west televisivo che speravamo fosse solo un ri- cordo del passato. Trovare una emittente locale sul televisore ormai è diventato difficilissimo. Se non si vuole condannare al fallimento l’intero sistema televisivo locale del Lazio, con la perdita di migliaia di posti di lavoro, chiediamo che l’Agcom intervenga al più presto possibile per definire una regolamentazione chiara e certa». E senza correzioni normati- Il Corecom «Appello anche all’Agcom perché si tenga conto delle legittime istanze delle emittenti locali» ve, «siamo costretti a bloccare gli investimenti». Francesco Soro, al termine dell’incontro, ha espresso «preoccupazione per la situazione, perché parliamo di un settore che occupa, compreso l’indotto, migliaia di persone. Per questo come Corecom ci facciamo portavoce anche presso l’Agcom (Authority di controllo per le comunicazioni che ha già aperto un’istruttoria sulla questione del posizionamento dei canali, ndr), perché si tenga conto delle legittime istanze delle emittenti locali». Paolo Foschi © RIPRODUZIONE RISERVATA La sorpresa Il direttore: «Siamo nati il 14 luglio con 7 milioni di budget, abbiamo punte di 3 milioni di spettatori al giorno» Boom di Rai4. Freccero: siamo noi l’anti-Sky Nata povera il 14 luglio 2008 «Appena 7 milioni di budget...» ricorda il suo direttore Carlo Freccero - l’ultimogenita della tivù di stato ha già rivoluzionato il suo status. Ora, a switch off compiuto, Rai4 figura tra le prime per investimenti pubblicitari. «Uno share dell’1,20%, trecentomila spettatori nel prime time, e punte di tre milioni di spettatori durante il giorno», mormora al cellula- Direttore Carlo Freccero re il dirigente Rai («Chiedo scusa ma siamo in riunione...»). Numero 8 sul decoder (di solito), la rete varata nell’anniversario della Bastiglia sta dando qualche soddisfazione all’azienda. «Ho imparato a Raisat a fare questo tipo di tivù - dice Freccero - Questo è un mondo completamente differente dalle reti generaliste. Si tratta di rivolgersi a un pubblico specifico con gusti rimasti insoddisfatti dall’offerta tra- dizionale. Siamo una tivù anti-Sky con una forte identità». «Spettinata», direttore? «Fortissima nel fantasy e nell’action movie ad esempio», risponde il dirigente che nel 2001 spiegò la finzione dietro il palinsesto, scegliendo lo «slang» manageriale per fugare i dubbi su quei salotti televisivi carichi di figliol prodighi e vecchie tate ritrovate: «Programmi pettinati». «Rai4 dev’essere complementare al- la televisione generalista e concorrente alle tivù private», dice il suo direttore. Ovvero? «Molti film, spesso di culto, programmi di genere, molta fantasy, come dicevamo. Si tratta di conoscere bene il nostro pubblico», aggiunge. E il vostro nuovo budget? «Non sappiamo, non è ancora stato deciso. Aspettiamo». Ilaria Sacchettoni © RIPRODUZIONE RISERVATA La copertura del segnale - dicono con orgoglio dal consorzio Dgtv che raggruppa gli operatori del settore - «a Roma e nel Lazio è pressoché totale». Ma il passaggio al digitale terrestre continua a creare problemi. E anche chi ha acquistato tv di ultima generazione certificati e abilitati alla ricezione dei canali digitali, può ancora incappare nel buio sullo schermo. Si tratta infatti di chi, del tutto inconsapevolmente, ha comprato tv in cui l’apparato di ricezione è stato fabbricato in Danimarca o in altri Paesi in cui l’offerta televisiva è minore (dal punto di vista quantitativo). Questi apparecchi infatti sono progettati e realizzati per ricevere un numero minore di canali rispetto a quelli attivati in Italia. E quindi questi nuovi televisori, pur essendo in teoria abilitati, una volta collegati nelle case dei romani, quando vengono raggiunti dalla grandissima mole di informazioni contenute nel segnale digitale, semplicemente impazziscono: non riescono ad assegnare l’ordine ai canali, si impallano. E sono del tutto inservibili. Che cosa fare in questi casi? I rivenditori, secondo quanto segnalato dalle associazioni dei consumatori, spesso si rifiutano di cambiare questi apparecchi. E in tal caso c’è poco da fare: è necessario fare causa, perché il Corecom, l’organismo di vigilanza, su queste questioni non ha competenze. La strada più breve (e anche meno costosa per quanto riguarda le spese legali) è rivolgersi al giudice di pace citando in giudizio il rivenditore e il produttore. 3 RM