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Quo vadis - Arco
LA CANZONE DEI MIGRANTI Riflessioni su una umanità dolente che si interroga sul significato universale dell’accoglienza e della pietà Un altro muro, un’altra vergogna Come a Berlino e come in Spagna Per non fare i conti con il nostro passato Cintiamo l’amore col filo spinato Ma una voce si leva: non fermate i migranti Testi e musiche: Fernando Ianeselli Perché sono soli, perché sono tanti Il destino c’insegue, il destino ci aspetta Guarda il nostro cammino e non ha alcuna fretta Ma una voce si leva: non fermate i migranti Perché sono soli, perché sono tanti Ora la voce è più forte, aiutiamo i migranti Perchè la stessa sorte toccherà tutti quanti Per un atto d’amore ragione non c’è Ma e’ la stessa pietà che avranno per te! BRB Paolo Barelli: basso Paolo Cristofolini: pianoforte e tastiere Pierluigi Gamba: chitarre e voce Fernando Ianeselli: chitarre e voce Andrea Lorusso: Chitarre Preghiera nel campo di accoglienza Invocazione e catarsi in uno dei campi di accoglienza provvisori Canto di ringraziamento In risposta questo è invece il canto liberatorio di ringraziamento di un gruppo di migranti giunti finalmente a destinazione Massimo Ripamonti: tastiere e voce Marco Scillieri: batteria e percussioni con l’amichevole partecipazione di Serhat Akbal: saz e voce Anteprima presentazione dell’opera rock PAURA DEI MIGRANTI E’ il punto di vista di chi, in nome di una presunta bio-diversità, respinge i migranti. Ma in realtà è solo paura di sé stesso e dei propri sentimenti PACE Vuole essere una riflessione generale sul dolore e Intermezzo Via, via dalle nostre città Via dai nostri giardini, dai nostri sulla speranza bambini e dalle nostre ciminiere Quando il tempo sparirà Ci sono altre strade dietro quel muro, oltre il confine E questa rabbia disperata finirà Portateli altrove, questa non sarà la loro civiltà! Io ci sarò Non riconosco quegli occhi scuri E quando sentirai E non capisco le loro parole La rugiada dentro gli occhi, tu mi vedrai Vedo solo una siepe di gente e non finisce mai, Allora ci sarò Guarda i nostri giardini, Ti prenderò per mano e tu verrai, i nostri bambini e le nostre ciminiere L’idea era quella di una trama narrante in forma di telegiornale o inviato speciale che racconta il dramma di Aylan LA MAGLIETTA ROSSA DI KOBANE Il tuo nome è Aylan, sei cresciuto a Kobane in un tempo sbagliato giocando fra le macerie di un paese distrutto e dimenticato andremo nel giardino degli eroi Ho paura di te! ma il tuo viso era bello quando ridevi e il dolore come neve svanirà, in questo viaggio Ma ho paura perché? con gli altri bambini di Kobane senza metà e senza età. Ti hanno trovato laggiù, Segui la tua via dormivi guardando le onde del mare Dimentica il rumore e la follia Forse sognavi anche tu, un nuovo pupazzo, Intorno a te una vita migliore Afferra quella lacrima La guardia costiera ti ha raccolto quasi esitando Che brucia come il fuoco dei falò In quel momento hai salvato anche il mondo di Kobane, Resterò sempre qui, E lasciala cadere sul tuo viso Sfiorato da una specie di sorriso La paura di ieri è ormai finita, adesso puoi cercare la tua vita POPOLI IN CAMMINO/BINARI Queste due canzoni, unite fra loro, descrivono la drammaticità dell’esodo plasticamente rappresentato dalla lunga fila di migranti lungo l’autostrada e sui i binari ungheresi. ora so che il deserto non può avere confini lavoreremo di più trasformando quei sassi in strade e giardini per dire basta alla paura ed alla viltà per raccontare la verità.