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La nuova Casa dei Ciechi Parlano i protagonisti

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La nuova Casa dei Ciechi Parlano i protagonisti
melograno
/01
STAC
Società Ticinese per
l’Assistenza dei Ciechi
Melograno, Anno I / N.01 / settembre 2007
La nuova Casa dei Ciechi
Parlano i protagonisti
STAC, Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi
Casa dei Ciechi
L’insieme dei servizi della nuova Casa dei Ciechi concorre a valorizzare al massimo le risorse dell’anziano ipovedente
o cieco affinché permangano il più a lungo possibile. La Casa dei Ciechi dispone ora di 53 posti letto: questa dimensione intima permette di offrire all’utente e ai suoi familiari un rapporto molto personale. La diversificazione dei servizi
e il recente ampliamento della struttura sono andati di pari passo con un riorientamento dell’approccio terapeutico agli
anziani ciechi o ipovedenti. Ispirandosi ai metodi di Maria Montessori e di Moyra Jones è stato creato un ambiente:
> proporzionato alle capacità motorie, operative e mentali dell’anziano ipovedente o cieco
> organizzato ed ordinato in modo che, attraverso punti di riferimento, egli possa riconoscere facilmente la realtà
> calmo ed armonioso per fornire all’anziano cieco o ipovedente un contesto rassicurante
> attraente, grazie all’attenzione e alla gentilezza delle cure, in modo da dargli un sentimento di fiducia.
In altri termini si è trattato di evitare una medicalizzazione eccessiva dell’anziano cieco o ipovedente e di dare un ruolo
di maggiore importanza allo stile di vita e all’ambiente in modo da favorirne il benessere psichico e fisico.
I 5 servizi
Soggiorni lungo degenza
01
La Casa dei Ciechi è una casa per anziani
medicalizzata che offre soggiorno ed assistenza. L’intera struttura ed il giardino sono
appositamente progettati senza barriere
architettoniche. Il personale è formato per la
cura di pazienti ipovedenti o ciechi.
L’anziano può personalizzare i suoi spazi
circondandosi dei suoi effetti personali, in
modo da rendere l’ambiente circostante più
familiare possibile.
Gli utenti della Casa dei Ciechi beneficiano
di tutta una serie di prestazioni, come cure
igieniche giornaliere con doccia o bagno,
cure infermieristiche, medicazioni, somministrazioni di medicamenti, servizio parrucchiera, pedicure, fisioterapia, ergoterapia,
dieta e pranzi svariati e soprattutto cortesia
e tanto svago.
Soggiorni temporanei
02
Si tratta di un servizio concepito per sostenere
l’anziano cieco o ipovedente e facilitarne il
rientro a casa, ad esempio dopo un ricovero in
ospedale, per un periodo di convalescenza,
oppure per sostenere i familiari che fossero
temporaneamente nell’impossibilità di curare
l’anziano a domicilio.
I soggiorni temporanei possono avere una
durata massima di tre mesi. Offrono alloggio e
assistenza all’anziano secondo il suo grado
di autonomia.
Unità di riabilitazione
03
Nella nuova unità di riabilitazione troviamo
dieci camere singole destinate a residenti
ipovedenti o ciechi affetti da disturbi cognitivi.
Questo numero limitato permette di personalizzare l’approccio terapeutico.
La struttura, unitamente al personale appositamente formato, offre una presa a carico
continua e specialistica soprattutto nella
fase di agitazione psicomotoria.
Nel progetto terapeutico i familiari hanno un
ruolo molto importante. Gli orari e i ritmi della giornata vengono adattati alle esigenze
individuali. Molte persone con problemi visivi importanti, pur rimanendo nel loro ambiente familiare, perdono una valida rete di
relazioni sociali e corrono un grave rischio
d’isolamento.
Il centro terapeutico diurno-notturno
04
Il centro diurno e notturno della Casa dei
Ciechi può accogliere una quindicina di persone ed è un servizio semiresidenziale, un
luogo in cui l’anziano trova accoglienza, assistenza e attività di socializzazione durante
la giornata per poi tornare a casa la sera o,
viceversa può trascorrere la giornata a casa
e trasferirsi al centro per la notte.
Esso offre alle famiglie degli anziani ipovedenti
o ciechi un sostegno nella gestione del
congiunto allo scopo di evitarne, ritardarne
o prepararne il trasferimento definitivo in
istituto.
Appartamenti protetti
05
Si tratta di 4 appartamenti protetti appartenenti alla Fondazione Fé-Triaca e gestiti dalla STAC. Essi sono situati all’interno di una
palazzina di tre piani con 12 appartamenti in
via Massagno 110 e si trovano nelle immediate vicinanze della fermata del bus, della
farmacia e della posta. Questi appartamenti
sono concepiti appositamente per persone
con disturbi visivi, ma in grado di gestirsi
autonomamente. Gli inquilini possono così
condurre una vita indipendente in un contesto urbano e, in caso di bisogno, possono
far ricorso al sostegno esterno della Casa
dei Ciechi.
/5
Melograno, Anno I / N.01 / settembre 2007
Avvocato Giorgio Grandini,
presidente della STAC
03
Un progetto valido
che suscita un
entusiasmo solidale
Signor Grandini, lei è presidente della STAC.
Qual è il ruolo di quest’associazione?
STAC sta per Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi. Si tratta
di un’associazione privata senza scopo di lucro, riconosciuta dallo stato e che ha la particolarità di occuparsi in modo generale dell’aiuto
agli ipovedenti e ai ciechi anziani. La STAC gestisce in particolare la
Casa dei Ciechi del Ricordone costruita nel 1936 a Lugano.
nostro tesoriere Giovanni Balmelli. Vorrei approfittare dell’occasione
per esprimergli i nostri sinceri ringraziamenti.
Mi auguro che questo slancio di solidarietà continui, perché il sostegno
dei privati aiuta a diminuire il debito contratto dalla STAC per realizzare la nuova Casa dei Ciechi e ci aiuta anche in modo determinante
a garantire un servizio personalizzato e altamente professionale agli
anziani ipovedenti e ciechi.
Come è nata l’idea della nuova Casa dei Ciechi?
All’inizio del nuovo millennio il Comitato della STAC ha voluto riflettere sul futuro di questa piccola struttura che da decenni si occupa
degli ipovedenti e dei ciechi. Finora la Casa dei Ciechi era una semplice casa per anziani medicalizzata. Seguendo l’intuizione del direttore Fabrizio Greco, ci siamo rivolti all’università, più precisamente
all’istituto di microeconomia (MECOP), con la quale si è elaborato
un progetto che, nel rispetto del lavoro svolto finora, prevede per
la Casa dei Ciechi una diversificazione dei servizi per meglio tener
conto delle diverse problematiche e delle situazioni personali degli
anziani ipovedenti e ciechi.
Come è stata finanziata la nuova Casa dei Ciechi?
L’assemblea della STAC ha posto come condizione che, per realizzare la nuova Casa dei Ciechi, almeno un milione di franchi fosse
donato da privati. Il comitato si è dunque attivato e ha creato una
commmissione ad hoc incaricata di gestirne il finanziamento.
A conti fatti, l’ampliamento e la ristrutturazione sfiorano i 6 milioni di
franchi. I contributi donati dai privati superano l’obiettivo di partenza,
raggiungendo la quota di ben 1,6 milioni. Il Cantone, dal canto suo,
ha partecipato alla copertura dei costi con 1 milione.
Per completare l’opera, la STAC stessa ha contribuito con capitale
proprio e ha contratto finanziamenti per un ammontare di 2,5 milioni.
È stato difficile raccogliere i fondi?
Spesso si dice che al giorno d’oggi è difficile raccogliere soldi da
privati per opere di bene, ma la nostra esperienza prova il contrario:
con un progetto valido, non solo non è difficile raccogliere fondi, ma
si può addirittura suscitare un entusiasmo solidale.
Devo però anche aggiungere che il successo della raccolta di fondi
è in gran parte anche da attribuire all’ottimo lavoro di coordinamento del
Membri della Commissione
ad hoc del Comitato della STAC
> Gabriele Ghirlanda
> Romano Leoni
> Giovanni Balmelli
> Gian Giuseppe Enderlin
STAC, Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi
Fabrizio Greco,
direttore Casa dei Ciechi Ricordone
04
L’approccio filosofico
che mette al centro
l’essere umano
Signor Greco, quando lei parla delle nuove forme di cura
della Casa dei Ciechi si riferisce spesso a Maria Montessori. Perché utilizzare una referenza pedagogica vecchia
di 100 anni in un contesto di cure?
Sono profondamente convinto che una parte dell’insoddisfazione
che provo come operatore sia dovuta all’eccessiva medicalizzazione
della nostra salute. Detto così può apparire paradossale, ma non
bisogna dimenticare che il sistema sanitario incide solo per poco più
del 10 % sulla nostra speranza di vita. Molto più importante appare
invece lo stile di vita e l’ambiente in cui si vive. In altri termini la vita
che ognuno svolge ha un ruolo predominante sulla sua salute mentale e fisica. Ed è proprio questo aspetto che differenzia il nostro
approccio alle cure da quello convenzionale. Le scelte terapeutiche
della Casa dei Ciechi sono ispirate da un approccio filosofico che
tende a mettere l’Uomo al centro.
Sì, ma in che modo la grande pedagoga dell’infanzia che è
stata Maria Montessori può contribuire alla comprensione
dei bisogni della terza età?
La vecchiaia con le sue manifestazioni non è nientaltro che l’ennesimo
stadio di sviluppo del nostro io. Durante i primi 15 anni della vita di
ogni individuo la società investe grandi risorse nell’apprendimento
e nei relativi metodi.
Più tardi, nell’età adulta, la formazione permanente rappresenta un
elemento preponderante dell’integrazione sociale. Appena però le
facoltà psicomotorie cominciano a scemare questo bisogno fondamentale è totalmente lasciato all’abbandono. Il perché appare banalmente semplice: nel bambino e nell’adulto vale la pena investire,
nell’anziano erroneamente si pensa sia inutile.
Maria Montessori con la sua pedagogia universale, impregnata di
ottimismo nelle possibilità dell’uomo, ci dà una traccia riflessiva fondamentale: la vita è quella che si vive qui ed ora, ed è in questo presente che si deve manifestare la nostra umanità. Ciò appare ovvio,
ma è proprio nelle cose scontate che si annidano le semplificazioni
nemiche dell’evoluzione. Così come Montessori costruisce delle
case speciali per bambini a misura dei bambini, e forma il personale
a rispettare lo sviluppo del bambino secondo i suoi ritmi naturali e
secondo la sua personalità, così noi dobbiamo costruire delle case
per anziani a misura degli anziani, progettate specificamente per
permettere loro di esprimere tutte le loro competenze e formare il
nostro personale in modo altrettanto adeguato.
È abbastanza concepire una casa a misura degli anziani
se gli ospiti sono ipovedenti o ciechi?
Proprio per questo dobbiamo fare uno sforzo ancora maggiore.
Dobbiamo in particolare proporzionare i locali del nostro centro in
funzione delle capacità operative e mentali degli anziani ipovedenti
o ciechi, organizzarli attraverso punti di riferimento non discontinui
in modo che possano muoversi al loro interno e nel parco in tutta
sicurezza. Dobbiamo creare un ambiente calmo ed armonico per offrir
loro una dimensione psicoaffettiva positiva.
Queste misure sono ancora efficaci per gli anziani
con problemi cognitivi?
Gli anziani con problemi cognitivi possono avere disturbi visivi a
causa del degrado delle loro capacità mentali o del semplice invecchiamento. Tuttavia anche questi anziani mantengono per lungo
tempo un certo numero di competenze primarie, in particolare in
quelle attività che hanno svolto durante tutta la loro vita.
Con misure adeguate riusciamo a mobilitare anche parte di queste
capacità residue e, quando le condizioni peggiorano, e l’anziano attraversa la fase di agitazione psicomotoria, ha la possibilità di vivere
in un ambiente protetto come nella nuova Unità di riabilitazione dove
è prevista una presa a carico continua, specialistica e personalizzata.
Melograno, Anno I / N.01 / settembre 2007
Luisa Lomazzi,
laureata in scienze politiche e sociologia
dell’organizzazione ha lavorato
10 anni alla Bocconi (SDA e CERGAS)
per poi dedicarsi alla consulenza in ambito
sanitario. Dal 2000 insegna all’USI nel
Master of Advanced Studies in econimia
e gestione sanitaria e sociosanitaria
Net-MEGS e collabora con il Dipartimento
Azione Sociale del DSS.
05
La STAC ha
scelto un’opzione
lungimirante
Nel 2003 la Società Ticinese per l’Assistenza
dei Ciechi (STAC) ha incaricato l’Istituto
di Microeconomia ed Economia Pubblica
(MecoP) dell’Università della Svizzera Italiana
(USI) di effettuare un lavoro di analisi della
situazione della STAC finalizzata alla formulazione di proposte di sviluppo per il futuro.
L’analisi della situazione di allora ha evidenziato, accanto ad importanti punti forza che
hanno consentito alla STAC di affrontare
con successo il suo processo di ampliamento, alcuni punti critici determinanti che,
se non affrontati nel breve periodo, avrebbero del tutto inibito lo sviluppo futuro della
Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi.
In particolare, l’assoluta carenza di spazi fisici,
la conseguente impossibilità di differenziarli
rendendoli maggiormente appropriati alle
diverse caratteristiche e bisogni dei propri
utenti, unita a dimensioni eccessivamente
piccole dell’Ente, avrebbero reso, anche dal
punto di vista economico-gestionale, sempre più difficile l’erogazione di un servizio
specializzato e qualitativo nel tempo.
In quel momento la Società si trovava
sostanzialmente di fronte ad un’opzione di
“sopravvivenza” (stiamo come siamo) che nel
medio-lungo periodo avrebbe indubbiamente
portato alla chiusura e a diverse opzioni di
rilancio: “costruiamo ex-novo una struttura”,
“ci fondiamo con altre piccole residenze per
anziani” o “ci espandiamo ulteriormente a
partire da dove siamo ora”.
La STAC ha scelto, a mio avviso in modo
molto saggio e lungimirante, quest’ultima
opzione che consentiva di costruire il proprio futuro a partire dalla propria storia, dalla
propria “casa”, da una radicata e riconosciuta identità e presenza nella comunità locale
ticinese, dalla capacità di sviluppare servizi
qualificati e diversificati, realmente orientati
ai bisogni in divenire dei propri utenti e delle
loro famiglie, dalla capacità di valorizzare e
far crescere il proprio personale e di utilizzare in modo efficiente le proprie risorse.
È indubbiamente molto bello tornare a quattro anni da quel lavoro di analisi e vedere
che accanto al notevole intervento logisticoambientale, di gran pregio e interesse, che
ha consentito di aumentare e qualificare gli
spazi e gli ambienti della STAC, si sia lavorato ad un ulteriore ampliamento dell’offerta
di servizi ed a una maggior efficacia ed efficienza nell’utilizzo delle risorse disponibili.
Qui siamo di fronte a un piacevole e sorprendente esempio di evoluzione a 360
gradi. Accanto alla costruzione della nuova
ala, troviamo l’ampliamento ed il consolidamento dell’offerta di una gamma di servizi
che coprono l’intera residenzialità, con soggiorni di lungo-degenza, temporanei e riabilitativi e appartamenti protetti, e semi-residenzialità con il Centro Diurno e Notturno.
Questa rete di servizi della STAC, supportata
dall’offerta di attività e interventi di carattere
pratico, tecnologico, culturale (di sensibilizzazione e formazione) e ricreativo, spesso
in collaborazione con l’Unitas, rivolte agli
ipovedenti e ai ciechi, alle loro famiglie e
agli operatori socio-sanitari, consentirà di
costruire veri e propri percorsi di cura e
assistenza, sempre più pertinenti, idonei e
vicini ai bisogni e alle caratteristiche degli
utenti.
Questo forte investimento sulla creazione
di una rete sempre più completa di servizi
altamente specializzati e tra loro fortemente
integrati anche grazie ad un ottimo triage,
è stato infine completato da un necessario
e lungimirante processo di riqualificazione
delle risorse interne, mediante risparmi generati
da scelte di esternalizzazioni di servizi generali
non caratteristici (ad esempio, la lavanderia)
che, a parità di qualità del servizio, hanno
consentito alla società di reinvestire i risparmi in maggior qualità dell’assistenza (nuovo
ergoterapista) e mediante fruttuose iniziative di cooperazione ad ampio spettro con
l’Ospedale Civico di Lugano.
L’intero ambito dei servizi socio-sanitari in
Ticino è stato caratterizzato in questi ultimi
anni da importanti cambiamenti a livello
organizzativo, gestionale e culturale favoriti
anche dall’introduzione dei contratti di
prestazione.
L’interesse, la vitalità e la creatività che caratterizza questa fase dello sviluppo della STAC
ne sono un tangibile esempio che, assieme
ad altri, rendono il comparto socio-sanitario ticinese un interessante laboratorio di
soluzioni al contempo innovative e radicate,
alla ricerca del giusto equilibrio tra qualità
e costi.
Luisa Lomazzi
STAC, Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi
Elena Keller,
vicedirettrice Casa dei Ciechi
06
L’amministrazione può
facilitare la vita agli
utenti ciechi o ipovedenti
Signora Keller, originariamente lei proviene da un ambiente
commerciale, come mai ha deciso di accettare la sfida
della Casa dei Ciechi?
Mi è sempre piaciuto il lavoro amministrativo e commerciale, ma nel
contempo mi piace anche il contatto diretto con la gente e l’idea di
poter aiutare anche nelle piccole cose. Quando sono arrivata alla
Casa dei Ciechi il mio primo compito è stato quello di riorganizzare
la parte amministrativa.
Non sono stati però questi nuovi compiti la cosa più difficile: quel
che mi ha scosso maggiormente erano gli anziani che perdevano
progressivamente la vista e che venivano nel mio ufficio a sfogarsi
e a piangere. All’inzio provavo difficoltà ad accettare queste drammatiche situazioni e pensavo addirittura che non sarei mai riuscita
ad abituarmi e pensavo di andarmene.
Però ha finito col restare...
...con il passare dei mesi sono riuscita a superare questo mio primo
disagio. Ho cominciato ad affezionarmi a questi anziani che tanto
hanno bisogno di sostegno. Nel limite della mia funzione ho cercato
di contribuire al loro benessere.
In che modo?
Con cose che possono sembrare banali: per esempio un anziano
ipovedente o cieco non può più tenere da solo i suoi conti, gestire le
pratiche amministrative legate alle cure mediche, alle assicurazioni
o alle imposte. Ho dunque introdotto un servizio di assistenza amministrativa personalizzato. Oggi l’ospite che lo desidera può per esempio
chiederci di tenergli i conti e noi eseguiamo al posto suo tutte le
pratiche necessarie.
Lei si occupa anche dell’amministrazione degli
appartamenti protetti della Fondazione Fé-Triaca...
...nell’ambito del lavoro di progetto per la nuova Casa dei Ciechi siamo andati a visitare altri istituti per ciechi e ipovedenti. Sono rimasta
impressionata da quanto alcuni istituti fossero integrati nel tessuto
sociale. È in questa occasione che abbiamo pensato di fare anche
noi nel nostro piccolo la stessa cosa. Infatti abbiamo trasformato
una parte degli appartamenti della Fondazione Fé-Triaca in appartamenti protetti per permettere agli anziani ipovedenti, che godono
ancora di un grado di autonomia sufficiente, di vivere in modo indipendente, pur sapendo di poter in qualsiasi momento far ricorso ai
servizi della Casa dei Ciechi.
Commissione interdisciplinare
di progettazione della nuova Casa
dei Ciechi
> Gabriele Ghirlanda
(rappresentante della commissione
ad hoc e lui stesso ipovedente)
> Fabrizio Greco
(direttore Casa dei Ciechi)
> Elena Keller
(vicedirettrice Casa dei Ciechi)
> Mara Salomone
(architetto, mediatrice, consulente
per la qualità ambientale nei servizi
per anziani e nei servizi sociosanitari)
> Studio Trevisani
(studio di architettura che segue
la realizzazione del progetto)
> A dipendenza del tema:
(un rappresentante del personale)
Melograno, Anno I / N.01 / settembre 2007
Gabriele Ghirlanda,
membro di Comitato della STAC,
della commissione ad hoc e rappresenta
la STAC all’interno della commissione
interdisciplinare di progettazione.
07
Per l’ipovedente
anche un colore può
essere un ostacolo
Signor Ghirlanda, in quanto membro della STAC,
lei si impegana a favore dei ciechi e agli ipovedenti.
Ma pure lei è stato colpito da problemi di visione.
Sì, ho iniziato a perdere progressivamente la vista già all’età di 20
anni. Cosciente del problema che ciò avrebbe rappresentato per il
mio futuro professionale, decisi allora di intraprendere una nuova formazione in campo medico-assistenziale e, da radiotecnico, sono
diventato assistente geriatrico.
Così, fin che la vista me lo ha permesso, ho lavorato in ospedale.
Oggi la vediamo dunque attivo a diversi livelli nella STAC,
in particolare è stato molto apprezzato il suo coinvolgimento
nella commissione interdisciplinare per la progettazione
della nuova Casa dei Ciechi. Quali sono le principali difficoltà cui si vede confrontata una persona ipovedente o
cieca?
Prima di tutto bisogna distinguere le problematiche che incontra
un ipovedente rispetto a quelle che incontra un cieco. L’ipovedente
percepisce la luce e l’ombra, quindi per lui sono importanti i contrasti
e i colori. Nella progettazione di una casa che ospita ipovedenti è
dunque importantissimo concepire un’illuminazione adeguata, senza
fonti luminose dirette. Infatti la luce diretta si accompagna di ombre
le quali vengono percepite dall’ipovedente come altrettanti ostacoli.
Quando poi l’ipovedente è anziano e già di per sé fatica a muoversi,
la presenza di ombre crea insicurezza e porta l’anziano a rinunciare
a muoversi.
Bisogna rendersi conto che cadere per l’anziano può anche essere
fatale. Per offrirgli una maggiore sicurezza, occorre quindi dare degli
aiuti come ad esempio un corrimano che gli permetta di spostarsi lungo
un percorso sicuro. Ciò è particolarmente importante perché meno
l’anziano si muove, meno rimane abile al movimento.
Questa è la sostanziale differenza rispetto al cieco che diventa anziano. Quest’ultimo è già abituato a gestire la sua cecità e, con l’età
che avanza, deve semplicemente abituarsi a gestire le patologie tipiche
dell’età anziana.
Oltre al problema della mobilità, quali sono gli altri problemi
cui si vede confrontato l’anziano l’ipovedente o cieco?
Perdendo la vista, si corre in ogni caso pure il rischio dell’isolamento.
Non si riesce più a leggere e si fatica ad utilizzare strumenti semplici
come il telefono.
Anche se oggi le tecnologie che permettono di superare questo tipo
di problemi esistono, è chiaro che rappresentano un grosso ostacolo per gli anziani. Spesso infatti anche gli anziani in perfetto stato
di salute si sentono sprovveduti di fronte al progresso tecnologico,
a maggior ragione dunque anche gli anziani ipovedenti.
Dobbiamo dunque incoraggiarli ad utilizzare la sintesi vocale sui telefonini, a leggere l’attualità in internet pure con la sintesi vocale, oppure
ad ascoltare i libri registrati grazie all’MP3.
Da un lato l’anziano ipovedente o cieco deve dunque fare uno sforzo
per adattarsi alla sua nuova realtà, dall’altro però anche la società
deve tener conto del fatto che il numero di persone con disturbi
visivi è in costante aumento e dichiararsi di conseguenza disponibile
ad adottare le misure del caso.
Ci può fare un esempio pratico?
Per esempio nella nuova ala di un istituto che frequento le pareti e
le porte sono state realizzate di colore identico. Io stesso non trovo
le porte. Per un ipovedente, dunque, anche un colore, o l’assenza di
un colore, può essere una barriera architettonica.
Questi problemi si moltiplicano in modo esponenziale quando a un
deficit della visione si sovrappongono altri problemi cognitivi come
nel caso dei malati di Alzheimer. Per questa ragione il lavoro interdisciplinare per progettare la nuova Casa dei Ciechi è stato ricco
d’insegnamenti reciproci ed ha reso possibile creare degli spazi che
siano di supporto, e non di ostacolo a chi li abita.
STAC, Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi
Pierluigi Quadri,
medico internista specializzato in geriatria.
Si occupa della medicina dell’anziano
da una ventina d’anni. Lavora presso
l’Ospedale regionale di Lugano e presso
l’Ospedale Beata Vergine di Mendrisio.
Ha collaborato alla definizione del concetto
terapeutico della nuova Casa dei Ciechi.
08
Stimolare le competenze
residue per mantenerle
più a lungo
Dottor Quadri, perché ha scelto di specializzarsi nella
medicina degli anziani?
Le geriatria è una disciplina molto ricca. L’approccio all’anziano obbliga a considerare dimensioni molto diverse, come ad esempio
quella fisica, psicologica ed emotiva, quella cognitiva. Inoltre, non
c’è solo l’attività clinica ma anche la formazione del personale, la
pianificazione dei servizi, la ricerca. Le mie attività in ospedale comportano un 50% di cure ambulatoriali e un altro 50% di cure ospedaliere nei reparti geriatrici.
Il suo “know how” è stato utile anche per la nuova Casa
dei Ciechi. Che cosa l’ha spinta a collaborare a questo
progetto?
La richiesta di collaborazione da parte della Casa dei Ciechi ha
subito suscitato il mio interesse. Da tempo desideravo infatti confrontarmi con i problemi della lungo-degenza. E poi si tratta una piccola struttura molto specializzata che al centro dell’attenzione mette
l’anziano portatore di un handicap particolare: il deficit visivo.
Per finire, è una struttura dove non solo c’è la competenza per quel
che concerne l’anziano, ma c’è anche il piacere di intraprendere
qualcosa di nuovo... di trovare nuove soluzioni.
Sono molto lieto che questa novità nasca in una zona periferica
come la nostra e non in un grande centro universitario, anche perché
in futuro, con l’aumento della speranza di vita, saremo chiamati a
trovare soluzioni per tutta una serie di nuovi gruppi di popolazione.
A quali gruppi si riferisce?
Vi sono infatti altri gruppi di popolazione per i quali siamo alla ricerca
di risposte specifiche e specialistiche. Cito ad esempio coloro che
sono affetti da malattie mentali come la sindrome di Down.
Meno di cento anni fa i malati di Down morivano all’età di 20-25
anni, oggi hanno praticamente raddoppiato la loro speranza di vita
e vivono fino a 45-50 anni e oltre. Invecchiando quasi tutti vanno
incontro alle manifestazioni di una malattia di Alzheimer.
Esistono altri istituti per ciechi con un’unità dedicata
agli anziani con deficit cognitivi come l’Alzheimer?
A mia conoscenza si tratta di una prima svizzera. Vi è un numero
limitato di ciechi che si ammalano di Alzheimer, ma di regola le persone affette da Alzheimer subiscono danni cerebrali che finiscono
col comprometterne anche la percezione visiva.
La gestione di questo tipo di malati è molto specialistica e delicata:
da una parte è necessario proteggerli, senza esagerare diventando
materni, e d’altra parte bisogna sollecitarli, stimolare le loro competenze residue per mantenerle più a lungo possibile. In questo
contesto l’ambiente fisico e l’attenzione di personale specializzato
assumono una grande importanza.
Melograno, Anno I / N.01 / settembre 2007
Mara Salomone,
architetto e consulente per la qualità
ambientale di servizi per anziani e di servizi
sociosanitari assistenziali per anziani.
Ha collaborato in particolare alla progettazione di reparti e di arredi di case di
riposo a Sondrio, Brescia, Biella e Milano.
Mara Salomone vive e lavora attualmente
a Milano.
09
Mettere in sintonia
gestori, architetti, personale
medico e degenti
Signora Salomone, qual è stato il suo
ruolo nel progetto di ampliamento e di
ristrutturazione della Casa dei Ciechi?
In questo progetto non ho lavorato in qualità
di architetto, ma piuttosto in qualità di mediatrice. In pratica si è trattato di tradurre il
linguaggio medico in un linguaggio architettonico e viceversa.
Nella consapevolezza dell’importanza di dare
il giusto peso alle diverse esigenze, la STAC
ha costituito una commissione interdisciplinare di progettazione nella quale si sono
incontrate tutte le parti in causa: la direzione con Fabrizio Greco ed Elena Keller,
gli architetti progettisti Stefania Trevisani
e Andrea Bernardazzi, Gabriele Ghirlanda,
membro del comitato della STAC, lui stesso
affetto da un deficit visivo e, a dipendenza
dei temi in discussione, pure un rappresentante del personale di cura. All’interno di
questa commissione interdisciplinare il mio
ruolo è stato quello di mediare fra le varie
necessità ed i vari punti di vista.
Le mie passate esperienze come architetto
e come consulente per i servizi di case per anziani mi hanno ovviamente facilitato il compito.
Signora Salomone, quali sono stati
i principali problemi che avete riscontrato nella fase di progetto?
Dapprima devo precisare che il ruolo della
commissione era solo quello di analizzare
problematiche legate alle peculiarità dei
singoli servizi, come gli impianti, le finiture e
il reparto Alzheimer (Unità di riabilitazione).
Ovviamente un tema che richiede un ottimo
coordinamento tra progettisti e gestione è
anche la predisposizione di un piano operativo che permetta di mantenere in funzione
in funzione di vari servizi nel rispetto delle
misure di sicurezza anche durante i lavori di
costruzione.
Ha parlato prima di impianti, quali
sono i problemi che avete incontrato
in questo campo?
Gli impianti di una casa di riposo e a maggior ragione di una casa di riposo per anziani
ciechi o ipovedenti e di persone con problemi
cognitivi come l’ Alzheimer sono complessi e
comportano numerosi vincoli. Per esempio
l’impianto di illuminazione: qui si tratta di evitare che le fonti luminose generino ombre
troppo nette o riflessi disturbanti. Devono
quindi essere delle fonti luminose indirette
di cui si può regolare l’intensità luminosa.
Ciò è molto importante per gli ipovedenti
che dispongono ancora di una capacità visiva limitata.
Un altro esempio è quello dell’impianto di
sorveglianza nel reparto Alzheimer. Negli
spazi comuni, questo sistema è stato munito
di webcam dotate di sensori di movimento.
Tutto ciò è collegato con un sistema intranet
ad un terminale in infermeria. Grazie a un
programma apposito, il computer è in grado
di segnalare eventuali movimenti ritenuti
anomali e rimanda l’immagine su un palmare
in dotazione del personale infermieristico.
Ciò permette un rapido intervento da parte
del personale in caso di bisogno.
Prima ha accennato anche alle rifiniture, ci può indicare alcuni esempi
in questo campo?
Visto che la Casa dei Ciechi ospita, oltre a
ipovedenti e persone completamente cieche,
anche malati di Alzheimer, i materiali ed i colori
dei pavimenti, delle pareti, delle porte e di
tanti altri elementi importanti assumono
grande rilievo.
Si tratta di permettere all’ospite di orientarsi il più facilmente possibile e di creare
un ambiente familiare e sicuro. Per esempio
una porta che deve essere visibile all’ospite
risulterà di colore nettamente diverso dalla
parete, la porta che invece deve essere
accessibile solo al personale sarà di colore
identico alla parete. Su una parete chiara
si faranno dunque risaltare con colori forti
porte accessibili, corrimani, paraspigoli e
placchette di interruttori.
Quali problemi avete incontrato nella
concezione del reparto Alzheimer?
Uno spazio asettico e vuoto è certamente
più sicuro, però non favorisce minimamente
la qualità di vita della persona affetta da
problemi cognitivi come l’Alzheimer.
Essa si troverà a disagio e tenderà a manifestare il suo malessere. L’ambiente deve dunque
aiutare il malato a vivere meglio, permettendogli di utilizzare a fondo le sue capacità
cognitive residue.
Un elemento stimolante è la presenza di un
giardino esterno protetto, direttamente collegato al soggiorno.
Ciò permette al degente di arricchire la sua
realtà percettiva quotidiana con elementi
naturali e vivi, come l’aria, la luce, i colori, i profumi e le sensazioni tattili. Anche nel soggiorno si è voluta creare un’atmosfera tranquilla e familiare, ad esempio dotandolo di
una cucina a vista, direttamente accessibile
in alcuni momenti anche agli anziani.
STAC, Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi
Alberto Trevisani, Stefania Trevisani,
Andrea Bernardazzi,
architetti dello Studio d’Architettura
Trevisani che ha progettato l’ampliamento
e la ristrutturazione della Casa dei Ciechi.
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Anche il giardino ristrutturato
in funzione degli anziani
ipovedenti o ciechi
La Casa dei ciechi è un edificio ricco di storia, che con
la ristrutturazione attuale si è anche voluto mettere in
evidenza...
...la Casa dei Ciechi è stata edificata ben 70 anni fa fra il 19351936 dagli architetti Carlo e Rino Tami. Nel corso dei decenni, per
adattarsi alle crescenti esigenze di spazio e di funzioni, l’edificio è
stato oggetto di svariate modifiche. L’intervento attuale aveva come
obiettivo da un lato di aumentare il numero di posti letto e dall’altro
di realizzare un nuovo spazio dedicato agli anziani con problemi cognitivi come i malati di Alzheimer.
Abbiamo approfittato di quest’occasione per riorganizzare il nucleo
centrale della parte vecchia dell’edificio, ripulendo lo spazio da localini frammentati aggiunti nel corso degli anni.
Abbiamo dunque recuperato questo spazio interessante dal punto
di vista architettonico, permettendogli di riacquistare la sua funzione
originale, cioè quella di punto di convergenza della circolazione interna. In particolare abbiamo optato per un intervento poco invasivo
e poco distruttivo della struttura originale.
Le nuove strutture facilitano parecchio il lavoro
del personale...
...sì, per esempio la Casa dei Ciechi dispone ora di un nuovo montaletti e l’area centrale col suo atrio a pianta quadrata è diventata
sede di tutti i servizi che vengono poi distribuiti, sia nell’ala originale,
sia in quella nuova.
E quali sono i vantaggi per gli ospiti?
Abbiamo fatto in modo che tutte le camere dell’ala nuova , come già
quelle dell’ala esistente, fossero rivolte a est, cioè verso il parco.
Il fronte ovest l’abbiamo invece dedicato ai servizi.
Gli spazi ad uso comune sono stati progettati con la massima flessibilità in modo da poterli adeguare alle diverse attività. Per motivi
di sicurezza abbiamo situato al pian terreno l’unità di riabilitazione,
nuovo reparto dedicato ai malati di Alzheimer, permettendo loro in
tal modo anche l’accesso diretto al giardino protetto.
Per realizzare la nuova ala, siete stati costretti a sacrificare anche una parte del vecchio giardino...
...sì, ma solo parzialmente. Per ampliare la Casa dei Ciechi aggiungendo un’ala, siamo stati costretti a sacrificare parte del giardino
antistante, che era utilizzato dagli anziani come luogo di relax
all’aperto. Però per evitare che gli anziani rimanessero senza la possibilità di uscire a prender aria, prima di iniziare la costruzione, abbiamo risistemato il parco ampliando la passeggiata e dotandola di
un corrimano giallo che percorre tutto il parco.
Abbiamo pure tolto tutte le barriere architettoniche che potevano
ostacolare il percorso dei ciechi e degli ipovedenti, realizzando una
nuova pavimentazione. Per la scelta dei materiali di quest’ultima è
stata molto utile la collaborazione di Gabriele Ghirlanda, lui stesso
ipovedente e membro della commissione di progettazione interdisciplinare che ha accompagnato l’intero progetto. Per l’unità di
riabilitzione invece, è stato concepito un nuovo giardino protetto
costruito attorno a un grande tiglio. Nel rifare parco e giardino, abbiamo fatto anche del nostro meglio per salvaguardare il patrimonio
botanico esistente. Gli alberi che si trovano sul sedime della nuova
ala sono stati trapiantati attorno alla passeggiata in modo da offrire
ombra e ristoro.
I lavori hanno dovuto essere eseguiti mentre la Casa dei
Ciechi era in piena attività, come è stato possibile?
È ovvio che i lavori di costruzione hanno richiesto un massimo di
flessibilità. Il primo lavoro realizzato è stata la costruzione della nuova ala e fino a dicembre 2006 la Casa dei Ciechi ha continuato a
lavorare secondo i vecchi schemi.
Poi abbiamo consegnato il 1. Piano della nuova ala, che ha permesso di trasferire parte delle attività, mentre noi, locale dopo locale,
abbiamo ristrutturato tutto il resto dell’immobile, senza mai essere
costretti a far chiudere un servizio.
Questi lavori sono stati eseguiti mantenendo degli spazi senza rumore in modo da importunare il meno possibile gli inquilini e garantendo la massima sicurezza.
melograno
Come la Casa
dei Ciechi il
melograno, visto
dall’esterno,
ha una scorza
dura e protettiva.
All’interno,
invece è diviso
in 5 sezioni,
circondate da un
tessuto soffice,
che dà spazio
e sostegno
a numerosi,
fragili chicchi.
Concetto & Redazione Samantha Bourgoin / Design Ferrise Comunicazione / Foto copertina Massimo Pedrazzini / Stampa NewPrint
Far del bene
dà buoni frutti.
STAC
Casa dei Ciechi Ricordone
Via Torricelli 45
6900 Lugano
Tel. +41 (0) 91 913 67 00
Fax +41 (0) 91 913 67 13
www.stac-prociechi.ch
[email protected]
c
Casa dei Ciechi Ricordone
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