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La nuova Casa dei Ciechi Parlano i protagonisti
melograno /01 STAC Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi Melograno, Anno I / N.01 / settembre 2007 La nuova Casa dei Ciechi Parlano i protagonisti STAC, Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi Casa dei Ciechi L’insieme dei servizi della nuova Casa dei Ciechi concorre a valorizzare al massimo le risorse dell’anziano ipovedente o cieco affinché permangano il più a lungo possibile. La Casa dei Ciechi dispone ora di 53 posti letto: questa dimensione intima permette di offrire all’utente e ai suoi familiari un rapporto molto personale. La diversificazione dei servizi e il recente ampliamento della struttura sono andati di pari passo con un riorientamento dell’approccio terapeutico agli anziani ciechi o ipovedenti. Ispirandosi ai metodi di Maria Montessori e di Moyra Jones è stato creato un ambiente: > proporzionato alle capacità motorie, operative e mentali dell’anziano ipovedente o cieco > organizzato ed ordinato in modo che, attraverso punti di riferimento, egli possa riconoscere facilmente la realtà > calmo ed armonioso per fornire all’anziano cieco o ipovedente un contesto rassicurante > attraente, grazie all’attenzione e alla gentilezza delle cure, in modo da dargli un sentimento di fiducia. In altri termini si è trattato di evitare una medicalizzazione eccessiva dell’anziano cieco o ipovedente e di dare un ruolo di maggiore importanza allo stile di vita e all’ambiente in modo da favorirne il benessere psichico e fisico. I 5 servizi Soggiorni lungo degenza 01 La Casa dei Ciechi è una casa per anziani medicalizzata che offre soggiorno ed assistenza. L’intera struttura ed il giardino sono appositamente progettati senza barriere architettoniche. Il personale è formato per la cura di pazienti ipovedenti o ciechi. L’anziano può personalizzare i suoi spazi circondandosi dei suoi effetti personali, in modo da rendere l’ambiente circostante più familiare possibile. Gli utenti della Casa dei Ciechi beneficiano di tutta una serie di prestazioni, come cure igieniche giornaliere con doccia o bagno, cure infermieristiche, medicazioni, somministrazioni di medicamenti, servizio parrucchiera, pedicure, fisioterapia, ergoterapia, dieta e pranzi svariati e soprattutto cortesia e tanto svago. Soggiorni temporanei 02 Si tratta di un servizio concepito per sostenere l’anziano cieco o ipovedente e facilitarne il rientro a casa, ad esempio dopo un ricovero in ospedale, per un periodo di convalescenza, oppure per sostenere i familiari che fossero temporaneamente nell’impossibilità di curare l’anziano a domicilio. I soggiorni temporanei possono avere una durata massima di tre mesi. Offrono alloggio e assistenza all’anziano secondo il suo grado di autonomia. Unità di riabilitazione 03 Nella nuova unità di riabilitazione troviamo dieci camere singole destinate a residenti ipovedenti o ciechi affetti da disturbi cognitivi. Questo numero limitato permette di personalizzare l’approccio terapeutico. La struttura, unitamente al personale appositamente formato, offre una presa a carico continua e specialistica soprattutto nella fase di agitazione psicomotoria. Nel progetto terapeutico i familiari hanno un ruolo molto importante. Gli orari e i ritmi della giornata vengono adattati alle esigenze individuali. Molte persone con problemi visivi importanti, pur rimanendo nel loro ambiente familiare, perdono una valida rete di relazioni sociali e corrono un grave rischio d’isolamento. Il centro terapeutico diurno-notturno 04 Il centro diurno e notturno della Casa dei Ciechi può accogliere una quindicina di persone ed è un servizio semiresidenziale, un luogo in cui l’anziano trova accoglienza, assistenza e attività di socializzazione durante la giornata per poi tornare a casa la sera o, viceversa può trascorrere la giornata a casa e trasferirsi al centro per la notte. Esso offre alle famiglie degli anziani ipovedenti o ciechi un sostegno nella gestione del congiunto allo scopo di evitarne, ritardarne o prepararne il trasferimento definitivo in istituto. Appartamenti protetti 05 Si tratta di 4 appartamenti protetti appartenenti alla Fondazione Fé-Triaca e gestiti dalla STAC. Essi sono situati all’interno di una palazzina di tre piani con 12 appartamenti in via Massagno 110 e si trovano nelle immediate vicinanze della fermata del bus, della farmacia e della posta. Questi appartamenti sono concepiti appositamente per persone con disturbi visivi, ma in grado di gestirsi autonomamente. Gli inquilini possono così condurre una vita indipendente in un contesto urbano e, in caso di bisogno, possono far ricorso al sostegno esterno della Casa dei Ciechi. /5 Melograno, Anno I / N.01 / settembre 2007 Avvocato Giorgio Grandini, presidente della STAC 03 Un progetto valido che suscita un entusiasmo solidale Signor Grandini, lei è presidente della STAC. Qual è il ruolo di quest’associazione? STAC sta per Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi. Si tratta di un’associazione privata senza scopo di lucro, riconosciuta dallo stato e che ha la particolarità di occuparsi in modo generale dell’aiuto agli ipovedenti e ai ciechi anziani. La STAC gestisce in particolare la Casa dei Ciechi del Ricordone costruita nel 1936 a Lugano. nostro tesoriere Giovanni Balmelli. Vorrei approfittare dell’occasione per esprimergli i nostri sinceri ringraziamenti. Mi auguro che questo slancio di solidarietà continui, perché il sostegno dei privati aiuta a diminuire il debito contratto dalla STAC per realizzare la nuova Casa dei Ciechi e ci aiuta anche in modo determinante a garantire un servizio personalizzato e altamente professionale agli anziani ipovedenti e ciechi. Come è nata l’idea della nuova Casa dei Ciechi? All’inizio del nuovo millennio il Comitato della STAC ha voluto riflettere sul futuro di questa piccola struttura che da decenni si occupa degli ipovedenti e dei ciechi. Finora la Casa dei Ciechi era una semplice casa per anziani medicalizzata. Seguendo l’intuizione del direttore Fabrizio Greco, ci siamo rivolti all’università, più precisamente all’istituto di microeconomia (MECOP), con la quale si è elaborato un progetto che, nel rispetto del lavoro svolto finora, prevede per la Casa dei Ciechi una diversificazione dei servizi per meglio tener conto delle diverse problematiche e delle situazioni personali degli anziani ipovedenti e ciechi. Come è stata finanziata la nuova Casa dei Ciechi? L’assemblea della STAC ha posto come condizione che, per realizzare la nuova Casa dei Ciechi, almeno un milione di franchi fosse donato da privati. Il comitato si è dunque attivato e ha creato una commmissione ad hoc incaricata di gestirne il finanziamento. A conti fatti, l’ampliamento e la ristrutturazione sfiorano i 6 milioni di franchi. I contributi donati dai privati superano l’obiettivo di partenza, raggiungendo la quota di ben 1,6 milioni. Il Cantone, dal canto suo, ha partecipato alla copertura dei costi con 1 milione. Per completare l’opera, la STAC stessa ha contribuito con capitale proprio e ha contratto finanziamenti per un ammontare di 2,5 milioni. È stato difficile raccogliere i fondi? Spesso si dice che al giorno d’oggi è difficile raccogliere soldi da privati per opere di bene, ma la nostra esperienza prova il contrario: con un progetto valido, non solo non è difficile raccogliere fondi, ma si può addirittura suscitare un entusiasmo solidale. Devo però anche aggiungere che il successo della raccolta di fondi è in gran parte anche da attribuire all’ottimo lavoro di coordinamento del Membri della Commissione ad hoc del Comitato della STAC > Gabriele Ghirlanda > Romano Leoni > Giovanni Balmelli > Gian Giuseppe Enderlin STAC, Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi Fabrizio Greco, direttore Casa dei Ciechi Ricordone 04 L’approccio filosofico che mette al centro l’essere umano Signor Greco, quando lei parla delle nuove forme di cura della Casa dei Ciechi si riferisce spesso a Maria Montessori. Perché utilizzare una referenza pedagogica vecchia di 100 anni in un contesto di cure? Sono profondamente convinto che una parte dell’insoddisfazione che provo come operatore sia dovuta all’eccessiva medicalizzazione della nostra salute. Detto così può apparire paradossale, ma non bisogna dimenticare che il sistema sanitario incide solo per poco più del 10 % sulla nostra speranza di vita. Molto più importante appare invece lo stile di vita e l’ambiente in cui si vive. In altri termini la vita che ognuno svolge ha un ruolo predominante sulla sua salute mentale e fisica. Ed è proprio questo aspetto che differenzia il nostro approccio alle cure da quello convenzionale. Le scelte terapeutiche della Casa dei Ciechi sono ispirate da un approccio filosofico che tende a mettere l’Uomo al centro. Sì, ma in che modo la grande pedagoga dell’infanzia che è stata Maria Montessori può contribuire alla comprensione dei bisogni della terza età? La vecchiaia con le sue manifestazioni non è nientaltro che l’ennesimo stadio di sviluppo del nostro io. Durante i primi 15 anni della vita di ogni individuo la società investe grandi risorse nell’apprendimento e nei relativi metodi. Più tardi, nell’età adulta, la formazione permanente rappresenta un elemento preponderante dell’integrazione sociale. Appena però le facoltà psicomotorie cominciano a scemare questo bisogno fondamentale è totalmente lasciato all’abbandono. Il perché appare banalmente semplice: nel bambino e nell’adulto vale la pena investire, nell’anziano erroneamente si pensa sia inutile. Maria Montessori con la sua pedagogia universale, impregnata di ottimismo nelle possibilità dell’uomo, ci dà una traccia riflessiva fondamentale: la vita è quella che si vive qui ed ora, ed è in questo presente che si deve manifestare la nostra umanità. Ciò appare ovvio, ma è proprio nelle cose scontate che si annidano le semplificazioni nemiche dell’evoluzione. Così come Montessori costruisce delle case speciali per bambini a misura dei bambini, e forma il personale a rispettare lo sviluppo del bambino secondo i suoi ritmi naturali e secondo la sua personalità, così noi dobbiamo costruire delle case per anziani a misura degli anziani, progettate specificamente per permettere loro di esprimere tutte le loro competenze e formare il nostro personale in modo altrettanto adeguato. È abbastanza concepire una casa a misura degli anziani se gli ospiti sono ipovedenti o ciechi? Proprio per questo dobbiamo fare uno sforzo ancora maggiore. Dobbiamo in particolare proporzionare i locali del nostro centro in funzione delle capacità operative e mentali degli anziani ipovedenti o ciechi, organizzarli attraverso punti di riferimento non discontinui in modo che possano muoversi al loro interno e nel parco in tutta sicurezza. Dobbiamo creare un ambiente calmo ed armonico per offrir loro una dimensione psicoaffettiva positiva. Queste misure sono ancora efficaci per gli anziani con problemi cognitivi? Gli anziani con problemi cognitivi possono avere disturbi visivi a causa del degrado delle loro capacità mentali o del semplice invecchiamento. Tuttavia anche questi anziani mantengono per lungo tempo un certo numero di competenze primarie, in particolare in quelle attività che hanno svolto durante tutta la loro vita. Con misure adeguate riusciamo a mobilitare anche parte di queste capacità residue e, quando le condizioni peggiorano, e l’anziano attraversa la fase di agitazione psicomotoria, ha la possibilità di vivere in un ambiente protetto come nella nuova Unità di riabilitazione dove è prevista una presa a carico continua, specialistica e personalizzata. Melograno, Anno I / N.01 / settembre 2007 Luisa Lomazzi, laureata in scienze politiche e sociologia dell’organizzazione ha lavorato 10 anni alla Bocconi (SDA e CERGAS) per poi dedicarsi alla consulenza in ambito sanitario. Dal 2000 insegna all’USI nel Master of Advanced Studies in econimia e gestione sanitaria e sociosanitaria Net-MEGS e collabora con il Dipartimento Azione Sociale del DSS. 05 La STAC ha scelto un’opzione lungimirante Nel 2003 la Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi (STAC) ha incaricato l’Istituto di Microeconomia ed Economia Pubblica (MecoP) dell’Università della Svizzera Italiana (USI) di effettuare un lavoro di analisi della situazione della STAC finalizzata alla formulazione di proposte di sviluppo per il futuro. L’analisi della situazione di allora ha evidenziato, accanto ad importanti punti forza che hanno consentito alla STAC di affrontare con successo il suo processo di ampliamento, alcuni punti critici determinanti che, se non affrontati nel breve periodo, avrebbero del tutto inibito lo sviluppo futuro della Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi. In particolare, l’assoluta carenza di spazi fisici, la conseguente impossibilità di differenziarli rendendoli maggiormente appropriati alle diverse caratteristiche e bisogni dei propri utenti, unita a dimensioni eccessivamente piccole dell’Ente, avrebbero reso, anche dal punto di vista economico-gestionale, sempre più difficile l’erogazione di un servizio specializzato e qualitativo nel tempo. In quel momento la Società si trovava sostanzialmente di fronte ad un’opzione di “sopravvivenza” (stiamo come siamo) che nel medio-lungo periodo avrebbe indubbiamente portato alla chiusura e a diverse opzioni di rilancio: “costruiamo ex-novo una struttura”, “ci fondiamo con altre piccole residenze per anziani” o “ci espandiamo ulteriormente a partire da dove siamo ora”. La STAC ha scelto, a mio avviso in modo molto saggio e lungimirante, quest’ultima opzione che consentiva di costruire il proprio futuro a partire dalla propria storia, dalla propria “casa”, da una radicata e riconosciuta identità e presenza nella comunità locale ticinese, dalla capacità di sviluppare servizi qualificati e diversificati, realmente orientati ai bisogni in divenire dei propri utenti e delle loro famiglie, dalla capacità di valorizzare e far crescere il proprio personale e di utilizzare in modo efficiente le proprie risorse. È indubbiamente molto bello tornare a quattro anni da quel lavoro di analisi e vedere che accanto al notevole intervento logisticoambientale, di gran pregio e interesse, che ha consentito di aumentare e qualificare gli spazi e gli ambienti della STAC, si sia lavorato ad un ulteriore ampliamento dell’offerta di servizi ed a una maggior efficacia ed efficienza nell’utilizzo delle risorse disponibili. Qui siamo di fronte a un piacevole e sorprendente esempio di evoluzione a 360 gradi. Accanto alla costruzione della nuova ala, troviamo l’ampliamento ed il consolidamento dell’offerta di una gamma di servizi che coprono l’intera residenzialità, con soggiorni di lungo-degenza, temporanei e riabilitativi e appartamenti protetti, e semi-residenzialità con il Centro Diurno e Notturno. Questa rete di servizi della STAC, supportata dall’offerta di attività e interventi di carattere pratico, tecnologico, culturale (di sensibilizzazione e formazione) e ricreativo, spesso in collaborazione con l’Unitas, rivolte agli ipovedenti e ai ciechi, alle loro famiglie e agli operatori socio-sanitari, consentirà di costruire veri e propri percorsi di cura e assistenza, sempre più pertinenti, idonei e vicini ai bisogni e alle caratteristiche degli utenti. Questo forte investimento sulla creazione di una rete sempre più completa di servizi altamente specializzati e tra loro fortemente integrati anche grazie ad un ottimo triage, è stato infine completato da un necessario e lungimirante processo di riqualificazione delle risorse interne, mediante risparmi generati da scelte di esternalizzazioni di servizi generali non caratteristici (ad esempio, la lavanderia) che, a parità di qualità del servizio, hanno consentito alla società di reinvestire i risparmi in maggior qualità dell’assistenza (nuovo ergoterapista) e mediante fruttuose iniziative di cooperazione ad ampio spettro con l’Ospedale Civico di Lugano. L’intero ambito dei servizi socio-sanitari in Ticino è stato caratterizzato in questi ultimi anni da importanti cambiamenti a livello organizzativo, gestionale e culturale favoriti anche dall’introduzione dei contratti di prestazione. L’interesse, la vitalità e la creatività che caratterizza questa fase dello sviluppo della STAC ne sono un tangibile esempio che, assieme ad altri, rendono il comparto socio-sanitario ticinese un interessante laboratorio di soluzioni al contempo innovative e radicate, alla ricerca del giusto equilibrio tra qualità e costi. Luisa Lomazzi STAC, Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi Elena Keller, vicedirettrice Casa dei Ciechi 06 L’amministrazione può facilitare la vita agli utenti ciechi o ipovedenti Signora Keller, originariamente lei proviene da un ambiente commerciale, come mai ha deciso di accettare la sfida della Casa dei Ciechi? Mi è sempre piaciuto il lavoro amministrativo e commerciale, ma nel contempo mi piace anche il contatto diretto con la gente e l’idea di poter aiutare anche nelle piccole cose. Quando sono arrivata alla Casa dei Ciechi il mio primo compito è stato quello di riorganizzare la parte amministrativa. Non sono stati però questi nuovi compiti la cosa più difficile: quel che mi ha scosso maggiormente erano gli anziani che perdevano progressivamente la vista e che venivano nel mio ufficio a sfogarsi e a piangere. All’inzio provavo difficoltà ad accettare queste drammatiche situazioni e pensavo addirittura che non sarei mai riuscita ad abituarmi e pensavo di andarmene. Però ha finito col restare... ...con il passare dei mesi sono riuscita a superare questo mio primo disagio. Ho cominciato ad affezionarmi a questi anziani che tanto hanno bisogno di sostegno. Nel limite della mia funzione ho cercato di contribuire al loro benessere. In che modo? Con cose che possono sembrare banali: per esempio un anziano ipovedente o cieco non può più tenere da solo i suoi conti, gestire le pratiche amministrative legate alle cure mediche, alle assicurazioni o alle imposte. Ho dunque introdotto un servizio di assistenza amministrativa personalizzato. Oggi l’ospite che lo desidera può per esempio chiederci di tenergli i conti e noi eseguiamo al posto suo tutte le pratiche necessarie. Lei si occupa anche dell’amministrazione degli appartamenti protetti della Fondazione Fé-Triaca... ...nell’ambito del lavoro di progetto per la nuova Casa dei Ciechi siamo andati a visitare altri istituti per ciechi e ipovedenti. Sono rimasta impressionata da quanto alcuni istituti fossero integrati nel tessuto sociale. È in questa occasione che abbiamo pensato di fare anche noi nel nostro piccolo la stessa cosa. Infatti abbiamo trasformato una parte degli appartamenti della Fondazione Fé-Triaca in appartamenti protetti per permettere agli anziani ipovedenti, che godono ancora di un grado di autonomia sufficiente, di vivere in modo indipendente, pur sapendo di poter in qualsiasi momento far ricorso ai servizi della Casa dei Ciechi. Commissione interdisciplinare di progettazione della nuova Casa dei Ciechi > Gabriele Ghirlanda (rappresentante della commissione ad hoc e lui stesso ipovedente) > Fabrizio Greco (direttore Casa dei Ciechi) > Elena Keller (vicedirettrice Casa dei Ciechi) > Mara Salomone (architetto, mediatrice, consulente per la qualità ambientale nei servizi per anziani e nei servizi sociosanitari) > Studio Trevisani (studio di architettura che segue la realizzazione del progetto) > A dipendenza del tema: (un rappresentante del personale) Melograno, Anno I / N.01 / settembre 2007 Gabriele Ghirlanda, membro di Comitato della STAC, della commissione ad hoc e rappresenta la STAC all’interno della commissione interdisciplinare di progettazione. 07 Per l’ipovedente anche un colore può essere un ostacolo Signor Ghirlanda, in quanto membro della STAC, lei si impegana a favore dei ciechi e agli ipovedenti. Ma pure lei è stato colpito da problemi di visione. Sì, ho iniziato a perdere progressivamente la vista già all’età di 20 anni. Cosciente del problema che ciò avrebbe rappresentato per il mio futuro professionale, decisi allora di intraprendere una nuova formazione in campo medico-assistenziale e, da radiotecnico, sono diventato assistente geriatrico. Così, fin che la vista me lo ha permesso, ho lavorato in ospedale. Oggi la vediamo dunque attivo a diversi livelli nella STAC, in particolare è stato molto apprezzato il suo coinvolgimento nella commissione interdisciplinare per la progettazione della nuova Casa dei Ciechi. Quali sono le principali difficoltà cui si vede confrontata una persona ipovedente o cieca? Prima di tutto bisogna distinguere le problematiche che incontra un ipovedente rispetto a quelle che incontra un cieco. L’ipovedente percepisce la luce e l’ombra, quindi per lui sono importanti i contrasti e i colori. Nella progettazione di una casa che ospita ipovedenti è dunque importantissimo concepire un’illuminazione adeguata, senza fonti luminose dirette. Infatti la luce diretta si accompagna di ombre le quali vengono percepite dall’ipovedente come altrettanti ostacoli. Quando poi l’ipovedente è anziano e già di per sé fatica a muoversi, la presenza di ombre crea insicurezza e porta l’anziano a rinunciare a muoversi. Bisogna rendersi conto che cadere per l’anziano può anche essere fatale. Per offrirgli una maggiore sicurezza, occorre quindi dare degli aiuti come ad esempio un corrimano che gli permetta di spostarsi lungo un percorso sicuro. Ciò è particolarmente importante perché meno l’anziano si muove, meno rimane abile al movimento. Questa è la sostanziale differenza rispetto al cieco che diventa anziano. Quest’ultimo è già abituato a gestire la sua cecità e, con l’età che avanza, deve semplicemente abituarsi a gestire le patologie tipiche dell’età anziana. Oltre al problema della mobilità, quali sono gli altri problemi cui si vede confrontato l’anziano l’ipovedente o cieco? Perdendo la vista, si corre in ogni caso pure il rischio dell’isolamento. Non si riesce più a leggere e si fatica ad utilizzare strumenti semplici come il telefono. Anche se oggi le tecnologie che permettono di superare questo tipo di problemi esistono, è chiaro che rappresentano un grosso ostacolo per gli anziani. Spesso infatti anche gli anziani in perfetto stato di salute si sentono sprovveduti di fronte al progresso tecnologico, a maggior ragione dunque anche gli anziani ipovedenti. Dobbiamo dunque incoraggiarli ad utilizzare la sintesi vocale sui telefonini, a leggere l’attualità in internet pure con la sintesi vocale, oppure ad ascoltare i libri registrati grazie all’MP3. Da un lato l’anziano ipovedente o cieco deve dunque fare uno sforzo per adattarsi alla sua nuova realtà, dall’altro però anche la società deve tener conto del fatto che il numero di persone con disturbi visivi è in costante aumento e dichiararsi di conseguenza disponibile ad adottare le misure del caso. Ci può fare un esempio pratico? Per esempio nella nuova ala di un istituto che frequento le pareti e le porte sono state realizzate di colore identico. Io stesso non trovo le porte. Per un ipovedente, dunque, anche un colore, o l’assenza di un colore, può essere una barriera architettonica. Questi problemi si moltiplicano in modo esponenziale quando a un deficit della visione si sovrappongono altri problemi cognitivi come nel caso dei malati di Alzheimer. Per questa ragione il lavoro interdisciplinare per progettare la nuova Casa dei Ciechi è stato ricco d’insegnamenti reciproci ed ha reso possibile creare degli spazi che siano di supporto, e non di ostacolo a chi li abita. STAC, Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi Pierluigi Quadri, medico internista specializzato in geriatria. Si occupa della medicina dell’anziano da una ventina d’anni. Lavora presso l’Ospedale regionale di Lugano e presso l’Ospedale Beata Vergine di Mendrisio. Ha collaborato alla definizione del concetto terapeutico della nuova Casa dei Ciechi. 08 Stimolare le competenze residue per mantenerle più a lungo Dottor Quadri, perché ha scelto di specializzarsi nella medicina degli anziani? Le geriatria è una disciplina molto ricca. L’approccio all’anziano obbliga a considerare dimensioni molto diverse, come ad esempio quella fisica, psicologica ed emotiva, quella cognitiva. Inoltre, non c’è solo l’attività clinica ma anche la formazione del personale, la pianificazione dei servizi, la ricerca. Le mie attività in ospedale comportano un 50% di cure ambulatoriali e un altro 50% di cure ospedaliere nei reparti geriatrici. Il suo “know how” è stato utile anche per la nuova Casa dei Ciechi. Che cosa l’ha spinta a collaborare a questo progetto? La richiesta di collaborazione da parte della Casa dei Ciechi ha subito suscitato il mio interesse. Da tempo desideravo infatti confrontarmi con i problemi della lungo-degenza. E poi si tratta una piccola struttura molto specializzata che al centro dell’attenzione mette l’anziano portatore di un handicap particolare: il deficit visivo. Per finire, è una struttura dove non solo c’è la competenza per quel che concerne l’anziano, ma c’è anche il piacere di intraprendere qualcosa di nuovo... di trovare nuove soluzioni. Sono molto lieto che questa novità nasca in una zona periferica come la nostra e non in un grande centro universitario, anche perché in futuro, con l’aumento della speranza di vita, saremo chiamati a trovare soluzioni per tutta una serie di nuovi gruppi di popolazione. A quali gruppi si riferisce? Vi sono infatti altri gruppi di popolazione per i quali siamo alla ricerca di risposte specifiche e specialistiche. Cito ad esempio coloro che sono affetti da malattie mentali come la sindrome di Down. Meno di cento anni fa i malati di Down morivano all’età di 20-25 anni, oggi hanno praticamente raddoppiato la loro speranza di vita e vivono fino a 45-50 anni e oltre. Invecchiando quasi tutti vanno incontro alle manifestazioni di una malattia di Alzheimer. Esistono altri istituti per ciechi con un’unità dedicata agli anziani con deficit cognitivi come l’Alzheimer? A mia conoscenza si tratta di una prima svizzera. Vi è un numero limitato di ciechi che si ammalano di Alzheimer, ma di regola le persone affette da Alzheimer subiscono danni cerebrali che finiscono col comprometterne anche la percezione visiva. La gestione di questo tipo di malati è molto specialistica e delicata: da una parte è necessario proteggerli, senza esagerare diventando materni, e d’altra parte bisogna sollecitarli, stimolare le loro competenze residue per mantenerle più a lungo possibile. In questo contesto l’ambiente fisico e l’attenzione di personale specializzato assumono una grande importanza. Melograno, Anno I / N.01 / settembre 2007 Mara Salomone, architetto e consulente per la qualità ambientale di servizi per anziani e di servizi sociosanitari assistenziali per anziani. Ha collaborato in particolare alla progettazione di reparti e di arredi di case di riposo a Sondrio, Brescia, Biella e Milano. Mara Salomone vive e lavora attualmente a Milano. 09 Mettere in sintonia gestori, architetti, personale medico e degenti Signora Salomone, qual è stato il suo ruolo nel progetto di ampliamento e di ristrutturazione della Casa dei Ciechi? In questo progetto non ho lavorato in qualità di architetto, ma piuttosto in qualità di mediatrice. In pratica si è trattato di tradurre il linguaggio medico in un linguaggio architettonico e viceversa. Nella consapevolezza dell’importanza di dare il giusto peso alle diverse esigenze, la STAC ha costituito una commissione interdisciplinare di progettazione nella quale si sono incontrate tutte le parti in causa: la direzione con Fabrizio Greco ed Elena Keller, gli architetti progettisti Stefania Trevisani e Andrea Bernardazzi, Gabriele Ghirlanda, membro del comitato della STAC, lui stesso affetto da un deficit visivo e, a dipendenza dei temi in discussione, pure un rappresentante del personale di cura. All’interno di questa commissione interdisciplinare il mio ruolo è stato quello di mediare fra le varie necessità ed i vari punti di vista. Le mie passate esperienze come architetto e come consulente per i servizi di case per anziani mi hanno ovviamente facilitato il compito. Signora Salomone, quali sono stati i principali problemi che avete riscontrato nella fase di progetto? Dapprima devo precisare che il ruolo della commissione era solo quello di analizzare problematiche legate alle peculiarità dei singoli servizi, come gli impianti, le finiture e il reparto Alzheimer (Unità di riabilitazione). Ovviamente un tema che richiede un ottimo coordinamento tra progettisti e gestione è anche la predisposizione di un piano operativo che permetta di mantenere in funzione in funzione di vari servizi nel rispetto delle misure di sicurezza anche durante i lavori di costruzione. Ha parlato prima di impianti, quali sono i problemi che avete incontrato in questo campo? Gli impianti di una casa di riposo e a maggior ragione di una casa di riposo per anziani ciechi o ipovedenti e di persone con problemi cognitivi come l’ Alzheimer sono complessi e comportano numerosi vincoli. Per esempio l’impianto di illuminazione: qui si tratta di evitare che le fonti luminose generino ombre troppo nette o riflessi disturbanti. Devono quindi essere delle fonti luminose indirette di cui si può regolare l’intensità luminosa. Ciò è molto importante per gli ipovedenti che dispongono ancora di una capacità visiva limitata. Un altro esempio è quello dell’impianto di sorveglianza nel reparto Alzheimer. Negli spazi comuni, questo sistema è stato munito di webcam dotate di sensori di movimento. Tutto ciò è collegato con un sistema intranet ad un terminale in infermeria. Grazie a un programma apposito, il computer è in grado di segnalare eventuali movimenti ritenuti anomali e rimanda l’immagine su un palmare in dotazione del personale infermieristico. Ciò permette un rapido intervento da parte del personale in caso di bisogno. Prima ha accennato anche alle rifiniture, ci può indicare alcuni esempi in questo campo? Visto che la Casa dei Ciechi ospita, oltre a ipovedenti e persone completamente cieche, anche malati di Alzheimer, i materiali ed i colori dei pavimenti, delle pareti, delle porte e di tanti altri elementi importanti assumono grande rilievo. Si tratta di permettere all’ospite di orientarsi il più facilmente possibile e di creare un ambiente familiare e sicuro. Per esempio una porta che deve essere visibile all’ospite risulterà di colore nettamente diverso dalla parete, la porta che invece deve essere accessibile solo al personale sarà di colore identico alla parete. Su una parete chiara si faranno dunque risaltare con colori forti porte accessibili, corrimani, paraspigoli e placchette di interruttori. Quali problemi avete incontrato nella concezione del reparto Alzheimer? Uno spazio asettico e vuoto è certamente più sicuro, però non favorisce minimamente la qualità di vita della persona affetta da problemi cognitivi come l’Alzheimer. Essa si troverà a disagio e tenderà a manifestare il suo malessere. L’ambiente deve dunque aiutare il malato a vivere meglio, permettendogli di utilizzare a fondo le sue capacità cognitive residue. Un elemento stimolante è la presenza di un giardino esterno protetto, direttamente collegato al soggiorno. Ciò permette al degente di arricchire la sua realtà percettiva quotidiana con elementi naturali e vivi, come l’aria, la luce, i colori, i profumi e le sensazioni tattili. Anche nel soggiorno si è voluta creare un’atmosfera tranquilla e familiare, ad esempio dotandolo di una cucina a vista, direttamente accessibile in alcuni momenti anche agli anziani. STAC, Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi Alberto Trevisani, Stefania Trevisani, Andrea Bernardazzi, architetti dello Studio d’Architettura Trevisani che ha progettato l’ampliamento e la ristrutturazione della Casa dei Ciechi. 10 Anche il giardino ristrutturato in funzione degli anziani ipovedenti o ciechi La Casa dei ciechi è un edificio ricco di storia, che con la ristrutturazione attuale si è anche voluto mettere in evidenza... ...la Casa dei Ciechi è stata edificata ben 70 anni fa fra il 19351936 dagli architetti Carlo e Rino Tami. Nel corso dei decenni, per adattarsi alle crescenti esigenze di spazio e di funzioni, l’edificio è stato oggetto di svariate modifiche. L’intervento attuale aveva come obiettivo da un lato di aumentare il numero di posti letto e dall’altro di realizzare un nuovo spazio dedicato agli anziani con problemi cognitivi come i malati di Alzheimer. Abbiamo approfittato di quest’occasione per riorganizzare il nucleo centrale della parte vecchia dell’edificio, ripulendo lo spazio da localini frammentati aggiunti nel corso degli anni. Abbiamo dunque recuperato questo spazio interessante dal punto di vista architettonico, permettendogli di riacquistare la sua funzione originale, cioè quella di punto di convergenza della circolazione interna. In particolare abbiamo optato per un intervento poco invasivo e poco distruttivo della struttura originale. Le nuove strutture facilitano parecchio il lavoro del personale... ...sì, per esempio la Casa dei Ciechi dispone ora di un nuovo montaletti e l’area centrale col suo atrio a pianta quadrata è diventata sede di tutti i servizi che vengono poi distribuiti, sia nell’ala originale, sia in quella nuova. E quali sono i vantaggi per gli ospiti? Abbiamo fatto in modo che tutte le camere dell’ala nuova , come già quelle dell’ala esistente, fossero rivolte a est, cioè verso il parco. Il fronte ovest l’abbiamo invece dedicato ai servizi. Gli spazi ad uso comune sono stati progettati con la massima flessibilità in modo da poterli adeguare alle diverse attività. Per motivi di sicurezza abbiamo situato al pian terreno l’unità di riabilitazione, nuovo reparto dedicato ai malati di Alzheimer, permettendo loro in tal modo anche l’accesso diretto al giardino protetto. Per realizzare la nuova ala, siete stati costretti a sacrificare anche una parte del vecchio giardino... ...sì, ma solo parzialmente. Per ampliare la Casa dei Ciechi aggiungendo un’ala, siamo stati costretti a sacrificare parte del giardino antistante, che era utilizzato dagli anziani come luogo di relax all’aperto. Però per evitare che gli anziani rimanessero senza la possibilità di uscire a prender aria, prima di iniziare la costruzione, abbiamo risistemato il parco ampliando la passeggiata e dotandola di un corrimano giallo che percorre tutto il parco. Abbiamo pure tolto tutte le barriere architettoniche che potevano ostacolare il percorso dei ciechi e degli ipovedenti, realizzando una nuova pavimentazione. Per la scelta dei materiali di quest’ultima è stata molto utile la collaborazione di Gabriele Ghirlanda, lui stesso ipovedente e membro della commissione di progettazione interdisciplinare che ha accompagnato l’intero progetto. Per l’unità di riabilitzione invece, è stato concepito un nuovo giardino protetto costruito attorno a un grande tiglio. Nel rifare parco e giardino, abbiamo fatto anche del nostro meglio per salvaguardare il patrimonio botanico esistente. Gli alberi che si trovano sul sedime della nuova ala sono stati trapiantati attorno alla passeggiata in modo da offrire ombra e ristoro. I lavori hanno dovuto essere eseguiti mentre la Casa dei Ciechi era in piena attività, come è stato possibile? È ovvio che i lavori di costruzione hanno richiesto un massimo di flessibilità. Il primo lavoro realizzato è stata la costruzione della nuova ala e fino a dicembre 2006 la Casa dei Ciechi ha continuato a lavorare secondo i vecchi schemi. Poi abbiamo consegnato il 1. Piano della nuova ala, che ha permesso di trasferire parte delle attività, mentre noi, locale dopo locale, abbiamo ristrutturato tutto il resto dell’immobile, senza mai essere costretti a far chiudere un servizio. Questi lavori sono stati eseguiti mantenendo degli spazi senza rumore in modo da importunare il meno possibile gli inquilini e garantendo la massima sicurezza. melograno Come la Casa dei Ciechi il melograno, visto dall’esterno, ha una scorza dura e protettiva. All’interno, invece è diviso in 5 sezioni, circondate da un tessuto soffice, che dà spazio e sostegno a numerosi, fragili chicchi. Concetto & Redazione Samantha Bourgoin / Design Ferrise Comunicazione / Foto copertina Massimo Pedrazzini / Stampa NewPrint Far del bene dà buoni frutti. STAC Casa dei Ciechi Ricordone Via Torricelli 45 6900 Lugano Tel. +41 (0) 91 913 67 00 Fax +41 (0) 91 913 67 13 www.stac-prociechi.ch [email protected] c Casa dei Ciechi Ricordone