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I funerali di Sofia e Francesco Ferdinando

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I funerali di Sofia e Francesco Ferdinando
2 LUGLIO 1914 – L’ARRIVO DELLA «VIRIBUS UNITIS»
I funerali a Trieste
DOPO L’ ATTENTATO DI SARAJEVO GIUNGONO A TRIESTE LE SALME
DELL’EREDE AL TRONO IMPERIALE FRANCESCO FERDINANDO E DELLA MOGLIE
SOFIA. IL SOLENNE CORTEO FUNEBRE ATTRAVERSA LA CITTÀ FINO ALLA
STAZIONE DELLA MERIDIONALE PER POI PROSEGUIRE IN TRENO PER VIENNA
M
entre a Sarajevo nelle ore
immediatamente successive all’assassinio della coppia imperiale scoppiavano diversi
tumulti e rivolte anti-serbe, faticosamente sedate dalle autorità (che alla
fine riuscirono a ristabilire l’ordine),
il Comando militare decise che alle
auguste vittime doveva essere riconosciuta la massima onorificenza funebre. I corpi dell’arciduca Francesco
Ferdinando e della duchessa Sofia, che
dovevano essere rimpatriati a Vienna,
rimasero al municipio di Sarajevo per
quasi tutto il giorno successivo. Il 29
giugno venne allestito un treno speciale che portò le due salme verso la
costa: in ogni stazione, lungo il tragitto, venivano salutate da soldati sull’attenti e bandiere a mezz’asta, e anche
da tanta gente comune, addolorata e
colpita dall’efferatezza dell’attentato, e
che forse già avvertiva la minaccia di
una sciagura incombente. La mattina
del 30 i due feretri vennero imbarcati sulla Viribus Unitis - che attendeva
la coppia imperiale per accompagnarla nell’ultimo viaggio - e posti su due
catafalchi sistemati sulla tolda, sotto
un tendone nero ornato con i colori
imperiali, circondati da ghirlande di
fiori, presidiati da un picchetto d’onore di cadetti della Marina. La corazzata, al comando di Janko Vuković de
Podkapelski e scortata dalla gemella
Habsburg (anch’essa costruita nei cantieri triestini, come la Viribus Unitis)
e da quasi tutta la flotta della Marina
da guerra austriaca presente in Adriatico, ma anche da tante imbarcazioni
private, pescherecci e navi cargo, tutte
con bandiere a mezz’asta e segni neri
a lutto, levò le ancore e fece rotta per
l’alto Adriatico navigando lentamente
e mestamente lungo le coste della Dalmazia e dell’Istria per consentire alle
popolazioni di rendere il loro estremo
saluto all’erede al trono degli Asburgo e alla sua sfortunata moglie Sofia.
I funerali di Sofia e
Francesco Ferdinando
Mercoledì 1 luglio la triste armata
navale arrivò a Trieste, e la Viribus
Unitis buttò l’ancora al largo del molo
San Carlo (l’attuale molo Audace), di
fronte alla diga. Il giorno successivo,
rispettando il cerimoniale dei solen-
Scortata dalla flotta austro-ungarica nel
suo viaggio verso Trieste, l’1 luglio 1914 la
corazzata Viribus Unitis passa lentamente
davanti a Portorose e Pirano.
A sinistra: l’attentato di Gavrilo Princip
del 28 giugno a Sarajevo costa la vita a
Francesco Ferdinando ed alla moglie Sofia.
Sotto: la giacca che l’arciduca Francesco
Ferdinando indossava durante l’attentato,
esposta all’Heeresgeschichtliches Museum
di Vienna.
Sotto: i feretri di Francesco Ferdinando e
di Sofia sulla tolda della Viribus Unitis, in
navigazione verso Trieste.
ni funerali di Stato che si dovevano
tributare all’arciduca Francesco Ferdinando, nipote ed erede dell’imperatore Francesco Giuseppe, ed alla
moglie Sofia, duchessa di Hohenberg, le due bare, accompagnate da
salve di cannone sparate dalle navi
presenti in porto, furono calate dalla
Viribus Unitis su una grande maona
addobbata a lutto che, trainata da un
vaporetto, le portò sulla riva del Mandraccio. Dopo una solenne benedizione imposta dal vescovo di Trieste
mons. Karlin, i feretri furono caricati
su due carrozze funebri (nuove e mai
usate, dicono i cronisti) messe a disposizione dalla ditta triestina di onoranze funebri Zimolo (che sul suo sito
scrive: «Il più famoso funerale della
Zimolo… rimane quello dell’Arciduca d’Austria Francesco Ferdinando
d’Asburgo e la moglie Sophia, contessa di Chotec, assassinati a Sarajevo il 28 giugno del 1914…».
La loro destinazione finale era
Vienna, dove sarebbero giunti in
treno, ma Trieste tributò solenni onoranze alla coppia imperiale organizzando un lungo corteo funebre che
attraversò l’intera città fino alla stazione ferroviaria della Meridionale,
da dove un treno speciale le avrebbe
trasportate nella capitale dell’Impero.
La processione funebre, guidata da
ufficiali imperiali a cavallo, si svolse
lungo il percorso piazza Grande (l’attuale piazza dell’Unità d’Italia), piazza
della Borsa, via del Corso (oggi corso
Italia), via Sant’Antonio (via Dante),
via della Caserma (l’attuale via XXX
ottobre), piazza della Caserma (piazza Dalmazia), via Ghega, via Cellini,
la Stazione Meridionale (oggi Stazione Centrale), in mezzo a due file continue di guardie di sicurezza, soldati
di fanteria, marinai, finanzieri, gendarmi e pompieri. Lungo il percorso, ogni strada, ogni finestra e ogni
balcone, dai pianoterra ai sottotetto, erano ornate con bandiere listate a lutto, e drappi neri coprivano le
facciate di case e palazzi. Una massa
enorme di cittadini si assiepava lungo
le strade e riempiva i marciapiedi, le
donne in abiti scuri, gli uomini con
il cappello in mano in segno di saluto e di rispetto. Alle 9,15, mentre le
campane di tutte le chiese della città
suonano a morto, i due feretri vengo-
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A sinistra: l’arrivo della
Viribus Unitis a Trieste
l’1 luglio 1914. A destra:
i due feretri sulla riva
del Mandracchio.
Qui sotto, da sinistra:
l’arciduca d’AustriaEste Francesco
Ferdinando e la
moglie Sofia Chotek.
I feretri della coppia
imperiale assassinata
a Sarajevo, calati
dalla Virubus Unitis,
vengono trasportati a
terra da una maona.
Inizia il solenne corteo
funebre per raggiungere
la stazione della
Meridionale.
no fatti salire sul treno speciale che li poterà a Vienna per i
funerali, per poi proseguire per
Artstetten, dove saranno tumulati. Alle 9,50 il convoglio si
mette in moto e lascia Trieste.
A Vienna, intanto, l’imperatore Francesco Giuseppe
ribadiva che la contessa Sofia
non poteva essere sepolta con
gli onori di una imperatrice
nella cripta della Chiesa dei
Cappuccini, com’era tradizione per gli Asburgo, ma certo le
due salme non potevano essere separate visto che i due sfortunati sposi avevano trovato
la morte insieme. Fu così che
Francesco Ferdinando venne
sepolto, insieme alla sua amata
Sofia, con un corteo non certo
all’altezza del suo rango imperiale bensì con gli onori dovuti alla moglie morganatica,
nella cripta del castello di famiglia di
Artstetten, nella Bassa Austria. L’imperatore Francesco Giuseppe non presenziò alle esequie.
Le conseguenze
dell’attentato
di Sarajevo
Il duplice assassinio dell’erede al
trono dell’Impero d’Austria-Ungheria
e della moglie provocò grande emozione e un forte shock in tutta Europa,
attirando alla Casa d’Asburgo molte
simpatie e una forte solidarietà. In ciò
il governo di Vienna vide la possibilità di sistemare una volta per tutte la
sospetta minaccia proveniente dalle
mire della Serbia sui territori della
Bosnia-Erzegovina da poco annessi all’Impero.
140 PAGINE DI STORIA
volta tutti i cinque continenti: era davvero una guerra mondiale, la Prima!
Per concludere…
Dopo aver condotto un’indagine
sul doppio assassinio e verificato che
la Germania avrebbe onorato l’alleanza militare, l’Austria-Ungheria inviò
una lettera formale (nota come “Ultimatum di luglio”) al governo serbo,
contenente anche richieste specifiche
che miravano a distruggere le organizzazioni terroristiche responsabili
dell’oltraggio di Sarajevo. La Serbia
accettò solo parzialmente l’ultimatum,
rifiutando la clausola che prevedeva
la collaborazione di agenti austroungarici alle indagini sui mandanti dell’attentato. L’Austria-Ungheria
rispose rompendo le relazioni diplomatiche. Poi avvenne l’incidente sul
Danubio, che portò il 28 luglio 1914
alla dichiarazione di guerra di Francesco Giuseppe alla Serbia. Ben presto tutte le grandi potenze, ad ecce-
zione dell’Italia, alleata di AustriaUngheria e Germania, entrarono in
guerra in una sorta di effetto domino devastante: il 31 luglio la Germania dichiarò guerra a Russia e Francia. In agosto l’Inghilterra si schierò
con la Francia, seguita dal Giappone. A favore degli Imperi centrali si
schierò in ottobre l’Impero ottomano.
Nel maggio del 1915 contro l’AustriaUngheria entrò in guerra l’Italia, mentre con gli Imperi centrali si schierò
la Bulgaria. Per l’Intesa entrarono poi
in guerra Portogallo, Romania, Grecia, e gli Stati Uniti d’America, seguiti
da numerosi paesi extraeuropei come
Cina, Brasile e altri stati latino-americani. Ormai la guerra, pur avendo
ancora in Europa il suo teatro principale, si estendeva fino agli Imperi
coloniali, coinvolgendo per la prima
Il ruolo politico dell’arciduca Francesco Ferdinando fu alquanto controverso. I nazionalisti ungheresi si
opposero al suo sostegno al suffragio universale maschile, che avrebbe minato la predominanza magiara
nel regno ungherese. Sia i sostenitori
sia gli oppositori all’esistente struttura duale dell’Impero erano sospettosi
della sua idea di un terzo regno slavo
dominato dai croati, comprendente la
Bosnia-Erzegovina, che avrebbe avuto
il ruolo di baluardo contro quello che
veniva percepito nella Ballhausplatz
(il ministero degli Esteri) di Vienna come l’irredentismo serbo votato
al panslavismo. Anche se Francesco
Ferdinando venne visto al di fuori del
mondo tedesco come un capo del “partito della guerra” dell’Austria-Ungheria, ciò è falso. Infatti, l’arciduca fu
uno dei principali sostenitori del mantenimento della pace all’interno del
governo austro-ungarico tanto durante
la crisi bosniaca del 1908-1909 quanto
durante le guerre balcaniche del 19121913. Non esistono prove concrete a
sostegno delle ipotesi formulate da
taluni storici secondo i quali la visita a Sarajevo dell’arciduca Francesco Ferdinando (con tutti i rischi che
essa comportava, derivanti dai progetti politici dei nazionalisti serbi)
fosse stata prevista da alcuni ufficiali austro-ungarici con l’intenzione di
esporlo al rischio di assassinio, così
da rimuovere dalla scena una figura
imperiale piuttosto scomoda e potenzialmente problematica.
Il proiettile esploso dal giovane
Il corteo funebre
con i feretri
dell’arciduca
Francesco
Ferdinando e
della moglie Sofia
attraversano la
città di Trieste
e raggiungono
la stazione
della Ferrovia
Meridionale (foto
qui sotto) per
raggiungere Vienna.
nazionalista serbo Gavrilo Princip con
la sua semiautomatica Browning M
1910 calibro 7,65 contro l’arciduca
è esposto come pezzo da museo nel
castello di Konopiště, vicino alla città
di Benešov, nella Repubblica Ceca.
La lussuosa Gräf&Stift Bois de
Boulogne decapottabile utilizzata
a Sarajevo e la divisa che l’erede al
trono dell’Austria-Ungheria, arciduca Francesco Ferdinando, indossava quel drammatico 28 giugno 1914
sono esposte all’Heeresgeschichtliches Museum di Vienna.
L’assassinio di Francesco Ferdinando confermerebbe una leggenda
salisburghese che vuole per l’uccisore di un camoscio albino la morte
entro un anno. Francesco Ferdinando, infatti, aveva ucciso pochi mesi
prima dell’attentato di Sarajevo un
esemplare di tale animale. Per questo evento si fece cucire la camicia e
la giacca addosso e generalmente si
crede che ciò impedì alle persone che
a Sarajevo lo soccorsero dopo l’attentato, di salvarlo.
Alla fine riportiamo un aneddoto raccontato da Corrado Augias
durante la trasmissione “Le storie Diario italiano” andata in onda nel
gennaio del 2009, che si riconduce in
qualche modo alla leggenda già citata: «L’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico dopo
la morte a Mayerling dell’arciduca
Rodolfo, unico figlio maschio di Francesco Giuseppe, aveva come compito di presiedere a varie cerimonie e
veniva inviato come rappresentante
dell’imperatore.
Naturalmente aveva l’obbligo di
vestire la divisa asburgica adatta al
proprio rango e siccome tendeva ad
ingrassare, ciò non gli permetteva
di apparire perfettamente in ordine
indossandola. Ricorreva perciò alle
prestazioni di un sarto il quale cuciva
strettamente la giacca, dopo l’abbottonatura, in modo da farla cadere in
maniera impeccabile. Questo “vezzo”
gli risultò fatale in occasione del tragico attentato a Sarajevo in quanto,
dopo essere stato colpito dalla pallottola della pistola di Gavrilo Princip, i suoi soccorritori non riuscirono
ad aprire la giacca che era stata cucita
così perfettamente e dovettero aspettare che fossero trovate delle forbici con cui tagliare il lavoro del sarto,
ritardando notevolmente i soccorsi
che risultarono quindi vani.»
La fine di Princip
e dei suoi compagni
Gavrilo Princip, lo studente diciannovenne autore dell’assassinio del secolo, sparati i due colpi di pistola contro Francesco Ferdinando e la moglie
Sofia cercò di togliersi la vita, prima
ingerendo una capsula di cianuro,
poi con la sua stessa pistola; vomitò però il veleno, mentre la pistola gli
venne strappata di mano dai passanti. Il giovane fu immediatamente arrestato, mentre gli altri cospiratori furono presi nel giro di pochi giorni. Tutti
dichiararono durante gli interrogatori che il progetto era da ricondursi a
loro soltanto.
Cabrinovic, che aveva lanciato la
bomba mancando però l’automobile
della coppia imperiale, dichiarò: «Ci
hanno detto che Franz Ferdinand era
un nemico degli Slavi e benché nessuno ci abbia mai detto di ucciderlo,
fu una decisione a cui arrivammo da
soli. Abbiamo però anche dei rimorsi. In primo luogo non sapevamo che
fosse padre. Siamo rimasti molto toccati dalle sue ultime parole “Sophie
resta viva per i nostri figli!”. Siamo
tutto ciò che volete, eccetto criminali. Chiedo, anche a nome dei miei
www.storiadetrieste.it
www.giornale.ilmercatino.it
compagni, il perdono di questi ragazzi. Non siamo criminali, siamo gente
onesta, animata da nobili sentimenti,
siamo idealisti e volevamo fare del
bene. Amiamo la nostra gente e moriremo per i nostri ideali.»
Princip, al quale fu chiesto perché avesse sparato anche all’arciduchessa, rispose che si era trattato di
un incidente (spiegazione che risulta poco credibile in quanto Sofia era
stata uccisa dal primo sparo, solitamente il più preciso); si scusò con gli
orfani, ma non si scusò mai per l’assassinio di Francesco Ferdinando.
I cospiratori che al momento
dell’assassinio erano minorenni evitarono la pena capitale e furono condannati a vari anni di carcere. Tre di
essi, tra cui Ilić, vennero impiccati.
Cabrinovic e Princip, condannati a
vent’anni di lavori forzati, morirono
di tubercolosi in carcere. Alcune figure minori vennero prosciolte.
(2. continua)
La prima parte delle «Pagine di Storia» dedicate all’attentato di Sarajevo, che costò la vita all’arciduca Francesco Ferdinando, erede al
trono dell’Impero austro-ungarico,
ed alla moglie Sofia, è stata pubblicata nel Mercatino n. 20 di venerdì 18 maggio 2012. Nella terza ed
ultima parte la cronaca del solenne
corteo funebre a Trieste, tratta dalle
pagine de Il Piccolo, e le biografie di
Francesco Ferdinando e della moglie
Sofia, e di Gavrilo Princip.
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