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La presenza ebraica a Udine

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La presenza ebraica a Udine
LA PRESENZA EBRAICA A UDINE
La più antica attestazione documentaria di una presenza ebraica a Udine risale al 1299 , mentre la
prima Condotta, biennale e rinnovata due anni dopo, fu stipulata il 6 giugno 1387 dal Consiglio
cittadino con un gruppo di feneratori ashkenaziti rappresentati da Moisè e Josep Sefercorn e da
Mendlen da Cocynstein.
Anche il nucleo ebraico udinese si costituì dunque, in epoca ancora patriarcale, grazie al sistema
delle Condotte ovvero contratti stipulati fra le comunità cittadine e prestatori di denaro ebrei .Tali
contratti erano rinnovabili , disciplinavano i rispettivi doveri e diritti ed erano motivati e resi
necessari dalla cronica carenza di denaro circolante tipica dell’economia medioevale. I feneratori
ebrei erano dunque chiamati dalle comunità a svolgere l’attività che ora viene assicurata dalle
Banche. Deduciamo che la condotta udinese fosse stipulata con un gruppo di Ebrei ashkenaziti
( ovvero provenienti dall’Europa centrale: Francia e Germania) poiché , rispetto alle coeve Condotte
stipulate con Ebrei italiani, essa presta maggior attenzione nei confronti della norme a tutela di una
scrupolosa osservanza delle pratiche religiose ebraiche. In particolare, la Condotta udinese fin da
subito si preoccupa di garantire il rifornimento di carne macellata ritualmente e l’uso di un terreno
da adibire a cimitero.
La prima richiesta fu soddisfatta dando agli ebrei il permesso di macellare nelle beccherie dei
cristiani e di acquistare solo le parti ritenute ritualmente “adatte” (“kasher”) mentre i capi sospetti e
le parti impure venivano lasciate ai cristiani. Alla lunga tale prassi generò lagnanze e proteste da
parte cristiana e le autorità finirono per obbligare gli ebrei ad acquistare comunque tutte le carni che
essi avevano macellato. Il cimitero fu invece ottenuto solo vent’anni più tardi quando, nel 1405, il
Consiglio cittadino concesse al mugnaio Comuzio di vendere agli Ebrei un terreno di sua proprietà,
sito presso porta Cassina ,maiori precio quam potuerit.
Dopo la conquista veneziana del 1420, gli ebrei continuarono a risiedere a Udine , anche se vennero
sottoposti ad alcune limitazioni e nel 1424 fu loro imposto di portare sulle vesti come segno
distintivo unum O zallum super vestem exteriorem, e la facoltà di risiedere in città fu limitata a
coloro che erano compresi nel privilegio della Condotta. Per gli ebrei di passaggio il soggiorno a
Udine non poteva protrarsi più di tre giorni.
Anche se non possiamo affermarlo con una certezza documentaria, nel corso del XV secolo le
condotte dovettero essere regolarmente rinnovate ; infatti nel 1449 troviamo in città come
prestatore tale Simone detto “Volf” ( in ebraico “Zvi”) . La cacciata , nel giugno del 1451, dei
toscani dal Friuli e, di conseguenza quella dei loro banchieri, a seguito del conflitto venetofiorentino, rafforzò senz’altro il ruolo degli ebrei , i quali ottennero la prerogativa esclusiva
dell’attività di prestito. Un predicatore sostenne però che la città di Udine era incorsa nella
scomunica papale a causa dei privilegi che erano stati concessi agli ebrei ; di conseguenza, il 31
dicembre dello stesso anno il Consiglio cittadino deliberava di annullare tutti i patti stipulati in
precedenza con gli ebrei e di inviare a Roma una delegazione per chiedere a papa Niccolò V
l’assoluzione dalla scomunica…
Gli Ebrei vennero banditi per la prima volta da Udine nel 1462 , tuttavia alla fine del secolo li
troviamo nuovamente operanti in città dove la indigenza della popolazione e la cronica mancanza di
liquidità rendevano indispensabile la presenza dei prestatori e , come si evince dallo studio
effettuato da Ivonne Zenarola Pastore , esponenti di tutti i ceti cittadini ricorrevano al prestito
ebraico. La fondazione nel 1496, quale frutto della campagna antifeneratizia dei Frati Minori
Osservanti, del Monte di Pietà ovvero di in’istituzione che , nell’intento dei fondatori, avrebbe
dovuto sostituire il prestito ebraico, non ottenne, almeno agli inizi, i risultati sperati. Tuttavia le
misure contro gli Ebrei continuarono sempre più avvertibili: nel 1502 furono costretti a chiedere la
licenza preventiva del Luogotenente prima di prendere in affitto una casa, nel 1525 il Consiglio
cittadino deliberò di espellerli, ma il provvedimento non venne messo in pratica e ugualmente
rimase lettera morta la decisione del 1543 di relegarli in una specie di ghetto in Calle del Sale.
E il 10 dicembre 1543 fu imposto agli ebrei di non uscire dalle proprie abitazioni durante le
processioni del Santissimo Sacramento. Da questo documento ricaviamo che l’insediamento
udinese consisteva di circa 50 persone suddivise sostanzialmente in 4 gruppi familiari e in un
pugno di individui isolati di cui ci sono stati tramandati i nomi: i familiari di” Samuel,di Marco , di
Donado e di Hisaac” nonché” Simon, Mandolin,Abraam Gobbo,Michael e Jakov, Zacharia, un
altro Simon, Moiise da Porto, Moiise da Mughia , Josepho e Davit”. Vale la pena di ricordare che
apparteneva alla famiglia di Donado (all’ebraica Natan) quel Salomon ben Natan Ashkenazi , nato a
Udine verso il 1520 e morto a Costantinopoli nel 1602, medico e diplomatico in servizio alla corte
ottomana.
Già s’è detto che gli Ebrei vivevano sparsi nella città e così dal documento citato veniamo a sapere
che un Simon abitava “in casa di Filitini”cioè dove via Manin sbocca in piazza Libertà mentre
l’altro “presso Francesco ferrador”; Josepho abitava in casa di una certa Lucretia, uno dei due
Moiise abitava “in le case di Bortholomio Arigon”, mentre Davit stava “in capo de Mercato
Vechio”
L’epidemia di peste del 1556, fu l’occasione della cacciata definitiva da Udine degli Ebrei . Il
primo caso del contagio si verificò infatti nella casa di tal Gioseffo da Muggia , abitante in Borgo
del fieno , sulla cui facciata venne fatta poi murare una lapide con la scritta “Memini MDLVI” ;
lapide fino a pochi anni fa si poteva leggere sul muro di una casa di via Cavour , poi demolita per
lasciar posto all’edificio dell’attuale Libreria Moderna. Gioseffo aveva infatti acquistato dei
materassi usati ed, evidentemente, infetti e sua moglie fu la prima vittima della pestilenza, ma
questo bastò per alimentare la consueta leggenda degli ebrei untori e per leggere l’episodio come un
sortilegio malriuscito.
Nel clima di assenza di regole e leggi che sconvolse la vita locale al tempo del contagio , mentre il
Luogotenente si adoperava per difendere gli ebrei ed i loro beni, il Consiglio cittadino deliberò il 9
giugno 1556 la espulsione a tempo indeterminato degli Ebrei da Udine. Ed infatti, se si eccettua
qualche sporadica e temporanea presenza fra il Sei e il Settecento, si può ben sostenere che fino
all’arrivo dei francesi in Friuli, non ci furono più ebrei a Udine, mentre rimasero , fino ai primi
decenni dell’Ottocento , nel villaggio di Chiavris, alle porte di Udine, posto sotto la giurisdizione
dei Savorgnan .
Lo stanziamento ebraico di Chiavris, rappresentato probabilmente da una sola famiglia, i Caprileis
( Capriles o Caprilis) nacque sotto l’ala protettrice dei Savorgnan nella seconda metà del
Quattrocento e durò fino alla prima metà del XIX secolo. I documenti ci hanno tramandato i nomi e
brevi cenni sull’attività di Isaach Caprileis, banchiere, di Michel Caprileis e di Donato Pincherle.Il
nucleo di Chiavris venne ricordato anche per il commercio di generi alimentari e per la gestione di
un’osteria. Anche Carlo Goldoni , nelle sue Memorie, racconta di aver fatto ricorso al prestito degli
Ebrei di Chiavris e di aver trascorso delle ore piacevoli nella suddetta osteria.
La famiglia Caprileis non era formata solo da banchieri e commercianti, ma anche da uomini di
studio: Joseph di Benedetto Capriles e Salomon di Benedetto Capriles si laurearono presso lo studio
di Padova nel XVIII sec. Il rabbino Moisè Capriles fece stampare nel XVIII una parafrasi italiana
del Halakot Daot (Trattato delle passioni) di Maimonide.
Malgrado l’espulsione, non si interruppe il legame fra gli ebrei e il loro antico cimitero udinese. Nel
1631 Jacob di Chiavris chiedeva la riconferma del diritto di inumare nel cimitero di porta Cassina
anche gli ebrei che provenivano da altre parti del Friuli. Si tratta dell’antico cimitero di Riva d’Isola
o calle Agricola rimasto in uso fino al 1734 quando, ormai saturo,fu sostituito da quello acquisito
nel 1735 dagli ebrei di San Daniele presso il lago di Muris, cimitero tuttora esistente. L’area
cimiteriale di calle Agricola subì diversi passaggi di proprietà , ma da un protocollo di stima del
1829 risultavano ancora esistenti numerose “lapidi sepolcrali con cifre ebraiche” . Di tutte le lapidi
s’è persa traccia, ma di recente un frammento di una di esse è stato rinvenuto conglobato nel muro
di cinta dell’Educandato Uccellis e se ne caldeggia il recupero.
Con l’arrivo dei francesi, gli ebrei fecero ritorno in città , ma risale al 1818 la notizia del primo
insediamento , che forse aveva iniziato a mettere radici nel periodo napoleonico. Si tratta di quattro
famiglie rispettivamente di Moisè Caprileis, di Angelo Sullam, di Daniel Luzzatto e di Giuseppe
Ventura i quali concordemente dichiararono di voler continuare le loro pratiche religiose presso la
comunità di San Daniele del Friuli. Tuttavia fin dall’inizio degli anni quaranta del XIX secolo si
iniziò a celebrare in un “piccolo oratorio di rito tedesco, capace di contenere più di 60 individui, con
locale superiore per le donne e apposito inserviente” e la richiesta nel 1849 di un reparto nel nuovo
cimitero comunale di San Vito venne accolta il 19 aprile 1850 dando origine al settore cimiteriale
ebraico tuttora esistente.
Animatore della vita religiosa della piccola comunità di Udine fu Felice Cagli (1810-1878) ,ebreo
anconetano gestore di una conceria di pellami , che a Udine svolse molteplici mansioni: “educatore
di religione”, chazan (cantore),shoket (macellaio rituale) e bodech ( controllore) e insegnante di
ebraico. La sinagoga non ebbe mai una sede fissa. Giuseppe Occioni-Bonaffons menziona la sua
prima sede in vicolo di Lenna.al numero 2, nell’abitazione di Moisè di Benedetto Caprileis; in
seguito fu trasportata al numero 8 dell’attuale via Daniele Manin, nell’unica torre superstite della
terza cinta muraria . Attualmente del piccolo tempio, sito in un appartamento privato , restano solo
alcuni avanzi pittorici ovvero due affreschi di gusto neoclassico con due cartigli, riproducenti
alcuni versi di Salmi , sovrastanti un grappolo di melograni e di pannocchie. Nel 1866 la sinagoga,
stando a Occioni-Bonaffons, si trovava in via Palladio 1, al secondo piano , nell’abitazione di
Angelo Landon , incaricato della comunità. Federico Luzzatto ricorda infine che l’oratorio venne
riaperto “ nel 1928 in via Romeo Battistig, per virtù della gloriosa comunità di San Daniele
trapiantatasi a Udine e fusa con questa “: Comunità che restò in vita fino al 1930 , anno in cui si unì
con quella di Gorizia , in conformità alle norme sulle comunità ebraiche italiane ( da Pier Cesare
IOLY ZORATTINI –Friuli Venezia Giulia- Itinerari ebraici- Marsilio )
Secondo fonti orali una sinagoga privata aveva sede , agli inizi del Novecento,anche nell’abitazione
della famiglia Luzzatto in via Paolo Sarpi. Secondo la stessa fonte , all’inizio del Novecento , gli
ebrei udinesi avevano divisato di erigere a Sinagoga un edificio di loro proprietà e contiguo ad altro
edificio che già ospitava locali in uso alla Comunità. Sopraggiunte difficoltà economiche fecero
abbandonare il progetto e , come per la torinese Mole Antonelliana, la destinazione sinagogale fu
convertita in uso profano divenendo il Mercato del Pesce di via Valvason .( si nota ancora sulla
facciata la tradizionale finestra pentapartita) . Quanto ai locali della Comunità essi ospitarono nel
gennaio 1928 l’ultimo banchetto per un Bar Mitzvà ( Festa per la Maggiorità religiosa) dopodiche
anch’essi si convertirono definitivamente ad un uso profano sotto la autoironica denominazione di
Vitello d’Oro .
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