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02-Gli ordini architettonici
GLI ORDINI ARCHITETTONICI L’ordine architettonico è la più grande novità che i Greci introducono nell’arte del costruire e risponde a una profonda esigenza concettuale nell’architettura greca: quella di eliminare qualsiasi forma di casualità nella realizzazione di un edificio. Esso consiste in una serie di regole geometriche e matematiche che fissano forme e dimensioni delle varie parti che compongono il tempio in modo che tutti gli elementi dell’edificio siano in rapporto proporzionale fra di loro e con l’insieme. Al fine di porre in relazione armonica le varie parti dell’organismo architettonico, gli architetti greci ricorsero al modulo, un’unità di misura (il raggio di base della colonna) con la quale le proporzioni dell’edificio erano regolate attraverso l’uso dei multipli e dei sottomultipli della stessa. Tre sono gli ordini architettonici impiegati dai Greci: il DORICO, lo IONICO e il CORINZIO. Ciascuno di essi presenta caratteristiche formali proprie e ben definite. Ciò che li accomuna è l’uso di una serie di rapporti proporzionali, di accordi armonici e di regole geometrico-matematiche tali da renderli il fondamento stesso dell’arte del costruire. ORDINE DORICO Caratterizzato da proporzioni massicce e da una rigorosa semplicità di forme, è il più antico e maestoso dei tre. I primi esempi documentati risalgono all’inizio dell’epoca arcaica. Le sue principali zone di diffusione sono il Peloponneso, la Magna Grecia e la Sicilia. Il tempio dorico poggia su un CREPIDÒMA in pietra, un massiccio basamento costituito da tre o più gradini con la funzione di sopraelevare l’edificio, separando simbolicamente la residenza degli dei dal livello terreno. La parte superiore del crepidòma prende il nome di STILÒBATE e costituisce il piano orizzontale sul quale poggiano tutte le colonne del tempio. La colonna si compone di due elementi distinti: il FUSTO (composto di rocchi fissati con un perno centrale di bronzo) e il CAPITELLO. Fusto e capitello sono uniti tra loro mediante un elemento anulare di raccordo chiamato COLLARINO. Il fusto è rastremato verso l’alto. A circa un terzo della sua altezza la colonna presenta un leggero rigonfiamento detto ÈNTASI che serve a correggere la percezione ottica della colonna che altrimenti vista da lontano sembrerebbe innaturalmente sottile. Il fusto non è lascio, ma scanalato, in quanto tutta la sua superficie è percorsa verticalmente da scanalature realizzate scolpendo i rocchi dopo averli sagomati e sovrapposti. Queste scanalature, uguali e semicilindriche, sono accostate in modo da formare spigoli vivi. Tale accorgimento comporta una netta individuazione di fasce di luce alternate a fasce d’ombra, il che le conferisce un ulteriore senso di compattezza e di solidità. Il capitello costituisce il coronamento della colonna. È formato da due elementi sovrapposti chiamati ECHÌNO e ÀBACO. L’echìno ha la forma di un catino circolare dal profilo convesso. L’àbaco invece ha la forma di un parallelepipedo molto basso. L’insieme degli elementi strutturali e decorativi che si appoggiano sui capitelli prendono il nome generico di TRABEAZIONE. La trabeazione è formata a sua volta da tre elementi sovrapposti chiamati ARCHITRAVE, FREGIO E CORNICE. L’architrave collega orizzontalmente fra loro le varie colonne del tempio e serve da appoggio per le travi del tetto. Nell’ordine dorico l’architrave è sormontato per tutta la sua lunghezza da un fregio che si sviluppa lungo l’intero perimetro del tempio con un ordinato e ritmico alternarsi di mètope e trìglifi. Le mètope sono delle lastre, originariamente lisce e a partire dall’epoca classica dipinte o decorate a bassorilievo, con scene tratte dalla mitologia. I trìglifi sono decorati da quattro profonde scanalature che li percorrono verticalmente. La cornice, infine, aggetta sul fregio sottostante al fine di proteggerne i bassorilievi dalla pioggia. La facciata è chiusa dal frontone, entro il quale si distingue la parte triangolare, il timpano. Esso ospita sculture in altorilievo o a tutto tondo, narranti episodi mitologici. ORDINE IONICO Si sviluppa con un ritardo di pochi decenni rispetto al dorico, a partire dalle coste orientali dell’Asia. La colonna non si appoggia direttamente sullo stilobate, ma ha una propria base costituita da due elementi circolari sovrapposti, una convessa, sporgente (toro) e una concava, rientrante (trochilo). Il fusto è meno rastremato di quello dorico, non ha entasi e presenta un numero maggiore di scanalature, che non si succedono più mediante spigoli vivi, ma sono smussate. Ciò contribuisce ad accentuare quel senso di grazia e di leggerezza che è uno dei fattori caratterizzanti dell’ordine ionico. Nel capitello l’echìno è ornato con decorazioni ovoidali (ovoli) e, fra esso e l’àbaco, quadrato, un elemento intermedio, il pulvino, si curva lateralmente in due ampie volute sottolineate da listelli. L’architrave si divide in tre fasce, progressivamente aggettanti, ed è sormontato da un fregio continuo raffigurante esseri viventi. ORDINE CORINZIO Risale al V secolo a. C e raggiunge la sua massima diffusione in età ellenistica. Sarà utilizzato molto dagli architetti Romani. Simile allo ionico, presenta un capitello caratterizzato dalla presenza di un motivo decorativo a foglie di acànto.