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Le ultime novità dalla ricerca internazionale

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Le ultime novità dalla ricerca internazionale
Scienza&Ricerca / Convegni
LE ULTIME NOVITÀ
DALLA RICERCA
INTERNAZIONALE
16° simposio internazionale sulla celiachia
svoltosi a Praga, dal 21 al 24 giugno 2015
©shutterstock
NELLA FOTO: Praga ha accolto il
sedicesimo simposio sulla celiachia,
durante il quale sono state presentate
le novità sulle patologie da glutine
Di Francesco Valitutti
e Luisa Novellino
Ufficio Scientifico AIC
Al 16° International Coeliac Disease Symposium
(ICDS) sono state presentate le più recenti
novità sulle patologie da glutine. Due le sezioni: Scientific Forum, con un taglio di alto
livello scientifico rivolto a immunologi,
pediatri e gastroenterologi impegnati nella
ricerca di base e clinica; Clinical Forum, nel
corso del quale sono stati affrontati temi
di carattere maggiormente pratico, rivolti
anche a laici, fra cui numerosi celiaci, rappresentanti delle associazioni, nutrizionisti
e dietologi. Presidente ed organizzatore del
16° ICDS è stato il prof. Julius Spicak, direttore del Dipartimento di Epatogastroenterologia dell’Istituto di Medicina Clinica e
Sperimentale di Praga.
Scientific Forum
Il Forum Scientifico del Convegno si è aperto
con una lettura magistrale sui recettori per
gli antigeni ed il rischio di suscettibilità alle
malattie immunomediate, tenuta dal prof.
Price dell’Università di Cardiff. A seguire la
sessione dedicata all’epidemiologia della
celiachia. La prof.ssa Ivarsson ha conferito
sulle evidenze epidemiologiche disponibili
e le conseguenze che - alla luce di queste è possibile trarre in termini di prevenzione:
sicuramente dati importanti riguardano la
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necessità di non introdurre il glutine prima
dei 4 mesi di vita, come testimoniato dall’epidemia svedese di celiachia degli anni ’80,
quando modifiche dei latti formulati - per
un periodo addizionati con glutine - avevano determinato aumento notevole di casi
di celiachia nella popolazione. Ha preso poi
la parola il prof. Makharia dell’Università
di New Delhi che ha mostrato i dati relativi
all’aumento di prevalenza di celiachia anche
nel continente asiatico. Sempre nell’ambito
dell’epidemiologia, è stata poi la volta della Prof.ssa Huedo-Medina, biostatistica del
gruppo del Prof. Fasano (Harvard, Boston):
oggetto della sua comunicazione è stato un
nuovo approccio metodologico-statistico a
problemi complessi quali la determinazione
degli altri fattori ambientali implicati nello
sviluppo della celiachia. La Huedo-Medina
ha illustrato come un modello di analisi
multi-livello possa contribuire a svelare i
fattori ambientali della celiachia e, perché
no, permettere di prevenirne lo sviluppo.
Il modello multi-livello in questione tiene
conto di più parametri come storia materna,
storia familiare, anamnesi alimentare della
mamma e del bambino, tipizzazione genetica, analisi di metaboliti del latte materno,
analisi di batteri e metaboliti fecali, studio
dei livelli di zonulina, ricerca degli anticorpi specifici della celiachia. L’analisi multilivello è il “core” della metodologia utilizzata per lo studio CD-GEMM, attualmente
in corso negli USA e in Italia su nascituri e
neonati con familiari di primo grado con
celiachia. Nella stessa sessione vi è stata poi
una comunicazione del gruppo europeo
PREVENT CD sui dati relativi al consumo di
glutine tra bambini dello studio omonimo,
volti ad identificare diversi pattern alimentari. Dalle analisi è emerso che i bambini
europei hanno profili differenti di consumo
di pasta e prodotti da forno contenenti glutine, sia in relazione al paese di appartenenza
che in relazione alla fascia d’età. Queste informazioni dettagliate potranno essere correlabili ad un eventuale rischio diverso nello
sviluppo della celiachia in studi futuri.
La sessione successiva ha visto protagonista
la diagnosi, partendo dai protocolli ormai codificati fino a nuovi scenari che può fornire
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la diagnostica molecolare. Moderatori della
sessione il Prof. Riccardo Troncone (Napoli)
e il Prof. Julius Spicak (Praga). Di particolare interesse è stata la relazione della Prof.ssa
Korponay-Szabo (Debrecen, Ungheria) sui
biomarcatori in-vitro di celiachia che sono
però indipendenti dal glutine: linee cellulari
ottenute da cordone ombelicale di neonati che successivamente hanno sviluppato la
celiachia mostravano profili di motilità ed
adesione cellulari differenti. Se confermati da
altri gruppi, tali dati aprono davvero importanti prospettive nella predizione di celiachia
e nella diagnostica indipendente dall’assunzione del glutine. Nella stessa sessione anche
il Prof. Umberto Volta ha presentato i dati del
suo gruppo sulla celiachia potenziale (anticorpi positivi e biopsia negativa o comunque
solo con Marsh 1). La frequenza di tale condizione è aumentata anche nella popolazione
adulta, fino al 10% del totale delle diagnosi.
La casistica bolognese ha confermato che
nella celiachia potenziale la dieta va avviata
solo in presenza di sintomi e quando questi
migliorano dopo l’eliminazione del glutine.
Per i celiaci potenziali asintomatici va approntato un percorso specifico di monitoraggio clinico, ma questi soggetti dovrebbero
essere lasciati a dieta libera: in molti casi rimangono asintomatici, non fanno registrare
progressione del danno istologico e a volte
negativizzano anche gli anticorpi. A chiudere
la sessione sui metodi diagnostici è stato un
lavoro spagnolo sulla presenza dei peptidi
gliadinici nelle urine come marcatore di assunzione di glutine. In un gruppo di soggetti
sani che assumevano glutine è stato possibile registrare la presenza di frammenti di
glutine nelle urine fino a 2 giorni dopo l’assunzione (anche di soli 50 mg di glutine!). In
una popolazione di 27 celiaci, invece, è stato
possibile notare come trasgressioni riferite potessero essere svelate dalla ricerca dei
peptidi gliadinici urinari nelle successive 2448h. Si tratterebbe dunque di un utilissimo
strumento per valutare la compliance, ovvero
l’adesione alla dieta: attendiamo comunque
conferme da studi con numero maggiori di
pazienti e la validazione della stessa metodologia ad opera di altri gruppi.
Sulla genetica, la prof.ssa Cisca Wijmenga
(Groeningen, Olanda) ha aperto con una
lettura sui geni condivisi dalla celiachia e
dalle altre malattie autoimmuni, mostrando i dati emersi dagli studi di Genome Wide
Association Screening (GWAS), ovvero studi
che forniscono un’intera panoramica del
genoma. Grazie ai moderni studi GWAS, la
sempre migliore caratterizzazione genetica
dei pazienti offre una spiegazione molecolare ad un’associazione tra malattie. In futuro, tale caratterizzazione potrà portare ad
una medicina “personalizzata” che, tenendo conto delle diversità ed analogie genetiche, offra a ciascun individuo le migliori
possibilità terapeutiche.
Nella seconda giornata dei lavori dello
Scientific Forum ampio spazio è stato dedicato alla patogenesi, ed in particolare ai possibili trigger ambientali di malattia come le
infezioni virali e le alterazione del microbiota intestinale.
A seguire una sessione sulla Gluten-sensitivity (GS), in cui sono stati presentati tre lavori.
Il primo, presentato dal Dott. Luca Elli (IRCS
Ca’ Grande, Milano), ha mostrato i dati di uno
studio randomizzato in doppio cieco contro
placebo sulla GS condotto proprio dal gruppo
milanese, da cui è emerso che circa il 31% dei
soggetti con sospetta GS ripresenta i sintomi
dopo riesposizione in cieco al glutine. Il secondo, del gruppo anglo-iraniano del Prof.
Rostami (Birmigham, UK), ha sottolineato
come molti pazienti con disturbi intestinali
funzionali possano spesso beneficiare di una
dieta senza glutine. Il terzo, presentato dal
dott. Zevallos del gruppo del Prof. Schuppan,
ha mostrato dati di laboratorio relativi ad un
modello animale di encefalite autoimmune
esacerbato dagli α-amilase/trypsin inhibitors
(ATIs), ovvero quelle proteine contenute nel
grano - ma presenti in misura minore anche
in altri cereali con e senza glutine - dalla presunta funzione difensiva contro i parassiti dei
cereali. Questi ATIs determinerebbero il rilascio di molecole pro-infiammatorie, tanto in
mucosa quanto nel sistema nervoso centrale.
Il forum scientifico si è quindi concluso con
una sessione sulle terapie alternative alla
dieta moderato dal Prof. Alessio Fasano (Boston, USA) e dal Prof. Markku Maki (Tampere, Finlandia). In quest’ambito, di particolare
Altre patologie
Simposio sulla
sensibilità al glutine
L’evento ha visto anche
un simposio sulla
sensibilità al glutine,
da cui è emersa l’ipotesi
che il glutine non
sia il solo agente
causale di questa
condizione: entrerebbero
infatti in gioco altre
proteine del grano,
in particolare gli inibitori
dell’amilasi tripsina,
e alcuni oligo-monodisaccaridi fermentabili,
definiti con la sigla
FODMAPs, contenuti
non solo nei cereali
in cui è presente
il glutine, ma anche
nel latte e nei prodotti
caseari, nei legumi
e nelle verdure cotte
a foglia larga.
L’unica procedura che
consente ad oggi di porre
con certezza diagnosi di
sensibilità al glutine è il
challenge (riesposizione)
al glutine in doppio
cieco contro placebo.
Sono state presentate
anche ipotesi
di lavoro che, insieme
al challenge, possano
permettere una diagnosi
più certa: tra queste,
il dosaggio nel sangue
periferico di alcune
chemochine, ossia
molecole che richiamano
le cellule immunitarie
nei tessuti (Prof. U. Volta,
Università degli Studi
di Bologna).
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NELLA FOTO: Il simposio è stato
diviso in due sezioni: Scientific Forum,
rivolto a immunologi, pediatri e
gastroenterologi, e Clinical Forum,
nel corso del quale sono stati affrontati
temi di carattere maggiormente pratico
interesse è stata la comunicazione orale del
gruppo finlandese proprio del Prof. Maki su
BL-7010, una molecola non assorbibile e non
biodegradabile con alta affinità per le gliadine (e che quindi ne permetterebbe l’eliminazione fecale senza che esse vengano assorbite). Nello studio di fase 1 tale molecola si è
rivelata senza effetti collaterali e ben tollerata
in 32 soggetti, anche se a dosaggio elevato
aveva provocato diarrea e dolori addominali. Stabilita la dose sicura di 1g a pasto, studi
successivi valuteranno l’efficacia in soggetti
celiaci riesposti al glutine.
Clinical Forum
Sono stati affrontati alcuni aspetti nutrizionali della dieta senza glutine, in particolare
in che misura le manifestazioni extra-intestinali della malattia celiaca migliorano in
seguito all’adozione della dieta da parte del
paziente. In età pediatrica, le principali manifestazioni extra-intestinali sono la bassa
statura, l’affaticamento e la cefalea; fra gli
adulti prevalgono anemia e alcuni disordini
psichiatrici, ma anche il senso di stanchezza
e la cefalea sono comuni, tanto tra gli adulti
quanto tra i bambini. Proprio in quei pazienti
che presentano affaticamento e cefalea, uno
studio ha dimostrato che i bambini traggono maggiori benefici su tali sintomi rispetto
agli adulti (Prof. S. Guandalini, Università di
Chicago, USA). Per quanto riguarda la crescita, un quadro clinico severo alla diagnosi
sembra associato nei bambini a maggiori problemi di crescita, suggerendo diversi
meccanismi patogenici che necessitano di
ulteriori studi (Prof. K. Kaukinen, Università
di Tampere, Finlandia)
Altro argomento trattato è stato la Dermatite
Erpetiforme (DE); anche qui è di fondamentale importanza fare una diagnosi tempestiva: i pazienti con DE che hanno raggiunto la
diagnosi in ritardo generalmente soffrono
maggiormente di disturbi intestinali, oltre
alle classiche manifestazioni cutanee, rispetto ai pazienti con diagnosi precoce (Prof.
K. Kaukinen, Università di Tampere, Finlandia). Tuttavia, in entrambi i casi la stretta
adesione alla dieta porta nell’arco di circa un
anno alla risoluzione dei sintomi ed al netto
miglioramento della qualità di vita.
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Nella pratica clinica, spesso lo specialista
si imbatte in una serie di enteropatie che
mimano la celiachia ma che di fatto sono
tutt’altro. Un caso esemplare (Prof. J. Bures,
Università di Praga) è rappresentato dalla
enteropatia dell’immunodeficienza comune
variabile (CVID), caratterizzata da un difetto nella produzione di immunoglobuline. È
una delle più frequenti immunodeficienze primarie sintomatiche di tutte le età con
manifestazioni cliniche molto eterogenee
che nel 10-20% dei pazienti includono anche i sintomi gastrointestinali molto simili
alla celiachia (e anch’essa dà atrofia dei villi
intestinali). Tuttavia, queste altre enteropatie
non si risolvono con la dieta aglutinata e costituiscono un campo di studio importante.
Sempre importante il tema della prevenzione: diversi studi hanno valutato la possibilità di prevenire la malattia celiaca e
l’autoimmunità associata. Uno studio condotto in Italia (Prof. R. Troncone, Università
Federico II di Napoli) ha inteso investigare
le molecole (citochine) e il tipo di cellule
immunitarie che si infiltrano nella mucosa intestinale di bambini positivi per il
gene HLA-DQ2, nelle primissime fasi della
malattia celiaca, cioè quando si sviluppano
gli anticorpi anti-transglutaminasi tissutali. I risultati dello studio dimostrano che il
danno alla mucosa intestinale sembra essere indotto dalla superproduzione di cellule T particolari (TCR γ δ+) e di altre cellule
T (Th1) che secernono elevate quantità di
molecole infiammatorie come la interleuchina IL-21 e l’interferone gamma (INF-γ).
I successivi studi saranno importanti per
capire ancora più a fondo i meccanismi di
questa reazione del sistema immunitario,
che potrebbe in futuro consentire di agire a
livello immunitario per contrastare l’insorgenza della malattia (prevenzione).
Sulla sensibilità al glutine, infine, uno studio
norvegese (Prof. K. Lundin, Università di Oslo,
Norvegia) ha confermato che l’eliminazione
di glutine seguita da riesposizione al glutine (challenge), se condotta con metodologia
standardizzata e controllata, può aiutare nella
diagnosi di sensibilità al glutine in almeno il
75% dei soggetti studiati in cui erano state già
escluse la celiachia e l’allergia al glutine. u
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