Capita spesso che passiamo per una strada, anche tutti i giorni, e
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Capita spesso che passiamo per una strada, anche tutti i giorni, e
Capita spesso che passiamo per una strada, anche tutti i giorni, e non riflettiamo che le bellezze che sono sul nostro cammino rivelano una storia, un vissuto che appartiene a tutti e che non può essere ignorato. E’ importante che i ragazzi imparino ad osservare la propria città, il proprio paese o il quartiere imprimendo nei propri occhi, ancor più nel proprio cuore gli sguardi, i gesti che raccontano la vita di chi vi abita e non ha mai pensato di abbandonare quel luogo perché lo ha ritenuto il più bel posto del mondo. E la piccola cittadina di Boscotrecase, alle falde del Vesuvio, ha avuto tra i suoi più illustri abitanti il cav. Ernesto Santini, uomo per certi aspetti misterioso, grande appassionato di viaggi e di archeologia, il quale con tenace interesse ha riportato alla luce, affiancato dall’archeologo Matteo Della Corte, la villa imperiale di Agrippa Postumo, ubicata nella sua proprietà e successivamente risepolta dall’eruzione vesuviana dell’aprile 1906. Il Progetto in “Rete Vesuvio” - “Uomini e territorio” con il suo percorso storico, artistico e letterario ha impegnato gli alunni della Scuola Media “Card. Prisco”, per gli anni scolastici 2008/09 e 2009/10, alla conoscenza della personalità del cav. Ernesto Santini mediante incontri con gli eredi dello stesso, nonché l’approfondimento delle tematiche storiche-archeologiche inerenti la villa imperiale medesima, evidenziando particolarmente gli aspetti artistici, testimonianza della cultura del tempo. Conoscere per amare, imparare ad amare, ricostruire la memoria storica, conoscere e valorizzare il passato per progettare il futuro: questi sono stati i principali obiettivi che i ragazzi hanno raggiunto al termine del percorso progettuale. Boscotrecase, pianta della villa imperiale detta di Agrippa Postumo 1 Il cav. Ernesto Santini ed i suoi discendenti Ben poco conosciamo del cav. Ernesto Santini (18381920). Sappiamo che viveva a Napoli, che apparteneva ad una famiglia benestante e che due suoi fratelli erano giuristi. Di preciso non si conosce la sua professione ma, avendo le risorse economiche ed una grande passione per l’arte antica e l’archeologia, effettuò scavi a spese proprie. Ricordiamo che tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento non esisteva alcuna regolamentazione in materia di ritrovamenti archeologici, pertanto coloro che rinvenivano reperti antichi nel proprio terreno ne diventavano proprietari automaticamente. Succe ss ivamente nel 1905 lo Stato se ne interessa, nasce una prima regolamentazione e solo nel 1939 lo Stato Italiano diventa proprietario assoluto di tutto quanto ritrovato nel sottosuolo. Ernesto Santini fu proprietario a Boscotrecase dapprima della masseria in località Rota, dove avvenne lo scavo della villa imperiale cosiddetta di Agrippa Postumo, e successivamente della proprietà in via Cardinal Prisco, n. 30 (attuale n. 34). Quest’ultima originariamente era una scuderia che il Santini usava come deposito, in seguito la trasformò in villa (appunto villa Santini ancora oggi esistente), utilizzata in un primo momento come luogo di villeggiatura nel periodo estivo e poi come residenza di famiglia. Il 16 agosto 1886 nasce a Napoli Sofia Santini, figlia di Ernesto e di Margherita Montefusco, coniugata con l’avv. Giovanni Miele e deceduta in Boscotrecase il 26 settembre 1973. Sofia da bambina viveva a Napoli contesa dai fratelli del padre Ernesto e più precisamente da Federico Santini celibe, a cui Sofia era legatissima e che provvedeva al suo acculturamento, e da Ciro Santini che non aveva avuto figli dal suo matrimonio. Dall’unione di Sofia con l’avv. Giovanni Miele nascono sette figli: Ernesto, Enrico, Lidia, Ugo, Mario, Elda, Aldo. Nel 1935 Sofia si trasferisce da Napoli a Boscotrecase, a villa Santini in via Cardinal Prisco, probabilmente separata, con tre figli: Lidia, Elda e Aldo. Sofia Santini era una donna di grande intelligenza, vivace, spirito libero, che amava viaggiare, un’anticonformista per quei tempi, di carattere forte e autoritario, che ha saputo affrontare le vicissitudini della vita, non per ultimo il vedersi distruggere la propria casa, ricca di ricordi, per mano di tre giovanissimi soldati tedeschi e ricostruirla. 2 La villa di Agrippa Postumo: storia del ritrovamento Il versante sud-orientale del Vesuvio, degradante verso il mare, su cui si trovano Boscotrecase e Boscoreale, già in età romana era lussureggiante di ricchi vigneti, oliveti ed alberi fruttiferi. A differenza di oggi la coltivazione della vite era molto più estesa, infatti ricopriva le pendici del vulcano. Questo ci è attestato da varie testimonianze di autori classici, come Plinio il Vecchio, che decantavano le bellezze del paesaggio vesuviano e addirittura da un dipinto pompeiano rinvenuto nella cosiddetta Casa del Centenario, nel quale era raffigurato il dio Bacco ricoperto di pampini ed accanto il monte Vesuvio ricoperto di vigneti. In questo paesaggio così ameno è comprensibile che i ricchi si costruissero le loro ville, possedessero vaste aziende agricole e che anche la piccola proprietà si affiancasse alle grandi tenute. Fin dall’antichità per questa felice situazione sia climatica che agricola, quando Pompei era Sannitica, si installarono nel territorio di Boscotrecase e Boscoreale aziende per la produzione del vino, dell’olio e dei cereali, le cosiddette ville rustiche. Con la conquista romana di Pompei ad opera di Silla (80 a.C.) e l’insediamento nel territonio della Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum, i patrizi locali subirono pesanti espropri, i loro terreni vennero confiscati per essere divisi in tenute, assegnate ai veterani di Silla. Questi veterani si sistemarono anche nel territorio di Boscoreale e Boscotrecase detto probabilmente poi Pagus Augustus Felix Suburbanus. La vita trascorreva tranquilla nel territorio vesuviano, quando nel 63 d.C. un forte terremoto provocò danni e distruzioni in tutta la zona: Pompei, Ercolano, Nocera, Stabia e il Pagus subirono danni ingenti e molti tetti e porti- cati di edifici pubblici e privati crollarono, per cui, in molti casi, furono necessari interventi di restauro. Non si erano ancora riparati tutti i danni provocati dal terremoto, quando il 24 agosto del 79 d.C. una delle più tremende e distruttive eruzioni del Vesuvio spazzò via e seppellì di cenere e lapilli la città di Pompei e insieme ad essa il suo Pagus e gli altri luoghi vicini. Tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento furono effettuati scavi archeologici che consentirono il ritrovamento di circa trenta ville rustiche del Pagus. Gli scavi di questo periodo furono eseguiti dai proprietari dei fondi e furono finalizzati soprattutto alla scoperta ed al recupero di decorazioni parietali e pavimentali e di oggetti di valore, che furono venduti ed entrarono a far parte delle collezioni di vari Musei (il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Louvre di Parigi, il Metropolitan Museum di New York, il British Museum di Londra, il Museo Reale di Mariemont in Belgio), o di privati. Le ville rustiche erano aziende agricole di piccole e medie dimensioni a conduzione familiare o affidate a schiavi, ma anche complessi più ampi, con settori residenziali sontuosamente decorati destinati alla saltuaria presenza del ricco proprietario e settori destinati alle lavorazioni e alla manodopera servile (pars rustica). Queste aziende agricole sono state classificate nel 1926 dallo storico M. Rostovzev in tre categorie. La prima categoria comprende una grande villa costituita da un quartiere signorile ove alloggiavano i padroni, e un ampio quartiere rustico comprendente i locali per i torchi, le cantine, le stalle, i depositi e gli alloggi della familia rustica, composta di schiavi addetti alla coltura dei campi. La seconda categoria comprende una villa di media grandezza con ambienti padronali dove il proprietario risiedeva stabilmente dirigendo e traendo i suoi utili dalla conduzione della fattoria. La terza categoria comprende una villa senza ambienti padronali, costituita unicamente dalla parte rustica con cantine, frantoi, pigiatori, depositi e locali abitati da schiavi. Fuori da questa classificazione, ormai superata, si colloca la villa signorile, di otium che non presenta quartiere rustico ma solo ambienti nobilmente decorati, residenza di campagna del ceto patrizio o del ricco ceto commerciale. Grazie alle condizioni ottimali di conservazione di strutture e suppellettili, i dati di scavo delle ville rustiche hanno consentito di ricostruire le diverse fasi di trasformazione dei principali prodotti agricoli dell’area vesuviana: il vino, destinato anche all’esportazione, L’agro pompeiano prima dell’eruzione del 79 d.C. 3 tore Augusto. E’ ipotizzabile, quindi, che in questa splendida casa estiva Giulia abbia anche ricevuto la visita di suo padre, che l’amava molto ed era buon amico di Agrippa. Più tardi la villa entrò a far parte del patrimonio imperiale. Si pensa che la villa fosse abitata dai proprietari solo saltuariamente, mentre il fondo era amministrato tutto l’anno da un procuratore, nell’ultima fase da Titus Claudius Eutychus, un liberto dell’imperatore, come ci è testimoniato dai sigilli di bronzo ritrovati. Dato che la sezione Pianta della villa imperiale di Boscotrecase, detta di Agrippa Postumo nord-occidentale della e l’olio, destinato per lo più al fabbisogno del mercato lo- villa non era stata scavata, non è stato possibile determinacale. Gli edifici, dopo ogni esplorazione, erano in genere re l’organizzazione, il tipo, o l’entità della produzione agrireinterrati. cola: non si sono trovate tracce di torcularium o cella vinaria. Il 23 marzo 1903, nella proprietà del cav. Ernesto Santini, Per quanto i diciotto cubicula (le celle degli schiavi) sistenella contrada Rota di Boscotrecase (attuale via L. Rossi), mati su due piani lungo il muro orientale della villa potrebdurante i lavori di scavo per la messa in posa dei binari bero indicare un’azienda agricola di notevoli dimensioni, in della ferrovia Circumvesuviana, furono ritrovati alcuni mancanza di qualsiasi elemento che indichi un’attività ruraresti che testimoniavano la presenza di un’antica villa ro- le, si può considerare la possibilità che essi abbiano ospitamana. to i domestici, anziché schiavi agricoltori. Le camere della Il cav. Santini avviò lo scavo sotto la diretta sorveglianza villa si aprivano su un lungo corridoio che in fondo affacdell’archeologo Matteo Della Corte e, fra il 1903 e il 1905, ciava sul golfo di Napoli. Per lo più le pareti erano ornate fu portata alla luce parte di una magnifica villa del I secolo da paesaggi e vignette delicate, scene mitologiche e scene a.C. di vita quotidiana stagliate su fondi a colori vivaci: presi nel Il lavoro di scavo per disseppellire interamente l’edificio loro insieme questi affreschi offrono un esempio del gusto non fu realizzabile poiché una parte di esso si trovava sot- decorativo dei Romani benestanti alla fine del I secolo a.C. to la via che collegava Torre Annunziata a Boscotrecase, Dalla villa sono stati recuperati alcuni settori di quattro strada di grande traffico che non fu possibile chiudere. camere da letto. Nell’aprile 1906, quando la villa era stata solo parzialmente Buona parte delle pareti affrescate di tre di esse, inclusa la riportata alla luce dagli scavi, la nuova eruzione del Vesu- Camera Nera, si trova al Metropolitan Museum, mentre gli vio la riseppellì. affreschi della quarta camera e il resto della Camera Nera, La villa era situata sul pendio del Vesuvio, con a sud una sono al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. stupenda vista sul golfo di Napoli. I diciassette affreEssa appartiene alla prima categoria in quanto è divisa in schi oggi esposti al due quartieri: uno grande e lussuoso, con stupendi affreMetropolitan Muschi del III stile, che era la residenza dei proprietari apparseum di New York tenenti al più alto strato della società romana; l’altro, molfurono acquistati to più modesto, costituito da diciotto cubicula, era destinato dal museo nel 1920, agli alloggi degli schiavi o della servitù. ma dal 1949 in poi La villa nel suo complesso doveva aveva dimensioni notesono rimasti in mavoli, la sola area scavata copriva un perimetro di 45 metri. gazzino. Dal setIn base ad alcuni nomi rilevati su anfore, su una colonna tembre 1987, grazie del peristilio e su una tegola, il Rostovzev dedusse che la a Giovanni Agnelli villa era appartenuta ad Agrippa Postumo. che ne ha finanziato La sua costruzione è stata collocata tra il 21 e il 16 a.C. e il restauro e l’esposizione, gli affreschi sono nuovamente oggi si pensa generalmente che sia stata costruita da M. visibili al pubblico. Vipsanio Agrippa, sposato con Giulia, la figlia dell’impera4 L’eruzione del 79 d.C. La villa imperiale di Boscotrecase, detta di Agrippa Postumo, fu distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., descritta da Plinio il Giovane nelle sue lettere a Tacito. L’eruzione durò 3 giorni e Pompei fu ricoperta da 7 metri ca. di ceneri e lapilli, mentre Ercolano da uno spessore di fango (lahar) alto dai 15 ai 25 metri e vi furono più di 2000 vittime. Durante il lungo periodo di quiescenza del vulcano, nella camera magmatica, situata a 2-5 km di profondità, il magma aumentava sia di viscosità che di contenuto gassoso. Quando la pressione dei gas superò il carico delle rocce sovrastanti, ecco che iniziò l’eruzione con produzioni di violentissime esplosioni e con la formazione così del pino vulcanico contenente ceneri, pomici, blocchi solidi e scorie frammisti a gas. Sembrava che tutto fosse finito, ma alle ore 6,00 del 25 agosto il vulcano si gonfiò, si innalzò e una nuova nube violentissima si sprigionò da esso. Esplosioni di vapore surriscaldato produssero i catastrofici surges piroclastici, cioè esplosioni superficiali di vapore surriscaldato ad alta energia che scendendo lungo il pendio del vulcano, investirono e distrussero in pochi minuti tutto ciò che esisteva lungo il loro percorso. L'eruzione aveva completamente distrutto la città di Pompei e sconvolto interamente una campagna fertilissima, ricca di ville rustiche e di otium. L’eruzione del 1906 Lo scavo della villa di Agrippa Postumo, come ci ricorda Matteo Della Corte, fu sfortunatamente riseppellito dall’eruzione vesuviana del 1906. Già nel maggio del 1905 cominciarono le prime manifestazioni eruttive del Vesuvio con emissione di vapore. Ma fu nell’aprile del 1906 che l'eruzione si intensificò, dividendosi poi in tre fasi. La I fase durò dal 4 all’8 aprile con l’apertura di una fessura sul fianco sud del vulcano da cui fuoriuscirono due correnti laviche che distrussero un centinaio di case della frazione Oratorio di Boscotrecase, penetrando nell’interno della chiesa di Sant’Anna e fermandosi a 10 metri dal cimitero di Torre Annunziata. La II fase si ebbe l’8 aprile e fu un’attività essenzialmente gassosa. Dopo mezzogiorno le ceneri salirono a 13.000 metri d’altezza. La forza e la velocità del gas erosero le pareti del cratere che sprofondarono. La III fase si ebbe dal 9 al 22 aprile e il cono del Vesuvio si ricoprì di ceneri bianche di solfati. Gli abitanti dei paesi alle falde del vulcano credettero che fosse nevicato. L'eruzione del 1906 decapitò la cima del Gran Cono la cui altezza si abbassò di parecchie centinaia di metri, raggiungendo gli 800 metri di diametro. 5 La villa di Agrippa Postumo: gli ambienti, gli affreschi, le suppellettili La Camera Nera (15) La Camera Nera (o Camera n. 15) è esposta al Metropolitan Museum di New York. Sulle pareti, di un bel colore nero lucido con un basamento rosso scuro ornato da disegni geometrici, si elevano magnifiche e sottili colonne ioniche posate su un bordo verde. Il pavimento era tutto in mosaico bianco, a parte un fregio centrale formato da nove esagoni e un fregio più piccolo accanto all’entrata. Queste due decorazioni erano costituite da tasselli neri. Due frammenti della decorazione parietale si trovano al Museo Archeologico di Napoli. Diversi sono gli oggetti trovati nella camera. Questi due affreschi sono molto simili tra loro. Entrambi presentano sul fondo nero un candelabro d’argento con al centro dei cigni e all’estremità superiore dei piccoli quadri raffiguranti due scene egiziane. I due cigni bianchi, a metà dei candelabri, hanno delle collane sospese nel becco. I cigni, sacri ad Apollo, simboleggiano la potenza di Augusto. Le due scene egizie a fondo giallo rappresentano una l’adorazione del dio Apis: a destra Anubis in trono, in mezzo un altare con sopra un toro e sotto il serpente Ureus, a sinistra un sacerdote con un tripode. L’altra rappresenta l’adorazione di Anubis sotto forma di cane: a destra Isis o una sacerdotessa con un cali- ce, in mezzo un altare con sopra un cane, a sinistra un sacerdote che prega. Questa edicola architettonica rappresenta l’affresco centrale. Il timpano è in perfetta armonia con la delicata struttura delle colonne, decorate in tutta la loro superficie di deliziosi fregi metallici, foglie e fiori. Al centro è raffigurato un grazioso paesaggio in cui si può osservare una torre circolare e, fra la torre e i folti alberi, una tenda che dona la sua ombra alle persone che sotto si godono la frescura. In alto, il medaglione di sinistra probabilmente raffigura Giulia, la figlia di Augusto. Dopo la morte di Agrippa, il suo primo marito, Giulia nell’11 a.C. sposò Tiberio, in seconde nozze. La probabile datazione degli affreschi si pensa corrisponda a questa occasione. Il medaglione di destra forse raffigura Livia, moglie di Augusto. Livia era matrigna di Giulia e quando quest’ultima sposò Tiberio, divenne anche sua suocera. Particolare del quadro di stile egizio a fondo giallo, rappresentante l’adorazione di Anubis Nella Camera Nera furono rivenuti diversi oggetti, tra cui una lanterna di bronzo, i resti di una lunga iscrizione tracciata con il carbone su un pezzo di muratura, menzionante la ricezione di foraggio e trifoglio (CIL, IV, 6897), un candelabro di bronzo alto 1,18 m. di forma semplice. 6 M eda gli oni raffi gura nti Gi ulia , fi glia di Augusto, e Li via , mogli e di Augusto, proveni enti da ll’affresco ce ntra le della Ca mera Nera Particolare del pannello sinistro e di quello destro dell’affresco centrale della Camera Nera, con cigni bianchi La Camera Mitologica (19) Particolare del quadro di stile egizio a fondo giallo rappresentante l’adorazione del dio Apis, dal pannello di sinistra La Camera Mitologica (o Camera n. 19) contiene splendidi affreschi con scene mitologiche e riquadri in stile egittizzante, esposti al Metropolitan Museum di New York. Su ciascuna delle pareti lunghe della camera si trova un affresco centrale di carattere mitologico circondato da pannelli rossi che raffigurano sirene in atto di sostenere sottili ghirlande. Sulla parete ovest, il quadro centrale mostra il mito di Polifemo e Galatea. Sulla parete est è rappresentato il mito di Perseo e Andromeda. 7 Parete ovest: il mito di Polifemo e Galatea Il pannello centrale della parete ovest mostra il ciclope Polifemo seduto su uno scoglio con il suo gregge di capre. Polifemo ha smesso di suonare la siringa che tiene nella mano destra, forse perché ha notato la ninfa Galatea seduta su un delfino, nell’angolo a sinistra in basso. Il mito narra che la ninfa marina Galatea fosse innamorata di Aci, un giovane bellissimo, e che il ciclope Polifemo, invidioso del giovane e a sua volta innamorato della ninfa, un giorno avesse cercato di attirarla con il suono del suo flauto. Non essendo riuscito nel suo intento e sorpresa la coppia di amanti, Polifemo scagliò infuriato un enorme masso che raggiunse Aci, uccidendolo. Nell’affresco, in alto a destra, c’è un riferimento alla storia di Ulisse: Polifemo, accecato da Ulisse e dai suoi compagni, scaglia contro di loro un macigno. E’ probabile che questa scena si riferisca proprio al mito di Ulisse e non alla tragica fine della storia di Aci e Galatea. E’ possibile comunque che l’artista che ha eseguito l’affresco intendesse stabilire un collegamento tra le due scene. del mostro. Nell’affresco vediamo al centro Andromeda legata per le braccia a una roccia. In basso a destra, seduta sulla roccia, è raffigurata Cassiopea, addolorata per il destino della figlia. A sinistra arriva Perseo, volando, al salvataggio di Andromeda, mentre il mostro marino le si avvicina dall’angolo a sinistra in basso. Sullo sfondo a destra è visibile un’altra scena, quella in cui Perseo, prima di combattere contro il mostro, chiede la mano di Andromeda al padre Cefeo, in cambio della sua liberazione. La Camera Rossa (16) La Camera Rossa (o Camera n. 16) presenta una decorazione murale a sfondo rosso sopra uno zoccolo nero. La decorazione fu rinvenuta in perfetto stato di conservazione e ora è esposta al Museo Archeologico di Napoli. Al centro di ogni parete è raffigurato un magnifico paesaggio, su sfondo bianco, di m. 1 x 1,30 delimitato da colonnine. I tre paesaggi risultano di una plasticità straordinaria grazie a effetti di prospettiva, distacchi di luci e di ombre, magistrale scelta e impiego dei colori. Paesaggio della parete ovest Il quadro presenta un paesaggio architettonico con statue, fontane e viandanti davanti ad un tempietto dominato da un albero frondoso. Parete est: il mito di Perseo e Andromeda Il pannello centrale della parete est mostra contemporaneamente due episodi successivi del mito di Perseo e Andromeda. Secondo il mito la madre di Andromeda, Cassiopea, si era vantata della propria bellezza. Le Nereidi se ne lamentarono con Poseidone, che per vendicarle inondò l’Etiopia, regno di Cassiopea, e vi mandò un mostro marino. Il padre di Andromeda, Cefeo, consultò l’oracolo di Ammone e apprese che l’unico modo di salvare la sua terra era di sacrificare la figlia, incatenandola a uno scoglio e abbandonandola alla mercè Parete nord La parete presenta nello zoccolo nero una natura morta con fichi. Al centro un quadro raffigurante un paesaggio sacrale con pastori e capre presso un tempietto circolare e una colonna votiva; quadretti con maschere, sottili candelabri e ramoscelli con fiori completano la decorazione nella parte alta. 8 Paesaggio della parete est Il quadro presenta un insieme di edifici, ombreggiati da alberi, tra i quali si muovono viandanti, all’interno di un recinto cui si accede attraverso scalette. In primo piano è raffigurato un maestoso albero sacro. A pochi centimetri dal lembo inferiore di questo paesaggio, sull’intonaco bianco, era graffito il nome SABINVS, forse l’autore dei quadri. Pannelli del lato est e del lato ovest della Camera Bianca Apotheca La Camera 18 La Camera n. 18 aveva un pavimento di opus signinum e pareti uniformemente bianche. Sulla parete occidentale si scoprì, ad altezza d’uomo, graffito, il bellissimo distico: L’apotheca (g) era un ripostiglio situato nell’atrio rustico A. In questo ambiente furono ritrovati diversi oggetti custoditi in armadi di legno, o sospesi alle pareti. In un armadio furono raccolti i suggelli di bronzo del liberto imperiale Ti (tus) Claudius Eutychus, l’ultimo amministratore del fondo, nonché un vaso di bronzo a tronco di cono e fondo rigonfio, alto 0,42 m., quattro strigili di ferro infilati in un unico anello, un oleare di bronzo alto 0,23 m., la cui ansa termina in giù in una foglia cuoriforme. Quisquis amat nigram nigris carbonibus ardet, nigram cum video, moram libenter (a)ed(e)o. “Chiunque ama una nera arde sui neri carboni; quando vedo una nera, volentieri, divoro more” (CIL, IV, 6892). La Camera Bianca (20) La Camera Bianca (o Camera n. 20) aveva le pareti dipinte in un bianco grigiastro, con uno zoccolo inferiore rosso e una predella nera, sormontata da candelabri con motivi floreali. A destra e a sinistra della porta d’ingresso vi erano disposti elaborati bruciatori d’incenso. La Camera Bianca è la meno conservata: ne restano soltanto due pannelli, in condizioni molto frammentarie, esposti al Metropolitan Museum di New York. Il primo pannello proviene probabilmente del lato est dell’ambiente. Dalle misure dei pannelli si è potuto stabilire che l’altezza minima della stanza era all’incirca di 12 piedi. Il secondo pannello proviene probabilmente del lato ovest. Nella predella nera è raffigurato un piccolo uccello nell’atto di beccare dei frutti; un fregio sopra la predella mostra una vite frondosa: il fregio può essere visto anche come una serie di teste di uccelli. Cella ostiaria ed Ergastulum La cella n. 1, con annessa la cella rustica n. 2, serviva contemporaneamente come camera del portinaio e come luogo di punizione degli schiavi. Dal primo ambiente proviene, in soddisfacente stato di conservazione, un ceppo di ferro per la punizione degli schiavi. Fu trovato con la chiave nella toppa, segno che al momento della catastrofe era inoperoso. E’ conservato nei depositi degli Scavi di Pompei. Cella 5 Nella cella n. 5 furono ritrovati molti oggetti fra i quali primeggiano pietre dure e cammei, conservati al Museo Archeologico di Napoli: una gemma di corniola ellittica dove è incisa una Vittoria alata, la quale, reggendosi con un piede sul globo, reca nelle mani una corona ed una palma e 9 sul margine è incisa HERACLIA; una gemma di corniola, nella quale è incisa una Minerva armata di elmo, scudo ed asta; una gemma di cammeo, a forma di scudetto ovale, di colore marrone (diam. 0,04 m.) sul quale, in pasta vitrea bianca, è un busto di Minerva galeato; un cammeo di 0,023 m. di diametro, di colore azzurro, sul quale è il rilievo bianco di una Venere nuda che si annoda la chioma. Sottoscala no semplici decorazioni, in cattivo stato di conservazione, dipinte nel IV stile. Presso il vano che introduce all’ambiente n. 13 fu ritrovato un modius o corbula trimodia (misuratore per cereali), mancante del bastone di ferro centrale. Queste le misure interne: diametro superiore 0,288 m.; diametro inferiore 0,340 m.; altezza 0,265 m. Atrio rustico Nel vasto atrio A del quartiere rustico è stato rinvenuto l’ingresso (a), munito di una grande porta a due battenti. Si può credere che esistesse anche un ingresso al quartiere padronale, ma esso non è stato trovato nella parte della villa riportata alla luce. A sostegno dei tetti del cortile A vi erano pilastri e colonne di nudo materiale laterizio. Nell’atrio rustico furono ritrovati, tra l’altro, un grande abbeveratoio a due bracci e la cucina, un largo podio sostenente tre fornelli rettangolari e una fornace circolare. Nel sottoscala (h) si rinvennero molti oggetti, forse lì depositati sopra le mensole di un armadio di legno; sono quasi tutti vasi da cucina e da mensa: un vaso di terracotta di pianta rettangolare, alto 0,8 m. la cui parte superiore si va sempre restringendo, a diversi piani, verso l’orlo, sempre rettangolare; una pignatta di bronzo sferica alta 0,24 m.; un vaso di bronzo a cesta di forma ellittica; una pignatta di bronzo a tronco di cono larga 0,38 m. con ansa ad arco. Ambienti sotterranei Sotto il terrazzo D furono trovati due ambienti sotterranei (S), contenenti diversi oggetti. Nel secondo dei due ambienti si rinvennero: una urna panciuta in bronzo la cui ansa termina in giù in foglia di vite e in su in dito umano; una casseruola di bronzo di 0,18 m. di diametro. Ambiente 13 L’ambiente n. 13, la cella ostiaria (camera del portinaio), faceva parte dell’atrio rustico sul quale si apriva. Esso collegava, tramite una scala a due rampe (h), il quartiere rustico con l’appartamento nobile, quest’ultimo situato a un livello superiore di m. 4 ca. Le pareti della cella presentava- Vasellame ed oggetti vari di bronzo provenienti dagli ambienti della villa imperiale di Boscotrecase Cella rustica 6 La cella rustica n. 6 fu il primo ambiente ad essere esplorato il 23 marzo 1903. 10 Peristilio Il peristilio B presentava per ogni lato cinque colonne di mattoni ricoperti di stucco bianco. Della originaria decorazione dei muri rimaneva solo una parte nell’angolo sud-est. Era un grandioso insieme architettonico di II stile, nel quale ad ogni colonna reale del portico corrispondeva, sulla parete, una simile colonna dipinta, in modo da creare l’illusione di un doppio portico. Negli strati superiori dell’angolo sud-ovest del portico, a contatto dello strato vegetale, furono ritrovate due lucerne cristiane, che attestano di esplorazioni avvenute nel III – IV secolo d.C. Interessante è una lucerna di terracotta con impresso a rilievo nel disco la Croce circondata da una corona di foglioline cuoriformi e di pizzi triangolari. Bibliografia • Archivio privato dei Sigg.ri Ciro Bruno e M. Rosaria Boccia, eredi Santini. • Fouilles exècutèes par Mr. le Chev. Ernest Santini à Boscotrecase, endroit nommè “Rota”, Boscotrecase, Août, 1905. • Notizie degli Scavi di Antichità, Roma, 1922, pp. 459 ss. (articolo di M. Della Corte sulla villa romana del fondo cav. Ernesto Santini, contrada Rota, Boscotrecase). • R. Carrington, Studies in the Campanian Villae Rusticae, in Journal of Roman Studies, 21 (1931), pp. 110-130. • J. Day, Agriculture in the life of Pompeii, in Yale Classical Studies, 3 (1932), pp. 165-208. • M. Della Corte, Case ed abitanti di Pompei, 3 ediz., Napoli, 1965, pp. 414 ss.. • J. H. D’Arms, Romans on the Bay of Naples, Cambridge (Mass.), 1970. • A. Casale, Breve storia degli scavi archeologici nel Pagus Augustus, Pompei, 1979. • A. Casale, A. 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Ernesto Santini e importanti documenti riguardanti la storia del ritrovamento della villa. 11 Il lavoro è stato coordinato da prof.ssa Angela Morelli prof.ssa Maria Romano prof.ssa Amalia Vangone Hanno realizzato il progetto gli alunni Amura Adamo Napolitano Pierpaolo Arcipio Candeloro Claudio Nolano Claudia Cannavale Alfonso Oliva Simona Carlino Antonio Paduano Francesco Carotenuto Alessandro Carotenuto Teresa Porzio Mario Scardone Giuseppe Cirillo Tommaso Smirne Paolo D’Andrea Anna Sola Martina Di Palma Giuseppe Tammaro Massimo Federico Paolo Troise Francesca Formisano Pasquale Vangone Ida Barbara Forte Roberta Vangone Vincenzo Giordano Anna Verino Giuseppina Ingenito Daniele Vitelli Vincenza Lombardo Angela Zannetti Martina Longi Giuseppe Zannetti Vincenzo Proprietà artistica e letteraria riservata - Finito di stampare nel mese di novembre 2009 c/o Linea Grafica Aurora, Boscoreale 12