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ecco la fidanzata dell`agnello. un approccio antropologico all
STUDIA TEOLOGICZNE
NAWRÓĆCIE SIĘ
I WIERZCIE W EWANGELIĘ
32(2014)
LUCA PEDROLI
ECCO LA FIDANZATA DELL'AGNELLO.
UN APPROCCIO ANTROPOLOGICO
ALL'APOCALISSE DI GIOVANNI
Treść: 1. Premessa: il processo escatologico e la dimensione antropologica nell’Apocalisse; 2. La trama
di una relazione performante; 3. La prospettiva illuminata dal rapporto tra Cristo e la Chiesa; 4. La
pariteticità assoluta e definitiva con Dio: una comunione nuziale.
1. Premessa: il processo escatologico e la dimensione
antropologica nell’Apocalisse
Parlare di escatologia in riferimento all’Apocalisse può sembrare piuttosto scontato, alla luce del genere letterario, del simbolismo e dello sviluppo
tematico che la proiettano decisamente in questa direzione1.
Ks. prof. dr Luca Pedroli – zdobył licencjat nauk biblijnych w Papieskim Instytucie Biblijnym
w Rzymie oraz doktorat z teologii biblijnej na Papieskim Uniwersytecie Gregoriańskim w Rzymie. Aktualnie jest wykładowcą biblijnego języka greckiego i teologii pism św. Jana w Papieskim
Instytucie Biblijnym w Rzymie, gdzie ostatnio opublikował: Il trittico sponsale di Giovanni (Gv
2,1-11; 3,29-31; 4,5-42), w: La letteratura giovannea (Vangelo, Lettere e Apocalisse). Seminario
per gli studiosi di Sacra Scrittura. Roma 21-25 gennaio 2013, Collana e-Biblicum 1, Gregorian
& Biblical Press, Roma 2013, 163-177. W Wydawnictwie Cittadella Editrice opublikował: Dal
fidanzamento alla nuzialità escatologica (2007); wraz z Bruno Maggionim i innymi współautorami – Lettere di Paolo (20072); wraz z Mauro Meruzzim – „Venite alle nozze!” (2009).
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Come traspare anche solo da un primo sguardo alla produzione bibliografica, l’escatologia rappresenta senza dubbio la prospettiva teologica principale dell’Apocalisse. Senza la
pretesa di essere esaustivi, tra gli studi che nel passato hanno messo a fuoco la centralità
di questo tema ci permettiamo di segnalare quelli di J.G. McCall, The Eschatological Teaching; S.B. Frost, «Visions of the End»; M. Rissi, Die Zukunft der Welt; S. Bartina, «La
Escatología del Apocalipsis»; J. Bandstra, «History and Eschatology»; H.W. Günther, Der
Nah- und Enderwartungshorizont; A. Paul, «L’Apocalypse»; R. Rubinkiewicz, «Eschatologia ksiegi Apokalipsy»; A. Läpple, «“Das neue Jerusalem”»; W.J. Harrington, «Positive
Eschaton Only». Si raccomanda, poi, il recente lavoro di A. Macala, A escatologia no livro
do apocalipse.
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Luca Pedroli
In realtà, ad un’analisi più precisa emerge come la comprensione di tale
prospettiva non sia poi così ovvia e che il fatto di trascurare quelli che sono
i suoi principi e le dinamiche essenziali possa portare ad una lettura riduttiva, se non fuorviante.
Un indizio di questo traspare già nell’etimologia del termine. «Escatologia» rimanda di per sé alle «cose ultime» (ta. e;scata), per cui suggerisce l’idea di uno studio focalizzato sulla fase finale della vita e della storia
umana2.
Quello che affiora in tutto il libro dell’Apocalisse come un suo dato fondamentale, costante, sta nel fatto che la dimensione escatologica si trova
delineata non soltanto ad un livello cronologico, concependo la fine in termini di conclusione del tempo e della storia, ma anche su un piano qualitativo. Ciò significa che accanto alla prospettiva che descrive quelle che
sono le ultime tappe dell’esistenza, prevedendole in un senso successivo,
potremmo dire orizzontale, è possibile individuarne un’altra, orientata lungo un ideale asse verticale, fondata questa volta su una concezione valutativa, che mira a cogliere non tanto il termine puntuale di ogni cosa, quanto
piuttosto il raggiungimento di una sua pienezza, di un vertice ottimale. In
tale ottica, il compimento della storia, con l’incarnazione di Cristo e poi
soprattutto con il mistero pasquale, ha già raggiunto il suo culmine, non
più sul piano di un dopo da attendere, ma di un di più da riconoscere, accogliere e far maturare3.
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Per quanto riguarda la discussione su questo termine, cf. S. Mowinckel, He That Cometh,
149-154; J. Carmignac, «Les Dangers de l’eschatologie»; Id., Le mirage de l’Eschatologie,
133-188; A. Di Giovanni, «Escatologia come termine»; B. Rigaux, «La redécouverte»;
C. Schütz, «Fondazione generale dell’escatologia»; G. Wanke, «“Eschatologie”», 342-360;
A. Rudoni, Introduzione all’escatologia, 21-81; H. Vorgrimler, «Was heisst “Eschatologie”?», 11-16; J. Schreiner, «Eschatologie im Alten Testament», 15-22. È emblematico il
fatto che il contenuto di questo ambito di ricerca venisse catalogato sotto la qualifica di
novissimi. Vedi, a tale proposito, lo studio illuminante di G. Moioli, «Dal “de novissimis”
all’escatologia».
Per quanto riguarda questa duplice prospettiva escatologica, con la preponderanza nell’ottica dell’Apocalisse di quella qualitativa, cf. U. Vanni, «Punti di tensione escatologica»,
363-364. Vedi anche A.J. Bandstra, «“A Kingship and Priests”», 20, dove, in riferimento
a quest’ultimo aspetto, si parla espressamente di una «escatologia inaugurata». La sconfitta del male e la salvezza annunciate da Giovanni non appaiono, quindi, come qualcosa che
deve sopraggiungere improvvisamente, dal nulla, in un aldilà radicalmente alieno. Piuttosto,
è sempre presente la certezza che ambedue gli eventi si siano già compiuti una volta e per
sempre, tramite la venuta e l’eterno sacrificio del Figlio di Dio. Tutto quanto giunge alla fine
dei tempi in realtà è già radicato nel presente, tanto che Enzo Bianchi, nel suo commento
esegetico-spirituale (cf. E. Bianchi, L’Apocalisse di Giovanni), coglie e sviluppa quello che si
Ecco la fidanzata dell'Agnello. Un approccio antropologico all'Apocalisse di Giovanni
Ora, accanto a questo movimento, attorno al quale ruotano tutta la
struttura e il contenuto del testo, si osserva una base antropologica non
comune, sia per l’ampiezza dei dati che per l’estrema accuratezza con cui
l’uomo viene descritto.
Ciò che si percepisce è che l’accostamento di queste due dimensioni
principali, quella escatologica e quella antropologica, non è casuale. La riprova è data dalla constatazione che il processo progressivo appena evidenziato si delinea — come linguaggio, come raffigurazione e come contenuto — secondo una matrice squisitamente umana. È come se l’orizzonte
escatologico si riflettesse in quello antropologico finendo per sovrapporsi,
in modo da rimarcare come il vertice al quale tende lo sviluppo di tutta l’Apocalisse venga proprio a coincidere con la realizzazione piena ed ottimale
dell’uomo.
In una tale prospettiva, quest’ultimo non soltanto «comprende che la
sua esistenza è orientata escatologicamente, proiettata verso un continuo
auto-superamento, verso una pienezza presentita nell’oggi», ma percepisce
anche che questa meta esercita una funzione determinante per la sua «autocomprensione»4. Egli si trova così coinvolto in una spirale ascendente di
sviluppo verso la pienezza, verso l’escatologia, nel contesto della quale pienezza ed escatologia si rivelano sinonimi.
Questo criterio di lettura consente di mettere in luce nell’Apocalisse quella che si può definire a tutti gli effetti la «vocazione escatologica» dell’uomo5. Si tratta del compito e della responsabilità principale cui quest’ultimo è chiamato, quella di maturare progressivamente, tendendo alla fine
a raggiungere il culmine della propria umanità, nell’ottica della realizzazione delle attese e del disegno di Dio. In fondo, è come se l’istanza escatologica, che anima tutto lo sviluppo della storia della salvezza, fosse penetrata
nel cuore dell’uomo ed abbia pervaso le sue facoltà, i suoi requisiti e le sue
potenzialità, in modo da stimolarlo dal suo interno a perseguire con tutte
le proprie forze la sua perfezione, realizzandosi ad immagine di Dio, vale
a dire come Dio lo ha sempre pensato.
Ovviamente, questo completamento escatologico non può essere opera
4
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può definire a tutti gli effetti come il paradosso dell’Apocalisse, riconoscendo che essa presenta le sembianze non solo di un annuncio, ma anche di un appello urgente, affinché i credenti continuamente leggano, ascoltino ed osservino.
M. Bordoni, «L’escatologia nel Nuovo Testamento e nella teologia attuale. Sintesi», 16.
Questa definizione, con la dinamica che sottende, è desunta dallo studio di U. Vanni, «La
vocazione escatologica».
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Luca Pedroli
solamente dello sforzo e dell’impegno umano, ma viene offerto e messo in
atto in primo luogo da Dio stesso, il quale si cala nell’immanenza dell’uomo e della realtà che lo circonda per aprirla una volta per sempre alla trascendenza. Infatti, solo il contatto con l’«Ultimo»6, con il Definitivo che entra nella vita, può determinare una trasformazione così radicale ed aprire la
via ad una meta tanto sorprendente e inaudita. È un processo totalizzante,
in quanto il contatto con l’Assoluto spinge definitivamente verso l’apice, il
culmine, in un rinnovamento incondizionato che stimola al massimo tutte
le risorse e le energie umane. È così che la persona viene coinvolta in maniera omogenea, senza residui inattivi, e si trova come centrifugata al massimo delle sue possibilità, proiettata verso la propria ottimizzazione.
2. La trama di una relazione performante
Il processo appena descritto s’impone davvero, per l’ampiezza e la
totalità della sua portata, come chiave di lettura dell’Apocalisse e finisce inevitabilmente per determinare l’intera articolazione del testo, illuminando
il senso delle figure portanti. Allo stesso tempo, però, il suo sviluppo e la
sua attuazione concreta non appaiono così immediati e questo movimento,
una volta percepito, apre ad interrogativi quanto mai essenziali: innanzitutto, su che basi si attua più precisamente la combinazione della dimensione
escatologica con quella antropologica? Si tratta di una mera giustapposizione, oppure l’articolazione tra i due momenti rivela un nesso significativo
per la comprensione del disegno salvifico tratteggiato nell’Apocalisse? Che
cosa permette poi a tale combinazione di muovere concretamente l’uomo
in avanti e di proiettarlo verso la sua pienezza? In che cosa consiste effettivamente questo livello ottimale, questa perfezione? Come la trafila umana
si riflette e influisce sull’evoluzione di tutta la creazione verso il suo culmine? E, soprattutto, come Dio riesce ad impegnarsi nella storia, alimentando
e portando a compimento tutto questo processo?
Questi interrogativi suggeriscono, nell’ambito specifico della riflessione
teologico-biblica, un itinerario di ricerca che rivela il suo elemento-chiave
nella dinamica antropologica per eccellenza, quella che si distingue come
primaria nel quadro delineato dall’autore: si tratta dell’amore. Tutto l’impianto e lo sviluppo dell’Apocalisse, infatti, risultano dominati dal rapporto
d’amore tra Cristo e la Chiesa, un rapporto che cresce e si perfeziona gra6
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Cf. Ap 1,17 (evgw, eivmi [.] o` e;scatoj); 2,8 (Ta,de le,gei [.] o` e;scatoj); 22,13 (evgw, [.] o` e;scatoj).
Ecco la fidanzata dell'Agnello. Un approccio antropologico all'Apocalisse di Giovanni
dualmente nel tempo e nella storia, fino a conseguire il suo vertice massimo nella dimensione escatologica7.
In tale contesto, è possibile distinguere nell’articolazione del libro tre
livelli, che si succedono l’uno all’altro in senso progressivo e che finiscono
per scandire lo sviluppo di questa relazione:
1. Ap 1–3; potremmo definire questo livello come «l’amore ad intra»:
l’attenzione è fissata su Cristo, come origine, principio dell’amore e
come modello nella capacità di amare. Il Risorto è «colui che ama»
(Ap 1,5 b: o` avgapw/n); nel suo modo di rapportarsi alla comunità
cristiana, quindi, manifesta l’amore nella sua natura e nella sua valenza più autentica, assoluta e rivela la portata sorprendente che è
insita in tale dinamica.
2. Ap 4–20; nel secondo livello troviamo «l’amore ad extra»: la Chiesa, dopo aver sperimentato l’amore del Risorto ed aver cominciato
a ricambiarlo, in un rapporto sempre più radicato e vincolante, mette in atto nella storia la sua capacità di amare, seguendo il Cristo-Agnello (cf. Ap 14,4: ou-toi oi` avkolouqou/ntej tw/| avrni,w| o[pou a’n
u`pa,gh|) e collaborando con lui al compimento del disegno salvifico.
3. Ap 21–22; il terzo livello costituisce la conclusione dell’intero sviluppo, e questo sia sul piano strutturale che su quello esecutivo. Infatti, la Chiesa giunge a condividere la stessa capacità di amare del
Risorto, nella comunione assoluta con lui e con Dio; allo stesso tempo, essa è finalmente in grado di pervadere dell’intensità massima di
questo amore tutta la realtà circostante, rendendo evidente il compimento escatologico ormai conseguito.
Tale percorso viene presentato in modo dettagliato nel nostro studio intitolato: Dal fidanzamento alla nuzialità escatologica. Quello che l’itinerario
proposto si prefigge di evidenziare è il fatto che questo sviluppo strutturale
dell’amore e della capacità di amare viene a costituire nell’Apocalisse anche
la trafila che conduce al perfezionamento dell’uomo e dell’umanità intera. Riprendendo i tre passaggi successivi appena delineati e rileggendoli
questa volta in chiave antropologica, emerge infatti un processo graduale,
a cerchi concentrici, che nell’ottica di quella dinamica privilegiata rappresentata dall’amore consente di mettere a fuoco progressivamente l’uomo
7
Per una visione dettagliata, si rimanda a L. Pedroli, «L’Agnello e la sua promessa Sposa».
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Luca Pedroli
che si scopre amato (primo livello), quindi l’uomo che risponde all’amore
e che ama (secondo livello), e infine l’uomo capace di amare in modo assoluto (terzo livello).
È proprio nell’ambito del rapporto crescente tra Cristo e la Chiesa, quindi, che la dimensione antropologica manifesta la sua natura e la sua valenza
più autentica e può maturare, fino al conseguimento del vertice massimo,
definitivo. E questo perché, nel contesto del compimento escatologico, il
conseguimento da parte dell’uomo di un amore assoluto viene a coincidere
con l’ottimizzazione di ciò che è, con tutte le risorse e le dinamiche essenziali che lo contraddistinguono.
3. La prospettiva illuminata dal rapporto
tra Cristo e la Chiesa.
Il percorso suggerito porta allora a verificare e a toccare con mano la
connotazione decisamente antropologica che contraddistingue l’impianto
escatologico dell’Apocalisse.
Ovviamente, non risulta possibile definire e ricondurre tutti i dati individuati entro i limiti di un linguaggio e di un modello sistematico. Allo
stesso tempo, però, emerge in modo tangibile come l’autore si ritrovi a tessere e a sviluppare il suo discorso attorno alla propria percezione dell’uomo. La sua intuizione, infatti, è che sia proprio la maturazione umana,
colta insieme nel suo ambito personale e collettivo, ad esprimere e a scandire il conseguimento del vertice escatologico, inteso come compimento
della vocazione esistenziale di fondo.
D’altro canto, nell’Apocalisse affiora anche il contributo specifico che la
prospettiva escatologica riesce ad offrire, quando entra in dialogo e viene
permeata dall’orizzonte antropologico. In questo caso, infatti, essa non soltanto «contribuisce a sua volta allo sviluppo di una concezione dinamica
dell’essere umano, come progetto proiettato verso un futuro», ma alimenta
anche «l’attesa della rivelazione dell’uomo nuovo (homo absconditus), partendo dalle esperienze che già oggi gli è possibile raggiungere nella Chiesa»8.
Ne consegue che, in questo connubio così profondo, la dimensione
escatologica e quella antropologica si illuminano a vicenda, finendo per
costituire il codice epistemologico l’una dell’altra. Infatti, non soltanto il
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M. Bordoni, «L’escatologia nel Nuovo Testamento e nella teologia attuale. Orizzonti», 93.
Ecco la fidanzata dell'Agnello. Un approccio antropologico all'Apocalisse di Giovanni
processo antropologico rappresenta la matrice e la qualifica essenziale della
tensione escatologica, ma quest’ultima viene a sua volta a ricoprire il ruolo
imprescindibile di principio critico per un compimento autentico ed organico dell’uomo, inteso sia come persona libera, che come comunità cristiana e famiglia umana.
4. La pariteticità assoluta e definitiva con Dio:
una comunione nuziale
Il legame indelebile con Cristo alla fine porta l’uomo a contatto con la
stessa sfera della divinità, per cui l’autore arriva a riferire gli stessi attributi
dell’uomo in ultima istanza anche a Dio.
Ciò naturalmente non vuol dire che Giovanni pensi a quest’ultimo in
termini antropomorfici: egli, infatti, conserva un senso profondo della trascendenza di Dio e lo descrive soltanto facendo ricorso alla sensibilità acuta, tipica di un mistico che ha ormai familiarità con la contemplazione. In
particolare, è emblematico come faccia ricorso all’immagine meta-concettuale delle pietre preziose per rendere l’idea, attraverso il loro bagliore, della sua bellezza inesprimibile e soprannaturale.
Resta il fatto, però, che colui che con la sua presenza rende la città celeste splendente come una gemma preziosissima è sempre il Cristo, per cui
le altre pietre hanno senso solo in riferimento a lui, come segno della luce
divina di cui questi ricolma la Gerusalemme nuova. Ciò vuol dire allora
che, se c’è una continuità tra l’uomo e Dio, questa continuità passa necessariamente attraverso Cristo: è lui, in termini giovannei, la via che conduce
al Padre9 e, quindi, colui che permette di giungere e di avere parte alla sfera
divina. Siccome però Cristo è intrinsecamente connesso all’uomo e manifesta nella propria umanità perfetta, realizzata, l’espressione più adeguata
di sé come «figlio dell’uomo», quando rivela il Padre e la sua relazione con
lui lo fa ancora una volta attraverso dei tipici atteggiamenti umani che vengono poi riferiti anche a Dio, in modo da accomunarli in tutto, come nel
caso della posizione di chi è seduto sul trono, in segno del potere e del dominio assoluto10.
9
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Cf. Gv 14,6: «io sono la via e la verità e la vita (evgw, eivmi h` o`do.j kai. h` avlh,qeia kai. h` zwh,).
Nessuno va al Padre se non attraverso di me (ouvdei.j e;rcetai pro.j to.n pate,ra eiv mh. diVevmou/)».
«Nell’Apocalisse c’è una specie di interscambio fra le prerogative di Dio e le prerogative di
Cristo risorto: quello che viene detto di Dio viene detto, ma sempre in funzione dinamica, di
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Luca Pedroli
Su questa linea, si può cogliere in modo ancora più chiaro ed omogeneo quello che è il carattere antropologico dell’impianto escatologico dell’Apocalisse: nella maturazione progressiva che conduce al vertice ultimo
ed ottimale, si passa dall’uomo a Cristo e da Cristo a Dio. Soggetto di tale
passaggio è l’uomo, visto certamente come individuo, ma allo stesso tempo sotto la prospettiva collettiva della relazione e della convivenza umana.
Il culmine di questa trafila è costituito dalla Gerusalemme celeste, come
simbolo dell’umanità colta nella sua reciprocità finalmente paritetica con
l’ambito trascendente, divino, nel quale appare ormai pienamente inserita,
in modo del tutto legittimo: è qui, in questa dimensione nuova, che l’ampia base fenomenologica, insieme a tutte le dinamiche umane, trova il suo
massimo sviluppo e la realizzazione perfetta, definitiva.
Quella che è la prospettiva antropologica di fondo ci mette in grado,
a questo punto, di cogliere in una visione d’insieme anche l’intero disegno
divino, in tutta la sua evoluzione, com’è stato evidenziato nel raffronto con
Genesi: Dio esce da se stesso, crea l’uomo, lo conforma ad immagine di
Cristo, lo perfeziona, con la potenza e l’opera del suo Spirito, fino a condurlo ad un livello paritetico; infine, lo introduce una volta per sempre
nell’intimità della convivenza trinitaria. E il tutto attraverso la mediazione
del Risorto il quale, nel vortice di un rapporto d’amore crescente, rigenera e trasforma la Chiesa nell’efficacia del suo mistero pasquale e la rende
capace di amare come lui, conformandola e unendola perfettamente a sé,
come sua sposa.
Risulta allora suggestivo il riferimento all’icona di 21,3, dove troviamo
mirabilmente sintetizzata la conclusione alla quale ci conduce il percorso
appena delineato:
«E udii una grande voce dal trono che diceva: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini (ivdou. h` skhnh. tou/ qeou/ meta. tw/n
avnqrw,pwn) e porrà la sua tenda con loro (kai. skhnw,sei metVauvtw/n) ed essi saranno suoi popoli (kai. auvtoi. laoi. auvtou/ e;sontai) ed egli, il ‘Dio-con-loro’, sarà loro Dio” (kai. auvto.j o` qeo.j
metVauvtw/n e;stai Îauvtw/n qeo,jÐ)».
L’uomo si trova finalmente faccia a faccia con Dio, e gli è dato di conCristo risorto», nella linea di una «osmosi continua di reciprocità fra Dio e Cristo» (U. Vanni, «Il cosmo nell’Apocalisse», 502).
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Ecco la fidanzata dell'Agnello. Un approccio antropologico all'Apocalisse di Giovanni
dividere la sua stessa dimora. E questo in un orizzonte universale che non
soltanto porta l’esperienza dell’alleanza al suo compimento ideale, definitivo, ma la trascende, superando ogni attesa. Il referente dell’amore di Dio
non è più solo Israele in quanto «suo popolo», ma tutta l’umanità, come
«suoi popoli».
Davvero il completamento nuziale della relazione d’amore tra Cristo-sposo e la Chiesa-sposa elimina ogni tipo di limite e di restrizione, e inaugura una comunione e una convivenza con Dio nel segno della massima
intimità (h` skhnh,), della perfetta reciprocità (meta. tw/n avnqrw,pwn) e della
prospettiva universale (auvtoi. laoi. auvtou/).
Ecco, allora, la dimensione ottimale cui tende tutta l’Apocalisse e che
costituisce il culmine al quale confluisce lo sviluppo escatologico, quando
è contrassegnato intrinsecamente da una matrice e da una dinamica antropologica di fondo. L’uomo dell’Apocalisse, infatti, pervaso della vitalità del
Risorto, riconosce in quest’ultimo la sua piena realizzazione, per cui è proteso a maturare in tale direzione, giorno dopo giorno, fino a raggiungerlo.
Così precisa Ignazio Sanna:
In effetti, il messaggio cristiano sull’uomo immagine di Dio
è tutto strutturato sulla dinamica del passaggio dall’indicativo,
che afferma la realtà dell’immagine, all’imperativo, che sottolinea la necessità del divenire ciò che si è. L’uomo deve somigliare sempre di più al suo archetipo, sino ad arrivare ad una fase
in cui copia ed originale combaciano perfettamente (Ef 4,2224). Non c’è più dualità o sovrapposizione di immagine ed incertezza di contorni, ma una sola immagine e due persone:
l’uomo e Cristo. Solo allora, nella fase escatologica della storia
umana, sarà conclusa la ricerca e si arriverà alla meta finale11.
Tutto questo, che costituisce il perfezionamento della dimensione e della dinamica antropologica, è ciò che si realizza nell’Apocalisse attraverso il
compimento sponsale del rapporto d’amore tra Cristo e la Chiesa. Quan11
I. Sanna, Dalla parte dell’uomo, 17. È alquanto suggestivo rilevare come la «tenda» evochi
il tempo delle migrazioni e della vita nomade, mentre la «città» rimanda allo stadio successivo di urbanizzazione. Nella Gerusalemme celeste, allora, è come se si trovino alla fine
congiunti anche gli estremi del cammino e della civilizzazione umana: tutta la storia umana
viene ripresa nel cuore del livello escatologico e viene ricapitolata nella comunione perfetta
tra Dio e l’uomo.
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Luca Pedroli
do finalmente si scoprirà in questo livello, nel pieno del banchetto nuziale,
soltanto allora l’uomo sarà in grado di comprendersi interamente, fino in
fondo, e di riconoscere veramente se stesso e tutta l’umanità ad immagine
di Dio.
Oto Oblubienica Baranka.
Antropologiczne podejście do Apokalipsy św. Jana
Streszczenie
W interpretacji Apokalipsy jest rzeczą ważną dostrzec ukazane „eschatologiczne powołanie” człowieka, jako jego główne zadanie i odpowiedzialność. Z Bożą pomocą powinien on stopniowo dojrzewać, dążąc do
osiągnięcia szczytu swego człowieczeństwa, w związku z realizacją Bożego
planu i oczekiwań względem siebie. W treści księgi dostrzec należy szczególne podkreślenie relacji miłości między Chrystusem i Kościołem. Ta relacja w wymiarze eschatologicznym osiągnąć ma swoje maksimum. Poszczególne etapy pogłębienia tej relacji na płaszczyźnie antropologicznej
to: odkrycie tego, że jest się kochanym przez Boga; odpowiedź miłości na
miłość; zdolność do miłowania w stopniu absolutnym. W świetle miłości
między Chrystusem-Oblubieńcem i Kościołem-Oblubienicą człowiek będzie w stanie w pełni zrozumieć siebie i rozpoznać siebie oraz wszystkich
ludzi, jako stworzonych na obraz i podobieństwo Boga.
Słowa kluczowe: Apokalipsa, eschatologia, miłość, Chrystus-Oblubieniec, KościółOblubienica.
Behold the Bride of the Lamb.
An Anthropological Approach to the Apocalypse of St. John
Summary
In the interpretation of the Apocalypse, it is important to see the “eschatological vocation” of man, as one’s main task and responsibility. With God’s help, one should gradually mature, striving towards perfection, in connection with the execution of God’s plan and expectations towards the hu-
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Ecco la fidanzata dell'Agnello. Un approccio antropologico all'Apocalisse di Giovanni
man being. In the analysis of the Apocalypse we should see the special emphasis placed on the relationship of love between Christ and the Church.
This relationship is to achieve its maximum in the eschatological dimension. The following steps for the deepening of this relationship on the anthropological level can be noted: the discovery that one is loved by God;
the response of love for love; the ability to love to an absolute extent. In the
light of the love between Christ the Bridegroom and the Church-Bride people will be able to fully understand themselves and recognize each other
and all people as created in the image and likeness of God.
Key words: Apocalypse, eschatology, love, Christ-Bridegroom, Church-Bride.
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