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Teoria del Prospetto (Cap. III di Bowles) Mio piccolo prologo: Nelle

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Teoria del Prospetto (Cap. III di Bowles) Mio piccolo prologo: Nelle
Teoria del Prospetto
(Cap. III di Bowles)
Mio piccolo prologo:
Nelle precedenti lezioni abbiamo visto che nell’analisi del comportamento umano il
paradigma standard ASSUME (in modo eroico, ma per fini normativi) che l’homo
economicus sia caratterizzato, tra l’altro, da:
1) Auto interesse: non interagiamo (i.e. no reciprocità, altruismo,…).
2) Razionalità ottimizzante: non commettiamo errori sistematici e, se acquistiamo
seguendo l’assioma delle preferenze rivelate, allora otteniamo la massima utilità
(i.e. non commettiamo gli errori sistematici. Ad esempio causati dalle scorciatoie
mentali).
3) Preferenze esogene e costanti: le nostre preferenze (cioè il movente delle nostre
azioni/scelte/comportamenti) sono assolute, cioè sono indipendenti dal contesto
nel quale si fanno le scelte (i.e. no avversione alle perdite, no effetto dotazione…).
Del fatto che le preferenze non sono costanti ma che, anzi, evolvono non ne parlo
e rimando al Bowles.
Errori e Scelte:
Informazioni e capacità cognitive perfette: normativamente dovremmo fare errori nulli
(=scelte giuste).
Però il Mondo è incerto e complesso: normativamente dovremmo fare errori
“oggettivamente” minimi (=scelte razionali).
Però l’Uomo è fallibile: errori “oggettivamente” minimi > errori umani (=scelte umane)
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Studiando la violazione degli assiomi di razionalità, Kahneman e Tversky hanno
proposto un modello volto a descrivere in modo più accurato le scelte reali delle
persone. Alla fine, essi sono giunti alla cosiddetta Teoria del Prospetto (TP) che, in
particolare, mostra che le preferenze non sono esogene ma dipendono dal contesto.
Kahneman è stato Premio Nobel per l’Economia nel 2002 “per avere integrato i risultati
della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio
umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d'incertezza”. Tversky morì nel 1996.
Prospetto vuol dire guardare avanti e, in questa teoria, si può intendere come “farsi
un’idea in anticipo”.
Il termine “prospetto” sostituisce il termine economico di “lotteria”, ma è stato scelto per
sottolineare il carattere fortemente introspettivo con cui le alternative vengono
immaginate e analizzate dagli agenti.
La TP non è in contraddizione con la Teoria dell’Utilità Attesa ma punta ad integrarla:
 La Teoria dell’Utilità Attesa fornisce un modello teorico relativo al modo in cui le
persone dovrebbero comportarsi per prendere decisioni ottimali.
 La Teoria del Prospetto fornisce un modello teorico relativo ai processi
decisionali reali che inducono le persone a prendere decisioni sub-ottimali.
Di fatto, nel modello di Kahneman e Tversky (1979) la Teoria dell’Utilità Attesa diviene
il benchmark rispetto al quale giudicare la bontà delle scelte operate dalle persone.
Tuttavia molto, troppo, spesso non si riesce a battere il benchmark.
Quindi ci si può domandare se il modello di riferimento - che teoricamente è valido - sia
poi così utile in pratica. Un conto è “come dovrebbe essere”, un altro è “com’è”.
E’ la consueta abilità normativa dei modelli standard che, però, sono poco realistici.
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Il maggiore contributo della TP è di tenere conto di quattro aspetti della scelta che NON
sono trattati in modo appropriato nel paradigma comportamentale convenzionale.
1. Il primo è il problema per cui le persone non valutano le decisioni di rischio
secondo l’ipotesi dell’utilità attesa: sopravvalutiamo l’importanza di eventi
improbabili.
2. Il secondo riguarda la considerazione dell’inquadramento (framing), cioè il fatto
che risultati equivalenti siano trattati differentemente a seconda del modo in cui
sono descritti o del contesto della decisione.
3. Il terzo è la reintroduzione di una misura concreta: l’utilità edonistica realmente
provata (actually experienced hedonic utility), che riprende un aspetto
dell’utilitarismo classico.
4. Il quarto è lo sviluppo da parte della TP di una cornice concettuale per trattare la
dipendenza dei comportamenti alle situazioni (situation-dependent behaviors).
UN ALTRO ELEMENTO DI “ROTTURA” DELLA TP CON L’ANALISI
STANDARD E’ METODOLOGICO:
Analisi standard: dagli assiomi alla funzione di utilità
Analisi del Prospetto: dagli esperimenti alla funzione del valore
D’altronde, i proponenti della TP sono psicologi comportamentali e non economisti.
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DIFETTI DELLA TP
Un difetto di questa letteratura, svelato dall’interpretazione in termini di avversione al
rischio del problema dei rendimenti delle azioni (cf. Bowles), è che la dipendenza dal
contesto è una rappresentazione incompleta delle preferenze, a meno che non sia unita
ad una spiegazione di come le preferenze si adattano dinamicamente alle nuove
situazioni. Insomma, manca di capire come evolvono le preferenze.
Gli esperimenti mostrano che le situazioni inducono le preferenze (che, quindi, non sono
un concetto primitivo); ma ci dicono poco sul processo di adattamento comportamentale
ad una nuova situazione. Ad esempio, come ci si adatta a perdite sul mercato azionario?
E alla perdita della vista? Alla promozione in una posizione manageriale?....
Noi qui ci occuperemo solo della teoria del prospetto e non dell’evoluzione delle
preferenze (troverete qualcosa nel testo di Bowles).
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Scelte in condizioni di incertezza, rischio e psicologia
IN CHE MODO PRENDIAMO LE NOSTRE DECISIONI?
La teoria del prospetto dice che nelle scelte in condizioni di incertezza le persone hanno
la tendenza a semplificare il più possibile la scelta in modo tale da risparmiare energie
cognitive.
In altre parole, le limitazioni cognitive (di memoria e di attenzione) rendono molto
difficile fare le complesse operazioni necessarie per calcolare l’utilità attesa.
Un prospetto è la combinazione di tutti i possibili esiti di un’alternativa e delle
probabilità ad essi legate.
Qualche definizione formale (notate la somiglianza con il modello dell’UA):
Prospetto X: (x1, p1; ... ; xn, pn) dove p1 + ... + pn = 1
Esempio:
Prospetto X: (€100, 0.75; - €200, 0.25)
Prospetto X: (vinco €100 con prob. 0.75; perdo €200 con prob. 0.25)
Per semplicità si possono omettere i risultati nulli e usare la notazione (x, p) per indicare
il prospetto (x, p; 0, 1 - p), che offre il risultato x con probabilità p e il risultato 0 con
probabilità (1 – p).
Il prospetto privo di rischio che offre la certezza di ottenere x si indica con (x). Cioè, la
probabilità pari a 1 non si scrive.
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Le due fasi del processo decisionale
La Teoria del Prospetto distingue due fasi del processo di scelta:
Fase di «Editing»
Si tratta di un’analisi preliminare delle alternative che porta ad una visione semplificata
dei prospetti disponibili.
Fase di «Valutazione»
Le versioni semplificate dei prospetti che emergono dalla fase di editing vengono
valutati e quello con il valore più elevato viene scelto.
Da qui in avanti vi offro evidenze risultanti da numerosi esperimenti ripetuti da molti
ricercatori.
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La fase di «Editing»
L’analisi preliminare dei prospetti viene fatta, per lo più, a livello inconsapevole e
utilizza una gamma piuttosto ampia di operazioni mentali di semplificazione.
Le principali operazioni di editing sono le seguenti:
 Codifica
 Combinazione
 Cancellazione
 Semplificazione
 Riconoscimento della Dominanza
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1. Codifica
I risultati offerti da un prospetto vengono codificati in base ad un punto di riferimento
(«stanno al di sopra? Bene, sono positivi...!»; «stanno al di sotto? sono negativi...»).
Le persone si rappresentano gli esiti offerti da un prospetto in termini di guadagni o
perdite rispetto alla loro condizione al momento della decisione (oppure rispetto a
qualche altro benchmark che vorrebbero raggiungere).
Da un punto di vista economico un investitore dovrebbe sempre considerare un
guadagno di €3000 come positivo.
In realtà, un guadagno di €3000 poterebbe essere considerato come un risultato negativo
se l’obiettivo (punto di riferimento) era quello di ottenere €4000.
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2. Combinazione
Analisi di un singolo prospetto. Utilizzando questa operazione l’agente combina esiti
che sono tra loro identici come entità, ma differenti in termini di probabilità di
realizzarsi.
Esempio:
Prospetto Y: (€100, 0.25; - €200, 0.3; €100, 0.45)
L’esito 100€ potrebbe essere combinato come nel seguente che è “mentalmente” più
semplice:
Prospetto Y’: (€100, 0.7; - €200, 0.3)
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3. Cancellazione
Confronto tra più prospetti. Per semplificare la scelta tra più prospetti i decisori
potrebbero cancellare le componenti che sono comuni a tutti i prospetti:
Esempio, se la scelta è tra i prospetti A e B:
Prospetto A: (€1000, 0.25; - €100, 0.75)
Prospetto B: (€1000, 0.1; €500, 0.4; - €200, 0.5)
La scelta potrebbe essere semplificata nel modo seguente (si sottrae la prob. di 1000€):
Prospetto A’: (€1000, 0.15; - €100, 0.75)
Prospetto B’: (€500, 0.4; - €200, 0.5)
Entrambi i prospetti hanno ora il 90% di probabilità totale.
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4. Semplificazione
Spesso i decisori semplificano gli elementi meno agevoli da valutare di un prospetto.
Ad esempio, un tipo di semplificazione è quello di arrotondare il valore degli esiti e
delle probabilità ad essi associate:
Prospetto X: (€199, 0.49; - €201, 0.49; - €100, 0.02)
potrebbe essere semplificato/arrotondato come segue:
Prospetto X’: (€200, 0.5; - €200, 0.5)
In questo modo, però, un prospetto che era inizialmente leggermente svantaggioso viene
percepito come neutrale:
VA di X’ = 0 > VA di X = -2.98
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5. Riconoscimento della Dominanza
Copio dalla lezione sulla TdG:
Strategia Dominante: è dominante poiché un giocatore può scegliere una mossa che gli
garantisce un risultato migliore rispetto a quello di tutte le altre mosse, qualunque sia la
scelta degli altri giocatori. Cioè, egli ottimizza i suoi risultati indipendentemente dalle
scelte dell’altro giocatore.
Principio di Dominanza (D):
D, i) Un giocatore non dovrebbe mai scegliere una strategia dominata da qualche altra
sua strategia.
D, ii) Quindi, se un giocatore ha una strategia dominante, questa è la sua strategia
ottimale.
In base a (D, ii), se un giocatore dispone di una strategia dominante allora dovrebbe
adottarla, indipendentemente dalle sue opinioni su quello che farà l’altro giocatore.
In realtà siamo spesso ingannati dal modo in cui ci presentano le alternative: il nodo
sta nel modo.
Esempio tratto da Kanheman e Tverski:
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Dobbiamo scegliere tra due lotterie:
LOTTERIA A
non vincere niente con il 90% di probabilità;
vincere 45 euro con il 6% di probabilità;
vincere 30 euro con l' 1% di probabilità;
perdere 15 euro con il 3% di probabilità.
LOTTERIA B
non vincere niente con il 90% di probabilità;
vincere 45 euro con il 7% di probabilità;
perdere 10 euro con l' 1% di probabilità;
perdere 15 euro con il 2% di probabilità.
Si dovrebbe scegliere la lotteria B poiché ha un valore atteso (VA) pari a 2.65 che è
superiore al valore atteso di A (che è pari a 2.55).
Però nell'esperimento condotto da Tversky e Kahneman la maggioranza degli intervistati
ha scelto la lotteria A.
Perché?
Perché psicologicamente si tende a dare più valore al fatto che nella lotteria A c’è un
numero maggiore di esiti positivi (due) rispetto che nella lotteria B (uno).
Noi riconosciamo i rapporti di dominanza solamente quando sono espressi in modo
esplicito: L’apparenza inganna; la Forma certe volte ha la meglio sulla Sostanza.
Confrontate quanto stiamo dicendo con l’UA e i princìpi della teoria dei giochi….
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Fase di Editing: Considerazioni Conclusive
Le operazioni di semplificazione possono essere applicate senza un ordine preciso a
seconda delle informazioni su cui si concentra ogni decisore.
Ciò crea un problema per la prevedibilità delle valutazioni (e conseguenti scelte) delle
persone perché:
L’uso di una determinata azione di semplificazione potrebbe precludere l’uso di un’altra
operazione di conseguenza l’ordine con cui vengono utilizzate diventa fondamentale.
Questo problema si presenta anche quando si propongono questionari alle persone:
identiche domande possono dare risposte differenti semplicemente cambiando l’ordine
delle domande.
Prima delle elezioni del 2008 sui giornali si leggeva:
Sullo scandalo delle schede elettorali che portano gli elettori a sbagliare il voto, sollevato
da Di Pietro e Berlusconi, Amato continua a dire: ''è tutto secondo la legge'', ''è tutto
secondo la legge''.
Da questo punto di vista la fase di editing è il momento fondamentale del processo di
decisione.
Molte delle strategie di ragionamento intuitivo che abbiamo studiato nelle lezioni sulle
euristiche
nascono
dall’uso
delle
operazioni
di
semplificazione
(infatti:
euristica=scorciatoia).
Però nella teoria degli errori da scorciatoia (heuristics and biases) è più facile prevedere
sia la presenza che il segno degli errori.
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La Fase di Valutazione
Nella fase di valutazione vengono messe a confronto le forme dei prospetti come
precedentemente semplificate nella fase di Editing.
La fase di valutazione si basa su due funzioni che le persone utilizzano per valutare, in
modo soggettivo, gli esiti e le probabilità ad essi associate (Bayes è lontano…).
1. La funzione di Ponderazione delle probabilità.
2. La funzione del Valore.
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1. La funzione di Ponderazione
La funzione di ponderazione (peso/filtro soggettivo) mette in luce due aspetti
fondamentali relativi alla percezione soggettiva delle probabilità:
Le probabilità più basse vengono sopravvalutate (curva soggettiva>linea 45° oggettiva).
Le probabilità medio-alte vengono sottovalutate (curva soggettiva<linea 45° oggettiva).
Qualunque sia il calcolo oggettivo, dal grafico delle probabilità si vede anche che:
 Esiti poco probabili sono sopravvalutati rispetto alla certezza di non ottenerli.
 Esiti molto probabili sono sottovalutati rispetto alla certezza di ottenerli.
Questo fatto spiega l’effetto certezza:
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Siamo nel punto più alto della linea a 45° e
una vincita certa diventa una vincita quasi certa (es. 98%). Dal grafico si vede che
riduciamo in modo eccessivo (rispetto al comportamento normativo) la nostra preferenza
per l’alternativa diventata semplicemente “quasi” certa: la probabilità elevata viene
sottovalutata rispetto a calcoli oggettivi. Per dire: passando dal 100% al 98% di vincere
non dovrebbe farci concludere che la probabilità di vincere è scemata più del 2%.
Siamo nel punto più basso della linea a 45° e
una perdita certa diventa una perdita quasi certa. Dal grafico si vede che aumentiamo in
modo eccessivo (rispetto al comportamento normativo) la nostra preferenza per
l’alternativa divenuta un po’ meno negativa: la ridotta probabilità di evitare la perdita
viene sopravvalutata rispetto a calcoli oggettivi. Per dire: passando dal 100% di perdere
al 98% non dovrebbe farci concludere che il pericolo si è ridotto di più del 2%.
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2. La funzione del Valore
Come anticipato, la teoria del prospetto differisce dalla teoria dell’utilità attesa anche per
il fatto che nella formulazione della teoria, il concetto di “valore” sostituisce la nozione
di “utilità”.
Non è solo un cambio di termini, è un vero e proprio cambiamento di prospettiva nella
determinazione della base per il giudizio di scelta:
l’utilità è tradizionalmente considerata in termini di benessere netto raggiungibile,
il valore è invece definito in termini di guadagni o di perdite, ovvero di scarti con segno
positivo o negativo rispetto ad una certa posizione assunta come punto di riferimento
neutro.
Un esempio chiarirà meglio il concetto e ciò che esso implica a livello di
comportamento individuale.
Supponiamo che uno di noi tornando a casa dall’Università trovi per terra 100€ ma,
all’arrivo a casa, anche una multa inattesa:
100€ in regalo (evento A)
80€ di multa (evento B).
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Secondo il modello di comportamento razionale, dovrebbe essere contento, poiché
l’effetto combinato di A (guadagno di 100€) e B (spesa di 80€), fa salire la sua ricchezza
complessiva a M0 + 20, dove M0 è il livello di ricchezza iniziale:
si dovrebbero valutare singoli eventi o insiemi di eventi, secondo il loro effetto
cumulato sulla ricchezza complessiva.
Poiché l’utilità è una funzione crescente della ricchezza totale, i due eventi, considerati
insieme, portano ad un aumento del livello di utilità da U0 a U1, come si vede in figura.
Più in generale, secondo il modello standard qualsiasi combinazione di eventi che faccia
aumentare la ricchezza complessiva fa anche aumentare l’utilità totale: più è meglio (cf.
le mie slides in materia).
Kahneman e Tversky sostengono invece che, spesso, le alternative possibili vengono
valutate non con la usuale funzione di utilità, ma con una funzione di valore che non è
riferita alla posizione finale del soggetto, ma alle variazioni della sua ricchezza.
Ciò vuol dire che le persone tendono a soppesare i due eventi separatamente.
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Ma quel che è ancor più degno di nota è che diamo molta meno importanza al guadagno
rispetto alla perdita, il che spiega la caratteristica peculiare della funzione di valore
rispetto alla funzione di utilità: l’asimmetria.
L’asimmetria vuol dire che perdere e guadagnare 500€ è percepito soggettivamente in
modo diverso da quanto dovremmo fare oggettivamente. L’asimmetria implica che la:
funzione che si riferisce alle perdite è una curva convessa relativamente più ripida,
funzione che si riferisce ai guadagni è una curva concava dall’andamento meno ripida
Già dal grafico si vede l’effetto dell’avversione alle perdite. Ma proseguiamo con
ordine, sottolineando ancora che l’approccio metodologico non è standard: la funzione
di valore deriva da, quindi si basa su, prove di laboratorio. Non discende da assiomi.
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La funzione del valore proposta da Kahneman e Tversky ha tre caratteristiche
fondamentali:
 Gli esiti vengono valutati in relazione ad un punto di riferimento e sono
categorizzati come guadagni o perdite.
 In entrambi i quadranti (guadagni e perdite) la funzione è caratterizzata da una
diminuzione della sensibilità ai cambiamenti.
 Nel quadrante delle perdite la funzione è più ripida che nel quadrante dei
guadagni.
L’asimmetria della funzione spiega come gli individui, posti di fronte ad una possibilità
di scelta, effettivamente rifiutino combinazioni di eventi che, sommati, porterebbero loro
una maggiore ricchezza.
L’idea centrale di questa fondamentale riformulazione è che se la funzione di utilità
deve spiegare il comportamento reale, i suoi argomenti dovrebbero essere cambiamenti
negli stati o eventi e non semplicemente gli stati:
dato che è importante il cambiamento, allora il valore che gli individui attribuiscono agli
stati dipende dalla relazione dello stato con lo status quo(=reference point). Il valore,
cioè, dipende dal punto di partenza da cui mi muovo a causa del
cambiamento(=variazione).
Notate: proprio come nel modello dell’UA, anche nella TP ciò che importa NON è il
denaro in sé, quanto il benessere/sofferenza che ci procura averlo/perderlo.
Insomma c’è un filtro psicologico (i.e. la funzione) che trasforma il bene in utilità (o
valore).
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Le tre caratteristiche ora viste della funzione del valore sono alla base di una serie di
comportamenti irrazionali sistematici scoperti con numerosi esperimenti (e non assunti a
priori):
1. Avversione alla perdita
2. Punto di riferimento
3. Effetto framing
4. Status quo bias
La figura precedente è “disegnata” proprio sulla base dei quattro citati comportamenti.
Vediamoli uno alla volta.
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1. Avversione alla Perdita
L’abbiamo già vista nelle lezioni precedenti. Rivediamola nell’ambito della TP.
Dal momento che la curva è più ripida nel quadrante delle perdite rispetto al quadrante
dei guadagni le persone hanno una percezione asimmetrica di esiti che cadono sopra o
sotto il punto di riferimento.
Le perdite creano un dolore circa doppio rispetto al piacere che suscitano le vincite.
Da un punto di vista psicologico, una vincita ed una perdita di uguale entità NON si
annullano. L’individuo percepisce il risultato finale netto come una perdita. Per questo
motivo le persone sono poco propense ad accettare una scommessa come la seguente:
50% di probabilità di vincere €1000 e 50% di probabilità di perdere €1000.
Il peso psicologico della possibile perdita supera quello della possibile vincita e la
scommessa viene percepita come iniqua.
L’avversione alla perdita spiega, almeno in parte, perché non si esce da un’investimento
in perdita neanche quando sarebbe oggettivamente valido farlo.
Questo principio è stato verificato con una serie di esperimenti condotti da Kahneman e
Tversky.
Ecco un esperimento tipico.
NB
Il gioco “Affari tuoi”, che va in onda sulla Rai segue schemi simili e quindi potete
verificare di persona se e quanto Kahneman e Tversky hanno ragione.
E’ anche utile notare che l’esercizio 8 che vi ho proposto in una precedente lezione si
basa sullo stesso gioco ma si riferisce all’UA (cfr. slides “esercizi”).
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Si dà a dei soggetti la possibilità di scegliere tra:
a) vincere una somma di 100.000€ con il 50% di probabilità, oppure non vincere nulla.
b) vincere sicuramente una somma di 50.000€.
La maggioranza dimostra di preferire b) ad a).
La teoria del valore atteso imporrebbe, invece, di rimanere perfettamente indifferenti tra
le due opzioni, essendo i loro valori attesi (VA) perfettamente identici. Infatti:
VAa = 0.5*(100.000) + 0.5*(0) = 50.000 = VAb = 1*(50.000)
Ma non finisce qui. Le preferenze risultano ribaltate quando si chiede di scegliere tra:
c) perdere una somma di 100.000€ con il 50% di probabilità, oppure non perdere nulla.
d) perdere sicuramente una somma di 50.000€
La maggioranza ora dimostra di preferire c) a d).
Anche qui la teoria del valore atteso suggerirebbe un atteggiamento di indifferenza.
Perché tutto ciò? Risposta, perché:
nel primo test, dove la scommessa è presentata in termini di guadagno, la tendenza dei
soggetti sarà quella di preferire l’opzione sicura, dimostrando di voler evitare il rischio,
nel secondo test, dove la scommessa è presentata in termini di perdita, i soggetti
tendono a preferire l’opzione rischiosa mostrando così un comportamento - opposto al
precedente - di amore per il rischio.
Notate quanto siamo poco lineari:
L’avversione alla perdita invece di renderci avversi al rischio ci rende amanti del
rischio.
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2. Punto di riferimento
A causa dell’avversione alla perdita e della tendenza a codificare gli esiti in guadagni e
perdite, le persone sono più abili a fare valutazioni comparative piuttosto che assolute:
Tra due esiti positivi di valore assoluto differente si preferisce l’esito inferiore purché sia
migliore rispetto a quello ottenuto da altre persone.
Questo comportamento è chiaramente non standard, dal momento che da un punto di
vista oggettivo si dovrebbe sempre ambire a ottenere l’esito più elevato possibile.
Tuttavia, in molti casi la sensazione “psichica” di essere migliori degli altri appaga più
del risultato “fisico” che si ottiene.
Ci sono molti casi in cui sopravvalutiamo le nostre capacità relative. Ho già menzionato
l’illusione del controllo. Ma ecco dei dati che ritengo “devastanti” per l’approccio
standard:
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Ogni mese a partire da gennaio 1985 e per sempre (=> dataset incredibilmente
informativo) si domanda a 2000 italiani (rappresentativi del cittadino medio):
come pensi andrà la tua situazione economica nel prossimo anno?
come pensi andrà la situazione economica in Italia nel prossimo anno?
Gli intervistati possono rispondere che dovrebbe:
LB) nettamente migliorare
B)
lievemente migliorare
E)
rimanere stazionaria
W)
lievemente peggiorare
LW) nettamente peggiorare
N)
non so
E’ chiaro che l’Italia non può andare sistematicamente meglio o peggio dei suoi abitanti.
Il PIL è la somma oggettiva di tutti i redditi individuali!
Ecco le risposte calcolate come media di circa 350 risposte mensili (1985M1-2014M10):
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IO
L’ITALIA(=NOI)
Osservate e riflettete:
1) Istogrammi diversi: io≠noi;
2) (Wio+LWio)<(Bio+LBio): io me la cavo;
3) (Wnoi+LWnoi) > (Bio+LBio): voi no!
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3. Framing
Il framing, cioè il “modo di proporre”, riguarda le scelte prese in contesti in cui le
alternative sono descritte come guadagni oppure come perdite.
Problemi sostanzialmente identici, ma descritti in modo differente, inducono le persone
a fare scelte differenti.
Esempio:
Ipotizziamo che l’Italia si stia preparando per affrontare l’arrivo del virus Ebola che, ci
dicono in modo convencente, dovrebbe uccidere 600 persone.
Per debellare questa malattia sono stati proposti 2 programmi di intervento che hanno le
seguenti conseguenze (stimate in modo scientificamente preciso):
Se verrà adottato il Programma A, 200 persone saranno salvate.
Se verrà adottato il Programma B, c’è 1/3 di probabilità che 600 persone si salvino e 2/3
di probabilità che nessuno si salvi.
Ora, un altro “frame”:
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Ipotizziamo che l’Italia si stia preparando per affrontare l’arrivo del virus Ebola che, ci
dicono, dovrebbe uccidere 600 persone.
Per debellare questa malattia sono stati proposti 2 programmi di intervento che hanno
conseguenze stimate in modo scientificamente preciso così definite:
Se verrà adottato il Programma C 400 persone moriranno.
Se verrà adottato il Programma D c’è 1/3 di probabilità che nessuno muoia e 2/3 di
probabilità che 600 persone muoiano.
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Normalmente le persone che rispondono preferiscono:
il Programma A nel primo caso;
il Programma D nel secondo caso.
Nel primo caso si preferisce un esito certo, mentre nel secondo si preferisce
un’alternativa incerta.
Questo avviene nonostante
il Programma C sia uguale al Programma A e
il Programma D sia uguale al B.
OGGETTIVAMENTE:
sapendo che verranno contagiate 600 persone:
Programma A = 200 si salvano (e 400 muoiono = Programma C).
Il programma B e D non sono altro che la stessa descrizione espressa in termini positivi
o negativi.
Però,
SOGGETTIVAMENTE, sentirsi dire che…
B: …probabilità che tutti si salvano...
D: …probabilità che nessuno muoia...
lo interpretiamo/valutiamo in modo differente.
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Insomma, si parla di framing quando varia la descrizione (cornice) del problema, ma
restano invariati gli esiti finali.
Da un punto di vista economico classico, se non cambiano gli esiti finali, allora non
dovrebbero cambiare nemmeno le scelte.
Dal punto di vista delle politiche, conoscere come le persone valutano le situazioni è
fondamentale. Da quanto detto finora, per esempio, le politiche dovrebbero/potrebbero
prevedere che una campagna anti-fumo potrebbe avere una diversa efficacia se si
descrivono:
i rischi legati al fumo piuttosto che
i benefici derivanti dal NON fumare.
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4. Status quo bias
Quando una decisione impone incertezza riguardo agli esiti possibili, possiamo decidere
di “non decidere” e rimanere nello status quo, i.e. nella condizione in cui si trovano
(conoscete la storia dell’asino di Buridano?).
Ciò avviene per diversi motivi:
 Inerzia e procrastinazione (per modificare lo stato delle cose si deve compiere
un’azione che richiede impegno, tempo, denaro).
 Incertezza (modificare lo stato delle cose può costringere il decisore ad affrontare
una situazione di incertezza che può dare risultati positivi o negativi).
 Inesperienza (colui che è esperto spesso non vuole cambiare una situazione
apparentemente soddisfacente non conoscendo l’effetto delle sue azioni). Sai che
cosa lasci, ma non sai che cosa trovi…
Esempio reale: L’assicurazione auto in New Jersey e in Pennsylvania.
In questi due Stati, nei primi anni ’90 sono state modificate le leggi sull’assicurazione
auto. Per ridurre i costi fu introdotta una polizza base che escludeva furto e incendio e
copriva solo i danni a terzi. Tuttavia:
In New Jersey, i nuovi automobilisti avevano
1. come soluzione iniziale l’assicurazione di base e
2. POI potevano acquistare l’assicurazione completa.
In Pennsylvania, i nuovi automobilisti avevano
1. come soluzione iniziale l’assicurazione completa e
2. POI potevano decidere di passare a quella base.
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Un’analisi delle scelte degli automobilisti nei due stati ha mostrato che la soluzione di
partenza ha un effetto notevole sulle scelte relative all’assicurazione auto:
Soltanto il 20% degli automobilisti del New Jersey ha POI deciso di comprare
attivamente l’assicurazione completa.
Invece il 75% degli automobilisti della Pennsylvania ha deciso tenersi l’assicurazione
completa.
Grazie allo status quo bias negli Stati Uniti, ma anche da noi, il tasso di adesione ai
fondi pensione è stato aumentato con la soluzione silenzio-assenso.
Negli USA, in precedenza, il tasso era minore poiché era il lavoratore a dover
attivamente decidere se partecipare alla pensione integrativa o meno.
Un intervento simile è stato fatto nei paesi del nord Europa nel caso della donazione
degli organi.
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Esempio tra di noi:
Andrea possiede un investimento di €10.000 nell’azienda A.
Durante l’ultimo anno ha pensato di spostare i suoi soldi e di investire nell’azienda B,
ma alla fine ha deciso di non modificare il suo investimento.
Ora ha scoperto che se avesse cambiato investimento avrebbe guadagnato €5.000.
Giovanni possedeva un investimento di €10.000 nell’azienda B.
Durante l’ultimo anno ha deciso di spostare i suoi soldi e di investire nell’azienda A. Ora
ha scoperto che se non avesse cambiato investimento avrebbe guadagnato €5.000.
Secondo voi: è più dispiaciuto Andrea o Giovanni?
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Gli esperimenti di questo tipo solitamente confermano che la maggioranza delle persone
sostiene che Giovanni dovrebbe sentirsi più dispiaciuto nonostante i due protagonisti
abbiano ottenuto esattamente lo stesso risultato economico.
Ciò dipende dal fatto che Giovanni sbaglia facendo, Andrea sbaglia NON facendo:
Non modificare lo status quo nel quale ci si trova di solito ha anche l’effetto di farci
sentire meno in colpa (meno dispiaciuti) se qualcosa va storto.
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