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La scomparsa di Creta
La scomparsa di Creta di Domenico Melillo Fu l’esplosione del vulcano di Thera, sull’isola greca di Santorini, oltre tremila anni fa a provocare la fine della gloriosa civiltà minoica? Da decenni gli studiosi dibattono sulla questione, accumulando numerosi indizi. Ora l’isola vulcanica è a soli 110 chilometri da Creta, così sembrerebbe piuttosto ragionevole che la sua furia possa essere stata la causa della scomparsa del tanto celebrato popolo. Ma quando nel 1987 alcuni scienziati fissarono come data per la fatidica esplosione il 1645 a.C. (ossia 150 anni prima rispetto alla data fino ad allora accettata), si venne a determinare un divario eccessivo tra la catastrofe naturale e il declino della civiltà minoica. Pochi anni fa, scienziati della Columbia University e di altre prestigiose istituzioni dimostrarono come, in realtà, l’eruzione sia stata molto più violenta di quanto finora pensato. Si può affermare che fosse di intensità maggiore di quella del Krakatoa del 1883 in cui persero la vita oltre 36.000 persone. Lo scenario ricostruito parla di un grande fall-out, una ricaduta delle ceneri su un’area vastissima fino alle coste dell’Anatolia, che investì le città antiche, determinò mutamenti climatici, distrusse le coltivazioni. Le onde che colpirono Creta dovevano essere alte oltre 30 metri, e ovviamente distrussero le città e non lasciarono scampo agli uomini. Recentemente un gruppo di geologi guidati da Gerassimos Papadopulos hanno individuato sulla linea costiera della Turchia tracce di quelle gigantesche onde. Infatti, è stato ritrovato pochi centimetri sotto il livello del suolo uno strato di sedimenti di dieci centimetri di spessore, inequivocabilmente lasciato da uno tsunami. Nei sedimenti sono presenti non solo tracce delle spaventose onde, ma anche delle ceneri riversate dall’esplosione vulcanica in una successione di qualche giorno. Infatti secondo le analisi condotte, le onde si propagarono in sole due ore in tutto il Mare Egeo, le ceneri invece giunsero un paio di giorni dopo. Il cataclisma non solo determinò la fine di Creta, ma creò devastazioni anche nel delta del Nilo, in Egitto, e al porto della città di Ugarit in Siria distante più di mille chilometri da Thera. E per quanto riguarda l’isola di Santorini? Ciò che rimane oggi è uno scheletro sconquassato dalla tremenda esplosione, e da allora è rimasta priva del suo nucleo centrale, sprofondato per centinaia di metri nel mare, formando ciò che, geologicamente parlando, viene definita caldera. Dove un tempo era il centro dell’isola oggi sorgono due isolotti che emersero successivamente e che furono chiamati Nea Kameni e Palia Kameni. Tutta l’isola non è altro che un vulcano, ancora attivo, che a più riprese in passato è stato causa di paura, ma nulla rispetto a ciò che avvenne migliaia di anni fa. Dove una volta vi era terra oggi vi sono rupi denudate che testimoniano l’improvviso sprofondamento. Sin dal 1967, anno in cui iniziò una vera e propria campagna di scavi, venne portata di nuovo alla luce, strappata da strati di polvere vulcanica e pietra pomice, depositatesi nei secoli, una vera e propria città dell’epoca minoica perfettamente conservata. E’ singolare come la stessa eruzione che provocò la distruzione di gran parte dell’isola abbia permesso, coprendola con le sue polveri eruttive, con i suoi detriti lavici, che la storia di questo luogo potesse arrivare a noi, migliaia di anni dopo. Il mistero della scomparsa della civiltà cretese rimarrà sempre un mistero irrisolvibile, perché, nonostante le diverse testimonianze, non sarà mai possibile risalire alla verità. Occorre, dunque, rassegnarsi al fatto che certi misteri rimarranno sempre a noi sconosciuti, lasciandosi dietro sempre quell’alone di segreto.