Comments
Description
Transcript
Appendice 2 - Anatomy Trains
A Appendice 2 Principi di trattamento Linee guida Nel seguito diamo qualche indicazione generale per l'utilizzo del sistema dei meridiani miofasciali dei meridiani miofasciali: • Nella valutazione, cominciate dall'area coinvolta/ ristretta/ colpita/ dolorosa e muovetevi lungo i binari. Se il trattamento di un'area locale non funziona, provate a trattare altre aree lungo il meridiano in modo che si possano avere risultati nell'area interessata (se gli ischio-crurali non stanno reagendo alla manipolazione diretta o allo stretching, provate altrove lungo la Linea Su-perficiale Posteriore – sulla fascia plantare o nell'area suboccipitale, per esempio). • Lavorare sui meridiani può spesso avere effetti a distanza. Per qualche meccanismo, lavorare su un'area di un meridiano può mostrare effetti da qualche altra parte anche distante, sia verso l'alto che verso il basso lungo il meridiano coinvolto. Assicuratevi di rifare periodicamente l'accertamento su tutte le strut-ture per vedere quali sono stati gli effetti globali ot-tenuti con il vostro lavoro . • Lavorate sul tessuto dei meridiani nella direzione in cui volete che vadano. Se state semplicemente scio-gliendo un elemento muscolare di un meridiano la direzione non è cruciale. Se state lavorando per modi-ficare la relazione tra i piani fasciali, allora la direzione è cruciale. “Rimettilo al suo posto e richiama il movimento”, è la chiara sintesi di Ida Rolf al riguardo del suo metodo. Frequentemente, per esempio, i tessuti della Linea Superficiale Frontale hanno bisogno di muoversi in su in relazione con i tessuti della Linea Superficiale Posteriore, che hanno bisogno di essere mossi in giù. • Lavorate dall'esterno verso l’interno e poi dall'interno verso l’esterno. Individuate le compesazioni prima sugli strati più superficiali, per quanto è possibile, prima di inoltrarvi nei pattern più profondi. In generale cercate un'uniforme resilienza e adattabilità nelle Linee Superficiali Frontale e Posteriore e nelle Linee Laterali e a Spirale, prima di tentare di sbrogliare la Linea Frontale Profonda. Andando troppo presto con pattern profondi, prima di allentare gli strati sovrastanti, si rischia di mandare ancor più in profondità i pattern o ridurre la coerenza del corpo, piuttosto che arrivare alla risoluzione dei problemi. Una volta che un po' di resilienza e di bilanciamento sono stati stabiliti nella LFP, ritornate alle situazioni che restano nelle linee più superficiali e lavorate con cura le Linee Funzionali e delle Braccia su queste strutture già ribi-lanciate. • Osservate dove i meridiani si incrociano tra loro. In questi punti, – particolarmente dove le Linee Funzionali e a Spirale attraversano le linee cardinali – vi sono aree che frequentemente si fissano quando ci sono tensioni avverse o conflittuali. Principi I principi generali per la manipolazione della fascia e della miofascia sono riportati di seguito: • Stratificazione. Andate dentro solo fino al primo strato che offre resistenza e poi lavorate a lungo questo strato. • Calma. La velocità è nemica della sensibilità; muovetevi al ritmo, o al di sotto del ritmo, dello scioglimento dei tessuti. • Meccanica del corpo. Uno sforzo e una tensione minima sulla parte effettuati dall'operatore portano alla massima sensibilità e al raggiungimento di risultati favorevoli al paziente. • Movimento. Il movimento del paziente rende il lavoro miofasciale più efficace. Con ciascuna manovra trovate una direzione di movimento da far fare al paziente. Di nuovo, “Rimettilo al suo posto e richiama il movimento”. Il movimento del paziente serve come minimo a due scopi: – permette all'operatore di sentire con facilità quale livello di miofascia è stato agganciato, – coinvolge attivamente il paziente nel processo, aumentando la propriocezione, ad opera del fuso muscolare e dei recettori di stiramento. • Dolore. Il dolore accompagnato da un'attivazione 285 A MERIDIANI MIOFASCIALI di difesa motoria del paziente è una ragione per fermare, lasciare o rallentare. • Traiettoria. Ciascun movimento ha una traiettoria o un ciclo; un inizio, una metà e una fine. Ogni sessione ha un ciclo e ciascuna serie di sessioni costituisce un ciclo. Sappiate dove vi trovate in questi cicli che si sovrappongono. Obiettivi Gli obiettivi del lavoro miofasciale o di movimento includono quanto segue: • Completare l'immagine del corpo. Il paziente ha accesso all'informazione in arrivo e l'accesso motorio all'intero corpo cinestesico, con aree minimali di quiete, mantenimento o “amnesia sensitivo-motoria”. • Allineamento e supporto scheletrico. Le ossa sono allineate in maniera da permettere il minimo sforzo per la postura eretta e per l'azione. • Tensegrità/ Palintonicità. I tessuti miofasciali sono bilanciati sulla struttura scheletrica così da avere una generale uniformità di tono, piuttosto che isole di forte tensione o tessuti allentati. • Lunghezza. Il corpo vive per tutta la sua lunghezza sia negli arti che nel tronco, sia nei muscoli che nelle articolazioni, piuttosto che nei movimenti di accorciamento o compressione. 286 • Resilienza. La capacità di sopportare stress senza rompersi e di ritornare a una situazione bilanciata quando lo stress viene rimosso. • Capacità di mantenere e rilasciare carichi somatoemozionali. La capacità di mantenere un carico emozionale senza spingerlo fuori e di rilasciarlo con un’azione o semplicemente lasciandolo andare quando il momento è appropriato. • Unità di intenti con una diffusa consapevolezza. L'integrazione strutturale implica la capacità di focalizzarsi su uno specifico compito o di percepire quest’attività focalizzata, mentre si mantiene una consapevolezza periferica diffusa di ciò che sta accadendo. La focalizzazione senza consapevolezza adeguata è fanatismo, la consapevolezza senza focalizzazione è inefficacia. • Sforzo ridotto. La riduzione dello sforzo nella posizione eretta e nel movimento; meno tensioni “parassite” o movimenti compensatori non necessari. • Range di movimento. Ampia escursione del movimento, generosità del movimento; minor restrizione in ogni qualsiasi attività, che entro i limiti della salute, dell’età, della storia, della genetica è la completezza di movimento disponibile per l'uomo. • Dolore ridotto. Lo stare in piedi e il fare attività devono essere liberi, per quanto possibile, da dolori di origine strutturale.