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MONTA AMERICANA

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MONTA AMERICANA
ALICE CHIEREGATO
MARZIA RUDONI
ELENA ORSATTI
SIMONA PROIETTI di VALERIO
(Operatori di Equitazione Integrata EQUITABILE®)
DIVERSITA’ E UGUAGLIANZA TRA “MONTA INGLESE” E
“MONTA AMERICANA”
COME I FONDAMENTALI PRINCIPI EDUCATIVI SI POSSONO SVILUPPARE INDIPENDENTEMENTE DALLA
SPECIALITA’ EQUESTRE
1
INDICE
1. INTRODUZIONE
pag. 02
2. REGOLE DI SCUDERIA: in scuderia un piacere ma…
pag. 04
3. DA DENTRO A FUORI…MA CON ATTENZIONE
pag. 07
3.1 PRINCIPI BASE CONTROLLO E CONDUZIONE A MANO DEL CAVALLO
pag. 08
3.2 COME E DOVE LEGARE IL CAVALLO
pag. 11
3.3 IL GOVERNO DEL CAVALLO
pag. 11
3.4 METTIAMO LA SELLA
pag. 14
3.5 METTIAMO TESTIERA ED IMBOCCATURA
pag. 16
3.6 TOGLIAMO LA SELLA
pag. 17
4. L’ASSETTO
pag. 18
5. LAVORO ALLA CORDA
pag. 20
6. CONCLUSIONI
pag. 22
©EQUITABILE® Diversità e uguaglianze tra la “monta all’inglese e la monta americana”
Elena Orsatti , Marzia Rudoni, Alice Chieregato, Simona Proietti Di Valerio
2
1.
INTRODUZIONE
Chiunque entri in una scuderia, si avvicini al mondo dei cavalli o voglia iniziare a farne parte, non
potrà fare a meno di confrontarsi con l’interrogativo se adottare la “monta inglese” o se
propendere per la “monta americana”.
Questa scelta, semplice fintanto che ci si pone con gli occhi dell’osservatore esterno, può
diventare un vero e proprio dilemma qualora, nel dubbio se propendere per l’una o per l’altra
scuola, si intervisti estimatori di entrambe le scuole per avere un’idea più precisa in merito.
Scegliere la monta inglese rispetto a quella americana o viceversa, spesso e volentieri significa
fare una precisa “scelta di campo” in cui convogliare i propri ideali, convinzioni, credenze e
necessità. Infatti, se per alcune persone si tratta solo di una questione di “sella”, per altre
significa “sposare una diversa filosofia di vita”, tanto che, a volte, la convinzione della superiorità
di una scuola sull’altra può sfociare in veri e propri litigi tra le persone più animate!
E’ innegabile che le due monte rechino nel loro bagaglio delle diversità: basti pensare al motivo
per cui sono state create. La monta americana, nasce dall’esigenza di rimanere in sella per lungo
tempo e poter lavorare con il bestiame, mentre la monta inglese affonda le sue radici in campo
militare e ha dovuto affrontare una lunga evoluzione prima di divenire la monta inglese che
conosciamo oggi.
Tuttavia, andando un attimo oltre queste differenze si scoprirà che usando modi, metodi e
attrezzi diversi il fine perseguito è lo stesso: stabilire un rapporto con il cavallo cercando di
cogliere tutte le opportunità che da questo ne possono scaturire.
Nel rapporto animale/persona si ha un’opportunità di crescita già ravvisabile nel solo fatto di
stabilire un contatto con un essere che ha una propria vita, dei propri bisogni, un proprio
carattere e soprattutto un sistema logico-percettivo che obbliga la persona a rimettere quanto
meno in discussione le proprie convinzioni. In definitiva, interagendo con un cavallo non si ha a
che fare con un semplice animale, bensì con un essere vivente la cui presa in carico impone un
“prendersi cura” che sottende l’assunzione delle precise “responsabilità” che una volta apprese
verranno necessariamente riproposte nelle relazioni significative della quotidianità.
In ogni momento in cui si è in contatto con il cavallo si ha l’opportunità di apprendere. Preparare
il cavallo per condurlo fuori da box -la sua casa-, dargli da mangiare, mettergli la sella, prepararlo
per fare gli esercizi, dargli i comandi, svestirlo, pulirlo, sono tutte attività che richiedono la
necessità di stabilire un rapporto, una comunicazione che si può trasformare in un vero e proprio
dialogo di fiducia qualora l’impegno profuso dalla persona sia manifestato prima di tutto nel
rispetto dell’altruità e della diversità.
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Insomma: se un aspetto rimane comune a qualsiasi tipo di monta, il cavallo, ve n’è un altro a
nostro avviso molto più importante, a volte trascurato: la possibilità inconfutabile di stabilire un
rapporto che innanzitutto rende l’uomo migliore!
Da piccolo gruppo di appassionate, convinte che “un cavallo inglese parli la stessa lingua di un
cavallo americano”, ci proponiamo di evidenziare queste differenze cercando di far emergere un’
opinione che ci accomuna: stabilendo un rapporto autentico ogni diversità può essere superata,
poiché, ognuna di queste può essere riconosciuta, apprezzata, appresa e integrata ai propri
schemi.
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2.
REGOLE DI SCUDERIA: in scuderia un piacere ma…
Che si tratti di monta inglese o monta americana, stare in una scuderia è un piacere e, proprio
perché deve essere un piacere per tutti, vi sono alcune regole fondamentali da rispettare per
mantenere il benessere e, soprattutto, la sicurezza di persone ed animali!
Di seguito elenchiamo in modo sintetico le più importanti.
I cavalli sono animali molto sensibili che hanno una visione propria del mondo e dell’interagire
con questo in un modo molto diverso dal nostro. Infatti un bravo istruttore deve sempre tenere a
mente che cavallo e cavaliere sono due “teste” che ragionano sulla stessa cosa in modo
profondamente diverso. Rispetto ad uno stesso stimolo cavallo e cavaliere percepiscono e
reagiscono in modo nettamente differente: dinanzi ad un pericolo l’uomo istintivamente attacca,
mentre il cavallo, viceversa, tende a fuggire.
È bene ricordare che per la serenità del cavaliere, del cavallo e di tutte le persone che a questo si
avvicinano, ci sono comportamenti da evitare. Un cavallo spaventato, che cerca di fuggire, può
rappresentare un vero e proprio pericolo per chi gli è accanto, e se non si pone rimedio, creando
condizioni favorevoli alla sua serenità, l’inquietudine iniziale potrebbe trasformarsi in una
situazione di difficile gestione. Un cavallo tenuto a lungo in condizioni per lui stressanti reagisce
allo stesso modo di una persona sottoposta per troppo tempo ad una condizione di terrore
psicologico! Come reagisce una persona terrorizzata? Normalmente senza logica! Così fa il
cavallo! Corre, scalcia e si dimena rispondendo ad un unico fattore: la paura.
È bene, quindi, evitare di correre per i corridoi o fare bruschi movimenti, poiché comportamenti
simili oltre a spaventare i cavalli nei box, con il rischio che si facciano male, può rappresentare un
pericolo anche per i cavalli legati in corridoio. Questi, infatti, percependo il trambusto come una
minaccia possono reagire in modo impulsivo mettendo a repentaglio l’incolumità delle persone
che gli sono accanto.
I modi di reagire del cavallo possono essere ritenuti a volte eccessivi, e normalmente vengono
imputati al fatto che “sono animali”, ma come reagirebbe una persona se qualcuno entrasse in
casa propria iniziando a schiamazzare invadendo la propria privacy? Quanto meno redarguirebbe
l’invasore invitandolo al rispetto e, all’occorrenza, non esiterebbe ad usare la forza. Bene, in
definitiva lo scalpitare del cavallo può rappresentare il suo modo di richiedere rispetto.
Estendendo questa riflessione ad una possibilità di apprendimento pedagogico, accompagnare la
persona, normodotata o meno, all’interno della stalla e nello specifico in un box, invitandola a
non fare chiasso, è già di per sé un momento di crescita certamente non trascurabile.
Allo stesso modo con cui si è voluto richiamare l’attenzione su cosa è bene evitare, è opportuno
ricordare che spesso la reazione istintiva del cavallo può essere attenuata e trattenuta dalla
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“fiducia”. È la fiducia, infatti, che permette ai cavalli di “comprendere” e “accettare” la vivacità
dei bambini, o i comportamenti di una persona diversamente abile, tanto da consentirgli di
sostenere i loro movimenti, a volte rapidi ed imprevedibili, riuscendo a mantenere la calma.
Sempre per un discorso di sicurezza, ma anche di benessere e di igiene dell’ambiente, è altresì
opportuno ricordare che non si dovrebbero lasciare in giro attrezzature e finimenti dei cavalli,
così come attrezzature e strumenti personali. Mantenere in ordine gli ambienti, come ad
esempio corridoi, zone lavaggio e parti comuni, così come le spazzole, nettapiedi e coperte, è una
delle principali regole di prevenzione da adottare per evitare contagi tra gli animali non sempre
visibili nell’immediatezza come ad esempio di malattie del “piede” o del “pelo”. Anche in questo
caso si può individuare un’occasione di apprendimento: insegnare ai ragazzi di mantenere
l’ambiente pulito, invitarli a raccogliere una carta e gettarla negli appositi contenitori, riordinare
mettendo al loro posto gli strumenti adoperati è un modo di far acquisire alcune delle regole
base del senso civico. Un altro importante accorgimento da adottare è non lasciare legati i cavalli
senza qualcuno che li sorvegli, o se ne occupi, ma soprattutto è opportuno che il processo di
legatura sia eseguito secondo una precisa prassi pensata per arginare le possibilità che il cavallo
possa farsi male. Fondamentalmente i cavalli possono essere legati in due modi:
1.
LEGATO AI 2 VENTI; ossia, due corde legate da lati opposti e poi agli anelli della capezza,
che solitamente sono provvisti di cordini che in caso di pericolo si rompono facilmente;
2.
LEGATO CON UNA SINGOLA CORDA; questa si aggancia all’anello sottostante il muso del
cavallo e viene legata con un nodo di sicurezza solitamente ad un anello. In caso di
necessità la persona potrà liberarlo con un semplice strappo.
Oltre ai punti di attenzione finora elencati ci sono delle norme di comportamento a cui i cavalieri
devono assolutamente attenersi nel corso dello svolgimento delle lezioni. Anche in questo caso
per comodità espositiva queste verranno di seguito elencate in modo sintetico e schematico:
•
si deve osservare scrupolosamente gli ordini dell’istruttore,
•
evitare di partecipare con cavalli non sufficientemente addestrati, soprattutto quando ci
sono allievi alle prime armi.
•
usare un fiocchetto rosso sulla coda per i cavalli che calciano,
•
i cavalieri devono entrare in maneggio all’orario stabilito,
•
durante le lezioni nessun cavallo può entrare o uscire dal campo senza che il cavaliere
abbia chiesto il permesso all’istruttore,
•
durante la lezione è assolutamente vietato a chiunque, se non espressamente
autorizzato, di entrare nel campo a piedi e tanto meno di sostarvi,
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•
è assolutamente vietato a chiunque si trovi ai margini del campo di rivolgere
osservazioni e consigli a chi monta nelle lezioni,
•
in campo si deve lavorare sempre nella mano indicata dall’istruttore, nel caso in cui non
ci sia un istruttore all’interno del campo tenere scrupolosamente la propria destra, chi
ha andature più veloci ha il diritto alla pista,
•
è assolutamente vietato fermarsi sulla pista anche per breve tempo. I cavalieri sono
tenuti a far asciugare i propri cavalli, ancora sudati prima di condurli nel box,
•
per muovere i cavalli alla corda ci si deve assicurare che non ci sia nessuno in campo.
Insomma le regole di una scuderia possono essere molte o poche in base al luogo in cui ci si
trova, ma il loro scopo è comunque quello di mantenere ordine e sicurezza.
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3.
DA DENTRO A FUORI…MA CON ATTENZIONE!
Quando si decide di avere un cavallo, una volta acquistato, la prima cosa di cui ci si deve
occupare è la scelta della struttura in cui farlo soggiornare.
La scelta può ricadere su un maneggio di grande dimensione o di piccola dimensione, che sposi
una certa filosofia piuttosto che un’altra, ma se si opta per un pensionamento “in box” è
necessario scegliere se usufruire di un
1.
pensionamento semplice
2.
o un pensionamento all’italiana.
Tenendo presente che non tutte le scuderie attuano questa differenza, fondamentalmente la
discrepanza tra le due verte sul “tipo di rapporto” che il cavaliere andrà a stabilire con il cavallo.
Infatti, nella “pensione all’italiana”, tendenzialmente sarà un’altra persona che andrà a prendere
il cavallo nel suo box, lo tirerà fuori e si occuperà della sua pulizia e del suo sellaggio.
Diversamente, invece, nel “pensionamento semplice”, chiamato anche “classico o all’inglese”,
sarà il cavaliere stesso a compiere le azioni sopra menzionate nell’intento di creare già da questa
prima fase un rapporto stretto con il proprio amico equino. È chiaro che in situazioni in cui si
preveda una finalità diversa dalla semplice passione, di per se non trascurabile, piuttosto che
agonistica, è preferibile optare per la seconda soluzione. In questo caso, infatti, le attività
sollecitano all’assunzione di una responsabilità finalizzata più ad acquisire una “forma mentis” del
“prendersi cura” che ancora una volta rafforza l’espressione di “rispetto”, che come abbiamo già
detto e continueremo a sostenere, rappresenta un aspetto basilare della convivenza comune.
In entrambi i casi, comunque, le azioni da attuare per provvedere alla sicurezza nostra e del
cavallo sono semplici, ma vanno eseguite con cautela e serenità, poiché si ribadisce che un
cavallo spaventato nel box può diventare difficilmente gestibile una volta fuori dal proprio spazio
e, di conseguenza, pericoloso per se stesso e per chi gli è intorno.
Di seguito si riportano alcuni accorgimenti da adottare ogni qualvolta ci si avvicini ad un cavallo,
che sarebbe opportuno attuare in modo sistematico a prescindere dalla conoscenza che si ha
dell’animale.
Importantissimo è non avvicinarsi mai ad un cavallo da dietro, perché la morfologia allungata
della testa, in relazione alla posizione dell’occhio, crea una zona cieca che non permettendo al
cavallo di vederci arrivare potrebbe farlo spaventare. E’ buona abitudine, quindi, mentre ci si
accosta al box, far sentire al cavallo che ci si sta avvicinando emettendo, ad esempio, un segnale
vocale. Solo dopo che si sarà stabilito un contatto visivo con l’animale si potrà aprire la porta del
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box, ricordando di mantenersi sempre ad una distanza di sicurezza. Quando si avrà la certezza
che il cavallo si è acclimatato alla presenza del cavaliere si potrà mettere la capezza e la longhina
per prepararlo all’uscita. D’altronde è pur vero che prima di entrare a casa di qualcuno è buona
educazione suonare il campanello e arrivati sulla porta chiedere il “permesso”, come è
incontestabile il fatto che se qualcuno ci arriva da dietro di soppiatto ci spaventiamo, no?
Ma tornando a noi, già da questa prima fase è possibile individuare delle differenze tra i due tipi
di approcci, anche se nulla vieta ai cavalieri che montano all’inglese di usare capezze
all’americana e viceversa.
Nella monta inglese solitamente si usano capezze di cuoio, mentre nella monta americana
normalmente la capezza e la longhina sono di nylon. Per mettere la capezza al cavallo per prima
cosa il cavaliere dovrà posizionarsi sul lato sinistro del cavallo all’altezza della testa e passando la
longhina sopra il collo, la blocca nell’avambraccio destro. Successivamente il cavaliere inserisce il
muso dell’equino nella giusta sede, aiutandosi con entrambi le mani, e l’allaccia facendo scorrere
la capezza verso l’alto passandola sopra la nuca. Per eseguire correttamente questa manovra il
cavaliere può fare riferimento a delle misure standard; ad esempio la fibbia della museruola va
posizionata a due dita dalla cresta facciale (zigomo), due dita sopra il naso e due sopra la nuca. A
questo punto cavaliere e cavallo possono uscire dal box e anche per questa fase è prevista una
specifica modalità. Il cavaliere, infatti, tenendo con la mano destra la longhina ad una quindicina
di centimetri dal moschettone, e con la mano sinistra la parte rimanente, che avrà avvolto ad
otto o a cerchio, facendo attenzione a non compiere girate troppo strette uscirà dal box in
compagnia del suo amico.
Come per ogni fase, dalla più semplice alla più complessa, anche in questo caso è bene avere
degli accorgimenti. Infatti, è importante non avvolgere la longhina troppo saldamente a mani o
polsi, o peggio ancora intorno al corpo, in quanto qualora il cavallo dovesse spaventarsi il
cavaliere potrebbe rimanere intrappolato nella corda. Quindi ogni azione va compiuta con
rispetto ma anche con cautela!
3.1
PRINCIPI BASE DI CONTROLLO E DI CONDUZIONE A MANO DEL CAVALLO
Tutte le principali operazioni come il sellaggio, la salita, la discesa e conduzione a mano,
dovrebbero essere effettuate dal lato sinistro con il cavaliere posizionato tra la spalla e la testa
del cavallo, nonostante sarebbe auspicabile abituare il destriero ad “essere trattato” da entrambi
i lati.
Il cavaliere rappresenta “i primi occhi” del cavallo, quindi guardando avanti deve dare inizio al
cammino con determinazione, ma al contempo con delicatezza, senza strattoni, dandogli un
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comando vocale, che nel caso della monta americana sarà ripetuto anche nel lavoro in sella,
facendogli sentire che la situazione è tenuta sottocontrollo e quindi si può fidare.
Nonostante la reticenza di molte persone, il semplice camminare “a mano” con il cavallo
stabilisce profondi ponti comunicativi tra il cavaliere e il suo amico equino. Questo semplice atto,
infatti, fornisce loro la possibilità di studiarsi, di sondare i reciproci caratteri e soprattutto
permette al cavaliere di comprendere l’indole e il movimento del cavallo.
Anche nella vita imparare ad osservare aiuta a sapersi orientare nel mondo, così come
passeggiare assieme ad una persona di recente conoscenza è un primo modo per acquisire, e al
contempo trasferire, quella parte di mondo, di vissuto, normalmente dedicato a chi fa già parte
della propria rete di relazioni.
Se nel corso della marcia il cavaliere volesse fermare il cavallo, egli si deve arrestare e bloccare il
braccio. aggiungendo, se del caso, un comando vocale. Nella monta americana il comando vocale
“whoa” indica al cavallo che si deve arrestare e come nel caso precedente potrà essere adottato
anche nel lavoro in sella. Qualora il comando vocale non dovesse essere sufficiente basterà che il
cavaliere tiri delicatamente la longhina verso il suo petto, e a questo punto il cavallo non avrà
altra possibilità oltre a quella di fermare la propria marcia. Nella monta inglese, invece, il cavallo
si arresterà al comando vocale di “alt” o “fermo” e a differenza della monta americana questo
comando solitamente non viene usato per il lavoro in sella.
Anche il semplice dare un comando è un modo per imparare ad esprimere un comportamento
autorevole ed assertivo. Essere autorevoli significa comunicare in modo efficace il proprio punto
di vista e per essere efficaci è importante che il messaggio sia chiaro, coerente con quanto si
vuole esprimere, ma al contempo rispettoso dell’altruità. Diversamente si sarebbe autoritari e si
sa che avere a che fare con una persona autoritaria non piace pressoché a nessuno. Comunicare
in modo autoritario significa anche stabilire un rapporto “asimmetrico” con l’altro, il quale
ascolterà più per “dovere”, o paura, che per effetto di un’autentica disponibilità al confronto. La
persona autorevole ha un buon senso del “sé”, del proprio valore, della personale capacità di
interagire con il mondo; l’autoritario, invece, diversamente dall’autorevole, sente l’esigenza di
alzare la voce forse per paura di non essere ascoltato o per il timore di scoprire che le proprie
sicurezze possono essere facilmente messe in discussione. Imparare ad esprimere chiaramente
cosa si vuole al proprio cavallo può essere un modo, quindi, per scoprire che si può essere
ascoltati, che si ha un valore personale che se espresso in modo rispettoso può sortire effetti
positivi.
Se nel corso della conduzione si volesse GIRARE il cavallo, per una maggiore sicurezza è sempre
opportuno farlo verso destra. Anche in questo caso tra i due tipi di monta ci sono delle
differenze. Per quanto riguarda la monta americana il cavaliere dovrà spingere il cavallo con il
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braccio verso destra facendolo ruotare sui suoi posteriori, mentre per quanto riguarda la monta
inglese il cavaliere dovrà accompagnare il cavallo nella svolta. Tendenzialmente, il cavallo
montato all’americana è capace di svolgere movimenti più stretti di un cavallo all’inglese e ciò
può rendere più agevole la manovra qualora si dovesse muovere all’interno di spazi ristretti.
Qualora si avesse la necessità di GIRARE A SINISTRA, sia per la monta americana, sia per quella
inglese nel caso in cui la girata fosse particolarmente stretta, il cavaliere dovrà cambiare la
disposizione delle mani; in questo caso la mano sinistra guiderà la testa del cavallo, invitandolo
ad avanzare, e la mano destra sarà tesa verso il suo costato per mantenere la distanza di
sicurezza. Va ricordato, però, che nella monta inglese il cavallo è meno preparato al giro stretto e
quindi, abitualmente, questo viene effettuato nella stessa posizione della girata a destra con
l’accortezza del cavaliere di ampliare la svolta.
Qualora si voglia INDIETREGGIARE, invece, il cavaliere dovrà girare su se stesso di centoottanta
gradi, in modo che lo sguardo sia orientato verso il posteriore del cavallo, e spingendo la mano
destra verso il suo petto usando contemporaneamente la voce, cavallo e cavaliere si muoveranno
assieme indietreggiando.
Questa serie di azioni che cavallo e cavaliere, o addestratore che sia, vanno ad effettuare, sono
estremamente importanti se guardati da un punto di vista pedagogico inerente ad un intervento
educativo. La categoria dello “spaziale” è uno dei requisiti psicomotori legati alla capacità di
orientarsi in uno spazio secondo degli schemi di riferimento concreti. Per una persona, adulto o
bambino, acquisire la consapevolezza che nel fare un movimento deve tenere in considerazioni
oltre al proprio corpo anche lo “spazio” occupato da un’altra entità, in questo caso il cavallo,
significa iniziare avere una percezione di “se stesso in relazione” all’interno di un sistema
definito. Ecco allora che “spostare indietro il cavallo” acquisisce un valore ben al disopra del
semplice “compiere uno spostamento” può avere per una persona “normodotata”. Questi
esercizi sono molto utili per apprendere che esiste un “davanti” perché c’è un “dietro” , così
come si può distinguere un “sopra” perché esiste un “sotto”. È chiaro che a questa categoria se
ne aggiunge una immediatamente successiva che è quella “temporale”. Compiere un’azione,
muoversi all’interno di uno spazio concreto, significa anche acquisire un senso del “tempo” in
quanto non esiste attività che non implichi il passaggio da un “prima” a un “dopo” rispetto ad un
“mentre”. Spazio-tempo, determinano la percezione del proprio corpo, della propria essenza, del
proprio “sé”. Significa avere l’opportunità di distinguere che “ora” è diverso da “ieri” e differente
da “domani”. Significa anche scoprire che domani saremo diversi da ieri e che essendo inseriti in
un contesto “dinamico in movimento” si ha una storia e che il passare del tempo non è un
semplice “invecchiare” ma anche una possibilità di accrescere le esperienze, nonché conoscenze,
che sono alla base dello sviluppo dell’autonomia. Su queste tematiche l’operatore ha a
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disposizione tutta una serie di stimoli da offrire all’utente, che possono essere proposti con
modalità ludiche e appassionanti.
3.2
COME E DOVE LEGARE IL CAVALLO
Importante è evitare di legare il cavallo ad un ramo, steccato o in generale a qualsiasi cosa si
possa rompere o spostare facilmente. È bene assicurarsi, quindi, che il supporto a cui lo si andrà a
legare sia stabile e sicuro e solitamente in ogni scuderia vi è una zona preposta a tal fine in
quanto munita di anelli ben fissati ad un muro. Nella monta americana, grazie all’addestramento
impartito che abitua il cavallo a rimanere in alt, si può anche lasciare il destriero fermo senza
legarlo, o legandolo dall’anello inferiore della capezza.
Nella monta inglese, invece, solitamente si usa legare il cavallo “ai due venti”, cioè da entrambi i
lati della capezza, applicando alla stessa dei cordini da sciogliere in caso di necessità.
Comunque, a prescindere dal tipo di monta adottata, va ricordato che il cavallo non deve mai
essere legato troppo in basso per non rischiare che metta la zampa sopra la longhina, o che ci si
incastri. Infatti è bene che la longhina sia lunga all’incirca come il collo del cavallo in modo da
assicurargli la possibilità di muoversi ma evitare, al contempo, che possa girarsi su se stesso.
Anche nell’atto del “legare” il cavallo vi è un senso pedagogico che può essere trasferito.
Approfittando della possibilità di operare in un ambiente protetto, la scuderia, si può, ad
esempio, sollecitare la consapevolezza della persona sulla tematica della “causa-effetto”
soffermando l’attenzione sulla necessità di “riflettere” sulle conseguenze che possono scaturire
da ogni azione. Chiaramente, i modi e i tempi per stimolare l’utente su queste tematiche devono
essere necessariamente congruenti alle effettive possibilità di interazione che l’operatore ha nei
confronti della persona presa in carico.
3.3
IL GOVERNO DEL CAVALLO
È ora giunto il momento di affrontare l’argomento della pulizia del destriero; momento
importante, in cui si ha la possibilità di verificare lo stato di salute del cavallo oltre che instaurare
con questo un vero e proprio rapporto di complicità.
L’attrezzatura che occorre per la tolettatura dell’equino è composta da:
- una striglia in ferro o in gomma,
- due brusche, una a setole morbide e una a setole dure,
- pettine o spazzola da crine,
- due spugne,
- un panno,
- un curasnette o nettapiedi ed una lama da sudore.
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Ci si deve apprestare all’operazione ricordando di non trascurare mai l’aspetto della sicurezza;
quindi, entrambe le mani dovranno essere posizionate sul cavallo in modo da sentire ogni suo
movimento e, al contempo, mantenere la giusta distanza di tranquillità per la propria incolumità.
Normalmente L’ATTIVITÀ DI PULIZIA si avvia dalla parte anteriore, precisamente dal collo, del lato
sinistro del cavallo, con la mano sinistra. La mano destra, invece, dovrà essere a contatto con il
costato del cavallo sempre con il fine di garantire la sicurezza del cavaliere o di chi si occupa della
sua pulizia.
Quando si andrà a trattare la parte posteriore le mani lavoreranno in modo ribaltato. Lo stesso
processo, ma chiaramente invertendo la mano, dovrà essere seguito quando si andrà a tolettare
il lato destro del cavallo. Questo procedimento va eseguito allo stesso modo, a prescindere dal
tipo di spazzola si stia usando.
Per la cura della CODA la posizione di sicurezza è al fianco del posteriore, anche se non va
dimenticato che per la sua fisicità ossea è difficile che un cavallo calci di lato. Si procederà quindi
prendendo la coda e spostandola verso se stessi, mantenendo sempre la posizione a fianco
dell’animale, si continuerà a spazzolarla con l’apposita spazzola.
Anche per la pulizia degli ZOCCOLI ci si posizionerà di fianco al cavallo con lo sguardo rivolto verso
il suo posteriore. Per mantenere la serenità dell’equino si farà scorrere la mano sul suo arto
dall’alto verso il basso, e una volta alzato, l’arto sarò mantenuto con la mano fra la muraglia e la
corona così da evitare microtraumi nella zona del nodello dovuti ai movimenti durante la pulizia.
Per gli zoccoli posteriori, invece, si può mantenere la stessa posizione o in alternativa si può
appoggiare l’arto del cavallo sulla coscia della persona più prossima all’animale. È importante
assicurarsi che gli zoccoli siano puliti tanto prima quanto dopo il lavoro, in modo da rimuovere
ogni corpo estraneo. Da tenere presente che è indispensabile pulire sia la” v” che è posta sotto il
piede, sia la parte adiacente il ferro dello zoccolo.
Per quanto riguarda il MANTO, invece, la striglia dovrà essere usata con movimenti circolari della
mano in modo da togliere la sporcizia, stimolare la microcircolazione e la secrezione sebacea del
manto. Successivamente si procederà con la brusca a setole rigide, spazzolando il manto con
piccoli movimenti rapidi del polso. Questo secondo passaggio, permettendo alle setole della
spazzola di penetrare a fondo del mantello del cavallo, consentirà al cavaliere di togliere non solo
lo sporco, ma anche la pellicola di forfora.
Un accorgimento molto importante è quello di non utilizzare mai queste due spazzole sulle ossa
del cavallo, ossia: testa, garrese e parti inferiori delle gambe.
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Effettuato questo primo passaggio il secondo step sarà quello di usare la brusca a setole morbide,
che dovrà essere utilizzata con movimenti lunghi e morbidi sia sul manto che sulle parti delicate
dell’animale, ossia: testa, garrese, parte inferiore delle gambe. A questo punto si potranno pulire
gli occhi e le narici utilizzando una delle due spugne, mentre in un momento successivo con l’altra
spugna si procederà alla pulizia della zona del sottocoda.
Una volta ultimato il lavoro con striglia, brusca e spugne, si passerà l’intero cavallo con un panno
che renderà il suo manto lucido ed uniforme.
Dopo aver fatto attività con il cavallo, soprattutto se in modo intenso, è bene passare il manto
con la stecca da sudore per dargli una prima asciugata. La stessa stecca potrà essere usata anche
nel caso si decidesse di fare una doccia in modo da togliere l’acqua in eccesso.
Usare delle “spazzole” e “spugne”, non è un semplice effettuare la manutenzione del cavallo.
Innanzitutto spazzole e spugne sono adoperate per pulire, e la pulizia può essere da stimolo
all’operatore per far riflettere all’utente sull’importanza di prendersi cura di se stessi. il cavallo ha
bisogno di qualcuno che si occupi della sua igiene tutti i giorni per evitare che si ammali, sulla scia
dello stesso principio si inviterà l’utente alla cura della propria persona quotidianamente.
Inoltre, l’uso delle spazzole può essere un pretesto per sviluppare o rafforzare abilità finemotorie; non dimentichiamo, infatti, che mentre la striglia per spazzolare va usata con un
movimento circolare della mano, la brusca usata per portare all’esterno lo sporco e la forfora va
impiegata con un movimento rapido e corto, ruotando il polso. Anche questo esercizio può
essere proposto come un gioco e può essere rinforzato attraverso una moltitudine di
ricompense.
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Elena Orsatti , Marzia Rudoni, Alice Chieregato, Simona Proietti Di Valerio
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3.4
METTIAMO LA SELLA
Per una migliore comprensione delle differenze tra la monta americana e la monta inglese è stato
redatto uno schema a cui seguirà la descrizione dei passaggi di sellatura.
MONTA AMERICANA
MONTA INGLESE
Equipaggiamento base:
• Sella
• sottosella
• Testiera
• Redini
• Capezza
• Longhina
• Sottopancia
• Cinghia del sottopancia
Equipaggiamento base:
• Sella
• Sottosella
• Sottopancia
• Testiera con filetto
• Redini
Equipaggiamento facoltativo:
• Martingala fissa o ad anelli
• Chiudi bocca
• Fasce di cotone
• Parastinchi
• Paranodello posteriore
• Paraglomi
• Coperte (diverse per stagione)
• Coperta da sudore
• Frusta
• Frustino
• Speroni
• Corda
• Borse
• Sottopancia posteriore
Equipaggiamento facoltativo:
• Martingala fissa o ad anelli
• Chiudi bocca
• Fasce in cotone o elastiche
• Stinchiere alte o basse
• Paranodelli
• Paraglomi
• Coperte (diverse per stagione)
• Coperta da sudore
• Frusta da dressage
• Frustino
• Speroni
• Eventuali bisacce
• Gel sottosella
• Briglia (morso e filetto)
Equipaggiamento del cavaliere:
• Stivali
• Pantaloni
• Cintura
• Cappello
• Camicia a maniche lunghe
Equipaggiamento del cavaliere:
• Stivali o stivaletti con ghette
• Pantaloni aderenti sul polpaccio
• Maglietta a maniche lunghe o corte in
base alla stagione
• “Cap” o cappello rigido
Equipaggiamento facoltativo del cavaliere:
• Bolo
• Gilet
• Chaps
Equipaggiamento facoltativo del cavaliere:
• Giacca
• Plastron
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Il Sellaggio è un momento delicato, in quanto rappresenta comunque una “costrizione” a cui il
cavallo ha dovuto adattarsi. Per mettere la sella, quindi, è bene rendere partecipe il destriero dei
movimenti che il cavaliere andrà ad effettuare intorno a lui in modo da non spaventarlo.
Posizionandosi sul lato sinistro dell’equino si prende il sottosella e glielo si fa annusare con
l’intento di rassicurarlo e solamente dopo questo passaggio lo si andrà a posizionare sulla sua
schiena. Nel caso della monta americana si prepara la sella in modo che il sottopancia sia sul
seggio, bloccato con la staffa sinistra agganciata al pomo Nella monta inglese, invece, le staffe
saranno già raccolte sulla sella ed il sottopancia sarà volto sul seggio. In entrambe le monte la
sella verrà appoggiata delicatamente sul dorso, e affinché il sottosella non faccia pieghe la parte
anteriore verrà sollevata fino a farla aderire alla gola della sella, o arcione. Evitando che il
sottosella sia a diretto contatto con il garrese si potrà evitare che si formino fiaccature durante il
lavoro.
Anche nell’assicurare la sella ci sono alcune differenze tra le due scuole.
Nella monta americana il cavaliere spostandosi dal lato destro dovrà sganciare la staffa dal pomo
e, una volta tirata giù la cinghia sottopancia dal seggio, andrà a posizionarla sul fianco. In un
momento successivo, il cavaliere, riposizionandosi sul lato sinistro, alzerà e aggancerà la staffa al
pomo in modo da facilitare l’operazione di chiusura della sella. Quindi, srotolando la cinghia, egli
la passerà due volte per agganciare il sottopancia all’anello della sella tirando quel tanto che
basta per renderla stabile.
Nella monta inglese, invece, si cambierà lato solo per tirar giù il sottopancia, in modo da non farlo
sbattere contro le gambe del cavallo. Una volta tornati dal lato sinistro si alzerà il quartiere e si
aggancerà il sottopancia alle apposite cinghie con una tensione che permetta di mantenere la
sella a posto, ma senza tirare troppo.
Prima di finire di tirare il sottopancia è bene che il cavallo faccia qualche passo in modo che si
sgonfi. Quest’ultimo step nella monta americana si può concludere in tre modi::
fermando la cinghia,
facendo passare la fibbia del sottopancia in un buco della cinghia opposta,
facendo un nodo a cravatta.
Nella monta inglese, invece, si tira e si chiude il sottopancia in un buco più in alto delle apposite
cinghie.
Che si tratti di monta inglese o di monta americana, è sempre bene ripetere un paio di volte
questa ultima operazione in modo da far riprendere un respiro normale al cavallo e permettergli
di sgonfiare il costato.
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3.5
METTIAMO TESTIERA ED IMBOCCATURA
Prima di descrivere i passaggi per mettere la testiera e l’imboccatura si forniscono alcune
delucidazioni sui componenti adottati, sia nell’una che nell’altra monta.
Per la monta americana la briglia è l’insieme di testiera, imboccatura e redini; la testiera è quella
parte che sostiene l’imboccatura, di solito un morso, e può essere con frontalino o con passa
orecchio.
Per la monta inglese, invece, la testiera comprende: l’imboccatura, le redini e la parte che nella
monta americana viene definita testiera. La testiera della monta inglese generalmente è in cuoio,
o fibre sintetiche, e sostiene un filetto conosciuto come imboccatura. Questa, inoltre, è composta
da un frontalino con capezzina a cui si aggancia il chiudi bocca.
Ma qualsiasi sia il tipo di monta il procedimento è lo stesso: ci si posiziona sul lato sinistro e si
sgancia il cavallo dal punto di attacco.
Una volta staccato il cavallo, nella monta inglese le redini vengono subito messe sul collo e si
fanno passare all’interno del braccio destro.
Nella monta americana, invece, si fa passare la longhina intorno al collo e il cavaliere, bloccandola
nell’avambraccio destro in modo da avere il cavallo sempre in sicurezza, lega sul collo anche la
capezza. Una volta effettuata questa operazione il cavaliere fa passare il braccio destro sotto la
testa per tenere fermo il muso e, con la stessa mano, impugna la testiera all’altezza del
montante. Contemporaneamente con la mano sinistra il cavaliere porge l’imboccatura alla bocca
del cavallo aiutandosi con il pollice inserito nell’angolo della stessa, quindi inserisce il morso che
si va ad appoggiare sulle barre, fa scorrere la testiera dietro le orecchie facendo attenzione di
piegarle sempre in avanti, passando per primo l’orecchio destro e poi il sinistro e la aggiustiamo.
Nella monta inglese, inoltre, va allacciato il sottogola (ricordando che devono passare 4 dita fra
questo e la mascella del cavallo), e va chiusa la capezzina (dove invece devono passare 2 dita).
Nella monta americana, qualora vi fosse un barbozzale andrebbe allacciato lasciando lo spazio di
due dita.
Una volta che il cavallo viene ricondotto nel box la testiera deve essere tolta. Nella monta inglese
la testiera viene tolta rimettendo le redini sul collo facendoci passare nel mezzo il braccio destro
in modo da mantenere il controllo. Fatto questo si slaccia l’eventuale chiudi bocca, la capezzina
ed il sottogola. Nella monta americana la longhina verrà riutilizzata nello stesso modo sopra
descritto. A questo punto, per entrambe le monte, sarà sufficiente sollevare leggermente la
testiera facendola sfilare dalle orecchie e lasciarla scivolare verso il basso aspettando che il
cavallo lasci l’imboccatura.
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3.6
TOGLIAMO LA SELLA
La prima cosa da fare quando si vuole togliere la sella è allentare un poco il sottopancia,
gradualmente, sino ad ottenere solo una leggera tensione così da permettere al cavallo di
espandere il torace e poter riprendere il fiato dopo il lavoro. Questa manovra, ossia
l’allentamento delle cinghie, permette alla circolazione sanguigna di riacquisire il flusso normale
ed evitare la formazione degli “alzoni”, cioè edemi sottocutanei provocati dall’afflusso improvviso
di sangue.
Fatto ciò, si riporta il cavallo al punto di attacco e, dopo aver tolto la testiera e rimesso la
capezza, si può togliere la sella. Questa manovra deve essere effettuata iniziando dal lato sinistro
del cavallo per sganciare la cinghia del sottopancia; subito dopo ci si pone sul lato desto e si issa il
sottopancia sul seggio. Infine, dal lato sinistro, si toglie delicatamente sella e sottosella
sollevandoli prima dalla schiena e poi tirandoli verso se stessi in modo da non creare problemi a
livello del garrese.
Mettere la sella, la testiera e l’imboccatura, togliere la sella, sono fasi che un cavaliere di media
esperienza può eseguire in modo meccanico, mentre richiede sicuramente una concentrazione
elevata a neofiti sia normodotati sia diversamente abili. La differenza tra i due sarà dettata per lo
più dalla variabile tempo e, chiaramente, dal tipo di disabilità della persona, ma entrambi
dovranno apprendere una “sequenza” di azioni caratterizzate da tutta una serie di
comportamenti e accortezze specifiche da tenere durante l’esecuzione. Anche queste fasi
potrebbero essere proposte con una serie di giochi che dovranno essere adattati alle possibilità
concrete dell’utente.
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4.
L’ASSETTO
Premettendo che questa non vuole essere una sezione di scuola di equitazione, cercheremo di
esporre in maniera chiara e comprensibile le differenze di postura dei due cavalieri, in modo da
comprendere dove si radichino le due monte.
Abbiamo detto che una delle maggiori differenze fra monta inglese e monta americana è dovuta
alla bardature del cavallo. Naturalmente queste differenze non hanno un mero fine estetico, ma
specifiche finalità: ossia mettere il cavaliere nella condizione ottimale di comunicare con il
proprio cavallo e poter mantenere stabilità e comodità in sella, coerentemente al tipo di lavoro
che si andrà a fare. La monta americana, ad esempio, nella sua essenza nasce come monta da
lavoro, quindi, la posizione del cavaliere deve essere comoda per poter rimanere molte ore
seduti in sella e deve, al contempo, consentirgli di muoversi liberamente per girarsi, o piegarsi ad
aprire un cancello avendo una mano libera. Da questi motivi deriva una staffatura più lunga e più
ampia, che permetta una seduta più comoda e renda morbido e aperto l’angolo fra coscia e
polpaccio tanto da consentire una maggiore distensione della gamba. Sempre nella monta
americana, inoltre, le spalle e la schiena sono dritte ed i gomiti sono appoggiati vicino al corpo. Il
tallone si trova più in basso rispetto alla punta del piede ed i piedi sono paralleli al cavallo. Si
dovrebbe poter immaginare una linea verticale che unisca il centro della spalla ai talloni. La
lunghezza delle staffe deve essere fissata in modo tale che il cavaliere possa rimanere seduto in
una posizione ottimale di equilibrio In questa monta, a differenza di altre discipline, le redini
vengono tenute generalmente in una mano (a mazzetta) in modo da poterne lasciare una
libera,o incrociate sopra l’incollatura e le estremità pendono lungo le spalle dell’animale. In
quest’ultimo caso, le redini così tenute formeranno un ponte al disopra delle mani consentendo
di avere un maggiore controllo, ed essendo più lunghe lasceranno più libera la testa dell’animale.
Infine, poiché nella monta western le mani del cavaliere non hanno un appoggio diretto sulla
bocca dell’animale, il cavallo viene guidato attraverso l’uso della redine esterna, che andrà ad
appoggiarsi sul collo, e dalla posizione del busto del cavaliere. Se da un lato ciò conferisce a
quest’ultimo una maggiore responsabilità della guida del cavallo, dall’altro gli consente di fare
movimenti rapidi e veloci, molto utili, ad esempio, nel lavoro con il bestiame.
Diversamente dalla monta americana, la monta inglese nasce come “monta da guerra” ed
essendo diversa la finalità sono differenti anche i principi di guida dell’animale e della sua
bardatura. La sella, nella monta inglese è più piccola e leggera rispetto a quella della monta
americana ed ha una staffatura più corta e sottile. Queste differenze sono dovute alla necessità
del cavaliere di effettuare un movimento orientato maggiormente verso “l’alto”, che gli consenta
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di accompagnare il cavallo sia nel salto, sia nel superamento degli ostacoli, mantenendo un
maggiore governo ed equilibrio.
Nella monta inglese la mano del cavaliere ha un contatto diretto con la bocca del cavallo e le
girate verranno ottenute direttamente dalla sua azione. Quindi, per una svolta a destra si userà la
mano destra, che verrà mantenuta leggermente aperta all’interno, mentre la mano sinistra
rimarrà ferma al suo posto cedendo leggermente per permettere al cavallo di muovere più
liberamente il collo. Agendo in questo modo, il cavaliere avrà la possibilità di ottenere movimenti
più precisi (si pensi alla cavalleria che spesso si trovava a muoversi in squadre organizzate) anche
se meno veloci e repentini. In questa monta il busto del cavaliere rimarrà ben eretto nelle
andature sedute, o leggermente piegato in avanti nelle andature sollevate. Nel primo caso egli
dovrà “battere la sella”, ossia si alzerà e si abbasserà ritmicamente, mentre nel secondo rimarrà
totalmente sollevato dalla sella.
La gamba del cavaliere, rimanendo a contatto con il cavallo nella sua interezza eserciterà
un’azione più decisa nel farlo avanzare, indietreggiare, o indurlo a sollevare il baricentro per
caricare maggiormente gli arti posteriori, ed alleggerire gli arti anteriori, tanto da conferire una
maggiore elasticità per compiere movimenti verso l’alto, come il salto.
In definitiva la differenza dell’assetto tra i due tipi di monta è dato molto dalla dimensione della
sella, che nell’inglese è più piccola rispetto a quella americana in virtù, come già detto, del
diverso fine per cui è nata. Per effettuare un lavoro progettato e pianificato per un utente con
specifici problemi fisici, può essere utile, a volte, usare un sellaggio più contenuto facendo
propendere l’operatore, ed il team, verso un tipo di sellino piuttosto che un altro. L’aspetto
pedagogico di questa fase è far sperimentare all’utente la possibilità di impartire comandi
stabilendo un rapporto di sintonia con il cavallo. In un modo quasi “magico” il ragazzo o bambino
diversabile avrà modo di scoprire la possibilità di “farsi ascoltare” spostando semplicemente le
redini a destra piuttosto che a sinistra, andando a rafforzare la sensazione di “potere” sovente
resa fragile dalle condizioni personali e soprattutto dai pregiudizi sociali. Non va dimenticato,
inoltre che, essendo il cavallo un animale di grosse dimensioni, esercita sia nel bambino così
come nell’adulto un fascino non indifferente.
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5.
LAVORO ALLA CORDA
Per condurre un cavallo alla corda l’addestratore è a terra e fa in modo che l’animale giri in
cerchio attorno a lui. Ci sono una serie di motivi per condurre un cavallo alla longia: per
scozzonare un puledro, per effettuare un addestramento più avanzato, per redarguire un cavallo
più restio, per allenare un cavallo che non si può cavalcare, per insegnare ad un principiante a
cavalcare, per migliorare la coordinazione e l’equilibrio dei cavalieri in occasione di esercizi
specifici.
Sono tutti momenti esercitativi con un alto contenuto pedagogico, oltre che di addestramento,
che impongono la ricerca di un livello comunicativo efficace tra addestratore, cavaliere e cavallo,
tale da rendere interdipendenti le tre figure appena menzionate.
Premettendo che alla base del successo di ogni tipo di lavoro che si andrà a fare con il cavallo, sia
alla corda, a terra o in sella, è mantenere un atteggiamento calmo e paziente da parte
dell’addestratore, di seguito vengono riportate alcune informazioni proprie del lavoro alla corda.
Innanzitutto per questo lavoro è consigliato un terreno morbido, preferibilmente sabbioso e la
prima cosa da fare quando si deve lavorare alla corda, prima di arrivare in campo, è mettere la
longhina al cavallo. A seconda della monta questa fase verrà effettuata in un modo diverso.
Nella monta americana è buona norma utilizzare la capezza, anziché il morso, mentre nella
monta inglese si usa spesso il filetto, oppure un capezzone con tre anelli, fissati uno per lato più
uno frontale.
Per lavorare alla longia, nella monta americana il moschettone posto in cima alla longhina deve
essere fissato all’anello situato dal lato della capezza di fronte all’istruttore; di conseguenza,
quando si vorrà invertire la direzione di marcia si dovrà cambiare la posizione del moschettone.
Nella monta inglese, invece, si usa agganciare il moschettone della longia all’anello esterno del
senso di marcia facendo in modo che questa rimanga sotto la barbozza del cavallo. Chiaramente,
la longia per poter essere agganciata all’esterno deve prima passare nell’anello del filetto situato
dalla parte interna al senso di marcia. Qualora si volesse agganciare il moschettone facendo
passare la longia sopra la nuca, piuttosto che sotto la barbozza, basterà infilare la longhina
nell’anello del filetto dall’interno verso l’esterno, anziché il contrario.
Nel lavoro alla corda si devono utilizzare delle fasce, o stinchiere, per le zampe anteriori e, per
alcuni cavalli con tendenza a toccarsi, possono essere utili delle fasciature e dei paracolpi anche
ai posteriori.
L’andatura più utilizzata per il lavoro alla corda è il trotto, e gli ordini verbali devono essere chiari
e precisi ed impartiti con un tono di voce piuttosto alto. Il grado di leggerezza nell’uso della frusta
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da maneggio dipenderà dalle reazioni dell’animale e dalla sua volontà di avanzare nella giusta
direzione. Quando un addestratore lavora alla corda accompagnerà il cavallo sulla traiettoria del
cerchio allontanandosi gradualmente dall’animale, mentre questo continua ad avanzare
seguendo la forma del cerchio. L’istruttore, inoltre, spingendo in avanti il cavallo a mezzo della
frusta e tenendosi leggermente dietro rispetto all’animale descriverà un cerchio interno più
piccolo di quello dell’animale. Il lavoro alla corda deve essere effettuato tassativamente in
entrambe le direzioni. È importante non tirare costantemente la longia per mantenere il cavallo
sulla traiettoria ed opportuno alternare questo comando con momenti di cessione lasciando che
l’animale segua il tracciato del cerchio. Se un cavallo galoppa sul piede sbagliato bisogna fermarlo
e farlo ripartire sul piede giusto e per questo motivo è opportuno seguire sempre il cavallo con lo
sguardo senza lasciarsi distrarre..
Un cavallo giovane, ma a volte anche un cavallo più maturo, può aver voglia di giocare all’inizio
della seduta dell’allenamento. Non c’è nulla di male nel lasciarlo sfogare facendogli fare grandi
cerchi, in quanto sarà poi l’addestratore a determinare la fine del gioco e ad iniziare il vero e
proprio allenamento. Tuttavia, è sconveniente che il cavallo prenda l’abitudine di sfogarsi in
questo modo poiché ciò potrebbe creare un vizio in termini di addestramento. Nel caso in cui si
abbia a che fare con un cavallo particolarmente esuberante, per ragioni di sicurezza, sarà meglio
farlo lavorare alla corda prima di cavalcarlo in modo che esaurisca l’eccesso di energia.
Imparare ad interpretare lo stato d’animo dell’animale diventa, quindi, un aspetto fondamentale
per scegliere le azioni più funzionali al raggiungimento dell’obiettivo che si vuole conseguire. Per
poter interpretare, e soprattutto interpretare in modo corretto, è importante saper osservare.
L’osservazione è un’attività che richiede tempo, pazienza, e soprattutto una disponibilità
interiore autentica che obbliga a rivedere costantemente le convinzioni personali in un’ottica di
costante apprendimento, poiché se è vero che le manovre da effettuare a fronte di un cavallo
esuberante è altresì inconfutabile il fatto che queste risulteranno tanto più efficaci quanto
rispettose della specificità dell’animale.
In tal senso, quindi, l’utente con disagio ha l’opportunità di affinare l’osservazione e, aiutando il
cavallo a superare il momento di empasse, aiuta al contempo anche se stesso. Chiaramente il
tutto deve avvenire con l’ausilio di una equipe di operatori esperti e in modo graduale, che
rispetti le finalità e gli obiettivi definiti in fase di programmazione dell’intervento.
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6.
CONCLUSIONI
Molti ritengono che la monta all’americana non sia adatta alle persone disabili, in quanto meno
disciplinata o troppo irruenta, commettendo lo stesso errore di chi pensa che la monta all’inglese
sia troppo difficile ed impostata. Le due monte portano con sé un bagaglio culturale e regole che
certamente vanno apprese, esercitate e fatte proprie, ma possiamo dire con buona cognizione
che entrambe, se vengono intraprese con persone capaci e preparate, apportano benefici non
solo ai bambini e ragazzi diversabili, ma anche a chi è normalmente integrato in un ambito sociale
e si trova a vivere passaggi delicati di vita, fonte di disagio.
Torniamo a ripetere che non è lo stile che dovrebbe fare la differenza, ma sono le necessità
specifiche che caratterizzano ogni utente e a riguardo abbiamo volutamente evidenziato che
relativamente alle due monte queste differenze esistono solo da un lato tecnico legate alla
posizione della gamba, uso della mano, postura, tipo di sella ed altri.
Andando oltre alle diversità che caratterizzano la monta americana da quella inglese, ancora una
volta ci preme evidenziare che le due scuole sono accumunate da un unico semplice principio,
l’amore, il rispetto e la collaborazione con questo splendido animale: il cavallo e ciò che le sue
caratteristiche fisiche e caratteriali rappresentano in termini di opportunità di intervento.
Ognuno ha la possibilità di apprezzare il cavallo per:
1.
le sue dimensioni fisiche e la sua bellezza lo fanno centro di ammirazione, tanto che la
sua presenza suscita ammirazione e stupore;
2.
la sua sicurezza emotiva stimola l'immaginazione infantile che ne ha fatto l'esempio
dell'invincibile, dell'inesauribile e dell' eroe sereno e tranquillo che sempre raggiunge la
sua meta;
3.
ai movimenti precisi ed alla naturale disponibilità si mescola anche un “che” di selvaggio
e di istintivo, che impone rispetto ed una qual riverenza, anche quando lo ammorbidisce
la castrazione;
4.
la prestanza e la docilità permettono di sfruttare cambi improvvisi di velocità
nell'andatura, sebbene la stimolazione dei piccoli disabili sia incerta;
5.
la mansuetudine, che sembra quasi accentuata per istinto dall'incontro con un bambino
e con un disabile, permette di usarlo con tranquillità e fiducia, anche quando il piccolo
che lo cavalca è irrequieto, nervoso o aggressivo;
6.
le sue risposte agli stimoli troppo intensi sono sempre controllate, ferme e risolute, così
il piccolo cavaliere deve abituarsi a rispettarlo e a considerare le sue esigenze.
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Oltre alle caratteristiche sopra menzionate c’è, inoltre, anche un altro fattore molto importante
che rappresenta un’opportunità ai fini educativi: l’ambiente del maneggio. Questo, per sua
natura è qualcosa di nuovo: un ambiente dinamico, fresco, vivo, popolato da animali che si
muovono e che respirano. Un ambiente abitato da persone che aspettano il bambino per andare
a cavallo con lui. È di sicuro un posto che si differenzia molto dal classico luogo di cura in cui i
genitori possono averlo accompagnato in altre occasioni. Qui il soggetto ha l’opportunità di
scoprirsi come nodo di una trama aperta al divenire e alla crescita. Non è difficile osservare come
anche il bambino più rigido, più chiuso (e stiamo parlando di autismo) abituato ad organizzare il
suo mondo secondo modalità schematizzate e rassicuranti, sia in un certo modo costretto ad
agire e, attraverso questo, a cambiare.
È spesso materialmente impossibile rimanere a cavallo in modo completamente passivo, senza
mai dover intervenire in prima persona in quello che succede. Per fare un esempio si può
raccontare di un bimbo, autistico, che quando entra in maneggio ti prende per mano (sempre la
stessa), accarezza il cavallo (sempre nello spesso punto), poi sale in sella (sempre nello stesso
modo), e, quando il cavallo comincia a camminare, si afferra alla maniglia e sorride. Ma un giorno
il suo terapista gli ha tolto la sella: ha prodotto un cambiamento importante, che gli ha impedito
di comportarsi nel modo a lui consueto. Seduto sulla nuda groppa del cavallo, quando
quest’ultimo si è messo in movimento, è stato costretto a mobilitarsi, a trovare una soluzione
alternativa per tenersi e non cadere. L’istinto di conservazione l’ha spinto ad afferrare la criniera,
a cambiare la sua posizione e ad abbracciare il collo del cavallo, e dopo…si è rimesso a sorridere.
Il sorriso di questo bambino ci dice che l’aver compiuto un’azione adeguata gli ha procurato gioia,
l’aver sperimentato se stesso in una dimensione nuova e non aver fallito, lo ha gratificato e,
quindi, ha prodotto in lui un cambiamento. La spinta alla vita è la linfa vitale che scorre dentro ad
ogni individuo, alcune volte terrorizza e viene accantonata, cristallizzata, per paura degli effetti
che può scatenare, ma rimane comunque la forza più grande che il soggetto possieda. E
l’operatore è consapevole di tutto questo in ogni momento. Egli può fare ciò che ha fatto solo
dopo aver costruito lo strumento essenziale del rapporto: non il cavallo ma la “relazione” che,
grazie al cavallo, s’instaura tra il bambino e l’operatore. Non si può credere di poter ottenere un
qualsiasi effetto benefico se non si è riusciti ad entrare in relazione: se operato al di fuori di essa,
un cambiamento, come quello di portare il bambino a pelo, risulterebbe solamente e
terribilmente traumatico, e non di certo capace di stimolare la crescita.
A questo punto non ci rimane che congedarci consapevoli di aver dato, attraverso questo lavoro,
una maggiore chiarezza sulla ricchezza delle finalità che un intervento ben progettato può
apportare alla vita di bambini e ragazzi che devono avere la possibilità di vivere la dimensione di
un interesse, come può essere quella dell’equitazione, alla stessa stregua di tanti altri bambini
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che vivono una condizione di vita meno problematica. Coscienti che il nostro sia solo un primo
passo del lungo processo di sviluppo della professionalità di operatore, abbiamo già avuto
l’opportunità di apprezzare il contributo che questo tipo di approccio fornisce a chi lo richiede,
ma soprattutto abbiamo avuto modo di comprendere che aiutando gli altri miglioriamo noi
stesse.
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