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5. Scappato via e ritornato 1938 - 1939
5. Scappato via e ritornato 1938 - 1939 il personaggio Maria Autunno 1938 Maria ed Otto sono al cinema a Simmern dove assistono, in compagnia di Pauline e Robert, di Pollack (il nuovo assistente di Robert) e di Martina, alla proiezione di Heimat, un film del 1938 con Zarah Leander come protagonista. All’uscita dal cinema vengono invitati in casa di Pauline dove Otto e Robert discutono della realizzazione della statale dell’Hunsruck e Martina annuncia il suo fidanzamento con Pollack. Lasciati da soli Maria, dopo aver messo un disco, racconta a Otto di averlo sognato: Maria – Stavi dritto in piedi col tuo braccio ingessato. Su un piedistallo alto, come una statua. Allora ho pensato: non ce la farà mai a scendere da solo. Otto – Maria io non sono una statua, sono fatto di carne e ossa, e ti amo. Maria – No non mi abbracciare, ti prego. Per un altro po’ continua a rimanere un sogno per me. È da tanto che sono sola, da tanti anni. Otto – Ora ci sono io vicino a te Maria, non devi più aspettare. I due vengono distratti dalle risa degli altri che si sono adunati attorno a loro. Giorni dopo Maria si trova in cucina con Otto e lo aiuta a legare la camicia attorno al gesso Maria bussa sul petto di Otto. Maria – Scusi posso entrare? È questo il suo cuore? Quando entra Ernst Maria imbarazzata toglie la mano di Otto dal suo fianco. In seguito gli dirà : I muri hanno orecchi. Una sera i due si incontrano fuori dal villaggio. Otto nonostante il braccio rotto esce in macchina e raggiunge Maria che lo aspetta dietro un albero. Otto – Maria mi devi aiutare con il cambio. Brava, con te potrei fare anche le corse. Maria – Lo credo anch’io. Si allontanano felici. Quando giunge la lettera che annuncia il ritorno di Paul è Maria a leggerla alla famiglia: “Cara Maria e cari genitori, non so più quante volte in questi dieci anni ho cercato di scrivere questa lettera e non ci sono mai riuscito. E adesso non so più neanche se siete ancora tutti vivi: papà, mamma, Maria e i bambini. Io vivo a Detroit, l’America mi ha portato fortuna, ma ce ne è voluto di tempo! Vi prego di credermi se vi dico che vi ho pensato molto spesso. Soprattutto perché in questi ultimi tempi si sente molto parlare della Germania. Sono preoccupato e per questo motivo mi sono deciso a rivedere la mia patria. Sono in pensiero soprattutto per i miei figli Anton ed Ernst e anche per te Maria. Ora ho una mia fabbrica di materiale elettrico che mi rende molto bene. Al massimo tra un anno ho intenzione di fare la traversata per ritornare in Germania. Altri particolari ve li comunicherò in seguito, fatevi vivi, il vostro Paul.” In seguito aspetterà in lacrime il rientro di Otto: Maria – Quello lì, quello straniero non ha più niente a che fare con me. È come se fosse morto. Otto lui un giorno ha preso e se n’è andato, senza dire niente ha preso e se n’è andato. Adesso dopo dodici anni il morto mi scrive una lettera. Lui per me è morto proprio perché non ha cuore. Otto – Di chi parli Maria? Di tuo marito? Maria – Mi ha scritto dall’America, vuole venire qui. Maria lo abbraccia – ti amo tanto, stringimi forte. Devi andartene Otto. Qualche tempo dopo l’ingegner Wohlleben viene trasferito a Treviri. Lì un giorno incontra Maria in una camera d’albergo: Otto – Un mese senza di te è stato insopportabile. Ora stai sul mio braccio rotto, adesso è guarito completamente. L’ hai notato? Maria – Sono sempre così agitata! Non riesco a stare calma. Non ricordo più le cose. Mi chiedono qualcosa e io l’ho già dimenticata. Otto – Io invece ho cominciato ad ammazzare il tempo. Ammazzare il tempo è un delitto. Maria – Stanno ripulendo tutta la casa. Vedessi la cucina. È tutto sotto sopra. Otto, sai una cosa? Ieri mi sono messa a stirare i vestiti di Paul. Anton ha pure imparato una poesia a memoria. La vuole recitare quando verrà suo padre: “lascio il mio bastone di vagabondo qui davanti alla porta di casa mia, lui mi ha accompagnato per tutto il mondo e al fine mi ha fatto ritrovare la via”. Vogliono appendere perfino dei festoni per strada. E in tutto questo nessuno mi ha mai domandato come mi sento io. Otto – Io ho perso il lavoro Maria. Maria – Ma questo oggi giorno non succede più Otto. Che cosa hai combinato? Otto – Tu lo sai che mia madre è ebrea. Maria – Ma hanno sempre bisogno di ingegneri. Otto – Si vede che possono fare a meno di me. E tu hai ancora bisogno di me? Maria – Mathias dice: finalmente mi aiuterà qualcuno perché io ci vedo così poco. Da che è arrivata la lettera è diventato quasi cieco. Otto – Maria, tu non mi ascolti, ti avevo chiesto una cosa! Amburgo, 30 agosto 1939 Maria aspetta con Anton di fronte alla nave da cui dovrebbe scendere Paul quando una donna la avvisa di un problema e le consiglia di telefonare. Paul informa Maria che le autorità si sono insospettite per il suo cognome e non lo faranno scendere finché non avranno un certificato di appartenenza alla razza ariana. Maria lo informa che chiederà a Wilfried ed Eduard, che nel frattempo hanno fatto carriera nell’amministrazione, di occuparsi del problema. Il certificato non giungerà in tempo e Paul sarà costretto a ripartire. Maria ed Anton si fermano di fronte alla foto di una nave: Anton – Mamma la nave passa prima per Le Havre. Forse scenderà là. Maria – Ora sono proprio stufa. Anton – È molto semplice, lui ora è in Francia e Le Havre è lontana da casa quasi quanto Amburgo. Forse ci telefonerà da lì, perciò è meglio che torniamo a Schabbach. Anton – E poi il certificato possiamo sempre spedirglielo con un espresso. Maria – Io credo di aver sbagliato tutto Anton. Anton abbassa timidamente la testa – Mamma io non conosco per niente mio padre. Lo zio Otto non verrà più da noi adesso? Si io ho sbagliato tutto. Ripete Maria con le lacrime agli occhi.