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Grand Hotel: dove si respira la storia
1 2013 Il magazine per i clienti della Schindler Ascensori SA next floor Grand Hotel: dove si respira la storia Albergatori svizzeri pionieri dell’edilizia ferroviaria Lo Schindler 3400 – la rivoluzione sul tetto Circumnavigazione con il Solar Impulse: decollo nel 2015 Schindler Award: Schützenmatte di Berna 13 anni dopo Contenuto 4 Viva il Grand Hotel 150 anni di storia dell’industria alberghiera svizzera 8 11 Orlim Vargas – l’ultimo liftboy d’Europa «Il Grand Hotel svizzero non esiste» Intervista con Jürg Schmid, direttore di Svizzera Turismo 12 «Villa Castagnola» a Lugano Un’oasi rilassante del buon gusto 15 «Beau-Rivage Palace» a Lausanne-Ouchy Aperto tutti i giorni da 152 anni 18 «Victoria-Jungfrau» a Interlaken Da anni al top tra gli hotel wellness 22 Alberghieri pionieri della ferrovia Di treno in treno fino alle vette del gusto 25 26 Schindler 3400 – la rivoluzione sul tetto Intervista con Bertrand Piccard e André Borschberg Nel 2015 Solar Impulse vola intorno al globo 30 33 Università di San Gallo: nuova impronta sulla skyline Schindler Award 2012 Lo Schützenmatte nell’anno 2025 Immagine di copertina Il «Beau-Rivage Palace» in riva al Lago Lemano – difficile immaginarsi un’ubicazione migliore per un Grand Hotel. Impressum Editore Schindler Ascensori SA, Marketing & Comunicazione, CH-6030 Ebikon Redazione Beat Baumgartner Indirizzo della redazione next floor, Zugerstrasse 13, CH-6030 Ebikon, [email protected] Amministrazione indirizzi [email protected] Impaginazione aformat.ch Immagine in copertina Credit: «Beau-Rivage Palace» Litho click it AG Stampa Multicolor Print AG Tiratura 32 000 copie Edizione appare due volte all’anno in lingua tedesca, francese e italiana Copyright Schindler Ascensori SA, riproduzione su richiesta e con indicazione della fonte www.schindler.ch Editoriale Stile Care lettrici, cari lettori, stile, design, qualità e architettura di alto livello sono tutti concetti associabili ai Grand Hotel. Tra il 1850 e il 1910, quando il turismo in Europa divenne un fenomeno di massa, questi alberghi di lusso iniziarono a sorgere ovunque, in particolare anche in Svizzera. Erano i primi alberghi a offrire quel comfort di cui i comuni mortali al tempo non potevano che sognare: acqua corrente calda e fredda nelle camere, luce elettrica, riscaldamento centralizzato, telefono e naturalmente anche ascensori. Questi ultimi sono rimasti fino a oggi un importante elemento architettonico dei Grand Hotel. Sono per lo più impianti di alta gamma realizzati su misura e molto spesso, per lo meno in Svizzera, forniti dalla nostra azienda. Grazie a questi ascensori, nei Grand Hotel si garantì per la prima volta una mobilità totalmente priva di barriere a vantaggio soprattutto delle persone anziane o a mobilità ridotta. Tuttavia, ancora oggi, il concetto di «access for all» non è ben radicato nella mente di ogni persona. Per questo motivo il gruppo Schindler ha indetto con successo per la quinta volta il concorso internazionale di architettura «Schindler Award» sensibilizzando gli studenti sui temi «edilizia senza barriere» e «accessibilità degli edifici». Il concorso, che aveva per oggetto la rivalutazione dello «Schützenmatte», il quartiere limitrofo al centro storico di Berna, ha dimostrato che iniziative come queste possono offrire degli spunti su cui lavorare non solo alle università ma anche alla politica. C’è un tipo di edificio, tuttavia, che da sempre resiste all’eliminazione delle barriere architettoniche. Sono i palazzi storici i cui involucri non possono essere modificati in virtù della tutela dei paesaggi. L’installazione di un ascensore richiede normalmente la costruzione di un torrino con conseguente modifica del suo profilo, un intervento per niente o solo difficilmente attuabile negli edifici storici. La soluzione ideale in questi casi è lo Schindler 3400 per la cui installazione è sufficiente un muro portante senza l’aggiunta di alcuna struttura sul tetto. Per saperne di più leggete questo numero di next floor. Lasciatevi sorprendere, ispirare e convincere. Rainer Roten CEO Schindler Svizzera next floor 3 Tema Gli albergatori sono stati i veri promotori del turismo 150 anni fa. Con i suoi leggendari Grand Hotel, la Svizzera ha introdotto nuovi standard; ancora oggi gli sfarzosi edifici affascinano per gli ambienti sontuosi e la sopraffina qualità del servizio, dimostrando che si può rimanere al passo coi tempi senza piegarsi ad ogni nuova tendenza. 4 Il Nationalquai di fronte al Grand Hotel «Palace» di Lucerna: da oltre un secolo un luogo d’elezione per passeggiate e relax. Lunga vita al Grand Hotel TEsTo Christoph Zurfluh foto Albert Zimmermann U n tiepido sole primaverile fa danzare le luci riflesse sul Lago dei Quattro Cantoni, sciogliendo la neve sulle vette dei monti che circondano Lucerna. Coppie di innamorati passeggiano lungo la sponda, un allegro gruppetto di abitanti locali gioca davanti al Casino Pétanque e turisti giapponesi fotografano anzitutto se stessi, poi il panorama pittoresco e infine il maestoso hotel alle loro spalle: il «Palace». «Posso aiutarla con il bagaglio?», chiede il portiere gentilmente. Faccio il mio ingresso in un universo alberghiero degno non solo di una qualifica a cinque stelle, ma in cui aleggia uno spirito davvero unico: quello della storia. Seguendo un lungo corridoio si oltrepassa lo Jasper, il noto ristorante dell’albergo che pur vantando stelle Michelin e punti GaultMillau, celebra una cucina informale ai massimi livelli, per giungere infine nel cuore dell’edificio: l’enorme hall in stile Liberty con le sue colonne di marmo rosso e il pavimento originale a lastre di fine secolo. Qui è stata scritta la storia degli alberghi, e, come ospiti, ne si diviene parte – ancora oggi. Al tempo, uno degli alberghi più eleganti del mondo «Benvenuto», dice Catherine Hunziker, che da quest’anno gestisce lo storico Grand Hotel insieme al marito Raymond. Ed è proprio così che mi sento: davvero benvenuto. E la stessa sensazione devono averla provata anche gli ospiti di un secolo fa, poiché l’ultimo edificio della Quaipromenade di Lucerna un tempo era il primo: quando il «Palace» fu inaugurato nel 1906, tra timpani e squilli di trombe, era uno degli alberghi più eleganti del mondo. Per 350 letti c’erano ben 120 bagni e toilette che facevano rodere d’invidia la concorrenza: nell’adiacente «National» su 450 letti ce n’erano solo 79, e perfino allo «Schweizerhof» gli ospiti dovevano accontentarsi di 70 bagni su 400 letti. I direttori di queste due prestigiose strutture lucernesi si ripromisero che in futuro avrebbero dato del filo da torcere al «Bucher». Il re degli albergatori Il «Bucher» veniva dalla vicina Kerns ed era soldato, visionario e pioniere alberghiero al pari dei leggendari albergatori Johannes Badrutt e Alexander Seiler. Oppure di César Ritz, che un tempo il re Edoardo II d’Inghilterra si dice abbia acclamato non solo come l’albergatore dei re, ma anche come re degli albergatori. Eppure Franz Josef Bucher era più che altro un imprenditore. Insieme al partner commerciale Robert Durrer di Sarnen fondò un impero alberghiero che dalla natia Engelberg si estese passando per la vicina Italia fino al lontano Egitto, arrivando a contare ben dieci alberghi di lusso, che battezzò di preferenza con il nome di «Palace». Il «Palace» di Lucerna era il suo secondo albergo in loco, e già uno di troppo per la concorrenza, che cessò subito la collaborazione con il disinvolto obvaldese. Franz Josef Bucher aveva speso quasi 900 000 franchi – ben 270 franchi per metro quadrato di terreno paludoso – per il sito con vista sul lago. La costruzione costò altri 4 milioni: c’era davvero motivo di aspettarsi qualcosa di grandioso. Il «Palace Luzern» divenne uno degli ultimi Grand Hotel della Svizzera, che dalla metà del XIX secolo iniziarono a sorgere un po’ ovunque nelle località più belle: direttamente sul lago, come i c next floor 5 Tema 6 Al tempo dell’inaugurazione avvenuta nel 1906, il «Palace Luzern» era uno degli alberghi più eleganti del mondo. Negli ultimi decenni è stato adattato costantemente alle mutate esigenze del settore alberghiero di fascia alta. c celebri alberghi di Lucerna, Montreux e Lugano, in posizione sopraelevata e tra i monti, ad esempio sul Rigi. Gli albergatori sono stati i veri promotori del turismo svizzero, e i leggendari Grand Hotel hanno mostrato al mondo la quintessenza dell’ospitalità. Ospitalità con passione e grande qualità del servizio «A tutt’oggi ciò non è cambiato», afferma il direttore del «Palace» Raymond Hunziker. «Chi gestisce un albergo di questo tipo deve anzitutto saper offrire ospitalità. Possiamo distinguerci solo per la qualità del servizio.» Anche l’eccezionale infrastruttura storica ha i suoi difetti: il mantenimento degli stabili è costoso e le procedure spesso non rispondono ai requisiti moderni; in più, ad ogni nuovo intervento si rischia di intaccare ciò che rende tutto così affascinante: la sua stessa storia. «Non ha senso inseguire ogni nuova tendenza», dichiara convinto Hunziker (37). «Ma dobbiamo pur sempre rimanere al passo coi tempi.» E in questo senso è il concetto di «swissness» a fare la differenza, che è molto di più di semplice musica di fisarmonica e fonduta: «I nostri valori chiave sicurezza, affidabilità e puntualità sono sempre in primo piano.» Alle quattro precise nella piccola e accogliente area Spa ad attendere gli ospiti c’è un bel massaggio: un valido esempio di quella cultura da sempre celebrata nei Grand Hotel. E mentre gradualmente mi lascio alle spalle il tran tran quotidiano per sprofondare in uno stato di appagante relax, i miei pensieri si perdono nel nulla, per far ritorno soltanto quando esco sul balconcino della mia camera enorme, che dà sulla passeggiata del lungolago di Lucerna, sentendomi un po’ come il Papa a Pasqua. Sotto di me la gente passeggia, mentre gli ultimi raggi di sole illuminano suggesti- vamente le superbe facciate dell’albergo. Incredibile con quale aurea di prestigio la Svizzera alberghiera si presentasse al mondo cent’anni fa. Il rovescio della medaglia Tuttavia, il boom dell’edilizia alberghiera ebbe anche un risvolto negativo. Ad esempio nella località di Maloja, dove con il «Maloja Palace» a partire dal 1884 è stato realizzato uno dei più deliranti progetti della Belle Epoque in Svizzera. La sfarzosa struttura con 350 camere è stata finanziata in misura determinante dal conte belga Camille Frédéric Maximilian de Renesse. Con il patrimonio della sua ricca consorte e grazie a ingenti crediti bancari volle costruirsi il proprio monumento in Engadina. Il maggiore momento di gloria della breve storia del «Maloja Palace» rimase la serata di gala dell’agosto 1887, in cui la sala da pranzo venne inondata per consentire ai camerieri di servire gli illustri ospiti su autentiche gondole veneziane. Spirito giovanile Il «Palace Luzern» è stato a sua volta già inondato, però non intenzionalmente, ma da un’alluvione. In quei giorni, la cucina si trovava mezzo metro sott’acqua e la posizione privilegiata sul lago si trasformò in una catastrofe. Al momento, comunque, non si corre alcun pericolo in questo senso: il sole trasforma il cielo sopra al Pilatus in un mare di fiamme e fuori sul lago qualche barca dondola pigramente. L’atmosfera nel ristorante Jasper è rilassata e corrisponde proprio al desiderio della nuova coppia di direttori: divenire una struttura che pur non rinnegando la propria storia di Grand Hotel signorile, desidera combattere una sorta di «fobia del contatto». Cos’aveva detto ancora Raymond Hunziker a proposito? «Si deve percepire il nostro spirito giovanile.» E si sente. Senza dubbio. n next floor 7 Tema L’ultimo liftboy d’Europa Dopo gli studi di biologia nel suo paese d’origine, l’Ecuador, le vie dell’amore l’hanno portato in Svizzera. Oggi Orlim Vargas è l’ultimo liftboy d’Europa nel leggendario albergo «Les Trois Rois» di Basilea. Ha sempre tempo per due chiacchiere al volo ed è attento a captare l’umore degli ospiti che accompagna negli spostamenti in ascensore. 8 Facts & Figures 1681 L a locanda «Zu den Drei Königen» viene citata per la prima volta come alloggio per commercianti e naviganti. 1841 Il mastro sarto Johann Jakob Senn acquista l’albergo, che nel frattempo consta di più edifici, e lo fa demolire interamente. L’hotel è ricostruito secondo i progetti dell’architetto basilese Amadeus Merian; la facciata e i profili sono a tutt’oggi rilevanti. 1936Per la prima volta l’hotel non è gestito dal proprietario, bensì da direttori propri. 2005 / 06L’hotel viene ristrutturato secondo i criteri della tutela dei monumenti e ricostruito con l’aspetto originale del 1844. Ascensori 3 ascensori per persone in versione speciale gestiti dal liftboy Orlim Vargas. Le cabine sono rivestite in legno, i moduli di comando in ottone, i piani presentano raffigurazioni nostalgiche. 3 ascensori per persone Schindler 5400 per il personale alberghiero. 1 ascensore per persone in versione speciale, destinato ai disabili con accompagnatore. L’ascensore collega l’area interna ed esterna dell’hotel. 1 piccolo montacarichi per uso cucina. Testo Christian Schreiber foto Albert Zimmermann O rlim Oldemar Zurita Vargas si aggiusta per bene i guanti bianchi sulle mani, mentre lancia uno sguardo al suo panciotto rosso e alle scarpe nere lucidate. L’uniforme calza a pennello. E così deve essere, visto che Orlim Vargas (37) lavora nel prestigioso albergo «Les Trois Rois» a Basilea, con una funzione molto speciale: è l’ultimo liftboy d’Europa. E non lo afferma con leggerezza. L’ecuadoriano di nascita è molto onesto e non lo sbandiererebbe mai ai quattro venti solo per farsene un vanto. Alcuni conoscenti lo avevano invitato a indagare in quali altri luoghi vi fosse un impiegato d’albergo con una mansione analoga alla sua. Pertanto si è informato presso associazioni di categoria degli albergatori, organizzazioni turistiche ed enti vari. E in tutt’Europa la risposta è stata sempre la stessa: «Questa professione non esiste più.» Anche la Federazione svizzera del turismo (FST), interpellata in proposito, non è a conoscenza di nessun altro liftboy. L’uniforme è a posto. Orlim Vargas preme il pulsante. Terzo piano, 20 secondi. 20 secondi sono un nonnulla, ma per chi se sta in silenzio in ascensore sono un’eternità. «Ecco perché cerco sempre di avviare una conversazione», spiega Orlim Vargas (37), chiedendo, ad esempio, se gli ospiti sono soddisfatti dell’albergo o se hanno già avuto il tempo di fare un giro per Basilea. È sempre pronto a descrivere i luoghi da visitare e a fornire un breve ed interessante excursus sulla celebre cattedrale di Basilea. Perlopiù sono tutti felici di scambiare due parole, una volta rotto il ghiaccio. c Il «Les Trois Rois» oggi, dopo la ristrutturazione totale: ha riacquisito l’aspetto originario dell’epoca della sua fondazione nel 1844. next floor 9 Tema Il liftboy Orlim Vargas è sempre a disposizione degli ospiti. Ma naturalmente non mancano le eccezioni: gli ospiti di cattivo umore, che hanno alle spalle un viaggio lungo e faticoso o i più scontrosi, restii a qualsiasi approccio verbale. Ma Orlim Vargas ha un vero e proprio fiuto per gli individui, ed è attento a carpire subito l’umore degli altri. I colleghi dell’albergo gli attribuiscono doti telepatiche, dono che Vargas fa risalire a suo nonno che era uno sciamano. «Mi basta guardare gli ospiti negli occhi per capire la loro situazione.» Ma si sente competente anche per faccende molto più pratiche: alcuni, ad esempio, giungono in albergo con idee ben precise, vogliono altri due biglietti del concerto tanto ambito per la serata o un biglietto aereo per il dopodomani. Altri sono lieti di ricevere suggerimenti, ringraziano per il consiglio di non perdere il nuovo pezzo teatrale o di trascorrere la serata in albergo sulle note di un pianoforte. In tal modo, gli ospiti capiscono ben presto che il suo lavoro quotidiano non consiste nel premere semplicemente dei pulsanti e fare qualche chiacchiera al volo. In più, anche l’ascensore deve essere pulito. Lucidato a specchio. Per questo Vargas tiene in un ripostiglio al piano terra tutti gli attrezzi di pulizia. Nei momenti di calma, prende secchio e straccio, spruzza il detergente sulla porta a specchio dell’ascensore e rimuove meticolosamente tutte le ditate. Eppure l’aspetto esteriore non può inganc 10 nare, il suo ascensore ha anche una vita interiore tutta sua: sporcizia dalla strada, pelucchi, cartine, capelli. Se c’è poco tempo, Orlim Vargas lavora di scopa. Dieci anni fa ha conosciuto in patria un’insegnante di matematica svizzera, giunta in Ecuador per una vacanza. Oggi sono sposati con tre figli. Appena arrivato in Svizzera, Vargas ha iniziato a lavorare come lavapiatti. Tuttavia i responsabili dell’albergo si sono subito resi conto che valeva molto di più; dopotutto aveva studiato biologia in Ecuador. Questo bagaglio culturale gli torna utile anche qui: più volte a settimana svolge infatti delle visite guidate al giardino botanico di Basilea. Come guida per un tour operator di tanto in tanto accompagna dei turisti in Ecuador e mostra loro il suo paese d’origine. In queste occasioni fa visita alla sua famiglia e racconta della sua vita emozionante. Infine ha avviato una carriera come illustratore. La famiglia di Vargas discendeva da un ceppo indios non ancora civilizzato ai tempi della sua infanzia. «Vivevamo di baratto e non avevamo neppure di che vestirci.» Ma lui ha avuto l’opportunità di studiare e di erudirsi. Ora sta programmando con la famiglia il primo viaggio nel suo paese natale, della durata di tre mesi. «Ci addentreremo nella foresta vergine e mostrerò loro come nutrirsi e come sopravvivere in questi luoghi.» n Esperienze impagabili «Il Grand Hotel svizzero non esiste», afferma Jürg Schmid, direttore di Svizzera Turismo. «Ma la tradizione svizzera dei Grand Hotel sì, e risale agli albori del turismo alpino.» Jürg Schmid, cosa rende i Grand Hotel svizzeri così particolari? In nessun altro luogo la storia alberghiera è così palpabile: in ogni ambiente si respira lo spirito pionieristico che ha animato gli albergatori agli albori. Da allora è trascorso più di un secolo. Cos’è cambiato nel frattempo? Non molto. I Grand Hotel sono tuttora sinonimo di passione per l’ospitalità, per un servizio personalizzato e per la soddisfazione reciproca del soggiorno. E naturalmente l’infrastruttura dei Grand Hotel svizzeri corrisponde ancora oggi al livello della ricettività alberghiera di fascia alta. Ciò che è cambiato è la provenienza degli ospiti: 150 anni fa erano soprattutto britannici, mentre oggi molti vengono anche dall’Asia, dagli Stati del Golfo, dalla Russia e dagli USA. Ci svela qualcuno dei suoi preferiti? L’elenco dei Grand Hotel prestigiosi, dislocati in tutta la Svizzera, è lungo. E ciononostante alcuni si distinguono: il Badrutt’s Palace di St. Moritz, il Mont Cervin Palace di Zermatt, il Grandhotel Giessbach di Brienz, il VictoriaJungfrau Grand Hotel & Spa di Interlaken, il Lausanne Palace & Spa e il Grand Hotel Les Trois Rois di Basilea. n Che differenza c’è tra il Grand Hotel storico e il moderno albergo di lusso? Il fascino e la magia! E l’atmosfera generale che rievoca agli ospiti i tempi passati. Ma anche il fatto che l’albergo, con la sua secolare tradizione, resti intatto nella sua impeccabilità ricettiva. Non si paga soprattutto per l’ambiente nostalgico? Assolutamente no. Ma l’esperienza di un autentico Grand Hotel è davvero qualcosa di prezioso, che lascia impressioni che durano nel tempo. I Grand Hotel trasmettono un senso di continuità in un’epoca frenetica come la nostra. E questo non ha prezzo. next floor 11 Tema 12 Da 22 anni Ivan Zorloni dirige l’albergo sempre con la stessa, immutata passione del primo giorno. Ci sono alberghi che sono in realtà molto di più: la «Villa Castagnola» di Lugano potrebbe quasi essere scambiata per una galleria d’arte privata, dove si può anche mangiare e pernottare splendidamente. Con un unico neo: non si vorrebbe più ripartire… Un’oasi del buon gusto Testo Matthias Mächler foto Albert Zimmermann I Solo camere con vista sul lago: «Villa Castagnola» negli ultimi anni ha ridotto costantemente il numero delle camere da 110 a 78, modernizzandole con cura ed eleganza. nnumerevoli dipinti, sculture e antichi arazzi decorano la villa di 150 anni, ma l’opera più mirabile è quella della natura: dall’atrio centrale la vista si diparte, tra esili palme, verso il prato del parco dell’hotel fluttuando sotto un cielo azzurro intenso fino al Lago di Lugano, dove rimane sospesa all’altezza del San Salvatore, il possente «pan di zucchero di Lugano». Che albergo! Come una seconda casa «In realtà non volevamo nemmeno essere un albergo», spiega il direttore Ivan Zorloni, sorridendo compiaciuto. «Vogliamo che la Villa sia piuttosto vista come una seconda casa per i nostri ospiti.» Ciò che altrove suonerebbe come semplice retorica di marketing, descrive invece appieno l’essenza di «Villa Castagnola». Per il riposo e l’intimità non vi è solo la camera: si può anche sognare a occhi aperti nella sala azzurra in un cantuccio davanti al camino crepitante oppure godersi il sole in un angolo tranquillo del parco. Nulla stona in questo quadro idilliaco, né insinua il dubbio di un artefatto ad hoc; ovunque regna un’atmosfera di autenticità e di accogliente eleganza. E tutto ciò si deve in gran parte alla personalità del direttore. Ivan Zorloni è di una specie rara: sempre presente ma discreto, in grado di coinvolgere gli ospiti in una conversazione con grande disinvoltura, come se ci si conoscesse da sempre, con un perfetto equilibrio di savoir-faire, humour e confidenza. Perché Ivan Zorloni ama gli uomini e i loro modi di essere, e ama confrontarsi con loro almeno quanto l’hotel, che appartiene alla famiglia di sua moglie. Ancora oggi, dopo 22 anni, lo gestisce con la stessa passione del suo primo giorno alla direzione della Villa. Una vera fortuna per gli ospiti, che i proprietari di «Villa Castagnola» non la vedano solo come un investimento, ma anche e soprattutto come un oggetto di passione. «Se avessimo messo l’efficienza al primo posto, oggi avremmo lo stesso numero di camere di 22 anni fa», dichiara Ivan Zorloni. La famiglia ha invece deciso di offrire solo camere con vista sul lago, tutte con balcone, con uno squisito fascino mediterraneo e un mobilio personalizzato. A tal fine, le camere sono state costantemente ridotte da 110 a 78, celando dietro alla raffinata tappezzeria i più avanzati ritrovati tecnologici. Sul letto vi sono due diversi cuscini a disposizione e la biancheria profuma di legno di sandalo. E non sono solo dettagli come questi a rendere «Villa Castagnola» l’unico hotel a cinque stelle superior di c next floor 13 Tema Facts & Figures Un gioiello di «Villa Castagnola»: il nuovo elegante ascensore in vetro Schindler, installato nel 2012, che porta dall’atrio direttamente alle camere dell’albergo. Tipo Versione speciale con vano in vetro Velocità 1 m/s Fermate 7 Portata 1125 kg Un raffinato accostamento di passato e presente: il nuovo ascensore in vetro nell’atrio dell’albergo. derno contrasto rispetto alla villa centenaria. Gli interni puristici consentono non solo di porre in grande risalto l’esposizione di Yoshiyuki Miura (fino al 31 agosto 2013), ma anche la vista sul San Salvatore. Ed è così suggestiva che il capo cameriere Andreas Keller scatta quasi ogni giorno una foto con l’iPhone, sebbene lavori presso l’«Artè» dal 2002, anno della sua inaugurazione. Astro nel firmamento gastronomico di Lugano Lugano, nonché membro del ristretto gruppo degli «Small Luxury Hotels of the World». Dell’opera d’arte nel suo insieme fanno parte anche i due ristoranti, tanto diversi quanto i loro rispettivi chef: da un lato, nell’opulento «Le Relais», appena rinnovato e dalla calda atmosfera meridionale, regna il perfezionista italiano Christian Bertogna, le cui reinterpretazioni della cucina mediterranea gli sono valse 14 punti GaultMillau; dall’altro, nel ristorante «Artè», agli ospiti è riservata tutt’altra atmosfera. L’«Artè» è infatti alloggiato in una struttura direttamente sull’acqua e, con il suo design, crea un mo- c 14 Per lo chef Frank Oerthle non sono tanto i giochi di luce, quanto le mostre temporanee ad ispirarlo per le sue creazioni a base di pesce e relative guarniture. Eppure a questo tedesco d’origine le idee migliori vengono in mente quando inforca la bici e ammira il Monte Brè alle spalle dell’albergo: «Gli ormoni della felicità sono per me il fattore fondamentale per la creatività.» Frank Oerthle è stato premiato nel 2009 come cuoco ticinese GaultMillau emergente dell’anno e, con 16 punti e una stella Michelin, dal 2010 rappresenta l’astro nel firmamento gastronomico di Lugano. Questo successo non lo deve solo alle sue uscite in bicicletta, dichiara compiaciuto, ma anche agli ingredienti, tutti selezionatissimi, che gli vengono consegnati spesso appositamente in città. Tutto ciò fa sì che «Villa Castagnola» venga percepita quasi come un regalo, sebbene il prezzo di una camera non sia certo a buon mercato. Ma la contropartita è molto più di un letto confortevole: è la possibilità di immergersi in un’atmosfera di buon gusto, elegante e informale allo stesso tempo, che spesso nemmeno un albergo di lusso riesce ad offrire. E a turbare la perfetta atmosfera è solo il pensiero che prima o poi si dovrà ripartire. n Tema Aperto tutti i giorni da 152 anni I turisti vi alloggiano senza chiederselo due volte, gli studenti delle scuole alberghiere lo venerano e i fan su Facebook ne lodano le promozioni: il «Beau-Rivage Palace» di Losanna sa abbattere la paura di varcarne la soglia come quasi nessun altro albergo a cinque stelle. next floor 15 Tema E, come se facesse parte da sempre del «Beau-Rivage Palace», l’elegante ascensore in vetro di Schindler nella tromba delle scale. non alloggiano all’albergo sono imbarazzate dal dover attraversare la hall di un albergo a cinque stelle.» Naturalmente, anche la magnifica posizione sul lago gioca un ruolo fondamentale, così come la vicinanza al Museo Olimpico. Inoltre il «Beau-Rivage Palace» di Losanna deve contendersi la clientela di fascia alta solo con l’Hotel Palace più in alto, nel centro città. E malgrado ciò, al Beau-Rivage sembra regnare uno spirito particolare. Annina Hart-Hönig racconta della svolta decisa dal direttore François Dussart nel 2003. All’insegna del motto «Tradizione in movimento», Dussart ha sottoposto l’albergo ad un oculato ringiovanimento, facendo rinnovare la hall, trasformando l’obsoleto ristorante «Rotonde» in una luminosa sala colazioni, eliminando i tramezzi e rimuovendo i vecchi dipinti sui soffitti. Pacati elementi di modernità si accostano oggi in modo discreto ai decori storici, senza minarne il fascino. Al contrario: i magnifici pavimenti in marmo, le sfarzose lampade in Art déco e le favolose lavorazioni del legno acquistano un fascino tutto nuovo. I giusti collegamenti da 120 anni Testo Matthias Mächler foto Albert Zimmermann I l settore alberghiero svizzero di lusso non se la passa bene: i tempi d’oro sono finiti, il franco è caro e la concorrenza agguerrita. Gli ospiti non affluiscono più in massa come una volta. Ecco perché gli alberghi a cinque stelle hanno deciso di aprirsi al grande pubblico, rivolgersi a nuovi segmenti, per sfruttare al massimo i loro letti e i tavoli dei loro raffinati ristoranti, terrazze e bar. La cosa spesso risulta difficoltosa, ma sicuramente non per il celebre «Beau-Rivage Palace» di Losanna-Ouchy. Non appena il sole si fa più caldo, i passanti si affollano sotto al portico davanti al Café Beau-Rivage; la brasserie informale, ma molto curata, rappresenta uno dei punti di ritrovo più amati della città. Accanto all’albergo, da un anno ha inoltre aperto il «BAR»: i suoi interni cosmopoliti, il luccicante bancone in onice e l’atmosfera raffinata gli consentono di tener testa ai locali di tendenza di Zurigo, Londra o New York. Dal Sushi Bar alla terrazza della hall, fino al ristorante gourmet di Anne-Sophie Pic insignito con due stelle Michelin: il «Beau-Rivage Palace» non fatica certo a riempire i propri tavoli. Un spirito molto particolare «Da noi la cravatta non è d’obbligo. Ed è certamente un vantaggio non dover passare dalla hall per raggiungere i ristoranti e i bar, ma potervi accedere direttamente dal lungolago», spiega Annina Hart-Hönig dell’Hotel «Beau-Rivage Palace». «Molte persone che 16 Tuttavia, cosa sarebbe una cornice perfetta senza i protagonisti giusti? Il fatto che il direttore abbia potuto attingere a piene mani per la scelta del proprio personale non si deve soltanto al buon nome dell’albergo, alle teste coronate che vi hanno alloggiato o alle star come Phil Collins che lo hanno scelto come cornice per il proprio matrimonio, ma anche al fatto che il «Beau-Rivage Palace» collabora da sempre con la più antica scuola alberghiera specializzata del mondo, l’«Ecole hôtelière de Lausanne», fondata nel 1893 dall’allora direttore del Beau-Rivage Jacques Tschumi. L’albergo rappresenta un esempio per gli studenti di tutto il mondo e chiunque di loro farebbe di tutto pur di ottenere un posto qui; nel contempo, anche il «Beau-Rivage Palace» approfitta a sua volta della scuola e del patrimonio di conoscenze trasmesso. I moderni canali di comunicazione come Facebook vengono usati attivamente: così gli utenti che seguono il «Beau-Rivage Palace» approfittano giorno dopo giorno di promozioni speciali. È anche grazie a simili «contentini», secondo Annina HartHönig, che gli alberghi a cinque stelle rimangono ben frequentati. Ma l’aspetto così giovane e vitale del venerando Grand Hotel si deve anche ad un altro motivo: dalla sua apertura nel 1861, l’albergo ha sempre saputo adeguarsi, nella buona e cattiva sorte, alle nuove situazioni – senza mai chiudere per un solo giorno in 152 anni. n Rendere possibile l’impossibile I lettori di «Bilanz» l’hanno eletta nel 2012 a miglior concierge della Svizzera: Sylvie Gonin, con la sua chioma rossa, è ormai il simbolo della hall del «Beau-Rivage Palace» di Losanna-Ouchy. Elementi discreti e moderni (sotto) si accostano ai decori storici rinnovati, senza offuscarne il fascino. Sylvie Gonin, a cosa deve l’onore di essere stata eletta miglior concierge della Svizzera? Naturalmente cerco di svolgere il mio lavoro nel migliore dei modi, ma senza i miei collaboratori non ce la farei. Ultimamente ho la sensazione che questo riconoscimento rispecchi l’immagine che gli ospiti hanno dell’albergo nel suo complesso. E in cosa consiste per lei un buon concierge? È importante avere una buona capacità d’imme desimazione ed un’intelligenza viva: bisogna saper improvvisare senza perdere mai la calma. Per un concierge, l’eccezione è la regola: occorre accontentare, e perfino rendere possibile ciò che è apparentemente impossibile. Cosa prevedono le mansioni di un concierge? Il concierge è il responsabile della hall; dirige la reception, i parcheggiatori e i facchini. E si è sempre in prima fila se un ospite ha un problema o una richiesta particolare. E come cambierà la sua professione nel tempo? Fino a non molto tempo fa non esistevano nemmeno i cellulari, oggi i nostri ospiti ci inviano le richieste via mail dal campo da golf. E malgrado tutto il contatto personale sarà ancora più importante in futuro: tra dieci anni sarà un vero lusso poter comunicare i propri desideri a un altro essere umano anziché ad una macchina. next floor 17 Tema 18 Appuntamento nel «miglior hotel wellness d’Europa» Come può un hotel wellness rimanere sempre sulla cresta dell’onda della propria categoria nel corso degli anni? Lo abbiamo provato in prima persona, trascorrendo una giornata di puro relax al «Victoria-Jungfrau Grand Hotels & Spa» di Interlaken. Le piscine del «Victoria-Jungfrau», una delle perle dell’area Spa. Testo Stefan Doppmann foto Albert Zimmermann «I piedi scivolano ancora un po’ incerti nella bacinella d’acqua calda già pronta, dopodiché mani esperte si mettono abilmente all’opera. Impastano, premono, accarezzano... e io percepisco la tensione allentarsi gradualmente in tutto il corpo. Una luce filtrata illumina in modo indiretto il soffitto della tonalità cromatica indicata per l’inizio del rituale: il trattamento benessere ai piedi è l’introduzione al rilassante massaggio balinese.» I l «Victoria-Jungfrau Grand Hotel & Spa» di Interlaken è una struttura che sa distinguersi nel vero senso della parola: il riconoscimento come «miglior hotel wellness d’Europa» nel GEO Saison Ranking 2013 è la più recente di un’infinita serie di premi e onorificenze. E dunque cosa serve per mantenersi sempre al top della categoria benessere come il «Victoria-Jungfrau»? L’offerta giusta «Grazie ai nostri trattamenti esclusivi ci distinguiamo dagli altri hotel wellness e, nel contempo, siamo in grado di fornire una risposta personalizzata per ogni esigenza dei nostri ospiti», spiega la direttrice della Spa Theresa Brandl. Questa aspirazione all’esclusività ha imposto investimenti cospicui: l’area Spa di 5500 metri quadrati è stata costruita nel 1991 e ampliata undici anni fa a fronte di un costo di 17 milioni di franchi. Oggi offre 21 cabine per trattamenti, un’area piscine con varie vasche da nuoto, idromassaggio e di acqua salata, bagno turco, diverse saune, un centro fitness e campi da tennis. Nel 2009 si è inoltre aggiunta l’esclusiva Sensai Select Spa, che celebra la tradizionale cultura giapponese del bagno. E da dove giungono le idee per questi nuovi investimenti? «Eseguiamo sondaggi tra i nostri ospiti e visitiamo fiere specializzate per individuare c next floor 19 Tema Il «Victoria-Jungfrau» incarna come nessun altro Grand Hotel la storia del turismo svizzero. tempestivamente le ultimissime tendenze. Anche i nostri collaboratori contribuiscono a fornire spunti preziosi», spiega Theresa Brandl. Le antenne sono sempre attente a carpire nuovi trend, se non a introdurli per primi sul mercato. c «Ora, in posizione supina, spirito e corpo si allontanano sempre di più dalla frenesia quotidiana. Il massaggio craniale offusca il senso del tempo: la stanza si riempie di suoni sferici e l’esperienza assume una nuova dimensione che diffonde armonia tutt’attorno.» L’ambiente raffinato Il «Victoria-Jungfrau Grand Hotel», che offre la cornice per la Spa, incarna come pochi altri alberghi lo spirito della storia del turismo svizzero. Poco meno di 150 anni fa, nel 1865 l’albergatore Eduard Ruchti inaugurò l’Hotel Victoria appena costruito. Da allora, i più ricchi e belli del mondo giungono sulle rive del Lago di Brienz per partire alla scoperta della regione della Jungfrau. Il valore storico delle origini si fonde con lo sfarzo della Belle Epoque e il lusso dei dettagli moderni, creando un’atmosfera unica. I lampadari di cristallo nel salone Napoleon III risplendono come ai tempi dell’Imperatore e il luccicante carrello per carni era senz’altro già in uso prima della Prima Guerra mondiale. Amorevolmente curata e conservata, senza lesinare ingenti spese, ogni angolo di questa struttura è pervaso da un’aura di storia e autenticità. Nel contempo, la presenza della moderna Spa dimostra che il settore alberghiero svizzero di lusso è rimasto al passo coi tempi nel corso della sua evoluzione; anzi, la maggiore attrattiva per gli ospiti risiede proprio in questo accostamento di passato prestigioso e stile di vita contemporaneo. 20 «Le gambe e le braccia sono infinitamente pesanti, per poi venire d’un tratto attraversate da una vampa di calore. E ancora. E ancora una volta. Solo dopo alcuni passaggi realizzo che è la conseguenza dello sfregamento di calde pietre laviche su braccia, gambe e schiena: davanti ai miei occhi chiusi, ad ogni passata corrisponde un lampo di luce colorata. Il profumo degli oli eterici penetra in profondità nella mente.» Il servizio perfetto Chi sceglie un albergo a cinque stelle ha grandi aspettative. «E il nostro obiettivo primario è quello di soddisfarle», sottolinea Theresa Brandl. E ciò risulta possibile solo con i collaboratori più preparati e motivati, che siano inoltre orgogliosi del prestigioso servizio svolto. Ecco perché la direttrice della Spa sostiene la sinergia nel team. «Se si parte dal presupposto di esternare stima nei confronti degli ospiti, ecco quindi che anche i collaboratori devono essere trattati allo stesso modo», questo è il suo credo. In quest’ottica rientrano, oltre a una spiccata cultura del feedback, un buon trattamento e interessanti iniziative di perfezionamento. «Dopo il massaggio, si passa nella sala relax, da cui la vista attraverso la finestra panoramica spazia sul ripido bosco antistante. Lentamente riacquisto la percezione del mondo esterno… Incredibile che il trattamento sia durato solo un’ora e mezzo, ma il tempo non ha significato, conta solo starsene sdraiati a rilassarsi. Una bella doccia calda precede l’ingresso nell’area piscine: bagno turco, vasca da nuoto e idromassaggio concludono poi la giornata all’insegna del benessere.» n L’elegante ascensore in vetro di Schindler nella hall del Grand Hotel. Sodalizio pluriennale Schindler e il «Victoria-Jungfrau Grand Hotel & Spa» di Interlaken sono uniti da una collaborazione pluridecennale. Schindler ha infatti installato presso la struttura a cinque stelle dodici ascensori per persone, sei ascensori di servizio e un montacarichi. L’integrazione di ascensori personalizzati in base ai desideri dei clienti nell’edificio sotto tutela artistica ha richiesto una grande sensibilità costruttiva e risponde, dal punto di vista dei materiali e dell’estetica, ai massimi requisiti. Ad ogni esigenza di wellness, una risposta personalizzata. next floor 21 Tema Di treno in treno fino alle vette del gusto Gli albergatori non furono soltanto i veri motori del turismo svizzero, ma anche dell’edilizia ferroviaria: gli alberghi, che sorgevano spesso in spettacolari posizioni panoramiche, dovevano essere ben raggiungibili per la clientela abituata, anche e soprattutto, alla comodità. Uno dei tanti capolavori dei pionieri dell’edilizia ferroviaria in Svizzera: la ferrovia del Bürgenstock, attorno al 1900. 22 Sul Bürgenstock, sul Sonnenberg presso Lucerna o sullo Stanserhorn (da sin.): sempre più spesso, i Grand Hotel furono resi accessibili tramite funicolari costruite appositamente a tal fine. Sul Bürgenstock è stato realizzato inoltre il più lungo ascensore esterno aperto d’Europa, l’Hammetschwand Lift. Testo Christoph Zurfluh foto Keystone e privato I passeggeri fanno appena in tempo ad allacciarsi le cinture, che già le porte si chiudono silenziosamente. Gli altoparlanti trasmettono alcune cortesi informazioni, e poi via, su per la montagna. Le poltroncine della futuristica cabina argentata si reclinano delicatamente per evitare che i passeggeri rivolti verso valle ruzzolino giù; il viaggio sulla tratta monobinario di 500 metri circa, con una vertiginosa pendenza massima del 52%, dura due minuti buoni. Il «Tschuggen Express» di Arosa assomiglia più a un ottovolante che a una ferrovia di montagna, ma il suo scopo non è quello di intrattenere i 12 passeggeri, ma di trasportarli al comprensorio sciistico ed escursionistico situato 150 metri più in alto. Il «Tschuggen Express» è un impianto di risalita d’albergo di tipo classico, anche se al momento dell’inaugurazione avvenuta nel 2009 costituiva una novità mondiale: quale altro albergo trasporta i propri ospiti nel paradiso del tempo libero a bordo di un esclusivo «Roller Coaster» di 7 milioni di franchi? Di certo non è nuova invece l’idea di trasportare a destinazione gli ospiti nel modo più comodo possibile, sia che si tratti di partire dall’albergo alla volta di un luogo da visitare o, più di frequente, per percorrere l’ultimo tratto di strada per rientrare. E anche la confortevole mobilità all’interno degli alberghi costituiva già per i pionieri del settore alberghiero svizzero una priorità: i Grand Hotel furono i primi in Svizzera ad integrare nei propri edifici eleganti ascensori, già all’epoca perlopiù di marchio Schindler. Gli albergatori svizzeri lo avevano capito ben presto: un buon albergo ha successo solo se è anche comodamente raggiungibile – ecco perché hanno costruito le ferrovie. Il boom alberghiero come scintilla iniziale La storia dell’edilizia ferroviaria risale quindi di conseguenza al tempo del primo grande boom alberghiero, ossia al XIX secolo. In quegli anni, infatti, il timore delle possenti montagne e delle valli inaccessibili cedette gradualmente il posto alla curiosità e i primi turisti iniziarono così ad affluire sulle Alpi svizzere. Alla metà del XIX secolo si verificò inoltre un fenomeno decisivo: i viaggi persero la propria aura di esclusività. Sempre più spesso, individui di vari ceti sociali si ritrovarono a battere gli stessi percorsi. Un segno tangibile di questa rivoluzione furono i primi viaggi di gruppo organizzati dal pioniere inglese del turismo Thomas Cook, che nel 1855 condusse per la prima volta una comitiva dall’Inghilterra sul continente. La Svizzera divenne così un punto di ritrovo privilegiato in Europa e si affermò come uno dei primi paesi più impegnati sul fronte turistico. All’epoca non si dovevano nemmeno cercare gli ospiti, vista la domanda enorme, ma era pur sempre necessario offrire loro trasporto e alloggio. Sorsero quindi ovunque alberghi, talvolta di dubbia qualità (nel 1912 si contavano già 211 000 posti letto, e 274 000 del 2009). Le strade e i passi alpini furono al tempo stesso ampliati, i laghi popolati da battelli a vapore e le linee ferroviarie sorsero dal nulla, all’inizio in modo tanto fulmineo quanto caotico. Ma i centri turistici continuarono ad essere progettati in maniera coerente. La ferrovia diventa cremagliera per scalare le vette L’invenzione della ruota dentata consentì infine alle ferrovie di sfidare le vette, rendendo improvvisamente gli alberghi con panorama mozzafiato ben accessibili oppure offrendo lo spunto per la loro costruzione. Nel 1871, ad esempio, fu inaugurata la prima ferrovia a cremagliera sulla terraferma europea, da Vitznau a Rigi Staffel. Quattro anni dopo, faceva la spola tra Rigi Kaltbad e Scheidegg la prima ferrovia, oggi non più esistente, a servizio esclusivo dell’albergo, che all’epoca era la linea ferroviaria più elevata d’Europa. Nel giro di breve tempo, nacquero tutte le attuali ferrovie c next floor 23 Tema Anche il «Tschuggen Express», inaugurato nel 2009, è un classico impianto di risalita d’albergo. Foto: Tschuggen Hotel Group. di montagna nei pressi dei rinomati comprensori turistici, tra cui anzitutto la più ripida ferrovia a cremagliera del mondo sul Pilatus (anch’essa votata a un albergo) e, come coronamento dell’edilizia ferroviaria svizzera d’alta quota, quella in direzione della vetta della Jungfrau. Un notevole contributo allo sfruttamento delle montagne fu dato anche dalla funicolare. Dei quasi sessanta impianti realizzati in Svizzera, la maggior parte sorse tra il 1883 e il 1914, di cui una decina come impianti esclusivi per alberghi. Il che, come già spiegato, non fu un caso: gli albergatori furono il polo trainante durante il boom del turismo svizzero, anche se naturalmente non tutti i progetti sono riconducibili alla loro iniziativa. Uno dei pionieri dell’ediliI pionieri dell’edilizia ferroviaria zia ferroviaria di quel Franz Josef Bucher-Durrer (1834–1906) e Josef Durrertempo fu l’albergatore Gasser (1841–1919). obvaldese Franz Josef Bucher (1834 – 1906) che insieme al suo partner commerciale Robert Durrer (1841–1919) di Sarnen fondò un enorme impero alberghiero, dotando i propri alberghi, laddove necessario, di mezzi di trasporto tecnologici. I due fecero costruire così le reti per tram a Lugano, Genova e Stansstad, nonché numerose funicolari, tra cui quella sullo Stanserhorn, per le cascate Reichenbach, sul Mont Pèlerin e in direzione del San Salvatore e di Braunwald. L’energia che le alimentava proveniva perlopiù da centrali elettriche di proprietà. Il grande complesso alberghiero sul Bürgenstock, sopra al Lago c Hotel Giessbach – la più antica funicolare della Svizzera. Foto: BAK / Thomas Batschelet, www.seilbahninventar.ch 24 dei Quattro Cantoni, fu collegato da Franz Josef Bucher da una strada e una ferrovia privata. Anche la celebre attrazione panoramica Hammetschwand Lift, il più alto ascensore esterno aperto d’Europa, con una lunghezza della tratta di 152,8 metri, ne fa parte. Franz Josef Bucher sarà anche stato il più pazzo tra gli albergatori attivi nell’edilizia ferroviaria, ma di sicuro non fu l’unico. Già nel 1879 sorse ad esempio una funicolare, oggi la più elevata ancora in funzione della Svizzera, per il Grand Hotel Giessbach dalla stazione dei battelli sul Lago di Brienz. A partire dal 1884 anche gli ospiti del leggendario Hotel Gütsch di Lucerna poterono usufruire di una ferrovia per raggiungere comodamente il loro albergo al settimo cielo. La prima ferrovia elettrica della Svizzera, inaugurata nel 1888, tra il Grand Hotel di Vevey e il Castello di Chillon aveva un fine esclusivamente turistico e collegava tutti gli alberghi affacciati sul lago. Nel 1895 l’Hotel Waldhaus Dolder a Zurigo venne dotato di una funicolare a partire da Römerplatz, e poco dopo seguì il collegamento con tram al Grand Hotel Dolder. Nel 1899 a Zermatt fu costruita la linea ferroviaria più alta della Svizzera, per l’uso esclusivo del Grand Hotel sul Riffelalp. E dal 1913 la funicolare collega il paese di St. Moritz all’hotel termale Chantarella. Mobilità e innovazione Da 150 anni le ferrovie consentono agli ospiti degli alberghi di spostarsi, perché esse tradizionalmente non sono solo mezzi di trasporto, ma una vera e propria parte integrante dell’esperienza alberghiera. Quando la piccola funicolare di Schindler trasporta gli ospiti fino all’Art déco Hotel Montana, sopra Lucerna, nella cabina aleggia un’atmosfera nostalgica. Quando la funicolare più ripida d’Europa ha scalato, dente dopo dente, il Pilatus, ciò è valso un paio di stelle sia al Grand Hotel sulla vetta che al viaggio stesso. E quando il «Tschuggen Express» scivola alla velocità di quattro metri al secondo in direzione dei monti di Arosa, appare evidente la vena innovativa degli albergatori svizzeri. Oggi come allora. n Innovazione Rivoluzione sul tetto È arrivato il nuovo Schindler 3400, l’ascensore senza struttura sul tetto per l’extracorsa, che consente a progettisti, architetti e committenti nuove opzioni per rendere accessibili i condomini. Facts & Figures Carico utile Velocità Testo Reto Westermann foto Alex kreuzer C ompatto, cubico, slanciato – l’approccio architettonico contemporaneo non ha bisogno di fronzoli. Tanto più quindi la struttura sul tetto nei vani degli ascensori, perlopiù indispensabile, rovina l’aspetto dei condomini moderni. E non di rado anche i vicini si irritano di fronte ad un nuovo progetto edilizio, in quanto pregiudica loro la vista: un problema destinato ad essere vieppiù discusso in futuro di fronte alle costruzioni sempre più fitte dei quartieri in Svizzera. In quest’ottica, la struttura sul tetto per l’extracorsa dell’ascensore svolge una funzione davvero importante: garantire la sicurezza del tecnico di manutenzione durante i lavori sul tetto della cabina. Altezza corsa Fermate Accessi Larghezza porta Altezza porta Altezza testata Profondità fossa da 5 a 13 persone, da 400 a 1000 kg 1 m / s max. 30 m max. 14 laterali, frontali 750 – 900 mm 2000 mm (2100) min. 2400 mm da 1000 fino a 1150 mm Nuovo principio di costruzione Con l’introduzione sul mercato dello Schindler 3400 si è reso disponibile un modello di ascensore senza struttura sul tetto, in grado di rispondere ai desideri di progettisti, architetti e committenti, nonché dei vicini di casa. Un’altezza dell’ultimo piano pari a 2,40 metri è già sufficiente per l’installazione della nuova generazione di ascensori, senza imporre una struttura sul tetto. Tale rinuncia risulta possibile grazie ad un principio di costruzione di cabina e binari di guida diverso dallo schema utilizzato in precedenza, e a un motore estremamente compatto. Negli ascensori classici la cabina si muove mediante una guida su ciascuna parete del vano di corsa. Il modello Schindler 3400 è invece «appeso» a due binari di guida posti l’uno accanto all’altro e fissati alla stessa parete del vano di corsa. Il motore estremamente compatto può essere invece collocato in alto nella testata, tra le due guide; in tal modo, la cabina può muoversi passando davanti ad esso fino alla posizione più elevata. E quasi tutti i lavori di manutenzione, una volta smontata la parete laterale, possono essere svolti direttamente dalla cabina, preservando la sicurezza del personale di servizio anche senza extracorsa. Nuove possibilità di configurazione L’eliminazione della struttura sul tetto comporta tanti vantaggi, finora offerti solo da ascensori idraulici notevolmente più lenti e indicati per altezze di trasporto inferiori: anzitutto, quello di non compromettere l’architettura dell’edificio. In secondo luogo, la soppressione di punti strutturalmente delicati poiché di fatto vengono meno le infiltrazioni indesiderate nel rivestimento del tetto (dispersioni termiche). E infine, da oggi tutti i piani possono essere raggiunti da un ascensore, perfino in case con tetti a falde o in aree dove la legge sulle costruzioni non consente extracorse nella zona del tetto. «Un ascensore privo di extracorsa con una sola parete portante del vano di corsa offre possibilità di configurazione del tutto nuove», spiega Nico Bittel, architetto e Product Manager di Schindler 3400. Per il processo di progettazione, a parte le nuove prospettive nell’area del tetto, non cambia nulla: le sezioni trasversali sono dimensionate come in altri ascensori della stessa classe, per continuare a progettare le piante dei piani con le stesse modalità di sempre, prima di optare in via definitiva per uno o l’altro modello di ascensore. n next floor 25 Sostenibilità Bertrand Piccard (a sinistra) e André Borschberg nell’hangar a Payerne. Solar Impulse prende nuovamente il volo Schindler è uno dei partner principali di Solar Impulse, l’aereo a energia solare. A Payerne i responsabili del progetto nonché piloti Bertrand Piccard e André Borschberg hanno parlato dei successi finora ottenuti e delle prossime tappe del progetto Solar Impulse. 26 INTERVISTA Jean-Louis Emmenegger foto Albert Zimmermann B ertrand Piccard, André Borschberg, due anni fa avete volato per la prima volta oltre i confini svizzeri fino a Bruxelles. E nel 2012 avete affrontato il vostro primo volo intercontinentale da Payerne a Ouarzazate, in Marocco, e ritorno. Qual è il vostro bilancio? Bertrand Piccard: Possiamo affermare che l’aereo Solar Impulse è più efficiente e affidabile di quanto pensassimo inizialmente. Nella fase iniziale del progetto è stato usato come prototipo per i voli di prova in Svizzera, i quali servivano a dimostrare che si può volare sia di giorno sia di notte affidandosi solo all’energia solare. Il velivolo tuttavia si è mostrato così efficiente da riuscire nel frattempo a volare da un continente all’altro passando sopra la catena montuosa dell’Atlante e il deserto. André Borschberg: È importante capire che si tratta di un aereo assolutamente unico. Quanto più vola durante le ore diurne, tanta più energia viene accumulata nelle batterie. Anche se si atterra intorno alla mezzanotte, come è successo a Rabat, le batterie sono ancora cariche. Il nostro Solar Impulse dunque è un esempio emblematico di efficienza energetica! Anche per quanto riguarda la collaborazione all’interno del team, non avremmo potuto sperare in un successo maggiore. l’energia nucleare. È fondamentale risparmiare tantissima energia, il che è possibile grazie alle tecnologie pulite. Ed è su queste tecnologie che dobbiamo puntare senza alcuna riserva sebbene, spesso a torto, vengano associate a uno standard di vita meno elevato e a una riduzione del comfort e della mobilità. Solar Impulse è la prova che è esattamente il contrario. Risparmiare energia è concretamente possibile! Dunque non è un’utopia? Bertrand Piccard: Assolutamente no! Se si utilizzassero le tecnologie pulite seguendo il modello di Solar Impulse, si ridurrebbe il consumo di energia del 50%. La metà del restante fabbisogno energetico, ovvero il 25% della quantità totale, potrebbe essere coperto dalle energie rinnovabili. Di questo sono convinto. Resterebbe dunque un altro 25% di energia che potrebbe essere prodotto con le fonti energetiche fossili. Dunque un aereo di linea alimentato a energia solare non è un progetto realistico? André Borschberg: Non a breve termine. Pensi ai fratelli Wright. Dopo che nel 1903 riuscirono a effettuare il primo volo della storia, dovet- «Con Solar Impulse vogliamo far capire che il mondo deve ridurre la sua dipendenza dalle fonti di energia fossile. Le tecnologie pulite che utilizziamo nel nostro aereo possono essere impiegate anche nelle automobili, negli edifici e nei sistemi di riscaldamento e illuminazione incrementando la loro efficienza.» Bertrand Piccard Quali sfide avete dovuto affrontare durante i vostri ultimi voli? Bertrand Piccard: Abbiamo avuto pochissimi problemi tecnici, in realtà solo uno. Per motivi di sicurezza abbiamo deciso di sostituire un pezzo. È stato il tempo a riservarci una brutta sorpresa. In alcuni momenti abbiamo dovuto contrastare un vento più forte di quanto ci saremmo aspettati. Dovevamo essere in grado di volare con raffiche di vento fino a 50 nodi. André Borschberg: Durante il volo per Ouarzazate siamo dovuti tornare indietro, perché il vento sopra i monti dell’Atlante era fortissimo. Durante il viaggio Rabat-Madrid avevamo troppo vento alle spalle che ha accelerato la corsa del nostro aereo in direzione di Madrid. Non potendo atterrare prima della tarda sera, dopo il volo di linea, abbiamo dovuto decelerare. Solar Impulse vola senza cherosene perché i suoi motori vengono alimentati dall’energia solare. Pensate che questa sia l’energia del futuro? Bertrand Piccard: L’energia solare è una delle fonti energetiche del domani. Ma non è sufficiente per sostituire le fonti di energia fossile e tero passare altri 25 anni prima che Lindbergh riuscisse a sorvolare l'Atlantico con il suo aereo. E ci vollero altri 25 anni prima di operare dei voli transatlantici con circa 100 passeggeri. Quello che stiamo facendo oggi servirà a sviluppare un modo di volare più ecologico. E se non iniziamo oggi, domani non saremo mai pronti. La nostra tecnologia aerea ci consente di volare in tutto il mondo con un motore paragonabile per potenza quasi a quello di un motociclo. Questa tecnologia può essere usata sicuramente anche su terra dove permetterebbe di incrementare l'efficienza energetica. Cosa si prova a volare con il Solar Impulse? André Borschberg: La cosa più impressionante è poter volare tutto il giorno e salire fino a 9000 metri di quota mentre le batterie continuano a caricarsi. Quanto più l’aereo vola durante il giorno, tanta più energia immagazzina. Quando ho preso in mano il comando del Solar Impulse per la prima volta, da una parte mi sono sentito addosso una grande responsabilità. Per tanti anni l’intero team avevamo lavorato duramente alla progettazione e alla costruzione del velivolo. Dall’altra parte in quel momento ho provato una c next floor 27 Sostenibilità Facts & Figures Novembre 2003 Inizio progetto di fattibilità dell’PFL (Losanna) Dicembre 2009 Prima presentazione e primo decollo Aprile 20101° volo di prova 7 e 8 luglio 20101° volo diurno e notturno (26 ore non stop) 13 maggio 2011 Volo per Bruxelles su invito dell’UE 15 giugno 2011 Atterraggio a Parigi come ospite speciale al Salone Internazionale dell’Aeronautica e dello Spazio (Salon International de l’Aéronautique et de l’Espace in Bourget) 24 maggio – 21 guigno 20121° volo intercontinentale Payerne – Madrid – Rabat – Ouarzazate 29 guigno – 24 luglio 2012Volo di ritorno Ouarzazate – Rabat – Madrid – Tolosa – Payerne 2013 Volo continentale USA Team 80 membri Base Aerodromo Payerne (Vaud) e Dübendorf (Zurigo) 2003Studio c gioia indescrivibile. Erano sei anni che lo aspettavo. Lassù in alto regnano una pace e un silenzio quasi totali. Si sente solo il lieve sibilo dei quattro motori. creatività, che facciano sempre gli stessi errori imparando a malapena qualcosa da questi. Mi riferisco in particolare ai protagonisti del mondo economico e finanziario. Bertrand Piccard, lei è considerato un «pioniere» e come tale sta seguendo il modello di suo nonno e di suo padre che hanno ugualmente segnato dei record storici. Come affronta tutto ciò? Bertrand Piccard: Per essere pionieri ci vuole una certa predisposizione. Personalmente ciò che mi interessa è cambiare le mentalità e miglio rare gli atteggiamenti. È necessario elaborare nuove soluzioni e metterle in pratica con il massimo impegno. Allora è un pessimista? Bertrand Piccard: Sì, soprattutto perché non riesco a trovare dei veri progetti per sviluppare delle energie rinnovabili. E anche perché è assurdo che si applichino dazi doganali sulle merci importate da paesi che diciamo di voler aiutare. In tutta franchezza, non possiamo affermare che l’umanità oggigiorno stia facendo grandi progressi. Tuttavia mi torna un po’ di ottimismo quando penso ai nostri team di ingegneri. Questi esperti sprizzano creatività da ogni poro e la mettono al servizio di Solar Impulse. Anche se il nostro è un progetto di natura tecnica, sta assumendo sempre più anche una dimensione umanistica. Grazie a questo progetto speriamo di promuovere l’innovazione anche in altri settori. Secondo lei come deve essere un «pioniere» nel XXI secolo? Bertrand Piccard: Un pioniere è una persona che ha una visione e un’idea e che è in grado di realizzarle senza lasciarsi guidare da certezze e convenzioni. Un pioniere non ha paura di migliorarsi, provare cose diverse, uscire dai binari e mettere in pratica un nuovo modo di pensare. Queste capacità possono dare frutti in diversi settori. Dove trova la motivazione per affrontare sfide sempre nuove? Bertrand Piccard: Non sono mai soddisfatto dello stato delle cose. Per me è naturale coltivare la mia curiosità e la mia voglia di sapere e mettermi sempre in discussione. Mi dispiace profondamente che coloro che sono chiamati a prendere delle decisioni manchino di 28 Come si coordina un progetto talmente complesso? André Borschberg: All’inizio c’è un’idea ma manca il team. Durante la fase di sviluppo del progetto si trovano dei partner che credono nel progetto come dei veri pionieri. Ci offrono un sostegno fondamentale in quanto convogliano nel progetto le tecnologie necessarie e tutto il loro know-how. Abbiamo cercato di sviluppare valori utili e stimolanti nell’ambito di questa impresa. Quindi abbiamo dovuto risvegliare lo spirito pionieristico all’interno del team e inco- Solar Impulse colpisce per l’impressionante apertura alare di 72 metri. Solar Impulse e Schindler. Due imprese, un progetto visionario. Attendono impazienti di partire per un’avventura che li porterà a circumna vigare il mondo: i pionieri di Solar Impulse André Borsch berg (a sinistra) e Bertrand Piccard. raggiare i suoi componenti a sperimentare e affrontare questa sfida senza alcuna garanzia di successo. L’ingegnere deve essere in grado di correre dei rischi. E noi dobbiamo poterlo supportare, sia che fallisca sia che abbia successo. Per me sono tre i valori fondamentali: provare, accettare il rischio di fallire senza se e senza ma, e soprattutto imparare e migliorarsi. Se Solar Impulse può volare è anche grazie ai vostri partner finanziari e tecnici, tra cui Schindler. Che importanza hanno questi partner per voi? André Borschberg: Con loro condividiamo il modo di pensare. Abbiamo tanti valori in comune, il loro sostegno è indispensabile per noi. «Siamo al vostro fianco», ecco quanto ci promettono anche in caso di difficoltà come quelle che abbiamo dovuto affrontare lo scorso anno. Durante un test si è rotto il longherone di un’ala. Di conseguenza l’ultimazione del nuovo aereo è stata ritardata di sei mesi. Schindler mette le sue competenze tecniche al nostro servizio in tanti campi, anche in materia di affidabilità, risparmio energetico, materiali leggeri, elettronica e componenti. Inoltre possiamo usufruire di tutta l’esperienza Schindler nell’ambito dei test. Il contributo finanziario e tecnico offerto dai partner è indispensabile per il successo di un progetto come Solar Impulse. Il team di tecnici e le aziende partner collaborano a stretto contatto e in buona sintonia. Dal 2011 Schindler è uno dei «main partner» di Solar Impulse al fianco di Solvay, Omega e Deutsche Bank. Il sostegno offerto da Schindler tuttavia non è solo di natura finanziaria ma anche tecnologica. Due ingegneri Schindler fanno infatti parte del team permanente di Solar Impulse. Le loro competenze vengono sfruttate in due ambiti, ovvero l’elettronica applicata e la struttura dei materiali (resistenza). Da San Francisco a New York Da San Francisco a New York, attraversando il continente nordamericano: è la nuova avventura affrontata da Solar Impulse quest’anno nonché l’ultimo test prima del giro del mondo previsto per il 2015. In qualità di main partner di Solar Impulse, Schindler sostiene finanziariamente anche questo viaggio americano. L’aereo è partito il 1° maggio da San Francisco con destinazione Washington e New York, con due o tre soste intermedie. Secondo Bertrand Piccard, l’obiettivo del volo non è quello di stabilire nuovi record, ma di attirare l’attenzione negli Stati Uniti sugli aerei a energia solare. In cosa si differenzia il secondo aereo Solar dal primo? André Borschberg: Il nostro primo aereo era un prototipo concepito per i voli di prova. Il secondo invece sarà un «aereo di linea» con caratteristiche diverse. L’apertura alare sarà di 72 metri, ovvero 8 metri in più rispetto al primo modello. L’aereo tuttavia sarà più leggero in proporzione e avrà un abitacolo molto più spazioso affinché il pilota possa percorrere lunghe tratte in massima comodità. Le batterie saranno più efficienti, gli strati di carbonio più sottili e l’elettronica più performante. Inoltre ci sarà un pilota automatico. Per farla breve, il nostro aereo sarà equipaggiato al meglio per raggiungere il nostro grande obiettivo, ovvero il giro del mondo nel 2015. n next floor 29 Architettura Svizzera Straordinario sia l’involucro della torre che la corte interna del nuovo edificio basso. San Gallo ha un nuovo emblema architettonico direttamente presso la stazione ferroviaria: lo straordinario edificio dell’università, che oltre ad arricchire la fisionomia urbana amplia anche l’offerta formativa. Nuova impronta sulla skyline di San Gallo Testo Katrin Ambühl foto Albert Zimmermann L a voglia di sapere tra i giovani è molto grande, tanto che alcune università oggi sono al limite delle loro capacità. Questo vale anche per l’Università di San Gallo (FHS) che fino a poco tempo fa era distribuita in otto sedi. Una soluzione insoddisfacente non solo per la complicata situazione degli affitti o gli spazi precari. «L’interdisciplinarietà è molto importante per noi, ma finora è stata pressoché inattuabile», dichiara Sebastian Wörwag, rettore dell’Università di San Gallo. Secondo la sua visione gli aspiranti economisti aziendali, esperti in scienze infermieristiche e ingegneri industriali dovranno poter seguire lezioni in comune, ad esempio di etica, e potersi così incontrare e confrontare. Ora questo suo progetto è diventato realtà. A fine gennaio le prime facoltà si sono trasferite nel nuovo stabile. «Sono contento che tutti i servizi e le facoltà saranno riuniti sotto un unico tetto», aggiunge Sebastian Wörwag. Il nuovo complesso è composto da un edificio alto 19,5 metri sviluppato in lunghezza e da una torre di 65 metri. «La struttura è compatta e ben strutturata», spiega il rettore. Dal 2003 Sebastian Wörwag ha in mano le redini dell’Università di San Gallo. In quell’anno fu indetto il concorso di architettura per il nuovo edificio. La progettazione è iniziata dunque oltre dieci anni fa, un fatto non raro quando si tratta di edifici pubblici. «Ma ne è valsa la pena», sottolinea Sebastian Wörwag. Nel 2008 il progetto è c 30 Facts & Figures CommittenzaUfficio lavori pubblici del cantone di San Gallo, City Parking St. Gallen AG, Genio civile della città di San Gallo ArchitettiGiuliani Hönger Architekten, Zurigo Gestione ediliziab+p Baurealisation, Zurigo Durata dei lavori di costruzionedal 2009 al 2012 Costocirca 132 milioni di franchi Ascensori Torre3 Schindler 5400 con sistema di controllo delle chiamate di destinazione Basamento 3 Schindler 5400 Garage sotterraneo 2 Schindler 5400 Montacarichi 1 Schindler 2600 next floor 31 Architettura Svizzera aggiunge alle torri della posta centrale, del municipio e del nuovo tribunale amministrativo federale. Da train station a brain station Oltre che dell’aspetto esterno, il rettore è soddisfatto soprattutto dello spazio offerto e della qualità degli interni. «La luce del sole viene convogliata in maniera intelligente fino al piano terra mediante corti vetrate e lucernari che donano luminosità e brio all’edificio», sottolinea Sebastian Wörwag. Le due corti vetrate sono il fulcro del progetto architettonico. La torre è posizionata sul basamento in modo tale che su due lati si aprono due corti: una esterna che dà luce agli ingressi e alla hall e una coperta che funge da biblioteca. 2900 saranno gli studenti che in futuro animeranno i locali della nuova università posta direttamente presso la stazione ferroviaria. Il nuovo edificio è collegato direttamente ai binari al piano sotterraneo dell’università dove si trova anche l’accesso alla stazione. «Con la nuova sede universitaria, la train station è diventata una brain station», commenta Sebastian Wörwag. Il suo ufficio tra l’altro non si trova all’ultimo ma al penultimo piano del grattacielo. Ma anche da qui, a ben 60 metri di altezza, il rettore può godersi la magnifica skyline di San Gallo, ora arricchita da un nuovo emblema. n stato approvato dalla popolazione di San Gallo con l’82% di voti favorevoli. c In anticipo sui tempi L’elevato grado di accettazione è sorprendente considerando che i grattacieli incontrano spesso resistenze. In Svizzera sono tornati in auge solo di recente a causa della carenza di superfici e della crescente richiesta di edilizia ad alta densità. «Solo pochi dei progetti presentati proponevano un grattacielo per la nuova FHS», afferma Tobias Greiner, uno dei due project manager dello studio zurighese Giuliani Hönger Architekten che ha vinto il concorso nel 2003. Una proposta azzardata allora, aggiunge l’architetto, che ha richiesto coraggio anche da parte del committente, l’Ufficio lavori pubblici del Cantone di San Gallo. L’idea centrale si basa su due volumi diversi destinati anche a usi diversi: da una parte il basamento dell’intera struttura in cui si trovano le aule, l’aula magna, la biblioteca e la mensa e dall’altra parte una torre da 18 piani per i locali dell’amministrazione. Nell’edificio più basso si svolgono i corsi di studio e specializzazione, la torre invece ospita gli istituti e l’amministrazione. «Il giardino pensile sull’edificio basso è una terrazza aperta a tutti che crea un passaggio tra i due edifici», spiega Tobias Greiner. Il giardino pensile è collocato all’altezza degli edifici circostanti che sono prevalentemente in pietra arenaria della Savoia. Questo aspetto è stato molto importante nella realizzazione della facciata della nuova sede universitaria. «Eravamo consapevoli che un’architettura così imponente doveva avere un nesso con gli edifici limitrofi», spiega Tobias Greiner. Ecco perché gli architetti hanno scelto per la facciata un calcestruzzo di colore simile alla pietra arenaria. Il grattacielo lascia inoltre un impronta sulla skyline di San Gallo e si 32 Grazie al sistema di controllo delle chiamate di destinazione i tre ascensori installati nella torre dell’università lavorano in modo estremamente efficiente. Schindler Award Il progetto vincente degli studenti tedeschi pone un grattacielo in posizione prominente tra i due ponti sull’Aare. «Enhance and Revitalize»: Lo Schützenmatte nel 2025 Oltre 1000 studenti hanno partecipato allo «Schindler Award 2012» e hanno proposto una soluzione per rendere lo Schützenmatte di Berna un quartiere accessibile a tutti. Il concorso è stato vinto da tre studenti berlinesi. A 13 anni di distanza intraprendiamo un tour virtuale attraverso la city di Berna sulle tracce del loro progetto. Testo Hannes Tscherrig foto Andreas Gemperle / Albert Zimmermann / RAFFAEL WALDNER S opralluogo nello Schützenmatte di Berna nel 2025: «Dieci anni fa qui non avremmo visto molto», spiega Joe Manser. L’architetto avanza tranquillamente sulla sedia a rotelle passando davanti al caffè universitario e agli studenti seduti comodamente. L’edificio universitario a forma di cubo accanto alla mensa, ultimato nell’estate 2024, si anima lentamente. Gli studenti affluiscono nelle aule. Dalla terrazza davanti si può ammirare il nuovo volto di Berna. Schindler Award, era molto più complicato», ci racconta mentre aspettiamo l’ascensore. Fino ad alcuni anni fa qui si trovava un parcheggio isolato posto tra binari e strade che a volte veniva usato per le fiere popolari. L’instancabile e combattivo promotore dell’edilizia senza barriere riassume così: «Lo Schützenmatte di allora aveva tantissime barriere architettoniche». Saliamo. Divari superati in città Ottimi collegamenti Dieci metri sotto di noi fischiano i treni delle FFS diretti a Zurigo e Berna. Lo «Schindler-Arch», un ponte futuristico in acciaio e vetro, collega il quartiere universitario allargato all’area dell’ex Schützen matte. Il nuovo albergo e centro congressi è diventato non solo l’elemento cardine di questa zona, ma con i suoi tredici piani funge anche da punto di orientamento e riferimento per la città di Berna. Tramite la rampa e gli ascensori si scende facilmente nella city anche in sedia a rotelle, assicura Joe Manser. «Nel 2012, quando qui si tenne lo Nel 2012 Mark Werren era urbanista. Oltre mille studenti iscritti allo Schindler Award avevano presentato delle proposte per migliorare l’accessibilità del centro di Berna. Come membro della giuria, Mark Werren premiò il progetto che mirava a trasformare un deserto di asfalto nell’attuale city di Berna. «La città di Berna ovviamente non è riuscita a realizzare tutto», commenta alludendo al progetto berlinese «Enhance and revitalize» vincitore del concorso. «Alcune idee erano troppo audaci per una capitale federale tormentata da una politica di compromessi». c next floor 33 Schindler Award Caratteri braille e odori L’area dello Schützenmatte attorno alla Reithalle di Berna con cui gli studenti del quinto Schindler Award si sono dovuti confrontare. INTERVISTA Eliane Kunz Benjamin Saner e Roman Koch sono gli unici svizzeri a essere entrati nella top ten dello Schindler Award 2012 con il progetto «Joining». In tutti sono stati presentati 113 lavori. Che cosa vi ha indotto a partecipare al concorso di architettura? Roman Koch: Per il lavoro di bachelor la scuola ci ha proposto due progetti. Uno di questi era lo Schindler Award. La modalità del concorso ci ha stuzzicati e volevamo dimostrare che potevamo affrontare una tale sfida dopo quattro anni di studi di architettura parallelo alla professione. Benjamin Saner (a destra) e Roman Koch hanno concluso il loro percorso di studio in architettura parallelo alla professione presso l’Università di scienze applicate di Zurigo (ZHAW, corso di bachelor a esaurimento della ex HSZ-T). In cosa consisteva la sfida più grande secondo voi? Benjamin Saner: Dovevamo concentrarci sulle sfaccettature più diverse dell’accessibilità nello Schützenmatte di Berna, l’area oggetto del concorso, restando entro spazi ristrettissimi. Temi sociali come l’integrazione del centro di accoglienza per tossicodipendenti nel progetto urbanistico facevano parte del compito tanto quanto la soluzione del problema dei dislivelli nella Martinshang. Questa varietà di temi ha reso il progetto molto interessante ma anche molto laborioso. Il vostro progetto è rientrato tra i dieci migliori. Cosa vi ha aiutato a ottenere questo successo? Benjamin Saner: I nostri docenti ci hanno offerto un ottimo supporto. Abbiamo ricevuto input preziosi sul tema «access for all» che abbiamo iniziato a studiare in realtà solo perché dovevamo partecipare allo Schindler Award. E cosa avete imparato da questo concorso? Roman Koch: Penso che la scoperta più importante è che bisognerebbe allargare ancora di più gli orizzonti per quanto riguarda il tema dell’accessibilità nell’architettura. Si potrebbero fare tante nuove scoperte. Ci siamo ad esempio occupati dei caratteri braille e abbiamo sviluppato soluzioni con piante profumate. Anche le persone con disabilità visive devono potersi trovare a loro agio negli spazi pubblici. 34 Nel nuovo centro congressi, un ascensore ad alte prestazioni porta Joe Manser dal campus universitario giù nella city. Porte nuovissime si affacciano sull’anima culturale di Berna. «A sinistra la scena alternativa», sorride Joe Manser indicando la Reithalle. Come per conferma, i graffiti del quasi quarantennale centro culturale risplendono al sole. «E a destra l’alta cultura più di stampo borghese.» c un’unica istituzione culturale. Ma le cose sono andate diversamente da come le avevano immaginate Christopher Ruhri, Thomas Buser e Stefan Gant. Nella «House R» oggi, anno 2025, si banchetta comodamente con un’ottima vista sull’Aare. Al posto delle sale di arte classica sono nati degli eleganti loft. «Allora i progettisti vedevano nello Schützenmatte un hot spot culturale», spiega Manser, «ma questa parte del progetto non è stata realizzata.» L’idea «access for all» invece è diventata realtà. Un’idea parzialmente realizzata Joe Manser indica il moderno edificio di vetro originariamente concepito per l’ampliamento del vicino museo d’arte. I vincitori dello Schindler Award 2012 volevano collegare la Reithalle a nord, il vecchio museo d’arte a sud e la «House R» in mezzo dando vita a Consegna del primo premio dello Schindler Award 2012 (da sinistra): la moderatrice Mireille Jaton, il membro della giuria prof. Kees Christiaanse, i vincitori Christopher Ruhri, Thomas Buser e Stefan Gant dell’Università tecnica di Berlino (TU Berlino), il CEO di Schindler Jürgen Tinggren e i tutor Christos Stremmenos e Bettina Bauerfeind. «Access for all» Accessibilità non vuol dire solo rampe e ascensori per sostituire le scale. Altrettanto importanti sono quelli che a prima vista sembrano dettagli. I comandi negli ascensori devono essere raggiungibili anche da seduti, l’ascensore deve essere a portata di mano. «Tutto è stato risolto al meglio», commenta soddisfatto Joe Manser. Gli ascensori nel centro congressi di Berna si riconoscono immediatamente e i comandi sono ben raggiungibili sia da persone in piedi che sedute o non vedenti. «Agli studenti di tutta Europa chiamati a confrontarsi con il problematico Schützenmatte nell’ambito dello Schindler Award, noi della giuria chiedemmo che il nuovo quartiere urbano fosse accessibile a tutti gli strati sociali», ricorda Mark Werren. Anche per questo motivo il Centro di accoglienza per tossicodipendenti (Drogen anlaufstelle) di Berna nel 2025 è integrato in un edificio per uffici presso la stazione. Emarginati al centro dell’attenzione Una parte dell’edificio è riservata a chi soffre di dipendenze. «Il Centro di accoglienza è un porto sicuro per i tossicodipendenti», spiega Joe Manser. In questo centro le persone ricevono consulenza, cure e terapie mediche. Per questo è importante che sia posizionato nel cuore della città. Chi lo desidera, può mantenere l’anonimato. Accanto al centro, la vita procede normalmente. Il ristorante e il cortile interno sono accessibili a tutti. Diverse aziende hanno preso in affitto gli uffici sopra il Centro di accoglienza. E quattro piani sopra la strada si trova uno dei più bei giardini pensili di Berna, un punto di osservazione perfetto sulla caotica e frenetica vita urbana. Nuove linee in Berna Dirigendoci verso il ponte Lorraine attraversiamo la Schützenmatt strasse. Ai semafori per i pedoni nella city, la luce verde è accompagnata da una segnalazione acustica. Anche le persone non vedenti o ipovedenti possono così attraversare la strada in tutta sicurezza. Joe Manser indica una tacca impressa sul suolo. «Le strutture e i contrasti aiutano le persone con disabilità visive a orientarsi.» Dal giardino botanico ci giriamo a guardare la city di Berna. L’elegante «House R», l’hotel e il centro congressi, il ponte delle FFS, il quartiere universitario ampliato con il collegamento allo Schützen matte, la Reithalle. Joe Manser sorride. «Ecco qui una vera skyline». Dieci anni fa da qui si sarebbe visto molto meno. n next floor 35 Rubrik Beetham Tower, Manchester Noi vi mettiamo in moto. A Caslano e nelle non immediate vicinanze. Ogni giorno un miliardo di persone utilizza gli ascensori, le scale mobili e le innovative soluzioni di mobilità Schindler. Al nostro successo contribuiscono 45 000 collaboratori in tutti i continenti. www.schindler.ch 36