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i fornitori di contenuti nella televisione digitale terrestre

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i fornitori di contenuti nella televisione digitale terrestre
NOTE
Floris Maria Rimedia Elena
Giornalista on line "Media zone" (Università La Sapienza)
www.mediazone.it
Paolo D'Alesio
Ministero delle Comunicazioni Direzione Generale Regolamentazione del Settore Postale
[email protected]
I FORNITORI DI CONTENUTI NELLA TELEVISIONE
DIGITALE TERRESTRE
(CONTENT PROVIDERS)
S
ommario: questo lavoro analizza i cambiamenti
avvenuti nel settore radiotelevisivo avvenuti negli
ultimi venti anni.In altre parole per avere l'accesso al mercato della televisione digitale, le aziende televisive dovranno gradualmente eliminare il sistema analogico e da ora
lavorare sui loro business plans.Con la tv digitale terrestre
vengono a determinarsi scomposizioni ed aggregazioni di
competenze, responsabilità, segmentazione del business e
regole istituzionali, diverse rispetto a quelle del tradizionale assetto (telecomunicazioni/internet)Il digitale terrestre potrebbe comportare così una maggiore competizione determinando il c.d. "spacchettamento" della catena
del valore stessa.
bstract: this work analyses the major changes
occurred in the italian sectors of radio and television in the last twenty years.On the one hand, to have
access to the market and to the digital terrestrial service,
television companies have to gradually eliminate the electronic analogic systems used up to now and work aut
their business plans.With digital terrestrial television
come aggregations of competencies, responsibilities, business segmentations and regulations which differ from
those of traditional structures (telecommunications and
internet).Digital terrestrial television could thus lead to
greater competition and the breaking of the value chain
itself.
I. Introduzione
Oggi, Internet e i servizi on line sono comunemente utilizzati, anche se alcune ricerche sociali
mostrano che in Italia c'è ancora una bassa percentuale di persone che usano internet.
Come contrastare questa barriera socio-culturale? Una interfaccia più familiare, qual è la televisione
con il telecomando, potrebbe essere una possibile
soluzione per superare quella sorta di diffidenza che
ancora resiste nei confronti dei nuovi media.
Tornando al mondo della televisione, quindi, spicca un elemento: con il digitale terrestre le imprese del
settore sembrano voler recuperare il tempo perduto
e mettersi in linea con gli altri Paesi Europei per la diffusione di un segnale che dovrebbe consentire una
evoluzione del mezzo.
Resta da capire se si parlerà di rivoluzione del
sistema televisivo o, di una semplice evoluzione di un
percorso tecnologico già avviato e reso possibile
dallo sviluppo della tecnologia digitale.
Non vi è alcun dubbio nell'affermare che "la diffusione radio terrestre dei segnali televisivi analogici è
destinata ad evolvere in senso digitale"1
All'inizio del nuovo millennio, la televisione, operando in un mondo altamente tecnologico caratterizzato dalla convergenza multimediale e legato agli sviluppo dell'informatica e delle reti, si apre alla tecnologia digitale.
Superato uno dei più difficili iter legislativi nella
storia del Parlamento italiano, la legge n.112/2004, la
cosiddetta legge Gasparri, ha introdotto una nuova
era per la televisione.
Dopo un periodo di transizione, che prevede l'uso
di entrambe le tecnologie (analogica e digitale), il 31
dicembre 2008 il sistema analogico potrebbe (il condizionale è d'obbligo) essere completamente sostituito dalla tecnologia digitale o numerica, rendendo possibile la convergenza multimediale. La tecnologia digitale consiste in un maggior numero di canali con la
stessa quantità di frequenze e, allo stesso tempo, con
programmi e prodotti multimediali si potranno offrire ai cittadini una varietà di servizi pubblici di facile
accesso.
A
1 M. Dècina, ordinario di reti per telecomunicazioni presso il Politecnico di Milano, rivista Millecanali, marzo 2004.
La Comunicazione - numero unico 2005
79
NOTE
Floris Maria Rimedia Elena - Paolo D'Alesio
Il vero nodo della questione, tuttavia, rimane
quello della durata del periodo di transizione.
Troppo breve rispetto agli altri Paesi Europei, considerato che la data di switch off è fissata per il 31
dicembre 2008.
1. Aspetti giuridici del DTT
E' stata la legge n. 66 del 20 marzo 2001 a rappresentare un primo tentativo per introdurre, in
Italia, una normativa organica relativa alla televisione, che utilizzi la tecnologia digitale terrestre come
veicolo per il superamento del modello di televisione generalista.
La legge 66, infatti, delinea il passaggio in tempi
rapidi (nel quinquennio 2002-2006) del sistema
televisivo italiano dal regime analogico a quello
digitale.
Nessun altro Paese Europeo ha adottato una
legislazione tanto stringente: nei molti casi in cui è
già stata varata una normativa, le trasmissioni digitali terrestri sono riservate a specifici operatori
(variamente selezionati).Tali trasmissioni sono previste come complemento additivo, dotato di proprie frequenze, al sistema analogico, non come sua
immediata sostituzione.
L'adozione dello standard digitale nelle trasmissioni terrestri, che da sempre sono associate all'intera platea delle famiglie, la cosiddetta digitalizzazione del segnale televisivo, costituisce la più
importante innovazione tecnologica nella storia
della televisione. Un'innovazione che ancor più del
colore, della diffusione via satellite o del telecomando, appare in grado di modificare i modi di
consumo, i modelli economici e, quindi, l'assetto
sistematico della televisione. Con la sua scelta, che
insieme accelera i tempi e generalizza i soggetti
coinvolti, il legislatore mostra di voler riorganizzare l'intero sistema televisivo per superare i blocchi
che con il tempo si sono formati al suo interno.
Dando uno sguardo alla televisione digitale
satellitare, vediamo che offre, soprattutto, una proliferazione aggiuntiva di canali tematici che soddisfano i gusti e l'interesse culturale e di svago dei
telespettatori. Questi canali sono, però, specie
quelli con maggior grado di audience, a pagamento
e diretti solo alle c.d. fasce alte della popolazione.
Nella pratica si vuol favorire lo sviluppo della
televisione tematica sull'amento quantitativo e
qualitativo della diffusione e, a differenza della
paytv satellitare, per il digitale terrestre si è scelto
il modello gratuito che rappresenterà "non un'offerta televisiva aggiuntiva ma sostitutiva"2 della
televisione analogica.
Con il digitale terrestre si potrebbe velocizzare
il processo di convergenza multimediale (come
attualmente è in atto per la telefonia e Internet)
attraverso un maggior grado di integrazione tra
settori diversi: la radiotelevisione, l'editoria, le telecomunicazioni e l'informatica.
Per consentire l'avvio dei mercati di programmi
televisivi digitali su frequenze terrestri, con l'art. 2
bis della legge 66 si dà inizio ad una prima fase legata alla sperimentazione, abilitando a questa i soggetti che già esercitano l'attività di radiodiffusione
televisiva.
La sperimentazione, oltre a rappresentare uno
strumento di verifica e di controllo, è volta anche
alla creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo
della nuova tecnologia in funzione di soluzioni economiche e organizzative che possano aiutare a
velocizzare l'avvio dei mercati. Una di queste è data
dalla possibilità di costituire consorzi tra emittenti. Con lo stesso articolo si supera, inoltre, almeno
parzialmente, la rigidità del mercato consentendo il
trading delle frequenze 3.
Un altro aspetto è quello rappresentato dalla
stringente previsione per cui le trasmissioni televisive dei programmi e dei servizi multimediali su
frequenze terrestri devono essere irradiate esclusivamente in tecnica digitale entro l'anno 2008.
In data 15 novembre 2001 l'Autorità per le
Garanzie nelle Comunicazioni approva, con delibera n. 435/01/CONS, il Regolamento previsto
dalla legge 66/2001 relativo alla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale.
La disciplina contenuta nel regolamento risponde ai criteri tecnici contenuti nel "Libro bianco sul
digitale terrestre" 4, presentato dall'Autorità nel-
2 C. Sartori, Presidente di RaiSat, sulla rivista Mediaduemila
3 Per trading delle frequenze, o rivendita, si intende il trasferimento di impianti o di rami d'azienda tra concessionari televisivi in ambito
locale o tra questi e concessionari televisivi in ambito nazionale, a condizione, però, che le acquisizioni siano utilizzate esclusivamente
per l'avvio della sperimentazione in tecnica digitale.
4 Il libro bianco sulla televisione digitale terrestre, Napoli 2000, a cura del comitato per lo sviluppo dei sistemi digitali, istituito con delibera dall'Autorità n. 77/98 del 25 novembre 1998, ha lo scopo di "definire obiettivi, condizioni e modalità di sviluppo in Italia della tecnologia digitale nel campo della radiofonia, della televisione e della multimedialità".
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La Comunicazione - numero unico 2005
l'autunno del 2000 e, ai criteri normativi fissati
dalla legge 66/2001.
La legge 66/2001 e, quindi, anche il
Regolamento, hanno il loro asse portante nella
distinzione tra operatore di rete e fornitore di
contenuti.
Mentre nella televisione analogica gli operatori
sono integrati in linea verticale e svolgono un
ampio arco di attività (dalla gestione della capacità
trasmissiva alla vendita pubblicitaria, fino alla creazione dei contenuti) che li obbliga a costi elevati,
nella televisione digitale dovrebbero agire operatori specializzati che si concentrano sui propri specifici punti di forza e possono così ridurre i costi.
La formale differenziazione fra i soggetti che
operano sul mercato prefigura un settore caratterizzato da barriere all'ingresso più basse di quelle
attuali. Sono poi correlati una serie di caratteri
distintivi della televisione digitale terrestre:
un ampio numero di operatori è posto in
grado di entrare sul mercato televisivo con attività non marginali;
ai consumatori può essere fornita non solo
una gamma più vasta di programmi, ma anche una
crescente varietà di servizi: ciò semplifica e arricchisce il consumo televisivo introducendo in molte
famiglie operazioni inedite (Internet per esempio);
con l'incrocio di programmi e servizi interattivi risulta agevolata l'integrazione con altri settori della comunicazione, in primo luogo l'editoria
e segmenti delle attività Internet: gestione della
pubblicità (per esempio annunci classificati), fornitura di informazioni su misura, notizie e dati di
prossimità sono i segmenti dove più facilmente
l'integrazione può essere sperimentata.
In tale prospettiva s'indeboliscono e possono
estinguersi limiti consolidati del sistema televisivo
italiano, quali il denso affollamento dello spettro
delle frequenze riservato alla radiodiffusione, la
scarsità di operatori a forte solidità finanziaria, il
basso rapporto fra spese di comunicazione e prodotto interno lordo (che può migliorare sia grazie
all'integrazione con altri mezzi, sia per l'uso di servizi interattivi).
Il comma 7 dell'art. 2 bis della legge 66/2001,
che affida all'Autorità la redazione del
Regolamento, individua, quali principi guida per tale
compito, otto "criteri direttivi" ispirati alle finalità
.
.
.
La Comunicazione - numero unico 2005
NOTE
I FORNITORI DI CONTENUTI NELLA TELEVISIONE DIGITALE TERRESTRE
(CONTENT PROVIDERS)
in precedenza indicate:
a) distinzione tra i soggetti che forniscono i
contenuti e i soggetti che provvedono alla
diffusione, con individuazione delle rispettive responsabilità, anche in relazione alla
diffusione di dati, e previsione del regime
della licenza individuale per i soggetti che
provvedono alla diffusione;
b) previsione di norme atte a favorire la
messa in comune delle strutture di trasmissione;
c) definizione dei compiti degli operatori,
nell'osservanza dei principi di pluralismo
dell'informazione, di trasparenza, di tutela
della concorrenza e di non discriminazione;
d) previsione in ogni blocco di diffusione,
oltre ai servizi multimediali veicolati, di
almeno cinque programmi radiofonici o
almeno tre programmi televisivi;
e) obbligo di diffondere il medesimo programma e i medesimi programmi dati sul
territorio nazionale da parte dei soggetti
operanti in tale ambito e, identificazione
dei programmi irradiati, salva l'articolazione, anche locale, delle trasmissioni radiotelevisive della concessionaria del servizio
pubblico;
f) previsione delle procedure e dei termini
di rilascio delle licenze e delle autorizzazioni;
g) previsione del regime transitorio occorrente per la definitiva trasformazione delle
trasmissioni dalla tecnica analogica a quella digitale;
h) obbligo di destinare programmi alla diffusione radiotelevisiva in chiaro.
Dalle norme ora richiamate derivano al regolamento due obiettivi prioritari.
Il primo obiettivo consiste nel suddividere
obblighi, limiti e impegni, che in ambiente analogico pervengono a un unico soggetto (il concessionario), fra i due soggetti (l'operatore di rete dotato di licenza e il fornitore di contenuti dotato di
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NOTE
Floris Maria Rimedia Elena - Paolo D'Alesio
autorizzazione), che la legge 66 prevede operanti
in ambiente digitale.
Il secondo obiettivo consiste nel definire le
norme di applicazione di quanto specificamente
previsto dalla legge 66 per la fase di avvio dei mercati e, nell'indicare il percorso che, attraverso la
fase transitoria, conduce dal regime unitario della
concessione al regime basato sulla coppia licenze/autorizzazione.
Per quanto riguarda la suddivisione degli impegni fra licenze e autorizzazioni, sono quattro i temi
che emergono:
1.
2.
3.
4.
la definizione degli obblighi soggettivi
l'attribuzione dei limiti antitrust
il sistema dei rapporti tra licenziatari e
autorizzati
la modulazione degli impegni lungo l'asse di
distinzione nazionale/locale che la legge
66/2001 considera vigente anche in ambiente digitale.
Sui primi due temi la linea seguita dal
Regolamento è quella di attribuire tutti gli impegni
che riguardano i contenuti editoriali ai soggetti
autorizzati (responsabilità dei programmi, registro
operatori, rispetto delle norme su pubblicità,
quote di emissione, minori), mentre ai licenziatari
sono demandati gli impegni relativi alle attività di
diffusione (progetto radioelettrico, funzionamento
della rete, condivisione delle infrastrutture, soglie
di investimento per la costruzione degli impianti).
Tre le conseguenze principali di questa impostazione.
La prima riguarda gli operatori di rete che, nel
quadro delineato, si configurano come carrier di
contenuti. A loro spetta in primo luogo il compito
di estendere in modo capillare e rapido le reti digitali e, di abituare il pubblico, anche tramite dei fornitori di servizi, alle nuove modalità di uso (installazione dei decoder, servizi interattivi). Ciò avvicina, in molti punti, la normativa per gli operatori di
rete alla normativa delle telecomunicazioni, in particolare vengono adottati i principi cardine del
regime comunitario di fornitura di reti aperte
(ONP).
Per avviare la fase di transizione occorre innanzitutto predisporre l'infrastruttura di comunicazione, occorre cioè rinnovare ciascun sito che compone le attuali reti analogiche. L'infrastruttura di
trasmissione consiste di tutti quegli apparati che, a
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Emittenti a diffusione nazionale
Associazioni di emittenti locali
partire dal segnale generato negli studi di produzione delle emittenti televisive e dai contenuti multimediali forniti dai centri servizi, arrivano ai tralicci su cui sono montate le antenne di diffusione del
segnale televisivo.
La seconda conseguenza riguarda quell'area di
attività attinente soprattutto ai servizi interattivi,
che risulta intermedia tra programmi televisivi e
attività diffusiva.
La terza conseguenza riguarda i rapporti fra le
tre diverse figure di operatori definite nel
Regolamento. In particolare, gli accordi tra operatore di rete e fornitore di contenuti possono assumere notevole incidenza sotto il profilo del pluralismo.
La Comunicazione - numero unico 2005
In sintesi, il Regolamento definisce il nuovo
assetto con una rinnovata catena del valore di
mercato, distinguendo tra operatore di rete, fornitore di contenuti e fornitore di servizi.
Il problema che nasce dalla nuova normativa
riguarda la garanzia della posizione dei fornitori di
contenuti a fronte degli operatori di rete che rappresentano i soggetti forti nel nuovo sistema. Per
questo l'operatore di rete viene autorizzato a stabilire, in un quadro di regole prefissate, gli opportuni accordi tecnici e commerciali con i fornitori di
contenuti e di servizi i cui programmi vengono diffusi attraverso la propria rete, rispettando l'obbligo di non modificare o alterare i programmi.
Successivamente, in data 3 maggio 2004, viene
approvata la legge 112: un provvedimento legislativo che stabilisce i principi generali dell'assetto del
sistema radiotelevisivo nazionale, regionale e locale, adeguandoli alla nuova tecnologia digitale e al
processo di convergenza tra la radiotelevisione e
Indicatori
NOTE
I FORNITORI DI CONTENUTI NELLA TELEVISIONE DIGITALE TERRESTRE
(CONTENT PROVIDERS)
gli altri settori della comunicazione interpersonali
e di massa: telecomunicazioni, editoria, internet.
La legge Gasparri conferma il programma di
transizione al digitale terrestre previsto nella precedente legislatura con la legge 66/2001, e lascia
inalterata la distinzione dei diversi ruoli in operatori di rete, fornitore di contenuti e fornitore di
servizi interattivi.
2. Il fornitore di contenuti
Recita testualmente la legge: - il fornitore di
contenuti è il soggetto che ha la responsabilità editoriale nella predisposizione dei programmi televisivi (o radiofonici) e dei relativi programmi - dati
destinati alla diffusione anche ad accesso condizionato su frequenze terrestri in tecnica digitare, via
cavo o via satellite, o con ogni altro mezzo di
comunicazione elettronica, e che è legittimato a
Televisione
analogica
Digitale
terrestre
Digitale
satellitare
Numero di canali
ricevibili in ogni
area
Per un massimo di
54 canali
Oltre 250 canali
Oltre 1500 canali
Ricevitore
Televisione
analogica
Set-top box o TV
digitale integrato
Proprietario
Qualità di
ricezione
Variabile nell’area
di copertura
Uniforme nell’area Uniforme
di copertura
Fedeltà
audio/video
Variabile da
sufficiente ad
ottima
Ottima
Ottima
Modello
economico
prevalente
Quasi gratuita,
costo del canone
Quasi gratuita,
costo del canone
A pagamento
Programmi a
pagamento
Crittazione debole
Crittazione robusta Crittazione robusta
Servizi interattivi
Unico servizio di
televideo
Si
Si
Servizi interattivi
a pagamento
No
Possibili
Possibili
Tabella I.TV analogica,TV digitale terrestre,TV satellitare digitale a confronto
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NOTE
Floris Maria Rimedia Elena - Paolo D'Alesio
svolgere le attività commerciali ed editoriali connesse alla diffusione delle immagini e dei suoni e
dei relativi dati.
Una figura che, fino ad oggi, si è sovrapposta,
per buona parte, a quella dell'operatore di rete.
Va da sé che il moltiplicarsi dei canali disponibili (pensiamo che ad un canale analogico possono
corrispondere da quattro a sette canali digitali),
proporrà con forza il problema di "cosa trasmettere". Il pluralismo tanto sbandierato dalla legge
Gasparri, senza contenuti, si presenta come una
scatola vuota. A riempire i nuovi canali saranno
sicuramente i carrier, ma solo in parte. La predisposizione di palinsesti, che nella logica dovrebbero essere più a carattere tematico che generalista,
potrà essere un fertile terreno di sviluppo: la classica boccata d'ossigeno per i tanti "disoccupati",
attuali e futuri, della comunicazione.
Certo il passaggio dalla carta alla pratica non è
semplice. Basti pensare che il Ministero delle
Comunicazioni per rilasciare le autorizzazioni ai
nuovi fornitori di contenuti televisivi chiede un
"contributo" e un "canone". Mentre il primo è
stato quantificato (come vedremo più avanti) per il
canone che annualmente dovrà essere versato dai
titolari delle autorizzazioni (canone che varierà a
seconda del bacino d'utenza, o meglio a seconda
del territorio che viene raggiunto dal canale scelto) ancora non è stata stabilita una cifra. Potrebbe
essere altissima o alla portata di piccole imprese,
ma per il momento questo sembra un elemento
che caratterizza il divenire fornitori di contenuti
come un salto nel buio.
Andando per ordine, vediamo cosa occorre
fare, ma soprattutto possedere, per diventare fornitore di contenti.
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2.1. Autorizzazioni per i fornitori di contenuti televisivi
Individuati i fornitori di contenuti, il passaggio
successivo è quello relativo al rilascio dell'autorizzazione da parte del Ministero delle
Comunicazione. L'art. 2 dell'allegato A della delibera 435/01/CONS, parla chiaro. L'autorizzazione
può essere rilasciata:
- in ambito nazionale, alle società di capitali
(SpA o Srl) o cooperative con un capitale
interamente versato (al netto delle perdite)
di almeno 6.200.000 di euro, e che abbiano
non meno di venti dipendenti in regola con
le disposizioni in materia previdenziale;
- in ambito locale, a società di capitali o
cooperative con capitale sociale interamente versato (sempre al netto delle perdite)
pari a 155.000 euro, che abbiamo non meno
di quattro dipendenti in regola con le disposizioni di legge in materia previdenziale;
- Per quanto concerne l'autorizzazione necessaria per trasmette contenuti a carattere
comunitario, in ambito locale, è rilasciata a
fondazioni, associazioni riconosciute o non
riconosciute, ed a società cooperative senza
scopo di lucro.
Dalla forma societaria scelta dal fornitore di
contenuti discendono una serie di differenze. Per
quanto riguarda i contributi che vengono richiesti
al momento del rilascio dell'autorizzazione da
parte del Ministero delle Comunicazioni, vediamo,
infatti, che si parte dalla somma di 5.165 euro per
società di capitali o cooperative che operano in
ambito nazionale. Un contributo ridotto a 516
euro per una autorizzazione limitata ad un bacino
provinciale e a 258 euro per una autorizzazione a
carattere comunitario.
3. Modelli di business per l'emittenza
locale nella DTT
Ad oggi, le caratteristiche essenziali della tv
digitale terrestre su cui può basarsi la sostenibilità
economica del processo innovativo per le emittenti, e la costruzione dei modelli di business,
riguardano tre aspetti principali: la multicanalità,
l'interattività e i cosiddetti contenuti premium,
ovvero la Pay per View.
Per le Tv locali, spesso, l'aumento della disponi-
La Comunicazione - numero unico 2005
bilità di banda, e quindi di canali di trasmissione,
non appare come un vantaggio evidente, dal
momento che, di solito, non sussiste un bisogno
intrinseco di ampliare la programmazione.
L'interattività, a sua volta, specialmente se non
limitata ad alcuni servizi poco sofisticati, rappresenta ancora un'incognita, e in ogni caso richiede
l'impiego di risorse aggiuntive ed esterne, in termini economici e materiali, rispetto al modello consolidato dell'impresa. La vendita di contenuti premium, infine, può rappresentare un terreno percorribile, ma solo nel momento in cui si crei quella base di utenti in grado di riceverli ed interessata a farlo, e che pertanto giustifichi i costi di produzione e di criptaggio degli stessi, nonché della
realizzazione del sistema di vendita.
Le emittenti locali, pertanto, appaiono spesso
ancora perplesse di fronte all'opportunità di investire nella nuova tecnologia, se non per le strette
necessità connesse al mantenimento della licenza,
dal momento che il loro asset fondamentale è
comunque propria la frequenza di cui sono titolari.
Dobbiamo però rilevare che gli editori che non
riescono ad acquisire le infrastrutture e le tecnologie idonee alla trasmissione digitale, potrebbero
essere indotti a vendere le loro aziende a causa
dell'incombente riduzione del valore della frequenza.
A causa della prossima moltiplicazione dei
canali, infatti, il valore commerciale della frequenza
si ridurrà in misura proporzionale al grado di diffusione della nuova tecnologia digitale.
Nell'intento di iniziare un percorso volto ad
identificare i differenti modelli di business che si
possono prospettare nelle direzioni sopra dette, e
per valutarne la sostenibilità economica in base a
realistiche ipotesi di costo e di ricavo, derivate da
contatti con aziende del settore, si è cominciato
con l'esaminare due passi iniziali per lo sviluppo
della DTT da parte delle emittenti locali: l'adeguamento degli impianti e l'eventuale offerta aggiuntiva di servizi informativi senza canale di ritorno (il
cosiddetto "supertelevideo").
I valori di costo stimati si riferiscono ad un
mercato non consolidato, in cui cioè la domanda e
l'offerta sono ancora molto variabili, e con esse i
prezzi dei prodotti/servizi scambiati. In definitiva è
possibile che in una situazione di maggiore equilibrio, più avanti nel tempo, tali valori siano anche
sensibilmente più bassi di quelli qui presentati.
La Comunicazione - numero unico 2005
NOTE
I FORNITORI DI CONTENUTI NELLA TELEVISIONE DIGITALE TERRESTRE
(CONTENT PROVIDERS)
L'esercizio è stato condotto nell'ipotesi di un'emittente a copertura pluri-provinciale. Sono stati
considerati, inoltre, i soli costi incrementali rispetto a quelli sostenuti con la trasmissione in analogico.
Nel caso di semplice ri-programmazione in
digitale del palinsesto trasmesso in analogico, le
voci relative riguardano, essenzialmente, l'adeguamento degli impianti e degli apparati di trasmissione: encoder MPEG, multiplex, hardware e software per il Network Management, il ponte radio digitale completo di parabole e accessori di installazione, il trasmettitore DVB-T e il sistema d'antenna.
Se l'emittente, oltre a provvedere all'adeguamento dei propri impianti, intende fornire su di
essi anche dei semplici servizi informativi, i costi
incrementali, oltre a quelli precedenti, riguarderanno il progetto del servizio nonché la dotazione di
apparati hw e sw specifici per la realizzazione dei
servizi informativi (principalmente object carousel
e applicativo).
In sintesi, possiamo dire che l'incremento complessivo di costo stimato nel caso di un'emittente
a copertura pluri-provinciale risulta compreso
nella fascia 95.000 - 175.000 euro l'anno per la
semplice riprogrammazione in digitale, e 70.000 135.000 euro l'anno per il supertelevideo. I costi
degli impianti possono essere stati, in molti casi,
parzialmente finanziati dai contributi statali derivanti dalla Legge 57/2001 (fino ad un massimo
dell'80%), tuttavia abbiamo preferito non calcolare
gli introiti da tali contributi per considerare il caso
più sfavorevole.
A fronte di tali costi si considerano possibili
incrementi nei ricavi da pubblicità, sia di tipo tradizionale, costituita da spot o televendite, ovvero, nel
caso del supertelevideo, del tipo di quella presente su Internet, rappresentata da banner associati
alle pagine informative, eventualmente "apribili" a
richiesta, per approfondimenti, tramite i tasti colorati del telecomando. I valori considerati per i ricavi sono i seguenti: nel caso di pubblicità tabellare,
circa 50 euro per uno spot di 30 secondi; circa 10
euro al minuto nel caso di televendite; nel caso di
pubblicità associata a servizi informativi (banner),
si può prendere come riferimento il costo medio
della pubblicità su Internet, pari a circa 2.000/3.000
euro l'anno. Ovviamente i ricavi pubblicitari, in
alcune aree del Paese, possono raggiungere cifre
più elevate.
85
NOTE
Floris Maria Rimedia Elena - Paolo D'Alesio
I calcoli sono stati eseguiti semplicemente sommando le voci di costo e di ricavo individuate nei
vari casi. Ne risulta che, nel caso della semplice
riprogrammazione dell'offerta analogica in digitale,
per coprire i costi del solo adeguamento degli
impianti e degli apparati, nonché la loro gestione e
manutenzione, è sufficiente incrementare un
numero compreso tra 6 e 10 gli spot giornalieri (di
30 secondi ciascuno) o di 30-50 minuti al giorno le
televendite. Per coprire anche i costi dei servizi
informativi, attraverso pubblicità del tipo banner,
occorre trovare dai 40 ai 70 clienti per ogni anno
di programmazione.
I valori di incremento della raccolta pubblicitaria richiesti, nel caso di sport e televendite, appaiono generalmente accettabili e, comunque, compatibili con i limiti imposti dalla legge di riassetto del
sistema televisivo. Nel caso di pubblicità a banner
il numero di clienti richiesto può apparire più critico; come a dire che le nuove forme di mercato
introdotte dall'offerta dei servizi informativi non
sembrano sufficienti a coprirne i costi.
Tuttavia, questa innovazione presenta un valore
non quantificato, sia per l'attrattività che può rivestire verso gli utenti, e quindi in termini di possibile incremento indotto (dall'ampliamento di ascolti)
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nella vendita di spazi pubblicitari, sia per il fatto di
aprire la strada a quelle che saranno le nuove
forme di servizio e di pubblicità interattiva della
televisione digitale terrestre, consentendo all'utente di familiarizzare con l'analogo di "click through"
per gli utenti di Internet (l'approfondimento sui
banner), ed al fornitore di sperimentare un'offerta di servizi che può diventare via via più diversificata.
Il passo successivo, infatti, potrebbe essere
quello di inserire un livello minimo di interattività
remota, legata, ad esempio, proprio alla pubblicità
interattiva, che permette, tra le altre cose, di raccogliere periodicamente le informazioni relative
alle richieste, che possono essere rivendute agli
inserzionisti; oppure giochi non sincronizzati al
palinsesto.
Si tratta di servizi che non richiedono particolari livelli di sicurezza e che non sono destinati a
generare elevati picchi di traffico rimanendo, quindi, abbastanza semplici da implementare. Inoltre,
come accennato precedentemente, il passaggio
dall'analogico al digitale, per un operatore titolare
della frequenza, potrebbe determinare una disponibilità di banda notevolmente maggiore di quella
necessaria.
La Comunicazione - numero unico 2005
Tale banda, se non necessaria all'emittente, può
essere affittata a chi, invece, ne sia interessato, sia
che si tratti di un'altra emittente che voglia operare su quella zona (affitto di un canale), sia che si
tratti di privati, che vogliono utilizzarla, a scopi personali ed occasionali, per nuove forme di comunicazione, per brevi periodi di tempo prefissato
(affitto di porzioni di programmazione), generando
cosi ulteriori ricavi senza particolari costi aggiuntivi.
L'innovazione tecnologica rappresentata dal
passaggio completo al digitale per le trasmissioni
televisive potrà avere, comunque, altre positive
ricadute, in termini di sviluppo di nuovi servizi,
creazione o ampliamento dei mercati, in alcuni casi
soprattutto per le emittenti locali.
4. Un'interpretazione possibile
L'evoluzione della televisione dall'analogico al
digitale implicherà lo sviluppo di nuovi contenuti,
di nuove modalità di presentazione degli stessi, di
un nuovo modello di offerta e di diversi sistemi di
fruizione.
Questo indurrà un'evoluzione nell'offerta
dovuta sia all'ingresso di nuove società che forniscono contenuti, sia ad un riposizionamento dei
soggetti tradizionali che dovranno modificare la
loro offerta ed acquisire nuove competenze.
Il broadcaster verticalmente integrato, allo
stesso tempo editore dei contenuti e dei programmi assemblati e gestore degli impianti che li
trasmettono, si troverà a competere con soggetti
nuovi (magari di piccole dimensioni ma fortemente specializzati). Tutto ciò, in virtù della tematicità,
quale caratteristica dominante della televisione
digitale terrestre
Sulla base dell'analisi svolta è possibile affermare che il nuovo scenario televisivo può determinare un rilevante ampliamento dell'offerta di reti e
di programmi.
All'offerta più ampia e più ricca dovrebbe corrispondere un'adeguata domanda che, conseguentemente, dovrebbe consentire un miglioramento
dell'offerta stessa.
Con l'ampliamento della disponibilità di canali,
infatti, si potrebbe risolvere il problema della qualità dei contenuti televisivi.
Ci sarebbe spazio sia per contenuti di alto livello culturale, sia per contenuti più rispondenti a
La Comunicazione - numero unico 2005
NOTE
I FORNITORI DI CONTENUTI NELLA TELEVISIONE DIGITALE TERRESTRE
(CONTENT PROVIDERS)
interessi socio-culturali di massa (tipici della televisione generalista).
La televisione digitale terrestre è un nuovo
mezzo ma, al tempo stesso, si fonda sull'implementazione di tecnologie già in uso su altri media, e
questo rappresenta un suo punto di forza.
Si tratta, com'è noto, di una tecnologia che si
innesta sul precedente sistema televisivo, profondamente radicato nella cultura e nel linguaggio del
nostro Paese.
Attraverso il televisore domestico si accederà
ad una serie di servizi, oggi fruibili solo conoscendo il linguaggio informatico: il televisore diventa un
terminale smart.
Tutto questo semplicemente con l'utilizzo del
telecomando.
Se confermato, tutto ciò potrebbe contribuire
in misura sostanziale alla possibilità di abbattimento del "digital divide".
Pertanto, lo sviluppo di questa tecnologia
potrebbe rappresentare un'opportunità di crescita
per il Paese.
Come possiamo constatare leggendo questo
elaborato, siamo stati costretti a fare un largo uso
del condizionale. Questo perché a fronte dei passi
avanti effettuati sul piano normativo, lo scenario di
mercato presenta elementi di maggiore indeterminatezza, essendo caratterizzato da un livello della
domanda ancora basso, da un'offerta di tipo
sostanzialmente sperimentale, da un elevato livello
di competizione tra le diverse piattaforme, cavo e
satellite in primo luogo, ma in prospettiva anche
sistemi xDSL o fibra.
Sotto il profilo tecnologico, invece, il passaggio
dall'analogico al digitale nella televisione terrestre
si inserisce in un percorso di evoluzione che ha già
interessato le altre piattaforme televisive con la
digitalizzazione, a partire dal 1996, delle reti via
satellite ed in seguito via cavo.
Oggi la digitalizzazione delle reti via satellite è
quasi completa, mentre sul cavo è in corso di realizzazione, contemporaneamente all'introduzione
di sistemi avanzati in fibra ottica.
Il compito delle Istituzioni, quindi, sembra non
essere esaurito: si dovranno definire le regole tecnico-operative della transizione, i tempi, le migliori
modalità di finanziamento e gli incentivi, nonché
promuovere un'offerta innovativa anche attraverso
servizi di pubblica utilità.
Le prime esperienze commerciali dimostrano
la difficoltà di gestire, in ambito esclusivamente pri-
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NOTE
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vato, attività che richiedono ingenti investimenti in
infrastruttura e una lunga fase di sperimentazione.
Da parte pubblica, esistono almeno tre possibili ambiti d'intervento: la regolamentazione del settore, lo stimolo della domanda e la partecipazione
all'offerta di contenuti, sia tramite nuovi servizi da
erogare ai cittadini in via digitale, sia stimolando
l'innovazione in questo campo da parte dei diversi
operatori.
Passiamo ora ai fornitori di contenuti, argomento oggetto di questo elaborato.
Con la TV digitale, abbiamo già detto sopra,
vengono a determinarsi scomposizioni ed aggregazioni di competenze, responsabilità, nuovi business
regole istituzionali diverse rispetto a quelle del tradizionale assetto televisivo.
Abbiamo visto, inoltre, come con queste tendenze, unite alla riduzione dei costi di trasmissione
dovuti alla compressione (che aumenta la capacità
trasmissiva delle reti e abbassa le barriere d'ingresso), si moltiplicano le possibilità di offerta di
nuovi soggetti nel mercato.
Si viene a creare così una nuova catena del
valore in cui la creazione di nuovi contenuti rappresenta l'aspetto cruciale per il successo del
nuovo servizio.
Tenderà, quindi, a consolidarsi la tendenza già in
atto verso la produzione di format multimediali,
concepiti cioè per una distribuzione multipiattaforma (come "il grande fratello"), il cui successo è
legato alla capacità nuova di integrare diversi livelli
di visione in ambito TV generalista,TV digitale, telefonia mobile ed internet.
In questo settore opereranno i produttori televisivi, la cui offerta evolverà comprendendo contenuti del tutto nuovi, come ad esempio i giochi, e
arricchendo quelli tradizionali di funzioni interattive.
Sull'approvvigionamento dei contenuti più interessanti si assisterà ad una forte competizione tra
i service provider.
La moltiplicazione delle possibilità di offerta
favorirà l'ingresso nel settore anche degli editori,
che dispongono di una pluralità di contenuti e
hanno un marchio affermato.
I broadcaster, soggetti che hanno svolto fino ad
oggi la funzione di aggregazione di contenuti,
dovranno fare in modo di svolgere anche una funzione simile a quella del "portale" internet, offrendo servizi e interfacce adeguate che rendano possibile in modo semplice l'acceso ai programmi.
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Per quanto detto sopra, è presumibile che i
"portali" internet possano essere interessati ad
entrare in quest'area, massimizzando il valore delle
proprie competenze e del loro marchio.
Oltre che come fornitori di contenuti, gli editori che possiedono un brand molto affermato, o
con un mercato molto targettizzato, potranno proporsi come aggregatori di contenuti, fornendo tipicamente "un canale" ai service provider, così le
grandi major, possedendo contenuti, e un brand
affermato, potranno, anche loro, proporsi come
aggregatori di contenuti, come già avviene per la
pay tv.
In ultimo i soggetti industriali con forte brand
potrebbero considerare l'ingresso nel mercato
proponendosi come fornitori di canali tematici.
Concludendo, gli enti pubblici potrebbero avere
un ruolo chiave nell'offerta di servizi e (perché
no?) di programmi.
In particolare stiamo pensando alle università,
anche se crediamo sia irripetibile uno sviluppo
della televisione digitale simile a quello che c'è
stato per la rete. La ricostituzione di quel magma
culturale che ha permeato, reso possibile, e modellato la rete delle reti.
Al vertice della costruzione culturale che ha
portato alla creazione di internet ci sono stati,
uniti, i seguenti fattori: la cultura tecno-meritocratica dell'eccellenza scientifica e tecnologica emersa
in sostanza dal mondo accademico, la cultura hacker, le comunità virtuali con la loro capacità di connessioni di ogni tipo che hanno reinventato la
società.
In ultimo la capacità degli imprenditori di internet che hanno scoperto e capito un nuovo pianeta, abitato da innovazioni tecnologiche straordinarie, nuove forme di vita sociale e individui autodeterminati, che nella loro competenza tecnologica
hanno trovato un formidabile strumento di contrattazione di fronte a regole sociali e istituzioni
dominanti.
Questi fattori difficilmente potranno essere
riprodotti e dunque diventare il motore dello sviluppo della nuova tv.
In Italia, dal punto di vista imprenditoriale, il
mercato televisivo è già dominato dai duopolisti
Rai e Mediaset con una percentuale di ascolti superiore del 90%.
Sulla base di questo dato, è possibile dire che il
sistema radiotelevisivo italiano è composto da
queste due aziende, motivo per il quale il settore
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risulta essere prigioniero del proprio mercato televisivo nazionale protetto. Conseguentemente il
sistema audiovisivo risulta essere debole e scarsamente competitivo anche rispetto a quello europeo.
C'è da scommettere che tale situazione è destinata a spostarsi anche sul nuovo mezzo.
Eliminato lo strato culturale imprenditoriale,
potrebbe esserci però la possibilità che a sviluppare ed evolvere siano le altre culture.
Così facendo potrebbe ibridarsi un nuovo
modello complementare e alternativo dello sviluppo e della diffusione della nuova tecnologia televisiva.
L'università, come congiunzione di intelligenze,
esperienze, creatività, e curiosità intellettuale,
potrebbe, svolgere un ruolo da protagonista.
La diffusione di discipline universitarie legate
alla comunicazione, allo spettacolo, la possibilità di
accedere ad un pubblico giovane (il più pregiato dal
punto di vista televisivo), la presenza di intelligenze
ed esperienze tecnologiche diffuse, un brand sotto
certi punti di vista forte, una sorta di tematicità
disciplinare, sono elementi che fanno si che questo
ambiente prima o poi si canditi naturalmente come
possibile fornitore di contenuti o come incubatore
di esperienze cooperativistiche o associazionistiche.
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NOTE
I FORNITORI DI CONTENUTI NELLA TELEVISIONE DIGITALE TERRESTRE
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Dobbiamo considerare però che perché ciò si
realizzi dovrà esserci uno sforzo generale atto
innanzitutto a favorire il nascere e il diffondersi di
una cultura innovatrice e antiburocratica, in parte
simile alla cultura hacker.
Opportuno sottolineare che l'università La
Sapienza di Roma come altre università italiane sta
realizzando una web tv, per raccontare i fermenti
culturali e sociali di uno degli atenei più grandi
d'Europa.
"Questo progetto viene definito Sapienza
Provider, un'idea per reagire alla crisi di contenuti,
ma anche alla stanchezza e mancanza di sintonia,
cioè la difficoltà della vecchia televisione di interpretare il mondo giovanile" dichiara Morcellini in
un articolo pubblicato su "puntocom" di giovedì 19
maggio 2005.
Riguardo alla possibilità che la moltiplicazione
dei canali e la corrispondente esigenza di nuovi
contenuti, crei nuovi spazi per i produttori indipendenti (visto che attualmente carrier e fornitore
di contenuti coincidono), Morcellini afferma senza
mezzi termini che"sembra chiara la necessità di
una rivoluzione anche nel mercato". Una risposta
che ci sembra possa ben sintetizzare e concludere questo breve elaborato.
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NOTE
Floris Maria Rimedia Elena - Paolo D'Alesio
Bibliografia
Libri
-
Ministro delle Comunicazioni e Fondazione Ugo Bordoni, "Lo sviluppo della televisione digitale
terrestre", 2004
Francesco Devescovi, "Principi di economia della televisione", 2003
Strategy e Media Group, "50 anni di spot made in Italy" numero speciale "I quaderni della
Comunicazione", 2004
Hervè Benoit, "Manuale della televisione digitale. MPEG I, MPG 2, Principi del sistema DVB", 2002
Manuel Castells, "Galassia Internet", Feltrinelli 2002
Articoli su riviste e giornali
-
C. Solarino, "Il digitale terrestre visto da vicino", Rivista X Media. Mezzi e messaggi di nuova
generazione6), 2004
C. Sartori, "Digitale terrestre: la televisione alla riscossa", Rivista Media 2000 (5), 2004
Puntocom, "Sapienza Provider", e l'università salvò la vecchia tv generalista, intervista a
Mario Morcelli,
Preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione a Roma, 19 maggio 2005
Sitografia
-
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Autorità delle Garanzie nelle Comunicazioni, http://www.agicom.it
Ministero delle Comunicazioni, http://www.comunicazioni.it
CNIPA, http://www.cnipa.it
Fondazione Ugo Bordoni, http://www.fub.it
Consorzio DVB, http://www.dvb.org
La Comunicazione - numero unico 2005
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