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Separazione prima e seconda pioggia

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Separazione prima e seconda pioggia
Settore Ambiente, Ecologia, Caccia e Pesca
Servizio Acque
Corso Matteotti 3
23900 Lecco, Italia
La disciplina delle acque di prima e seconda pioggia secondo
il Regolamento Regionale 4/2006
Indice
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Attività soggette al Regolamento.............................................................................................1
Caratteristiche tecniche del sistema di separazione delle acque di prima pioggia e seconda
pioggia......................................................................................................................................3
Trattamento e scarico delle acque di prima pioggia ................................................................6
L’applicazione dell’articolo 13 (esenzione dall’obbligo di separazione) ................................7
Acque di seconda pioggia ........................................................................................................9
Razionalizzazione della gestione delle superfici scolanti al fine di semplificare la gestione
delle acque meteoriche ...........................................................................................................10
Acque di lavaggio ..................................................................................................................10
Limiti allo scarico e modalità di campionamento ..................................................................11
***
Con il regolamento regionale 4/20061 la Regione Lombardia ha disciplinato la separazione, il
trattamento, e lo scarico delle acque di prima e seconda pioggia provenienti da attività produttive,
dando attuazione alla delega in materia prevista prima dall’articolo 39 del D.lgs. 152/99 e poi
dall’analogo articolo 113 del D.lgs. 152/06. Di seguito, si passeranno in rassegna i passaggi chiave
del regolamento, chiarendone e commentandone le modalità applicative.
1. Attività soggette al Regolamento
In primo luogo, appare opportuno fare qualche considerazione sulle attività che risultano soggetto al
regolamento in esame. Le attività sono elencate all’articolo 3, c. 1, lettere a), b), c), e d).
Rispetto alle attività di cui alla lettera a), l’articolo prevede che esse siano soggette al regolamento
solo qualora dispongano di superfici scolanti di estensione superiore a 2.000 mq, calcolata
escludendo le coperture e le aree a verde.
A questo riguardo, si ritiene che il calcolo debba essere condotto considerando l’estensione
complessiva delle superfici scolanti dello stabilimento produttivo. Si ritiene, cioè, che la soglia dei
2000 mq, non costituisca un riferimento da confrontare con superfici scolanti parziali interne
all’insediamento ma con la somma di tutte le superfici scolanti dello stesso. Se così non fosse,
sarebbe possibile una suddivisione artificiosa della superficie scolante complessiva
dell’insediamento in modo da ottenere porzioni inferiori a 2000 mq. Ma in tal modo si aggirerebbe
1
Pubblicato su BURL – 1° Supplemento Ordinario – 28 marzo 2006.
1
Codice versione: RR 4-2006 - 01/12/2009
la finalità del regolamento di assoggettare alle sue disposizioni le attività di dimensioni più
significative, che possono determinare un maggiore impatto inquinante, e dove, quindi, è opportuno
prevedere gli oneri per una corretta gestione delle acque meteoriche.
Sull’elenco, poi, qualche ulteriore considerazione la meritano alcune categorie quali l’industria
petrolifera, l’industria del trattamento e del rivestimento di metalli, e le aree intermodali.
Quanto alla prima, la norma non fa distinzioni rispetto allo stato fisico dei prodotti petroliferi
lavorati e/o gestiti. Pertanto, secondo il regolamento, le attività appartenenti a tale categoria sono
sempre da assoggettare alla norma in esame. Si ritiene, però, che nell’applicazione delle
disposizioni del regolamento, non si possa prescindere dallo stato fisico dei suddetti prodotti. Ad
esempio, nel caso di un centro di stoccaggio ed imbottigliamento di GPL2, attività che secondo i
codici ATECO 2007 rientra nella categoria più generale dell’industria del petrolio, sarà inutile
prescrivere la separazione delle acque di prima pioggia, dal momento che una sostanza allo stato
gassoso non può andare a depositarsi superficialmente sulla pavimentazione dell’insediamento. Si
potrà, pertanto, in un caso del genere applicare l’articolo 13 del Regolamento (si veda più avanti).
Per quanto concerne l’industria del trattamento e del rivestimento di metalli, è stato sollevato il
dubbio se nella categoria in esame debbano essere incluse solo le attività che effettuano lavorazioni
di tipo chimico o anche fisico/meccanico sui metalli e sulle loro leghe. Si ritiene che in questa
categoria debbano essere sicuramente incluse anche le aziende che operano il trattamento
fisico/meccanico dei metalli (es. Trafilerie). L’esperienza, infatti, dimostra che anche il semplice
stoccaggio di metalli ossidabili all’aperto può comportare la presenza significativa di ossidi di ferro
(e non solo) nelle acque meteoriche di dilavamento di tali materiali.
Relativamente alle aree intermodali, appare solo il caso di chiarire che si tratta delle aree dove
avviene un cambio nei sistemi di trasporto delle merci (es. da aereo o treno a trasporto su gomma).
La categoria di cui alla lettera c) del comma in esame comprende le superfici scolanti destinate al
carico ed allo scarico e alla distribuzione dei carburanti ed operazioni connesse e complementari nei
punti vendita delle stazioni di servizio per autoveicoli. La prima precisazione da fare è che la
categoria riguarda espressamente i punti vendita e non anche le stazioni di rifornimento di
carburante all’interno di stabilimenti privati. Con circolare approvata con D.d.g. 8056 del 18 luglio
20073, è stato precisato da Regione Lombardia che “le operazioni connesse e complementari sono
da mettere in relazione al carico e alla distribuzione dei carburanti, e, pertanto, non è possibile
applicare le citate disposizioni all’intera superficie della stazione di servizio senza adeguata
valutazione del rischio di dilavamento delle sostanze caratteristiche dell’attività”. In sostanza, la
circolare stabilisce che, di norma, la separazione ed il trattamento delle acque di prima pioggia
dovranno essere riferiti solo alle superfici scolanti dove avviene il carico e la distribuzione del
carburanti. In realtà, per la quasi totalità dei casi non dovranno essere previste nemmeno per tali
superfici, dal momento che sono quasi sempre coperte da tettoia.
Qualche ulteriore considerazione merita, infine, la categoria di cui alla lettera d) che comprende
tutte le superfici scolanti “specificamente o anche saltuariamente destinate al deposito, al carico,
allo scarico, al travaso e alla movimentazione in genere delle sostanze di cui alle tabelle 3/A e 5
dell’allegato 5 al d.lgs. 152/19994”.
2
Che a temperatura e pressione ambiente è allo stato gassoso.
Pubblicata su BURL serie ordinaria n. 31 del 30 luglio 2007.
4
Come noto il d.lgs. 152/99 è stato abrogato e le tabelle a cui ora si deve fare riferimento sono le analoghe tabelle 3/A e
5 dell’allegato 5 alla parte terza del d.lgs. 152/06.
3
2
Codice versione: RR 4-2006 - 01/12/2009
Pressoché tutti gli stabilimenti impiegano e/o movimentano almeno una delle sostanze in parola.
Infatti, tra le sostanze in esame sono compresi anche gli “Oli minerali persistenti e gli idrocarburi di
origine petrolifera persistenti”. Così basta avere stoccato ed utilizzare qualche fusto di olio minerale
per rientrare formalmente nella categoria in questione.
Si ritiene, tuttavia, improprio applicare le disposizioni del regolamento in parola nei casi in cui il
deposito e la movimentazione in genere delle sostanze sopra indicate avvengano con presidi di
sicurezza idonei (es. in contenitori chiusi muniti di bacini di contenimento a norma) ed in modo tale
che esse non possano venire a contatto in alcun modo con le acque meteoriche (es. stoccaggi sotto
tettoia) e non possano essere disperse sulla pavimentazione. Infatti, in casi del genere, non si può
avere contaminazione sistematica delle superfici scolanti da parte di queste sostanze, e, quindi, non
ha senso raccogliere e trattare le acque di prima pioggia che le dilavano.
Le suddette sostanze, se gestite con gli accorgimenti sopra indicati, possono determinare una
contaminazione delle superfici scolanti solo in caso di incidente. Non ha senso, tuttavia,
fronteggiare eventi del genere predisponendo sistemi di raccolta e trattamento a priori, dal momento
che non è possibile conoscere anticipatamente quale esatta sostanza ed in quale quantitativo si
riverserà sulla superficie in occasione dell’incidente, e, quindi, non è possibile dimensionare
l’eventuale impianto di trattamento. Inoltre, gli impianti di trattamento sono pensati, di norma, per
separare i contaminanti dalle soluzioni acquose, e, quindi, un simile depuratore risulterebbe
inefficace rispetto ad una soluzione pura, o, comunque, a base non acquosa, di un dato liquido
versato. Si ritiene piuttosto che, oltre alla corretta gestione di tali sostanze come sopra indicato,
questi eventi debbano essere fronteggiati attraverso ulteriori sistemi di sicurezza a valle (ad es.
valvole e saracinesche di intercettazione sulle condotte di scarico delle acque meteoriche o reflue,
vasche di emergenza a tenuta), e soprattutto attraverso procedure d’emergenza aziendali che
garantiscano il pronto intervento degli operatori in tali situazioni.
2. Caratteristiche tecniche del sistema di separazione delle acque di
prima pioggia e seconda pioggia
Uno degli aspetti del regolamento che sta incontrando più difficoltà di comprensione è la logica di
funzionamento dei sistemi di separazione5 delle acque di prima pioggia prevista dalla norma in
esame. Approfondiamo la questione.
Il sistema di separazione previsto dal regolamento presuppone che le acque di prima pioggia siano,
in primo luogo, correttamente raccolte da un’apposita rete di condotte. A questo scopo, la rete deve
raccogliere e convogliare al sistema di separazione solo le acque meteoriche di dilavamento dei
piazzali (all’interno delle quali sono comprese le acque di prima pioggia) e non anche le acque
raccolte dai pluviali, ovvero le acque meteoriche che dilavano le coperture (tetti, pensiline, e
terrazzi). Ciò oltre che da considerazioni di tipo tecnico6, deriva dal fatto che l’articolo 5 c. 3 del
regolamento prevede che “alle acque meteoriche di dilavamento deve essere destinata una apposita
rete di raccolta”. Il termine apposita, il riferimento esclusivo alle acque meteoriche di dilavamento
5
Si ricorda che oltre ai casi contemplati all’articolo 13 del regolamento (si veda più avanti), la separazione delle acque
di prima pioggia può essere evitata solo nel caso in cui le acque meteoriche di dilavamento provengano da superfici
contaminate da idrocarburi di origine minerale (art. 5 c. 4). In tal caso, è possibile prevedere il trattamento dell’intero
volume di pioggia, in impianti dimensionati sulle portate di punta raccolte dalla rete.
6
Se nelle reti suddette vi fosse la commistione tra acque meteoriche di dilavamento ed acque pluviali, i sistemi di
separazione alla fine delle reti, ovviamente, non sarebbero in grado di isolare dalla miscela l’aliquota delle acque
meteoriche di dilavamento corrispondente alla prima pioggia. Né risulterebbe corretto sovradimensionare le vasche di
prima pioggia per contenere in esse il maggior volume dovuto alle acque pluviali perché questo comporterebbe la
diluizione delle acque di prima pioggia. La riduzione dei limiti allo scarico, in relazione all’entità della diluizione,
risulterebbe, peraltro, problematica, dal momento che in molti casi potrebbe comportare l’individuazione di limiti
inferiori a quelli normalmente conseguibili dagli impianti di trattamento, con necessità di adozione di fasi di trattamento
particolarmente spinte.
3
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(e non anche alle acque pluviali) e la definizione di acque meteoriche di dilavamento7 chiariscono
che la rete non può raccogliere le acque meteoriche provenienti dalle coperture.
Va anche chiarito che le superfici scolanti devono essere tutte impermeabilizzate, per espressa
disposizione dell’articolo 5 c. 1, e ciò a prescindere dal successivo obbligo o meno di separare e
trattare la prima pioggia. Del resto, se così non fosse, una parte della prima pioggia (e non solo) non
verrebbe correttamente raccolta dalla rete ma percolerebbe nel sottosuolo.
La rete deve essere dimensionata8 in modo tale da convogliare sempre le acque meteoriche di
dilavamento (prima e seconda pioggia) a prescindere, entro limiti ragionevoli, dal valore della
portata che caratterizza tali acque. Infatti, non si deve verificare lo scolmo di parte delle acque di
prima pioggia (es. da eventuali troppo pieni sulla rete) solo perché la precipitazione che le forma
comporta valori di portata superiori alla capacità di trasporto delle condotte. A tal fine, dovranno
essere considerati i classici metodi di calcolo delle portate di piena alle sezioni di chiusura della rete
proposti in letteratura (es. metodo razionale), assumendo nei calcoli ragionevoli tempi di ritorno
(dell’ordine dei 10 anni)9.
La rete di raccolta deve, quindi, convogliare le acque alle vasche del sistema di separazione delle
acque di prima pioggia. In primo luogo, tali vasche devono essere a perfetta tenuta (art. 5 c. 2). Le
vasche devono avere un volume pari a 50 m3 per ogni ettaro (10.000 m2) di superficie scolante10.
Il volume in questione, corrispondente al volume delle acque di prima pioggia, è quello, in sostanza
che secondo il legislatore regionale risulta necessario a garantire, nella maggior parte dei casi11,
l’asportazione dalla superficie scolante delle sostanze solubili ed insolubili depositatesi sulla
superficie nel tempo intercorso dalla fine del precedente evento meteorico. Si noti che teoricamente
il volume in questione ed il riempimento della vasca può essere raggiunto con una sola
precipitazione (probabilmente la maggior parte dei casi) o con più precipitazioni, che in base
all’articolo 2 c. 1. lett. a) faranno parte del medesimo evento meteorico.
In base al successivo comma 3, le vasche devono essere munite di un sistema di alimentazione che
le escluda automaticamente a riempimento avvenuto. Esso potrà essere costituito da una valvola o
paratoia che viene chiusa automaticamente da un dispositivo che segnala l’avvenuto riempimento
della vasca (sensore di livello, o in casi limitati – vedi dopo – da un semplice galleggiante).
Solo a vasca piena e valvola, quindi, chiusa, potrà attivarsi lo scarico delle acque eccedenti (acque
di seconda pioggia). Lo scarico della seconda pioggia (ad esempio per semplice troppo pieno in
apposito pozzetto a monte del sistema di esclusione della vasca) dovrà essere realizzato in maniera
tale da garantire di non attivarsi prima del riempimento della vasca, per raggiungimento delle
portate di piena convogliabili dalla rete calcolate come in precedenza indicato.
Alla luce dei passaggi della norma regionale appena richiamati, appare, quindi, chiaro che non sono
conformi al Regolamento Regionale 4/06 i sistemi di separazione delle acque di prima pioggia che
7
Le acque meteoriche di dilavamento sono definite all’articolo 2, c. 1, lettera b) della norma come la parte di acque di
una precipitazione che dilava le superfici scolanti, e le superfici scolanti (cfr. lettera f medesimo comma) sono l’insieme
di tutte le superfici scoperte di un insediamento. Risulta quindi chiaro che le acque meteoriche di dilavamento non
includono le acque pluviali, per le quali, peraltro, è prevista apposita e distinta definizione alla lettera e) del comma.
8
Su questo punto, la disposizione di cui all’articolo 5 comma 3, secondo periodo appare un po’ sbrigativa, invitando, in
sostanza, a considerare, al fine di individuare l’intensità di pioggia critica, un tempo di corrivazione della rete sempre
pari a 15 minuti, a prescindere dalle reali dimensioni dell’insediamento. Inoltre, tenuto conto che la rete deve
raccogliere, come detto, solo le acque meteoriche di dilavamento delle superfici scolanti che devono essere tutte
impermeabilizzate, non si capisce la necessità di precisare dei coefficienti di afflusso per aree permeabili. Infine, non
vengono date indicazioni rispetto ai tempi di ritorno da considerare nell’individuazione dei dati pluviometrici da
assumere alla base della progettazione.
9
Il tempo di ritorno nei calcoli delle portate di piena viene scelto in base ai rischi in gioco in caso di
malfunzionamento/cedimento dell’opera in progetto.
10
In modo da raccogliere integralmente e solo (salvo maggiorazioni per le seconde piogge – vedi più avanti) le acque di
prima pioggia il cui volume (cfr. articolo 2 c. 1 lett. c) è il risultato dei primi 5 mm di pioggia che cadono nella prima
parte di un evento meteorico moltiplicati per la superficie scolante servita dalla rete.
11
Se non viene ritenuta contaminata anche la seconda pioggia.
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si basano sullo scolmo delle portate che eccedono un certo valore (cosiddetti scaricatori di piena).
Infatti, in base al regolamento regionale deve essere separato dal volume di pioggia complessivo
relativo all’intera precipitazione, un volume definito (prima pioggia), a prescindere dal valore di
portata con cui questo volume viene convogliato nella rete di raccolta.
A questo punto, appare necessario chiarire fino a quando esattamente il sistema di esclusione della
vasca di prima pioggia debba impedire la nuova alimentazione della vasca di prima pioggia. La
prima pioggia secondo il regolamento corrisponde ai primi 5 mm di pioggia caduti in occasione di
un evento meteorico. Un “evento meteorico” in base all’art. 2 c. 1, è costituito da una o più
precipitazioni atmosferiche, anche tra loro temporalmente distanziate, di altezza complessiva di
almeno 5 mm, che si verifichino o che si susseguano a distanza di almeno 96 ore da un analogo
precedente evento. Ne consegue che affinché si sia di fronte ad un nuovo volume di prima pioggia è
necessario che finisca l’evento meteorico che ha portato alla formazione del volume in precedenza
invasato, di modo che la nuova precipitazione appartenga al nuovo evento. La cessazione di un
evento avviene secondo il regolamento solo se, dopo la fine dell’ultima precipitazione e l’inizio di
una nuova, sono trascorse almeno 96 ore. Ovvero, se ricomincia a piovere ad esempio dopo 50 ore
la nuova precipitazione farà ancora parte dell’evento meteorico che ha portato alla formazione del
volume di prima pioggia invasato, ed i mm di pioggia che cadono con tale nuova precipitazione
sono da considerarsi a tutti gli effetti ancora come seconda pioggia di tale evento. Si capisce che il
legislatore regionale ha ritenuto necessario l’intercorrere almeno di tale intervallo di 96 ore per
avere uno sporcamento della superficie scolante tale da giustificare la separazione delle acque di
prima pioggia della successiva precipitazione atmosferica.
Alla luce di tali considerazioni, risulta quindi chiaro che la valvola/paratoia deve rimanere chiusa ed
escludere l’alimentazione della vasca di prima pioggia fino a quando non sono trascorse 96 ore
dall’ultima precipitazione. È evidente, allora, che il sistema di separazione della prima pioggia deve
essere provvisto di un sensore di pioggia collegato ad un timer. Quest’ultimo deve avviarsi
nell’istante in cui il sensore di pioggia segnala la fine della precipitazione. Quando il conteggio del
timer ha raggiunto la novantaseiesima ora deve esserne informata una centralina di comando che
deve dare, quindi, il consenso alla riapertura della valvola ed alla nuova alimentazione della vasca.
Quest’ultima, ovviamente, nel frattempo deve essere stata svuotata. Se ricomincia a piovere prima
che siano trascorse le 96 ore, il conteggio del timer si deve azzerare per avviarsi di nuovo al termine
della nuova precipitazione.
Una semplificazione parziale del sistema sopra descritto, che ancora può essere ritenuta
sostanzialmente conforme al regolamento, consiste nel non installare una paratoia/valvola
elettronica/motorizzata subito a monte della vasca di prima pioggia, ma una paratoia/valvola
meccanica comandata da un galleggiante posto nella vasca che rileva il riempimento della stessa e
chiude la paratoia/valvola12, a riempimento avvenuto. In tal caso, la riapertura della paratoia/valvola
si verifica quando il livello nella vasca inizia a calare perché inizia lo svuotamento della vasca. Con
tale sistema, si può, allora, impostare lo svuotamento della vasca in modo che termini allo scadere
della novantaseiesima ora dalla fine dell’ultima precipitazione ed inizi ad una distanza di tempo da
tale termine pari alla durata dello svuotamento. Ad esempio, se lo svuotamento della vasca richiede
15 minuti, l’inizio dovrà avvenire a 95h,45’ dalla fine della precedente precipitazione. In questo
modo, il galleggiante chiuderà il sistema di alimentazione della vasca fino all’inizio dello
svuotamento, ed allo scadere della novantaseiesima ora verrà ripristinata completamente la capacità
di invaso della vasca, e la paratoia/valvola saranno in posizione di apertura, garantendo quindi la
possibilità di alimentare al vasca. La parziale non conformità al regolamento è limitata al periodo di
12
In ogni caso, si ritiene che il sistema automatico di esclusione della vasca (paratoia/valvola) debba essere per forza
previsto. Non si ritiene possibile, cioè, che l’attivazione dello scarico delle acque di seconda pioggia sia determinata
semplicemente per rigurgito dalla vasca di prima pioggia. Infatti, in tal caso si avrebbe comunque una diluizione tra le
acque di prima pioggia invasate e le acque di seconda pioggia ulteriormente affluenti dalla rete.
5
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svuotamento della vasca, in quanto, se inizia nuovamente a piovere in tale periodo13, le acque che
verrebbero alimentate alla vasca fino al nuovo riempimento risulterebbero essere acque di seconda e
non di prima pioggia. Se la durata dello svuotamento è contenuta (1 – 2 ore), la probabilità che inizi
nuovamente a piovere proprio in questo momento appare piuttosto bassa, e l’approssimazione di
questo tipo di soluzione può ritenersi accettabile. Lo svuotamento della vasca di prima pioggia
deve, però, interrompersi se si mette a piovere durante tale fase, per evitare il possibile
convogliamento di acque di seconda pioggia a trattamento depurativo.
Infine, a conclusione di questo paragrafo relativo alle caratteristiche tecniche del sistema di
separazione delle acque di prima pioggia, va segnalato che il regolamento non fornisce alcuna
esplicita indicazione sulle modalità di separazione delle acque di prima pioggia nel caso di recapito
in fognatura14.
Si ritiene che, fatta salva l’applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 13 nei casi ivi contemplati,
sia corretto applicare lo stesso criterio di separazione delle acque di prima pioggia indicato dal
citato articolo 5, anche nel caso di recapito della prima pioggia in fognatura (nera o mista), qualora
il recapito della seconda pioggia sia diverso (rete bianca, corpo d’acqua superficiale, suolo).
Diversamente, infatti, parte della prima pioggia potrebbe essere recapitata in corpo d’acqua
superficiale, rete bianca o suolo e non in fognatura, oppure parte della seconda pioggia potrebbe
essere recapitata in fognatura e non nei suddetti recapiti, con conseguenze sull’ambiente (nel primo
caso) o sugli impianti finali di trattamento (nel secondo caso).
3. Trattamento e scarico delle acque di prima pioggia
Una volta invasate, le acque di prima pioggia devono essere trattate in idonei impianti di
depurazione prima dello scarico, al fine di raggiungere i limiti di concentrazione degli inquinanti
previsti. È importante evidenziare che il regolamento (cfr. articolo 6 c. 1) prevede che il trattamento
delle acque di prima pioggia possa avvenire separatamente o congiuntamente alle restanti acque
reflue, su indicazione dell’autorità che rilascia l’autorizzazione allo scarico15.
Per quanto riguarda lo scarico di tali acque, esso può avvenire solo in condizioni di tempo asciutto,
in caso di recapito in un corpo d’acqua superficiale (cfr. art. 6 c. 2). Ne consegue quindi che, di
norma16, anche lo svuotamento della vasca di prima pioggia potrà avvenire solo in tali condizioni.
Si sottolinea come la disposizione valga solo se lo scarico recapita in corpo d’acqua superficiale, e
non anche sul suolo o in fognatura. Probabilmente, la norma mira a ridurre le portate scaricate
durante gli eventi meteorici per contenere i fenomeni di dissesto idraulico, utilizzando le vasche di
prima pioggia come vasche di parziale laminazione delle portate meteoriche scaricate17. Nel caso di
scarico in fognatura, dovrà essere il gestore della rete ad imporre per lo scarico delle acque di prima
pioggia portate e modalità di scarico compatibili con la capacità idraulica della rete e dell’impianto
di trattamento finale.
Il Regolamento, inoltre, prevede (cfr. art. 7 c. 1) il seguente ordine di recapito preferenziale per lo
scarico delle acque di prima pioggia:
13
La nuova precipitazione fa ancora parte del precedente evento meteorico e le acque meteoriche raccolte dalla rete
sono per il regolamento ancora acque di seconda pioggia.
14
Il comma 2 dell’articolo 5 fa riferimento esclusivamente al recapito in corpo d’acqua superficiale ovvero sul suolo o
negli strati superficiali del sottosuolo.
15
Nel formulare tale indicazione deve essere considerato anche quanto previsto dall’articolo 108 c. 5 del D.lgs. 152/06,
in merito al trattamento delle acque reflue contenenti sostanze pericolose.
16
Ovvero, a meno di non disporre di altri serbatoi di accumulo tra la vasca di prima pioggia e l’impianto di trattamento,
o tra quest’ultimo e lo scarico.
17
Si rammenta, comunque, che nel caso di recapito in corpo d’acqua superficiale, oltre all’autorizzazione allo scarico
relativa alla qualità delle acque scaricate ex D.lgs. 152/06 (e R.R. 4/06), è necessario acquisire l’autorizzazione idraulica
ex R.D. 523/1904 in cui sarà valutata la compatibilità idraulica della portata scaricata con le condizioni del recettore.
6
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1) rete fognaria (pubblica) mista o nera
2) corpo d’acqua superficiale
3) suolo e strati superficiali del sottosuolo.
Va sottolineato a questo proposito che si tratta di un ordine preferenziale e non di un ordine
inderogabile, tanto è vero che l’articolo 9 c. 3 prevede la possibilità di formulare richiesta motivata
di deroga a tale sequenza. Tipico sarà il caso dello stabilimento industriale ubicato in zona servita
da rete fognaria pubblica, che, però, risulta idraulicamente inadeguata a riceverne lo scarico delle
acque di prima pioggia, anche considerando il valore minimo di portata con cui tale scarico può
essere effettuato.
4. L’applicazione dell’articolo 13 (esenzione dall’obbligo di separazione)
Un articolo assai importante del regolamento regionale in esame è il numero 13 che detta
disposizioni particolari per le superfici scolanti a ridotto impatto inquinante. È evidente, infatti, che
negli insediamenti in cui si svolgono le attività di cui all’articolo 3, non tutte le superfici sono
adibite alle medesime operazioni, e quelle svolte su alcune (o eventualmente anche su tutte le
superfici, in casi particolari) non producono una significativa contaminazione delle acque
meteoriche di dilavamento.
Pertanto, l’articolo prevede che per gli insediamenti in cui si svolgono le attività di cui alle lettere a)
e b) dell’articolo 3 c. 1, sia possibile presentare la motivata richiesta di non essere assoggettati alle
disposizioni del presente regolamento che disciplinano la separazione e il trattamento delle acque
di prima pioggia (cfr. anche art. 9, c. 4, lett. b) e c. 5, lett. d)).
In primo luogo, va sgombrato il campo da un possibile equivoco. Non si tratta di una richiesta di
esenzione totale dal Regolamento, ma solo dalle disposizioni dello stesso in ordine all’obbligo di
separazione e trattamento delle acque di prima pioggia. Tanto è vero che il comma 3 dell’articolo
13 in parola, prevede, comunque, che venga rilasciata autorizzazione allo scarico per le acque di
prima pioggia nei casi in parola, ma senza prescrivere separazione e trattamento di tali acque.
In secondo luogo, va segnalato che il regolamento stabilisce che l’esenzione dall’obbligo di
separazione e trattamento delle acque di prima pioggia si può applicare solo nel caso degli
insediamenti dove si svolgono le attività di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 3 c. 1. Francamente
appare discutibile la mancata estensione dell’articolo anche alle attività di cui alle lettere c) e d), dal
momento che anche in queste vi possono essere superfici a ridotto impatto inquinante sulle acque
meteoriche.
Considerando, comunque, l’applicazione di tale articolo, si può ritenere che vi siano alcune
tipologie di aree a cui sicuramente la disposizione risulta applicabile senza particolari
approfondimenti. In questa tipologia rientrano18:
a) le superfici scolanti degli insediamenti esclusivamente adibite a parcheggio dei
veicoli dei dipendenti
b) le superfici scolanti degli insediamenti dove non sono previsti stoccaggi di materie
prime e/o rifiuti e dove avviene al limite il solo transito (e non il carico e lo scarico)
dei mezzi aziendali (che ovviamente deve avvenire nel rispetto delle norme sul
trasporto)
c) le superfici scolanti dove gli stoccaggi e le relative aree di carico e scarico sono
coperti, provvisti di bacini di contenimento a norma, e senza possibilità di
dispersione sulla superficie scolante delle sostanze stoccate.
d) le superfici scolanti dove avviene lo stoccaggio di materiali che per il loro stato non
possono determinare, anche se esposti al dilavamento meteorico, particolare
contaminazione delle acque di prima pioggia (es. tronchi d’albero, piastrelle,
mattoni, manufatti prefabbricati in cemento).
18
Ad indirizzi analoghi si perviene nel documento di Arpa Emilia Romagna “Linee Guida della Direzione Tecnica –
Criteri di Applicazione DGR 286/05 e 1860/06 Acque meteoriche e di dilavamento” LG28/DT.
7
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In questi casi, potendo dispensare il titolare dello scarico dall’obbligo di separazione e trattamento
delle acque di prima pioggia, si potrà anche dispensarlo dall’obbligo correlato di avere una rete di
raccolta delle acque meteoriche in cui risultano convogliate le sole acque provenienti dalle superfici
scolanti e non anche le acque pluviali.
Si noti che, ovviamente, anche queste aree, come tutte le aree urbanizzate, presenteranno un certo
livello di contaminazione delle relative acque di prima pioggia, comparabile, però, a quello di altre
analoghe aree pubbliche, per cui, di norma, non è prevista la separazione ed il trattamento delle
suddette acque (e risulterebbe peraltro assai problematico prevederlo).
In tutti gli altri casi, la richiesta deve provare la non contaminazione delle acque meteoriche di
prima pioggia provenienti dalla porzione della superficie scolante in esame. L’articolo 13 non
fornisce indicazioni tecniche precise sulle modalità con cui il richiedente deve dimostrare l’assenza
di contaminazione per le acque in questione. È chiaro che dal punto di vista tecnico la difficoltà
principale è quella di poter raccogliere un campione delle acque di prima pioggia, in mancanza di
un sistema di separazione di tali acque. In tali casi, prima di effettuare ulteriori approfondimenti si
potrà procedere ad un esame ispettivo delle superfici in questione da parte dell’Autorità preposta al
rilascio dell’autorizzazione e/o dell’ARPA. Molto spesso la valutazione visiva della superficie
risulta il metodo più pratico per decidere in merito alla possibilità di applicare l’esenzione o meno
per determinate superfici.
Nel caso, invece, in cui l’ispezione non chiarisca definitivamente la situazione, due sono le possibili
soluzioni tecniche per campionare ed analizzare le acque di prima pioggia di superfici sospette, in
mancanza di sistemi di separazione. In ambedue i casi, il campionamento dovrà essere effettuato
mediante un campionatore automatico. Al fine di consentire al campionatore di campionare le acque
di prima pioggia, si potrà prevedere che:
a) il campionatore sia comandato da un pluviometro e da un sensore di pioggia. Il sensore
dovrà rilevare l’inizio della precipitazione atmosferica e dare avvio al campionamento. Il
pluviometro dovrà rilevare il raggiungimento di un’altezza di pioggia pari a 5 mm per porre
fine al campionamento19.
b) il campionatore sia comandato da un misuratore di portata20. Il misuratore di portata darà
avvio al campionamento nel momento in cui rileva un valore di portata diverso da zero, e lo
arresterà nel momento in cui il volume d’acqua contabilizzato dall’inizio dell’evento
meteorico risulterà pari al volume di prima pioggia.
Non volendo installare in associazione con la strumentazione di cui sopra anche un timer per la
verifica che siano trascorse 96 ore dalla fine della precedente precipitazione quando il campionatore
inizia a campionare, si potrà procedere all’analisi del campione prelevato dal campionatore solo nel
caso in cui si sia empiricamente constatato il rispetto di tale condizione.
Nel caso di superfici scolanti per cui esiste il sospetto di contaminazione delle acque di prima
pioggia, risulta indispensabile che la rete di raccolta delle acque meteoriche sia esclusivamente
adibita alla raccolta di quelle provenienti dalle superfici scolanti e non anche delle acque pluviali,
altrimenti verrebbe inficiata l’affidabilità dell’indagine analitica sopra descritta.
19
L’estremità del tubetto di prelievo dell’autocampionatore, attraverso la quale avviene l’aspirazione del campione,
dovrà essere posizionata in un punto della rete di raccolta delle acque meteoriche prossimo ad una caditoia, in modo da
avere corrispondenza tra il volume di pioggia rilevato dal pluviometro ed il volume campionato. Diversamente,
potrebbe non essere garantita tale corrispondenza, per via del tempo di corrivazione che caratterizza la traslazione del
volume di pioggia all’interno della rete.
20
Se risulta possibile installare abbastanza semplicemente un misuratore di portata sulla rete di raccolta delle acque
meteoriche in prossimità del punto dove si intende campionare.
8
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Nel caso in cui, in base alle valutazioni condotte, venga accolta la richiesta di esenzione ex articolo
13, dovrà comunque essere previsto un idoneo pozzetto di campionamento prima dello scarico delle
acque meteoriche scaricate (cfr. art. 13, c. 3) in modo da consentire all’Autorità di controllo di poter
verificare il permanere nel tempo dei presupposti per l’applicazione dell’articolo 13.
5. Acque di seconda pioggia
Il Regolamento regionale in esame tenta anche di affrontare (cfr. articolo 3, c. 3 e 4) la questione
delle acque di seconda pioggia, ovvero delle acque meteoriche di dilavamento provenienti dalle
superfici scolanti che eccedono la quota relativa alla prima pioggia come definita dalla norma. Il
tentativo, appena abbozzato, è quello di stabilire i casi in cui le acque di seconda pioggia,
eventualmente in quota parte (cfr. comma 4), debbano essere assoggettate alle disposizioni del
regolamento, ovvero in quali casi ed in quale volume (o altezza di pioggia corrispondente) le acque
di seconda pioggia debbano essere separate alla stessa stregua delle acque di prima pioggia e trattate
prima dello scarico. Di fatto, l’articolo 3 c. 3 si limita ad enunciare la possibilità teorica che le
acque di seconda pioggia delle sole superfici scolanti di cui all’articolo 3 c. 1, lett. a) e b) vengano
assoggettate all’obbligo di separazione e trattamento, ma non detta criteri operativi pratici e
concreti. Sarebbe stato più efficace, se la norma, a seguito di apposita indagine sperimentale, avesse
individuato una casistica specifica di attività produttive per cui si deve considerare contaminata la
seconda pioggia, definendo, anche, in relazione alle attività svolte sulle superfici scolanti
nell’ambito di tali cicli produttivi, la relativa altezza di pioggia da separare e trattare.
Nei termini in cui l’argomento è stato affrontato, esso appare del tutto lasciato irrisolto dal
Regolamento, dal momento che viene demandato completamente alle autorità preposte al rilascio
dell’autorizzazione il compito di valutare caso per caso se assoggettare o meno anche le acque di
seconda pioggia all’obbligo di separazione e trattamento; ed, evidentemente, non risulta semplice
prevedere un’indagine sperimentale ad hoc per ciascun caso dubbio esaminato.
Né è servita a chiarire meglio la questione la DGR 8/2772 del 21.6.200621 emanata in attuazione
dell’articolo 14, c. 2, del regolamento al fine di dettare le direttive al riguardo ivi previste.
La delibera, infatti, è formulata in termini del tutto generici, limitandosi a segnalare, quali attività
che possono determinare la contaminazione delle acque di seconda pioggia:
- lo stoccaggio di liquidi classificati come pericolosi o di rifiuti liquidi22;
- lo stoccaggio di materiali sfusi23.
Alla luce dell’esperienza sin qui maturata si può affermare che, quando la contaminazione delle
acque meteoriche è dovuta solo alla presenza sulle superfici scolanti di sostanze solubili o insolubili
depositatesi su di esse per effetto delle attività svolte, in genere la contaminazione è limitata
sostanzialmente alla sola quota di prima pioggia di tali acque, dal momento che il dilavamento da
essa operato è sufficiente ad asportare le suddette sostanze o la maggior parte delle stesse.
Quando, invece, la contaminazione deriva da alcune tipologie di materie prime o rifiuti24 stoccati in
cumuli o cataste esposti al dilavamento meteorico, anche la seconda pioggia può risultare
contaminata, non essendo sufficiente solo la prima ad asportare le sostanze inquinanti che possono
essere rilasciate dai materiali/rifiuti in questione.
21
Pubblicata su BURL Serie Ordinaria n. 27 del 3 luglio 2006
Non si comprende come tali sostanze liquide possano produrre la contaminazione sistematica delle acque di seconda
pioggia, dal momento che lo stoccaggio di tali sostanze liquide deve per legge avvenire in contenitori chiusi, dotati di
idoneo bacino di contenimento, munito di dispositivo (o tettoia) per prevenire l’accumulo nel bacino di acque
meteoriche.
23
La delibera da anche un accenno alle tipologie di materiali sfusi che possono contaminare le acque di seconda
pioggia, che risulta però del tutto generico (materiali idrosolubili, putrescibili, pulverulenti….). Peraltro, appare
discutibile, in quanto troppo vaga, l’indicazione secondo la quale gli inerti non produrrebbero contaminazione delle
acque di seconda pioggia, dal momento che occorrerebbe distinguere la tipologia e l’origine degli inerti da demolizione.
24
Un tipico caso è rappresentato dai rottami ferrosi.
22
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Codice versione: RR 4-2006 - 01/12/2009
6. Razionalizzazione delle superfici scolanti al fine di semplificare la
gestione delle acque meteoriche
Anche se non suggerito espressamente dal Regolamento, appare opportuno evidenziare che in molti
casi l’adozione degli accorgimenti gestionali di seguito descritti, qualora sostenibile, potrà
consentire di evitare la separazione ed il trattamento della prima e/o della seconda pioggia e le
conseguenti complicazioni gestionali e gli oneri connessi. Sarà, quindi, sempre opportuna una
valutazione costi-benefici per individuare l’opzione più conveniente tra le due (adozione
accorgimenti o separazione/trattamento prima pioggia).
Gli insediamenti spesso dispongono di un’unica rete di raccolta delle acque meteoriche di
dilavamento delle superfici scolanti; anche ammettendo che la rete non intercetti le acque pluviali,
frequentemente essa raccoglie le acque meteoriche di dilavamento provenienti sia da superfici per le
quali la separazione ed il trattamento di una quota delle acque meteoriche risultano necessari, sia da
superfici per le quali non sono necessari. In tali casi, appare opportuno valutare la possibilità di
provvedere a coprire con tettoia le superfici scolanti critiche, o fare in modo che gli stoccaggi
avvengano con sistemi che evitino il dilavamento meteorico dei materiali e/o rifiuti e/o la loro
dispersione (es. cassoni a tenuta coperti anche con teli); o, qualora queste soluzioni non siano
percorribili, dovrà essere valutata la possibilità di allocare in altra area coperta (es. capannone) le
materie prime ed i rifiuti stoccati all’aperto che possono originare la contaminazione delle acque
meteoriche. Infine, si dovrà valutare l’eventualità di realizzare una rete di raccolta appositamente
dedicata a tali aree, distinta da quella generale, in modo da poter separare e trattare le acque di
prima e/o seconda pioggia solo di tali superfici. Per garantire efficacia a quest’ultima soluzione,
dovrà anche essere prevista la delimitazione delle aree critiche con opportuna cordolatura, o con
apposite griglie di raccolta o con adeguata pendenza della pavimentazione in modo da assicurare
che la rete di raccolta a presidio di tale area intercetti esclusivamente le acque meteoriche di
dilavamento della superficie considerata.
Questa soluzione consentirà l’adozione di vasche di volume inferiore ed impianti di trattamento
dimensionati per portate più ridotte.
Si noti anche che questi interventi si rendono, comunque, necessari, a prescindere dai possibili
vantaggi economico gestionali, qualora la superficie scolante complessiva presidiata dall’unica rete
sia solo in minima parte interessata da attività che comportano la contaminazione delle acque
meteoriche, per evitare che la prima pioggia separata relativa a questa superficie risulti alquanto
diluita e con concentrazioni degli inquinanti così basse da rendere possibile il loro scarico nel
recettore solo con un blando trattamento depurativo e con una massa di inquinante (volume per
concentrazione) pressoché pari a quella inizialmente presente.
7. Acque di lavaggio
Il Regolamento assoggetta le acque di lavaggio, ovvero le acque di origine non meteorica impiegate
per il lavaggio delle superfici scolanti (cfr. art. 2 lett. g), alle disposizioni stabilite per le acque di
prima pioggia (cfr. art. 3 c. 2)25. A questo riguardo, occorre fare qualche precisazione. Affinché
l’impiego di acque di lavaggio non pregiudichi il corretto funzionamento del sistema di separazione
delle acque di prima pioggia26 durante gli eventi meteorici, esso dovrà avvenire nel rispetto delle
seguenti condizioni:
- le acque di lavaggio non dovranno essere invasate nella vasca di prima pioggia, se il
lavaggio avviene in condizioni tali da renderle equiparabili alle acque di seconda pioggia
25
Tale scelta appare discutibile dal momento che risulta pressoché impossibile effettuare il lavaggio di tutta la
superficie scolante presidiata dal sistema di separazione della prima pioggia in maniera uniforme come operato dalle
acque meteoriche. Di fatto, il lavaggio simulerà una pioggia molto intensa su una data porzione della superficie scolante
e nulla sulla rimanente.
26
Si considera per brevità il caso in cui la seconda pioggia non risulti contaminata.
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(viene effettuato a vasca riempita dalle precedenti precipitazioni ed a meno di 96 ore
dall’ultima di esse); in tal caso, al termine del lavaggio dovranno ripartire il conteggio delle
96 ore
le acque di lavaggio dovranno essere invasate nella vasca di prima pioggia, se il lavaggio
avviene con modalità tali renderle equiparabili alla prima pioggia (avviene a più di 96 ore
dall’ultima precipitazione, o con vasca non completamente invasata dalle precedenti
precipitazioni); in tal caso, al termine del lavaggio dovranno ripartire il conteggio delle 96
ore solo se il lavaggio determina il riempimento della vasca
Non dovranno27 essere effettuate operazioni di pulizia con acque di lavaggio a seguito di
versamenti accidentali (cfr. art. 8 c. 2).
8. Limiti allo scarico e modalità di campionamento
I limiti allo scarico delle acque di prima pioggia previsti nel regolamento regionale (cfr. articolo 7)
sono gli stessi previsti dal d.lgs. 152/99, ora D.lgs. 152/06, per le acque reflue industriali a seconda
che il recapito sia la fognatura, il corpo d’acqua superficiale o il suolo. Anche per le acque di
seconda pioggia valgono in sostanza gli stessi limiti, in virtù di quanto disposto dal § 3 ultimo
periodo, e § 4 ultimo periodo della DGR 8/2772 del 21.6.2006 (già in precedenza richiamata).
Infine, sia per lo scarico delle acque di prima pioggia (cfr. art. 6 cc. 3 e 4) che per lo scarico di
quelle di seconda pioggia (cfr. DGR 8/2772 del 21.6.2006, paragrafi citati) dovrà essere garantita la
campionabilità, mediante la predisposizione di apposito pozzetto di ispezione. Per entrambe le
tipologie di acque, il campionamento di norma avverrà in modalità istantanea (articolo 14 c. 1 e
DGR 8/2772 del 21.6.2006, paragrafi citati).
Riguardo ai campionamenti, oltre ad una possibile programmazione in funzione delle previsioni
meteorologiche28, per agevolare l’attività degli operatori preposti al controllo, per gli scarichi
ritenuti più significativi, o in base al volume di prima pioggia o all’attività della ditta, appare
opportuno prevedere l’installazione di campionatori automatici in grado di prelevare29 nei relativi
pozzetti e conservare30 le acque di prima e seconda pioggia.
27
Salvo autorizzazioni delle autorità di controllo
Il campionamento organizzato in funzione delle previsioni meteorologiche appare attuabile più che altro per le
seconde piogge scaricate senza trattamento, e senza avere la pretesa di campionarne una precisa aliquota (es. quella
appartenente ai primi 10 mm successivi alla prima pioggia). Per le prime piogge scaricate senza trattamento, invece, per
procedere al campionamento, bisognerebbe trovarsi sul posto proprio in corrispondenza delle fasi iniziali della
precipitazione meteorica, e ciò, praticamente, può avvenire solo per caso; se scaricate dopo trattamento, per procedere
al campionamento, bisognerebbe essere presenti al momento dell’effettuazione dello scarico che può avvenire in un
momento imprecisato dopo la fine della precipitazione.
29
Secondo un piano di campionamento definito caso per caso.
30
Poiché l’analisi deve essere condotta entro un certo termine dalla fine del campionamento, il campionatore deve
disporre di un sistema per avvisare l’operatore al termine del prelievo.
28
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Figura 1. Schema logico di funzionamento del sistema di gestione delle acque di prima pioggia secondo il Regolamento regionale 4/2006.
Nello schema si considera la seconda pioggia non contaminata e quindi non meritevole di separazione. h1 ed h2 sono le altezze di pioggia
delle singole precipitazioni atmosferiche.
Inizio nuova precipitazione
atmosferica appartenente ad
un evento meteorico distinto
da un evento meteorico
precedente
h1 ≥ 5 mm
Evento meteorico
concluso alla fine
dell’ultima
precipitazione
atmosferica
Vasca di prima pioggia
solo parzialmente
invasata
h1 < 5 mm
Fine della precipitazione
atmosferica = evento
meteorico non concluso
Ulteriore
precipitazione
atmosferica
Paratoia/valvola
di esclusione
vasca aperta
Paratoia/valvola di
esclusione della vasca
chiusa. Alimentazione
vasca interdetta.
h1 + h2 ≥ 5 mm
Vasca di prima
pioggia
completamente
invasata
∆t ≥ 96 ore
∆t < 96 ore
Inizio nuova precipitazione
atmosferica = evento
meteorico non concluso alla
fine della precedente
precipitazione
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Fine precipitazione
atmosferica
Ripristino
completo
capacità di invaso della
vasca di prima pioggia
∆t < 96 ore dalla fine
dell’ultima precipitazione
Svuotamento
vasca
Seconda pioggia (non
contaminata) scaricata
direttamente e non invasata
Trattamento
depurativo prima
pioggia
Scarico in
qualsiasi
condizione meteo
(recapito sul
suolo)
Scarico solo in
tempo asciutto
(recapito in corpo
d’acqua
superficiale)
Scarico secondo le
modalità indicate
dal gestore della rete
(recapito in
fognatura)
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