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L`OTTOCENTO All`inizio del XIX secolo dominava
L’OTTOCENTO All’inizio del XIX secolo dominava ancora l’indirizzo razionalistico, che ricercava nella ragione la verità delle cose, attribuendo un’importanza centrale al giudizio individuale dello studioso. Tuttavia, al puro razionalismo andò ben presto ad affiancarsi lo sperimentalismo di ascendenza galileiana che, grazie anche all’introduzione di nuovi e più precisi strumenti di misura, individuò nell’esperimento il mezzo per raggiungere la conoscenza scientifica. Fondatore di una dottrina medica che diede vita ad un filone molto seguito, stranamente anche oggi, l’omeopatia, è il tedesco Christian Friederich Samuel Hahnemann (1755-1843). Studiando le proprietà antipiretiche del chinino, che allora era largamente impiegato nella cura della malaria, Hahnemann sperimentò che questa sostanza, se assunta da un soggetto sano, provocava gli stessi sintomi della malaria, ossia la febbre. Partendo da questa osservazione, sviluppò una teoria che si basava sul principio del similia similibus curantur, secondo la quale le malattie si curano con i medicamenti che producono gli stessi sintomi del morbo da combattere; si trattava del principio opposto a quello ippocratico dei contraria contrariis curantur, allora imperante. Hahnemann sperimentò i principi dei farmaci su soggetti sani, in genere allievi ed amici, e anche su sé stesso, ma non tenne conto dei possibili effetti della suggestione. Per evitare gli effetti collaterali dei farmaci Hahnemann ridusse sempre di più il loro dosaggio, la cui efficacia, secondo la sua dottrina, era tuttavia moltiplicata dalla diluizione e garantita da un processo di “dinamizzazione”, che consisteva nello scuotere a lungo la sostanza da somministrare. La sua dottrina sull’omeopatia fu esposta nell’ Organon der rationellen Heilkunde (Organon della medicina razionale), opera pubblicata nel 1810, che ebbe numerose edizioni e fu tradotta in molte lingue. La medicina omeopatica fu molto criticata, perché sostanzialmente priva di basi scientifiche; tuttavia ebbe il merito di offrire un’alternativa alla terapeutica corrente, che si basava sul facile ricorso a trattamenti talora troppo invasivi e violenti. L’omeopatia ha goduto di larga popolarità agli inizi del XX secolo, sia in Europa che in America, con una fioritura anche molto recente. LA FISIOLOGIA Con l’inizio del XIX secolo la fisiologia cominciò a sganciarsi dall’influenza delle dottrine vitalistiche, per intraprendere un approccio in chiave meccanicistica, tendente a spiegare i fenomeni vitali attraverso le leggi della chimica e della fisica. Si verificò inoltre la volontà di eliminare completamente la soggettività nell’osservazione dei fenomeni, con il tentativo di ottenere dati espressi in linguaggio matematico. Il passaggio da un approccio qualitativo ad uno sempre più di tipo quantitativo fu possibile grazie all’invenzione di una serie di strumenti di misurazione scientifica, che entrarono nell’uso comune, conferendo una maggiore oggettività di valutazione. Una delle menti più fervide del tempo fu Claude Bernard (1813-1878), professore alla Sorbona e al Collège de France, che diede un contributo fondamentale allo sperimentalismo in medicina. Bernard abbandonò ogni concezione legata ai sistemi medici di stampo settecentesco e soprattutto al vitalismo, e volle fondare la ricerca scientifica sui dati di laboratorio e sulle prove sperimentali, le uniche che potevano verificare l’esattezza di una ipotesi. Si applicò in particolare allo studio delle funzioni del pancreas, riconoscendo il ruolo del succo pancreatico nel processo digestivo; scoprì la funzione glicogenica del fegato, dimostrando che quest’organo, oltre a produrre la bile, è sede di una secrezione interna, tramite la quale produce il glucosio del sangue; dimostrò l’esistenza dei nervi vaso-costrittori e vaso-dilatatori. A Bernard si deve il concetto di milieu intérieur, ossia di un ambiente interno caratterizzato da condizioni stabili di temperatura, pH, ossigenazione ecc., che portò successivamente al moderno concetto di omeostasi, ossia di autoregolazione dei processi vitali. Tutta questa serie di scoperte aprì la strada ai futuri sviluppi della fisiologia, dando l’avvio ad una concezione dell’organismo non più come un insieme di organi aventi ciascuno una propria attività separata, ma partecipanti tutti insieme al compimento di una o più funzioni, e perciò interdipendenti. Il nuovo indirizzo sperimentale fu espresso nella sua fondamentale opera, l’Introduction à l’étude de la médecine expérimentale del 1865, dalla quale emergeva chiaramente che le scienze fisiche e chimiche dovevano essere alla base della fisiologia, dando l’avvio ad una nuova impronta metodologica. L’ANATOMIA PATOLOGICA Il definitivo abbandono della teoria umorale galenica, che ancora persisteva nonostante le nuove scoperte e le nuove tendenze, avvenne nel corso del XIX secolo, quando l’indirizzo della medicina avviato dalla patologia d’organo di Morgagni e dalla patologia tissutale di Bichat si affermò in maniera decisiva. Rudolph Virchow (1821-1902) è stata una delle figure più rilevanti della medicina del XIX secolo, un pioniere per quanto concerne i concetti moderni sulla patogenesi delle malattie e fondatore dell’antropologia come scienza moderna. Dopo gli studi all’Università di Berlino, gli fu assegnata la prima cattedra di anatomia patologica a Würzburg, dove pose le basi per la formulazione della patologia cellulare. Ritornato a Berlino, promosse la creazione di un Istituto di Patologia, dove si formarono molti medici tedeschi e stranieri. L’elaborazione della teoria cellulare di Virchow fu possibile grazie alle scoperte di Theodor Schwann (1810-1882), il quale, tramite osservazioni microscopiche su tessuti animali, giunse a scoprire che la cellula è l’elemento base di tutti gli organismi viventi. Partendo da queste basi, e dalla patologia dei tessuti di Bichat, che già aveva soppiantato la patologia d’organo di Morgagni, con Virchow si passò alla patologia cellulare, espressa nel Die Cellularpathologie in ihrer Begruendung auf physiologische, und pathologische, Gewebelehere (La patologia cellulare nella sua fondazione dall'istologia patologica e fisiologica) (1858), secondo la quale ogni fenomeno morboso è dovuto ad un’alterazione dell’unità vitale dell’organismo, ossia della cellula. La nuova teoria si basava sulla scoperta, espressa nell’aforisma omnis cellula e cellula, che ogni cellula si origina da un’altra cellula, e non da materiale amorfo. Louis Pasteur (1822-1895) è considerato il fondatore della moderna microbiologia . Dopo essere diventato professore di chimica all’università di Strasburgo si dedicò a ricerche sui processi di fermentazione e putrefazione, convinto che questi fossero riconducibili a germi viventi, che distinse in aerobi ed anaerobi, i quali, presenti nell’aria, si depositavano nelle sostanze organiche. Scoprì che le anomalie nella fermentazione della birra erano dovute all’azione di un fungo microscopico, per eliminare gli effetti del quale ideò una procedura di sterilizzazione della birra imbottigliata tramite riscaldamento, divenuta nota successivamente come “pastorizzazione pastorizzazione”. Avendo poi scoperto una malattia dei bachi da seta dovuta ad un batterio che infettava le crisalidi, si applicò all’isolamento dei germi responsabili di molte patologie animali, come il colera dei polli e il carbonchio degli erbivori. Pasteur utilizzò una coltura vecchia dell’agente del colera dei polli per inocularlo nelle galline, e scoprì che queste contraevano la malattia, ma sviluppavano una forma lieve e non ne morivano. Inoculando successivamente una coltura recente osservò che gli animali non manifestavano nessun sintomo e ne dedusse che erano stati immunizzati dalla precedente inoculazione. Esperimenti simili lo portarono a ideare un sistema di immunizzazione contro il carbonchio animale. Un’altra malattia, conosciuta fin dall’antichità e a cui Pasteur si applicò, fu la rabbia o idrofobia, per la quale realizzò una vaccinazione per l’uomo utilizzando un’emulsione di midollo essiccato edivenuto inerte, prelevato da un animale rabbioso. Questa terapia venne sperimentata con successo sui cani finché un giorno fu provata per la prima volta su Jospeh Meister, un bambino di 9 anni morso da un cane ammalato e a sua volta colpito da idrofobia. Dopo 12 iniezioni ed un'attesa di circa 2 settimane, nonostante l'incredulità delle persone, che rimproveravano a Pasteur l'imprudenza del suo atto, il ragazzo poté lasciare il letto completamente guarito. Si aprì così la strada alla preparazione di molti vaccini, da utilizzare nella lotta contro le malattie infettive. Pasteur isolò, fra l’altro, il bacillo dell’antrace, il vibrione del colera, lo streptococco piogeno, lo stafilococco e lo pneumococco. Altra figura di spicco nella microbiologia ottocentesca fu Robert Koch (1843-1910), che nel 1905 ricevette il Premio Nobel per la medicina. Le prime ricerche compiute da Koch riguardarono il carbonchio animale. Dimostrò che il bacillo presente nella milza dei topi morti era l’agente causale della malattia, ma riuscì anche a isolarlo e a coltivarlo, e documentò la formazione delle spore, mostrandone l’elevata resistenza nell’ambiente esterno. Koch scoprì l’agente eziologico della tubercolosi (Mycobacterium tuberculosis) che, da allora in poi, fu definitivamente riconosciuta come malattia infettiva. Preparò un estratto ottenuto dalla filtrazione di colture di bacillo tubercolare, che denominò tubercolina (che sperimentò sulla sua seconda moglie), la quale non ebbe effetti terapeutici, come Koch aveva ritenuto, ma si rilevò un importante mezzo diagnostico. Infine scoprì il vibrione del colera, studiando le sue modalità di diffusione nell’ambiente. A Koch si deve anche l’elaborazione dei criteri sulla specificità degli agenti patogeni, detti “i quattro principi di Koch”, tuttora validi. Per poter sostenere in maniera inconfutabile che un agente patogeno è la causa di una determinata malattia infettiva occorre che: 1) il germe venga isolato dal paziente; 2) il germe venga coltivato in cultura pura; 3) 3) l’inoculo del germe nell’animale da esperimento riproduca la malattia iniziale; 4) 4) il germe sia nuovamente isolato nell’animale LA CHIRURGIA Nel XIX secolo la chirurgia, che si era da poco elevata dal rango di disciplina empirica per guadagnare pari dignità rispetto alla medicina, fece tali progressi da raggiungere una posizione di supremazia in ambito medico, tanto che l’Ottocento è stato definito “il secolo della chirurgia”. Le ormai dettagliate conoscenze anatomiche, il metodo sperimentale in fisiologia e la patologia cellulare di Virchow prepararono il terreno per il salto di qualità compiuto in campo chirurgico rispetto ai secoli precedenti. Ma furono in particolare due fattori a determinare il successo della disciplina in questo periodo, ossia l’introduzione dell’anestesia e la pratica dell’antisepsi. Il miglioramento dello strumentario e l’ideazione di nuove procedure chirurgiche avevano contribuito, già nella seconda metà del XVIII secolo, a fare ulteriormente apprezzare il contributo della chirurgia. Tuttavia gli interventi rimanevano molto rischiosi, sia per l’alta incidenza di mortalità dovuta all’insorgenza di infezioni, sia per il dolore che il paziente era costretto a sopportare in assenza di qualsiasi tipo di anestesia. Le sofferenze che accompagnavano le operazioni erano ritenute un male inevitabile e l’unico rimedio a cui il chirurgo ricorreva era la velocità di esecuzione, che spesso però andava a scapito della precisione. Verso la metà del XIX secolo, cominciarono ad essere introdotte le prime forme di anestesia. L’anestesia Nel 1772 il chimico inglese Joseph Priestley (1733-1804) scoprì l’ossido di azoto, un gas che fu sperimentato, direttamente sulla propria persona, da Humphry Davy (17781829), che lo denominò “gas esilarante” per lo stato di euforia che provocava, a cui era associata una considerevole diminuzione del dolore. L’ossido di azoto venne così adottato per un certo periodo come anestetico, anche se fu presto sostituito dall’etere solforico, utilizzato per la prima volta, come anestetico generale, da William Morton (1805-1880) nelle estrazioni dentarie. Uso dell’etere solforico in odontoiatria (1846) L’introduzione in chirurgia generale dell’etere solforico si deve allo statunitense John Collins Warren (1778-1856), che praticò il primo intervento chirurgico in anestesia generale nel 1846. Il chirurgo, dopo aver fatto inalare i vapori di una bottiglia nella quale era stata inserita una spugna imbevuta di etere, asportò un tumore del collo senza il minimo dolore da parte del paziente. In Europa la prima operazione in anestesia tramite etere fu eseguita, nello stesso anno, dallo scozzese Robert Liston (1794-1846) per l’amputazione di una gamba. Presto questo tipo di anestesia venne largamente adottata sia in America che in Europa. L’anno successivo, il 1847, l’ostetrico inglese James Simpson (1811-1870) utilizzò il cloroformio per inalazione, che risultava più gradevole dell’etere, negli interventi in campo ostetrico. Dopo che la regina Vittoria sperimentò il cloroformio in occasione del suo settimo parto, questo tipo di anestesia ebbe un largo successo in ostetricia, sebbene fosse poi limitato ad interventi di breve durata, per alcuni inconvenienti che causava. Sempre nella seconda metà del XIX secolo furono introdotte le prime forme di anestesia locale, dapprima frizionando l’etere sulla parte da operare, poi utilizzando il potere anestetico locale della cocaina e di altre sostanze, mentre l’anestesia spinale con cocaina fu sperimentata per la prima volta da Augustus Bier (1891-1949) nel 1899. L’antisepsi La chirurgia era funestata da un alto tasso di mortalità a causa delle infezioni che inevitabilmente seguivano il decorso postoperatorio, e che rendevano gli interventi chirurgici l’extrema ratio a cui ricorrere solo nei casi più gravi. Le infezioni peraltro erano maggiormente frequenti in ambiente ospedaliero rispetto a quello domiciliare, a causa della mancata osservazione delle più elementari regole di igiene. I chirurghi si limitavano ad una sommaria pulizia della ferita, ma operavano a mani nude, con strumenti e indumenti sporchi di materiale organico derivante da precedenti interventi, mentre ancora non era conosciuto alcun tipo di disinfettante efficace. Un contributo fondamentale alla lotta contro le infezioni ospedaliere fu dato dall’ungherese Ignaz Philipp Semmelweis (1818-1865), nonostante il valore delle sue scoperte sia stato riconosciuto soltanto dopo la morte. Semmelweiss studiò a Pest e a Vienna, dove iniziò a lavorare presso la clinica ostetrica. A quel tempo, come del resto in precedenza, le puerpere erano decimate da una patologia caratterizzata da malessere generale, dolore e febbre molto alta, nota come “febbre puerperale”. Sia nelle città che negli ospedali si registravano vere e proprie epidemie di questo morbo, sulle cui cause circolavano le teorie più disparate e fantasiose. Semmelweis osservò che le donne decedute per febbre puerperale presentavano sempre lo stesso quadro anatomo-patologico, caratterizzato da suppurazione dei genitali, del peritoneo e a distanza, e notò che vi era una notevole differenza di decessi nei due reparti di ostetricia della struttura ospedaliera. Nel reparto frequentato dagli studenti di medicina che, prima di visitare le puerpere, effettuavano autopsie, la percentuale di donne decedute per febbre puerperale era notevolmente più alta, rispetto al reparto frequentato dalle allieve ostetriche. Semmelweis suppose che la febbre puerperale fosse causata da “particelle putride” dei cadaveri o di altri malati e potesse essere trasmessa attraverso le mani non lavate, la biancheria e i ferri chirurgici infetti. LA CLINICA OSTETRICA DI VIENNA Per verificare la fondatezza della sua ipotesi introdusse l’obbligo per i medici di lavarsi le mani con una soluzione di cloruro di calce, prima di visitare le puerpere. Questa semplice norma igienica, che fece registrare un drastico crollo dell’incidenza dei decessi, dimostrando la validità della sua teoria, venne tuttavia considerata offensiva nei confronti del personale medico e avversata dal suo primario, tanto che Semmelweis fu allontanato da Vienna e dovette trasfersi a Budapest. LE BACINELLE DI SEMMELWEIS Risale invece al 1866 l’introduzione della sterilizzazione, mediante vapore, del materiale di medicazione da parte del tedesco Ernst von Bergmann (1837-1907). Contemporaneamente il francese Louis-Félix Terrier (1837-1908) ideò l’autoclave per sterilizzare in acqua bollente gli strumenti chirurgici. Mentre fino ad allora i chirurghi erano soliti operare con gli stessi abiti civili con cui erano usciti di casa, sul finire del secolo venne introdotto, da parte dell’americano William Stewart Halsted (1852-1922), l’uso dei guanti di gomma durante le operazioni e i chirurghi cominciarono ad indossare camici bianchi, a cui si aggiunsero cuffie, mascherine di garza e soprascarpe. Era iniziata la storia dell’asepsi in campo chirurgico. Va aggiunta un’altra scoperta che ebbe un notevole impatto sulla chirurgia, aumentando le possibilità di esito favorevole degli interventi chirurgici, ossia l’emostasi. La mortalità per emorragia, a seguito di operazioni complesse e soprattutto di amputazioni, era infatti assai elevata. Si deve tuttavia al francese Jules-Émile Pean (1830-1898) e allo svizzero Emil Theodor Kocher (1841-1917) l’invenzione di due tipi di pinze dentate, che da essi presero il nome, adatte per chiudere i vasi sanguigni nel corso delle operazioni. Grazie a questi importanti progressi, che ridussero sia la sofferenza inflitta ai pazienti sia il tasso di mortalità operatorio e postoperatorio, i chirurghi furono finalmente in grado di affrontare gli interventi agli organi addominali e toracici, e al cervello, che fino ad allora erano stati evitati per gli enormi problemi da cui erano accompagnati. La semeiotica Il più importante rappresentante della semeiotica francese fu il bretone René Théophile Hyacinthe Laennec (1781-1826) che studiò medicina a Parigi, dove divenne uno dei medici più rinomati del suo tempo. Laennec accettò la teoria anatomo-patologica di Bichat, che si basava sull’analisi delle caratteristiche funzionali dei diversi tipi di tessuti che costituiscono le varie parti del corpo e sull’osservazione delle loro lesioni. Abbandonò il sistema, puramente descrittivo, degli anatomisti, basato sulla classificazione delle malattie in base alla localizzazione delle lesioni, prediligendo invece un criterio che guardasse alla loro natura. Secondo questo nuovo approccio le malattie dovevano essere classificate in base ai dati della clinica, ma la diagnosi non doveva limitarsi ad osservare i sintomi, ma dedurre da essi le possibili lesioni interne. Il torace veniva allora esaminato tramite la percussione, metodica diagnostica introdotta dal viennese Leopold Auenbrugger (1722-1809). L’auscultazione diretta, effettuata appoggiando l’orecchio al torace del paziente e già conosciuta dai tempi di Ippocrate, era poco utilizzata, perché dava risultati poco chiari e di difficile interpretazione. Laennec inventò lo stetoscopio (dal greco stethos, torace, e skopein, esplorare), che divenne lo strumento più familiare al medico, facendolo considerare “il padre dell’auscultazione clinica”. L’idea dello stetoscopio venne a Laennec osservando alcuni ragazzi che giocavano con una sottile pertica, e che appoggiavano un’estremità all’orecchio e battevano l’altra estremità con uno spillo; poiché, con questo sistema, l’impercettibile rumore dello spillo veniva fortemente amplificato, NUOVE METODICHE IN MEDICINA Mentre i progressi nel campo dell’anatomia macroscopica, già nota, furono modesti, fu l’anatomia microscopica a registrare i più notevoli sviluppi. La rivoluzionaria scoperta della cellula come unità strutturale e funzionale di base degli organismi viventi e i miglioramenti effettuati nel campo della microscopia portarono allo sviluppo dell’istologia, branca della medicina che studia la morfologia dei tessuti e delle cellule che li compongono. Vennero realizzati nuovi microscopi più potenti, con i quali la teoria cellulare poté affermarsi definitivamente. Si distinse, a questo proposito, Giovanni Battista Amici (1786-1863) il quale, oltre a costruire microscopi di alta qualità, inventò a metà del secolo l’obiettivo ad immersione che permise di correggere l’aberrazione cromatica dei precedenti apparecchi. La produzione di lenti acromatiche da parte dell’ottica tedesca (Zeiss, Leitz), rese le osservazioni microscopiche perfette. Nel corso del XIX secolo l’esplorazione visiva degli organi interni fu resa possibile grazie agli sviluppi dell’endoscopia, che entrò nella pratica medica quotidiana. Dallo speculum, di uso esclusivamente vaginale, si passò a strumenti via via sempre più perfezionati, che si adattavano all’esplorazione di qualsiasi orifizio accessibile del corpo umano. Nacquero così l’uretroscopio, l’otoscopio, il laringoscopio, l’oftalmoscopio, fino al vero e proprio endoscopio, il cui utilizzo fu migliorato con i sistemi di illuminazione possibili grazie all’utilizzo dell’elettricità. Nell’ambito dell’indagine clinica, si devono ricordare i tentativi di misurazione della pressione del sangue, con l’emodinamometro ideato da Louis Poiseuille (1799-1869), fino all’invenzione, da parte di Scipione Riva-Rocci (1863-1937), dello sfigmomanometro a mercurio, strumento che ebbe una importanza enorme, se si pensa alla diagnosi di patologie molto diffuse come l’ipertensione arteriosa. Sul finire del secolo nacque l’elettrocardiografia che, in base all’intuizione di Galvani, secondo il quale nel corpo degli esseri viventi esistevano diverse energie elettriche, intendeva registrare l’attività elettrica del cuore sotto forma di tracciato. Il primo galvanometro, modificato per fungere da elettrocardiografo, fu ideato agli inizi del XX secolo dall’olandese Willem Einthoven (1860-1927). In questo modo la diagnosi di molte malattie divenne una realtà misurabile e quantificabile. Nel 1895 Wilhelm Conrad Röntgen (18451923), dell’Università di Würzburg, rese nota l’esistenza di un nuovo tipo di raggi, capaci di attraversare i corpi solidi, che chiamò “raggi X”. In particolare, tramite queste radiazioni, l’apparato scheletrico diventava chiaramente visibile attraverso i tessuti molli e, infatti, almeno inizialmente, la scoperta aprì la strada alla diagnostica delle lesioni ossee. Finalmente l’interno del corpo umano diventava visibile senza la necessità di aprirlo. In seguito i perfezionamenti di questa metodica diagnostica, soprattutto l’introduzione dei mezzi di contrasto liquidi per evidenziare il tratto gastro-enterico e le vie urinarie, resero la radiologia una disciplina di primaria importanza in campo medico. LE SPECIALIZZAZIONI MEDICHE L’ostetricia, che già si era delineata come disciplina autonoma nel secolo precedente, compì innumerevoli passi avanti. La più grande scoperta dell’ostetricia ottocentesca è costituita dalla dimostrazione dell’origine infettiva della febbre puerperale ad opera di Semmelweis, grazie alla quale la mortalità per sepsi post-partum registrò un drastico calo. Ulteriori progressi si registrarono per il taglio cesareo, un intervento ancora molto rischioso, fino all’introduzione della tecnica ideata da Edoardo Porro (1842-1902), che propose l’amputazione sopravaginale dell’utero per eliminare i rischi di infezione e di emorragia, e di quella effettuata da Max Saenger (18531903), che comportava la sutura dell’utero. Mentre, fino a tutto il XVIII secolo, la cura del neonato era affidata all’ostetricia e quella del bambino alla medicina generale, con il XIX secolo questi compiti furono assolti dalla pediatria, che cominciò a configurarsi come disciplina autonoma. La neurologia si sviluppò solo sul finire del XIX secolo, a causa dei ritardi nei progressi delle conoscenze sul sistema nervoso. I capiscuola della disciplina furono in Germania Moritz Heinrich Romberg (17951873), autore del primo trattato sulle malattie nervose Lehrbuch der Nervenkrankheiten des Menschen (Trattato delle malattie nervose umane) del 1846, in Francia Guillaume Duchenne (1806-1875), che si occupò in particolare di elettrodiagnostica ed elettroterapia, e Jean Martin Charcot (18251893), famoso per gli studi sull’isterismo. Ma gli sviluppi più fecondi della neurologia, che ebbe molti seguaci, si verificarono solo nel XX secolo. L’ortopedia nacque, già nel corso del XVIII secolo, con lo scopo di prevenire o di correggere le deformità dei bambini, utilizzando apparecchi e dispositivi meccanici. La disciplina si evolse poi in un senso più ampio, dedicandosi alle deformità osteoarticolari sia dei bambini che degli adulti con la nascita della chirurgia ortopedica, che vide i suoi inizi nella seconda metà del XIX secolo e con l’introduzione di interventi volti a correggere difetti prima incurabili, come la lussazione congenita dell’anca, le artrodesi e le artroplastiche. In Italia si distinse il chirurgo Francesco Rizzoli (1809-1880), fondatore dell’Istituto ortopedico di Bologna. Strettamente legata all’ortopedia fu la traumatologia, i cui progressi furono favoriti dal metodo listeriano di trattamento delle fratture aperte, dalla scoperta dei raggi X e dai perfezionamenti delle tecniche chirurgiche, che hanno consentito una corretta guarigione di fratture altrimenti irriducibili. La medicina interna acquisì eccezionali strumenti di indagine, come lo stetoscopio e i raggi X, già ricordati, che resero il corpo indagabile in parti prima inaccessibili. Anche i progressi della microbiologia, della chimica e di altre scienze collegate alla medicina giocarono un ruolo importante nello sviluppo di nuove branche della medicina interna, come la cardiologia, la gastroenterologia, la nefrologia, l’urologia e l’ematologia. Per quanto riguarda l’otorinolaringoiatria, il suo massimo rappresentante fu Adam Politzer (1835-1920), il quale creò a Vienna la prima clinica otologica ospedaliera e tenne, a partire dal 1895, la prima cattedra universitaria di otologia; si affiancarono in seguito la rinologia e la laringologia. Una delle tappe fondamentali della rinologia fu la pubblicazione, nel 1892, del Normale und Pathologische Anatomie der Nasenhöhle und Ihrer Pneumatischen Anhänge (Anatomia normale e patologica delle fosse nasali e delle cavità pneumatiche) ad opera di Emile Zuckerkandl (1849-1910), testo di riferimento per la disciplina. In campo laringologico, i principali progressi nel XIX secolo furono rappresentati dall’invenzione del laringoscopio, da parte del tenore Manuel García (1805-1906) nel 1854, che rese possibile l’esame diretto di questo organo e l’applicazione di nuove tecniche chirurgiche, come la laringectomia, e lo studio delle tonsilliti. L’oftalmologia, praticata fin dall’Antichità con interventi sulla cataratta, assunse il carattere di disciplina scientifica autonoma nella seconda metà del XIX secolo. L’oftalmologia ebbe un nuovo impulso a seguito dell’invenzione dell’oftalmoscopio, avvenuta nel 1850 ad opera di Hermann von Helmholtz (1821-1895), che permise di osservare direttamente il fondo dell’occhio, fondamentale per la diagnosi delle malattie oculari. si aggiunsero poi altri strumenti, quali ad esempio il tonometro, per misurare la pressione dell’occhio, e il perimetro, per l’esame del campo visivo. Nella seconda metà del XIX secolo fu introdotta l’anestesia locale, tramite un collirio di cocaina, e vennero migliorate, grazie alle misure di asepsi, le tecniche chirurgiche, dedicate principalmente alla cataratta e al glaucoma acuto. Nello stesso periodo sorsero le prime cliniche oculistiche. L’odontostomatologia è di nascita più recente poiché, fino alla fine del XIX secolo ed oltre continuò ad essere esercitata anche da praticoni e cavadenti, privi di un’adeguata formazione medica. Tuttavia, notevoli furono i progressi raggiunti anche in questo campo, tra i quali ricordiamo la scoperta dell’anestesia generale, ad opera di un dentista, l’introduzione dell’asepsi e dell’antisepsi, e l’invenzione di nuove apparecchiature e di nuovi strumenti odontoiatrici. Con la costituzione di associazioni di dentisti e di scuole di odontoiatria, riconosciute legalmente, si giunse in seguito ad una regolamentazione della professione; tuttavia, solo il XX secolo vide la nascita delle prime cattedre universitarie di odontoiatria. strumenti medici XIX secolo (qualitativi e quantitativi) storia del paziente (anamnesi) percussione esame fisico auscultazione oftalmoscopia radiografia (fine secolo) esami di laboratorio (fine secolo) nuove discipline istopatologia chimica biologica microbiologia effetti positivi vaccinazione regressione febbre tifoide regressione malaria vie commerciali affollamento città industrializzazione --> colera asiatico --> poliomielite --> meningite --> sifilide --> tubercolosi --> rachitismo --> forme di cancro termometro medico sfigmomanometro sfigmografo