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L`OTTOCENTO All`inizio del XIX secolo dominava

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L`OTTOCENTO All`inizio del XIX secolo dominava
L’OTTOCENTO
All’inizio del XIX secolo dominava ancora
l’indirizzo razionalistico, che ricercava
nella ragione la verità delle cose,
attribuendo un’importanza centrale al
giudizio individuale dello studioso.
Tuttavia, al puro razionalismo andò ben
presto ad affiancarsi lo sperimentalismo
di ascendenza galileiana che, grazie
anche all’introduzione di nuovi e più
precisi strumenti di misura, individuò
nell’esperimento il mezzo per
raggiungere la conoscenza scientifica.
Fondatore di una dottrina medica che diede
vita ad un filone molto seguito, stranamente
anche oggi, l’omeopatia, è il tedesco Christian
Friederich Samuel Hahnemann (1755-1843).
Studiando le proprietà antipiretiche del chinino,
che allora era largamente impiegato nella cura
della malaria, Hahnemann sperimentò che
questa sostanza, se assunta da un soggetto
sano, provocava gli stessi sintomi della
malaria, ossia la febbre.
Partendo da questa osservazione, sviluppò una
teoria che si basava sul principio del similia
similibus curantur, secondo la quale le malattie
si curano con i medicamenti che producono gli
stessi sintomi del morbo da combattere; si
trattava del principio opposto a quello
ippocratico dei contraria contrariis curantur,
allora imperante.
Hahnemann sperimentò i principi dei farmaci
su soggetti sani, in genere allievi ed amici, e
anche su sé stesso, ma non tenne conto dei
possibili effetti della suggestione.
Per evitare gli effetti collaterali dei farmaci
Hahnemann ridusse sempre di più il loro
dosaggio, la cui efficacia, secondo la sua
dottrina, era tuttavia moltiplicata dalla diluizione
e garantita da un processo di “dinamizzazione”,
che consisteva nello scuotere a lungo la
sostanza da somministrare.
La sua dottrina sull’omeopatia fu esposta nell’
Organon der rationellen Heilkunde (Organon
della medicina razionale), opera pubblicata nel
1810, che ebbe numerose edizioni e fu tradotta
in molte lingue.
La medicina omeopatica fu molto criticata,
perché sostanzialmente priva di basi
scientifiche; tuttavia ebbe il merito di offrire
un’alternativa alla terapeutica corrente, che si
basava sul facile ricorso a trattamenti talora
troppo invasivi e violenti.
L’omeopatia ha goduto di larga popolarità agli
inizi del XX secolo, sia in Europa che in
America, con una fioritura anche molto recente.
LA FISIOLOGIA
Con l’inizio del XIX secolo la fisiologia
cominciò a sganciarsi dall’influenza delle
dottrine vitalistiche, per intraprendere un
approccio in chiave meccanicistica,
tendente a spiegare i fenomeni vitali
attraverso le leggi della chimica e della
fisica.
Si verificò inoltre la volontà di eliminare
completamente la soggettività
nell’osservazione dei fenomeni, con il
tentativo di ottenere dati espressi in
linguaggio matematico.
Il passaggio da un approccio qualitativo ad
uno sempre più di tipo quantitativo fu
possibile grazie all’invenzione di una serie di
strumenti di misurazione scientifica, che
entrarono nell’uso comune, conferendo una
maggiore oggettività di valutazione.
Una delle menti più fervide del tempo fu
Claude Bernard (1813-1878), professore alla
Sorbona e al Collège de France, che diede
un contributo fondamentale allo
sperimentalismo in medicina.
Bernard abbandonò ogni concezione legata
ai sistemi medici di stampo settecentesco e
soprattutto al vitalismo, e volle fondare la
ricerca scientifica sui dati di laboratorio e
sulle prove sperimentali, le uniche che
potevano verificare l’esattezza di una ipotesi.
Si applicò in particolare allo studio delle
funzioni del pancreas, riconoscendo il ruolo
del succo pancreatico nel processo
digestivo; scoprì la funzione glicogenica del
fegato, dimostrando che quest’organo, oltre
a produrre la bile, è sede di una secrezione
interna, tramite la quale produce il glucosio
del sangue; dimostrò l’esistenza dei nervi
vaso-costrittori e vaso-dilatatori.
A Bernard si deve il concetto di milieu
intérieur, ossia di un ambiente interno
caratterizzato da condizioni stabili di
temperatura, pH, ossigenazione ecc., che
portò successivamente al moderno concetto
di omeostasi, ossia di autoregolazione dei
processi vitali.
Tutta questa serie di scoperte aprì la strada ai
futuri sviluppi della fisiologia, dando l’avvio ad
una concezione dell’organismo non più come
un insieme di organi aventi ciascuno una
propria attività separata, ma partecipanti tutti
insieme al compimento di una o più funzioni,
e perciò interdipendenti.
Il nuovo indirizzo sperimentale fu espresso
nella sua fondamentale opera, l’Introduction à
l’étude de la médecine expérimentale del
1865, dalla quale emergeva chiaramente che
le scienze fisiche e chimiche dovevano
essere alla base della fisiologia, dando l’avvio
ad una nuova impronta metodologica.
L’ANATOMIA PATOLOGICA
Il definitivo abbandono della teoria umorale
galenica, che ancora persisteva nonostante le
nuove scoperte e le nuove tendenze, avvenne nel
corso del XIX secolo, quando l’indirizzo della
medicina avviato dalla patologia d’organo di
Morgagni e dalla patologia tissutale di Bichat si
affermò in maniera decisiva.
Rudolph Virchow (1821-1902) è stata una delle
figure più rilevanti della medicina del XIX secolo,
un pioniere per quanto concerne i concetti
moderni sulla patogenesi delle malattie e
fondatore dell’antropologia come scienza
moderna.
Dopo gli studi all’Università di Berlino, gli fu
assegnata la prima cattedra di anatomia
patologica a Würzburg, dove pose le basi per la
formulazione della patologia cellulare.
Ritornato a Berlino, promosse la creazione di un
Istituto di Patologia, dove si formarono molti
medici tedeschi e stranieri.
L’elaborazione della teoria cellulare di Virchow
fu possibile grazie alle scoperte di Theodor
Schwann (1810-1882), il quale, tramite
osservazioni microscopiche su tessuti animali,
giunse a scoprire che la cellula è l’elemento
base di tutti gli organismi viventi.
Partendo da queste basi, e dalla patologia dei
tessuti di Bichat, che già aveva soppiantato la
patologia d’organo di Morgagni, con Virchow si
passò alla patologia cellulare, espressa nel Die
Cellularpathologie in ihrer Begruendung auf
physiologische, und pathologische,
Gewebelehere (La patologia cellulare nella sua
fondazione dall'istologia patologica e fisiologica)
(1858), secondo la quale ogni fenomeno
morboso è dovuto ad un’alterazione dell’unità
vitale dell’organismo, ossia della cellula.
La nuova teoria si basava sulla scoperta,
espressa nell’aforisma omnis cellula e cellula,
che ogni cellula si origina da un’altra cellula, e
non da materiale amorfo.
Louis Pasteur (1822-1895) è considerato il
fondatore della moderna microbiologia .
Dopo essere diventato professore di chimica
all’università di Strasburgo si dedicò a
ricerche sui processi di fermentazione e
putrefazione, convinto che questi fossero
riconducibili a germi viventi, che distinse in
aerobi ed anaerobi, i quali, presenti nell’aria,
si depositavano nelle sostanze organiche.
Scoprì che le anomalie nella fermentazione
della birra erano dovute all’azione di un fungo
microscopico, per eliminare gli effetti del
quale ideò una procedura di sterilizzazione
della birra imbottigliata tramite riscaldamento,
divenuta nota successivamente come
“pastorizzazione
pastorizzazione”.
Avendo poi scoperto una malattia dei
bachi da seta dovuta ad un batterio che
infettava le crisalidi, si applicò
all’isolamento dei germi responsabili di
molte patologie animali, come il colera
dei polli e il carbonchio degli erbivori.
Pasteur utilizzò una coltura vecchia
dell’agente del colera dei polli per
inocularlo nelle galline, e scoprì che
queste contraevano la malattia, ma
sviluppavano una forma lieve e non ne
morivano.
Inoculando successivamente una coltura
recente osservò che gli animali non
manifestavano nessun sintomo e ne
dedusse che erano stati immunizzati
dalla precedente inoculazione.
Esperimenti simili lo portarono a ideare
un sistema di immunizzazione contro il
carbonchio animale.
Un’altra malattia, conosciuta fin dall’antichità e
a cui Pasteur si applicò, fu la rabbia o
idrofobia, per la quale realizzò una
vaccinazione per l’uomo utilizzando
un’emulsione di midollo essiccato edivenuto
inerte, prelevato da un animale rabbioso.
Questa terapia venne sperimentata con
successo sui cani finché un giorno fu provata
per la prima volta su Jospeh Meister, un
bambino di 9 anni morso da un cane ammalato
e a sua volta colpito da idrofobia.
Dopo 12 iniezioni ed un'attesa di circa 2
settimane, nonostante l'incredulità delle
persone, che rimproveravano a Pasteur
l'imprudenza del suo atto, il ragazzo poté
lasciare il letto completamente guarito.
Si aprì così la strada alla preparazione di molti
vaccini, da utilizzare nella lotta contro le
malattie infettive.
Pasteur isolò, fra l’altro, il bacillo dell’antrace, il
vibrione del colera, lo streptococco piogeno, lo
stafilococco e lo pneumococco.
Altra figura di spicco nella microbiologia
ottocentesca fu Robert Koch (1843-1910),
che nel 1905 ricevette il Premio Nobel per la
medicina.
Le prime ricerche compiute da Koch
riguardarono il carbonchio animale.
Dimostrò che il bacillo presente nella milza
dei topi morti era l’agente causale della
malattia, ma riuscì anche a isolarlo e a
coltivarlo, e documentò la formazione delle
spore, mostrandone l’elevata resistenza
nell’ambiente esterno.
Koch scoprì l’agente eziologico della
tubercolosi (Mycobacterium
tuberculosis) che, da allora in poi, fu
definitivamente riconosciuta come
malattia infettiva.
Preparò un estratto ottenuto dalla
filtrazione di colture di bacillo
tubercolare, che denominò tubercolina
(che sperimentò sulla sua seconda
moglie), la quale non ebbe effetti
terapeutici, come Koch aveva ritenuto,
ma si rilevò un importante mezzo
diagnostico.
Infine scoprì il vibrione del colera,
studiando le sue modalità di diffusione
nell’ambiente.
A Koch si deve anche l’elaborazione dei
criteri sulla specificità degli agenti
patogeni, detti “i quattro principi di
Koch”, tuttora validi.
Per poter sostenere in maniera
inconfutabile che un agente patogeno è
la causa di una determinata malattia
infettiva occorre che:
1) il germe venga isolato dal paziente;
2) il germe venga coltivato in cultura
pura;
3) 3) l’inoculo del germe nell’animale
da esperimento riproduca la malattia
iniziale;
4) 4) il germe sia nuovamente isolato
nell’animale
LA CHIRURGIA
Nel XIX secolo la chirurgia, che si era da
poco elevata dal rango di disciplina empirica
per guadagnare pari dignità rispetto alla
medicina, fece tali progressi da raggiungere
una posizione di supremazia in ambito
medico, tanto che l’Ottocento è stato definito
“il secolo della chirurgia”.
Le ormai dettagliate conoscenze
anatomiche, il metodo sperimentale in
fisiologia e la patologia cellulare di Virchow
prepararono il terreno per il salto di qualità
compiuto in campo chirurgico rispetto ai
secoli precedenti.
Ma furono in particolare due fattori a
determinare il successo della disciplina in
questo periodo, ossia l’introduzione
dell’anestesia e la pratica dell’antisepsi.
Il miglioramento dello strumentario e
l’ideazione di nuove procedure chirurgiche
avevano contribuito, già nella seconda
metà del XVIII secolo, a fare ulteriormente
apprezzare il contributo della chirurgia.
Tuttavia gli interventi rimanevano molto
rischiosi, sia per l’alta incidenza di
mortalità dovuta all’insorgenza di infezioni,
sia per il dolore che il paziente era
costretto a sopportare in assenza di
qualsiasi tipo di anestesia.
Le sofferenze che accompagnavano le
operazioni erano ritenute un male
inevitabile e l’unico rimedio a cui il chirurgo
ricorreva era la velocità di esecuzione, che
spesso però andava a scapito della
precisione.
Verso la metà del XIX secolo,
cominciarono ad essere introdotte le prime
forme di anestesia.
L’anestesia
Nel 1772 il chimico inglese Joseph Priestley
(1733-1804) scoprì l’ossido di azoto, un gas
che fu sperimentato, direttamente sulla
propria persona, da Humphry Davy (17781829), che lo denominò “gas esilarante” per
lo stato di euforia che provocava, a cui era
associata una considerevole diminuzione
del dolore.
L’ossido di azoto venne così adottato per un
certo periodo come anestetico, anche se fu
presto sostituito dall’etere solforico,
utilizzato per la prima volta, come anestetico
generale, da William Morton (1805-1880)
nelle estrazioni dentarie.
Uso dell’etere solforico in odontoiatria (1846)
L’introduzione in chirurgia generale
dell’etere solforico si deve allo
statunitense John Collins Warren
(1778-1856), che praticò il primo
intervento chirurgico in anestesia
generale nel 1846.
Il chirurgo, dopo aver fatto inalare i
vapori di una bottiglia nella quale era
stata inserita una spugna imbevuta di
etere, asportò un tumore del collo
senza il minimo dolore da parte del
paziente.
In Europa la prima operazione in
anestesia tramite etere fu eseguita,
nello stesso anno, dallo scozzese
Robert Liston (1794-1846) per
l’amputazione di una gamba.
Presto questo tipo di anestesia venne
largamente adottata sia in America
che in Europa.
L’anno successivo, il 1847, l’ostetrico inglese
James Simpson (1811-1870) utilizzò il
cloroformio per inalazione, che risultava più
gradevole dell’etere, negli interventi in campo
ostetrico.
Dopo che la regina Vittoria sperimentò il
cloroformio in occasione del suo settimo parto,
questo tipo di anestesia ebbe un largo successo
in ostetricia, sebbene fosse poi limitato ad
interventi di breve durata, per alcuni inconvenienti
che causava.
Sempre nella seconda metà del XIX secolo
furono introdotte le prime forme di anestesia
locale, dapprima frizionando l’etere sulla parte da
operare, poi utilizzando il potere anestetico locale
della cocaina e di altre sostanze, mentre
l’anestesia spinale con cocaina fu sperimentata
per la prima volta da Augustus Bier (1891-1949)
nel 1899.
L’antisepsi
La chirurgia era funestata da un alto tasso di
mortalità a causa delle infezioni che
inevitabilmente seguivano il decorso postoperatorio, e che rendevano gli interventi
chirurgici l’extrema ratio a cui ricorrere solo
nei casi più gravi.
Le infezioni peraltro erano maggiormente
frequenti in ambiente ospedaliero rispetto a
quello domiciliare, a causa della mancata
osservazione delle più elementari regole di
igiene.
I chirurghi si limitavano ad una sommaria
pulizia della ferita, ma operavano a mani
nude, con strumenti e indumenti sporchi di
materiale organico derivante da precedenti
interventi, mentre ancora non era conosciuto
alcun tipo di disinfettante efficace.
Un contributo fondamentale alla lotta contro
le infezioni ospedaliere fu dato
dall’ungherese Ignaz Philipp Semmelweis
(1818-1865), nonostante il valore delle sue
scoperte sia stato riconosciuto soltanto
dopo la morte.
Semmelweiss studiò a Pest e a Vienna,
dove iniziò a lavorare presso la clinica
ostetrica.
A quel tempo, come del resto in
precedenza, le puerpere erano decimate
da una patologia caratterizzata da
malessere generale, dolore e febbre molto
alta, nota come “febbre puerperale”.
Sia nelle città che negli ospedali si
registravano vere e proprie epidemie di
questo morbo, sulle cui cause circolavano
le teorie più disparate e fantasiose.
Semmelweis osservò che le donne
decedute per febbre puerperale
presentavano sempre lo stesso quadro
anatomo-patologico, caratterizzato da
suppurazione dei genitali, del peritoneo e
a distanza, e notò che vi era una notevole
differenza di decessi nei due reparti di
ostetricia della struttura ospedaliera.
Nel reparto frequentato dagli studenti di
medicina che, prima di visitare le
puerpere, effettuavano autopsie, la
percentuale di donne decedute per febbre
puerperale era notevolmente più alta,
rispetto al reparto frequentato dalle allieve
ostetriche.
Semmelweis suppose che la febbre
puerperale fosse causata da “particelle
putride” dei cadaveri o di altri malati e
potesse essere trasmessa attraverso le
mani non lavate, la biancheria e i ferri
chirurgici infetti.
LA CLINICA OSTETRICA DI VIENNA
Per verificare la fondatezza della sua
ipotesi introdusse l’obbligo per i medici
di lavarsi le mani con una soluzione di
cloruro di calce, prima di visitare le
puerpere.
Questa semplice norma igienica, che
fece registrare un drastico crollo
dell’incidenza dei decessi, dimostrando
la validità della sua teoria, venne
tuttavia considerata offensiva nei
confronti del personale medico e
avversata dal suo primario, tanto che
Semmelweis fu allontanato da Vienna
e dovette trasfersi a Budapest.
LE BACINELLE DI SEMMELWEIS
Risale invece al 1866 l’introduzione della
sterilizzazione, mediante vapore, del
materiale di medicazione da parte del
tedesco Ernst von Bergmann (1837-1907).
Contemporaneamente il francese Louis-Félix
Terrier (1837-1908) ideò l’autoclave per
sterilizzare in acqua bollente gli strumenti
chirurgici.
Mentre fino ad allora i chirurghi erano soliti
operare con gli stessi abiti civili con cui erano
usciti di casa, sul finire del secolo venne
introdotto, da parte dell’americano William
Stewart Halsted (1852-1922), l’uso dei guanti
di gomma durante le operazioni e i chirurghi
cominciarono ad indossare camici bianchi, a
cui si aggiunsero cuffie, mascherine di garza
e soprascarpe.
Era iniziata la storia dell’asepsi in campo
chirurgico.
Va aggiunta un’altra scoperta che ebbe un
notevole impatto sulla chirurgia,
aumentando le possibilità di esito
favorevole degli interventi chirurgici, ossia
l’emostasi.
La mortalità per emorragia, a seguito di
operazioni complesse e soprattutto di
amputazioni, era infatti assai elevata.
Si deve tuttavia al francese Jules-Émile
Pean (1830-1898) e allo svizzero Emil
Theodor Kocher (1841-1917) l’invenzione
di due tipi di pinze dentate, che da essi
presero il nome, adatte per chiudere i vasi
sanguigni nel corso delle operazioni.
Grazie a questi importanti progressi, che
ridussero sia la sofferenza inflitta ai pazienti
sia il tasso di mortalità operatorio e postoperatorio, i chirurghi furono finalmente in
grado di affrontare gli interventi agli organi
addominali e toracici, e al cervello, che fino
ad allora erano stati evitati per gli enormi
problemi da cui erano accompagnati.
La semeiotica
Il più importante rappresentante della semeiotica
francese fu il bretone René Théophile Hyacinthe
Laennec (1781-1826) che studiò medicina a
Parigi, dove divenne uno dei medici più rinomati
del suo tempo.
Laennec accettò la teoria anatomo-patologica di
Bichat, che si basava sull’analisi delle
caratteristiche funzionali dei diversi tipi di tessuti
che costituiscono le varie parti del corpo e
sull’osservazione delle loro lesioni.
Abbandonò il sistema, puramente descrittivo,
degli anatomisti, basato sulla classificazione delle
malattie in base alla localizzazione delle lesioni,
prediligendo invece un criterio che guardasse alla
loro natura.
Secondo questo nuovo approccio le malattie
dovevano essere classificate in base ai dati della
clinica, ma la diagnosi non doveva limitarsi ad
osservare i sintomi, ma dedurre da essi le
possibili lesioni interne.
Il torace veniva allora esaminato tramite la
percussione, metodica diagnostica introdotta dal
viennese Leopold Auenbrugger (1722-1809).
L’auscultazione diretta, effettuata appoggiando
l’orecchio al torace del paziente e già conosciuta
dai tempi di Ippocrate, era poco utilizzata, perché
dava risultati poco chiari e di difficile
interpretazione.
Laennec inventò lo stetoscopio (dal greco stethos,
torace, e skopein, esplorare), che divenne lo
strumento più familiare al medico, facendolo
considerare “il padre dell’auscultazione clinica”.
L’idea dello stetoscopio venne a Laennec
osservando alcuni ragazzi che giocavano con una
sottile pertica, e che appoggiavano un’estremità
all’orecchio e battevano l’altra estremità con uno
spillo; poiché, con questo sistema, l’impercettibile
rumore dello spillo veniva fortemente amplificato,
NUOVE METODICHE IN MEDICINA
Mentre i progressi nel campo dell’anatomia
macroscopica, già nota, furono modesti, fu
l’anatomia microscopica a registrare i più notevoli
sviluppi.
La rivoluzionaria scoperta della cellula come unità
strutturale e funzionale di base degli organismi
viventi e i miglioramenti effettuati nel campo della
microscopia portarono allo sviluppo dell’istologia,
branca della medicina che studia la morfologia dei
tessuti e delle cellule che li compongono.
Vennero realizzati nuovi microscopi più potenti, con
i quali la teoria cellulare poté affermarsi
definitivamente.
Si distinse, a questo proposito, Giovanni Battista
Amici (1786-1863) il quale, oltre a costruire
microscopi di alta qualità, inventò a metà del secolo
l’obiettivo ad immersione che permise di correggere
l’aberrazione cromatica dei precedenti apparecchi.
La produzione di lenti acromatiche da parte
dell’ottica tedesca (Zeiss, Leitz), rese le
osservazioni microscopiche perfette.
Nel corso del XIX secolo l’esplorazione visiva
degli organi interni fu resa possibile grazie agli
sviluppi dell’endoscopia, che entrò nella pratica
medica quotidiana.
Dallo speculum, di uso esclusivamente
vaginale, si passò a strumenti via via sempre
più perfezionati, che si adattavano
all’esplorazione di qualsiasi orifizio accessibile
del corpo umano.
Nacquero così l’uretroscopio, l’otoscopio, il
laringoscopio, l’oftalmoscopio, fino al vero e
proprio endoscopio, il cui utilizzo fu migliorato
con i sistemi di illuminazione possibili grazie
all’utilizzo dell’elettricità.
Nell’ambito dell’indagine clinica, si devono
ricordare i tentativi di misurazione della
pressione del sangue, con
l’emodinamometro ideato da Louis Poiseuille
(1799-1869), fino all’invenzione, da parte di
Scipione Riva-Rocci (1863-1937), dello
sfigmomanometro a mercurio, strumento che
ebbe una importanza enorme, se si pensa
alla diagnosi di patologie molto diffuse come
l’ipertensione arteriosa.
Sul finire del secolo nacque
l’elettrocardiografia che, in base all’intuizione
di Galvani, secondo il quale nel corpo degli
esseri viventi esistevano diverse energie
elettriche, intendeva registrare l’attività
elettrica del cuore sotto forma di tracciato.
Il primo galvanometro, modificato per
fungere da elettrocardiografo, fu ideato agli
inizi del XX secolo dall’olandese Willem
Einthoven (1860-1927).
In questo modo la diagnosi di molte malattie
divenne una realtà misurabile e
quantificabile.
Nel 1895 Wilhelm Conrad Röntgen (18451923), dell’Università di Würzburg, rese
nota l’esistenza di un nuovo tipo di raggi,
capaci di attraversare i corpi solidi, che
chiamò “raggi X”.
In particolare, tramite queste radiazioni,
l’apparato scheletrico diventava
chiaramente visibile attraverso i tessuti
molli e, infatti, almeno inizialmente, la
scoperta aprì la strada alla diagnostica
delle lesioni ossee.
Finalmente l’interno del corpo umano
diventava visibile senza la necessità di
aprirlo.
In seguito i perfezionamenti di questa
metodica diagnostica, soprattutto
l’introduzione dei mezzi di contrasto liquidi
per evidenziare il tratto gastro-enterico e
le vie urinarie, resero la radiologia una
disciplina di primaria importanza in campo
medico.
LE SPECIALIZZAZIONI MEDICHE
L’ostetricia, che già si era delineata come
disciplina autonoma nel secolo precedente,
compì innumerevoli passi avanti.
La più grande scoperta dell’ostetricia
ottocentesca è costituita dalla dimostrazione
dell’origine infettiva della febbre puerperale ad
opera di Semmelweis, grazie alla quale la
mortalità per sepsi post-partum registrò un
drastico calo.
Ulteriori progressi si registrarono per il taglio
cesareo, un intervento ancora molto rischioso,
fino all’introduzione della tecnica ideata da
Edoardo Porro (1842-1902), che propose
l’amputazione sopravaginale dell’utero per
eliminare i rischi di infezione e di emorragia, e
di quella effettuata da Max Saenger (18531903), che comportava la sutura dell’utero.
Mentre, fino a tutto il XVIII secolo, la cura del
neonato era affidata all’ostetricia e quella del
bambino alla medicina generale, con il XIX
secolo questi compiti furono assolti dalla
pediatria, che cominciò a configurarsi come
disciplina autonoma.
La neurologia si sviluppò solo sul finire del XIX
secolo, a causa dei ritardi nei progressi delle
conoscenze sul sistema nervoso.
I capiscuola della disciplina furono in
Germania Moritz Heinrich Romberg (17951873), autore del primo trattato sulle malattie
nervose Lehrbuch der Nervenkrankheiten des
Menschen (Trattato delle malattie nervose
umane) del 1846, in Francia Guillaume
Duchenne (1806-1875), che si occupò in
particolare di elettrodiagnostica ed
elettroterapia, e Jean Martin Charcot (18251893), famoso per gli studi sull’isterismo.
Ma gli sviluppi più fecondi della neurologia,
che ebbe molti seguaci, si verificarono solo
nel XX secolo.
L’ortopedia nacque, già nel corso del XVIII
secolo, con lo scopo di prevenire o di
correggere le deformità dei bambini, utilizzando
apparecchi e dispositivi meccanici.
La disciplina si evolse poi in un senso più
ampio, dedicandosi alle deformità
osteoarticolari sia dei bambini che degli adulti
con la nascita della chirurgia ortopedica, che
vide i suoi inizi nella seconda metà del XIX
secolo e con l’introduzione di interventi volti a
correggere difetti prima incurabili, come la
lussazione congenita dell’anca, le artrodesi e le
artroplastiche.
In Italia si distinse il chirurgo Francesco Rizzoli
(1809-1880), fondatore dell’Istituto ortopedico
di Bologna.
Strettamente legata all’ortopedia fu la
traumatologia, i cui progressi furono favoriti dal
metodo listeriano di trattamento delle fratture
aperte, dalla scoperta dei raggi X e dai
perfezionamenti delle tecniche chirurgiche, che
hanno consentito una corretta guarigione di
fratture altrimenti irriducibili.
La medicina interna acquisì
eccezionali strumenti di
indagine, come lo
stetoscopio e i raggi X, già
ricordati, che resero il corpo
indagabile in parti prima
inaccessibili.
Anche i progressi della
microbiologia, della chimica e
di altre scienze collegate alla
medicina giocarono un ruolo
importante nello sviluppo di
nuove branche della
medicina interna, come la
cardiologia, la
gastroenterologia, la
nefrologia, l’urologia e
l’ematologia.
Per quanto riguarda l’otorinolaringoiatria, il suo
massimo rappresentante fu Adam Politzer
(1835-1920), il quale creò a Vienna la prima
clinica otologica ospedaliera e tenne, a partire
dal 1895, la prima cattedra universitaria di
otologia; si affiancarono in seguito la rinologia e
la laringologia.
Una delle tappe fondamentali della rinologia fu
la pubblicazione, nel 1892, del Normale und
Pathologische Anatomie der Nasenhöhle und
Ihrer Pneumatischen Anhänge (Anatomia
normale e patologica delle fosse nasali e delle
cavità pneumatiche) ad opera di Emile
Zuckerkandl (1849-1910), testo di riferimento
per la disciplina.
In campo laringologico, i principali progressi nel
XIX secolo furono rappresentati dall’invenzione
del laringoscopio, da parte del tenore Manuel
García (1805-1906) nel 1854, che rese possibile
l’esame diretto di questo organo e l’applicazione
di nuove tecniche chirurgiche, come la
laringectomia, e lo studio delle tonsilliti.
L’oftalmologia, praticata fin dall’Antichità con
interventi sulla cataratta, assunse il carattere di
disciplina scientifica autonoma nella seconda
metà del XIX secolo.
L’oftalmologia ebbe un nuovo impulso a seguito
dell’invenzione dell’oftalmoscopio, avvenuta nel
1850 ad opera di Hermann von Helmholtz
(1821-1895), che permise di osservare
direttamente il fondo dell’occhio, fondamentale
per la diagnosi delle malattie oculari.
si aggiunsero poi altri strumenti, quali ad
esempio il tonometro, per misurare la pressione
dell’occhio, e il perimetro, per l’esame del
campo visivo.
Nella seconda metà del XIX secolo fu introdotta
l’anestesia locale, tramite un collirio di cocaina,
e vennero migliorate, grazie alle misure di
asepsi, le tecniche chirurgiche, dedicate
principalmente alla cataratta e al glaucoma
acuto.
Nello stesso periodo sorsero le prime cliniche
oculistiche.
L’odontostomatologia è di nascita più
recente poiché, fino alla fine del XIX
secolo ed oltre continuò ad essere
esercitata anche da praticoni e
cavadenti, privi di un’adeguata
formazione medica.
Tuttavia, notevoli furono i progressi
raggiunti anche in questo campo, tra i
quali ricordiamo la scoperta
dell’anestesia generale, ad opera di un
dentista, l’introduzione dell’asepsi e
dell’antisepsi, e l’invenzione di nuove
apparecchiature e di nuovi strumenti
odontoiatrici.
Con la costituzione di associazioni di
dentisti e di scuole di odontoiatria,
riconosciute legalmente, si giunse in
seguito ad una regolamentazione della
professione; tuttavia, solo il XX secolo
vide la nascita delle prime cattedre
universitarie di odontoiatria.
strumenti medici
XIX secolo
(qualitativi e quantitativi)
storia del paziente (anamnesi)
percussione
esame fisico auscultazione
oftalmoscopia
radiografia (fine secolo)
esami di laboratorio (fine secolo)
nuove discipline
istopatologia
chimica biologica
microbiologia
effetti positivi
vaccinazione
regressione febbre tifoide
regressione malaria
vie commerciali
affollamento città
industrializzazione
--> colera asiatico
--> poliomielite
--> meningite
--> sifilide
--> tubercolosi
--> rachitismo
--> forme di cancro
termometro medico
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