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CLIT : sfida metodologica per l`insegnante di qualità

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CLIT : sfida metodologica per l`insegnante di qualità
UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI DI VENEZIA
MASTER ITALS IN DIDATTICA
DELLA LINGUA E CULTURA ITALIANA A STRANIERI
INDIRIZZO: LS DIDATTICO
VIII CICLO
TESI
CLIT : sfida metodologica per
l’insegnante di qualità
Tutor: GRAZIANO SERRAGIOTTO
Candidata:
Anno
Accademico
SIRA GHELLER
2006/2007
1
INDICE
1. Introduzione
2. Scheda CLIL
2.1 Una biografia CLIL
2.2 Che cos’è il CLIL?
2.3 Obiettivi
2.3.1 O. generali
2.3.2 O. socioeconomici
2.3.3 O. socioculturali
2.3.4 O. linguistici
2.3.5 O. didattici
2.4 Metodologia
3. Insegnante CLIL
3.1 Competenze
3.2. Team working
3.2.1 Difficoltà
3.2.2 Competenze relazionali
3.2.3 Teaching team e team teaching
3.3 L’insegnante di qualità
3.4 CLIT
3.5 Progetto di formazione docente
3.5.1 Formazione insegnanti in servizio
3.5.1.1 Portfolio docente
3.5.2 Formazione futuri insegnanti
2
4. Esperienza CLIL : geografia in francese
4.1. Scheda di programmazione
4.1.1 Obiettivi generali
4.1.2 Contenuti
4.1.3 Abilità di studio
4.1.4 Obiettivi linguistici
4.1.5 Valutazione
4.2 Esempio di unità di apprendimento
4.3 Conclusioni
4.3.1 Punti di forza
4.3.2 Punti deboli
5. Conclusioni
6. Bibliografia
7. Sitografia
8. Appendice
3
“Il CLIL potrebbe rappresentare in definitiva il LABEL : l’etichetta di qualità della
nuova scuola europea”1.
1. Introduzione
Il panorama scolastico italiano sta cambiando.
Sempre maggiore è il numero di studenti immigrati e le classi plurilingui sono
ormai una realtà con la quale ogni docente è portato quotidianamente a
confrontarsi.
I problemi cui ogni istituzione scolastica deve far fronte sono molteplici ma
possono essere sintetizzati in tre concetti : inserimento, lotta contro la dispersione,
insegnamento linguistico.
Fra i tre è sicuramente quest’ultimo il punto nodale. Basti pensare a cosa sia la
lingua : non solo strumento di comunicazione (identificabile nel BICS2) ma
anche competenza superiore (CALP) portatrice di abilità formative trasversali
(analisi, sintesi, generalizzazione etc.), nonché veicolo di tratti socio-culturali . E’
per questa ragione che un’adeguata padronanza linguistica rappresenta per il
giovane immigrato la chiave d’accesso non solo alla scuola ma anche
all’integrazione sociale.
È attraverso la lingua che il giovane conosce ed interiorizza la cultura originando
nuovi schemi mentali, ridisegnando la propria identità sociale, ridefinendosi
nell’ambiente che lo accoglie ed aumentando così anche la propria autostima in un
positivo processo di ricerca/confronto/crescita utile non solo a lui ma a tutti coloro
che lo circondano; tutto questo senza comunque dimenticare che sarà la
padronanza linguistica in L2 a determinarne il successo o l’insuccesso in ambito
scolastico.
1
Nalesso, M., Perini, R (2006), “Investimento istituzionale”, Il futuro si chiama CLIL. Una
ricerca interregionale sull’insegnamento veicolare ,IPRASE Trentino
2
Distinzione di Cummins fra competenza BICS Basic Interpersonal Comunicative Skills e CALP
Cognitive Academic Language Proficiency
4
Plurilinguismo e pluriculturalismo, passano dunque attraverso le molteplici
competenze legate alla lingua.
Ed è qui che si inserisce la funzione insegnante : sono gli insegnanti, tutti, senza
eccezione alcuna, a doversi occupare della crescita linguistica dei loro studenti (
per comodità si userà solo il termine linguistico volendo, però, indicare con questo
non solo la competenza meramente linguistica, ma anche quella sociale e
culturale) proprio perché tutti, indistintamente,“portatori” e “fruitori” di lingua.
Tuttavia, per poter svolgere questa loro funzione al meglio, rispondendo così alla
definizione di ‘insegnante di qualità’, i docenti devono poter ridefinire la propria
didattica considerando che non basta più il ‘saper trasmettere’, seppur in modo
eccelso, dei contenuti ad un pubblico di parlanti nativi, ma che serve anche saperli
comunicare a chi parlante nativo non è mettendo in atto, quindi, strategie di
insegnamento finalizzate allo stesso tempo a facilitare la comprensione ed a
identificare le strutture linguistiche testuali della disciplina: integrazione lingua e
contenuto!
Il ruolo dell’insegnante si arricchisce insomma di nuove responsabilità didattiche,
impensabili fino a una decina d’anni fa ma assolutamente non trascurabili ora.
Ecco perché la metodologia CLIL, nata e sperimentata fin’ora quasi
esclusivamente nell’ ambito delle lingue straniere , rappresenta per chi scrive il
riferimento metodologico del futuro : gli alunni stranieri saranno sempre più
numerosi nelle nostre scuole e non si potrà più pensare che sia solo il compito di
alcuni quello di prepararli linguisticamente alla lingua dello studio e della società,
ma dovere di tutti i componenti di ogni consiglio di classe.
Purtroppo la formazione degli insegnanti, soprattutto se di discipline non
linguistiche, non prevede ancora un esplicito riferimento alla ‘glottodidattica
disciplinare’ .
Inoltre sono pochi gli insegnanti abituati a lavorare in team , qualità questa
divenuta oggigiorno indispensabile alla crescita professionale.
L’obiettivo di questo lavoro sarà dunque quello di analizzare la metodologia CLIL
dal punto di vista dell’insegnante: vedere, cioè, come un insegnante di qualità
5
possa attivare nuove competenze didattiche a beneficio di un’utenza in rapida
evoluzione.
Per questa ragione l’esperienza riportata nell’ultima parte di questo lavoro non si
riferisce ad un CLIL di italiano LS bensì ad un CLIL di francese LS : benché le
lingue considerate siano in effetti diverse, la metodologia alla base è la stessa ed
essendo questo uno studio improntato essenzialmente sulle peculiarità
metodologiche e sulla formazione del docente ho ritenuto che non fosse
determinante la specificità della lingua in oggetto.
Nella prima parte della tesi si analizzeranno, dunque, dapprima le caratteristiche
peculiari della metodologia CLIL facendole ruotare attorno al perno concettuale
del termine portante integrated, ed in un secondo momento si elaborerà la
proposta CLIT : ‘progetto di formazione per insegnanti’. Nell’ultima parte della
tesi, infine, si presenterà un’esperienza CLIL (francese-geografia) attuata in un
istituto superiore di Varese Ligure (Sp) nell’anno scolastico 2005/06 mettendo in
evidenza soprattutto quali siano stati i punti forti e quelli deboli della metodologia
applicata.
2. Scheda CLIL
2.1 : Una biografia CLIL3
C.L.I.L. , acronimo di Content and Language Integrated Learning, nasce
ufficialmente nel 1995 allorché una risoluzione del Consiglio europeo si riferisce
per la prima volta in modo esplicito all’insegnamento in lingua straniera di
“discipline diverse da quelle linguistiche”.
3
Eurydice :Apprendimento integrato di lingua e contenuto (Content and Language Integrated
Learning – CLIL) nella scuola in Europa ,[Internet] (81 pagine) Eurydice la rete di informazione
sull’istruzione in Europa ( novembre, 2005). www.eurydice.com
6
In realtà, esperienze di insegnamento bilingue vengono condotte, in Europa e
Canada, fin dagli anni ’60.
Prima degli anni ’70 : discipline non linguistiche vengono insegnate in lingua
straniera solo in regioni particolari (bilingui o di confine) o in grandi metropoli,
allo scopo di formare alunni bilingui. Si parla in questo caso di educazione
bilingue.
Negli anni ’70 - ’80 : nasce in Québec l’insegnamento in immersione in risposta
alla necessità da parte di famiglie anglofobe di offrire ai figli una buona
competenza linguistica anche in francese. Benché inapplicabile in Europa questo
modello di insegnamento rappresenta un nuovo stimolo di ricerca.
Prima degli anni ’90 : sia la Risoluzione della riunione Consiglio dei ministri
dell’educazione (Consiglio 9 febbraio 1976), che le conclusioni del Consiglio
europeo di Stoccarda (1983) e le conclusioni del Consiglio dell’educazione (4
giugno 1984) raccomandano un’ attenzione particolare all’insegnamento delle
lingue straniere per la promozione della diversità linguistica .
Negli anni ’90 : si fa strada l’ acronimo CLIL che mette l’accento sul fatto che
lingua e materia non linguistica siano entrambe oggetto d’insegnamento : la
materia non linguistica si apprende attraverso la lingua straniera la quale a sua
volta cresce e si sviluppa nell’uso veicolare. L’apprendimento è, per la prima
volta, integrato.
Dopo gli anni ’90 : con il programma Lingua (in vigore il 1° gennaio 1990 su
Decisione del Consiglio 89/489/CEE, 16.08.1989) si fa strada la necessità di
“promuovere l’innovazione nei metodi di formazione delle lingue straniere”.
7
Nel 1992 : l’ art.126 del Trattato di Maastricht sottolinea che uno degli obiettivi
primari per l’Europa è la conoscenza di almeno tre lingue comunitarie.
Il 1995 è l’ anno di nascita del C.L.I.L.
La Risoluzione del Consiglio del 31 marzo1995 fa esplicito riferimento
all’”insegnamento, in una lingua straniera, di discipline diverse dalle lingue nelle
classi in cui si impartisce l’insegnamento bilingue”; non solo, ma anche in
Insegnare ed apprendere – verso la società cognitiva , Libro Bianco
sull’educazione e la formazione, la Commissione europea propone (tra altre
pratiche) che “la prima lingua straniera appresa diventi la lingua di insegnamento
di talune materie nella scuola secondaria” (Seconda parte, IV obiettivo generale:
promuovere la conoscenza di tre lingue comunitarie).
Nel 1998 la Raccomandazione n.R 98/6 del Comitato dei Ministri del Consiglio
d’Europa , sottolinea la necessità di potenziare l’insegnamento delle lingue
europee anche “ incoraggiando l’uso delle lingue straniere per l’insegnamento di
materie non linguistiche”.
Il Programma Comenius , infine, prevede aiuti finanziari per azioni di mobilità
rivolte ad “insegnanti di altre discipline che debbano, o vogliono, insegnare in una
lingua straniera”.
Nel 2001 : Anno europeo delle Lingue annovera l’insegnamento CLIL tra gli
approcci atti a promuovere la diversità linguistica e l’apprendimento delle lingue.
Nel 2002 : Consiglio europeo di Barcellona chiede agli Stati membri e alla
Commissione europea che almeno due lingue straniere siano insegnate fin dalla
più tenera età.
Nel 2003 : il Piano di azione 2004-2006 è finalizzato a “ promuovere
l’apprendimento delle lingue e la diversità linguistica” (Comunicazione della
8
Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e
sociale e al Comitato delle regioni dl 24.07.2003, COM (2003) 449 def.).
Infine, il 26 settembre 2007,”
il Gruppo ad alto livello sul multilinguismo
presenta la sua relazione finale con raccomandazioni alla Commissione a favore
di azioni nel campo del multilinguismo.
Il Gruppo, composto da 11 esperti di vari paesi europei, ed istituito in risposta
alla comunicazione del 2005 “Un nuovo quadro strategico per il multilinguismo”,
ha il compito di offrire sostegno e consulenza per mettere a punto iniziative, dare
nuovi impulsi e fornire idee nuove per un approccio globale al multilinguismo
nell’Unione europea. (I corsivi sono nostri).
Le raccomandazioni del Gruppo sono preziose, e la relazione può ispirare progetti
concreti”, ha dichiarato il Commissario Orban. “Ad esempio, una ricerca sugli aspetti del
multilinguismo in cui dobbiamo ancora colmare delle lacune. Come promuovere
l’apprendimento delle lingue al di fuori dell’istruzione formale, come incoraggiare
l’apprendimento linguistico in età matura, come utilizzare il multilinguismo per integrare
le minoranze linguistiche?.
La relazione del Gruppo prende in esame diversi settori: sensibilizzazione e promozione
della motivazione per l’apprendimento delle lingue, potenziale dei mezzi di comunicazione
nel risvegliare, promuovere e sostenere la motivazione per l’apprendimento delle lingue, le
lingue e l’impresa, interpretazione e traduzione - nuove esigenze e nuovi sviluppi, lingue
regionali o minoritarie, ricerca in materia di multilinguismo.4
E in Italia ?
Fin dagli anni ’90 : progetti ministeriali hanno permesso la nascita di licei
europei e licei internazionali nei quali una o più materie curricolari vengono
regolarmente insegnate in lingua straniera.
4
DG Educazione e cultura. “Promuovere la motivazione per l’apprendimento delle lingue” - le
raccomandazioni del Gruppo ad alto livello sul multilinguismo [Internet](1 pagina)
http://ec.europa.eu/education/index_en.html
9
Nel 1999 la legge sull’autonomia scolastica (articolo 4.3) permette in ogni
istituto scolastico l’avvio di progetti che “rispondono alle esigenze delle singole
scuole”, e tra questi, quindi,
viene contemplata la possibilità di veicolare
insegnamenti disciplinari in lingua straniera.
Nell’anno 2000 : il Progetto Lingue 2000 (MPI 2000) : finalizzato al
rinnovamento dell’insegnamento e dell’apprendimento linguistico ribadisce
l’importanza dell’acquisizione “di precise competenze comunicative da parte
degli allievi” lasciando intendere quanto sia auspicabile, in ambito scolastico,
l’introduzione di nuove metodologie didattiche atte a potenziarne in modo
innovativo la competenza linguistica.
Nel 2005, infine gli articoli 3.3 e 7.3 del D.Lgs. 17.10.2005, n° 227 statuiscono
l’obbligo di insegnare una materia in lingua inglese nell’ultimo anno del liceo.
2.2 Che cos’è il CLIL?
Il CLIL è una metodologia didattica in cui lingua e contenuto crescono assieme in
un
contemporaneo
percorso
di
apprendimento/insegnamento.
Insegnare/apprendere semplicemente una disciplina in lingua straniera, non è
CLIL così come non lo è insegnare una lingua con l’ausilio di testi specialistici
disciplinari. CLIL è l’integrazione fra i due poli opposti : lingua e contenuto così
come lo esprime chiaramente Balboni (2002, 201) nello schema che segue:
Inglese
NonCLIL
CLIL
orientato su
chimica
Chimica
Si fa chimica in
inglese senza alcun interesse per l’eventuale acquisizione dell’inglese
Si fa chimica in inglese e l’insegnante
di inglese dà un supporto in aspetti linguistici utili per la chimica
10
CLIL
CLIL
orientato
sull’inglese
NonCLIL
Chimica e inglese perseguono i loro
obiettivi nello stesso tempo , con le stesse attività; il contenuto chimico prevale ma con forte attenzione al
ruolo e al tipo della lingua
Progetti spesso interdisciplinari in cui contenuti chimici danno i contenuti a moduli eseguiti
poi in inglese
Il tradizionale corso di microlingua in cui si usano testi di chimica ma per imparare l’inglese della chimica,
non la chimica
In definitiva in un insegnamento CLIL è la lingua straniera (o L2) a veicolare il
contenuto il quale viene appreso/insegnato prestando comunque particolare
attenzione alla lingua utilizzata che mai deve rappresentare un ostacolo per il
discente. Inoltre, in un contesto CLIL , la lingua non è solo strumento di
apprendimento per la disciplina in questione ma anche veicolo di scambio ed
interazione fra gli attori coinvolti.
2.3. Obiettivi
Lo studio condotto da Eurydice5 “Apprendimento integrato di lingua e contenuto
(CLIL)nella scuola in Europa” indica con estrema precisione i diversi obiettivi
che la pratica CLIL si propone. Il corsivo riporta la ricerca Eurydice :
2.3.1 O. Generali :
- Acquisire conoscenze specifiche relative al programma di studi. Si
tratta in questo caso di obiettivi di contenuto relativi alle discipline in
oggetto che verranno insegnati ed appresi in modo integrato :
l’acquisizione del contenuto andrà di pari passo all’acquisizione
linguistica e viceversa. Non potranno quindi essere proposti input
disciplinari la cui forma linguistica non corrisponda alle reali
conoscenze e competenze degli studenti. Ricci Garotti ( 2006, 41) 6
afferma :
5
Cfr.nota 3 pag.6
Ricci Garotti,F. “Il futuro si chiama CLIL” in Ricci Garotti (cur.) Il futuro si chiama CLIL. Una
ricerca interregionale sull’insegnamento veicolare ,IPRASE Trentino (2006)
6
11
dal punto di vista disciplinare l’integrazione fra contenuto e lingua richiede
che le forme di insegnamento e di apprendimento siano orientate
all’acquisizione linguistica che si rende necessaria alle conoscenze
disciplinari di quel momento.
- Sviluppare competenze linguistiche in una lingua diversa da quella
usata come lingua di insegnamento nel caso di contesti CLIL in LS,
oppure svilupparle in una lingua diversa dalla propria lingua madre
come nel caso di contesti CLIL in L2. Si ritiene, tuttavia, che sia più
corretto parlare di “acquisizione” di competenza anziché di semplice
“sviluppo” proprio perché è l’”acquisizione”, inconscia e profonda,
determinata dall’attivazione della bimodalità direzionale del cervello, a
permettere un comportamento linguistico autonomo ed istintivo perché
inserito nella memoria semantica (Balboni 2006, 33-41)del soggetto.
Relativamente all’acquisizione di competenze linguistiche Margiotta
(1997, 244-245) aggiunge inoltre: “il soggetto ha acquisito competenza
quando sa, sa fare e sa come fare”, cioè non solo sa come far proprio
quanto appreso ma è anche in grado di esplicitare la regola di
generalizzazione che presiede all’uso delle conoscenze acquisite.
2.3.2 O. socioeconomici
- Preparare gli alunni a una società sempre più internazionalizzata e
offrire loro migliori prospettive sul mercato del lavoro. Saper utilizzare
una lingua diversa dalla propria in ambiti diversi e con finalità diverse
da quelle prettamente scolastiche rappresenta sicuramente un plusvalore
per il cittadino europeo.
2.3.3 O. socioculturali
- Trasmettere agli alunni dei valori di tolleranza e rispetto nei
confronti di altre culture. La relativizzazione culturale e l’educazione
alla comprensione/accettazione dell’altro da sé sono un passaggio
12
obbligato per la crescita dell’individuo. L’etnocentrismo cui così spesso
assistiamo impotenti è la causa profonda di quasi tutti i nostri conflitti
sociali, siano essi razziali, religiosi o economici. La formazione del
giovane non può quindi più esimersi da una formazione etico-sociale in
cui l’altro venga conosciuto e rispettato per quello che è. Se è vero che
, come afferma Freddi,: “la lingua è il precipitato di una cultura”, allora
apprendere una lingua sarà anche apprendere un diverso modo di
interpretare il reale e se stessi dando avvio ad un approccio
interculturale fondato sulla comprensione del diverso anziché sul
conflitto.
2.3.4 O. linguistici
- Motivare gli alunni all’apprendimento delle lingue grazie al loro
utilizzo da un punto di vista pratico. Si è visto che la pratica linguistica
in contesti reali e non artefatti come sempre accade in un tradizionale
corso di lingua accresce la motivazione del discente (cfr. Coonan,
2002,90). Così l’alunno CLIL LS si sentirà effettivamente stimolato dal
mettere in gioco una competenza relazionale e pragmatica
profonda
che solo l’autenticità del contesto potrà offrirgli. Nel caso, invece, di
un alunno L2 l’accresciuta motivazione verrà data dalla consapevolezza
di un apprendimento CALP necessario al successo scolastico.
2.3.5 O. didattici
- Facilitare l’acquisizione di contenuti disciplinari e capacità di
apprendimento : stimolare l’apprendimento dei contenuti grazie ad un
approccio innovativo. Finita l’impostazione didattica cattedratica in cui
il docente depositario e trasmettitore di ogni sapere dominava e gestiva
l’apprendimento omologato di tutti i suoi alunni, siamo oggi in un
clima decisamente diverso in cui è lo studente, con i suoi stili e ritmi di
apprendimento ad occupare una posizione centrale. Lo studente è
13
artefice attivo del proprio sapere,
L’insegnante
diviene
quindi
non più un semplice ascoltatore.
un
facilitatore
ed
un
tutore
dell’apprendimento; lo fa attivando tecniche didattiche consone al
contesto e comunque stimolando la dimensione esperienziale dei suoi
studenti con strategie di problem solving e di cooperative learning.
Come afferma Novak (2001, 143) l’obiettivo dell’insegnante sarà quello
di aiutare i suoi studenti a “integrare in modo costruttivo i pensieri, i
sentimenti e le azioni” il che significa avere piena consapevolezza delle
caratteristiche cognitive ed affettive e psicologiche delle persone.
2.4 Metodologia
L’esplicitazione degli obiettivi ci consente
di definire con maggior
precisione quale possa essere la linea metodologica da seguire. Molti
degli
spunti
metodologici
che
seguono
non
appartengono
specificatamente al campo CLIL ma vengono condivisi da tutta
glottodidattica
contemporanea
.
In
particolare,
come
afferma
Cornaviera (2006, 87) 7 punti chiave metodologici saranno:
•
“ l’attenzione a tutti gli aspetti linguistici e quindi a tutte quelle
strategie verbali e non verbali messe in atto per sostenere la
comprensione degli studenti” poiché, come sostiene Balboni (2006,34)
l’acquisizione è possibile solo se l’input è comprensibile e, bisogna
aggiungere, significativo 8 . Già Krashen (1987) sosteneva che la
preoccupazione costante dell’insegnante deve essere quella di fornire
un input comprensibile ad esempio utilizzando un lessico più basico,
7
Cornaviera,D: “Approcci e strategie didattiche nell’insegnante CLIL” in op.cit IPRASE (2006)
Ausbel(1963, 1968) in contrapposizione ad apprendimento meccanico ( già operata da Katona
nel 1940). Condizioni di significatività di un apprendimento : a) il contenuto da apprendere deve
avere una sua giustificazione logica interna; b) il soggetto deve possedere una rete di conoscenze
relazionabile a tale contenuto; c) ci dev’essere motivazione all’apprendimento
8
14
frasi
brevi,
strutture
semplici,
processi
di
frammentazione
e
negoziazione dell’informazione, controllo e verifica continua della
comprensione. Per questo il docente deve essere consapevole dei
possibili ostacoli linguistici che possono impedire il fluire della
comunicazione e deve altresì essere in grado di utilizzare:
-
strategie di facilitazione come: a) esporre in modo chiaro
articolando bene le parole; b) usare l’intonazione per dare
enfasi ad alcuni punti; c) utilizzare gesti, mimica, supporti
visivi o grafici e
-
tecniche
di
accompagnamento
alla
comprensione
adattandole di volta in volta alle esigenze peculiari dei suoi
studenti : a) evidenziare sulla lavagna concetti o parole
chiave; b) fornire note scritte per accompagnare l’esposizione;
c)
•
portare esempi concreti .
“un’attività
didattica
focalizzata
sul
discente”
la
cui
motivazione all’apprendimento sarà attivata da strategie di problem
solving basate sul compito (task based). La varietà, inoltre, nella scelta
delle attività didattiche (visive, uditive, cinestetiche oppure analitiche
o sintetiche ) metterà in grado i singoli studenti di riconoscere il
proprio stile di apprendimento accrescendone l’ autostima e l’
autonomia nel processo di formazione.
•
“la gestione attiva della classe con ricorso ad approcci basati sul
compito e al Cooperative Learning” . Il lavoro di gruppo è
fondamentale non solo perché permette di sperimentare la condivisione
di compiti e responsabilità integrando obiettivi disciplinari e abilità
sociali in vista di un unico obiettivo da perseguire, ma anche perché
all’interno del gruppo non si può prescindere dall’interazione orale. Gli
studenti, quindi, devono
comunicare fra di loro in lingua straniera
tuttavia, ed è questo un punto determinante , la loro attenzione non è
15
più focalizzata sulla lingua, che è solo strumento di scambio, quanto
sul lavoro collettivo da svolgere.
•
“l’acquisizione di tecniche di ricerca di materiali”.
•
“l’ acquisizione di capacità di programmazione e progettazione in
équipe”.
In
questo
caso
è
l’insegnante
che
deve
saper
come
programmare e lavorare in team mettendo in atto precise modalità
operative professionali . Solo il continuo scambio di esperienze e
confronto fra stili di insegnamento differenti può realmente stimolare la
crescita professionale.
In ambito CLIL questo è ancora più determinante in quanto è
l’integrazione fra i due saperi didattici, disciplinare e linguistico, a
stabilirne o meno l’appartenenza al CLIL . E’ fondamentale, allora, che
gli insegnanti dei due ambiti apprendano a progettare e verificare
assieme. Inoltre, come sostiene Ricci Garotti ( 2006, 39) la presenza di
un team CLIL “è irrinunciabile […] perché se l’attuazione CLIL fosse
riservata al solo insegnante di lingua o disciplina ne deriverebbe un
forte sbilanciamento” verso l’una o l’altra.
•
“la capacità di monitorare il processo di apprendimento/
insegnamento” prevedendo momenti di verifica durante il percorso in
modo tale da poter riflettere sulla qualità e le indicazioni del feedback
ottenuto. Diverse possono essere le modalità impiegate e diversi gli
strumenti di rilevazione: dalla compilazione/discussione di questionari,
all’organizzazione di piccole tavole rotonde , alla videoregistrazione di
momenti del corso. Fra le varie possibilità, tuttavia, si ritiene che solo
la Ricerca Azione consenta un accurato ed oggettivo esame delle
situazioni didattiche e possa rappresentare un valido strumento di
verifica per il docente. Una buona soluzione potrebbe essere quindi
quella di monitorare la modalità d’insegnamento con tecniche di
Ricerca
Azione
integrando
il
monitoraggio
sull’apprendimento
integrato lingua/contenuto con verifiche formative.
16
Sebbene comuni a tutta la glottodidattica, i punti metodologici sopra
menzionati caratterizzano l’insegnamento CLIL soprattutto per quanto
riguarda
l’importanza
caratteristiche
di
attribuita
trasmissione
al
del
lavoro
collaborativo,
messaggio
alle
(comprensibilità
dell’input) ed al ruolo della lingua.
3. L’insegnante CLIL
3.1. Competenze insegnante CLIL
L’insegnante CLIL non è solo l’insegnante di lingua straniera che
affronta un insegnamento disciplinare, né solo l’insegnante della
materia curricolare che intraprende una didattica in lingua straniera.
Insegnanti CLIL sono oggi tutti quegli insegnanti che lavorano in
contesti plurilingui in cui una particolare attenzione agli aspetti
linguistici dei contenuti è condizione indispensabile e necessaria al
successo scolastico dei discenti.
Saranno ovviamente differenti i contesti in cui le due tipologie di
insegnanti si troveranno ad operare : nel primo caso, CLIL in LS, è la
lingua straniera ad essere veicolo disciplinare, nel secondo caso, CLIL
in L2, è la lingua seconda ad esserlo. Nelle due situazioni saranno
diverse quindi non solo le motivazioni all’apprendimento, ma anche la
quantità e la modalità di esposizione alla lingua target. Quello che le
due situazioni hanno invece in comune è il fatto che la lingua non è il
fine ultimo dell’apprendimento ma solo uno strumento affinché questo
avvenga ; e non è uno strumento “dato” e “compiuto” ma uno strumento
in continuo divenire cosicché la sua acquisizione avviene di pari passo
all’acquisizione disciplinare. In effetti afferma Coonan (2002, 101) :
“ogni insegnante è anche insegnante di lingua” proprio in virtù del fatto
17
che è insegnante e che la responsabilità della crescita linguistica degli
studenti è un suo preciso compito, indipendentemente dalla materia che
insegna. Esiste infatti un linguaggio della fisica, della matematica,
della storia e così via ed ogni docente dev’ essere in grado non solo di
facilitare la comprensione dei suoi discenti con l’ausilio di particolari
strategie didattiche, ma anche di aiutarli a identificare quali siano le
caratteristiche lessicali e testuali della disciplina che insegna. Ad
esempio la costruzione paratattica delle discipline scientifiche sarà in
contrapposizione all’ipotassi filosofica o letteraria; la precisione
denotativa del lessico tecnico si contrapporrà alla possibile ambiguità
connotativa della terminologia giuridica.
Purtroppo nella realtà linguistica italiana gli insegnanti di materie non
linguistiche non hanno quasi mai
una preparazione di didattica
linguistica adeguata (cfr. Coonan, 2002). E’ una situazione più che
comprensibile visto che i docenti insegnano nella lingua madre della
maggior parte dei loro studenti e che l'aspetto principale del loro
insegnamento consiste nel far apprendere il contenuto disciplinare così
come indicato dai programmi ministeriali .
Oggi, però, il massiccio inserimento nelle nostre scuole di studenti
immigrati 9 e il dovere sociale e morale che ogni consiglio di classe
deve avere relativamente al loro inserimento e, di conseguenza, alla
loro
ottimale
integrazione
linguistica,
non
consente
più
un
atteggiamento da “esperti del contenuto” “Occorre che tutti gli insegnanti
della classe, di qualsivoglia disciplina, siano coinvolti”10.
La situazione
odierna è una situazione in cui la questione della lingua non può più
9
Nel triennio 2004/2006 l’incremento di alunni con cittadinanza non italiana è stato mediamente
di circa 60 mila unità l’anno, portando nell’anno in corso (2005/06) il totale degli alunni stranieri
oltre le 400 mila unità ; con un’incidenza rispetto alla popolazione scolastica complessiva, di circa
il 5%. C. m. n.24 Prot. n. 1148/A6 Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni
stranieri.[internet] http://www.pubblica.istruzione.it/normativa/2006/cm24_06.shtml
10
Ibid.
18
essere ignorata, e questo pone una serie di problemi per l’insegnante di
materia non linguistica poiché:
a) si deve misurare con una lingua che non è la lingua madre dei suoi
studenti e deve usarla efficacemente per insegnar loro una materia non
linguistica ;
b) non solo deve saper riconoscere le caratteristiche linguistiche della
disciplina che insegna ma deve anche essere consapevole del processo
di apprendimento linguistico dei suoi alunni per poterne individuare e
superare le difficoltà di apprendimento mettendo in atto tutte le
strategie didattiche che si rendano necessarie.
Ecco che le competenze richieste oggi ad ogni insegnante vanno oltre
la semplice specializzazione in lingua o disciplina che sia. I docenti
vanno dotati della “capacità di promuovere l’apprendimento di una
materia in una lingua che lo studente non conosce come lingua
materna” (Eurydice, 2005)). Non solo : la Commissione europea su
Foreign Languages in Primary and Pre-School Education scrive :
les enseignants doivent faire preuve des compétences suivantes :”bien
maîtriser la langue cible, savoir analyser et décrire la langue, connaître les
principes de l’acquisition d’une langue étrangère, et les compétences
pédagogiques requises pour enseigner les langues étrangères à de jeunes
enfants. 11
Le competenze che l’insegnante CLIL deve possedere,dunque, vanno
oltre la sola consapevolezza glottodidattica. Sono richieste anche abilità
nell’ “analisi dei nuclei fondanti , differenziazione didattica all’interno
dei codici e delle abilità” 12 e di cooperazione col o coi colleghi.
11
Van de Craen,P. e Perez-Vidal,C. Formation des enseignants pour les écoles plurilingues en
Europe. Le projet ALPME :Programme de niveau avancé pour une éducation plurilingue
[internet] Bulletin d'information 9 du CEL (aprile 2003) http://web.fuberlin.de/elc/bulletin/9/fr/craen-perez.html
12
Li.Ve. Educazione plurilingue –Elementi di qualità per l’insegnamento veicolare[internet] (108-2007) http://venus.unive.it/labclil/clil/index.php?name=EZCMS&menu=13&page_id=8
19
•
Analisi dei nuclei fondanti : è il saper riconoscere le caratteristiche
testuali , lessicali e morfostintattiche peculiari di un testo.
•
Differenziazione didattica all’interno dei codici e delle abilità: è il
saper individuare quali siano le attività tipiche della disciplina
(leggere una carta geografica, interpretare un grafico, scrivere una
relazione scientifica, disegnare diagrammi etc.) ed essere in grado di
proporle con vari strumenti (audiovisivi o
nuove tecnologie) o
tecniche didattiche in modo tale che gli stili di apprendimento degli
studenti siano tutti ugualmente coinvolti.
•
Cooperazione col o coi colleghi: se alla glottodidattica
viene
riconosciuta una formazione specialistica superiore, e quindi ogni
insegnante di lingua conosce perfettamente quali sono gli approcci, i
metodi e le tecniche didattiche e sa muoversi agilmente all’interno
di essi, non altrettanta attenzione viene dedicata alla preparazione
dei docenti in ambito del cooperative working. E’ per questa ragione
che sarà dedicato a questo aspetto un paragrafo a sè stante.
3.2 Team working
Ci chiamiamo colleghi, ma non siamo affatto collegati gli uni con gli altri. Siamo proprio dei
“colleghi scollegati e sconnessi”13
Sembra una provocazione. Eppure nonostante non solo invocata a livello
ministeriale dall’ Art. 2 del D.P.R. n.417/74 il quale afferma che “l’impegno
individuale si esprime soprattutto nella dimensione collegiale e partecipativa”,
ma anche auspicata da docenti e ricercatori così come verrà in seguito illustrato, la
competenza nel lavoro cooperativo sembra ancora una realtà lungi dall’essere
pienamente concretizzata nelle nostre scuole. In Italia, considera Ricci Garotti (
13
Polito,M. (intervento) “Seminario sul cooperative teaching” [internet](1 pagina) Rimini 2005
http://erickson.veniceplaza.biz/erickson/repository/attach/Polito.pdf
20
2006,40) “ il lavoro di programmazione comune si risolve spesso e volentieri ad
essere formalità nemmeno troppo gradita” da espletare durante il Consiglio di
Classe. Sempre Ricci Garotti (op.cit,41 ) continua :
Sfida CLIL è […] verificare l’ipotesi che una coesione (epistemologica e didattica)
produce effetti positivi anche nella formazione generale e personale del discente.
I compiti dell’insegnante non si basano solo sulla competenza linguistica o disciplinare, ma
anche su quella metodologica e didattica, comunicativa e relazionale.
Serragiotto (2003, 60) afferma che fra gli insegnanti ci deve essere stretta
collaborazione e aggiunge che :
[…]sarà molto importante che ognuno usi le proprie competenze senza che si creino dei
conflitti d’interesse.
Di Falco14 scrive:
[…]è necessario passare dal metodo, cioè da un procedimento didattico standardizzato […]
alla metodologia, vale a dire alla ricerca e all’analisi di procedure didattiche programmate
collegialmente in vista di determinati obiettivi.
Ed infine, last but not least, Coonan ( 2006, 37) che introduce, pensando alla
particolare tipologia collaborativa CLIL, un nuovo acronimo:
Si propone l’acronimo CLIT per sottolineare l’esigenza che il programma CLIL sia frutto
di un teaching team […]
laddove per teaching team si intende un gruppo di insegnanti che collaborano allo
stesso progetto negoziando obiettivi, metodologia e valutazione in un processo di
equilibrata reciprocità didattica in cui ognuno mette in campo le proprie peculiari
competenze arricchendo ed essendo arricchito dalla competenze dell’altro.
3.2.1 Difficoltà
14
Di Falco, A.M. Insegnare Usa la metodologia per insegnare meglio [internet] Scuola insieme
http://www.scuolainsieme.it/S_Insieme.nsf/5abe7241dd4bdedec12567060057727e/dee492aebc28a
bfbc1256715004092c0?OpenDocument (1-08-2007)
21
Idealmente, o per lo meno, teoricamente, questo è quanto auspicato dalla ricerca
didattica. Spesso ci si dimentica però che saper lavorare in gruppo è “ un saper
essere oltre che un saper fare” (Quartapelle, 1999, 65).
La capacità relazionale, prerequisito indispensabile al lavoro di gruppo, non è
infatti correlabile all’età dell’individuo ma all’ acquisizione di competenze e
all’opportunità di poterle sperimentare nell’incontro confronto con gli altri. Uno
studio di Manca15 espone interessanti considerazioni sulle ricerche di McGinnis e
Goldstein (2002) in merito alle strategie di apprendimento di abilità sociali sia in
relazione alla vita di classe in senso stretto sia in riferimento alla più ampia
competenza relazionale, alla gestione corretta delle emozioni e dello stress, alla
mediazione dei conflitti, al controllo dell’aggressività.
Nel caso specifico delle interazioni scolastiche, l’ostacolo maggiore che i due
studiosi hanno riscontrato relativamente alla capacità di saper lavorare in team è
rappresentata dall’ignorare quali siano i conflitti in atto e le strategie per risolverli.
In questi ultimi anni l’istituzione scuola ha chiesto ai docenti un radicale
cambiamento di ruolo, non sempre condiviso né discutibile in quanto sempre
deciso ai vertici. Tutto ciò ha contribuito non poco al sentimento comune di
obbligo e di coazione nei confronti di una rifondazione del proprio ruolo non
sempre scelta e perfino, talvolta, “mal sopportata”.
L’ attuazione di queste riforme ha così aumentato la conflittualità nelle relazioni.
Questo ci ha portato a vivere in un estremo individualismo dominato dalla competitività ed
in cui ognuno lavora per proprio conto salvo poi dire che abbiamo attivato una rete di
servizi e partecipiamo ad organi collegiali! (Manca, ibid.)
Il conflitto trova, dunque, terreno fertile in una situazione in cui manca la
condivisione degli obiettivi dal momento che questi sono stati imposti dall’alto.
Così, l’ideale stretta collaborazione fra colleghi in cui ognuno riconosce meriti e
capacità dell’altro (ad esempio : maggior esperienza nell’anziano e maggior
capacità innovativa nel giovane), si trasforma spesso in tentativi di dominio in cui
15
Manca, G. Abilità sociali per i docenti [internet] Associazione Nazionale Docenti
http://www.associazionedocenti.it/contenuti/articoli.asp?MID=7&SID=33&AID=497 (1-08-2007)
22
il desiderio di dimostrare di valere più dell’altro , altro non è che un “malcelato
tentativo di mascherare un senso di insicurezza generato da un ruolo che è sempre
più precario”.
3.2.2. Competenze relazionali
Manca propone una serie di strade possibili per potenziare abilità relazionali
superando il conflitto:
•
chiarirsi sul problema , che significa non cercare i punti deboli degli altri
per colpirli ma avere piena consapevolezza delle posizioni di tutti; significa fare
dichiarazioni in prima persona e non per “sentito dire” impegnandosi per una
maggiore comprensione e non per alimentare il conflitto;
•
evitare giochi di potere : non attivarli, non farsi fagocitare in quelli già
esistenti, né cercare alleanze di potere per sostenere le proprie posizioni;
•
le soluzioni devono tutelare tutte le parti in causa, per cui più che cercare
la sconfitta ‘dell’avversario’ è meglio concentrarsi sulla risoluzione del conflitto;
•
praticare la mediazione : se si è eccessivamente coinvolti nelle relazioni
può essere proficuo cercare un super partes che con una visione imparziale aiuti a
trovare una soluzione;
•
attivare
modalità
lavorative
basate
sulla
cooperazione,
sull’
interdipendenza sociale positiva dei partecipanti, dove sia possibile perseguire
obiettivi comuni con varie attività condotte in gruppo senza per questo escludere
momenti individuali;
•
migliorare le abilità sociali di tutti i membri, soprattutto in ordine ad
obiettivi quali: a) l’apprezzamento delle diversità, b) la capacità di considerare
positivamente il punto di vista altrui, c) la disponibilità verso gli altri e l’empatia,
d)
•
la capacità di confronto e di crescita personale;
acquisire competenza comunicativa, essere, cioè, capaci di attivare una
“comunicazione accompagnata da precise pre-condizioni psicologiche”.
23
A questo proposito Rosenberg (2003) Direttore dei Servizi Educativi del The
Center for Non Violent Communication (Albuquerque, N.M.) indica i quattro
presupposti basilari affinché la comunicazione non sia conflittuale ma propositiva.
1.
l’osservazione (la realtà dev’essere osservata e non valutata o paragonata
ad altro : “Non hai portato il materiale che ti avevo chiesto” e non “ Come
al solito non ti ricordi mai niente”.)
2.
3.
la sensazione ed il valore ( e cioè saper definire con precisione le
proprie reazioni emotive in riferimento alla scala di valori personali . Ad
esempio : “questo mi mette a disagio perché temo di non poter rispettare i
tempi”.)
4.
la richiesta esplicita (“ti chiedo di portarmelo domani”).
Rosemberg aggiunge che buona pratica è la verifica della comprensione chiesta
all’altro come breve riassunto di quanto detto.
Anche
Comoglio e Cardoso (1996, 76/97) concordano sull’importanza di
“controllare l’avvenuta comprensione di quanto si è comunicato e rispondere in
modo adeguato alle richieste di chiarimento e di aiuto, sapendo controllare le
inferenze e far tesoro degli interventi”.
Il prestare attenzione a queste semplici norme, attiva così la modalità empatica
(cfr.Rosenberg, op.cit.) della comunicazione favorendo la cortesia e la gentilezza
dei rapporti prerequisito necessario alla realizzazione di ogni competenza sociale.
I Johnson (1996) da parte loro sostengono che esistono forti correlazioni tra:
- impegno condiviso
- relazioni personali positive
- equilibrio psicologico dei singoli;
al punto da ipotizzare che tra essi si possa realizzare una relazione circolare in
cui le reciproche influenze, tanto positive quanto negative, siano consequenziali
proprio perché il comportamento individuale è sempre fortemente influenzato dal
gruppo dei pari. I ricercatori concludono dunque che il corpo docente dovrebbe
concentrare tutti i suoi sforzi per riuscire a diventare un gruppo cooperativo,
24
capace di lavorare insieme ed anche, soprattutto, di crescere e di migliorarsi
quotidianamente.
Spesso infatti ci si dimentica che il gruppo non è soltanto un insieme di persone,
ma un insieme di persone in relazione e, quindi, necessariamente in dialogo e in
condizione di reciproca influenza.
Per questa ragione le competenze relazionali, o abilità sociali, sono prerequisito
fondamentale al lavoro in team il quale, a sua volta, deve rispondere ad obblighi
operativi necessariamente condivisi quali: una precisa definizione degli obiettivi e
dei tempi di realizzazione; una chiara attribuzione di ruoli (leadership) ed
un’accurata previsione delle modalità di esecuzione e di monitoraggio.
3.2.3. Teaching team e team teaching
Nel caso specifico dell’insegnamento CLIL si ha l’esigenza che la didattica sia
frutto di un teaching team che lavori in sinergia. (Coonan, 2002). E’ attraverso la
sinergia, infatti, che si realizza il sostegno reciproco tra i docenti i quali devono
essere in sintonia tra di loro ed operare di modo che finalità ed obiettivi fissati
siano effettivamente raggiungibili.
Marsh (2000) sostiene che “il docente CLIL può svolgere la sua attività da solo
ma il potenziale generato da un progetto di educazione bilingue concertato
insieme ad altri è considerevole” perché solo l’instaurarsi di un rapporto di
collaborazione e fiducia reciproca tra i docenti garantisce arricchimento e crescita
sia personale che professionale.
Il team CLIL può operare a vari livelli ed in modi diversi. Ricci Garotti ( 2006,
40) a questo proposito preferisce operare una distinzione tra team teaching e
teaching team . Nel primo caso i due insegnanti lavorano contemporaneamente in
classe: è la classica forma di insegnamento conosciuta come co-docenza.
Solitamente sono presenti in classe l’insegnante di LS (o lettore madrelingua) e
l’insegnante di disciplina. Nel secondo caso, invece, non è tanto la presenza fisica
in contemporanea dei due insegnanti che conta , che infatti può esserci o meno,
25
quanto l’impegno condiviso da tutto il gruppo docente coinvolto nel CLIL e
quindi l’intero Consiglio di Classe ma anche :
[…]tutti coloro che fanno parte della struttura che gestisce il progetto : nessuno può
chiamarsene fuori solo perché non è chiamato in causa dalla docenza. (Ricci Garotti ibid.
41)
Il teaching team rappresenta, insomma, la sfida metodologica del CLIL basata sul
concetto di integrazione e, quindi, di sviluppo di strategie trasversali che vanno
oltre il raggiungimento dei singoli obiettivi disciplinari mettendo in gioco anche
tutta una serie di competenze relazionali, espressive, analitiche e sintetiche. In
breve di tutte quelle abilità, di studio e non, singole e di gruppo, basilari nel
potenziamento della motivazione all’apprendimento e della crescita personale.
La pratica didattica che normalmente viene attuata nelle nostre scuole
nell’insegnamento CLIL in LS è il team teaching in cui l’insegnante di lingua e
l’insegnante
di
disciplina
lavorano
in
co-docenza
avendo
determinato
aprioristicamente modalità e tempi degli interventi di ognuno.
Il teaching team, benché più raramente applicato, rappresenta invece la modalità
da prediligere non solo in contesti CLIL LS ma anche e soprattutto in contesti
CLIL L2 ( classi plurilingui) in cui tutto il gruppo docente è tenuto a programmare
assieme per definire le condizioni ottimali di insegnamento/apprendimento di
contenuti e lingua. Langè (2002, 93):
La presenza del programma CLIL nell’intero curicolo viene garantita quando tutte le
autorità educative sostengono il programma stesso.
Solo in presenza di una reale integrazione
(collaborazione convergente –
Coonan, 2002) fra i vari docenti di discipline diverse che siano in grado di operare
una programmazione didattica veramente condivisa e di “capacità di tutti” (Perini,
Nalesso, 200616) di accettare nuove sfide e sviluppare competenze e metodologie
diverse dalla prassi quotidiana non solo nei contenuti ma anche e soprattutto nel
metodo e nelle modalità di valutazione , “solo in quel caso si potrà parlare di
CLIL”.
16
Perini.R., Nalesso,M. “Investimento istituzionale”, in IPRASE Trentino op.cit.
26
3.3 L’insegnante di qualità
L’approccio umanistico-affettivo cui si rifanno le metodologie didattiche odierne
colloca in un posto di primo piano la personalità del discente attorno a cui ruota
tutto il processo di insegnamento/apprendimento.
L’insegnante, quindi, smessi i panni storici del demiurgo che incide i saperi sulla
tabula rasa del discepolo, assume una nuova identità : quella di facilitatore e
tutore dell’apprendimento. Egli affianca lo studente nel processo di acquisizione;
fornisce gli strumenti e collabora alla costruzione della conoscenza stabilendo di
volta in
volta tecniche e strategie didattiche
più adeguate al suo stile di
apprendimento.
Gli studiosi americani B.R. Joyce e N.a. Flanders17 sono arrivati alla conclusione
che può essere definito un buon insegnante non colui che possiede un
determinato metodo, ma colui che ha la capacità di creare o di applicare strategie
che è in grado di modificare continuamente, per venire incontro ad esigenze
sempre nuove degli alunni e alle differenti situazioni.
Un documento prodotto dai servizi della Commissione europea “Common
European principles for teacher competences and qualifications” (2005)18,
riassume i principi comuni che stanno alla base della qualità della professione e
che, a loro volta, si traducono in competenze chiave.
I principi condivisi sono i seguenti :
•
la professione deve essere altamente qualificata, secondo i canoni
dell’interdisciplinarietà: questo significa ampia conoscenza della materia ,
affiancata dalla padronanza di strumenti della pedagogia , psicologia,
sociologia e antropologia;
17
Di Falco, A.M. (cfr.) op.cit.
European Commission, Common european principles for teacher competences and
qualifications ,[intenet](5 pagine)
http://ec.europa.eu/education/policies/2010/doc/principles_en.pdf (5 sett.2007)
18
27
•
deve essere collocata nel contesto del lifelong learning, in un continuum fra
formazione iniziale e aggiornamento, aperta all’innovazione , alla ricerca , alla
sperimentazione, per restare al passo con l’evolversi della società della
conoscenza. Ogni insegnante dovrebbe avere la possibilità, istituzionale e
retribuita, di poter usufruire di periodi sabbatici da dedicare all’aggiornamento
e all’autoformazione;
•
dovrebbe essere una professione mobile che dia la possibilità ed incentivi
tutti i docenti a partecipare a progetti europei di scambio, trascorrere alcuni
periodi di tempo in altri paesi o fare esperienza in altri settori del mondo
dell’educazione;
•
una professione basata sul concetto di partenariato, frutto di collaborazione
fra il mondo accademico ed il mondo della scuola, per un continuo scambio e
collegamento fra teoria e pratica.
Un insegnante di qualità, inoltre, non può esimersi dal possedere precise
competenze relazionali e sociali quali:
•
lavorare con gli altri : la professione di un insegnante deve essere fondata
sui valori dell’inclusione sociale, lavorando con gli allievi come individui
ed aiutandoli a crescere come membri attivi della società, con il fine
ultimo di far crescere l'intelligenza collettiva;
•
lavorare con la conoscenza, la tecnologia e l’informazione. Gli
insegnanti devono esser capaci di lavorare con vari tipi di conoscenza. La
loro formazione iniziale e sviluppo professionale deve metterli in
condizione di accedere, analizzare, riflettere e trasmettere conoscenza
anche con l’uso delle nuove tecnologie. Le loro competenze pedagogiche
devono consentire la costruzione e la gestione di ambienti di
apprendimento, con la libertà intellettuale di fare le scelte opportune.
Devono avere padronanza nell’uso delle tecnologie, per integrarle con
efficacia nei processi di apprendimento ed insegnamento. Devono sapere
guidare i loro studenti nelle reti in cui l’informazione può essere trovata e
costruire così la propria conoscenza. Le loro abilità pratiche e teoriche
28
devono metterli in condizioni di apprendere dalla loro stessa esperienza,
dando risposte valide ai bisogni che via via si manifestano;
•
lavorare con e all’interno della società. L’insegnante di qualità deve
contribuire a creare dei cittadini europei, promuovendo la mobilità e la
cooperazione in Europa, incoraggiando il rispetto e la comprensione
interculturale, consapevole dei valori etici della società della conoscenza.
Competenze disciplinari, pedagogiche, didattiche, relazionali, sociali, quindi, e
non solo: anche volontà di formazione e sperimentazione continua ed abilità
nell’uso di ogni forma tecnologica necessaria. Questi sono i punti di riferimento
per il docente di qualità.
3.4 CLIT
Coonan introduce questo nuovo acronimo Content and Language Integrated
Teaching per indicare la stretta relazione che deve esserci non solo nell’
apprendimento (learning) ma anche nell’ insegnamento (teaching) delle due
discipline : lingua e contenuto.
[…] come ci si può aspettare che ci sia un apprendimento integrato di lingua e contenuto se,
a monte, l’insegnamento stesso non è di tipo integrato? (Coonan, 2006, 34 IPRASE
Trentino)
L’insegnamento quindi non deve essere più focalizzato solo sul contenuto o sulla
lingua, come sempre avviene
nelle programmazioni didattiche su traccia
ministeriale, ma deve considerare entrambi gli aspetti.
L’insegnante CLIT dovrà essere quindi consapevole allo stesso tempo dei
contenuti e della forma linguistica che questi assumono nei vari contesti. Inoltre
dovrà saper applicare adeguate strategie di facilitazione della comprensione
29
affinché i contenuti possano essere veicolati in modo fluido e chiaro per tutti.
Dovrà scegliere tra le molteplici tecniche didattiche che ha a disposizione affinché
ogni studente possa applicare al proprio processo di apprendimento quella che gli
è più consona; creare un clima di lavoro sereno e motivante in cui i filtri affettivi
non intervengano bloccando la comunicazione ; incoraggiare modalità di
cooperative learning affinché l’integrazione si realizzi anche a livello relazionale
e non solo contenutistico e prevedere modalità di verifica e monitoraggio sul
working in progress.
E’ a livello linguistico, tuttavia, che il CLIT
esprime le particolarità
metodologiche più salienti : affinché l’insegnamento disciplinare /linguistico
possa dirsi integrato, infatti, sarà necessario che gli insegnanti possiedano una
buona padronanza nella lingua veicolare. Se questa è la lingua straniera, è
richiesta almeno una padronanza di livello B2 del Quadro di Riferimento
Europeo, anche se è condivisibile la posizione di Serragiotto ( 2003,62) il quale
ritiene che possa essere sufficiente anche una competenza A2 a patto che
l’esperienza CLIL sia circoscritta o comunque finalizzata allo sviluppo solo di
alcune abilità linguistiche.
Se la lingua veicolare è invece la lingua seconda, l’insegnante dovrà essere in
grado di prevedere quali possano essere le difficoltà e le modalità per superarle,
affinché non ostacolino la comprensione ; dovrà, inoltre, avere piena
consapevolezza testuale relativamente ai contenuti che insegna per poter fornire ai
propri studenti utili strumenti metacognitivi.
Programmando un percorso CLIT, fondamentale sarà l’attenzione prestata alla
comprensibilità dell’ input perché essa, come afferma Coonan (2002, 141)
[…] è fondamentale per due motivi:
A) perché lo studente possa apprendere i contenuti presentatigli
B) perché lo studente cresca linguisticamente
Questi devono costituire le finalità portanti dei percorsi CLIL proposti. In caso contrario
non è azzardato dire che l’esperienza CLIL non solo potrà risultare inutile, ma divenire
perfino dannosa.
L’insegnante metterà quindi in atto tutta una serie di strategie e tecniche didattiche
atte a facilitare la comprensione del contenuto veicolato. Ad esempio utilizzerà :
30
•
ritmo di locuzione lento con impiego di tonalità enfatiche aventi valore
semantico;
•
utilizzo di spidergrams nella fase di motivazione, affinché le conoscenze
enciclopediche degli studenti siano attivate permettendo loro di crearsi delle
anticipazioni mentali su quanto stanno per affrontare;
•
presentazione del testo con ausilio di schemi o diagrammi di flusso, in modo
tale che i concetti chiave e le connessioni logiche relativi ad essi siano
evidenziati ed, eventualmente, spiegati;
•
evidenziazione dei termini specifici e, se necessaria, traduzione degli stessi.
Per quanto sia una pratica da evitare la traduzione si rende tuttavia necessaria,
soprattutto in ambito CLIL LS , affinché non vada persa la competenza
microlinguistica nella lingua madre;
•
eventuale didattizzazione del testo, da considerare soprattutto se il livello
linguistico degli studenti è molto basso; negli altri casi si ritiene possa essere
necessaria una lettura guidata e supportata da adeguati esercizi di
comprensione;
•
verifica costante della comprensione con domande che non siano di tipo
dimostrativo ( di cui si conosce già la risposta – vedi Coonan, 2002,163)
ma referenziale in modo tale che allo studente venga data la possibilità di
elaborare una risposta maggiormente complessa;
•
utilizzo frequente di riassunti o richiami su quanto appena detto;
•
impiego di strumenti, non necessariamente verbali, per aiutare la
comprensione e la concettualizzazione del contenuto: schemi, grafici, disegni
o anche mimica facciale e gestualità;
•
utilizzo dello skimming e dello scanning come tecniche di approccio testuale;
•
divisione in paragrafi e successiva ricostruzione testuale che permette tanto il
potenziamento di abilità di analisi quanto di sintesi.
Anche in fase di analisi saranno utilizzate tecniche didattiche diversificate che
permettano un apprendimento integrato di lingua e contenuto come, ad esempio,
esercizi di abbinamento, completamento, cloze e
domande aperte la cui
31
valutazione assegni comunque un ruolo di primo piano al contenuto a condizione
che la lingua lo veicoli in modo chiaro e scorrevole.
L’integrazione lingua/contenuto in fase di riflessione sarà invece data dalla
acquisizione della consapevolezza che ogni contenuto disciplinare possiede una
sua forma testuale specifica; si tratterà, quindi, per l’insegnante, di facilitare
l’individuazione delle caratteristiche testuali disciplinari e di prevederne, in fase
di valutazione e verifica , una rielaborazione personale da parte degli studenti.
Le competenze attese da parte degli insegnanti di lingua e insegnanti di materia
saranno quindi19:
•
essere in grado di lavorare con apprendenti provenienti da diversi
background linguistici e culturali;
•
posseder sufficiente consapevolezza nella lingua madre e nella lingua
obiettivo;
•
essere in grado di individuare le relazioni concettuali e semantiche che
intercorrono tra le diverse lingue attive nel contesto;
•
individuare le difficoltà linguistiche (per esempio le regole di costruzione
della lingua) causate dalla prima lingua o da altre lingue, o quelle di
concettualizzazione della materia;
•
essere in grado di adattare e utilizzare materiali in considerazione delle
strutture concettuali e delle caratteristiche testuali, sintattiche e lessicali.
19
1998 - 2002 TIECLIL – European Cooperation Project Lingua A
(5-09-2007)
32
http://www.tieclil.org/html/modules/moduli_I.htm
3.5 Progetto di formazione docente
Solo un docente con un profilo professionale ‘aggiuntivo’ rispetto al bagaglio normalmente
posseduto sarà capace di elaborare ed attuare tali programmi. 20
L’aggettivo ‘aggiuntivo’ usato da Coonan, per quanto evocatore di nuove abilità e
sicuramente sinonimo di plusvalore, potrebbe essere sostituito in questo caso da
‘integrato’ per sottolineare che le
competenze richieste al CLIT non devono
essere considerate come un ‘extra’ rispetto alle normali competenze disciplinari,
ma un’ integrazione indispensabile al docente contemporaneo perché sempre più
coinvolto, quale che sia l’ordine di scuola in cui presta servizio, in contesti
plurilingui.
In questo modo, tanto che il CLIT riguardi una situazione di LS in cui il docente
della materia disciplinare lavora in sinergia con il docente di lingua, quanto una
situazione di L2 in cui ogni insegnante abbia il dovere di prestare una particolare
attenzione alla lingua che utilizza, il CLIT rappresenterà un’integrazione
metodologica alla propria pratica didattica.
[…]On n’insistera jamais assez sur l’importance de la formation des maîtres, et en
particulier de celle des enseignants d’écoles plurilingues. Un rapport de l’OCDE sur
l’offre et la demande d’enseignants précise que « la qualité des enseignants est un élément
essentiel dans le processus d’apprentissage » et que « l’amélioration des systèmes scolaires
passe par le recrutement et la fidélisation de bons enseignants » (OCDE, 2002 : 8). […] De
plus, la formation des formateurs travaillant dans ce secteur doit s’ouvrir à toutes sortes
d’enseignants et plus seulement aux enseignants de langues, puisque la formation
plurilingue fait appel en premier aux enseignants de disciplines non linguistiques.21
20
INDIRE -Le migliori pratiche della scuola italiana ,Coonan,M.C . La formazione
avanzata a livello universitario dei docenti CLIL in Italia [internet]
http://gold.indire.it/nazionale/content/index.php?action=read_cnt&id_cnt=5967 (509-2007)
21
Cfr. nota 9 pag 19
33
La nuova figura del docente, insomma, è quella del docente che opera in contesti
plurilingui e la formazione di qualità che gli viene richiesta deve tener conto
dell’importanza dei processi di apprendimento linguistico di tutti i suoi discenti.
Attualmente nessun diploma/certificato richiesto ai docenti si basa precisamente
sull’insegnamento di tipo CLIL: tutte le prove certificate, nonché i percorsi
formativi esistenti, riguardano esclusivamente le competenze disciplinari e le
conoscenze linguistiche degli insegnanti.
In alcuni paesi tuttavia la situazione sta cambiando: in Francia dal 2003 si ha una
nuova certificazione aggiuntiva basata su “l’insegnamento in lingua straniera di
una disciplina non linguistica” (Eurydice op.cit.).
In Italia l’Università promuove oggi corsi di formazione avanzata di varia natura :
- corsi di perfezionamento di durata annuale finalizzati alla formazione di
professionisti con conoscenze e competenze particolarmente approfondite nel
campo.
Il corso di perfezionamento in CLIL dell’Università Ca’ Foscari di
Venezia, ad esempio, si basa sulla specificazione elaborata nell’ambito del
progetto ALPME22 . E’ importante, in questa sede, sottolineare che tale corso è
aperto ai laureati di ogni ambito disciplinare.
- Pacchetti formativi eseguiti in collaborazione con altri interlocutori istituzionali
(quali gli IRRE e gli Uffici Scolastici Regionali nonché le scuole singole o in rete)
per elaborare ed attuare percorsi formativi diversi il cui valore risiede nel fatto che
i percorsi sono tagliati su misura rispetto ai bisogni e alle condizioni locali
specifiche. In particolare si pensa alle esigenze di docenti già impegnati in attività
lavorative che concedono poco spazio a momenti di formazione rigidamente
strutturati o agli insegnanti elementari i quali, se non in possesso di laurea, sono
esclusi da master e corsi di perfezionamento universitari.
A questo proposito, illuminante è il contenuto dell’ Articolo 21 legge 59/97
sull’autonomia di Ricerca e Sviluppo il quale lascia intravedere la possibilità che
22
ALPME : ALPME (Advanced Level Programme in Multilingual Education) (2000-2003),
coordinato dalla Pompeu Fabra Università di Barcellona allo scopo di sviluppare un curriculum
per la formazione - a livello Master - di professionisti (insegnanti, formatori e specialisti diversi)
che sono coinvolti nell'attuazione di programmi di educazione bilingue in Italia e in Europa.
34
all’interno di ogni scuola venga previsto l’allestimento di un dipartimento per la
“ricerca, la documentazione e l’orientamento” (così come già avviene in Francia)
che possa fungere da centro risorse interno all’istituto ed il cui compito sia quello
di stabilire relazioni con strutture ed istituzioni esterne facilitando la progettazione
di adeguati percorsi formativi.
L’ideale sarebbe poter inserire in tutti i curricola di specializzazione
all’insegnamento dei moduli CLIT/CLIL indispensabili alla presa di coscienza,
da parte dei futuri insegnanti, che non basta più conoscere la propria disciplina ma
occorre anche saper utilizzare le opportune strategie didattiche per veicolarla nel
modo linguistico più adeguato al contesto scolastico in cui si troveranno ad
operare.
Per questa ragione non è condivisibile la posizione di chi come Jàn Figel’ ,
Commissario Europeo Responsabile dell’Istruzione, della Formazione, della
Cultura e del Multilinguismo nella Prefazione al CLIL nella scuola in Europa,
(Eurydice) afferma che è la carenza nel “reclutamento degli insegnanti […] uno
degli ostacoli principali alla realizzazione di questo tipo di insegnamento” oppure
che il CLIL “richiede un dispiegamento di risorse umane (insegnanti specializzati)
e di materiali didattici adeguati, che vanno oltre l’insegnamento classico di una
lingua in ambito scolastico […]”. O che infine “L’organizzazione di un
insegnamento che combina l’uso pratico delle lingue e l’apprendimento dei
contenuti disciplinari incontra varie difficoltà . I problemi principali riguardano le
risorse umane ,la legislazione, gli aspetti finanziari ed infine i materiali e gli
aspetti didattici”.
E’ nostra convinzione che non si tratti di reclutare nuovi insegnanti , di modificare
legislazioni esistenti, di definire nuovi piani finanziari; il problema semmai è
quello di rendere operativa l’integrazione fra nuove e vecchie competenze, fra
competenze linguistiche e disciplinari; di approfondire ed aggiornare la
formazione ‘glottodidattica’ di ogni insegnante e di considerare nuovi parametri
(ad es. facilità di comprensione della fascia d’utenza considerata) nella scelta del
materiale didattico.
35
La proposta di un progetto di formazione CLIT farà dunque una distinzione fra : a)
insegnanti già in servizio e b) insegnanti in formazione.
3.5.1 Formazione insegnanti in servizio
Su traccia di Serragiotto (2003, 60) si propongono le seguenti fasi di formazione :
-
“rilevazione iniziale :per valutare” le varie competenze richieste al
docente : a) “linguistiche” e non solo per quanto riguarda il livello di
conoscenza della lingua straniera, nel caso di CLIL LS, ma anche
relativamente alla competenza testuale e metalinguistica nel caso di CLIL
L2; b) “metodologiche” e cioè il saper gestire gruppi di cooperative
learning, il saper lavorare in équipe nelle varie fasi della progettazioneattuazione-verifica ed infine conoscere strategie di facilitazione dell’input;
c)
“contenutistiche” , relative cioè all’ambito prettamente disciplinare.
Detta rilevazione potrebbe essere eseguita a mezzo di questionari
informativi o compilazione di schede di aggiornamento docenti
opportunamente predisposti dall’istituto scolastico in vista anche di un
auspicabile censimento qualitativo di competenze degli insegnanti;
-
“formazione iniziale : dare sostegno metodologico linguistico agli
insegnanti di materia” : in lingua straniera per coloro i quali decidono di
operare in un contesto CLIL LS , metalinguistico per
coloro che
necessitano di un momento di riflessione sulle caratteristiche linguisticotestuali della propria disciplina. Il sostegno metodologico potrà essere
infine relativo ai contenuti per gli insegnanti di lingua che desiderino
intraprendere un percorso CLIL. Per tutti, indistintamente, saranno
proposti degli “approfondimenti sulle tecniche di gestione della classe e
sul lavoro di équipe” ;
-
“consulenza in itinere : attraverso un monitoraggio delle classi che aiuti i
docenti ad utilizzare strategie e materiali efficaci e adeguati ai reali bisogni
36
dei discenti”. Sarebbe importante, per i docenti, potersi avvalere della
consulenza di esperti esterni soprattutto in relazione agli aspetti riguardanti
i diversi stili di apprendimento, le modalità di interazione fra gli attori
didattici e le strategie di conduzione di gruppi di lavoro. Tuttavia ogni
problematica pedagogico-didattica irrisolvibile all’interno dell’istituzione
scolastica dovrebbe poter essere sempre oggetto di approfondimento
guidato da esperti esterni;
-
“formazione in itinere : che permetta agli insegnanti di crescere sia a
livello linguistico, contenutistico e metodologico , un working in progress
per la propria formazione”. Adeguati corsi di formazione e aggiornamento
potrebbero essere organizzati all’interno dell’istituzione scolastica o con la
collaborazione di istituzioni regionali o provinciali o di altre scuole in rete.
Fondamentale potrebbe rivelarsi la condivisione di competenze con gli
insegnanti di lingua (o di italiano L2) i quali, normalmente, possiedono nel
loro bagaglio professionale una preparazione specifica in tecniche e
strategie glottodidattiche.
L’insegnante della lingua straniera deve saper assumere un nuovo ruolo di
consigliere, tutor e formatore didattico dei colleghi di altre materie che svolgono
programmi in lingua straniera; deve saper programmare insieme con il collega, per poter
fornire agli studenti un insegnamento forte della lingua straniera- insegnamento questo da
condurre precedentemente e/o in parallelo con il programma stesso . (Coonan, 2002, 102)
-
“valutazione finale delle competenze acquisite” : importanza di avere per
gli insegnanti la “possibilità di certificare le proprie competenze
acquisite”.
Un Portfolio Docente espressamente concepito, suggerisce Serragiotto (ibid, 64),
potrebbe documentare le competenze acquisite dal docente nel corso della sua
carriera professionale.
3.5.1.1 Portfolio docente
37
Nel caso del docente CLIL obiettivo del portfolio sarebbe quello di :
[…]documentare la maturazione del proprio processo di insegnamento…. In questo modo
si ha una descrizione completa della professionalità docente sul proprio modo di fare
scuola, documentando percorsi di riflessione e descrivendo particolari progetti realizzati.
L’operato dell’insegnante diventa trasparente, diventa esplicito il suo percorso formativo
culturale e professionale. (Serragiotto, 2003,65)
Il Portfolio docente potrebbe essere concepito sulla base dell’ European
Language portfolio, elaborato dal Consiglio d’Europa nel 1997 e rivolto agli
studenti di lingue straniere. Si tratterebbe di un documento personale, strutturato
in tre sezioni : una formale , una personale ed un dossier di raccolta materiali.
Nella prima sezione, equivalente alla sezione Titoli di una normale ‘ricostruzione
di carriera’, l’insegnante descriverebbe il proprio percorso formativo (scuole,
università, corsi di specializzazione, master, dottorati etc.) così come gli sono
riconosciuti dalla normativa ufficiale vigente.
Nella seconda parte, il docente potrebbe inserire le tappe significative del proprio
percorso di formazione : corsi di aggiornamento e formazione, seminari e progetti.
Inoltre, in una parte appositamente destinata alla didattica, potrebbe esplicitare
quali siano le metodologie attuate, in quali contesti e con quali strumenti. In
questa sezione potrebbe trovare spazio la sezione CLIT in cui il docente possa
definire la propria posizione e le proprie competenze, relativamente
all’insegnamento in contesti plurilinguistici.
Nella terza parte, infine, potrebbe essere organizzata una raccolta di materiali
didattici utili ad esplicitare nel concreto le metodologie didattiche utilizzate:
materiali didattizzati, strategie di facilitazione alla comprensione, tecniche
didattiche differenziate per stili di apprendimento etc..
Il Portfolio, infine, coprirebbe un vuoto ‘legale’ che sarebbe quello di una
certificazione ufficiale atta a testare e rendere visibili le competenze dei singoli
docenti.
In questo primo caso, quindi, relativo alla formazione dei docenti CLIT in
servizio, si tratterebbe di agire per lo più all’interno delle singole istituzioni
38
scolastiche senza che si rendano necessari particolari finanziamenti aggiuntivi in
rapporto alla normale disponibilità di bilancio.
Se il CLIT fosse un obiettivo condiviso almeno dalla maggioranza dei docenti in
servizio, sarebbe già un ottimo punto di partenza perché significherebbe costruire
nuove competenze su una forte motivazione personale.
3.5.2 Formazione futuri insegnanti
Parlare di formazione del futuro insegnante CLIT è senza dubbio più semplice
anche se più utopistico. Partiamo dalla considerazione inconfutabile che la
quantità delle classi plurilingui è in netto aumento e che questa tendenza sembra
destinata a rimanere tale23; che il numero degli studenti stranieri nelle scuole
italiane è vertiginosamente aumentato in questi ultimi anni e che così come recita
l’ articolo 1 del D.P.R. n. 417/1974 sulla libertà di insegnamento “ l’esercizio di
tale libertà è inteso a promuovere […] la piena formazione della personalità degli
alunni” ed inoltre che :
la garanzia per tutti i cittadini, italiani e non, di acquisire nelle nostre scuole una reale
esperienza di apprendimento e di inclusione sociale, sono obiettivi a cui le istituzioni
scolastiche devono mirare24.
Considerato quanto precede, dunque, dovrebbe essere una soluzione logica
inserire nei piani di studio dei futuri insegnanti dei moduli CLIT in cui siano
affrontate le problematiche relative alla glottodidattica e all’integrazione della
stessa in un insegnamento disciplinare.
Gli insegnanti CLIT dovranno in conclusione (cfr. Coonan, 2002)
•
possedere buona padronanza nella LS /L2 veicolare;
23
Vedi anche : Reggio, M., “la Repubblica”, Scuola multietnica, è boom di stranieri (24 ottobre
2007)
24
Cfr. nota 9 pag.18
39
•
essere in grado di capire le difficoltà linguistiche dei loro studenti;
•
essere esperti nell’area dei contenuti disciplinari (nel caso dei docenti di
lingua straniera) ;
•
aver consapevolezza degli elementi cognitivi socioculturali psicologici
dell’apprendimento della LS/L2;
•
sviluppare buone capacità lavoro d’ équipe;
•
aver interesse e capacità ad integrare contenuto disciplinare e lingua e la
capacità di usare metodologie interattive .
4. Esperienza CLIL : geografia in francese
La decisione di programmare un percorso CLIL nacque in seguito ad una serie di
considerazioni, la più determinante delle quali fu la necessità di ravvivare negli
studenti la motivazione allo studio della LS straniera e, contemporaneamente,
come insegnante, adottare, per una profonda esigenza di innovazione didattica, un
nuovo metodo di insegnamento.
Non solo: era imperativo il bisogno di inserire gli studenti in una situazione
linguistica (in LS) di comunicazione reale ed autentica . Così , benché
assolutamente scevra da ogni formazione accademica, ma avvalendomi del
prezioso ausilio de La lingua straniera veicolare di Coonan (2002),
decisi di
sperimentare in un primo momento ( a.s. 2004/05) un’unità di apprendimento di
diritto in francese nella modalità della co-docenza; poi, visti i risultati
incoraggianti, mi risolsi ad affrontare per l’ intero anno scolastico successivo, il
corso di geografia nelle tre classi del triennio. Questa volta in qualità di docente
unica. Ogni corso ammontava a trentatre ore organizzate in un unico modulo.
Il progetto “CLIL:geografia in francese” fu debitamente inserito nel POF di
Istituto ed attivato nelle classi terza, quarta e quinta dell’Istituto Superiore “M.Da
40
Passano” a indirizzo turistico di Varese Ligure, un piccolo centro dell’entroterra
spezzino.
4.1 Scheda di programmazione
4.1.1.Obiettivi generali
•
migliorare la competenza in LS usandola per veicolare contenuti disciplinari
•
potenziare l’autostima e la motivazione all’apprendimento
•
abituare ad approcci multidisciplinari
•
familiarizzare alla dimensione europea
•
educare al team working
•
educare alla dimensione interculturale
4.1.2 Contenuti
Nelle tre classi si è deciso di utilizzare come testo di base un libro in uso nella
scuola secondaria superiore francese ritenendo che la non sempre facile forma
linguistica utilizzata fosse ben facilitata dal grande uso di immagini, grafici e
tabelle utilizzate (vedi allegati). Non si è resa necessaria una didattizzazione vera
e propria del testo tuttavia alcuni accorgimenti (es. parole chiave alla lavagna)
finalizzati a facilitare la comprensione del contenuto sono sempre stati presi.
Obiettivi di contenuto nelle tre classi sono stati:
classe terza : L’espace méditérranéen : riconoscere le peculiarità territoriali e
socio-economiche dei Paesi del Bacino del Mediterraneo inserendole nel contesto
di analisi geopolitica Nord-Sud;
classe quarta : Qu’est-ce que l’Europe?: confini e suddivisioni nazionali con
particolare riguardo ai cambiamenti avvenuti nel corso del XX secolo;
41
classe quinta : Unité et diversité des Suds : individuazione delle zone Nord e Sud
del mondo con particolare attenzione ai problemi demografici, economici e
sociali.
4.1.3 Abilità di studio
Classe terza :leggere una carta geografico-tematica operando semplici confronti,
cogliere i concetti fondamentali di un testo; completare uno schema;
classe quarta : leggere una carta storico-geografica operando confronti tra il
passato ed il presente, cogliere i concetti fondamentali di un testo schematizzare e
riassumere guidati;
classe quinta : leggere una carta geografico- tematica operando confronti e
collegamenti e formulando ipotesi, cogliere i concetti fondamentali di un testo
schematizzare e riassumere .
4.1.4 Obiettivi linguistici
Classe
terza
:
acquisizione
della
terminologia
specifica:
(
flux
migratoires/touristiques, arc latin, bassin, péninsule, presqu’île, délta etc.) ;
potenziamento abilità di comprensione tanto orale che scritta. L’uso della LS è
limitato ad alcuni momenti della lezione anche se tutti i documenti utilizzati sono
in lingua straniera.
Classe quarta : acquisizione terminologia specifica (balkanisation, tensions
ethniques, rideau de fer, Europe Médiane, Etat nation etc.) , redazione di fiches
terminologiche in L1 e LS ;potenziamento abilità di comprensione tanto orale che
scritta ed approccio alle abilità trasversali quali prendere appunti e sintetizzare in
LS. Lingua materna e lingua straniera sono alternate : l’italiano è prevalentemente
usato per chiarire dubbi di comprensione o fare riflessioni metalinguistiche.
42
Classe quinta : acquisizione della terminologia specifica (IDH, PIB,IPH, PIBppa,
PED, taux natalité, taux mortalité, seuil de pauvreté, les Suds), potenziamento
abilità di comprensione e produzione ; potenziamento delle abilità trasversali.
L’uso della LS è esteso a tutti i momenti della lezione.
4.1.5 Valutazione
Sono state previste due diverse modalità di valutazione : 1) in itinere fatta da
osservazioni dell’insegnante e brevi tavole rotonde con gli studenti ; 2) finale sul
contenuto integrato .
4.2 Esempio di unità di apprendimento
Questa unità di apprendimento è la prima di dieci di un modulo destinato alla
scoperta del valore del Bacino del Mediterraneo inteso come interfaccia tra i Paesi
ricchi e poveri che vi si affacciano. Le unità sono:
1) Le bassin méditerranéen
2) Des disparités de développement
3) Une identité commune
4) Dynamiques démografiques divergentes
5) Des peuples en mouvement : les migrations
6) Les flux touristiques
7) Trois continents, trois religions
8) La principale zone des tensions au monde
9) La Conférence de Barcelone : le partenariat euro-méditerranéen
10) Quel avenir pour l’interface méditerranéenne ?
Destinatari : classe terza (12 alunni) di un Istituto superiore per il turismo. Livello
A2 Quadro Comune di Riferimento Europeo.
Tempi : 3 ore
43
Titolo : Le bassin méditerranéen
- Obiettivi linguistici: acquisizione della forma comparativa
- Obiettivi disciplinari: lettura di carte geografico-tematiche (rilievo, clima) e
acquisizione terminologia geografica specifica.
- Obiettivi formativi: potenziamento abilità di relazione attraverso la tecnica del
Cooperative Learning
- Modalità metodologiche: alternanza L1 e LS .
- Valutazione integrata : la conoscenza dei contenuti appresi viene testata in LS ed
è valutata sia l’esattezza disciplinare sia la correttezza formale. Tuttavia, visto il
livello di competenza linguistica degli allievi viene valutata in modo positivo
anche una forma non particolarmente corretta a condizione che non impedisca il
fluire della comunicazione e che la terminologia specifica sia utilizzata in modo
adeguato.
- Strumenti: libro di testo L’espace mondial – éditions Magnard 2005, e l’ Atlante
geografico.
Motivazione: (20 minuti) : viene presentato in italiano l’obiettivo del modulo
(Perché il mediterraneo è definito “interfaccia”?) quindi si invitano gli studenti a
formulare ipotesi attivando conoscenze geografiche pregresse. Alla lavagna
vengono trascritti i concetti chiave.
Sempre in italiano si illustrano quali saranno le altre nove tappe tematiche ; si
presenta l’unità da affrontare e si divide la classe in quattro piccoli gruppi.
Globalità: (30 minuti): le consegne delle attività vengono date in LS verificando
comunque (con domande o facendo ripetere) che la comprensione sia corretta. Gli
studenti vengono invitati a servirsi della LS per comunicare tra di loro.
Esercizio n° 1: abbinare il termine francese a quello italiano: la péninsule, la
côte,la chaîne, l’arrière-pays, la plaine, le littoral, l’amphithéâtre, le bassin, le
golfe, l’île, archipel, le détroit, le delta, le fleuve, la mer / la penisola, il bacino,
il litorale, il retroterra, l’arcipelago, il fiume, il mare, la costa, l’anfiteatro, lo
stretto, la catena montuosa, la pianura, il golfo.. Vince chi finisce nel più breve
tempo possibile facendo il minor numero di errori. Verifica in plenaria. A questo
44
punto, acquisita la terminologia specifica, ad ogni gruppo vengono date le carte
fisica e climatica (allegati 1 e 2).
Esercizio n° 2 : in gruppo : collocare correttamente sulla cartina fisica i nomi dei
Paesi ed eseguite una breve ricerca nell’ Atlante per abbinare ad ogni paese la
propria capitale.
Italie, France, Espagne, Maroc, Algérie, Tunisie (Maghreb), Libye, Egypte,
Israël, Liban, Syrie, Turquie, Grèce, Albanie, Serbie et Monténegro, Bosnie,
Croatie Slovénie, (Yougoslavie).
Gioco a punti tra squadre : “quelle est la capitale de…?”
Analisi (1 ora) :Esercizio n°3 : analizzare le carte tematiche e completare tabella
rélief
climat
durée sécheresse
Méditerranéen +m.s.a
Espagne
Maghreb
Afrique orientale
Plaines; Plateau de
Lybie (200-500m)
5-7 mois côte, 1-5
arrière pays
Turquie
Grèce
Italie
Alpes (1000-3000m)
et Apennins (5002000m)
Verifica in plenaria con domande poste dall’insegnante.
Esercizio 4 : Completare facendo i paragoni :
a) Les Alpes sont (+, -, =)…… hautes …….les Apennins
b) Les Pyrénées sont (+,-,=)….. hauts ……le Plateau d’Asie
Mineure
c) Les Monts du Pinde sont (+,-,=)…… hauts ….l’Atlas Tellien
d) Le climat marseillais est (+,-,=)…… sèche….le climat algérien
e) Le climat grec est (+,-,=)……humide….le climat italien
f) L’arrière-pays espagnol est (+,-,=)……sèche que l’arrière-pays
turc
45
Alla fine dell’esercizio uno studente legge le sue risposte e gli altri gruppi
correggono. (C’est bon; c’est faux, il s’est trompé, ça va..)
Esercizio n°5 : leggere il testo (allegato 3) e rispondere alle domande.
a) Quels sont les facteurs d’unité de l’espace méditerranéen?
b) Où est concentrée la population des pays méditerranéens?
c) Comment s’appellent les passages qui relient la Méditerranée à
l’Asie et à l’Atlantique ?
d) Pourquoi l’espace méditerranéen est-il défini “un espace à
risques?”.
Verifica in plenaria : l’insegnante chiama uno studente e gli altri correggono se è
il caso.
Esercizio n°6 : Vrai ou faux ?
a)
La Mer méditerranée est en réalité un lac V - F
b)
La Mer Méditerranée peut être considérée comme une mer
intérieure V – F
c)
Les Balkans sont une péninsule montagneuse V – F
d)
La présence de montagnes n’est pas déterminante pour le
paysage méditerranéen V – F
e)
Ces derniers siècles les arrières-pays méditerranéens se sont
vidés un peu partout V – F
f)
Le climat est aussi important que le relief comme facteur
d’identité V - F
g)
Les forêts méditerranéennes sont très luxuriantes V – F
h)
L’eau est plus abondante au Nord qu’au Sud V- F
Verifica in plenaria.
Sintesi (30 minuti) : :“A la fin de ce premier moment d’étude pouvez vous
imaginer quels sont les facteurs d’identité des pays méditerranéens? Et les
facteurs de contraste? ». A gruppi si elaborano delle risposte che vengono poi
condivise con la classe.
46
Verifica (30 minuti): data una carta muta del bacino del mediterraneo viene
chiesto ad ogni studente di completarla con i dati relativi a : rilievo, clima, città.
4.3 Conclusioni
Questa esperienza è stata portata a termine lo scorso anno, prima cioè che
affrontassi il percorso di questo Master ITALS. Gli strumenti metodologici di
oggi mi consentono una valutazione critica più accurata che, per quanto
abbastanza il linea con quella già fatta allora, mi offre risposte a dubbi che prima
erano rimasti irrisolti.
4.3.1 Punti di forza
Un aspetto positivo dell’esperienza CLIL è stato il reale miglioramento nell’uso
della lingua straniera da parte di quasi tutti gli studenti interessati. Non tanto come
competenza morfosintattica, che comunque sarebbe progredita nell’arco di un
anno scolastico, quanto come competenza comunicativa: l’uso reale e non
simulato della lingua in situazioni di effettiva comunicazione, ha consentito ai
ragazzi di “assumere” una nuova identità linguistico-culturale abbassando il loro
filtro affettivo e permettendo loro di dare una nuova forma linguistica ai loro
pensieri. Il “So parlare francese anch’io!” di uno studente normalmente “poco
portato per le lingue” è l’esclamazione che meglio riassume il successo
dell’iniziativa. Non solo la lingua, ma anche lo studio della disciplina, affrontato
con una nuova modalità, quella del lavoro in gruppo finalizzato alla soluzione di
problemi, ha tratto giovamento da questa esperienza.
Da parte mia, come insegnante, mi sono sentita maggiormente motivata perché la
ricerca didattica di nuove modalità, strategie e tecniche di insegnamento ha
introdotto una variabile di “autenticità” nell’insegnamento della lingua che
inseguivo da tempo.
47
4.3.2 Punti deboli:
Oggi riesco a spiegare quella “ crisi di identità” che mi ha accompagnato per tutto
lo svolgersi del CLIL : chi ero? Insegnante di geografia o insegnante di francese?
Sapevo che sarei dovuta essere entrambe ma anche la visione che avevano di me i
miei studenti non semplificava le cose. Ero sempre stata l’insegnante di francese,
ora insegnavo anche geografia, seppur in francese. Quindi chi ero? Ho pensato
che solo una maggior abitudine al CLIL potesse ovviare a questa ambiguità di
identificazione ma leggendo gli interventi di Ricci Garotti (2006, 39)in cui
l’autrice afferma che “ se l’attuazione CLIL fosse riservata al solo insegnante di
lingua o disciplina ne deriverebbe un forte sbilanciamento” ho compreso il limite
del lavoro svolto. E’ capitato di dare eccessivo spazio, ad esempio, a forme
sintattiche particolarmente complesse nel corso della lezione
CLIL anziché
aspettare l’ora di lingua o viceversa sottovalutare errori nell’esposizione
linguistica per paura di dar loro troppo peso. E’ inoltre effettivamente mancato il
confronto/crescita con l’altro collega sia per quanto riguarda la condivisione della
programmazione
sia,
soprattutto,
perché
è
mancata
nel
concreto
quell’integrazione data dall’intersecazione di due realtà disciplinari distinte.
Un altro punto debole dei moduli CLIL “geografia in francese” è stata la
conduzione dei gruppi che, benché fossero formati solo da tre elementi, nella
speranza che tutti lavorassero responsabilmente allo stesso modo, aveva rivelato
le classiche difficoltà di un lavoro male organizzato, in cui solo alcuni studenti
erano seriamente impegnati ed altri coinvolti solo in modo superficiale. Oggi che
sto ripetendo la stessa esperienza con modalità di Jigsaw realizzo quanto sia
importante conoscere le tecniche di gestione del Cooperative Learning e quanto
sia fondamentale riflettere con cognizione sulle abilità sociali che sottostanno ad
ogni attività di gruppo.
48
5. Conclusioni
In una società in rapida evoluzione come la nostra l’insegnante di qualità, in
veste di formatore oltre che esperto disciplinare, deve essere in grado di attivarsi
per acquisire le competenze necessarie ad esercitare in contesti plurilingui
accogliendo in questo modo anche le attese ministeriali25 quali:
L’Italia ha scelto la piena integrazione di tutti nella scuola e l’educazione interculturale
come suo orizzonte culturale […]
e:
il […] diritto –dovere all’istruzione e alla formazione […], individua i destinatari in “tutti,
ivi compresi i minori stranieri presenti nel territorio dello Stato.26
Le esperienze CLIL hanno evidenziato che una metodologia integrata di
contenuti e lingua, oltre che di apprendimento/insegnamento, può rappresentare la
soluzione all’integrazione ed al successo scolastico di tutti i nostri studenti
immigrati.
L’ integrazione disciplinare unita all’ integrazione relazionale getterebbe le
basi per una società in cui pluriculturalità e rispetto reciproco possano
effettivamente trasformarsi in realtà concrete..
Il CLIT potrebbe essere la variabile che fa la differenza nella formazione docente:
non più solo un docente esperto nella materia, ma anche nella glottodidattica della
disciplina che insegna e con piena competenza relazionale e sociale .
25
26
cfr.nota 20 pag. 39
Decreto Legislativo n. 76/2005 (comma 6 dell’art.1).
49
6. Bibliografia
- Balboni, P.E. (2006), Le sfide di Babele, Novara, De Agostini Scuola
- Comoglio, M. e Cardoso, M.A.(1996) Insegnare ad apprendere in gruppo: il
cooperative learning, Roma, LAS
- Coonan, C.M.(2002), La lingua straniera veicolare,Torino, UTET diffusione srl
- Grassi, R. (2003), CLIL e classi plurilingui a confronto: convergenze e
potenzialità, Biblioteca del Master Itals
- Johnson, D.W. e Johnson, F.P. (1996), .Apprendimento cooperativo in classe:
migliorare il clima emotivo e il rendimento, Trento, Erikson
- Krashen, S.D., (1987), Principles and Practice in Second Language Acquisition,
Englewood Cliffs, Prentice-Hall
- Margiotta, U. (a cura di) (1997), Riforma del curricolo e formazione dei talenti,
Roma, Armando Editore
- Marsh, D. e Langé, G. (a cura di) (2000), Apprendimento integrato di lingua e
contenuti: proposte di realizzazione, TIE-CLIL, MPI, Direzione Regionale per la
Lombardia
- Mc Ginnis et al. (1995) , Manuale di insegnamento delle abilità sociali, Trento,
Erikson
- Novak, J. (2001), L’apprendimento significativo. Le mappe concettuali per
creare e usare la conoscenza,Trento, Erikson
- Quartapelle, F. (a cura di) (1999), Didattica per progetti,Milano, Franco Angeli
- Ricci Garotti, F. (a cura di) (2006), Il futuro si chiama CLIL. Una ricerca
interregionale sull’insegnamento veicolare, IPRASE Trentino, Ed. Provincia
autonoma di Trento
- Rosenberg, M.B., (2003), Le parole sono finestre[oppure muri],Reggio Emilia,
Esserci Edizioni
50
- Serragiotto, G., (2003), C.L.I.L. Apprendere insieme una lingua e contenuti non
linguistici, Perugia, Guerra Edizioni
- Zambrini Lucia, (tesi Master Itals ) (2005), Integrazione tra CLIL e project
work: un esempio di percorso in una classe plurilingue di scuola elementare
7. Sitografia
Oltre ai siti già indicati in nota , sono stati consultati anche quelli che seguono :
- EURYDICE: la rete di informazione sull’istruzione in Europa . Programma
d’azione comunitario nel campo dell’educazione.
http://www.eurydice.org (24
ottobre 2007)
- Agenzia Nazionale Lifelong Learning Programme
sui principali programmi europei di formazione
http://www.bdp.it/socrates/content/index.php?action=read_rivista&id=6432
(5
sett 2005)
- Sito del Laboratorio CLIL dell’Università Ca’ Foscari
un’ampia scelta di links
di Venezia offre
http://venus.unive.it/labclil/clil/index.php (24 ottobre
2007)
- TIECLIL Translanguage in Europa Content and Language Integrated learning
progetti CLIL in Europa http://www.tieclil.org / (24 ottobre 2007)
- ALPME – European Language Council - Advanced Level Programme
Multilingual
Education
offre
molti
links
utili
alla
ricerca
CLIL
http://www.upf.edu/dtf/alpme/links.htm (24 ottobre 2007)
- Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica ex Indire sulla
formazione docente http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1328
(25 ottobre 2007)
51
- Ministero della Pubblica Istruzione , per ricerche di documenti e circolari sulla
vita scolastica in Italia http://www.pubblica.istruzione.it/ (25 ottobre 2007)
- Coonan, C.M., La lingua straniera come veicolo d’apprendimento, Università di
Venezia
http://venus.unive.it/aliasve/index.php?name=EZCMS&page_id=435
(25 ottobre 2007)
- EUROCLIC : european network for content and language integrated classrooms
http://www.euroclic.net/
interessanti la consultazione dei bollettini dal 1997 al
2001
- Sito web ufficiale del progetto “Apprendo il Lingua 2” , Educazione bilingue:
l’uso veicolare della lingua straniera, interessanti le esperienze CLIL riportate
http://www.castellerpaese.it/apprendo/index.htm (25 ottobre 2007)
52
8. Appendice
Allegato n° 1
53
Allegati n° 2 - 3
54
Allegato n° 4
55
56
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