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Corrente elettrica - Dipartimento di Farmacia

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Corrente elettrica - Dipartimento di Farmacia
CORRENTE ELETTRICA
Corso di Fisica per la Facoltà di Farmacia, Università “G. D’Annunzio”,
D’Annunzio”, Cosimo Del Gratta 2007
INTRODUZIONE
• Dopo lo studio dell’elettrostatica, nella quale abbiamo
descritto distribuzioni e sistemi di cariche elettriche in
quiete, passiamo allo studio di fenomeni nei quali le
cariche sono in movimento
• Iniziamo con lo studio della corrente elettrica ovvero del
moto ordinato di cariche elettriche per effetto di un campo
elettrico applicato
• Abbiamo visto in precedenza un caso in cui le cariche
sono in movimento: la distribuzione delle cariche in un
conduttore nell’induzione elettrostatica. Questo è un
fenomeno transiente della durata di una piccola frazione di
secondo. Ci interessiamo adesso a moti di cariche protratti
nel tempo: in particolare ci interessiamo al caso
stazionario, nel quale i parametri che descrivono il moto
delle cariche non variano nel tempo
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D’Annunzio”, Cosimo Del Gratta 2007
DEFINIZIONI ED ESEMPI (1)
Si chiama corrente elettrica un moto ordinato di cariche
elettriche
Ad esempio il moto degli elettroni liberi in un metallo quando
all’interno del metallo vi è un campo elettrico applicato
E
−
+
Elettroni liberi in un metallo
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D’Annunzio”, Cosimo Del Gratta 2007
DEFINIZIONI ED ESEMPI (2)
Altri esempi di corrente elettrica: in un elettrolita (cioè una
soluzione contenente degli ioni di una sostanza dissociata, ad
esempio sale in acqua)
−
+
Se poniamo nella soluzione
due conduttori mantenuti a
potenziali elettrici diversi, si
stabilisce nella soluzione
stessa un campo elettrico e
le conseguenti forze sulle
cariche determinano un
moto ordinato. Abbiamo
quindi una corrente elettrica
E
H 2O
Na+
Cl−
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DEFINIZIONI ED ESEMPI (3)
Si può avere una corrente in un gas ionizzato (come in una
lampada a fluorescenza)
−
+
E
Il campo elettrico che ionizza il gas genera un forza sugli ioni
e sugli elettroni liberi che determina una corrente elettrica
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DEFINIZIONI ED ESEMPI (4)
Si chiamano portatori di carica le particelle o i corpi dotati di
carica elettrica che movendosi costituiscono la corrente
elettrica. Nel caso di un metallo i portatori di carica sono gli
elettroni (negativi), nel caso di un elettrolita i portatori di
carica sono gli ioni (positivi e negativi), nel caso di un gas
ionizzato i portatori di carica sono ioni e elettroni liberi
Il verso della corrente è quello in cui si muovono i portatori di
carica positiva, oppure il verso opposto a quello in cui si
muovono i portatori di carica negativa. Il verso della corrente
è in ogni caso quello del campo elettrico che determina il
moto delle cariche. Quindi la corrente elettrica fluisce nel
verso del campo elettrico, ovvero dal potenziale più alto al
potenziale più basso
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DEFINIZIONI ED ESEMPI (5)
E
−
+
Elettroni liberi in un metallo
−
Verso della corrente
elettrica in entrambi gli
esempi:
H 2O
Na+
E
Cl−
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+
DEFINIZIONI ED ESEMPI (6)
!
Un moto disordinato, o casuale, di cariche elettriche
non costituisce una corrente elettrica
Ad esempio in una soluzione
di sale in acqua, il moto
casuale degli ioni dissociati
dovuto all’agitazione termica
non è una corrente elettrica
perché in media non vi è
passaggio di carica da un
punto ad un altro
H 2O
Na+
Cl−
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DEFINIZIONI ED ESEMPI (7)
Si chiama intensità della corrente elettrica, e si indica con I, la
quantità di carica elettrica che attraversa una data sezione di
un conduttore nell’unità di tempo (in generale, I è la quantità
di carica elettrica che attraversa una data superficie nell’unità
di tempo )
I = ΔQ / Δt dove ΔQ è la quantità di carica che attraversa la
sezione nel tempo Δt
sezione
Verso della corrente elettrica
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DEFINIZIONI ED ESEMPI (8)
Unità di misura:
L’unità di misura dell’intensità di corrente elettrica nel
sistema MKSA è l’ampère (A)
1A = 1C / 1s
L’ampère è una delle unità fondamentali del sistema MKSA
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DEFINIZIONI ED ESEMPI (9)
Sia v la velocità dei portatori di carica, sia q la carica di
ciascun portatore, e sia n il loro numero per unità di volume.
La quantità di carica ΔQ che attraversa la sezione S nel
tempo Δt è la quantità di carica contenuta nel cilindro di
altezza vΔt e di base la sezione del conduttore. Il volume di
questo cilindro è AvΔt, il numero di portatori in esso contenuti
è quindi nAvΔt, e la carica totale di questi portatori è
ΔQ = qnAvΔt
da cui, I = ΔQ / Δt = nqvA
sezione S
La velocità v dei portatori
di carica è detta
vΔt
velocità di deriva
A
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DEFINIZIONI ED ESEMPI (10)
La densità di corrente J è l’intensità di corrente per unità di
superficie della sezione del conduttore:
J=I/A
L’unità di misura nel sistema MKSA della densità di corrente
è A/m2
Dalla precedente formula ricaviamo:
J = nqv
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DEFINIZIONI ED ESEMPI (11)
ESEMPIO: calcolo della velocità di deriva degli elettroni in un
metallo
In un filo di rame (Cu, peso atomico P = 63,5 g/mol, densità
d = 9 g/cm3) con sezione circolare di diametro D = 1 mm fluisce
una corrente di 1 A. Se ogni atomo fornisce un elettrone libero,
qual è la velocità di deriva degli elettroni?
Dalla formula I = nqvA, ricaviamo v = I / Anq
Calcoliamo prima il numero di elettroni liberi:
Se m è la massa del rame, V il suo volume, e N il numero di
moli, allora d = m / V e P = m / N
N / V = d / P è il numero di moli per unità di volume
Il numero di atomi per unità di volume si ottiene moltiplicando
per il numero di Avogadro: NA = 6,0228 × 1023 mol-1
n = NA N / V = NA d / P
n = 6,0228 × 1023 × 9 / 63,5 = 0,85 × 1023 cm-3 = 0,85 × 1029 m-3
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DEFINIZIONI ED ESEMPI (12)
ESEMPIO: calcolo della velocità di deriva degli elettroni in un
metallo (segue)
L’area della sezione circolare del filo è A = πD2 / 4
A = π × 10-6 / 4 = 0,785 × 10-6 m2
Infine, q è il valore assoluto della carica dell’elettrone
q = 1,6 × 10-19 C
Possiamo adesso calcolare v:
v = I / Anq
v = 1 / (0,785 × 10-6 × 0,85 × 1029 × 1,6 × 10-19)
v = 1 / (1,068 × 104)
v = 0,94 × 10-4 m/s
La velocità di deriva è di circa un decimo di millimetro al
secondo
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DEFINIZIONI ED ESEMPI (13)
ESEMPIO: calcolo della velocità di deriva degli elettroni in un
metallo (segue)
Confrontiamo la velocità di deriva con la velocità termica degli
elettroni. Per stimare quest’ultima utilizziamo un modello molto
semplificato degli elettroni liberi nel metallo: quello del gas
ideale. In questo caso, dalla teoria cinetica, ricaviamo che la
velocità quadratica media degli elettroni è vrms = √(3kT/m),
dove k = 1,38 × 10-23 J/K è la costante di Boltzmann,
T è la temperatura assoluta espressa in kelvin: a temperatura
ambiente (27°C) T = 300 K, e m = 9,11 × 10-31 kg è la massa
dell’elettrone
vrms = √((3 × 1,38 × 10-23 × 300) / (9,11 × 10-31))
vrms = √(1,36 × 1010) = 3,7 × 103 m/s
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DEFINIZIONI ED ESEMPI (14)
ESEMPIO: calcolo della velocità di deriva degli elettroni in un
metallo (fine)
Osserviamo che la velocità termica è molto maggiore della
velocità di deriva. Tuttavia, il moto disordinato degli elettroni
dovuto all’agitazione termica non costituisce una corrente
elettrica perché non vi è, in media, trasferimento di carica da un
punto ad un altro del conduttore
La corrente elettrica è quindi un moto ordinato relativamente
lento sovrapposto ad un moto disordinato molto più veloce
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FORZA ELETTROMOTRICE (1)
Negli esempi precedenti, abbiamo visto che affinché si
stabilisca un moto ordinato di cariche elettriche, ovvero una
corrente elettrica, è necessario un campo elettrico
D’altra parte abbiamo anche visto che ponendo un
conduttore in un campo elettrostatico le cariche libere si
dispongono quasi istantaneamente in modo da realizzare un
campo nullo all’interno del conduttore stesso
Il problema è quindi come avere allo stesso tempo una
corrente elettrica stazionaria e un campo elettrico costante
nel conduttore
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FORZA ELETTROMOTRICE (2)
Esistono dei dispositivi elettrici che hanno la proprietà di
mantenere i loro terminali (detti poli) a potenziali diversi: pila,
batteria, generatore
La pila mantiene una differenza di potenziale (d.d.p.) ΔV tra i
suoi poli grazie ad una reazione chimica e, in definitiva,
trasforma energia chimica in energia elettrica
Un dispositivo con le proprietà sopra descritte è detto
sorgente di forza elettromotrice (vedremo più avanti la
definizione di forza elettromotrice)
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FORZA ELETTROMOTRICE (3)
Se si collegano le due estremità di un conduttore di
lunghezza d ai due poli della pila si genera all’interno del
conduttore un campo elettrico E = ΔV / d. Questo campo
elettrico agisce sulle cariche libere del conduttore e stabilisce
una corrente elettrica. Questa corrente elettrica non ha
l’effetto di distribuire la carica sulla superficie del conduttore
e di annullare il campo elettrico all’interno del conduttore
stesso. La carica fluisce dal conduttore all’interno della pila e
nuovamente nel conduttore. In questo modo abbiamo
realizzato un circuito elettrico.
–
+
Simbolo della pila
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FORZA ELETTROMOTRICE (4)
–
+
Un circuito costituito da una pila e da un conduttore. L’intensità
di corrente è la stessa in ogni punto del circuito
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FORZA ELETTROMOTRICE (5)
Poiché la corrente nel conduttore è nel verso del campo
elettrico, essa entra nella pila dal polo col potenziale più
basso (polo negativo) ed esce dal polo col potenziale più alto
(polo positivo).
Quindi all’interno della pila il verso della corrente è opposto a
quello nei conduttori ed è opposto al campo elettrico.
All’interno della pila le cariche elettriche si muovono nel
verso opposto a quello della forza elettrica che agisce su di
esse. Ciò è dovuto all’esistenza di altre forze che agiscono
sulle cariche, e che sono associate alla reazione chimica che
avviene nella pila
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CONDUCIBILITA’ ELETTRICA (1)
Abbiamo visto che affinché in un conduttore vi sia una corrente
elettrica deve esservi anche un campo elettrico.
Tuttavia, in conduttori diversi, a parità di intensità del campo
elettrico si hanno in generale correnti elettriche di intensità
diverse. Ciò dipende dalla diversa struttura microscopica dei
conduttori. Dal punto di vista macroscopico, un conduttore
omogeneo è caratterizzato dalla sua conducibilità elettrica σ
σ=J/E
ovvero
J=σE
dove J è la densità di corrente in presenza del campo elettrico
E. Maggiore è la conducibilità elettrica, maggiore è la densità
di corrente a parità di campo elettrico. La conducibilità elettrica
di una sostanza dipende da diverse grandezze fisiche, in
particolare dalla temperatura
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CONDUCIBILITA’ ELETTRICA (2)
Anziché esprimere la densità di corrente in funzione del campo
elettrico, si preferisce utilizzare l’intensità di corrente e la d.d.p.
Consideriamo un conduttore di lunghezza d, area della
sezione A, e conducibilità σ:
Se I è l’intensità di corrente nel conduttore e ΔV la caduta di
potenziale ai capi del conduttore stesso, dalle formule J = σE,
I = JA, e ΔV = Ed, ricaviamo:
I = (σ A / d) ΔV
La grandezza G = σA/d è caratteristica del conduttore (non
della sostanza di cui è costituito), si chiama conduttanza
L’inverso della conduttanza R = 1/G = d/(A σ) si chiama
resistenza
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CONDUCIBILITA’ ELETTRICA (3)
La formula precedente si può scrivere:
I = G ΔV
oppure
ΔV = RI
e prende il nome di prima legge di Ohm. Questa è una legge
empirica ed è verificata in realtà solo in un certo intervallo di
valori dell’intensità di corrente. Nel caso dei metalli, questo
intervallo è molto ampio ed in esso la resistenza è costante,
cioè la caduta di potenziale è proporzionale all’intensità di
corrente. Per valori molto piccoli o molto grandi dell’intensità di
corrente, la resistenza non è costante. Inoltre, vi sono dei
materiali per i quali questa legge non è mai verificata. I
materiali che ubbidiscono alla prima legge di Ohm sono detti
ohmici o lineari. Infine, la resistenza dipende dalla temperatura
Simbolo del conduttore ohmico o resistenza
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CONDUCIBILITA’ ELETTRICA (4)
L’inverso della conducibilità si chiama resistività ρ
ρ = 1/ σ. Possiamo esprimere la resistenza in funzione della
resistività e dei parametri geometrici del conduttore:
R = d/(A σ) = ρd/A
Questa formula prende il nome di seconda legge di Ohm.
L’unità di misura della resistenza nel sistema MKSA è l’ohm (Ω)
L’unità di misura della resistività nel sistema MKSA è l’ohm per
metro (Ω.m)
L’unità di misura della conduttanza nel sistema MKSA è il
siemens (S), 1S = 1Ω-1
L’unità di misura della conducibilità nel sistema MKSA è il
siemens al metro (S/m)
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CONDUCIBILITA’ ELETTRICA (5)
OSSERVAZIONE: In un conduttore ohmico omogeneo con
sezione uniforme, il campo elettrico è uniforme lungo il
conduttore. Infatti consideriamo due punti B e B’ del conduttore
separati da un piccola distanza Δr:
Dalla relazione tra potenziale e
campo, e dalla I legge di Ohm:
Δr
VB − VB’ = EΔr = IΔr/(Aσ)
Da cui: E = I/(Aσ)
Se il conduttore è omogeneo e
ha sezione uniforme, allora A e σ
sono delle costanti e il campo
B
B’
elettrico ha lo stesso valore su
tutta la lunghezza del conduttore.
In particolare, se la lunghezza totale del conduttore è d, e la
caduta di potenziale ai suoi capi è ΔV, allora E = ΔV/d
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CORRENTE ED ENERGIA (1)
Il campo elettrico compie lavoro sui portatori di carica. La forza
su di un portatore di carica q è F = qE, dove E è il campo
elettrico all’interno del conduttore. Se la carica percorre la
distanza Δr, il lavoro compiuto da tale forza è L = qEΔr. Ma EΔr
è la caduta di potenziale ΔV lungo la distanza Δr.
Quindi L = q ΔV
Il lavoro compiuto dal campo elettrico su di una carica è il
prodotto della carica per la caduta di potenziale attraversata
dalla carica stessa
E
Δr
q
F = qE
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CORRENTE ED ENERGIA (2)
Se la carica q percorre la distanza d tra i punti B e C del
conduttore, il lavoro compiuto dal campo elettrico sulla carica q
è L = qEd = q(VB − VC)
Osserviamo che il lavoro è uguale alla diminuzione di energia
potenziale −ΔU = qVB − qVC della carica quando si muove da B
a C. Poiché il campo elettrico è conservativo, il lavoro compiuto
dalla forza elettrica è uguale alla diminuzione della energia
potenziale della carica
E
q
F = qE
B
d
C
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CORRENTE ED ENERGIA (3)
Vogliamo adesso trovare un’espressione per il lavoro compiuto
dal campo elettrico su tutte le cariche. Consideriamo un
segmento BC di filo conduttore, di lunghezza d e area di
sezione A, e calcoliamo il lavoro compiuto dal campo elettrico,
nell’intervallo di tempo Δt, su tutte le cariche che inizialmente si
trovano nel segmento BC
E
q
F = qE
A
B
d
C
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CORRENTE ED ENERGIA (4)
Calcoliamo prima il numero N di portatori di carica nel
segmento BC. N = nAd, dove n è il numero di portatori di carica
nell’unità di volume, A è l’area della sezione, e d è la lunghezza
del segmento BC (quindi Ad è il volume del segmento BC). Se v
è la velocità di deriva, ogni portatore di carica percorre,
nell’intervallo di tempo Δt, la distanza vΔt. Il lavoro compiuto dal
campo elettrico su ogni portatore di carica è qEvΔt, e il lavoro
totale è la somma del lavoro su ogni portatore di carica:
L = NqEvΔt
E
L = nAdqEvΔt
A
ma nqvA = I
Δr = vΔt
e Ed = VB − VC
q
quindi:
F = qE
L = I(VB − VC)Δt
B
C
d
L = IΔVΔt
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CORRENTE ED ENERGIA (5)
Il lavoro compiuto su tutti i portatori di carica nel segmento BC è
il prodotto dell’intensità I della corrente elettrica, della caduta di
potenziale lungo il segmento BC, e dell’intervallo di tempo Δt:
L = IΔVΔt
Oppure, utilizzando la I legge Ohm:
L = RI2Δt
oppure ancora:
L = (ΔV)2/RΔt
La potenza ceduta dal campo elettrico alle cariche del
segmento BC è il lavoro compiuto nell’unità di tempo:
P = L/Δt
quindi:
P = IΔV = RI2 = (ΔV)2/R
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CORRENTE ED ENERGIA (6)
Dal teorema dell’energia cinetica ci aspettiamo che il lavoro
compiuto dal campo elettrico sui portatori di carica ne aumenti
l’energia cinetica, e che quindi aumenti la loro velocità.
D’altra parte, come abbiamo visto precedentemente, l’intensità
della corrente elettrica è proporzionale alla velocità dei portatori
di carica. Quindi, se la corrente è stazionaria, la velocità dei
portatori di carica è costante, così come la loro energia cinetica.
Perché non aumenta l’energia cinetica dei portatori di carica
malgrado il lavoro compiuto su di essi dal campo elettrico?
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CORRENTE ED ENERGIA (7)
In un conduttore ohmico, l’energia ceduta agli elettroni liberi dal
campo elettrico viene a sua volta ceduta dagli elettroni agli
atomi del metallo, quando urtano con questi ultimi.
Un modello semplificato, che utilizza i concetti della fisica
classica, del metallo è il seguente:
Ad ogni atomo del metallo corrisponde una posizione di
equilibrio nella quale è mantenuto dalle forze (elettrostatiche) di
coesione del metallo stesso. L’atomo può compiere delle
piccole oscillazioni ma è legato alla sua posizione di equilibrio.
Gli elettroni si muovono nello spazio tra gli atomi del metallo e
compiono frequenti urti con gli atomi stessi.
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CORRENTE ED ENERGIA (8)
Gli atomi del metallo possono essere considerati degli oscillatori
armonici, e l’urto degli elettroni con gli atomi un urto anelastico
nel quale l’energia cinetica degli elettroni viene trasformata in
energia elastica di questi oscillatori. In questo modello, gli
elettroni vengono accelerati dal campo elettrico tra due urti
successivi, ma vengono decelerati ad ogni urto. In questo modo
la velocità dell’elettrone non aumenta indefinitamente ma
cresce e decresce attorno ad un valore medio che è uguale al
valore medio della velocità tra due urti successivi.
L’energia ceduta agli atomi nelle collisioni ne aumenta
l’ampiezza delle oscillazioni e quindi l’energia termica. Quindi in
definitiva, il lavoro compiuto dal campo elettrico sulle cariche si
trasforma in calore ceduto al conduttore. Questo fenomeno
prende il nome di effetto Joule
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CORRENTE ED ENERGIA (9)
In un regime stazionario, come quello che stiamo considerando,
tutta l’energia ceduta dal campo elettrico agli elettroni deve
essere ceduta dagli elettroni agli atomi del metallo (altrimenti
l’energia degli elettroni e la loro velocità media
aumenterebbero). Quindi il calore C ceduto al conduttore
nell’intervallo di tempo Δt è uguale al lavoro compiuto dal
campo elettrico sulle cariche:
C = L = IΔVΔt = RI2Δt = (ΔV)2/RΔt
La potenza assorbita dal conduttore è:
P = C/Δt
quindi:
P = IΔV = RI2 = (ΔV)2/R
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CORRENTE ED ENERGIA (10)
Al contrario di quanto avviene in un conduttore ohmico, in una
pila la corrente elettrica fluisce dal potenziale più basso al
potenziale più alto. Quindi le cariche si muovono da un punto in
cui la loro energia potenziale è più bassa ad un punto in cui la
loro energia potenziale è più alta. Il lavoro L necessario per
aumentare di ΔU l’energia potenziale di una quantità di carica
ΔQ è fornito dalla reazione chimica della pila. Il lavoro fornito
dalla pila per unità di carica è, per definizione, la forza
elettromotrice (f.e.m.) della pila e si indica con ε:
ε = L / ΔQ = ΔU / ΔQ
L = ΔU = ΔQ ε
!
L’uso del termine forza elettromotrice ha motivazioni
storiche. Come si può vedere, la forza elettromotrice
non è una forza bensì una differenza di potenziale
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CORRENTE ED ENERGIA (11)
Se la quantità di carica ΔQ attraversa la pila nell’intervallo di
tempo Δt, la potenza erogata dalla pila è il lavoro L compiuto
sulla quantità di carica ΔQ, diviso per l’intervallo di tempo Δt:
P = L / Δt = ΔU / Δt = ΔQ ε / Δt = ε I
OSSERVAZIONE: Nel calcolo precedente abbiamo utilizzato la
definizione di intensità di corrente elettrica I = ΔQ / Δt. Ciò
significa che nell’intervallo di tempo Δt, una quantità di carica
ΔQ entra nella pila dal polo negativo e, poiché la corrente è
stazionaria, un’uguale quantità di carica ΔQ esce dal polo
positivo. Anche se non si tratta degli stessi portatori di carica,
dal punto di vista del bilancio energetico, nell’intervallo di tempo
Δt, una quantità di carica ΔQ ha visto la sua energia potenziale
aumentare di ΔU = L
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CORRENTE ED ENERGIA (12)
+
–
ε,r
I
b
R
a
Un circuito costituito da una pila e da un resistore (o resistenza).
Nella simbologia dei circuiti i tratti che collegano il polo positivo
della pila con il punto a, e il polo negativo con il punto b sono
privi di resistenza per cui tutti i punti di quei tratti sono allo stesso
potenziale. Si dice che gli elementi di questo circuito (la pila e la
resistenza) sono collegati in serie perché la stessa intensità di
corrente attraversa entrambi gli elementi
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CORRENTE ED ENERGIA (13)
Come abbiamo visto, tra i punti a e b vi è una caduta di
potenziale RI e l’energia acquistata dai portatori di carica viene
dissipata sotto forma di calore. La potenza dissipata è RI2.
Questo accade anche all’interno della pila. In altri termini anche
una pila ha un resistenza, detta resistenza interna della pila.
Se r è la resistenza interna della pila del circuito precedente, e
se la pila si comporta come un conduttore ohmico, la potenza
dissipata nella pila è rI2. Dal principio di conservazione
dell’energia, e dal fatto che la corrente è stazionaria, segue che
la potenza dissipata nel circuito (cioè nella resistenza e nella
pila) deve essere uguale alla potenza erogata dalla pila:
εI = RI2 + rI2
Da cui ricaviamo:
I = ε / (R+r)
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CORRENTE ED ENERGIA (14)
La formula precedente:
I = ε / (R+r)
Mette in relazione la f.e.m. con l’intensità di corrente quando la
pila è collegata in serie con una resistenza
Osserviamo che la differenza di potenziale tra i poli della pila è
uguale alla caduta di potenziale ai capi della resistenza:
ΔV = RI = ε R / (R+r) < ε
Quindi la d.d.p tra i poli di una pila è sempre inferiore alla sua
f.e.m. a causa della caduta di potenziale all’interno della pila
stessa dovuta alla resistenza interna
Solo se il circuito è aperto, cioè se i poli della pila non sono
collegati l’uno con l’altro (l’intensità di corrente è nulla) la d.d.p.
è uguale alla f.e.m.
Corso di Fisica per la Facoltà di Farmacia, Università “G. D’Annunzio”,
D’Annunzio”, Cosimo Del Gratta 2007
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