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DOSSO E BATTISTA DOSSI - Www Periodicoilfaro It
‐ LA GR A N DE MOSTRA DI TRENTO ‐
DOSSO E BATTISTA DOSSI
IL RINASCIMENTO ECCENTRICO
MIRAGGI CON RADICI NORDICHE
Trento
di Cataldo Greco
È arrivata, come tutti si aspettavano, alla sua
terza edizione il progetto "Di castello in
castello", che associa "arte e creatività" con
le risorse culturali e artistiche dei Castelli
Trentini: un invidiabile patrimonio da sempre
ammirato per la geniale amministrazione.
L'offerta si snoda fra rappresentazioni teatrali,
laboratori creativi e concerti facendo
riferimento alla "Rete Castelli del Trentino"
che calcola al suo attivo la partecipazione di
ventisei splendidi luoghi sparsi sull'intero
territorio provinciale.
Il Castello del Buonconsiglio
In unione agli eventi che vivacizzeranno l'estate
ai Castelli signoreggia la mostra: "Dosso e
Battista Dossi - Rinascimento eccentrico",
aperta al Castello del Buon Consiglio, che sarà
visitabile fino al 2 novembre dalle ore 10 alle
18, da martedì a domenica; in agosto è aperta
anche il lunedì. È curata da Francesco Farinella
con la collaborazione di Lia Camerlengo e
Francesca de Gramatica e ideata insieme ad
Antonio Natali, Direttore degli Uffizi, con un
catalogo della Collana del Museo fiorentino,
edito da Silvana.
L'allestimento è nelle stesse sale che videro
protagonista l'artista, accanto al fratello Battista
fra il 1531 e il 1532, nella decorazione del
Magno Palazzo voluta da Bernardo Cles.
Propone una trentina di tele che mettono a
"Apollo musico e Dafne", il quadro di Dosso
Dossi ospitato dalla Galleria Borghese e ora in
mostra al Castello del Buonconsiglio
1
confronto le opere di Dosso e Battista con i
"Giovane con canestra di fiori"
grandi maestri e segnano le fasi artistiche di
Dosso alla Corte di Alfonso d'Este a Ferrara, a
Mantova su commissione dei Gonzaga, a Pesaro
presso la Duchessa Eleonora d'Urbino fino
appunto a Trento chiamato al servizio del
Principe Cardinale Bernardo Cles. La mostra
disposta a Trento ricorda anche un legame
genealogico, la città del Concilio tridentino
diede i natali a Niccolò Lutteri padre di Dosso e
Battista, trasferitosi poi nel mantovano, a Villa
Dosso, da cui il nome del suo primogenito
battezzato come Giovanni Francesco e sul finire
del Quattrocento a Mirandola (Modena), dove un
giovanissimo Dosso iniziò un percorso formativo che lo
portò a conoscere i più grandi Maestri del Rinascimento e,
pertanto, una incredibile fonte di ispirazione. Da qui quelle radici
nordiche che si intravedono anche in certi dipinti per i quali, tuttavia, è stata certo più decisiva la
conoscenza delle incisioni di Dürer o di Luca di Leyda. Dagli inizi del Cinquecento divenne ben
presto il pittore favorito dei Duchi di Ferrara. L'occasione ci offre di poterlo ammirare in alcuni
capolavori celebri fra cui il "Giove pittore di farfalle" quadro enigmatico quanto "La Tempesta" del
Giorgione, la storia del dipinto, viene ricordato, conservato fino a qualche anno fa al
Kunsthistoriches Museum di Vienna, è attualmente custodito nel Castello del Wawel a Cracovia:
ha affascinato gli studiosi di tutto il mondo per la sua straordinaria qualità tecnica‐esecutiva e,
ovviamente, per il messaggio che cela. È altresì presente, il dipinto più conosciuto di Dosso, la
famosa "Circe o Melissa" della Galleria Borghese di Roma, l'opera dove la componente fantastica
ed esotica riporta lo spirito dell'Ariosto. Né potevano mancare i quattro dipinti conservati agli
Uffizi, dalla più nota "Fuga in Egitto" all' "Allegoria di Ercole", più conosciuta come la
"Bambocciata", all'"Apparizione della Madonna con i Santi Giovanni Battista e Giovanni
Evangelista" e l'animoso "Ritratto di una prestanza virile".
Ed eccoci, poi, di fronte al vero
incantamento di "Dosso più
Dosso, uguale: rinascimento
eccentrico". Eccentrico equivale
a "fuori di centro" e in
geometria è
una
figura
contenuta in un'altra, ma con un
centro diverso. Una descrizione
perfetta per Dosso e Battista
Dossi è proprio questa: uno
insieme all'altro nel lavoro e
nella vita, ma ognuno volto a un
fuoco diverso, in perenne
L'opera fondamentale di Dossi: "Giove pittore di farfalle"
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contrasto pur nella forzata unione della
loro esistenza. Il loro lavoro è specchio
nettissimo del loro momento cognitivo
e dell'ambiente in cui vissero; un
ecosistema che noi abbiamo incontrato
nello studio di quel tempo andato.
Sono stati dei fratelli molto diversi,
l'uno
dall'altro,
e
sempre
pericolosamente insieme nel dettato di
quelle loro particolari esigenze di vita.
Nella multiforme pittura di Dosso, un
Corpus di originalità, di eleganza e di
accostate
allegorie, emerge
"Sapiente con compasso e globo"
costantemente l'influenza dei grandi
maestri, specie quando si leggono richiami e rimembranze di tavolozza del Giorgione, tonalità e
trasparenza del Tiziano, ispirazioni dai dettami paesaggistici del Bellini, ma allo stesso tempo si
avverte l'alito del respiro di quelle magnifiche lezioni di Michelangelo e di Raffaello. L'immagine
guida della stupenda mostra è il favoloso Apollo della Galleria Borghese, che conosciamo come
"Apollo musico e Dafne". Apollo, dunque, coronato d'alloro, il torso nudo, in un paesaggio
fantastico sotto un cielo che fa presagire un temporale, tende in alto il braccio con l'archetto dello
strumento che regge con la mano sinistra, appena concluso il suo canto dolente per la perdita di
Dafne, vanamente inseguita. Un minuto fantasma che appare già lontano, mentre sta
tramutandosi in un alloro. Un quadro che aveva "intrigato" fin dalla giovinezza il grande maestro e
critico d'arte Roberto Longhi, che tuttavia leggeva nel «panneggio verde metallico buttato alla
rinfusa a coprir le gambe dell'Apollo, peggio che un grembiulone da ciabattino», un'aggiunta
"Allegoria mitologica"
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più tarda, non di Dosso. Che pure era maestro in
verdi smeraldo, oltre che in rossi cangianti e
dorature luminose di fogliami e riflessi che
sempre il Longhi descriveva come «un grottesco
del colore… una policromia ironica, vorticosa»,
effetti come di «un'aurora boreale, un miraggio».
E questa mostra ne offre un copioso campionario.
Mettendo a confronto le opere di Dosso e Battista
con i grandi maestri e questi magnifici dipinti
realizzati da Dosso nel corso della sua lunga e
fortunata carriera dialogano assieme con gli
affreschi di alcune sale firmati dall'artista e dal più
giovane fratello Battista. Al Castello del
Buonconsiglio, sempre su committenza del
Altre due creazioni dei fratelli Dossi
Principe Cardinale Bernardo Cles, Consigliere degli
Imperatori Massimiliano I e Carlo V, che aveva
coinvolto anche dei quasi coetanei di Dosso,
anche se allora di minor fama, come il bresciano
Romanino e il vicentino Fogolino, oggi, li
possiamo contemplare. Dal 1531 il Cardinale
Bernardo Cles aveva al lavoro nel suo Magno
Palazzo trentino in via di abbellimento i due
fratelli ferraresi Dossi, per conferire all'edificio un
tono "aggiornato ed elegante" ben diverso da
quello che avrebbero potuto rendere i pittori
locali. Oltre all'impronta in stile classico alla
romana, tanto gradito e vicino al gusto dell'epoca
e che a tal proposito i Dossi sapevano eguagliare
ammirevolmente assorbendone la bellezza dello
stile, ripeterlo ed esaltarlo con la stessa lucida eleganza che aveva contribuito a far stimare la
Corte Estense a tal punto da essere venerata. Si ritroveranno in Trento questi echi inevitabili di
quanto Ferrara portava fuori dai propri confini. Come aveva fatto Firenze al tempo di Leonardo,
una buona propaganda per Ferrara, la città degli Estensi, era quella di lasciar uscire
temporaneamente le sue "eccellenze" per averne un riscontro in termini di potere politico, di
prestigio e di gloria per l'illustre casato.
La malasorte abbattutasi, poi, sugli Estensi ha portato via da Ferrara quasi tutto quanto dipinsero.
Nell'elenco esposto a Trento, solo tre giungono da Ferrara. "Il Sapiente dell'antichità con il
libro", la "Agonia nell'orto" e il "San Giovanni Battista", il "Polittico Costabili con le sue
bellissime creazioni", recentemente esposto anche al Palazzo dei Diamanti, tutti patrimonio della
Pinacoteca Nazionale.
Grazie alla passione di Vincenzo Farinella, Curatore della Mostra che nutre per "la Ferrara Estense"
un fascino particolare ci permette di far rivivere l'intima essenza della cultura di allora, come è
chiaro nel suo studio (Firenze, Polistampa, 2007), su uno dei capolavori dosseschi, mai
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dimenticato, in mostra, il "Giove
pittore di farfalle". Anche nel caso
dei Dossi, come in gran parte del
Cinquecento ferrarese, si può parlare
di un estremismo culturale di intrecci,
così labirintico da disorientare ma,
soprattutto, da appassionare chiunque
per gli inevitabili spunti che offre al
fruitore.
Portare a Trento i due Dossi fu un bel
colpo, definita, infatti, "una vera
impresa", perché la loro bottega
produceva oggetti d'arte d'ogni tipo,
Il duca di Ferrara Alfonso I d'Este, committente dei fratelli
dossi
pitture ovviamente, ma anche
squisitezze per gli appartamenti e mille altri progetti, certo molti manufatti alla moda ferrarese,
tanto ricercata.
Non per nulla il Magno Palazzo è disseminato in più punti da richiami al Palazzo dei Diamanti che si
svelano nelle bugne a punta di diamante che ne ornano diverse sezioni esterne. L'interesse per
Ferrara, certamente, non è l'unico o il predominante nel ricco insieme decorativo dell'imponente
Castello del Buonconsiglio, declinato nei variegati e talvolta interessi culturali del Principe
Cardinale Bernardo Cles. Lo si vede, vi ha lasciato un'impronta incancellabile. I Dossi, non si è
dimenticato, rimasero fedeli a Ferrara: pur cercando di adattarsi ai desideri del Committente, che
voleva creare a Trento una piccola Roma anche perché, come si ricorderà, sperava, in verità ci
contava molto, un giorno di diventare Papa. I Dossi, lo si vede, persistettero nel loro più profondo
sentire, tanto da proporre in pittura nella montanara Trento i loro panorami padani e nebbiosi o le
mitologie amate dalla Corte Estense, popolata di dei olimpici e non da gnomi e fate tipici delle
leggende dolomitiche. Gli studiosi più disincantati rimpiangono però le acute stravaganze
dossesche, straferraresi, quasi esiliate nel Magno Palazzo: la normalizzazione alla romana voluta
dal Cles aveva spuntato molte
frecce nell'arco dei nostri
pittori,
è
palmare
confrontando quanto esiste
ancora a Trento per mano dei
Dossi, e le tele esposte in
questo evento, in molti casi
genuine quintessenze delle
particolari declinazioni del
Cinquecento ferrarese più
altamente
sovversivo
ed
eccentrico, mette appunto,
deliberatamente in mostra la
Un soffitto del Magno Palazzo decorato dai Dossi
creatività artistica degli Autori.
5
"LA FAMIGLIA DEI FRATELLI PENNELLI, MA ANCHE FRATELLI COLTELLI"
I fratelli Dossi sono anagraficamente di matrice ferrarese, il loro padre si chiamava Niccolò Luteri e
possedeva (è confermato da alcuni documenti) terreni in "Villa Dossi Vicariatus Quistelli". Zona che si
trova fra l'attuale San Giovanni del Dosso che resta in provincia di Mantova (gonzaghesca) e il Tramucchio
di Mirandola in provincia di Modena (estense). In questa storia concomitante di riappropriazione della
memoria non può non entrare il barone Leonardo di Cles, facoltoso vitivinicoltore nel trentino. Leonardo si
identifica come il noto pronipote di Bernardo Clesio, principe-vescovo di Trento e committente dei due
fratelli Dossi per i dipinti nel Castello del Buonconsiglio. Il barone è stato colui il quale ha chiarito (agli
storici-ricercatori) la questione geografica e famigliare precisando con i suoi scritti che Niccolò Luteri era un
trentino che sposò una possidente mantovana, Jacopina da Porto. Dall'unione nacquero due maschi a cui
fu imposto il nome del Patrono della Parrocchia, S.Giovanni e Battista.
Quello che più ha attirato sul Casato sono le ruggini di Famiglia anche se gli storici evitano di dar notizia di
quanto scritto da Girolamo Baruffaldi anche nelle sue "Vite dei pittori e scultori ferraresi" riguardo ai
rapporti personali fra Dosso e Battista Dossi. Secondo il Baruffaldi, una volta esploso il talento di Dosso, il
fratello tentò di emularlo, riuscendoci solo in parte, data la superiorità del maggiore. Battista «trasse dalla
nascita uno spirito torbido e contenzioso, molto invidioso, mentre Dosso era d'animo pacato e quieto
(altruista e generoso). Anche i loro corpi svelarono le differenze. Baruffaldi descrisse Dosso bello, con gli
occhi azzurri, colorito vivo ed aria allegra e cordiale, corpo proporzionato, mentre Battista era magro e
macilente di faccia, col naso schiacciato, esile [camuso], di barba rada, ma di molta capigliatura e tutta
rabbuffata, piccolo e curvo di statura e di spalle […], e ben gli si vedeva per di fuori trasparire quell'animo
cattivo (di invidioso), che lo riempiva». Il Duca di Ferrara non faceva differenze tra i due, anzi, li stimava
entrambi, ma Battista avrebbe voluto primeggiare. Si è scritto che non aveva il coraggio di rompere con
Dosso, perché Alfonso I li desiderava all'opera insieme. Elaborò quindi una serie di pesanti dispetti per
innervosire Dosso. Si raccontava, mentre dipingevano insieme il Castello Estense, smisero di parlarsi e
addirittura scrivevano istruzioni l'uno per l'altro sui muri da affrescare. Collera, amarezza ed invidia di
Battista, e di contro la tolleranza, il bene e la magnanimità di Dosso, sempre pronto a perdonare e fare
l'ingenuo e facendo finta di non capire.
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