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“Questo è la morte, oltre alla mancanza di chi non c
Arte e cultura
Il 25° Rapallo Carige a Daria Bignardi
con “Non vi lascerò orfani”
di Pier Antonio Zannoni
“Questo è la morte, oltre alla mancanza di chi non c’è più:
è la vita, con tutti i suoi ricordi. E amore. Tutto l’amore
che chi se ne va ci ha dato, buono o cattivo che sia stato…”.
Prende lo spunto da una morte, quella della madre, per
raccontare la vita ed esaltare l’amore il primo romanzo
di Daria Bignardi “Non vi lascerò orfani” (Mondadori): un
libro che mette a nudo sentimenti e legami familiari, che
scava nella memoria e nella storia, tra commozione, malinconia e un pizzico d’ironia, alla ricerca delle radici e
di una sofferta identità.
Daria Bignardi, giornalista, volto noto della tv, autrice e conduttrice di programmi televisivi come “Le invasioni barbariche” e “L’era glaciale”, con questo romanzo ha vinto
la venticinquesima edizione del Premio “Rapallo Carige”
per la donna scrittrice: un’affermazione importante, nell’anno in cui il Premio ha festeggiato il suo primo quarto
di secolo, tanto più se si considera che i volumi partecipanti erano 94, una trentina dei quali opere prime.
La Giuria dei critici, presieduta da Leone Piccioni, ha privilegiato queste ultime (per le quali, peraltro, è previsto
un premio a sé stante) inserendone due nella “terna finale”: il romanzo di Daria Bignardi e quello di Dunja Badnjevic “L’isola nuda” (Bollati Boringhieri). La scrittrice serba, da 40 anni in Italia, ha dedicato il libro alla memoria del padre, internato nel famigerato gulag jugoslavo di
Goli Otok o “Isola nuda”, dopo lo “strappo” di Tito con
Stalin nel 1948.
A fronte
La vincitrice Daria Bignardi e l’on. dott. Alessandro Scajola Vice
Presidente Carige.
Il Prefetto di Genova dott. Anna Maria Cancellieri consegna la medaglia
del Presidente della Repubblica alla vincitrice. A sinistra l’avv. Mentore
Campodonico Sindaco di Rapallo e a destra il giornalista Pier Antonio
Zannoni.
Nella votazione congiunta delle due giurie, “tecnica” e
“popolare”, Daria Bignardi ha ottenuto 26 voti, Dunja
Badnjevic si è fermata a 20, uno in meno di Paola Capriolo, l’altra finalista, scrittrice affermata, già premiata
due volte a Rapallo: nel 1990 con il riconoscimento principale per il romanzo “Il nocchiero” (Feltrinelli), nel 1995
con il premio speciale della Giuria per il romanzo “La spettatrice” (Bompiani).
Quest’anno Paola Capriolo era in lizza con il romanzo “Il
pianista muto” (Bompiani) che rielabora la vicenda, apparsa sui giornali, del giovane smemorato, abile pianista,
rinvenuto senza documenti nella primavera del 2005 in
una località del Kent, in Inghilterra.
Il premio “opera prima” è andato a Marella Caracciolo
Chia per il volume “Una parentesi luminosa” (Adelphi),
dedicato all’amore segreto tra la principessa romana Vittoria Colonna e il pittore futurista Umberto Boccioni: un
amore esploso nell’estate del 1916, la stessa della morte dell’artista.
Il premio speciale della giuria è stato assegnato a Simonetta Agnello Hornby per il romanzo “Vento scomposto”
(Feltrinelli) che racconta la storia drammatica di una famiglia borghese alle prese con un’accusa infamante di
pedofilia e violenza domestica a carico del padre.
Per i suoi venticinque anni, il Premio “Rapallo Carige”
ha allargato i suoi confini attribuendo un riconoscimento internazionale alla scrittrice spagnola Almudena Grandes, che esordì con il romanzo “Le età di Lulù” e recentemente ha dominato a lungo le classifiche del suo Paese con “Cuore di ghiaccio”, pubblicato in Italia da Guanda: un romanzo che scava nel passato recente della Spa-
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Il dott. Gianfranco Bonetto Presidente della
Corte d’Appello di Genova e l’on. Luigi Grillo
si congratulano con Paola Capriolo, seconda
classificata.
In basso: Dunja Badnjevic, terza classificata,
con il Procuratore Generale della Repubblica
di Genova avv. Luciano Di Noto
e il Consigliere della Regione Liguria
Giovanni Macchiavello.
gna a partire dalla guerra civile degli annl 1936-39, attraverso le vicende di due emblematiche famiglie.
La cerimonia conclusiva si è svolta il 20 giugno a Rapallo,
nel giardino di villa Tigullio. Ha presentato Livia Azzariti. Hanno letto alcuni brani delle opere premiate gli attori Enzo Decaro, Laura Lattuada e Monica Guerritore, madrina della
serata. Ha partecipato la cantante-attrice Tosca.
Ritorniamo a Daria Bignardi e al suo romanzo. Abbiamo rivolto alcune domande alla scrittrice – giornalista, più
abituata a intervistare che ad essere intervistata.
- Cominciamo dal titolo, “Non vi lascerò orfani”. Che cosa significa e perché lo hai scelto.
“Ho letto casualmente queste parole, lo scorso anno, su
una lapide del cimitero monumentale di Milano. Le pronuncia Gesù, nel vangelo di Giovanni, rivolgendosi agli
apostoli durante l’ultima cena. Le ho trovate straordinarie, in sintonia con il mio stato d’animo. Perché non mi
sento orfana dopo la morte dei miei genitori. Mio padre
è mancato quando avevo 23 anni, mia madre nella primavera del 2008. Io però continuo a considerarli vivi per
tutto l’affetto che mi hanno lasciato. Spero che la stessa cosa possa accadere ai miei figli, Ludovico ed Emilia,
quando non ci sarò più”.
- Sulla copertina del libro sono raffigurate tre mele. Che
cosa rappresentano?
“La semplicità dei miei affetti più cari: tre, ovvero i miei
genitori e mia sorella Donatella, o anche mio marito Luca e i mei figli. Nelle pagine interne del libro ho riportato una fotografia in bianco e nero che mi è molto cara.
La scattò mio padre a Castel San Pietro, il paese d’origine dei miei, nel 1951, dieci anni prima che io nascessi.
Si vede al centro mia madre con in braccio mia sorella,
attorniata da diversi parenti del ramo paterno”.
- Da dove è nata l’idea di scrivere questo libro?
“Dal dolore e dal senso di smarrimento che ho provato
quando ho perso mia madre, con la quale avevo un rapporto difficile, conflittuale, ma intenso, viscerale. Ho voluto mettere ordine nel groviglio dei miei sentimenti parlando di noi, ricostruendo la genealogia della mia famiglia, ripercorrendo il cammino della mia vita. Credo che
A fronte
La scrittrice spagnola Almudena Grandes,
cui è stato attribuito un riconoscimento
internazionale per i 25 anni del Premio
“Rapallo Carige”, riceve le congratulazioni
dal Direttore Centrale Carige Riccio
Da Passano alla presenza del Vice Sindaco
di Rapallo dott. Roberto Di Antonio
e del Presidente della Provincia di Genova
dott. Alessandro Repetto.
In basso
Il Premio Speciale della Giuria è stato
assegnato alla scrittrice Simonetta Agnello
Hornby, qui con l’on. Michele Scandroglio.
L’on. Sandro Biasotti consegna il Premio
Opera Prima a Marella Caracciolo Chia.
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questo libro fosse da tempo latente dentro di me”.
- Nel romanzo le donne sono in primo piano, prevale la
linea matriarcale.
“Fino ad un certo punto. La figura più positiva, in fondo, è mio padre: buono, gentile, lavoratore, per niente
intrigante. Però indipendente, uno che amava farsi i fatti suoi. E cocciuto: non accettava consigli sull’abbigliamento. Devo star commodo (con due emme), diceva, devo andare nelle stalle (faceva il rappresentante di mangimi). Le donne, mia madre e le zie, invece, sono più autoritarie, più battagliere, più rompiscatole”.
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- Il personaggio centrale è comunque tua madre.
“Con lei ho avuto un rapporto insostituibile, un dialogo
che continua. A cinque dalla sua morte, non ho ancora smesso di litigare con mia madre, mi disse una volta la compianta scrittrice Gina Lagorio. Questo vale anche per me, dopo un anno e mezzo, ma solo in parte,
perché negli ultimi tempi la nostra conflittualità si era affievolita: lei era diventata più dolce, io più comprensiva. Scrivendo il libro ho scoperto che da giovane mia madre era una ragazza solare, allegra, piena di amiche, vibrante di emozioni, sogni e speranze; del tutto diversa
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dalla donna ansiosa, pessimista e sempre preoccupata
che ho conosciuto”.
- Sono importanti anche i luoghi della tua infanzia.
“Certo, principalmente Castel San Pietro, dove trascorrevo le estati e mi sentivo, solo lì, a casa mia. Oggi vivo
a Milano e apprezzo Ferrara, dove sono nata e cresciuta, ma allora, in famiglia, la consideravamo una città estranea, ci sentivamo esuli”.
- Il romanzo è una sorta di saga familiare che parte dalla seconda metà dell’Ottocento, con tanti personaggi.
“Ho fatto una ricerca sui due rami della famiglia: i Bignardi che mia madre (inserendomi fra loro) definiva
beschtie ed egoischti!, con la sc e il punto esclamativo
finale e i Bianchi (ai quali, secondo lei, apparteneva mia
sorella) che considerava invece buoni d’animo. Ho verificato fatti, curiosità e leggende familiari, districandomi
fra figure diverse: addirittura un santo, san Gabriele dell’Addolorata, morto a 24 anni nel 1862, che era zio della bisnonna materna Francesca Possenti; e un poeta, Corrado Govoni, scomparso nel 1965, che era cugino del nonno Dante Bignardi, al quale era intitolata la mia scuola
elementare. Un santo e un poeta, dunque, senza dimenticare i parenti emigrati in America, i nonni repubblicani, i genitori fascisti legati alla monarchia, la guerra d’Etiopia di mio padre, l’occupazione dei tedeschi nella casa di Castel San Pietro durante la guerra: credo di avere scritto la storia di una tipica famiglia italiana”.
- “Non vi lascerò orfani” ha avuto un grande successo:
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10 edizioni esaurite in pochi mesi, 100.000 copie vendute, i diritti acquisiti per la Spagna, la Germania, l’Albania. E siamo solo agli inizi. È il tuo primo romanzo. Resterà l’unico?
“Non credo. Con questa esperienza mi si è aperto un mondo nuovo, che non conoscevo. Finora, a parte un racconto di otto pagine partorito quando avevo sette anni (s’intitolava “Illusioni perdute”, parlava di due fidanzati che
s’incontrano a Londra per lasciarsi) avevo scritto solo per
lavoro. Il romanzo sta suscitando l’interesse di numerosi lettori, che mi inviano lettere e messaggi e questo mi
procura una particolare emozione. Con il mio carattere
schivo sono forse più portata per la scrittura che per la
televisione, che mi obbliga a esercitare violenza su me
stessa e da un po’ di tempo mi procura molta fatica. Io
non amo mettermi in mostra. In tv sono arrivata relativamente tardi, a 32 anni. Prima facevo la giornalista della
carta stampata. Ora sto riflettendo. Vedremo”.
- Per concludere. Qual’è il pensiero principale che hai voluto esprimere con il tuo libro?
“Che l’unica cosa che conta nella vita è l’amore, che possiamo dare a chi ce lo chiede, siano i genitori, i figli, i
nonni o la prima persona che incontriamo per strada. A
volte basta poco per fare felici gli altri, soprattutto gli anziani: un gesto, una telefonata, un ricordo. È sempre meglio dare, anche in maniera sbagliata, che non dare. L’assenza d’amore è egoismo, è solitudine. L’amore dà un senso alla nostra vita e non ci lascia orfani”.
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A fronte
Le vincitrici.
A fianco
L’attore Enzo Decaro.
In centro
L’attrice Monica Guerritore, madrina
del “Premio” mentre legge un brano.
L’attrice Laura Lattuada.
In basso
Livia Azzariti presentatrice “storica”
del Premio Letterario.
Ospite la cantante Tosca.
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