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Il riso - Croce del Sud
UN'ALTRA GLOBALIZZAZIONE IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE E' A FIANCO DI TUTTI I PICCOLI PRODUTTORI DEL MONDO, CONTADINI ED ARTIGIANI. IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE VUOLE GLOBALIZZARE I DIRITTI. IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE PROTEGGE LA TERRA E GLI ANIMALI IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE TUTELA I CONSUMATORI IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE INVESTE SULLA QUALITA' DEL LAVORO IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE INVESTE SULLA SANITA' E SULLA SCUOLA IL COMMERCIO EQUO PROMUOVE LA COOPERAZIONE IL COMMERCIO EQUO E' UNA PROPOSTA PRATICABILE E NON UTOPIA IL COMMERCIO EQUO CI PORTA I PRODOTTI DAL SUD DEL MONDO SENZA IMPOVERIRLO Cereale antichissimo, da sempre alla base dell’alimentazione e della cultura di più della metà della popolazione terrestre, il riso è letteralmente, dal sanscrito, “ciò che sostiene l’umanità” Il riso (Oryza sativa) è un prodotto fondamentale dell’alimentazione umana, soprattutto per le popolazioni indocinesi che ne consumano 100-170 kg all’anno pro capite. In Europa ed in America del Nord i consumi sono limitati (4-6 kg pro capite).Il riso è l’alimento base di oltre metà della popolazione mondiale e rappresenta il 20 per cento dell’apporto nutritivo totale. In Asia, oltre due miliardi di persone traggono il 60/70 per cento del loro apporto energetico quotidiano dal riso e dai prodotti da esso derivati. Nel mondo, circa l’80 per cento del riso è prodotto a livello di piccoli contadini. È per lo più consumato localmente, anche se è in aumento il suo commercio a livello internazionale. La risicoltura, inoltre, sostiene una grande quantità di piante e di animali, che a loro volta aiutano ad integrare diete e redditi Il riso appartiene alla famiglia delle graminacee (gramen deriva dal latino e significa erba) come il grano, il mais, l'orzo,la segale,ecc.... Il riso è una pianta erbacea annuale di origine asiatica, cresceva già diecimila anni fa nelle paludi asiatiche ed africane e i primi uomini lo raccoglievano allo stato selvatico. Si distinguono due specie: Oryza sativa e Oryza glaberrima. L' Oryza sativa costituisce la stragrande maggioranza in quanto coltivata su circa il 95% della superficie mondiale di riso. Oryza glaberrima è coltivata in Africa. L'oryza sativa ha tre sottospecie: Indica, tipica dei climi tropicali, alto valore di mercato, cariosside(chicco) lunga e sottile, Japonica, tipica dei climi temperati, produttività alta, cariosside(chicco)corta e arrotondata, basso valore di mercato, Javanica, di minore importanza. Dalla sottospecie Japonica si ricavano 4 tipologie di riso: 1) Comune: chicco piccolo e tondeggiante, adatto alla preparazione di minestre in brodo, timballi e dolci. 2) Semifino: chicco tondo e semilungo 3) Fino: chicco lungo e semiaffusolato, ideale per minestroni 4) Superfino: chicco molto lungo e grosso, indicato per insalate e piatti come la paiella, Le radici sono importanti per l’assorbimento dell’acqua, delle sostanze nutritive e per il sostegno della pianta. Nel riso esiste un parenchima(tessuto vegetale dotato di ampi spazi tra le cellule) aerifero che consente alla pianta di vivere sommersa nell'acqua, l'aria dalle foglie raggiunge tutte le parti della pianta. arista: baffo del chicco (si chiama così quando è appena raccolto) viene asportato durante la lavorazione. Glumelle o lolla Le glumelle o lolla che ricoprono il chicco di riso Cariosside o seme o granella o chicco di riso integrale: è ciò che mangiamo e che rimane dopo la sbramatura, la prima lavorazione del riso che elimina la lolla. Il chicco -o cariosside- è contemporaneamente il frutto ed il seme della pianta Il riso non è una pianta acquatica vera e propria, ma viene coltivato nell’acqua poiché soffre moltissimo per gli sbalzi di temperatura. La continua irrigazione che viene praticata nelle risaie ha appunto lo scopo di mantenere la pianta a una costante temperatura intorno ai 20-22 gradi. La coltivazione del riso avviene in quattro fasi: 1° fase: tra l'inverno e la primavera è necessario preparare il terreno con l'aratura e la concimazione. ITALIA ASIA 2° fase: grazie a un complesso sistema di canali si provvede all'inondazione dei campi. CINA ITALIA RISAIE VERCELLI RISAIE VERCELLI ITALIA INDOCINA 3° fase: la semina viene effettuata in aprile con macchine seminatrici, trainate da trattori muniti di particolari ruote dentate di ferro. Dopo la semina la risaia viene lasciata sommersa. In pochi giorni nascono le piantine. Ai primi di giugno comincia l'operazione di monda, cioè l'estirpazione delle erbe infestanti.I metodi di lotta possono essere ecologici, meccanici e chimici, ovvero implicare l'uso di diserbanti ed erbicidi. ITALIA MONDINE 1927 INDIA MONDINE 2012 ITALIA AFRICA 4° fase: tra settembre e ottobre,la risaia è stata prosciugata, viene effettuata la raccolta del riso con macchine mietitrebbiatrici che entrano nella risaia e con grande rapidità tagliano gli steli, raccolgono le spighe, tolgono loro tutti i granelli versandoli nell'apposito serbatoio, dal quale verranno trasferiti, attraverso carri, ai silos dell'essiccazione. L'essiccatoio è l'impianto a cui compete la funzione di ridurre l'umidità del chicco, affinchè si conservi a lungo senza ammuffire nè alterarsi. Il riso venduto non deve avere, per legge, un tasso di umidità superiore al 15%. Il greggio essiccato viene conservato in silos fino alla vendita, viene chiamato risone e senza essere lavorato, non è commestibile per la presenza della lolla che ricopre il chicco. COLTIVAZIONE DEL RISO IN KENIA LAVORAZIONE DEL RISO Prima fase di lavorazione: pulitura e sbramatura Il processo industriale di trasformazione del riso greggio(risone) in riso commestibile, ha inizio con la pulitura del prodotto da ogni genere d’impurità quali paglia, sassi, terriccio, semi estranei, ecc.; questa operazione viene svolta da un apposito macchinario denominato tarara (funziona con getti di aria che attraversano il cereale e per effetto di gravità separano le parti più leggere dalle parti più pesanti: i chicchi). Si procede quindi alla sbramatura, lo SBRAMINO è dotato di due decorticatori (rulli di gomma) che, girando a velocità diverse per sfregamento, sbucciano il risone separando il chicco dalla lolla, ottenendo quello che viene comunemente conosciuto come riso integrale o semigreggio. Questa operazione è molto delicata in quanto deve essere svolta in modo da non fratturare il riso, che in questa fase risulta essere ancora fragile Al termine di questa prima fase di lavorazione otteniamo: Riso integrale o semilavorato= ottimo alimento che mantiene tutte le proprietà nutritive del riso. La conservazione prolungata di questo tipo di riso, può avvenire esclusivamente sottovuoto o a basse temperature, in ragione dell’alta degradabilità degli elementi lipidici e proteici di cui sono composti il pericarpo e gli strati aleuronici non asportati in questa prima fase Lolla= cuticole che coprono il chicco di riso, di colore giallo-marrone.Leggerissima, somigliante ad un insieme di piccoli gusci vuoti. Molto abrasiva a causa del silicio che contiene. Viene usata in giardinaggio come pacciame e, soprattutto nelle zone a vocazione risicola, come fondo per la lettiera degli animali da stalla come bovini, cavalli oppure negli avicoli come i tacchini. La lolla è utilizzata come combustibile in impianti di cogenerazione, spesso all'interno delle stesse riserie. Le ceneri trovano poi utilizzo nella produzione di cemento o per la fabbricazione di refrattari per l'industria siderurgica Grana verde= chicchi non maturi e/o più piccoli, utilizzati in particolar modo nella industria zootecnica ed ottenuto per calibratura con appositi setacci a finestrella Seconda fase di lavorazione: sbiancatura e selezione La sbiancatura, consiste nell’asportazione di pula, farinaccio e gemma dal riso semigreggio(riso integrale) mediante l’utilizzo di macchinari chiamati appunto sbiancatrici. Il funzionamento di dette macchine è il seguente: il riso viene introdotto nell’intercapedine tra i due coni concentrici (quello interno rotante e dotato di superficie abrasiva), di cui la sbiancatrice è composta; al semigreggio vengono dunque asportate, per sfregamento, gemma e pula; con ulteriori passaggi viene eliminato anche il farinaccio. A questo punto si rende necessario separare ulteriormente il prodotto ottenuto dalle cosiddette "rotture" mediante separatori alveolari. Con la separazione ottica si ha un’ulteriore raffinazione del riso in base al colore dei chicchi: il riso giunge all’esame di cellule fotoelettriche, le quali individuano i chicchi di colore diverso dallo standard predefinito; a questo punto attraverso un soffio d’aria compressa azionato automaticamente i chicchi "macchiati" vengono eliminati. I difetti di colorazione spesso sono prodotti durante le operazioni di lavorazione; in particolar modo il calore sprigionato provoca il cosiddetto fenomeno del "peck". Tutti i chicchi difettosi sono destinati ad uso zootecnico. L’ultima fase è quella del confezionamento nei diversi tipi di imballaggi. Al termine di questa fase di lavorazione (sbiancatura) otteniamo: Riso bianco= destinato all'alimentazione umana Grani rotti o macchiati= destinati ad uso zootecnico Pula = forma farinosa di colore avorio, molto grassa ed oleosa, pesante: al tatto sembra talco. Non contiene componenti abrasivi. Utilizzata per l'alimentazione degli animali, per produrre olio di riso da utilizzare in campo cosmetico,ecc.. Farinaccio di riso= destinato alla alimentazione di bovini e suini Cosa si ottiene dal riso: 1) il riso come semplice alimento 2) il latte di riso. Attraverso un accurato processo di lavorazione di chicchi altamente selezionati, fatti germogliare, macinati, stemperati in acqua e filtrati 3) il caffè di riso. Riso tostato e macinato 4) l'olio di riso.L'olio di riso è estratto dal pericarpo e dal germe del riso 5) la birra di riso 6) mangimi per uso animale 7) componenti per prodotti cosmetici. Dall'amido estratto dai chicchi rotti 8) lettiere per allevamento di animali. Dalla lolla 9) combustibile. Dalla lolla 10) componenti per cemento e mattoni refrattari. Dalla lolla Altre lavorazioni che migliorano l'aspetto estetico ma peggiorano gli aspetti nutrizionali: La lucidatura, compiuta in macchinari simili alle sbiancatrici ma con coni rivestiti da strisce di cuoio, che ha lo scopo di rendere il chicco più bianco e levigato. Il riso così ottenuto è noto come lavorato o raffinato. La brillatura, che prevede un trattamento con talco o glucosio, che fornisce il riso brillato, bianco e traslucido. L'oliatura, in cui si ricopre il riso raffinato con un sottile strato di olio di lino o vaselina; il riso così ottenuto è anche detto camolino. Il riso indica Altromercato proviene dall'Ecuador dove è raccolto e mondato con sistemi mauali da gruppi di piccoli produttori. Chicco lungo e sottile, adatto per insalate e cottura pilaf Il riso rosso Altromercato cresce in Thailandia nei terreni scarsi d’acqua, ove null’altro cresce. Biologico ed integrale ha sapore dolce e una volta cotto, si conserva per più giorni. Da coltivazione biologica. Considerato tra i più pregiati in Thailandia, è ottimo se cucinato con verdure o pesce e servito assieme a spezie ed erbe aromatiche. Il riso basmati è caratterizzato da un chicco sottile ed allungato, che in cottura raddoppia le dimensioni, è particolarmente apprezzato anche per il profumo intensissimo. Proviene dal Nord dell’India dove è coltivato e raccolto da famiglie di contadini proprietari di piccoli appezzamenti di terreno Il chicco contiene il germe intero e la crusca (buccia) che sono le parti più nutritive. I caratteristici chicchi allungati sono molto ricchi di amidi e fibra e la pellicola che lo ricopre richiede più tempo per assorbire l’acqua in cottura Con il termine "alimentazione mediterranea", si intende il regime alimentare tradizionale delle popolazioni residenti nel bacino del Mediterraneo, a base principalmente di prodotti di origine vegetale,quali cereali, legumi, ortaggi, frutta ed olio, in particolare olio di oliva; negli anni sessanta, estesi studi di tipo epidemiologico, effettuati dal ricercatore americano Ancel Keys, hanno dimostrato come tale modello alimentare presenti un'azione protettiva nei confronti delle cosiddette "patologie del benessere" (quali sovrappeso ed obesità, diabete, patologie cardiovascolari, particolari tipi di tumore). Quando si parla di alimentazione mediterranea, l'associazione con la pasta come alimento simbolo di questa particolare alimentazione è ormai divenuta automatica è necessario puntualizzare, tuttavia, che l'elevata quota di carboidrati complessi che caratterizza questo tipo di dieta non deve riferirsi esclusivamente alla pasta, ma anche al riso, il quale trova un suo posto nella tradizione culinaria meridionale. Il consumo di riso deve essere incoraggiato in quanto esso rientra fra quegli alimenti che, se assunti con regolarità nell'ambito di un'alimentazione di tipo mediterraneo, possono essere di grande aiuto nel mantenere, promuovere e/o recuperare un buono stato di benessere psico-fisico; al riso infatti spetta, tra gli alimenti, un posto del tutto particolare: esso è non soltanto un ottimo alimento sano e nutriente, ma anche, nello stesso tempo, un vero e proprio prodotto dietetico offerto dalla natura. Tale posizione gli è stata da sempre riconosciuta in medicina per numerosi motivi, presupposti che, una volta, erano empirici, ma che oggi la moderna scienza dell'alimentazione ha potuto dimostrare mediante rigorose ricerche scientifiche. LE VIRTU' DEL RISO Risulta, quindi, importante porre l'attenzione sulla particolare composizione nutrizionale del riso, sottolineando le qualità dietetiche che questo alimento ha dimostrato di possedere. Fra le positive caratteristiche che il riso possiede, ricordiamo anzitutto la sua elevata digeribilità, superiore a qualsiasi altro farinaceo, pasta compresa: la frazione glucidica del riso costituita dall'amido si presenta, infatti, sotto forma di granuli con dimensioni molto piccole (2-10 micron), ed inoltre il rapporto fra la le due componenti dell'amido (la lineare -l'amilosio- e la ramificata -l'amilopectina-, che ne condizionano la digeribilità e l'assorbimento), è a favore dell'amilopectina, che risulta essere più facilmente aggredibile dagli enzimi amilolitici e, quindi, più facilmente digeribile. A tale digeribilità, si associa l'elevato assorbimento a livello intestinale dei nutrienti contenuti nel riso; infatti, gli enzimi salivari (quelli dell'orletto a spazzola intestinale e quelli pancreatici) sono in grado di scomporre l'amido nelle sue componenti (amilosio ed amilo-pectine e, rispettivamente, maltosio e alfadestrine), nutrienti totalmente assorbibili a livello dell'intestino tenue. Alla componente glucidica del riso, si deve anche un effetto regolatore sulla flora intestinale, in quanto una dieta prevalentemente a base di riso seleziona batteri di tipo fermentativo, i quali conferiscono una resistenza alla colonizzazione intestinale da parte di patogeni; questa peculiare caratteristica ha portato i medici, tra Ottocento e Novecento, ad attribuire al riso una caratteristica dietoterapia, importante per la cura delle affezioni flogistiche intestinali, tanto che ancora oggi molti ricordano il "riso in bianco" prescritto dal medico come terapia in caso di patologie a carico dell'apparato gastroenterico. Per quanto riguarda la frazione proteica contenuta nel riso, è importante sottolineare come le proteine del riso posseggano una migliore composizione aminoacidica rispetto agli altri cereali, grazie alla presenza dell'aminoacido lisina, definito essenziale in quanto l'organismo umano non è in grado di sintetizzarlo autonomamente, che deve necessariamente essere introdotto mediante l'alimentazione, e questo assegna alle proteine del riso il valore biologico più alto tra i vari cereali; inoltre, un altro aspetto da ricordare è che le proteine del riso non contengono quelle frazioni gliadiniche e gluteniniche, tipiche dei frumenti duri e teneri, che consentono la formazione del glutine, ma che in molti casi provocano gravi intolleranze alimentari (ad es. il morbo celiaco). Anche prendendo in considerazione la componente lipidica presente nel riso, si evince quanto questo alimento sia particolare nella sua composizione; infatti, nel riso predominano gli acidi grassi essenziali (definiti essenziali in quanto la loro presenza nell'organismo umano dipende esclusivamente dall'apporto dietetico) della serie 18:2, n-6 (acido linoleico, 29-42 %) e della serie 18:3, n-3 (acido linolenico, 0.8-1 %). Questi acidi grassi essenziali sono costituenti fondamentali dei fosfolipidi di tutte le membrane cellulari e sono quindi indispensabili allo svolgimento delle normali funzioni di tutti i tessuti ed organi; una dieta a base di riso fornisce quindi quantità sufficienti di acidi grassi essenziali, permettendo il fisiologico svolgimento di tutte le reazioni metaboliche cellulari. Per quanto riguarda il contenuto in sali minerali del riso, sottolineiamo il positivo rapporto esistente fra sodio e potassio: il basso contenuto in sodio (5 milligrammi in 100 grammi di alimento) e, viceversa, l'elevato contenuto in potassio (92 milligrammi per 100 grammi di alimento) rappresentano infatti una caratteristica positiva di questo alimento; grazie a questo suo scarso contenuto in sodio, ricordiamo che il riso ha costituito il pilastro, in un passato non tanto lontano, di un intervento dietoterapico particolare molto efficace, la dieta di Kempner, a base di riso bollito senza sale, indicata nella ipertensione arteriosa essenziale, quando non soltanto i prodotti dietetici ma anche molti dei farmaci attuali erano di là da venire. In relazione al contenuto in microelementi presenti nel riso, spiccano le notevoli quantità sia di selenio che di silicio. Ricordiamo che il selenio è una delle più potenti molecole antiossidanti che l'organismo umano ha a disposizione per contrastare i danni provocati dai radicali liberi, i quali sono molecole che si formano durante le fisiologiche reazioni che avvengono nell'organismo oppure per effetto delle aggressioni da parte dell'ambiente esterno; i radicali liberi sono molecole instabili ad elevata reattività che possono assumere ruoli patogenetici ad importante risvolto clinico. Per quanto riguarda il silicio, sottolineiamo che questo microelemento, da poco tempo considerato come oligoelemento essenziale per l'uomo, ha attirato l'attenzione a causa della sua capacità di stimolare le cellule osteopoietiche (è infatti presente in elevate concentrazioni negli osteoblasti) e per il suo ruolo nella formazione della sostanza fondamentale dei tessuti connettivi, poiché è necessario per la formazione del collagene e dell'elastina (proteine che, rispettivamente, conferiscono ai tessuti connettivi le loro proprietà contrattile ed elastiche). Un'altra caratteristica peculiare che distingue il riso dagli altri alimenti è il fatto che il passaggio dal campo alla tavola è lineare e veloce: infatti, il procedimento tecnologico che precede il consumo è estremamente semplice: dopo sbramatura e raffinazione, viene generalmente servito tal quale dopo la sola bollitura e quindi la semplice filiera produttiva che porta il riso sulle nostre tavole non permette che possano avvenire sofisticazioni di tale alimento. Il fatto poi che il riso per alimentazione umana debba essere consumato esclusivamente cotto lo rende un alimento igienicamente sicuro, purché, ovviamente, tra la cottura e l'utilizzo non trascorra molto tempo e non avvenga, quindi, la contaminazione con un particolare agente patogeno causa di tossinfezioni alimentari: il Bacillus cereus, presente nel suolo e nella pèolvere. Le positive caratteristiche sopra sottolineate che il riso possiede, sia da un punto di vista delle caratteristiche nutrizionali che sotto l'aspetto della sicurezza igienico-sanitaria, ne devono incoraggiare il consumo anche in considerazione del fatto che le ricerche scientifiche, che vengono attualmente condotte sul riso, stanno portando alla luce altre nuove, importanti e positive caratteristiche di questo alimento; ricordiamo, infatti, che numerosi studi giapponesi hanno dimostrato che una particolare frazione peptidica isolata dalla glutenina del riso e dalla prolamina del riso (definiti peptidi bioattivi ) presenterebbe una spiccata attività antipertensiva; si è, attualmente, alla ricerca della possibilità di utilizzare questi peptidi a scopo farmacologico. Ricordiamo inoltre che la crusca del riso, oltre ai componenti fibrosi, contiene anche gammaoryzanolo, (un fitosterolo non saponificabile); è stato dimostrato che l'assunzione di gammaoryzanolo determina una riduzione dei livelli sierici di colesterolo totale, colesterolo LDL, Apolipoproteina B e trigliceridi (ricordiamo che valori elevati di questi composti rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di patologie cardiovascolari), ed inoltre riduce il rischio aterogenico, migliorando significativamente il rapporto colesterolo LDL/HDL e ApoB/ApoA. Riso interale Riso bianco Qual è il contenuto del riso? E’ ricco di sali minerali e vitamine (in particolare quelle del Gruppo B). Non esiste soltanto il classico riso bianco. Nelle diete sarebbe infatti da preferire quello integrale: è meno raffinato e proprio per questo motivo trattiene più sostanze nutritive. Sono molti i prodotti che hanno come base il riso. Ne è un esempio la pasta di riso, che viene usata soprattutto dai celiaci che come ben sappiamo devono astenersi dal mangiare il glutine. Possiamo trovare poi il latte di riso, consumato soprattutto da chi non può bere il latte comune. E’ una bevanda molto leggera, energetica e completamente vegetale. Il riso viene usato anche in cosmesi. Negli ultimi anni si sta assistendo ad un boom crescente di prodotti che sfruttano l’amido del riso e creano utilissimi prodotti particolarmente indicati per combattere l’invecchiamento della pelle. Un discorso a parte va fatto per il riso rosso fermentato, che contiene fitosteroli e che stando a diverse e recenti ricerche sarebbe un ottimo rimedio per ridurre i livelli di colesterolo presente nel sangue. IL RISO E LA SUA STORIA Ideogramma cinese per RISO Cariossidi di riso Pakistan 2.000 A.C. E' certo che il riso è nato in Estremo Oriente. Riso è una parola di origine indiana e deriva dal termine "arisi" o “aribi". In sanscrito è “wrihi”, in iranico “brizi”, in Persia “birinj”, in Afghanistan “vrize” e nell'antica Illiria “oryz” o “oliyra”. In Cina l'antico nome era “Tao-Gu” e “Tave-Odori” era la danza con cui si festeggiava la solennità del trapianto del riso. Il riso cotto era detto “Fan”. Sofocle, nel V a.C. chiama orinda o oryza (ορύζα) il cereale che cresce lungo il corso dell'Indo, diventato oryza presso i latini. E da quando Linneo, nel 700, lo ha inserito nella sua classificazione scientifica degli organismi viventi, oryza è rimasto come nome definitivo. IL RISO E LA SUA STORIA 15000 anni fa il riso selvatico costituiva un’importante fonte di cibo per le popolazioni della Thailandia, Vietnam, Corea, Cina e nelle isole del Sud-Est asiatico e lungo le pendici meridionali dell'Himalaya. Ancora oggi in Vietnam, nella regione del delta del fiume Mekong, il riso selvatico cresce abbondantemente e viene raccolto dalla popolazione locale con delle strette imbarcazioni facendo uso di piccole falci legate ad un lungo bastone. Scavi condotti in villaggi preistorici in molte regioni dell'Asia, hanno rinvenuto semi carbonizzati e improne di questa graminacea sia nella ceramica che nei mattoni e perfino negli strati compatti di argilla che formavano il pavimento delle abitazioni primitive. Ritrovamenti in una caverna del Nord della Thailandia, indicano che venisse coltivato in modo intensivo oltre 7000 anni fa. Le tecniche di coltivazione più antiche, però, risalgono alla tradizione cinese. In Cina, la prima semina primaverile del riso, era riservata all'imperatore con un particolare rito propiziatorio. Nel 2800 a.C. l'imperatore Chin-Nong aveva stabilito con un'ordinanza che tutta la famiglia imperiale presiedesse alle cerimonie delle semine, riservando a se stesso quella del riso. Un altro imperatore cinese, vissuto tra il 1662 e il 1723 a.C., appassionato che di si chiamava agricoltura Kang Hi, era molto e spesso andava passeggiando per i campi ad osservare. Un giorno vide che alcune spighe di riso erano maturate più velocemente di altre, che però stavano nello stesso campo. Allora incuriosito si chiese il perché di questa strana differenza e dopo vari tentativi riuscì ad isolare un tipo di riso: lo "Yu Mi" o "Riso Imperiale": di fatto scoprì una varietà di riso “precoce” che riusciva cioè a maturare entro 3 mesi, prima che il freddo delle regioni a Nord della Grande Muraglia potesse comprometterne il raccolto. Quando, molti secoli dopo, Marco Polo giunse in Cina, esistevano 544 varietà di riso di colore bianco, rosa e giallo, con fragranze diverse. IL RISO E LA SUA STORIA Giappone 1868: “Riso per tutti!!!” Una volta nell’antico Vietnam….. Banh Chung Nel I secolo a.C. in Giappone il riso era alimento esclusivo di samurai, guerrieri e mercanti cioè delle classi sociali privilegiate, mentre i contadini che lo producevano non avevano diritto a consumarlo. Solo dal 1868, in epoca di illuminismo nipponico, divenne cibo per tutti i giapponesi. In Giappone è associato alla dea del Sole, come in Indonesia e nell’isola di Giava che prende il nome di: Dewie Srie e ancora oggi nessuna ragazza di Giava è considerata pronta per il matrimonio se non sa cucinare alla perfezione una ciotola di riso. A Sumatra si ritiene che sia sotto la specifica tutela di una divinità femminile: Saning San e il rapporto con questa “Madre del Riso” è talmente forte che la pianta alle volte è chiamata col nome stesso della dea. In occasione della semina e del raccolto si tengono particolari cerimonie religiose. Si scelgono accuratamente alcune piantine e poi si sta a vedere per valutare l’esito del raccolto: se queste piantine si piegano e appassiscono vuol dire che la divinità ha deciso che il raccolto non sarà buono. In India le donne offrono riso alle divinità per riuscire a trovare marito. Leggenda Vietnam: Si racconta che un re sentendosi vicino alla morte chiamò a sé i suoi 22 figli e ordinò loro di trovare l’elemento più prezioso che esisteva al mondo per poterlo collocare nella sua tomba ed offrirlo ai suoi antenati. Il figlio che sarebbe ruscito a fare ciò, gli sarebbe succeduto al trono. Dopo molte ricerche solo il figlio minore, che viveva nell’indigenza più dei fratelli, fece un sogno. Un genio gli rivelò una speciale ricetta e così il giorno dopo preparò una torta di riso, rotonda come il cielo e la sovrappose ad un’altra invece quadrata, che era la terra, con nel mezzo uno strato di carne. Poi la confezionò in una grande foglia e la portò dal re, suo padre. Al vecchio re piacque così tanto che lasciò al figlio minore il regno e il piatto così preparato fu tramandato per secoli col nome di Banh Chung diventando poi il piatto tipico vietnamita e che oggi si prepara per festeggiare il Tet, l’inizio dell’anno lunare. In Indonesia e in Malesia si ritiene che il riso abbia un’anima. Quando il riso comincia a germogliare si deve trattare con una speciale cura, addirittura si deve evitare di fare rumori forti quando ci troviamo nei pressi delle risaie per paura che il riso possa andare a male. Poi quando è appena germogliato si devono portare offerte e quando si raccoglie i mietitori devono parlare usando uno speciale gergo in modo che l’anima del riso non venga a sapere che cosa le sta per succedere. Una volta raccolto, il primo pasto rituale è definito: “mangiare l’anima del riso”. Ancora oggi, in alcune aree orientali, per tradizione si collega il riso alla scelta del nome del nascituro, proprio per l’importanza del valore simbolico che ogni nome ha: gli adulti della famiglia si dispongono intorno ad una bacinella di porcellana con dell’acqua e alcuni chicchi di riso. Il più anziano muove il liquido e il famigliare seduto dove si ferma il maggior numero di chicchi, può scegliere il nome. IL RISO E LA SUA STORIA Una volta nell’antica India….. Leggenda indiana: In un piccolo paese viveva una fanciulla che si chiamava Retna Doumila che significa Gioia Raggiante, bellissima e perfetta nell’anima tanto che fece innamorare pazzamente il dio Shiva. Anche se Retna era mortale, Shiva decise di sposarla per poterla ammirare per l’eternità. La fanciulla acconsentì alle nozze, ma a patto che il dio, in cambio del suo corpo e della sua anima, trovasse per lei un cibo che non sarebbe mai venuto a noia alla gente. Shiva allora inviò un suo fedele servitore alla ricerca di tale cibo in giro per il mondo. Ma fatalità volle che anche lui si innamorasse e così si dimenticò di assolvere al suo compito. Shiva stanco di aspettare e ferito nel suo orgoglio divino prese con forza Retna che per la vergogna e l’oltraggio subito si uccise gettandosi in un fiume. Dopo 40 giorni sulla sua tomba cominciò a spuntare una fragile pianta, dalla quale pendevano chicchi dorati. Shiva allora esclamò: “In questa pianta è racchiusa l’allegria della bella Retna e io la chiamerò Riso”. Mentre in Cina il riso è fondamentale, resta un mistero quando il riso arrivò in Africa. Agli inizi del I d.C. Strabone nella Geografia (libro IX part.18), descrive un viaggio in un'oasi del deserto del Sahara abitata da berberi che si cibavano di riso da loro stessi coltivato e la descrive come una “pianta acquatica”. Dalla Macedonia il riso si diffuse anche in Palestina, ma nella Bibbia non se ne parla e nei rotoli sacri giudaici si trovano solo pochi cenni: si ricorda solo che deve essere seminato prima delle piogge e in bacini chiusi. Poi arrivò in Cisgiordania, in Egitto e in Siria. Gli antichi Egizi e gli Ebrei non lo conoscevano. IL RISO E LA SUA STORIA E in Occidente ?? • Comincia ad essere usato come alimento verso il I secolo a.C. • Per Sorano d’Efeso II sec. d.C. la farinata è ottima per le donne in gravidanza e il post partum • Per Galeno è ottimo per la dieta dei gladiatori e per i disturbi gastro-intestinali • Le matrone romane lo usavano come impacco per una pelle da sogno! Forse Alessandro Magno lo introdusse in Grecia, o forse qui vi arrivò attraverso la Persia. Durante il periodo Greco-Romano questo cereale veniva considerato come medicameto e come spezia e quindi da usare con parsimonia. Plinio il Vecchio (23 -79 d.C.) lo descrive nella sua Storia naturale, ma fa una gaffe perché dice che nasce da una pianta dalle foglie carnose (evidentemente ne parla senza averla mai vista dal vero). Presso la scuola medica di Efeso (II d.C.) era consigliato alle donne per la gravidanza e per il post partum, come anche per i dolori mestruali sempre consumato sotto forma di farinata. Il medico Galeno lo consiglia nella dieta dei gladiatori e per i disturbi gastro-intestinali. Le matrone romane preparavano impacchi cremosi facendo masticare a lungo chicchi crudi agli schiavi e poi usavano questa speciale pappetta come fosse una crema per rendere la pelle morbida e luminosa (da notare che molti prodotti cosmetici moderni impiegano sottoprodotti della lavorazione del riso per i notevoli poteri emollienti) In Occidente comincia ad essere utilizzato come alimento verso il I secolo a.C. IL RISO E LA SUA STORIA • In Gran Bretagna arriva nel Medioevo con i Crociati • Il Pudding cotto al forno fu inventato nel XVII secolo In Gran Bretagna arrivò solo nel Medioevo con i Crociati. Veniva qui usato molto durante la Quaresima e si dice che la Contessa di Leicester e la sua famiglia ne consumarono ben 110 libbre nei 4 mesi tra il Natale 1264 e l’Aprile 1265. All’epoca veniva bollito in una pentola di creta con un po’ di brodo e poi veniva aromatizzato con latte di mandorla e zafferano. Nei giorni in cui si doveva mangiare solo di magro si cuoceva nel latte di mandorle e si addolciva con lo zucchero. Il Pudding di riso al forno fu inventato nel XVII secolo: si bolliva il riso nel latte, si condiva con la noce moscata, acqua di rose e zucchero, poi si univano uova, mollica di pane e zucca tritata con dell’ambra grigia. Alla fine si infornava in una teglia. Un secolo dopo essendosi stufati di questo procedimento troppo laborioso e costoso cominciarono a preparare il Pudding prendendo un panno e mettendoci una certa quantità di riso e uva passa, legavano il panno senza stringere eccessivamente e lo mettevano in una pentola con dell’acqua per farlo bollire fino a che non aumentava adeguatamente di volume e se non si era tanto poveri lo si serviva poi con un po’ di burro fuso e zucchero. Poiché l’impero britannico si espanse in Oriente, ricette tipiche come il “Kedgeree” (pietanza indiana a base di riso, cipolle, uova e aromi) divennero molto famose sulle tavole della classe media e dell’alta borghesia. IL RISO E LA SUA STORIA • In Italia si parte dal Nord….o dal Sud ? • Nel 1400 fermiamoci in Toscana ! • L’attestato più antico sulla coltivazione in Italia è a Firenze ed è del 1468 • Con Cavour nel Vercellese inizia il progresso più spettacolare della risicoltura italiana E’ difficile rintracciare l’arrivo del riso in Italia. Forse fu introdotto dagli Arabi in Sicilia, o dai Crociati di ritorno dalla Terrasanta, o forse dai mercanti della Repubblica di Venezia. Comunque gli Arabi portarono il riso, ma non la risicoltura e durante gli anni dell’occupazione (dal 250 d.C.) è verosimile che tentino di acclimatare il riso a Siracusa e nella piana di Lentini, vicino a Catania, dove sarà coltivato anche nel ‘900. Ma sono solo tentativi, infatti per secoli i mercanti continuarono ad importarlo senza riuscire a coltivarlo in maniera sistematica. Agli Aragonesi si attribuisce la paternità di una prima coltura nel XV secolo, dopo la conquista del Regno di Napoli da parte di Alfonso d’Aragona, nelle piane acquitrinose nei pressi di Paestum. Allora che dire? Che nel Medioevo era coltivato in minore quantità nel Sud d’Italia soprattutto nei conventi e negli Orti dei Semplici come pianta medicinale. Forse dalla Scuola Medica Salernitana e dal Monastero di Montecassino la pianta si spostò e si fermò in Toscana, dove si hanno notizie della sua coltivazione nei dintorni di Pisa, verso la metà del ‘400, mantenendosi fino alla metà di questo secolo con una varietà pregiata chiamata “Riso di Massarosa”. Ma se vediamo i documenti dei Savoia (In un libro del 1300 - Il Libro dei conti della Spesa dei Duchi di Savoia - viene registrata un'uscita di 13 imperiali di Libbra di "riso per dolci" e solo di 8 imperiali per miele) ed un editto del 1340, dove viene ordinato ai gabellieri di Milano di applicare alti dazi alla "spezia che arrivava dall'Asia, via Grecia" ed infine l’editto del 1371 che cita il cereale tra le "spezierie" col nome di "Riso d'Oltremare" o "Riso di Spagna", non possiamo ancora parlare di vero un riso italiano. L’attestato più antico a prova della coltivazione del riso in Italia è a Firenze ed è del 1468, quando venne inaugurata la prima risaia sotto la dinastia de’ Medici. Un esponente chiamato Leonardo Colto de’ Colti, fece domanda per la coltivazione del riso e da come scrive, fa supporre che questa coltivazione fosse già conosciuta. Gli storici tuttavia propendono per un’origine “milanese” e la ragione sta nella dimensione del fenomeno. La portata della materia farebbe pensare che solo gli Sforza fossero in grado di sostenere lo “sforzo”. Infatti nel Basso Milanese si avviarono bonifiche e politiche protezionistiche su questo cereale che non fu più considerato una spezia esotica, ma cibo. Nel 1475 Gian Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, donò al duca d'Este, 12 sacchi di semi assicurando che se ben coltivati ogni sacco avrebbe reso a sua volta altri 12 sacchi (contro i 7 del frumento). Questo rapporto di 1 a 12 fece moltiplicare le superfici di terreno adibite a risaia tanto che, secondo un censimento spagnolo del 1550, le risaie in Lombardia e Piemonte passarono dai 5500 ettari a 50 000 ettari e i raccolti vennero tutelati con appositi provvedimenti per non esportare il seme e diventare un'arma in mano a Stati avversari. Notizie di colture in Veneto non se ne hanno e si ritiene che continuasse a venire dall’Asia, infatti in questa zona resta esente dai dazi fino al 1561. Il viaggio del riso proseguì fino a Saluzzo, Mantova, Verona, Vicenza e la Marca Trevigiana. Questa nuova coltura venne però osteggiata dalle popolazioni locali, perché le attribuivano la causa della malaria, tanto da sollecitare le autorità affinché venisse proibita. Il 24 Settembre 1575 un’ordinanza del governatore di Milano, impose che venisse piantata a 6 miglia da Milano e a 5 miglia dai confini delle altre città. Di queste ordinanze ce ne sono tantissime segno che venivano regolarmente disattese. Senza dubbio il periodo di progresso più spettacolare della risicoltura italiana inizia a metà del secolo scorso, allorché per impulso di Cavour gli agricoltori del Vercellese si organizzarono e, nel 1853, istituirono uno dei più efficienti e, per l'epoca, grandi sistemi irrigui. La complessa infrastruttura viene potenziata nel 1866 con la costruzione del “Canale Cavour” che permetteva il "trasferimento" di risorse idriche dai fiumi Po, Dora Baltea, Sesia, Ticino e dal Lago Maggiore in un comprensorio di circa 400.000 ettari. Il completamento si avrà nel 1923 con la costituzione, a Novara, di un organismo per l'autogestione delle acque. Le aree interessate dalla risaie fra Piemonte e Lombardia sono circa 200.000 ettari ma la presenza delle zanzare generate da queste risaie si riverbera su almeno 1.000.000 di ettari per oltre due milioni di persone che quotidianamente devono fare i conti con la presenza delle zanzare IL RISO E LA SUA STORIA Che cosa si può fare con il riso???? Il Sakè e l’Arrack La carta di riso Alettriomanzia Con il riso si fa anche il vino, si fa sia in Cina che in Giappone e ne esistono diverse qualità sia dolci che secchi. Ce n’è anche uno giallo chiaro chiamato appunto “vino giallo” e somiglia in qualche modo allo cherry, ma alcuni sono incolore come la vodka. Il Sakè si ottiene dal riso bianco + malto + acqua. È la sola bevanda alcolica che si beve duran te i pasti, in origine si beveva freddo, ma poiché alcuni ne servivano tipi di bassa qualità, si usò riscaldarlo per ovviare a questo inconveniente. Segno di buona educazione è scambiarsi le tazze tra i convitati e se si capovolge la tazza, che deve essere di porcellana sottile e non più larga di un portauovo, vuole dire che non se ne vuole più. In Giappone il Sakè è usato anche per le cerimonie religiose. Lo si offre alle requie degli antenati, ma si beve anche ai matrimoni. Nella cerimonia detta “3 volte 3” il contratto matrimoniale non si intende concluso finché la sposa e lo sposo non si scambiano le tazze e bevono il Sakè. L’Arrack è invece prodotto nelle Indie Orientali dalla fermentazione di una mistura di riso, zucchero e datteri e nel XVIII secolo era una bevanda molto popolare. In Gran Bretagna la tassa sull’Arrack era più alta di quella applicata a qualsiasi altra bevanda alcolica straniera . La carta di riso è una carta commestibile. In Cina e Giappone la usano per fare fiori artificiali, sigarette e fuochi di artificio e come base per dipingere i tipici paesaggi orientali perché conferisce particolare fascino ai colori. Che il riso sia simbolo di fertilità è di origine antichissima, vedi l’usanza di gettare riso agli sposi. Nelle cerimonie delle chiese greche ortodosse, il riso in antichità era gettato tutto intorno alla chiesa, perché parte integrante della cerimonia, per augurare appunto fertilità. In Giappone è usato per la pratica divinatoria dell’Alettriomanzia: si forma un cerchio con delle lettere dell’alfabeto e si fa un perimetro con i chicchi di riso. Si mette al centro un gallo e le lettere vicine ai chicchi che becca danno la risposta al quesito che si è posto. Il Tempio di Fushimi Inari Poco fuori Kyoto, a Fushimi, c'è il grande tempio dedicato ad Inari, la divinità del riso; è famoso per le migliaia di Torii ("porte sacre") che coprono il sentiero che sale sulla sommità della collina. All'interno del recinto del tempio, si contano circa 10.000 torii e 20.000 otsuke ("pietre votive"), frutto di donazioni da parte dei fedeli che, a milioni, visitano annualmente il luogo sacro. Il colore rosso dei torii rappresenta un augurio di pace e di un buon raccolto. All'entrata del complesso, si trovano due grandi statue di volpi: una ha in bocca, una pietra che rappresenta lo spirito della divinità, mentre l'altra tiene una chiave che simboleggia la chiusura del magazzino del riso. Il tempio di Fushimi Inari è uno dei più belli e dei più suggestivi templi del Giappone. Le prime costruzioni del complesso risalgono al 711 d.C. mentre il tempio principale venne costruito nel 1499. Inari è una divinità dal sesso indefinito: ha una duplice sessualità ed è adorata sia dai scintoisti (femmina) che dai buddisti (maschio). A volte la si trova rappresentata come una giovane donna, altre volte come un vecchio con in mano una manciata di riso, altre volte, infine, come un essere androgino accompagnato da una volpe. Più di un milione e mezzo di persone vengono a Fushimi durante il Capodanno, per pregare per un anno di felicità e protezione e durante l’anno sono molte le cerimonie che si celebrano per propiziare e chiedere alla divinità un abbondante raccolto, ma anche per ringraziarla dei doni ricevuti. Il piatto preferito da Giovanni Pascoli pare fosse il risotto romagnolesco. Glielo cucinava a dovere la sorella Maria, che lui affettuosamente chiamava Mariù. In omaggio a una consuetudine radicata nella cultura alimentare italiana, Pascoli ingaggiò con l'amico Augusto Guido Bianchi, scrittore e giornalista del Corriere della Sera, una tenzone letteraria sui risotti. Bianchi, infatti, gli mandò una lettera in cui esaltava l'arte del risotto alla milanese, suggerendogliene la ricetta. Pascoli lesse, e rispose. Naturalmente, sotto forma di poesia. Questa a fianco: “Il risotto romagnolesco” Amico, ho letto il tuo risotto in …ai! E’ buono assai, soltanto un po’ futuro, con quei tuoi “tu farai, vorrai, saprai”! Questo, del mio paese, è più sicuro perché presente. Ella ha tritato un poco di cipolline in un tegame puro. V’ha messo il burro del color di croco e zafferano (è di Milano!): a lungo quindi ha lasciato il suo cibrèo sul fuoco. Tu mi dirai:”Burro e cipolle?”. Aggiungo che v’era ancora qualche fegatino di pollo, qualche buzzo, qualche fungo. Che buon odor veniva dal camino! Io già sentiva un poco di ristoro, dopo il mio greco, dopo il mio latino! Poi v’ha spremuto qualche pomodoro; ha lasciato covare chiotto chiotto in fin c’ha preso un chiaro color d’oro. Soltanto allora ella v’ha dentro cotto Il riso crudo, come dici tu. Già suona mezzogiorno…ecco il risotto romagnolesco che mi fa Mariù. ITALIA MONDINE 1927 Storia delle mondine ogni anno, per la campagna risicola migliaia di donne si riversava nel vercellese e novarese dove la mano d'opera non era sufficiente, venivano dal Piacentino dal mantovano,dalla provincia di Rovigo e dal veneto. Lasciavano nella loro zona una grande miseria e quindi il lavoro stagionale in Piemonte era l'unica possibilità che consentiva loro di portare a casa un po' di guadagno: queste lavoratrici con pochi stracci affardellati( qualche federa e una coperta per i pagliericci dove avrebbero dormito) affrontavano viaggi disagevoli, a volte con mezzi di fortuna, per raggiungere le stazioni di partenza dove le attendevano "treni speciali"che le avrebbero portate ai centri di raccolta. Per lavorare nella risaia occorreva avere: l'atto di nascita e una dichiarazione dell'Ufficio Sanitario del comune attestante le buone condizioni fisiche: IL contratto di lavoro prevedeva che le mondariso percepissero un salario giornaliero + 1 kg di riso per ogni giornata lavorativa:Il lavoro delle mondariso consisteva nell'estirpare le piante infestanti che soffocavano la normale crescita del riso o il trapianto delle piantine di riso che veniva fatto immergendo un dito nel terreno molle camminando all'indietro una a fianco all'altra. La monda aveva inizio tra aprile e maggio e durava dai 45 ai 50 gg. Le lavoratrici erano organizzate in squadre e ogni squadra aveva una "capa" che doveva oltre che effettuare il lavoro normale di monda anche tenere la registrazione delle ore ordinarie e straordinarie di ogni lavoratrice inoltre era l'unica che poteva tenere rapporti con il datore di lavoro. Le giornate lavorative andavano dall'alba al tramonto ( solo più tardi e con lotte si arriverà alle otto ore) con brevi pause per mangiare. Le mondine alloggiavano tutte insieme in cascina nei granai allestiti a dormitori,dove il letto era in genere un pagliericcio steso in terra , non c'erano servizi igienici (ci si lavava nei fossi e i bagni erano dietro i cespugli). Il vitto che il datore di lavoro aveva l'obbigo di somministrare era quanto meno insufficiente ad apportare abbastanza calorie e proteine per un lavoro così pesante Anche l'abbigliamento aveva una funzione fondamentale: quella di proteggere e lasciare libero il corpo nei movimenti: quindi si indossavano gonne corte o rimboccate intorno alla vita e calze di filanca pesanti che dovevano proteggere dalle punture degli insetti magliette o camicie a maniche lunghe e larghi cappelli di paglia che riparavano dal sole. Il lavoro della mondina era pesante e estremamente insalubre:tante ore immerse mani e piedi in acqua e in una posizione china che spezzava la schiena, tenendo il ritmo della squadra (non si poteva rimanere indietro), ore e ore l'une a fianco delle altre quasi senza mai guardarsi in faccia..l'unica cosa che potevano fare per tenere occupata la mente alleviare il dolore e la fatica e..tenere il ritmo del lavoro era cantare . erano in genere canti improvvisati, una specie di dialogo o sfottò " canti a dispetto", altre volte invece erano canti di protesta, che denunciavano lo sfruttamento e le malversazioni dei padroni . "se otto ore vi sembran poche provate voi a lavorar e proverete la differenza di lavorar e di comandar" in queste poche ma efficaci parole di un canto è racchiusa tutta la rabbia di lavoratrici e lavoratori che ogni giorno si rendevano sempre più conto delle condizioni di sfruttamento a cui venivano sottoposti dal padrone. Le prime proteste iniziarono ai primi del ' 900 e le prime a incrociare le braccia furono proprio le mondine che rivendicavano le otto ore lavorative. La lotta fu dura molto dura, perche per la prima volta "il servo osava alzare la testa, disobbedire agli ordini e avanzare richieste" i tumulti del 1 giugno1906 furono forse i più gravi e violenti, molti lavoratori furono arrestati e processati, ma tre anni dopo le mondine conquistarono le otto ore giornaliere di lavoro Questa fu una grande vittoria ottenuta a duro prezzo, ma le mondine aprirono la via alle più vaste agitazioni contadine , mentre nasceva la grande industria.....