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Premio di risultato nel settore del credito

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Premio di risultato nel settore del credito
Estratto dal Capitolo 4 del “Rapporto 2008 sul Mercato del
Lavoro nell’Industria Finanziaria”
4.6 Il Premio di risultato nel settore del credito
Nell’ambito della contrattazione nazionale, le prime esperienze di
applicazione della retribuzione variabile nel settore del credito
risalgono, come noto, al lontano 1990, con l'introduzione dei premi
collettivi di produttività (1).
Successivamente, con il contratto collettivo nazionale di lavoro
del dicembre 1994, venne demandato alla contrattazione di secondo
livello, con decorrenza non anteriore al 1° gennaio 1996, la
definizione di un premio (in sostituzione di quello di produttività) che
fosse in linea con le indicazioni contenute in materia nel Protocollo
sulla politica dei redditi del 23 luglio 1993.
Tale erogazione, recitava il ccnl, doveva essere "in stretta
correlazione ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi
concordati tra le Parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività
del lavoro, di qualità ed altri elementi di competitività di cui le
imprese dispongano, nonché ai risultati legati all'andamento
economico dell'impresa".
Il sostanziale mutamento operato con le intese del 1994 è dunque
evidente in quanto - in linea con il succitato Protocollo - l'area di
condivisione dei risultati tra azienda, lavoratori e sindacati non si
limita al solo possibile miglioramento della prestazione (produttività),
bensì al perseguimento di più significativi obiettivi quali:
competitività, redditività, efficienza e qualità.
4.6.1 Il premio aziendale
(1) Per una disamina approfondita della precedente disciplina si rimanda a "Il
premio aziendale nel settore del credito - Profili applicativi", Luigi Prosperetti e
Giancarlo Durante, Roma, 1995.
- 131 -
Nell’ambito del successivo rinnovo del contratto collettivo di
lavoro, l'importanza crescente assunta nel tempo dalla retribuzione
variabile nell'ambito del trattamento economico complessivo, spinse le
Parti ad integrare ulteriormente la disciplina del premio aziendale.
Con l'intesa dell'11 luglio 1999, infatti, in aggiunta ai criteri già
contenuti nel c.c.n.l. 19 dicembre 1994, fu previsto che le condizioni
ed i criteri di erogazione dovevano essere strettamente correlati "ad un
migliore andamento dei risultati economici dell'impresa, tenendo
anche conto degli apporti professionali".
Ciò implica che il premio in oggetto deve essere parametrato
"tenendo anche conto degli apporti professionali, delle attività svolte e
della funzione ricoperta" oltre che del livello di inquadramento. Tale
formulazione è rimasta invariata nel successivo contratto nazionale 12
febbraio 2005 e nell’attuale art. 43 del contratto 8 dicembre 2007 .
Quanto ai parametri di riferimento utili ai fini della
determinazione degli importi del premio, il contratto nazionale
prevede a titolo esemplificativo una serie di indicatori depurati delle
componenti straordinarie positive e negative. In particolare:
• indicatori di redditività (ad es. ROE, ROA, utile attività
ordinarie su patrimonio, risultato lordo di gestione corretto per il
rischio su totale attivo, ecc.);
• indicatori di efficienza (ad es.: costi operativi/margine di
intermediazione, costi operativi/attività fruttifere, costo del
lavoro/margine di intermediazione, costo del lavoro per
dipendente, ecc.);
• indicatori di produttività (ad es.: VAP, valore aggiunto per
dipendente, margine di intermediazione per dipendente, fondi
intermediati per dipendente, ricavi da servizi per dipendente,
impieghi + raccolta per dipendente, ecc.);
• indicatori di qualità definiti a livello aziendale;
• indicatori di rischiosità (ad es. sofferenze/impieghi, ecc.);
• indicatori di struttura (ad es.: raccolta indiretta/raccolta diretta,
gestioni patrimoniali/raccolta, ecc.).
Il premio aziendale può essere, inoltre, determinato attraverso un
indicatore complessivo che può valutarsi, tra l’altro, in termini di:
- 132 -
-
un valore predeterminato o classi di valori predeterminati;
scostamenti rispetto a valori predeterminati;
variazioni rispetto all’anno o a periodi precedenti;
percentuali di indici di bilancio o di valori predeterminati.
Nel caso di utilizzo di più indicatori e/o parametri, mediante il c.d
“indicatore composito”, questi possono essere opportunamente
ponderati secondo le modalità definite a livello aziendale.
Il premio aziendale, inoltre, può essere determinato sulla base di
indicatori relativi alle performance del gruppo (soluzione, come si
vedrà oltre, in forte sviluppo) e/o dell’azienda capogruppo per le
società controllate.
Sempre nell'ottica della variabilità retributiva, la disciplina
nazionale, al fine di accrescere le quote di retribuzione legate ai
risultati collettivi e al merito, prevede che le aziende potranno inoltre
istituire premi incentivanti (anche sotto forma di stock option e stock
granting), la cui erogazione è subordinata al raggiungimento di
specifici obiettivi, diversi da quelli fissati per il premio aziendale, per
gruppi omogenei di posizioni lavorative in relazione agli obiettivi
medesimi (ad esempio, settori aziendali quali strutture centrali o di
rete, determinate unità operative aventi caratteristiche omogenee, etc.)
(2).
4.6.2 Linee applicative del premio aziendale
(2) Tale ultima previsione tuttavia, come già evidenziato nelle precedenti
Edizioni, risente della disciplina entrata in vigore a far tempo dal 1° gennaio 2005
relativa ai nuovi principi contabili internazionali (IAS/IFRS2). L’intento di questi
ultimi è quello di garantire che tutte le erogazioni corrisposte sotto forma di azioni
emesse dalle società vengano, da una parte, computate alla stregua di costi nei
bilanci ufficiali e, dall’altra, valutate sulla base del fair value (valore equo), in modo
da fornire informazioni trasparenti e comparabili a tutti i soggetti utilizzatori dei
bilanci stessi.
Nei fatti, dunque, l’inclusione di tale posta tra i costi è destinata a deprimere
gli utili delle aziende che fanno largo ricorso alla distribuzione di stock option ai
propri managers, sebbene abbia il pregio di informare meglio gli azionisti sui criteri
di retribuzione adottati dall’azienda, oltre a fornire una corretta rappresentazione
della sostanza economica del fenomeno.
- 133 -
La nuova disciplina sui premi aziendali ha consentito, come
osservato, molteplici soluzioni alla necessità di formulare il premio
stesso sulla base delle caratteristiche specifiche di ciascuna azienda sia
sotto il profilo dell'attività (3), della propria categoria dimensionale,
delle linee strategiche perseguite, della cultura aziendale e del diverso
clima sindacale presente nella medesima.
In tale ottica, riproponendo uno schema di analisi dei premi
aziendali svolto a partire dal 1993 nel “Rapporto su retribuzioni e
costo del lavoro nelle banche italiane ed europee”, in questo paragrafo
vengono esaminate alcune tendenze a livello aziendale in tema
disciplina del premio di risultato.
A tal fine sono stati analizzati 127 contratti integrativi di lavoro
stipulati a livello aziendale nel biennio 2007-2008 (4) per la
definizione del premio aziendale da corrispondere al personale non
direttivo negli anni 2008-2009.
Non è stato possibile svolgere quest’anno lo studio sull’eventuale
correlazione esistente tra le erogazioni corrisposte nel biennio 20062007 a titolo di premio aziendale ed i risultati di bilancio conseguiti
nel biennio 2005-2006, periodo di competenza dei premi medesimi, in
quanto i criteri contabili utilizzati dalle aziende nei due anni risulta
disomogeneo (5). Si rimanda dunque alla prossima edizione per uno
studio dettagliato di tali correlazioni.
I problemi legati all’analisi quantitativa di tale componente
retributiva non impediscono tuttavia uno studio della disciplina più
generale dei premi contenuta nelle intese aziendali e che viene di
seguito esaminata.
(3) Nello studio degli indicatori utilizzati nelle diverse intese sono state
analizzate separatamente le banche dalle Società finanziarie per evidenziare le
diverse scelte operate sulla base dell'attività caratteristica dei diversi istituti.
(4) Il campione di aziende che ha stipulato e del quale si dispone degli Accordi
che disciplinano il premio aziendale, impiega complessivamente circa il 60% del
personale degli Associati che hanno conferito ad ABI il mandato di rappresentanza
sindacale.
(5) L’adozione dei nuovi principi contabili IAS da parte di tutte le aziende è
diventata obbligatoria a far tempo dal 1° gennaio 2006., essendo obbligatoria dal
2005 per le sole aziende quotate in borsa.
- 134 -
Iniziando l’analisi dalla tipologia di indicatori contenuti ne i
contratti integrativi, la prima evidenza particolarmente interessante
che emerge, specie se i dati vengono confrontati con quelli dello
scorso anno, è la forte diminuzione della percentuale di aziende che
prevedono la corresponsione del premio aziendale in cifra fissa. Se,
infatti, dalla precedente analisi era emerso come il 42% delle intese
prevedesse l’attribuzione di un premio in cifra fissa, privo quindi di un
collegamento ad indicatori di performance, tale percentuale si è
praticamente dimezzata ed è passata all’attuale 21% (valore persino
più basso rispetto al 36% rilevato nell’indagine del 2006).
Del resto, il valore precedente era stato generato da un
comprensibile atteggiamento prudenziale derivante dagli effetti sui
bilanci dell’adozione dei principi contabili IAS, che avevano
determinato, a parità di condizioni, una variazione degli indicatori più
comuni utilizzati dalle aziende per misurare redditività e produttività
(6): le aziende nella maggioranza dei casi, avevano dunque preferito
rinviare la definizione dei nuovi ratios alla corrente tornata
contrattuale, dopo una verifica dei reali effetti della nuova normativa.
Se analizziamo il dato scomposto per tipologia di aziende si
scopre che il comportamento più “virtuoso” è stato quello adottato
dalle società finanziarie. Se nel 2007 oltre il 50% di queste ultime
aveva corrisposto il premio in cifra fissa, attualmente tale percentuale
si è abbassata drasticamente al 6% del campione; le banche invece
sono passate dal 36% all’attuale 26% (v. tavole 4.2 e 4.3).
A livello di sistema, nell’ambito delle intese che hanno previsto
la variabilità del premio, il 14% delle stesse ha subordinato
l’erogazione ai risultati conseguiti dall’azienda esclusivamente in
termini di redditività (il 12% delle banche ed il 19% delle società
finanziarie), mentre ben il 58% del campione (il 53% delle banche e il
75% delle società finanziarie) predilige l’utilizzo di indicatori "misti"
di produttività, redditività ed efficienza aziendale.
(6) In particolare per quelle intese che ancora prevedono la quantificazione del
premio aziendale secondo il valore base e soglia di una determinata serie storica del
VAP (valore aggiunto procapite) o di altro indicatore.
- 135 -
Tavola 4.2 – TIPOLOGIA DI INDICATORI UTILIZZATI DALLE AZIENDE DEL
CAMPIONE PER COMMISURARE IL PREMIO AZIENDALE EROGATO NEL 2008
Aggregato
Indicatori
Gruppidimensionali
Produttività
Intero
Settore
6%
Redditività
14%
12%
19%
0%
Efficienza
1%
1%
0%
Sistema misto
58%
53%
Premiofisso
21%
Totale
100%
Banche
8%
Società
Magg.+Gra. Medie
Finanziarie
0%
11%
7%
Piccole Minori
9%
3%
13%
16%
15%
0%
0%
0%
2%
75%
67%
40%
47%
69%
26%
6%
22%
40%
28%
11%
100%
100%
100%
100%
100%
100%
Fonte: elaborazioni Abi
Tavola 4.3 – TIPOLOGIA DI INDICATORI UTILIZZATI DALLE AZIENDE DEL
CAMPIONE PER COMMISURARE IL PREMIO AZIENDALE EROGATO NEL 2007
Aggregato
Indicatori
Gruppi dimensionali
Intero
Settore
Banche
Società
Magg.+Gra.
Finanziarie
Produttività
6%
9%
0%
Redditività
26%
27%
Efficienza
1%
Sistema misto
Medie
Piccole
Minori
7%
0%
19%
2%
24%
7%
50%
33%
23%
2%
0%
0%
0%
0%
2%
25%
26%
23%
14%
30%
29%
25%
Premio fisso
42%
36%
53%
72%
20%
19%
48%
Totale
100%
100%
100%
100%
100%
100%
100%
Fonte: elaborazioni Abi
- 136 -
Soltanto il 6% delle intese analizzate (l’8% delle banche e lo 0%
delle società finanziarie) subordina l’erogazione del premio a soli
indicatori di produttività, mentre risultano rare anche quelle che
legano l’erogazione del premio aziendale ad indicatori che misurano
la propria performance in termini di sola efficienza.
Confrontando i dati con quanto emerso lo scorso anno è
interessante notare come nel complesso vi sia stata in quest’ultima
tornata contrattuale una “migrazione” degli accordi verso un sistema
di variabilità retributiva basato su un’articolata misurazione della
performance che, tiene conto di tutti i fattori che hanno contribuito al
risultato dell’azienda.
Alla luce di quanto sopra é interessante vedere come tali risultati
si articolino per categoria dimensionale.
Le specificità operative delle aziende dettate dalla dimensione,
dalla localizzazione geografica, dai segmenti di mercato serviti, ecc.,
pongono evidentemente necessità diversificate in termini di politiche
retributive.
Nel comp lesso nelle aziende Minori la variabilità é maggiore e
quindi é più bassa (11%) la percentuale di premi aziendali attribuiti in
cifra fissa, confermando un fenomeno già rilevato lo scorso anno. Ben
il 69% delle aziende appartenenti a questa categoria dimensionale ha
un sistema misto di commisurazione del premio mentre il 15% si
affida ad uno o più indicatori che misurano la sola redditività
aziendale.
Rispetto al sistema nel suo complesso, sorprende molto la
tendenza rilevata presso le aziende Medie; se l’anno scorso il 50%
degli integrativi aziendali preferiva legare la corresponsione del
premio aziendale ai risultati raggiunti esclusivamente in termini di
indicatori di redditività, tale percentuale nelle nuove intese è scesa al
13%. Ma quello che sorprende ancora di più è che risulta raddoppiato
il numero di aziende che ha previsto la corresponsione del premio in
cifra fissa (dal 20% al 40%), in controtendenza con la generalità del
sistema.
Dinamica diametralmente opposta si rileva invece per le aziende
di maggiori dimensioni, per le quali soltanto nel 22% delle intese
siglate il premio aziendale non viene legato a nessun indicatore di
bilancio, mentre ben il 67% lo subordina ad indicatori di tipo misto.
- 137 -
Focalizzando invece l’attenzione sulle intese siglate dalle Società
finanziarie, emerge che il 19% delle stesse ha subordinato
l’erogazione del premio ad indicatori che misurano esclusivamente la
redditività aziendale, mentre ben il 75% é ricorso ad un indicatore di
tipo misto. Sempre per le Società finanziarie risulta nulla la
percentuale di intese che si affidano esclusivamente ad indicatori di
produttività e/o di efficienza per misurare la propria performance.
Rinviando ad un successivo paragrafo per una disamina specifica
dei principali indicatori utilizzati dalle aziende, la successiva tavola
4.4 sintetizza le ulteriori caratteristiche dei premi aziendali sancite
nelle ultime intese aziendali e utili per la corresponsione del premio
2008.
Anche questi dati confermano la tendenza precedentemente
rilevata e riguardante la variabilità dei premi.
Circa l’80% delle intese siglate nel settore prevede una variabilità
del premio aziendale in funzione dei risultati economici conseguiti
nell’anno, variabilità che nella metà dei casi è totale. Il 21% degli
istituti garantisce comunque l’erogazione indipendentemente dai
risultati di bilancio.
- 138 -
Tavola 4.4 - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI PREMI AZIENDALI NELLE
AZIENDE DEL CAMPIONE NEL 2008
Aggregato
Gruppi dimensionali
Intero
Settore
Banche
Società
Magg.+Gra. Medie Piccole Minori
Finanziarie
Totale
Parziale
Nulla
39%
40%
21%
45%
29%
26%
22%
72%
6%
0%
78%
22%
13%
47%
40%
51%
21%
28%
43%
46%
11%
Capitaria
Cifra fissa
% grandezza di bilancio
% dello stipendio
prestazione individuale
Misto
opzione corresp. azioni
opzione Fondo Previdenza
34%
17%
31%
4%
6%
8%
19%
8%
24%
20%
35%
5%
7%
9%
23%
8%
65%
6%
17%
0%
6%
6%
6%
6%
67%
22%
11%
0%
0%
0%
20%
0%
31%
31%
31%
7%
0%
0%
27%
7%
20%
25%
39%
4%
4%
8%
26%
5%
38%
9%
28%
4%
10%
11%
12%
12%
SI
NO
6%
94%
8%
92%
0%
100%
0%
100%
0%
100%
9%
91%
7%
93%
Prevista a livello ccnl
Superiore
Inferiore
58%
42%
0%
65%
35%
0%
35%
65%
0%
29%
71%
0%
55%
45%
0%
68%
32%
0%
55%
45%
0%
2%
98%
2%
98%
0%
100%
0%
100%
0%
100%
2%
98%
2%
98%
VARIABILITA' DEL PREMIO
QUANTIFICAZIONE
CONCORRENZA AL TFR
SCALAPARAMETRALE
COLLEGATO ALL'ANZIANITA'
SI
NO
Fonte: elaborazioni Abi
Più nel dettaglio, le banche prevedono una variabilità totale del
premio nel 45% dei casi (a fronte del 22% delle società finanziarie) e
una variabilità parziale nel 29%. Presso le società finanziarie che
hanno individuato uno o più parametri di riferimento a cui
commisurare il premio, ben il 72% preferisce comunque stabilire, al
raggiungimento di determinate condizioni, un premio base suscettibile
di ulteriori incrementi in funzione dei risultati.
- 139 -
Entrando più nello specifico scopriamo come i comportamenti
più “virtuosi” riguardino le aziende Piccole e Minori dove,
rispettivamente oltre il 51% ed il 43% delle intese attribuisce una
variabilità totale al premio. Le aziende Medie, invece, attribuiscono in
prevalenza al premio una variabilità parziale (nel 47% dei casi),
mentre le aziende di piccole dimensioni sono a tutt’oggi quelle che
registrano la percentuale più bassa di accordi che fissano il premio
senza garantirne alcuna variabilità (11%).
Tavola 4.5 - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI PREMI AZIENDALI NELLE
AZIENDE DEL CAMPIONE NEL 2007
Aggregato
Gruppi dimensionali
Società
Magg.+Gra. Medie Piccole Minori
Finanziarie
Intero
Settore
Banche
Totale
Parziale
Nulla
32%
25%
42%
35%
29%
36%
26%
21%
53%
0%
29%
71%
20%
60%
20%
48%
33%
19%
35%
18%
47%
Capitaria
% grandezza di bilancio
% dello stipendio
Misto
73%
19%
5%
3%
67%
22%
7%
4%
86%
14%
0%
0%
100%
0%
0%
0%
80%
20%
0%
0%
44%
26%
19%
11%
80%
20%
0%
0%
SI
NO
4%
96%
6%
94%
0%
100%
0%
100%
0%
100%
24%
76%
0%
100%
Prevista a livello ccnl
Superiore
Inferiore
67%
11%
22%
70%
9%
21%
65%
13%
22%
71%
0%
29%
60%
20%
20%
74%
13%
13%
67%
10%
23%
2%
98%
3%
97%
0%
100%
0%
100%
0%
100%
10%
90%
0%
100%
VARIABILITA'DELPREMIO
QUANTIFICAZIONE
CONCORRENZAALTFR
SCALAPARAMETRALE
COLLEGATOALL'ANZIANITA'
SI
NO
Fonte: elaborazioni Abi
- 140 -
Confrontando questi risultati con le informazioni sintetizzate
nella tavola 4.5 e riferite al 2007, si ha un’ulteriore conferma, così
come era presumibile, della forte contrazione del numero di intese che
corrispondono il premio in cifra fissa a favore di un premio totalmente
variabile, come nel caso delle banche (dal 35% al 45%), ovvero
parzialmente variabile per le società finanziaria (dal 21% al 72%).
Per quanto riguarda i meccanismi di quantificazione del premio, i
dati mostrano un forte decremento delle aziende che, nell’ambito del
rinnovo dei propri contratti integrativi, ne quantificano l’importo in
cifra capitaria (7) (nel 34% dei casi) a fronte di un incremento dei
premi quantificati come quota percentuale da applicare ad una
determinata posta di bilancio (nel 31% dei casi). Il 17% delle intese,
che corrispondono a quelle che non hanno collegato l’attribuzione del
premio a nessun indicatore di bilancio, fissano il premio in cifra fissa,
mentre il 6% dei contratti qua ntifica il premio in base ad una
percentuale della retribuzione del singolo lavoratore. Infine il 6% delle
intese prevede la considerazione del contributo lavorativo del singolo
per la quantificazione del proprio premio e l’8% delle stesse individua
un meccanismo di quantificazione misto che stabilisce
l’individuazione di un importo base – capitario - da integrare in
misura pari alla percentuale di un determinato risultato del conto
economico ovvero della retribuzione complessiva del singolo
individuo.
Se i dati vengono disaggregati per tipologia aziendale si scoprono
interessanti divergenze. In particolare, i dati delle banche mostrano un
comportamento molto differenziato rispetto alle società finanziarie.
Mentre nelle prime, infatti, il meccanismo di quant ificazione più
diffuso rimane quello di legare il premio alla percentuale di una
determinata posta di bilancio (nel 35% dei casi), ben il 67% delle
società finanziarie, raggiunto un obiettivo di bilancio, fissa il premio
in un importo capitario (67%).
La disaggregazione dei dati per categoria dimensionale di
appartenenza delle aziende porta, anche in questo caso, a risultati
piuttosto disomogenei; se, infatti, il 67% delle aziende Maggiori e
(7 ) Al verificarsi di determinate condizioni di mercato, il premio viene fissato
in un importo corrispondente ad un dipendente inquadrato in un determinato livello
di inquadramento.
- 141 -
quelle Grandi quantificano il premio aziendale in cifra capitaria, tale
percentuale scende nel caso delle aziende Piccole al 20%. Presso tali
realtà vi è la percentuale maggiore di intese (39%) che quantifica il
premio in percentuale di una determinata voce di bilancio.
Quasi nessuna azienda prevede una relazione tra premio e
anzianità dei dipendenti.
Un dato interessante, specie in un periodo di contenimento dei
costi, quale quello vissuto dalle nostre aziende, riguarda la
computabilità o meno dei premi nel trattamento di fine rapporto: se in
passato tale tendenza era contenuta ma pur sempre presente a livello
di sistema, attualmente solo il 6% delle intese (9% presso le aziende
Piccole) prevede la computabilità ai fini del TFR. Per quanto riguarda
invece le società finanziarie la totalità delle nuove intese prevedono
esplicitamente la non incidenza del premio aziendale nel calcolo di
tale voce.
Per quanto attiene alle ulteriori caratteristiche desumibili dai testi
contrattuali, è interessante notare come sia cresciuta la percentuale di
intese che prevedono, per la determinazione e la quantificazione dei
premi, un riferimento ad indicatori calcolati sulla base del bilancio
consolidato di gruppo. Se nel 2007 tale percentuale si attestava al
31%, nell’attuale rilevazione ben il 57% delle intese analizzate
contiene tale previsione. Nel caso delle società finanziarie questa
previsione tocca la punta dell’88%, mentre per le banche si attesta al
47%.
E’ interessante rilevare, inoltre, come sia sceso il peso
percentuale delle intese (dall’11% all’attuale 8%) che prevedono la
possibilità per il dipendente di optare, al momento della liquidazione
del premio aziendale, per un contributo al proprio Fondo di
previdenza complementare in aggiunta ad una parte sotto forma di
retribuzione, in luogo dell’erogazione di tutto il premio in busta paga
(che solitamente, in quest’ultimo caso, avviene in misura inferiore). Il
19% delle intese (23% delle banche e 6% delle società finanziarie)
conferisce invece al lavoratore la possibilità di optare per la
percezione del premio, o di una parte del medesimo, sotto forma di
azioni vincolate dell’azienda, attribuendo al premio un valore
maggiore rispetto a quello percepito in busta paga.
Un’ultima interessante considerazione va fatta in ordine alle
previsioni relative all’estensione o meno della disciplina del premio
- 142 -
aziendale al personale in forza con contratto di lavoro diverso da
quello tradizionale full time a tempo indeterminato.
Innanzitutto il 100% delle aziende prevede l’attribuzione del
premio al personale che presta servizio a tempo parziale, stabilendo un
riproporziona mento del premio in base all’orario effettivamente svolto
dal lavoratore. Quanto alle altre tipologie contrattuali, i contratti
integrativi prevedono espressamente il pagamento del premio anche
all’apprendista ed al contrattista a termine nel 37% dei casi (59% nei
contratti delle società finanziarie e 29% delle banche); per i contratti
di inserimento tale valore si abbassa al 35% (53% nei contratti delle
società finanziarie e 29% delle banche), mentre il 33% paga il premio
anche ai lavoratori temporanei.
4.6.3 Un focus sugli indicatori di bilancio
In merito agli indicatori più comunemente utilizzati, a livello di
sistema, per la misurazione della produttività aziendale si evidenzia un
ricorso quasi esclusivo a quelli esemplificati nell'articolo 43 del
contratto nazionale di lavoro dell’8 dicembre 2008: Raccolta più
impieghi pro-capite, Ricavi da servizi pro-capite, Margine
d'intermediazione pro-capite e Valore aggiunto pro-capite. Rispetto
tuttavia ai dati osservati nella precedente rilevazione in cui risultava
un ricorso prevalente (39%) al “Margine di intermediazione procapite”, le nuove intese preferiscono misurare la produttività, nel 51%
dei casi tramite il “Risultato Lordo di Gestione pro-capite”, nel 15%
tramite la “Raccolta+Impieghi pro-capite”, nel 13% con il “Margine di
intermediazione pro-capite” e quindi nel 7% con il Valore aggiunto
pro-capite” o il ”Totale Attivo pro-capite”. Il 6% delle intese
preferisce invece far riferimento ad altri indicatore (i principali sono
“Commissioni nette pro-capite” ovvero “Contratti stipulati procapite”).
Nelle successive tavole 4.6 e 4.7, che sintetizzano i suddetti
risultati, vengono disaggregate le informazioni per banche e le società
finanziarie, nonché per la categoria dimensionale. Questi dati
mostrano che se il 40% delle Banche misura la produttività attraverso
il “Risultato lordo di gestione pro-capite” ed il 19% utilizzando la
- 143 -
“Raccolta + impieghi pro-capite”, le società finanziarie ricorrono al
“Risultato lordo di gestione pro-capite” ben nell’83% delle intese e al
“Margine d’intermediazione pro-capite” nel 13% dei casi.
Tavola 4.6 – INDICATORI DI PRODUTTIVITA’ UTILIZZATI DALLE AZIENDE DEL
CAMPIONE PER COMMISURARE IL PREMIO AZIENDALE EROGATO NEL 2008
Categoria di istituto
Aggregato
Indicatori Produttività
Intero Settore
Banche
Società
Finanziarie
VAP
7%
9%
0%
Raccolta+impieghi/n
15%
19%
0%
Ricavi da servizi/n
1%
2%
0%
Fondi Intermediati/n
0%
0%
0%
Marg. Intermediaz./n
13%
14%
13%
RLG/n
51%
40%
83%
Totale Attivo/n
7%
8%
4%
Altro
6%
8%
0%
Totale
100%
100%
100%
Fonte: elaborazioni Abi
- 144 -
Tavola 4.7 – INDICATORI DI PRODUTTIVITA’ UTILIZZATI DALLE AZIENDE DEL
CAMPIONE PER COMMISURARE IL PREMIO AZIENDALE EROGATO NEL 2008
Categoria dimensionale
Gruppi dimensionali
Indicatori Produttività
Magg.+Gra.
Medie
Piccole
Minori
VAP
0%
14%
13%
2%
Raccolta+impieghi/n
14%
14%
28%
7%
Ricavi da servizi/n
0%
0%
3%
0%
Fondi Intermediati/n
0%
0%
0%
0%
Marg. Intermediaz./n
0%
0%
20%
13%
RLG/n
72%
58%
23%
67%
Totale Attivo/n
0%
14%
0%
11%
Altro
14%
0%
13%
0%
Totale
100%
100%
100%
100%
Fonte: elaborazioni Abi
L’ulteriore disaggregazione dei dati, che consente una lettura più
dettagliata sulle scelte poste in essere dalle aziende, è quella fatta sulla
base della categoria dimensionale degli istituti. In questo caso, a fronte
di una netta predilezione delle aziende di maggiori dimensioni, di
quelle Minori e Medie per il “Risultato lordo di gestione pro-capite”
(rispettivamente nel 72%, nel 67% e nel54% dei casi), quelle Piccole
tendono a preferire nel 27% degli accordi la “Raccolta+impieghi procapite”. E’ interessante osservare come il “Valore aggiunto procapite”, un tempo indicatore scelto dalla quasi totalità del sistema per
commisurare il premio di produttività, oggi è presente solo nel 7%
delle intese.
Questo dato disaggregato per categoria dimensionale mostra
peraltro come il 14% delle aziende Medie ricorra ancora a questo
indicatore, a fronte del 13% delle Piccole, il 2% delle Minori e
- 145 -
praticamente nessuna delle aziende di maggiori dimensioni. E’
interessante notare, infine, come il “Margine d’intermediazione procapite” venga utilizzato unicamente dalle aziende di minori
dimensioni (Piccole e Minori) ed i “Ricavi da servizi pro-capite” solo
da quelle Piccole.
Tavola 4.8 – INDICATORI DI REDDITIVITA’ UTILIZZATI DALLE AZIENDE DEL
CAMPIONE PER COMMISURARE IL PREMIO AZIENDALE EROGATO NEL 2008
Categoria di istituto
Aggregato
Indicatori Redditività
Intero Settore
Banche
Risultato lordo di gestione
9%
14%
Società
Finanziarie
0%
Patrimonio netto
0%
0%
0%
Utile d'Esercizio
58%
50%
74%
Utile Operatività Corrente
18%
24%
3%
ROE
2%
2%
3%
Risultato netto di gestione
1%
2%
0%
MINTR
12%
8%
20%
Totale
100%
100%
100%
Fonte: elaborazioni Abi
Passando invece alla commisurazione del premio sulla base della
redditività aziendale, la scelta ricade ben nel 58% dei casi sull’“Utile
d’esercizio”, nel 18% dei casi sull’“Utile dell’operatività corrente”,
nel 12% sul “Margine d’intermediazione”, nel 9% sul “Risultato lordo
di gestione”, nel 2% sul “Return on Equity” (8) e solo l’1% sul
“Risultato netto di gestione”. La tabella evidenzia come vi siano
(8) ROE: Rapporto tra l'Utile d'Esercizio e la somma del Capitale e delle
Riserve
- 146 -
significative differenziazioni nella scelta degli indicatori tra banche e
società finanziarie che vede queste ultime utilizzare nella quasi totalità
degli istituti tra l’“Utile d’esercizio” (74% delle intese) e il “Margine
d’intermediazione” (20% degli accordi).
Tavola 4.9 – INDICATORI DI REDDITIVITA’ UTILIZZATI DALLE AZIENDE DEL
CAMPIONE PER COMMISURARE IL PREMIO AZIENDALE EROGATO NEL 2008
Categoria dimensionale
Gruppi dimensionali
Indicatori Redditività
Magg.+Gra.
Medie
Piccole
Minori
Risultato lordo di gestione
0%
0%
28%
2%
Patrimonio netto
0%
0%
0%
0%
Utile d'Esercizio
100%
49%
38%
66%
Utile Operatività Corrente
0%
25%
21%
17%
ROE
0%
0%
3%
2%
Risultato netto di gestione
0%
13%
0%
0%
MINTR
0%
13%
10%
13%
Totale
100%
100%
100%
100%
Fonte: elaborazioni Abi
Anche la dimensione aziendale influisce molto nella scelta dei
parametri di redditività; nel caso delle aziende di maggiori dimensioni
la scelta ricade nel 100% dei casi sull’“Utile d’esercizio” mentre tale
opzione è adottata dal 66% delle aziende Minori, dalla metà delle
aziende Medie e dal 38% di quelle Piccole.
Per quanto riguarda, infine, gli indicatori di efficienza scelti,
l’indagine ha messo in evidenza come tali parametri risultino quelli
meno diffusi nei contratti collettivi aziendali, e siano circoscritti al
“Cost-income ratio” (Costi operativi/margine d’intermediazione)
nell’87% dei casi e alle “Spese del personale/Margine
d’intermediazione” nel 13%.
- 147 -
Tavola 4.10 – INDICATORI DI EFFICIENZA UTILIZZATI DALLE AZIENDE DEL
CAMPIONE PER COMMISURARE IL PREMIO AZIENDALE EROGATO NEL 2008
Categoria di istituto
Aggregato
Indicatori Efficienza
Intero Settore
Banche
Società
Finanziarie
Spese personale/Fondi Interm.
0%
0%
0%
Costi Operativi/Fondi interm.
0%
0%
0%
Costi Operativi/MINTR.
87%
89%
80%
Spese personale/MINTR.
13%
11%
20%
Totale
100%
100%
100%
Fonte: elaborazioni Abi
Tali valori variano in funzione dell’aggregato considerato (l’89%
delle banche predilige il cost income ratio a fronte dell’80% delle
società finanziarie) e la scomposizione dei dati per categoria
dimensionale pone in luce come, nel campione di aziende analizzato,
le intese siglate che contengono un riferimento a tali indicatori
riguardino esclusivamente aziende piccole e minori.
Per concludere, i dati mostrano che le aziende piccole ricorrono al
“cost income ratio” nell’80% dei casi mentre per le aziende Minori,
tale percentuale sale fino al 92%.
- 148 -
Tavola 4.11 – INDICATORI DI EFFICIENZA UTILIZZATI DALLE AZIENDE DEL
CAMPIONE PER COMMISURARE IL PREMIO AZIENDALE EROGATO NEL 2008
Categoria dimensionale
Gruppi dimensionali
Indicatori Efficienza
Magg.+Gra.
Medie
Piccole
Minori
Spese personale/Fondi Interm.
0%
0%
0%
0%
Costi Operativi/Fondi interm.
0%
0%
0%
0%
Costi Operativi/MINTR.
0%
0%
80%
92%
Spese personale/MINTR.
0%
0%
20%
8%
Totale
0%
0%
100%
100%
Fonte: elaborazioni Abi
4.7 Conclusioni
Le retribuzioni di fatto per unità standard di lavoro dipendente
sono mediamente cresciute nel 2007, nell’intera economia italiana, del
2,1%, rispetto ad un tasso di inflazione effettiva - misurato dal FOI al
netto dei tabacchi – dell’1,7%, per un aumento, quindi, in termini
reali, di quasi mezzo punto percentuale.
Emerge dunque, nel confronto con il 2006, una decelerazione del
tasso di crescita nominale e reale delle retribuzioni (pari,
rispettivamente, al 3,3% ed all’1%).
Tale rallentamento è, tra l’altro, imputabile al ritardo nei rinnovi
contrattuali di alcuni tra i principali settori di attività economica, tra i
quali anche quello del credito, i cui accordi sono stati sottoscritti solo
a chiusura dell’anno 2007 ovvero nei primi mesi del 2008 ed hanno
previsto incrementi a copertura del periodo pregresso.
Ciò premesso, l’andamento delle retribuzioni di fatto dell’intera
- 149 -
economia italiana è la risultante di dinamiche settoriali non uniformi:
incrementi superiori alla media caratterizzano l’agricoltura (+3,4%),
l’industria in senso stretto (+2,8%) e le costruzioni (+3,6%). Tassi di
crescita più contenuti si sono rilevati, invece, nel settore dei servizi. In
particolare, a fronte di una crescita del 2,1% - in linea quindi con
quella media – dell’aggregato commercio, alberghi e pubblici esercizi
trasporti e comunicazioni, incrementi inferiori si sono rilevati tanto
nell’intermediazione finanziaria e servizi alle imprese quanto nelle
attività dei servizi (1,3%).
Le differenze per settore di attività economica derivano non solo
dalle diverse percentuali di incremento riconosciute a livello
contrattuale, ovvero dalle differenti politiche gestionali adottate dalle
imprese, ma sono anche il risultato dell’adozione del criterio di cassa
– in luogo di quello di competenza - per rilevare le informazioni.
Con l’utilizzo di tale criterio, che risente dei cicli negoziali di
ciascun comparto, è possibile un confronto significativo dei valori
solo con riferimento ad un più ampio orizzonte temporale.
Considerando, infatti, il periodo 2001-2007, si osserva una tendenziale
convergenza tra la variazione delle retribuzioni di fatto nei diversi
comparti italiani.
Per quanto concerne il settore del credito, il costo medio per
dipendente bancario (dati di fonte Banca d’Italia) è cresciuto, nel
corso del 2007, del 4,6% al netto dell’Irap e del 3,8% comprendendo
tale imposta, cioè più del tasso di inflazione effettivo del 2007 (1,7%),
attestandosi a 74,4 mila € senza l’imposta regionale e a 77,4 mila €
includendo la medesima.
Tenuto conto del periodo di vacatio contrattuale al quale si
riferiscono i dati, le ragioni del significativo aumento sono imputabili
alle politiche gestionali aziendali tese a premiare con promozioni ed
ad personam il personale in servizio, ed agli accantonamenti per far
fronte agli impegni derivanti dai rinnovi contrattuali. Questi ultimi
sottoscritti, rispettivamente, l’8 dicembre 2007 per le aree
professionali ed i quadri direttivi ed il 10 gennaio 2008 per i dirigenti
hanno previsto importi – erogati nel 2008 - a copertura del biennio
2006-2007.
In relazione alla produttività dei dipendenti bancari, misurata
attraverso il totale dell’attivo per dipendente a prezzi costanti, si
osserva un incremento superiore al 10% nel corso del 2007, più
- 150 -
elevato, quindi, rispetto a quanto registrato nel 2006 (+9%).
Considerando, invece, il valore aggiunto per dipendente a prezzi
costanti, si rileva una contrazione della produt tività del lavoro,
essendo l’indicatore diminuito nel 2007 di circa il 2%, a fronte
dell’aumento del 12% del 2006.
Il rapporto tra il costo del personale ed i costi operativi subisce
una crescita nel 2007 di 1,6 punti a causa di un incremento del costo
del personale pari al doppio dell’aumento dei costi operativi.
L’indicatore si attesta quindi al 56,3% rispetto al 54,6% del 2006.
L’andamento del costo del personale di settore tracciato
utilizzando i dati di fonte Banca d’Italia, è stato accompagnato
dall’analisi delle componenti che concorrono alla definizione di tale
variabile di bilancio, che dimostrano come la dinamica delle
retribuzioni dei dipendenti bancari sia stata tale da garantire il potere
d’acquisto delle retribuzioni dei medesimi.
E’ stato quindi simulato il trend retributivo di un dipendente in
servizio al maturare degli “automatismi” contrattualmente definiti ed è
stato verificato come, con le sole percentuali di incremento concordate
a livello nazionale e con il mero decorrere del tempo, il dipendente
abbia comunque ottenuto la salvaguardia del potere d’acquisto della
propria retribuzione. Il tutto si è realizzato senza tenere conto delle
politiche gestionali aziendali che, come ampiamente illustrato nel
Capitolo, hanno agito in modo da generare una divaricazione
crescente tra valori nazionali ed aziendali, aumentando dunque
significativamente le retribuzioni di fatto.
- 151 -
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