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Tolto Dio tutto è possibile
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
anno 22 | numero 11 | 23 marZo 2016 |  2,00
Tolto Dio
tutto
è possibile
«Vi sarà l’uomo nuovo, felice, superbo.
Colui al quale sarà indifferente vivere».
Dai romanzi di Dostoevskij ai killer romani
la verità è che l’autonomia ci fa “Demoni”
EDITORIALE
LA MEMORIA CHE SMASCHERA IL GOVERNO
L’ASCIA NEL CUORE
L’ecatombe dei
bambini Down
È in libreria La sparizione dei
bambini Down di Roberto Volpi
(Lindau) che già nel sottotitolo dà
una chiave di lettura al saggio: «Un
sottile sentimento eugenetico percorre l’Europa». Volpi, statistico, snocciola i numeri dell’ecatombe in Europa
e Italia, dove «a parità di nascite, di
due bambini Down che nascevano fino a trent’anni fa ne nasce meno di
uno». Abortiti e dimenticati non appena amniocentesi e villocentesi hanno appurato la presenza di un cromosoma in più. Il volume è serio,
documentato e ben fatto e alla lettura si rimanda anche per rendersi
conto a quali terribili traguardi abbia portato l’ossessione del figlio perfetto. Qui ci si permette una chiosa
a margine sulla diretta e inevitabile conseguenza della sparizione dei
bambini che è la sparizione di quei
genitori che, pure sapendo che i loro figli sarebbero nati handicappati,
hanno deciso di metterli al mondo.
Non è cosa da poco, se ci pensate. Significa che oggi abbiamo sempre meno possibilità di vedere e sperimentare nella società esempi di dedizione
totale. Se non diamo alla gratuità la
facoltà di manifestarsi e di essere incontrabile nelle vie e nei luoghi della
nostra vita comune, noi non stiamo
eliminando solo i Down, noi stiamo
soffocando la possibilità che una grazia turbolenta ci raggiunga, ci metta
in crisi, ci costringa a chiederci a che
vale occuparci del sangue del nostro
sangue. E di farlo secondo un compenso che non è contemplato dalla
gelida logica mondana dei più.
Emanuele Boffi
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Caro Alfano, in Senato è stata
una “vittoria” o l’ennesima “ammuina”?
D
ue anni fa, fummo i primi a rivelare che il governo aveva approvato alla
chetichella un programma di “inculturazione” dell’ideologia Lgbt
nelle scuole. Era il gennaio 2014. Scoprimmo allora che nonostante
l’apporto di una nutrita pattuglia di centristi teoricamente contrari all’indottrinamento ideologico nelle scuole, a partire dal novembre 2013, la
presidenza del Consiglio aveva deciso di finanziare linee guida di istruzione a dir poco “bizzarre”. Si trattava, per le fasce di età 0-4 anni, di istruzione alla “gioia” della masturbazione precoce. Quindi, dai 4-6 anni, di conoscenza dei genitali e di informazione sulle diverse concezioni di famiglia.
Infine, dai 6-9 anni gli alunni avrebbero dovuto essere informati dei propri “diritti sessuali”. Scoprimmo che per il lavaggio del cervello dei bambini erano già stati stanziati 10 milioni di euro e che la ministra Fornero si
era presa la briga di patrocinare la nuova linea di istruzione, naturalmente perché “raccomandata” dall’Europa.
Tempi pubblicò il decreto di Palazzo Chigi che conteneva la lista delle 29 associazioni (tutte gravitanDOPO AVER APPROVATO ALLA ti nell’orbita Lgbt) incaricate di
CHETICHELLA IL PROGRAMMA DI svolgere questa “formazione” nel“INCULTURAZIONE” DELL’IDEOLOGIA le scuole. E chiese ai centristi al goLGBT, CI HANNO PROVATO ANCHE
verno con Letta di dare spiegazioni
CON IL DDL SULLE UNIONI CIVILI
agli elettori.
Ora, a distanza di due anni, tocca ripeterci. Ricordate con quale cipiglio
il ministro Angelino Alfano ha rivendicato «la nostra vittoria» (Ncd), grazie allo stralcio delle adozioni gay dalla legge votata in Senato sulle unioni
civili? Purtroppo le cose non starebbero precisamente così. Lo sostengono
alcuni senatori (ex Ncd) che hanno chiesto e, a distanza di oltre un anno,
finalmente ottenuto dal presidente della Corte Costituzionale copia della
memoria con la quale il Governo si costituiva il 13 febbraio 2015 nel ricorso del Tribunale dei minorenni di Bologna riguardante il riconoscimento
in Italia dell’adozione di una bambina, avvenuta negli Stati Uniti da parte
di due donne lesbiche.
Da questa memoria emergerebbe che già un anno fa il ministro Angelino Alfano avrebbe sottoscritto una posizione che, come affermano in una
nota congiunta i senatori Giovanardi, Augello, Compagna, Mauro, Quagliariello e l’onorevole Roccella, «conferma purtroppo che il Governo si è
rimesso falsamente al Parlamento durante tutta la discussione sul disegno
di legge sulle unioni civili, perché in realtà aveva già compiuto una precisa scelta politico-ideologica sostenendo davanti alla Corte Costituzionale
che “non è astrattamente identificabile un pregiudizio per l’equilibrio psicofisico del bambino, legato al fatto di vivere in una famiglia incentrata su
una coppia omosessuale, non potendo questo tout court identificarsi con
una valutazione negativa derivante da un diffuso pregiudizio sociale
sull’argomento”». Cosa sarebbe stata dunque quella di Alfano: una
“vittoria” o una (ennesima) “ammuina”?
SOMMARIO
10 PRIMALINEA ERDOGAN USA I PROFUGHI PER I SUOI INTERESSI | CASADEI
NUMERO
11
IN EDICOLA
DAL 17 AL 23 MARZO 2016
anno 22 | numero 11 | 23 marZo 2016 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
Tolto Dio
tutto
è possibile
«Vi sarà l’uomo nuovo, felice, superbo.
Colui al quale sarà indifferente vivere».
Dai romanzi di Dostoevskij ai killer romani
la verità è che l’autonomia ci fa “Demoni”
26 INTERNI IL TAR E L’ACQUA SANTA | PICCININI
LA SETTIMANA
L’ascia nel cuore
Emanuele Boffi ........................... 4
Foglietto
Alfredo Mantovano.......... 8
Boris Godunov
Renato Farina.............................17
Consequentia rerum
P. G. Ghirardini ......................24
Vostro onore mi oppongo
Maurizio Tortorella..... 25
30 COPERTINA LE VERITÀ SUL DELITTO
DEL COLLATINO | GIOJELLI
Mamma Oca
Annalena Valenti .............. 35
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano ................. 39
Lettere dalla fine
del mondo
Aldo Trento .................................. 40
Sport über alles
Fred Perri...........................................42
La lettera delle suore
uccise nello Yemen............. 46
RUBRICHE
Stili di vita .......................................... 34
Motorpedia ....................................... 36
Lettere al direttore .......... 38
Taz&Bao................................................44
18 ESTERI RECESSIONE E SCANDALI. IL BRASILE CONTRO LULA E IL SUO PARTITO | GROTTI
Foto: Ansa, Ansa/AP Exchange
FOGlIETTO
«I FANTASMI DI QUESTO OSCENO GIUOCO»
Liberalize it.
O della schizofrenia
del nuovo che avanza
DI AlFrEDO MANTOvANO
È
difficile arrivare fino in fondo nella lettura dei dettagli dell’omicidio
di Luca Varani, anche per chi è abituato alle vicende giudiziarie più crude. A
mordere le viscere non sono solo le pratiche sessuali cui i suoi assassini – e probabilmente lui stesso – erano abituati; e neanche la rassegna delle sevizie che si sono
moltiplicate sul suo corpo; è piuttosto la
banalizzazione di un male gratuito, inferto per noia e per vedere come si muore,
accompagnato dal disappunto perché la morte
NON C’È rElAzIONE DIrETTA FrA lE NUOvE
non arriva così presto.
NOrME SUGlI STUpEFACENTI E lA MOrTE
È un male che non rieDI
vArANI. MA È CErTO ChE lA DrOGA FA
sce ad avere spiegazione
ESplODErE
pErSONAlITà DEvIATE. E ChE
umana, ma la cui esploIl MESSAGGIO “NON FA MAlE” È pASSATO
sione è favorita da strumenti che la follia in cui
siamo immersi moltiplica e mette a dispo- di un’autentica legalizzazione; non basta
quella di fatto, già realizzata, va proclasizione in modo altrettanto gratuito.
È obiettivo che quanto accaduto fra il mata di diritto, in modo che il messaggio
3 e il 5 marzo in un appartamento alla pe- che non fa male sia sancito nel modo più
riferia di Roma trovi nell’uso massiccio di esplicito. In assenza di dati ufficiali, si ha la
droga una componente importante. È al- percezione, da giornali e tg, che gli omicitrettanto obiettivo che da un paio d’anni di provocati nel corso di incidenti stradali
l’approvvigionamento di stupefacenti in- causati da conducenti che usano droga siacontra minori ostacoli, grazie a un decreto no in crescita; i dati mancano perché è raro
legge imposto al parlamento dal governo che dopo un sinistro si tenti di capire se il
allora appena costituito. Sarebbe illogico responsabile fosse sotto l’influsso di stupestabilire una relazione di causa/effetto fra facenti, e perché la sciagurata riforma ha
le disposizioni introdotte nel marzo 2014 disarticolato le istituzioni che svolgevano
e il delitto in questione. Ma è certo che per- il monitoraggio: si procede al buio.
La dinamica perversa somiglia a quella
sonalità deviate, già propense a gesta assurde, esplodano dopo l’assunzione di dro- che connota un altro fronte di aggressione
ghe; è certo che questa è contrastata molto alla vita: le leggi e le sentenze che permetmeno di prima; è certo che essa, grazie al tono di scegliere un figlio à la carte, di comcontesto in senso lato culturale condizio- missionarne il confezionamento a più donnato da leggi permissive, ha perso conno- ne, chi per la cessione dell’ovulo chi per
l’affitto dell’utero, di strapparlo a entramtazioni negative e timori di punizioni.
E non ci si ferma: in Parlamento cen- be. Nessuno può assicurare che in assenza
tinaia di firme accompagnano la proposta di tale deriva normativa qualcuno non ci
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avrebbe provato, ma il conforto che proviene dalle nuove leggi, e dai media che
approvano e rilanciano, moltiplica l’“uso”
di essere umani per soddisfare desideri
che nulla hanno a che fare con la generosità e con l’accoglienza di una nuova vita.
La saggezza di Walker e De André
Andrebbe aggiornato l’insegnamento di
Nigel Walker, criminologo scomparso da
poco all’età di quasi cento anni, già docente a Yale di Hillary Clinton, il quale era solito ricordare che «la legislazione di una
generazione diventa la morale della generazione successiva». Va aggiornato nel senso che oggi le leggi che i Parlamenti mettono a disposizione di una generazione
diventano, molto prima che trascorra il
tempo del ricambio generazionale, mezzi
dei quali chi viene subito dopo si impossessa senza remore di ordine etico. In tanti sul fronte libertario condividono l’impegno di Obama per porre limiti alla vendita
(quasi) libera di armi negli States: all’insegna del non alimentare pulsioni violente
già presenti, mettendo a disposizione strumenti micidiali. La medesima logica poi
non vale né per la droga né per le tecniche
di manipolazione genetica: la coerenza è
da tempo sfrattata da ambienti culturali e
politici oggi egemoni.
«Le parole che dico non han più né forma né accento, si trasformano i suoni in
un sordo lamento, mentre fra gli altri nudi io striscio verso un fuoco che illumina i
fantasmi di questo osceno giuoco»: così il
Cantico dei drogati, di Fabrizio De André.
È l’epitaffio dell’oscenità ludica e annoiata di due fantasmi che hanno tolto la vita
a un ragazzo di 23 anni. Con mezzi generosamente messi a disposizione dalla schizofrenia del nuovo che avanza.
Foto: Ansa
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IL RICATTO DEL SULTANO
Così Erdogan ha usato la marea dei disperati per convincere
la Germania ad aprirgli le porte e il portafoglio dell’Europa. Senza
dover rinunciare ai suoi piani illiberali. Alternative? Non pervenute
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La chiusura della “rotta balcanica” rischia
di trasformare la Grecia in una malsana
tendopoli, con scene da collasso della civiltà
come quelle che vengono trasmesse
dagli accampamenti di Idomeni (14 mila
profughi) alla frontiera con la Macedonia
DI RoDolfo CASADEI
Profughi
Unico argine la sottile linea turca?
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| Foto: Ansa
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IL RICATTO DEL SULTANO PRIMALINEA
L’ingresso della Turchia nell’Unione
non è una priorità per Erdogan. Quel
che gli interessa è poter vantare un
successo in patria, sempre in funzione
del progetto di concentrare tutti
i poteri nelle mani del capo dello Stato
zo sicuro” e respingervi persone che hanno intenzione di chiedere asilo in Europa
è un atto ai limiti della legalità internazionale, non essendo Ankara firmataria di
tutti i protocolli di Ginevra relativi a profughi e richiedenti asilo; l’applicazione
letterale del principio “un siriano accolto per ogni siriano respinto” dalle isole
greche si presta alle manipolazioni più
fantastiche; esentare dal visto di ingresso
75 milioni di turchi, almeno 15 dei quali vivono nel sud-est e nell’est tormentati dalla guerriglia del Pkk e dalla repressione talvolta indiscriminata delle forze
governative, rischia di generare un flusso di immigrati illegali turchi (soprattutto
di origine curda) verso l’Europa, e dall’altra parte appare impossibile da attuare
entro giugno, risultando Ankara inadempiente riguardo a 72 criteri (François Hollande dixit) da rispettare per la liberalizzazione dei visti; l’apertura di nuovi capi-
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tive con Ankara parallele a quelle che le
istituzioni europee stavano conducendo.
La cancelliera ha fatto circolare la storiella secondo cui nemmeno lei sapeva nulla della proposta turca fino all’invito a
cena in ambasciata che lei e il presidente
di turno olandese Mark Rutte hanno ricevuto da Davutoglu. La verità è che mentre
Donald Tusk, Frans Timmermans (il vice
di Juncker) e Federica Mogherini facevano
la spola fra Bruxelles e Ankara e affidavano ai rispettivi funzionari il compito certosino di mettere a punto i meccanismi
per affinare e rendere operativo l’accordo del 29 novembre (quello dei 3 miliardi di euro alla Turchia per incoraggiarla
a tenersi i profughi siriani), la Merkel per
conto suo incontrava sei volte il governo
turco e delineava quello che poi sarebbe
stato fatto passare agli ignari capi di governo europei riniti a Bruxelles come il piano Davutoglu dell’ultimo momento. Alcuni dei contenuti qualificanti di quel piano erano già stati fatti filtrare alla stam-
pa tedesca nelle settimane precedenti.
Persino l’edizione in lingua inglese di Der
Spiegel ancora a metà di febbraio speculava: «Il nucleo del piano Merkel è un’offerta di prendere un numero predeterminato di rifugiati ogni anno, fra i 200 e i 300
mila. Essi verrebbero poi redistribuiti in
tutta l’Europa, e ogni stato membro sarebbe tenuto ad accoglierne una quota. Idealmente, tutti quelli che di loro iniziativa
passano dalla costa turca alle isole greche
verrebbero respinti in Turchia. Lì dovrebbero decidere se fare domanda per essere inseriti nella quota annuale destinata
all’Europa o fare ritorno in patria».
Il piano Tusk mirava più modestamente al respingimento in Turchia degli emigranti economici approdati sulle spiagge
greche (i non siriani e i non iracheni) e a
un maggior impegno da parte di Ankara
nell’impedire le partenze dalle sue coste.
Col piano Davutoglu non solo la Turchia
accetta di riprendersi i migranti economici, ma anche di tradurre in realtà la visio-
I duE AsPEttI dEL PIANo chE PIù hANNo fAtto sENsAzIoNE
soNo IL PRINcIPIo “uN sIRIANo AccoLto PER ogNI sIRIANo
REsPINto” E LE sostANzIosE coNcEssIoNI ALLA tuRchIA
Foto: Ansa/AP Exchange
N
on tutti sono d’accordo su
tutto, ma la strada oramai
è aperta. Il summit
dell’Unione Europea del
17 e 18 marzo sancisce il
nuovo modello di sviluppo
dei paesi confinanti con l’Europa dei 28:
incasseranno valuta e godranno di privilegi come portinai del vecchio continente,
piantoni della fortezza Europa, buttafuori della discoteca Deutschland über alles.
Recep Tayyip Erdogan e Angela Merkel
hanno mostrato la via e gli imitatori non
mancheranno.
Secondo la vulgata corrente, la controproposta turca con cui il primo ministro
Ahmet Davutoglu lunedì 7 marzo si è presentato al summit euro-turco di Bruxelles
sui migranti, dopo averla anticipata alla
Merkel e al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk la sera della domenica, è
stata un colpo di scena inatteso, una spudoratezza da bazar. La verità è che la Germania ha condotto per settimane tratta-
ne ideale della Merkel: si riprende i siriani e li mette in coda nella lista di attesa di
quelli che accettano di seguire le procedure legali per rientrare fra quanti l’Europa
acconsente ad accogliere.
I due aspetti del piano che più hanno fatto sensazione sono il principio “un
siriano accolto per ogni siriano respinto” e
soprattutto le sostanziose concessioni che
l’Europa farebbe: il versamento di altri
3 miliardi di euro a partire dal 2018 (in
aggiunta ai 3 miliardi già stanziati per il
2016-2017), l’esenzione del visto d’ingresso nell’area Schengen per tutti i cittadini turchi a partire dal giugno di quest’anno e l’apertura di nuovi capitoli del negoziato per l’accesso della Turchia all’Unione Europea. Le obiezioni sono piovute a
grappoli: dichiarare la Turchia “paese ter-
toli del negoziato per l’accesso della Turchia all’Europa, infine, è semplicemente impossibile nel momento in cui il suo
governo prende il controllo dei media di
opposizione (vedi il caso del quotidiano
Zaman e dell’agenzia di stampa Bakis) e
continua a non riconoscere il governo di
un paese membro dell’Unione, quello di
Cipro che siede a Nicosia, come l’unico
governo dell’isola.
È già abbastanza umiliante per l’Europa concludere accordi con un paese in
piena deriva autoritaria, ambiguo al limite della complicità nei confronti dell’Isis
e coinvolto nella destabilizzazione della Siria, ma addirittura aprirgli le porte dell’adesione! Il fatto è che la Turchia è pienamente consapevole del potere di ricatto di cui dispone nei confronti
dell’Europa nel contesto della crisi attuale, e lo sta usando fino in fondo. La vicenda dei profughi ha messo in crisi i rapporti fra i 28 e mostrato la mancanza
di solidarietà e di una politica comune.
Se il flusso dei profughi verso i paesi del
Nord Europa continua, la Merkel e gli
altri governi della zona rischiano di perdere tutte le prossime elezioni; se l’ondata dei profughi s’infrange sulla barriera che Austria, Ungheria e paesi balcanici
hanno creato negli ultimi mesi, in Grecia
scoppia una crisi umanitaria che sommata alla crisi economica e al disagio sociale
causato dalle politiche di aggiustamento
strutturale cui Atene è sottoposta rischiano di innescare l’uscita del paese dall’euro
e la conseguente catastrofe continentale.
Il vero disegno di Recep
È per questo che Ankara può permettersi di alzare il prezzo della sua collaborazione alla soluzione dei problemi nel
momento stesso in cui vìola tutti i princìpi europei possibili e immaginabili in
materia di libertà di stampa e di diritti
politici (il governo sta cercando di togliere l’immunità ai deputati curdi per poterli accusare di complicità col Pkk e arrestarli). La sudditanza europea nei confronti dell’autoritario governo turco non è
solo una questione di incoerenza coi propri princìpi: rappresenta una complicità
attiva coi disegni autocratici di Erdogan.
L’ingresso della Turchia nell’Unione non è
affatto una priorità per costui: lo costringerebbe a rispettare standard in materia
di diritti politici e civili che sono estranei
ai suoi programmi. Quel che gli interessa
veramente è un successo propagandistico
personale. Anche se la liberalizzazione dei
visti entro giugno non sarà possibile e se
l’adesione all’Europa resterà una chimera, Erdogan può ora indire un referendum
costituzionale per concentrare nelle mani
del capo dello Stato tutti i poteri, presentandosi agli elettori come colui che ha
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pRIMALINEA IL RICATTO DEL SULTANO
costretto l’Europa a concedere alla Turchia ciò che le aveva sempre negato.
La sostanziale accettazione da parte
dell’Europa del piano Davutoglu sponsorizzato dalla Merkel non va letta in antitesi alla chiusura della rotta balcanica
sponsorizzata da Tusk: le due politiche
si sostengono e si completano a vicenda,
nonostante la retorica merkeliana e le
opposte propagande dei ponti e dei muri
abbiano cercato di far credere il contrario. La politica delle porte aperte annunciata dal cancelliere tedesco nel settembre
scorso non poteva durare: aveva alleggerito i paesi di primo approdo (Grecia e Italia), ma messo in allarme i paesi dell’Est
nei quali avrebbe dovuto essere ricollocata una quota dei profughi e quelli lungo il percorso dei viaggi della speranza.
Ungheria e Austria, i paesi europei che
più si sono ribellati alla politica tedesca, si
sono trovati a gestire non solo i problemi
e i costi logistici legati alla loro condizione di territori corridoio, ma anche un’impennata delle domande di asilo: le 174.435
domande del 2015 in Ungheria e le 85.505
in Austria pesano di più delle 441.800
in Germania. Mentre queste ultime corrispondono a una media di una domanda ogni 183 abitanti, quelle depositate in
Ungheria equivalgono a una ogni 56 abitanti e quelle dell’Austria a una ogni 100.
Solo la Svezia è paragonabile ai due paesi
mitteleuropei, con 156.110 domande che
equivalgono a una ogni 62 abitanti.
A spese della Grecia
Mentre criticava la politica delle frontiere
chiuse dell’Ungheria prima e dell’Austria
e dei suoi alleati balcanici dopo, la Merkel
se ne avvantaggiava, perché quella politica ha determinato una flessione degli arrivi in Germania e quindi una minore irritazione degli elettori tedeschi conservatori nei suoi confronti. Gli effetti collaterali
della chiusura della rotta balcanica però
sono perversi. Nel breve periodo trasfor14
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mano la Grecia in una malsana tendopoli, con scene da collasso della civiltà come
quelle che vengono trasmesse dagli accampamenti di Idomeni (14 mila profughi)
alla frontiera con la Macedonia. Nel medio
termine rischiano di causare un tracollo delle istituzioni ad Atene per il combinato disposto di depressione economica e sovrappiù di disagio sociale da immigrazione di massa (i profughi allo sbando in terra ellenica sono 35 mila). Nel lungo periodo la compromissione del principio della libera circolazione delle persone, il contenuto fondamentale degli accordi di Schengen, causerebbe danni economici per mancato Pil che la Commissione europea stima fra i 500 e i 1.400 miliardi di euro in un decennio. Dunque l’accordo con la Turchia e la chiusura della rotta
L’Ungheria ha già annunciato che costruirà una barriera di confine con la Romania identica a quella eretta sulla frontiera
con la Serbia se i flussi migratori si sposteranno da quella parte. Le autorità italiane
e albanesi da settimane si incontrano per
mettere a punto un piano di emergenza
nel caso che i profughi intrappolati in Grecia decidessero di passare in Albania e da
lì salpare per l’Italia. Il Guardian annuncia
la creazione di una rotta che passerebbe
attraverso l’Ucraina, raggiunta dagli aspiranti profughi attraverso il Mar Nero.
Boom di sbarchi in vista
In tutti gli scenari, una delle certezze
è che gli sbarchi in Italia aumenteranno esponenzialmente. Fra l’inizio dell’anno e l’8 marzo, in Italia sono sbarcati
NEANchE L’AccoRdo coN ANkARA E LA chIusuRA dELLA RottA
BALcANIcA soNo RIsoLutIvI: sI fA A GARA A INdovINARE
quALI NuovE vIE INAuGuRERà L’EMIGRAzIoNE cLANdEstINA
balcanica con la messa in sicurezza delle
frontiere esterne dell’Unione devono essere contestuali: è quello che Tusk ha sempre detto apertamente, e che la Merkel ha
sempre saputo ma non ha mai ammesso
per opportunismo politico.
Tuttavia nemmeno questo duplice
provvedimento sembra dover mettere la
parola fine alla crisi: in tutte le capitali
europee e nelle sedi centrali delle grandi
organizzazioni internazionali si fa a gara a
indovinare quali nuove tratte inaugurerà
l’emigrazione clandestina. Ha dichiarato
la portavoce dell’Alto commissariato Onu
per i profughi Carlotta Sami: «La chiusura
della rotta balcanica non fermerà i flussi.
Avremo nuove rotte con nuovi problemi.
Ci stiamo preparando a un aumento degli
arrivi attraverso la Libia, la Bulgaria, dalla
Turchia all’Italia e dalla Libia all’Italia. C’è
anche la possibilità che un maggior numero di persone passi attraverso la Spagna».
9.294 migranti irregolari, contro i 9.117
dell’anno scorso nello stesso arco di tempo. Un’inezia rispetto ai 131.847 sbarcati nello stesso periodo del 2016 sulle isole greche. L’anno scorso l’Italia è stata l’approdo di 153.842 irregolari, in diminuzione rispetto al 2014 quando erano stati 170
mila. L’unico modo per non assistere a un
incremento sostanziale di questi numeri e
magari abbassarli un po’ è una stabilizzazione della situazione politico-militare in
Siria e in Libia. Possibile ma non probabile.
Ma anche una Libia e una Siria stabilizzate potrebbero diventare hub di rinnovate
migrazioni di massa per motivi economici
(l’Africa nera) o legati a guerre (Iraq, Afghanistan) verso l’Europa. A quel punto all’Italia non resterebbe che proporre il modello Davutoglu a molti paesi che si affacciano sul Mediterraneo: fate da piantoni e
da portinai per noi, paghiamo bene e vi
lasciamo visitare casa nostra senza visto. n
boris
godunov
FrAnCiA E grAn brETAgnA non si Tirino indiETro
Chi ha voluto il disastro libico
ora non può chiudere le porte
Lo dice perfino Obama
|
di rEnATo FArinA
b
oris gongola e contemporaneamente si infuria.
Finalmente
Obama si è svegliato. Nelle crisi siriana e libica non c’entra il fato, ma la colpa è di Parigi e Londra, con lo stupido
avallo di Washington. Questi paesi dovrebbero assumersi la responsabilità morale e politica della disastrosa avventura per defenestrare Gheddafi e Assad, e pagare i danni che la loro sciagurata decisione, obbediente a interessi meschini, ha causato a quelle
popolazioni precipitate in guerre civili innescate ad arte. Con
masse di inermi che fuggono. Le accolgano, invece di chiudere i
cancelli e rimettersi a bombardare la Cirenaica e la Tripolitania.
Le cose sono come Boris or ora ha scritto ma scrive peraltro da
anni. La catastrofe della Libia, in balia di macellai d’ogni genere,
con 104 tribù l’una contro l’altra armate, con il Califfo che minaccia Roma e ci manda addosso disgraziati immigrati a non finire,
mescolando alle masse di disperati; questa infamia libica che ci
pende come un masso sulla testa non è colpa del destino cinico e
baro. Ha per autori uomini e donne in carne e ossa, i quali ancora
adesso pontificano come fossero salvatori del mondo e invece, insieme ai loro Stati, ci stanno trascinando verso la dannazione. Di
due di costoro ha fatto direttamente il nome Barack Obama: e sono Nicolas Sarkozy, nel fatale marzo 2011 presidente della Francia, e David Cameron, premier del Regno Unito. Obama non mette miele nelle parole: li accusa di essere stati “scrocconi”. Hanno
preso in giro gli americani, che ci hanno messo un miliardo di
dollari – dice Obama – per sostenere le imprese belliche di questi
due conquistatori da strapazzo. Non dice tutto Obama. Non può.
Chi si lasciò convincere, e in riunioni riservate con Sarkozy e Cameron all’Eliseo disse ottusamente di sì, fu Hillary Clinton. Due
scrocconi e un’oca giuliva.
Noi restiamo dell’idea che questa gente abbia avuto un complice, almeno uno, ma potentissimo, in Italia, e che anch’esso
non è nominabile da Obama, e stava al Quirinale.
Scrocconi: un’ingiuria equivalente a un guanto sulla faccia in
epoche di sfide a duello e dichiarazioni di guerra.
Le memorie di Berlusconi, affidate ad Alan Friedman avevano
già raccontato perfettamente come l’Italia, nella persona del suo
presidente del Consiglio, fosse stata tenuta all’oscuro, per evitare
che obiettasse con il buon senso e la conoscenza della situazione.
Berlusconi nell’incontro all’Eliseo del 19 marzo 2011, al tavolo
con i capi di trenta paesi, fu messo di fronte al fatto compiuto. Do-
iL PrEsidEnTE AMEriCAno si LAMEnTA
dEi duE “sCroCConi” sArKoZY
E CAMEron, MA non diCE TuTTo.
CHi si LAsCiò ConvinCErE dAgLi
EuroPEi Fu HiLLArY CLinTon.
E in iTALiA bErLusConi Trovò dAvAnTi
A sé un nAPoLiTAno inTErvEnTisTA,
sECondo LA soLidA TrAdiZionE
dEi MigLiorisTi CoMunisTi
po aver tenuto un gabinetto segreto con Cameron e Clinton, il Napoleone francese comunicò che gli aerei rombavano e non bisognava perdere tempo. Berlusconi urlò contro Sarkozy, definì una
follia quella scelta contro Gheddafi, ma rimase isolato.
Ora Obama sostiene che contava in una maggior cura della Libia da parte di questi due Paesi europei, poiché la Libia è vicina.
Vicina a chi? Magari un ripasso di storia e di geopolitica avrebbe
fatto nascere il sospetto in Obama che il paese vicino è l’Italia, e
che la Libia, per usare un’espressione cara agli americani, è “nel
cortile di casa nostra”. E avremmo dovuto avere il diritto di veto.
In Italia Berlusconi mantenne il punto. Ma trovò davanti a
sé un Napolitano interventista più che mai, secondo la solida
tradizione dei miglioristi comunisti, il quale volle consegnare
le nostre basi alla Nato per i bombardamenti in Libia. Berlusconi poteva dire di no? Formalmente sì. Ma l’invasione di campo e
le pretese di Napolitano, capo delle forze armate, avrebbero causato una crisi istituzionale senza precedenti in caso di diniego
del premier.
Le circostanziate accuse di Barack Obama sono state ridotte
a poche righe sui giornaloni e sottaciute dai Tg. Per due ragioni. Dovrebbero spingerci a diffidare della Clinton e a dar ragione a Putin. E questo è troppo per la nostra intellighenzia benpensante. Renzi dimostri per una volta di non essere il monello delle
ore di ricreazione, e si faccia sentire: che Francia e Regno Unito
paghino i danni di questa guerra insulsa e delle sue conseguenze sul nostro Paese e su quelli da loro ridotti a macerie. Boris dixit. O è un mitomane?
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ESTERI
OPERAZIONE LAVA JATO
Lo Stato
sotto accusa
Asfissiati da recessione e scandali politici, milioni
di brasiliani sono scesi in piazza per denunciare
non tanto le tangenti al partito, quanto «il modo
di governare di Lula e Rousseff negli ultimi quindici
anni. Come Chávez, distruggono la democrazia
con gli strumenti propri della democrazia»
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DI LEONE GROTTI
Luiz Inácio da Silva Lula,
uno dei politici più influenti
al mondo, leader del Partito
dei lavoratori, presidente
del Brasile dal 2002
al 2010 e mentore di Dilma
Rousseff, attuale presidente
rieletta per la seconda
volta nel 2014
ESTERI OPERAZIONE LAVA JATO
Petrobras è una società a maggioranza pubblica e il governo nomina la
sua direzione amministrativa e operativa. Petrobras può assegnare alle imprese le opere infrastrutturali e quelle di
costruzione delle raffinerie in due modi:
con gara di appalto pubblica o, eccezionalmente, su invito. In entrambi i casi,
veniva chiesta all’impresa per conto dei
partiti una tangente per una cifra pari
all’1-3 per cento del valore del contratto.
Per dividersi le opere e il pagamento delle tangenti, le imprese si sono riunite in
grandi gruppi, come Oas o Utc. Altri partiti sono coinvolti nello scandalo, ma è il
Pt la mente e il principale beneficiario.
Azevedo, perché la manifestazione ha
attratto così tante persone?
protetto. Hanno investigato Lula solo per
infrazioni leggere, ma le accuse potrebbero essere molto più pesanti.
Perché l’operazione Lava Jato non è
un semplice scandalo di tangenti, ma
rivela l’essenza del modo in cui il Pt ha
governato per 15 anni, cercando di fare
dello Stato uno strumento per il rafforzamento del partito. Il cuore del problema
non sono le tante persone che senza dubbio si sono arricchite a livello personale,
ma il trasferimento di risorse pubbliche
nelle casse del partito.
Come funzionava lo scambio di favori
tra imprenditori, Petrobras e Pt?
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Domenica 13 marzo tre
milioni di brasiliani sono
scesi in oltre 150
piazze per chiedere a
gran voce le dimissioni
di Dilma rousseff.
reinaldo Azevedo, uno
dei giornalisti politici
più importanti del
Brasile, spiega a tempi
come è nata
l’operazione Lava Jato
e quali sono le accuse
mosse ai leader del
Partito dei lavoratori
Come venivano pagate le tangenti?
In due modi: o clandestinamente su
conti correnti esteri e in contanti in Brasile, o nella forma di contributi alle campagne elettorali del Pt. In apparenza erano
donazioni, in realtà tangenti delle quali il Pt teneva addirittura una contabilità
parallela e che usava per vincere tutte le
consultazioni popolari.
Le prove a sostegno di queste accuse
sono robuste?
Sì. Ricardo Pessoa, uno degli imprenditori del gruppo Utc, afferma che l’attuale ministro delle Comunicazioni sociali,
Edinho Silva, braccio destro di Rousseff e
tesoriere della sua campagna elettorale,
lo ricattò chiedendo il pagamento di 10
milioni di reais (2,5 milioni di euro) sotto forma di donazioni legali. Lui ha pagato 7,5 milioni ed è stato arrestato prima di
poter saldare il conto.
I sostenitori del Pt parlano di accanimento giudiziario.
Che sciocchezza. Il Pt è il partito
più influente negli ambienti giudiziari.
Secondo me, al contrario, il partito viene
vadano arrestati dopo un regolare processo. Dalle prove emerse finora, sono convinto che siano colpevoli di crimini gravi. Però bisogna aspettare la fine del processo. Il giudice Moro, ad esempio, poteva evitare qualche giorno fa di condurre
Lula in modo coercitivo in questura per
una deposizione.
È vero che hanno messo in mezzo Lula
solo perché progetta di candidarsi per
«reCeSSIone, InfLAzIone e Povertà. CI vuoLe
InCoMPetenzA e tAnto AMore ALL’errore Per
ArrIvAre A unA SIMILe teMPeStA PerfettA»
In tanti però sono preoccupati dai metodi al limite della legalità usati dai pubblici ministeri e dal giudice Sergio Moro,
che ha avviato le indagini nel 2014.
Anch’io. Si è abusato ad esempio degli
arresti preventivi. Non sempre è stato
rispettato l’articolo 312 del Codice di procedura penale, che disciplina l’utilizzo
di questo strumento. Bisogna porre un
freno a queste esagerazioni. Vorrei essere chiaro: io credo che Lula e Rousseff
la terza volta alla guida del paese nel
2018?
Questa è una stupidaggine messa in
giro dal Pt. Lula è stato colto in fallo in
due casi piccoli, se si considera l’immensità delle cifre in gioco. Due imprese edili
investigate nell’operazione Lava Jato hanno pagato una tangente a Lula costruendogli una casa di villeggiatura e un appartamento. Ma c’è di peggio: l’ex presidente in quattro anni ha fatturato 27 milioni
di reais (6,5 milioni di euro circa). Di questi, almeno 18 sono tangenti. Ma qui parliamo di benefici personali, perché i gua-
dagni del partito sono invece stratosferici e Lula, secondo i pentiti, sapeva tutto.
E questo disastro non ha niente a che
vedere con le tangenti?
Recessione economica e scandalo politico sono collegati?
No. Lo scorso anno il Pil è calato del
3,8 per cento. Senza Lava Jato, forse sarebbe diminuito del 3,6 per cento.
No. Il Brasile governato prima da Lula
e poi da Rousseff ha approfittato della supervalorizzazione dei suoi prodotti
agricoli e minerari per creare un modello
economico fortemente ancorato al consumo. Convinto che il ciclo del denaro facile sarebbe durato per sempre, non ha fatto nessuna delle riforme necessarie a rendere la crescita duratura. Per 10 anni, fino
al 2012, la spesa pubblica è aumentata in
percentuale molto più delle entrate. L’erario pubblico è stato utilizzato come un
pozzo senza fondo. Quando la valutazione delle materie prime è tornata a crescere a un ritmo inferiore, anche a causa della crisi cinese, la bolla è scoppiata.
Quali sono i numeri della crisi?
Foto: Ansa/AP Exchange
I
Domenica scorsa
tre milioni di persone sono
scese in piazza in oltre 150 città brasiliane per chiedere a
gran voce le dimissioni della
presidentessa Dilma Rousseff,
rieletta nel 2014 per il Partito dei lavoratori (Pt), che governa il paese ininterrottamente dal 2002. Quella che sta investendo il Brasile è una «tempesta perfetta»: da
un lato è in atto la più grande recessione
economica degli ultimi 25 anni, dall’altro
è entrata nel vivo l’operazione Lava Jato
(Autolavaggio), che ha scatenato la manifestazione record e che indaga un gigantesco scandalo di corruzione che coinvolge il Pt, un vasto gruppo di imprenditori e la compagnia energetica di bandiera Petrobras. Secondo le accuse, il partito
di sinistra al governo avrebbe intascato in
tangenti 2 miliardi e mezzo di euro. Nello scandalo è indagato anche Luiz Inácio
da Silva, soprannominato Lula, uno dei
politici più influenti al mondo, leader del
Pt, presidente del paese per due mandati
dal 2002 al 2010 e mentore di Rousseff. Di
Lula, quasi un eroe nazionale, i pubblici
ministeri hanno chiesto l’arresto cautelare la scorsa settimana.
L’inchiesta che sta sconvolgendo il
quadro politico del paese ha una miriade di implicazioni ma non bisogna farsi
distrarre dai dettagli o dai proventi illeciti che le tangenti hanno fruttato ai singoli politici. Il cuore dello scandalo, infatti,
è costituito dal «tentativo del Pt di egemonizzare il potere e di stabilirsi come partito unico sul modello delle nuove sinistre autoritarie come in Venezuela, dove
Chávez ha distrutto la democrazia usando gli strumenti propri della democrazia». La disamina è di Reinaldo Azevedo,
uno dei giornalisti politici più importanti del Brasile, scrittore di cinque libri (tre
best-seller), autore di uno dei 10 blog più
seguiti del paese, firma del settimanale
Veja e del quotidiano Folha de São Paulo
e conduttore del programma radio leader
di ascolti Os Pingos Nos Is.
mpeachment.
Il modello economico petista è riuscito a fare il “miracolo” di unire a una
recessione vicina al -4 per cento, un’inflazione annuale sopra il 10 per cento con i
tassi di interesse più alti al mondo, 14,25
per cento, senza considerare la povertà
che dilaga e la disoccupazione galoppante. Ci vuole molta incompetenza e molto
amore all’errore per arrivare a una simile
tempesta perfetta.
Il Pt come ha gestito il potere negli ultimi 15 anni?
Il partito di Lula ha trasformato lo Stato brasiliano in una proprietà del partito. L’amministrazione federale dispone di
circa 25 mila incarichi di fiducia di libera nomina senza concorso pubblico. Questo è assurdo. Poi ci sono migliaia di posti
nelle aziende statali e nelle fondazioni
pubbliche. Così si raggiunge la cifra favolosa di 100.313 incarichi (dati relativi al
2015), cioè il 16 per cento dei 618.466 funzionari pubblici. Queste persone sono state scelte tra i militanti del partito. Sa questo cosa significa?
Che cosa?
Che una volta al potere, il Pt non si
occupa degli interessi dei brasiliani, ma
degli iscritti al partito. Il Pt ha assaltato
la macchina pubblica con i suoi militanti e intascava dai privati una tassa in cambio del permesso di fare affari con il settore pubblico e le aziende statali. Il partito è
diventato una specie di mafia.
E nessuno si è mai accorto di questo sistema?
Se il sistema ha retto è per l’altra faccia della medaglia: una politica assistenzialista aggressiva che ha reso milioni di
poveri prigionieri di pochi benefici, che
per chi non ha niente sono pur sempre
qualcosa. Voi in Italia dovreste conoscere
bene questa strategia di egemonizzazione del potere, perché è quella descritta da
Antonio Gramsci ne Il Moderno principe.
Lei ha scritto che le tangenti servivano
al Pt per governare «in eterno», seguendo la strada tracciata da Chavez in Venezuela. In che modo?
Oltre a quanto già detto, il partito ha pianificato da tempo alcune riforme per garantirsi il potere. Con i miliardi intascati, invece, miravano a conquistare le elezioni. Quest’anno sono previste le comunali: le donazioni di imprese a
candidati e partiti sono state vietate dalla
Corte suprema, mentre rimangono quelle dei privati. Questa mossa è stata molto
stupida perché oltre a favorire le donazioni illegali, avvantaggia il Pt: loro hanno
già le casse piene e non avranno difficoltà
a finanziarsi. Volevano diventare una sinistra autoritaria sul modello di Chavez,
ma si sono fregati con le loro stesse mani.
Quali sono le responsabilità di Rousseff
nello scandalo?
Lei è stata nel Consiglio di ammini|
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ESTERI OPERAZIONE LAVA JATO
Crede che per evitare l’arresto di Lula
Rousseff gli fornirà un posto nel suo
esecutivo, come tanti le chiedono?
La legge tutela parlamentari e ministri, impedendo che siano processati e giudicati da tribunali di primo grado. Questo non significa che possono sfuggire
alla giustizia, ma che possono essere processati solo dalla Corte suprema federale.
Se Lula diventa ministro, non può essere
arrestato dal giudice Sergio Moro, ma può
sempre essere processato. Quindi per lui
non sarebbe una grande garanzia, anche
se guadagnerebbe tempo. Per me la richiesta di dargli un posto ministeriale però è
dettata da altro. Ora il governo è instabile: obbedisce ciecamente a Lula, ma non
a Rousseff. Di fatto, è un governo già morto e bisogna solo formalizzarne la fine.
La nomina di Lula non farebbe che accelerare il crollo perché renderebbe chiaro
a tutti che Rousseff è solo un fantoccio.
Quest’ipotesi è così assurda che dubito si
verificherà. Ma siccome il Pt ha perso la
testa, potrebbe fare qualsiasi pazzia.
Lava Jato non è il primo scandalo che
tocca la politica brasiliana e il Pt. Perché
crede che questa volta sarà diverso?
Tre milioni di persone in piazza sono
una reazione salutare per la democrazia
e pessima per il Pt. Già nel 2005 c’era stato uno scandalo simile, è vero, ma allora Lula se l’era cavata perché l’economia
cresceva a ritmi elevati. Ora il Brasile sta
attraversando la più lunga recessione della sua storia. Difficile convincere i cittadini che il partito pratica il furto virtuoso.
La piazza ha chiesto l’impeachment. Lo
otterrà?
Oggi no. Per votarlo servono i due terzi della Camera e i due terzi del Senato,
cioè 342 deputati e 54 senatori. Questi
numeri attualmente non ci sono, ma forse si potranno raggiungere.
Cosa succederà allora?
L’operazione Lava Jato non arriverà a
smascherare il progetto egemonico del
Pt. Però comincerà a smantellare il sistema. Rousseff prima o poi cadrà e il Pt verrà sconfitto in modo clamoroso alle prossime presidenziali del 2018. E queste sono
senza dubbio due ottime notizie.
Traduzione a cura di Taciana Innocente
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LA VERITà SUI NUMERI DI ZIKA
Legalizzare l’aborto
usando una zanzara
N
on autorizzare l’aborto significa «promuovere la violenza contro le don-
ne». È arrivata fino a questo punto la martellante campagna mediatica, appoggiata tanto da associazioni come Amnesty International
quanto da organismi internazionali come l’Organizzazione mondiale della
sanità, che da mesi chiede ai paesi dell’America Latina di legalizzare l’interruzione di gravidanza. Perché proprio ora? Perché il Brasile alla fine dell’anno
scorso, dopo aver constatato un’epidemia del virus Zika nel nord-est del paese, ha denunciato un anomalo ed eccezionale incremento di microcefalie nei
neonati, pari a migliaia di casi. È Zika, ha tuonato il ministero della Salute,
che causa la microcefalia. Tutto il resto è venuto di conseguenza. I media hanno colto la palla al balzo e ricamato molto, spacciando ipotesi per certezze e
snocciolando dati incontrovertibili ma incompleti. Ad oggi, infatti, non esiste uno studio scientifico che abbia dimostrato un legame tra Zika e microcefalia, una patologia che può essere lieve o grave, a seconda dei casi. Il virus è portato dalla zanzara Aedes aegypti
ed è conosciuto in tutto il mondo da oltre 60 anni: nell’80 per cento
dei casi è asintomatico mentre nel restante 20 provoca una lieve febbre che passa nel giro di pochi giorni senza bisogno di medicinali.
Gli ultimi dati diffusi dal ministero brasiliano, che ora ha iniziato un’indagine seria, ridimensionano il fenomeno. Dei 6.158 casi di
sospetta microcefalia denunciati a partire da ottobre 2015, ne sono stati verificati 1.927. Di questi, 1.182 sono stati scartati come false microcefalie e 745 confermati. Su 745 neonati con la microcefalia, solo 88 hanno presentato anche il
virus Zika (quest’ultimo dato, il più importante, compare sempre nell’ultima
riga dei lunghissimi rapporti del ministero). Finora, dunque, solo nel 4,5 per
cento dei casi analizzati si è riscontrata la concomitanza di Zika e microcefalia. Ma concomitanza e causalità restano cose molto diverse.
C’è comunque un dato di fatto anomalo. Nel 2014 il Brasile ha denunciato 147 casi di microcefalia su oltre tre milioni di nascite, per un tasso pari allo
0,004 per cento. Quest’anno, nella più catastrofica delle ipotesi, il tasso crescerà allo 0,36 per cento. Per quanto poco incidente, la crescita è enorme. I numeri però sono poco credibili: com’è possibile che il Brasile abbia “solo” 0,5 casi
di microcefalia su 10 mila nascite, mentre gli Stati Uniti denunciano annualmente un numero che varia da 2 a 12 casi su 10 mila nascite?
Secondo Salmo Raskin, docente di medicina genetica alla Pontificia università cattolica di Paraná, «il Brasile ha migliaia di casi non documentati
ogni anno. Stupidamente, i numeri non vengono riportati e questo ovviamente impedisce di capire gli effetti dell’epidemia. Zika sta gettando una
luce sui fallimenti storici del nostro sistema sanitario». Il Brasile, in sostanza,
non ha un sistema di rilevamento valido e affidabile. Anche secondo lo Studio collaborativo latino-americano delle malformazioni congenite (Eclamc),
«i dati riportati usualmente dal governo sono sottostimati rispetto alla realtà
e l’aumento delle diagnosi appena registrato potrebbe essere dovuto più che
altro alle maggiori ricerche». Inoltre, finora si sono registrate microcefalie
anomale solo in Brasile, nonostante Zika sia un virus diffuso in tutta l’America Latina e non solo. La propaganda abortiva, dunque, farebbe sicuramente molti più danni della zanzara.
[lg]
Foto: Ansa
strazione di Petrobras. Sono certo che
sia impossibile che non sapesse nulla, ma
questa non è un’argomentazione che si
può usare in tribunale.
VOSTRO ONORE
MI OPPONGO
CONSEQUENTIA
RERUM
pARTIR IN gUERRA
INNOCENTI COSTRETTI ALLE SPESE LEGALI, C’È UN DDL
1942, convoglio per
la Libia. A bordo
un allievo nocchiero
di anni 16. Mio padre
Chi accusa ingiustamente
paghi. Anche se lo fa
“nel nome del popolo italiano”
R
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L
icordo, nel 2011, le belle annunciatrici di Cbs, Cnbc e Sky che davano
la notizia dei primi bombardamenti sulla Libia, raggianti come se
annunciassero il ballo delle debuttanti. Anche Renzi, pochi giorni
fa, ha parlato di partir in guerra per la Libia, da un salotto tv.
Mio padre, allievo nocchiero di anni sedici, nel 1942, partiva in guerra per la Libia ogni settimana, imbarcato su un cacciatorpediniere di
scorta ai convogli di rinforzo a Rommel. I convogli si formavano a Napoli,
mettevano la prua sulla punta occidentale della Sicilia e, doppiate Marettimo e Levanzo, piegavano verso la Tunisia per volgere poi a oriente solo
in prossimità di Tripoli, per star più lontano possibile dal raggio d’azione della Raf di base a Malta. Un giorno, all’altezza di Pantelleria, al crepuscolo, a babordo una motonave stracarica di truppe da montagna tedesche sussulta, il tonfo del siluro, subito sovrastato dal barrito disumano
dello svergolamento del metallo della nave che imbarca acqua a diciotto
nodi e si rovescia. Come il coro di delusione per un gol mancato allo stadio, si leva un oh! dei soldati che, a centinaia, equipaggiati di tutto punto,
vengono pigramente rovesciati in mare e risucchiati dal bastimento che
si inabissa. Ne ripescano con la gaffa uno, stralunato. Porta ancora il suo
cappello da Alpenjäger. Incredulo un marinaio glielo strappa via, lo afferra per i baveri del pastrano e gli urla gesticolando che sanUN gIORNO, vERSO ta Rosalia non si sta così per mare, che guardasse come stanno accomodati
SERA, A bAbORdO UNA loro, i marinai italiani, nudi fatti, boxer bianchi, scarpe da ginnastica senza
lacci, giubbotto di salvataggio allacciato, elmetto slacciato. Il tedesco imploNAvE STRACARICA ra kameraden, kameraden. I nostri, abituati a vederne, trattengono a stento
dI AlpINI TEdESChI lacrime di rabbia. Poi uno lo abbraccia per fargli coraggio.
Scende finalmente la notte e persino i sommergibili della 10ª flottiglia
SUSSUlTA, Il TONfO
di
Malta,
che tutto sanno perché a Bletchley Park hanno decrittato il cifrato
dEl SIlURO, SUbITO
della marina, non possono più nulla, benché siano lì, a fiutarci nell’oscuriSOvRASTATO dAl tà. Mio padre veglia, al posto di combattimento, al pezzo antiaereo da 37/54
bARRITO dEllO mm. Ed ecco una visione irreale. Una luce, a trenta piedi dalla superficie nera
SvERgOlAMENTO del mare, un aereo sorvola come un cieco il convoglio, la luce fioca nell’abitadEl METAllO dEllA colo scontorna la silhouette delle ali a pianta ellittica: è uno Spitfire, magnifico. E mio padre vide, per la prima volta, il volto del nemico: da liceale, pallido
NAvE ChE IMbARCA come una ragazza, intento e perso su una mappa. Trascinato su un binario
ACQUA A dICIOTTO invisibile dal Rolls-Royce Merlin che tossisce scintille azzurrine, si dirige doNOdI E SI ROvESCIA ve non c’è terra d’uomini e nessuna madre o sorella può portarti soccorso.
24
DI MAURIZIO TORTORELLA
dI pIER gIACOMO ghIRARdINI
Foto: Ansa
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a firma di 176 senatori sotto allo stesso disegno di legge non è un risultato da po-
co. Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano e senatore di Area popolare, c’è riuscito in un solo giorno, il 3 marzo, creando un’alleanza trasversale che va da
Fratelli d’Italia a Sel. Il ddl presentato da Albertini trae origine da un’inchiesta di copertina pubblicata dal settimanale Panorama ai primi di febbraio, e intitolata “Sei
mente quando ha presentato la proposta
innocente? Lo Stato deve pagarti l’avvocato”.
a magistrati eletti con il Partito demoTecnicamente parlando, il tema è l’“ingiusta imputazione”, figura giuridica che
cratico: «Obiettano che l’iniziativa conin altri 32 Paesi europei prevede il risarcimento delle spese legali al cittadino che
trasta con il principio dell’obbligatorietà
venga riconosciuto pienamente innocente al termine di un processo penale. Quel didell’azione penale», dice Albertini. Forse i
ritto in Italia non è previsto e dà la stura a una vera e propria ingiustizia: perché cenmagistrati-senatori sono impensieriti antinaia di migliaia di cittadini, assolti dopo lunghi processi, sono comunque costretti
che dall’ultima parte del progetto di lega pagare di tasca propria spese legali spesso elevate, a volte insostenibili. Per questo,
ge, là dove si prevede che «nel caso di dolo
nel suo ddl, Albertini prevede la modifica dell’articolo 530 del Codice di proceduo di colpa grave da parte
ra penale. Con questa formula: «Se il fatdel pubblico ministero
to non costituisce reato o non è previsto
IL PROGETTO DI LEGGE DEL SENATORE
che ha esercitato l’azione
dalla legge come reato, il giudice, nel proALbERTINI hA MESSO D’ACCORDO IN UN
penale, lo Stato può rivanunciare la sentenza, condanna lo Stato a
SOLO GIORNO 176 NOMI DI TUTTI GLI
lersi per il rimborso delrimborsare tutte le spese di giudizio, che
le spese sullo stesso masono contestualmente liquidate».
SChIERAMENTI (LA MAGGIORANZA DEGLI
gistrato che ha esercitato
Tra i 175 senatori che hanno messo
ELETTI): IN CASO DI PIENA ASSOLUZIONE
l’azione penale».
la loro firma sotto al progetto di AlbertiDELL’IMPUTATO, CONDANNA LO STATO
Al contrario, Giorgio
ni (la netta maggioranza dei 315 eletti),
A RIMbORSARGLI LE SPESE DI GIUDIZIO
Spangher, ex membro lai56 sono del Pd, 31 di Forza Italia, 22 di
co del Consiglio superioAp, otto della Lega. Tra i nomi noti ci sono l’ex ministro berlusconiano della Giucosa accadrà, e quale posizione prenderà re della magistratura e tra i maggiori giustizia Francesco Nitto Palma, il senatore
il presidente dell’assemblea, Pietro Gras- risti italiani, è pienamente d’accordo con
a vita Carlo Rubbia, il presidente demoso. Intanto Albertini, un osso duro, insiste l’iniziativa. «Il tema è costituzionalmente
cratico della commissione Difesa Nicola
nella raccolta delle firme. Dopo il 3 marzo corretto», dice. E per evitare che l’innovaLatorre, il deputato di Sel Corradino Miha ottenuto un sì anche dall’ex ministro zione legislativa apra voragini nelle finanneo. Il forte consenso trasversale invita a
dell’Economia Giulio Tremonti e dal presi- ze pubbliche, suggerisce che si adotti un
sistema simile a quello in vigore per l’insperare che l’iniziativa non cada nel nuldente emerito Giorgio Napolitano.
giusta detenzione: cifre riparatorie calla. Il promotore annuncia: «Chiederò che
I magistrati titubanti
mierate, ma comunque in grado di “risaril mio progetto di legge venga trattato a
sé, che non finisca nel calderone della riIl senatore di Ap dice di avere trovato cire” almeno in parte l’ingiustizia della
forma del Codice di procedura penale, che
ovunque adesioni entusiastiche, e di ave- ingiusta imputazione.
stiamo discutendo al Senato». Si vedrà ora
re incontrato qualche problema esclusivaTwitter @mautortorella
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| 23 marzo 2016 |
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INTERNI
IL TAR E L’ACQUA SANTA
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DI PIetro PIccInInI
Cronache
da una vera
crociata
A proposito di muri, ponti, imposizioni di dogmi
e «guerre» di religione, bisogna studiare il caso
assurdo delle benedizioni pasquali nella scuola
Ic20 di Bologna. Dove i “laici” sembrano chierici
fuori dalla realtà. E la resistenza è tutta di sinistra
L
alla benedizione pasquale all’Istituto comprensivo 20 di Bologna non è per
niente una questione di «qualche goccia d’acqua», come ha tentato di liquidarla la settimana scorsa in una lettera don Matteo Prodi, parroco a Zola Predosa, per alcuni anni responsabile giovani dell’Azione cattolica locale, nipote del Prodi Romano che fu tra le altre
cose un paio di volte premier italiano e
primo presidente del Pd. «Per svelenire il
dibattito», don Matteo ha proposto di «eliminare l’acqua santa, il prete e tutto il
resto e renderla più laica», la benedizione, «cambiare strada» magari rinunciando all’armamentario cattolico e limitandosi a distribuire negli uffici e nelle scuole «qualche ovetto (di Pasqua)», giacché
in fondo lo scopo del gesto è «solo portare il bene agli altri». Difficilmente però il
«divertissement» escogitato dal prete riuscirà nell’intento di risolvere il conflitto,
visto che per i laici protagonisti di questa
vicenda, da una parte e dall’altra, è in gioco qualcosa di più di una spruzzatina di
H2O, appunto.
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| 23 marzo 2016 |
| Foto: Ansa
a guerra scoppiata intorno
Succede questo. Nel 2005 il Consiglio di istituto dell’Ic20 di Bologna, che
raggruppa due scuole elementari e una
media, in totale 1.100 alunni e relative
famiglie, autorizza i sacerdoti del quartiere a entrare nei locali della struttura per
impartire la benedizione pasquale. Il rito
è destinato solo a chi lo desideri e si tiene al di fuori dell’orario di lezione, tuttavia la decisione infastidisce ugualmente un gruppo di una quindicina di genitori e insegnanti, i quali, non riuscendo a
impedire l’indigeribile atto, pensano bene
di fare ricorso al Tar dell’Emilia Romagna.
La sentenza del tribunale amministrativo
arriva il 9 febbraio 2016 e annulla la delibera contestata del Consiglio d’istituto,
a benedizione ormai bell’e fatta. La notizia è talmente insolita che la curia guidata da monsignor Matteo Zuppi – spiazzando diversi osservatori un po’ troppo affezionati alla suggestione del prete di strada «chiamato a Bologna da papa Francesco» – non si trattiene: «La pronuncia
desta stupore e amarezza; il merito non
appare condivisibile», scrive in un comunicato. Quel gesto «non è stato imposto
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interni IL TAR E L’ACQUA SANTA
a nessuno», e poi «escludere la dimensione religiosa dalla scuola e pensare di
ridurla a una sfera meramente individuale non contribuisce alla affermazione di
una laicità correttamente intesa». L’arcivescovo stesso in una intervista a Radio Vaticana battezza la sentenza come «laicità da
laboratorio». A questo punto comunque il
ministero dell’Istruzione ha già incaricato l’avvocatura dello Stato di contestare il
Tar. Il caso arriva al Consiglio di Stato, che
il 7 marzo scorso sospende il verdetto. Uno
a uno e palla al centro. L’esame di merito è
fissato per il 28 aprile, dopo Pasqua.
Nel frattempo però la benedizione
pasquale è diventata un problema anche
per il Comune di Bologna. Qualcuno ha
protestato contro l’intenzione di far entrare il prete negli uffici di piazza Liber Paradisus durante l’orario di lavoro, e proprio il 7 marzo l’amministrazione decide di rimangiarsi l’idea: il rito si svolgerà
in un locale dedicato e «nessun dipendente dovrà accompagnare alcun sacerdote o
sarà costretto ad abbandonare il proprio
posto di lavoro». Domanda. Chi ha convinto (costretto) i responsabili degli uffici a
circoscrivere la benedizione in Comune?
Una diffida dell’immancabile Uaar (Unio-
sbarazzarsene. Qui nessuno ha cercato di
imporre alcun “valore” a nessun altro. «In
quindici anni non ho mai richiesto una
benedizione e mai sono andata a cercare
un prete», racconta a Tempi Daniela Turci, dirigente scolastica dell’Ic20. Ma a volte
«le cose cambiano, perché succedono fatti, come il ricevimento di una lettera». E
quella ricevuta l’anno scorso, al principio
di questo gran polverone, da lei e dal presidente del Consiglio d’istituto dell’Ic20
era «una lettera importante, da considerare assolutamente». Per la prima volta
tre preti chiedevano il permesso di entrare a scuola per la benedizione pasquale.
«Secondo lei dovevamo cacciarla nel cestino? No. Il presidente ha detto: la portiamo in Consiglio. E lì è iniziata la guerra».
Gente che «vive di ricorsi»
Una «guerra» – noterebbe un giornale giornalisticante – tutta “interna alla sinistra”.
Perché i capifila degli schieramenti coinvolti sono tutti democratici dal pedigree
esemplare, non certo assimilabili, per dire,
al cattolicesimo barricadero dei familyday.
Il citato presidente del Consiglio d’istituto
si chiama Giovanni Prodi. Prodi al pari del
don Matteo di cui sopra, che è suo fratello
«quel muro rappresenta l’esclusione. e l’esclusione fa
male, fa male a chi crede che lasciar entrare un prete
non mini assolutamente la laicità dello stato»
ne degli atei e degli agnostici razionalisti).
Ma soprattutto una lettera indignata della
Cgil. Sigla che rivedremo presto.
Ebbene, fin qui più o meno quel che si
è letto sui giornali. Sui giornali però non
si è letto proprio tutto. Sicuramente quasi nessuno si è preoccupato di mettere in
luce la cosa più importante. E cioè che la
battaglia sulla benedizione a Bologna non
è affatto l’ennesimo scontro tra turbocattolici disperatamente abbarbicati a polverose tradizioni e laicisti impazienti di
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e come lui è nipote di Romano. Ma soprattutto la preside dell’Ic20, Daniela Turci,
divenuta suo malgrado eroina principale
della resistenza alla crociata anticristiana,
è dentro al Pd fino al collo. Del più grande
partito della sinistra infatti Daniela Turci è
consigliere comunale a Bologna, anche se
lei specifica che in questa storia «il Pd c’entra poco», e che c’entra piuttosto la «difesa da parte di un dirigente scolastico delle
decisioni prese con una votazione in modo
democratico».
Nell’ultimo anno infatti la preside ha
passato un bel pezzo del suo tempo a ribadire in ogni occasione possibile che la sua
scuola, di fronte alla inedita richiesta dei
parroci, ha seguito attentamente le regole dettate dal Consiglio di Stato per queste
circostanze. I ricorrenti al Tar – ha sempre
spiegato – si sono attaccati a pretesti inesistenti e l’unico tentativo di «imposizione» in questa storia – aggiunge ora a Tempi – è stato proprio il loro, poiché invece
«la maggioranza dei consiglieri non voleva opporre un divieto» alla domanda dei
sacerdoti, non voleva precludere loro il
perimetro della scuola «perché quel muro
rappresenta l’esclusione. E l’esclusione fa
male, fa male a chi crede che lasciar entrare un religioso non mini assolutamente la
laicità dello Stato: non si obbliga nessuno
a fare nulla, si offre solo un luogo per un
rito che è segno di pace». La famosa differenza fra alzare muri e aprire porte. «Pensi che alcuni dei ricorrenti – aggiunge la
preside – non volevano neanche che il
punto “benedizioni pasquali” fosse messo
all’ordine del giorno del Consiglio d’istituto. Ho visto in certe reazioni una intolleranza, una cattiveria, una impossibilità di
accettazione spaventose».
E chi è che ha scatenato la «guerra» alla
benedizione pasquale all’Istituto comprensivo 20? Di nome noto, fra le carte bollate
spedite al Tar, spicca solo quello di Maria
Virgilio, detta Milli, penalista, docente alla
facoltà di Giurisprudenza, «femminista
storica» e super militante di molteplici
“diritti”, ex assessore all’Istruzione della giunta Cofferati, rimasta impressa nelle cronache dell’epoca per poco altro oltre
alla soddisfazione con cui nel 2006 annunciò il taglio del buono scuola per le famiglie degli «istituti privati paritari». Nel
caso dell’Ic20 Milli Virgilio indossa i panni
dell’avvocato di alcuni dei genitori e insegnanti offesi dalla benedizione.
Per il resto, occorre solo segnalare
la presenza, in qualità di firmatario del
ricorso, del Comitato Bolognese “Scuola e
Costituzione”, associazione con sede costituita «presso Cgil Scuola» (toh, chi si rivede) e con finalità immediatamente evidenti sulla base della più semplice ricerca
online. Nonostante i refusi, basta leggere
lo statuto sul sito del comitato per capire
subito cosa intenda per “laicità” e “diritti
delle minoranze”. «Vivono di ricorsi», dice
Daniela Turci. «E portano avanti un disegno che parte da lontano». Furono sempre
loro che nei primi anni Novanta, a colpi
manco a dirlo di contenziosi legali, dopo
una vicenda analoga all’attuale, costrinsero il Consiglio di Stato a mettere in fila
le regole di ingaggio della scuola statale
nei confronti di benedizioni e cose simili. Sono le regole che, secondo la preside,
l’Ic20 ha seguito pedissequamente l’anno
scorso quando ha scelto di dare il via libera all’acqua santa. Ma è ovvio che l’interesse del Comitato “Scuola e Costituzione”
non è la scuola né tanto meno le sue regole. «Ricordo bene che un giorno una dei
ricorrenti mi riferì: “In due o tre anni noi
tireremo fuori tutte le religioni”».
Lo «stress» da rito cattolico
E pensare che fra le argomentazioni esposte nella richiesta di annullamento della delibera del Consiglio d’istituto sulla benedizione – argomentazioni in buona parte sposate dal Tar nella sentenza
–, vi era anche l’asserito «stress» provocato agli alunni non cattolici dalla necessità
di “dire” la propria diversità rinunciando
a partecipare al rito (facoltativo ed extrascolastico). «Ma questo – chiosa la dirigente – conferma solo il non-ascolto da parte
dei ricorrenti, perché al contrario i pochi
musulmani che abbiamo, circa il 20 per
cento del totale degli alunni, mi hanno
detto esplicitamente che a loro la benedizione non ha dato alcun fastidio. Anzi».
Ma cosa pensino cattolici, musulmani e atei ai giudici amministrativi sembra
interessare fino a un certo punto. A legge-
«La beNedizioNe si può fare aNChe quesT’aNNo, se iL
CoNsigLio vorrà», diCe La preside daNieLa TurCi, Che è
CoNsigLiere ComuNaLe pd. «io soNo proNTa a riprovarCi»
re la sentenza, il Tar in effetti pare più che
altro preoccupato di restringere la portata della libertà religiosa, ridefinendo i
«riti religiosi» come espressioni «attinenti unicamente alla sfera individuale di ciascuno» e indicando nella loro celebrazione una forma di «discriminazione» in cui
la scuola non può in nessun modo «essere coinvolta».
Daniela Turci invece ci tiene a dire che
«io lavoro per l’inclusione, non per l’esclusione», e ne fa una questione di «autonomia scolastica», principio che con questo
processo sproporzionato è stato «attaccato, colpito, boicottato». Perciò ben venga
l’inatteso decreto del Consiglio di Stato
che ha sospeso la questione fino all’udienza di merito: vuol dire che anche quest’anno «la benedizione si può fare, se la maggioranza dei consiglieri vorranno». Una
nuova richiesta di autorizzazione da parte dei parroci attende una risposta della
scuola già da gennaio. «Io sono pronta a
riprovarci, però rispetterò il dialogo che
ci sarà nel Consiglio che il presidente fisserà a giorni». Al limite, aggiunge la preside, il rito «si può far celebrare anche dopo
Pasqua, visto che i sacerdoti si sono detti disponibili. Si può addirittura attendere il 28 aprile», quando il Consiglio di Stato pronuncerà una parola definitiva sul
caso, «ma nella consapevolezza del fatto
che abbiamo agito in modo corretto e che
comunque la benedizione si può fare».
Anche a proposito di quest’ultima
affermazione il Comitato Scuola e Costituzione ha avuto – preventivamente – da
ridire. Il 12 febbraio, dopo la sentenza del
Tar, l’Ufficio scolastico regionale (leggi: il
ministero), sollecitato da alcuni «dirigenti
scolastici», aveva precisato che la risoluzione del tribunale amministrativo non dove-
va essere interpretata come un divieto alle
benedizioni da estendere «erga omnes».
Al che il Comitato si è affrettato a mandare una lettera a tutti i dirigenti scolastici dell’Emilia Romagna per “avvertirli”
che invece la sentenza «costituisce un precedente per tutta la comunità scolastica».
Chi ha chiamato il New York Times?
Naturale che l’intervento del Miur e del
Consiglio di Stato che ha stoppato l’offensiva a un passo dalla vittoria sia parso ai
militanti anti-benedizione come una beffa, specie nel rinvio della vicenda a dopo
Pasqua. «Questa è tracotanza del ministero dell’Istruzione», ha commentato l’avvocato Milli Virgilio.
Per Daniela Turci incece è ora che
Scuola e Costituzione accetti di «stare su
un piano di verità». Sono troppe le «menzogne» che sono state messe in circolazione per travestire da giusta causa una paradossale campagna di intolleranza di 15
persone verso un’intera scuola. «Hanno
detto che doveva essere coinvolto il collegio docenti quando invece è solo il Consiglio d’istituto che deve deliberare sulla
benedizione (ma la legge dobbiamo rispettarla o no?). Poi hanno detto che la sentenza del Tar vale per tutti». Ma soprattutto,
la cosa più assurda, «adesso dicono: non
abbiamo iniziato noi. Ah no? Per dire. Noi
poniamo una discussione pacata in un
Consiglio di 20 persone e ci ritroviamo
addosso l’Uaar, Scuola e Costituzione coi
cartelli, poi chiamano il New York Times
(in effetti il caso ha occupato perfino quelle illustri colonne, ndr), chiamano i giornali spagnoli, i giornali francesi… Chi è
che ha iniziato? Non c’è stato un dibattito
sano, ma un dibattito cattivo, inquinato.
Questa è una guerra».
n
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copertina
il delitto del collatino
La barbarie
dell’io
senza Dio
Persi nel voyeurismo dei dettagli sulla vita dei killer
e sulle ore folli dell’omicidio di Luca Varani, abbiamo
dimenticato di dire la verità. Ce la raccontano tre
uomini che si “sporcano le mani” per lottare “corpo
a corpo” contro la droga e per il bene dell’uomo
«Vi sarà l’uomo nuovo, felice, superbo. Colui
al quale sarà indifferente vivere o non vivere, quello sarà l’uomo nuovo. Colui che vincerà il dolore e la paura, sarà lui Dio. E
quell’altro Dio non ci sarà più». «Quindi
l’altro Dio esiste secondo voi?». «Non c’è, ma
c’è. Nella pietra non c’è dolore, ma nella
paura della pietra c’è dolore. Dio è il dolore della paura della morte. Chi vincerà il
dolore e la paura, quello diventerà Dio. Allora ci sarà una nuova vita, allora ci sarà
un uomo nuovo, tutto sarà nuovo (...). L’uomo sarà Dio e si trasformerà fisicamente».
(Fedor Dostoevskij, I demoni, 1873)
Foto: ansa
Ansa
L’
30
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– «colui al quale sarà
indifferente vivere o non vivere» –
si è fatto un appartamento alla
periferia est di Roma, nel quartiere Collatino, e uccide in seguito a una «fredda
ideazione, pianificazione ed esecuzione»,
con «modalità raccapriccianti», «senz’altro
movente se non quello di appagare un crudele destino di malvagità». Lo scrive il giudice Riccardo Amoroso nell’ordinanza di
custodia cautelare di Manuel Foffo e Marco Prato, rei confessi di avere ucciso la notte del 4 marzo, durante un party a base di
alcol e coca il 23enne Luca Varani, dopo
sevizie durate due ore: «Volevamo vedere
l’effetto che fa».
L’uomo nuovo – «colui che vincerà il
dolore e la paura, sarà lui Dio» – si è fatto
una vita che si può riassumere in poche
pagine di quaderno, una bordata di vizi,
droghe e raccapricci sufficienti a procurar loro il capestro e far tirare il fiato alla
folla: 30 tra martellate e coltellate inferte
uomo nuovo
a Varani, la morte per dissanguamento in
seguito a sevizie perpetrate al culmine di
giorni di alcol, cocaina, crystal meth, giochi erotici, sesso a tre in tacchi a spillo,
cocktail micidiali, la vittima attirata con
la promessa di 120 euro per prestazioni
omosessuali, ogni torbido dettaglio legato alle ore folli dell’omicidio allontana
da sé il mostro travestito da trentenne di
buona famiglia, tutto feste, poca università e molta movida capitolina.
L’uomo nuovo – «sarà lui Dio. E
quell’altro Dio non ci sarà più» – si è fatto,
si fa. È un drogato. Investe millecinque-
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DI caterIna gIojellI
«non abbiamo chiamato iL maLe con iL suo nome,
non abbiamo parLato Di Dio. se Dio non c’è, tutto
è permesso, tutto Diventa un DeLirio Di onnipotenza»
cento euro per farsi, comprare la cocaina,
cercare qualcuno da ammazzare, farlo,
dormire con il cadavere, uscire, inghiottire barbiturici per cercare di morire in un
albergo di piazza Bologna (Prato), confessare al padre al ritorno dal funerale dello
zio che «abbiamo ammazzato un uomo»
(Foffo). Ecco come si fa l’uomo nuovo. Si
fa Dio con le sue stesse mani.
«“Mi faccio”. Come a dire, visto che
non ho ricevuto, mi costruisco da me, con
le mie mani». Silvio Cattarina lo ripete da
anni «quanta rabbia, ribellione e risentimento covano dietro l’unica espressione conosciuta dai tossicodipendenti per
definirsi». Quando iniziò ad occuparsi di
minorenni provenienti in larga parte dal
mondo della droga, circa trent’anni fa,
ricorda che ci fu una ragazza che si tolse la vita nel bagno della stazione Termini a Roma, lasciando scritto sul muro con
una bomboletta spray «Ho avuto tutto, il
necessario e il superfluo, non l’indispensabile», e lo ricorda perché per meno dell’indispensabile la sua comunità terapeutica
educativa L’imprevisto di Pesaro non avrebbe nulla da insegnare ai tanti psicologi che
in questi giorni hanno analizzato dalle
colonne dei giornali i disturbi di personalità dei killer del Collatino. «Abbiamo avuto
ogni dettaglio, sono state dette molte cose.
Tranne quelle fondamentali: non abbiamo
chiamato il Male col suo nome, non abbiamo parlato di Dio. Se Dio non c’è, tutto
è permesso. Se nulla riempie il cuore, le
domande essenziali dell’uomo, la vita
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coPertina il delitto del collatino
da oltre alla curiosità destata dal presentimento di un Altro, e questa notizia rasserena i nostri ragazzi, che pensano che la vita
sia quella cosa destinata a marcire dentro
di sé. Non sono vasi da riempire, ma fuochi
da accendere. Per questo non si può parlare dei fatti di Roma senza parlare di Dio,
di chi tiene acceso il fuoco. Ed è l’unico
capace di salvarti». Come scrisse nel 1983
Giovanni Testori in un articolo intitolato
“Cristiani, difendiamo Luca” sul caso di
Per giussani «l’ultiMa conseguenza del nichilisMo è
l’iMPerdonabilità della colPa (…) tutti gli PsichisMi,
tutte le Malattie Psichiche deriVano da questo»
to, per una sovrabbondanza di grazia e
per un miracolo. Senza il coraggio di questo annuncio forte non c’è redenzione,
non c’è possibilità di salvezza. Per nessuno
dei nostri ragazzi». E per nessuno degli ex
ragazzi che in una notte di marzo, fatti di
droga, ridotti a narcisi, privi di ogni esperienza circa le conseguenze degli atti compiuti, «si espongono improvvidamente ad
ogni cosa. E il risveglio è amarissimo». È lì
che Cattarina interviene, tolta la droga, tolti i piercing, tolta la morosa, la vita diventa una cosa da riconquistare, con le proprie mani, nelle mani di un Altro: «Non “io
che mi faccio” ma “Tu che mi fai», ciò che
è più di me, è ciò che è più me di me stesso, è ciò per cui io sono. Non c’è altra stra32
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Questa vicenda della cronicità è per
Berdini «una delle prime grandi riforme di
cui si dovrebbe parlare in sede istituzionale: intervenire per trasformare i siti pubblici in luoghi realmente di cura e non di cronicità. Nulla come la cocaina rende evidente la decadenza delle politiche occidentali
risolte in vani tentativi di terapie farmacologiche». Alla Pars, nelle cui residenze vivono 50 minori tra i 3 e i 24 anni e 80 adulti,
la grande menzogna e l’anestesia delle istituzioni si combatte con ferocia con la forza di un’esperienza: «Luigi Giussani diceva “l’ultima conseguenza del nichilismo
è l’imperdonabilità della colpa, una cosa
atroce. Secondo me tutti gli psichismi, tutte le malattie psichiche derivano da questo: l’imperdonabilità della colpa”. È questo il punto: affrontare l’imperdonabilità
della colpa non è possibile con i manuali, occorre un’esperienza viva, una relazione umana. Quando leggo che uno dei
due killer, Prato, chiede “sempre dei lavori in questo carcere. Mi sono anche offerto di pulire per terra” invoca questo: occorre il riscatto dell’esperienza, occorre “sporcarsi le mani” nella miseria umana. Togliamo la droga al drogato, perché l’uomo torni a sentire la disperazione di quel grido e
ad accorgersi che il sole sorge ogni giorno,
nonostante il male».
Il male di cui è sempre capace l’uomo e
che oggi a Roma, così come anni fa a Chiavenna, quando tre ragazzine ammazzarono una suora, ha sostituito l’«ispirazione
diabolica» «all’assenza dei motivi per vivere», ha detto padre Gabriele Amorth. «Un
uomo coraggioso: non è infatti questo il
tempo di curarci con acque e profumi esotici ma di tornare a fare quello che vaghi
spiritualismi, idealismi, moralismi, filosofismi, vogliono censurare: tornare a guardare il cielo per essere salvati sulla terra.
Una salvezza possibile perché partecipata
continuamente da un Dio buono e che è
esperienza divina: “E il Signore si pentì del
male che aveva detto di fare al suo popolo”, si conclude il Libro dell’Esodo».
Luca Varani insieme
alla fidanzata
Marta. Il 23enne è
stato torturato e
ucciso durante un
festino a base di
alcol e cocaina in un
appartamento del
quartiere Collatino,
a Roma, da Manuel
Foffo e Marco Prato
(foto a pagina 30),
oggi in carcere
al Regina Coeli
Luca Casati che aveva scatenato la curiosità morbosa dei giornali: «Un aiuto, oltre
che nella carità e, per chi crede, nella preghiera – scrive del diciottenne brianzolo
che nel marzo dell’80 aveva ucciso a martellate la madre – può venirgli proprio dal
dare a lui notizia, attraverso il nostro comportamento, che quel terribile pomeriggio
del 16 marzo, là, nella sua casa di Renate,
non è passato solo per la vergogna dell’uomo ma anche per la sua salvezza».
Va di moda “normare” il Male
A Roma la vergogna dell’uomo ha il volto
di due uomini imprigionati al Regina Coeli che provano a spiegare «volevo uccidere
mio padre per vendicarmi di lui» (Foffo),
«Manuel era impazzito, ne ero infatuato e
l’ho assecondato» (Prato). Frasi commentate con dovizia da esperti e tuttavia sovrastate tutte da quell’urlo volontaristico che
per affermare la propria libertà contro tutto e tutti una notte di marzo ha distrutto
la vita. «A urlare è stata una grande menzogna, che porta morte e distruzione. Quando Papa Francesco invita al “corpo a corpo” contro la droga non invita a ricevere
un consulto psicologico, ma richiama tutti, istituzioni pubbliche e private, a prendere una posizione netta». La storia di
Josè Berdini e delle Comunità Terapeutiche Pars nate nel 1990 nelle Marche, è proprio questa, la storia di un durissimo corpo a corpo con la droga di fronte alle risposte di comodo di un mondo in pantofole
davanti alla tossicodipendenza, «un problema estremo e di ordine pubblico affrontato attraverso azioni svilenti la coscienza dell’uomo: chiudere il locale davanti a cui muore l’avventore drogato, calcolare gli interessi derivanti dalle eventuali
tasse sulla droga legalizzata sognando gli
incassi milionari di Stati come il Colorado. Normare il Male che l’uso di droga porta con sé è la nuova moda dell’Occidente.
Che preferisce continuare a spendere una
quantità esagerata di denaro per mantenere i siti pubblici dove vengono trattati
pazienti che rischiano di diventare cronici dentro una prevalenza quasi totalizzante di terapie farmacologiche».
Foto: ansa
Ansa
diventa solo ciò che l’uomo riesce a conquistare con le proprie mani, una grande
attesa tradita a cui rispondere misurando
continuamente il proprio grado di onnipotenza. Spostando i confini. E la droga
aiuta. L’assenza di una responsabilità collettiva nei confronti della droga e del suo
portato negativo fa tutto il resto». Cattarina si sporca le mani con tutto questo ogni
giorno dal 1990, irrompendo negli abissi dei ragazzi che popolano L’imprevisto:
22 maschi e 15 femmine, tutti tra i 15 e i
22 anni, della comunità terapeutica educativa maschile e di quella femminile, e i
10 ragazzini delle medie del centro diurno. Dove non si ha paura di chiamare il
Male con il suo nome e nemmeno di chiamare Dio per nome: «Arrivano, i ragazzi, e bestemmiano. Bestemmiano il padre
e la madre, bestemmiano il nome di Dio.
Ed è in questo pertugio di ribellione della libertà dell’uomo che va incastonandosi la salvezza».
Se infatti negare il cielo è una eresia
senza avvenire (perché domani lo riconosceranno), negare la terra è invece una
grande tentazione, è questa l’eresia dei
giorni nostri, «negare il temporale dentro
l’eterno», diceva Péguy, «negare la presenza nel mondo di qualcuno che ti ha volu-
La vulnerabilità e la droga
«Se sarà indifferente vivere o non vivere,
tutti si uccideranno, ed ecco in cosa consisterà la trasformazione». È sempre I demo-
«abbIamo perso IL vaLore deLLa sacraLItà deLLa vIta.
Insorge una socIetà nuova, trIonfante neI taLk show,
contrassegnata da aspettI decadentI e mortIferI»
ni, e sempre Dostoevskij, in cui continuano a ricorrere analogie inquietanti con
la vicenda di Roma: anche Prato cerca di
uccidersi in un albergo, proprio come il
ricco e spietato Stavroghin si impicca in
una stanza d’albergo in Svizzera. «Non si
può dare ad un essere umano, non si può
dare ad un figlio il senso dell’essere voluto, il sentimento dell’essere voluto, non si
può far capire questo, se non si comunica la gioia di un destino», discuteva Giussani con Giovanni Testori ne Il senso della
nascita. «Ma lo sgretolarsi della famiglia,
il suo destino sempre più incerto, ha logorato il rapporto dell’uomo con la sua origine, con la sacralità della vita e il senso
della sua nascita nel mondo. Sempre più
spesso registriamo disturbi legati a personalità che incontrandosi con una più
facile diffusione di nuove droghe portano a progettare e realizzare azioni contro
la vita stessa. Per questo a Roma non sono
stati solo la droga o solo due uomini in
preda a disturbi e deliri narcisistici. È stato un incontro che sempre più frequentemente segna l’insorgere di atti efferati». Commenta così Giuseppe Mammana,
direttore Sert Foggia-Lucera e presidente Acudipa, l’Associazione italiana per la
cura delle dipendenze patologiche.
«Un tempo questi delitti si consumavano all’interno di contesti delinquenziali, penso a certi delitti compiuti dalla banda della Magliana. Ma qui siamo di fronte
a qualcosa che ammala la vita delle persone “comuni”, a una riduzione dei gradi di
prossimità di ciascuno di noi dagli assassini del Collatino prima che dalla vittima.
In questo le droghe e la cocaina in primis
costituiscono il valore aggiunto alla maggiore o minore vulnerabilità delle persone». Nello sprofondare nel dettaglio, alla
ricerca disperata di una caratterizzazione del “mostro”, «abbiamo perso di vista
il cuore della vicenda di Roma: la totale
perdita del valore sacro della vita, fondamento di ogni società, e l’acquisizione di
aspetti voyeuristici, morbosi che sembrano
annunciare l’insorgere di una società nuova, trionfante nei talk show “criminologici”, dimentica della vita e contrassegnata
da aspetti decadenti e mortiferi».
I mostri e la brava gente
«Settant’anni fa – scriveva Marina Corradi su Avvenire nel 2007, all’epoca del massacro di Erba – il poeta Eliot si chiedeva se
quella civiltà di cui andiamo fieri sarebbe sopravvissuta all’indebolirsi della fede
in cui affonda le radici. Le ferocie insensate che con singolare frequenza squarciano la pace della nostra provincia non sono
forse un segno di questo inaridimento sotterraneo? E, ovunque, che comune premura di chiamarsi fuori, di dire: sono mostri,
o stranieri, o folli. Comunque, altri da noi,
che siamo brava gente. Da noi, che siamo
“a posto”». Eppure, prosegue Mammana,
«la gente a posto è anestetizzata di fronte agli eventi. Le istituzioni non rischiano
più sull’uomo, non più il centro di politiche sociali e nemmeno destinatario di un
tentativo di cura coraggiosa e integrale. Ci
sono i Pietro Maso, è vero, che scontata la
pena per il massacro dei genitori, torna a
minacciare di morte le sorelle. Ma per ogni
Maso restano migliaia di persone ancora messe in pericolo dalle droghe e dalle
dipendenze. E anche migliaia di storie di
redenzione».
Cattarina ricorda quella della ragazza che uccise il padre e oggi si spende con
grande vergogna e dolore, ma anche gioia
ritrovata, per il bene di suo marito, dei due
figli, di chi era come lei prima di entrare all’Imprevisto. Berdini ricorda quella
dell’ex cocainomane che oggi ha cura
dell’azienda del padre e del destino delle
sue decine di dipendenti. Storie ordinarie
di delitti e castighi, di un Dio che c’è e di
una salvezza possibile. «Rispondimi, o Dio
– invoca il pastore Brand nell’omonimo
dramma di Ibsen – nell’ora in cui la morte
m’inghiotte: non è dunque sufficiente tutta la volontà di un uomo per conseguire
una sola parte di salvezza?».
n
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STILI DI VITA
Grande resa, prezzo umano
Room,
di Lenny Abrahamson
Questo sì che
meritava l’Oscar
IN BOCCA ALL’ESPERTO
di Tommaso Farina
E
Una donna e suo figlio, segregati da anni in una
stanza.
ccoci ritornati in un locale che, benché si chiami Osteria del Mes Dì (in dialet-
to brianzolo, mezzogiorno), riesce a “rendere” bene anche a cena. Con il vantaggio di prezzi umanissimi, quasi un miraggio in tempi come quelli attuali.
Il segreto? Un menù molto compatto, stringato ma non banale, anche se semplice,
che cambia ogni settimana.
L’ambiente ricorda quello di un ex capannone artigianale (e non è detto che
non lo sia stato, anche se non abbiamo indagato), riadattato per l’occasione: un simpatico stile steampunk urbano, in un certo senso, dove i signori col grembiule vi
porgeranno una carta dei vini anch’essa non estesissima ma di compilazione abbastanza felice. L’idea è di far pagare 21 euro per un pasto completo, 12 per un primo
e 14 per un secondo, comprensivi di mezzo vino, acqua, pane e caffè. Naturalmente
nessuno vi vieta di scegliere anche un antipasto, o di optare per un piatto di carne
speciale che esula dal menù proposto. Il conto lieviterà, ma non di molto.
All’antipasto noi francamente non sappiamo rinunciare. È molto abbondante
e fa il verso alla vecchia Brianza, comprendendo pancetta, salame crudo (buono),
coppa, formaggini della Valsassina, verdura sott’aceto, nervetti (ottimi), polenta
con cotechino vaniglia. Un altro antipasto curioso è il tortino di pesce azzurro e
carciofi con pesto di olive verdi.
Di primo, piuttosto grintosi i garganelli con verza stufata, pomodoro secco, cacio e pepe; molto gettonati i tagliolini alla puttanesca di mare; di raro classicismo
la zuppa di cipolle e crostini di pane al rosmarino.
Di secondo, delicati, pure troppo, i moscardini in guazzetto con polenta croccante; robusti i bocconi di cinghiale in umido. Nei piatti di carne “a parte”, segnaliamo la costoletta alla milanese (già provata altre volte) e tutta una serie di filetti e tagliate.
Per dolce, panna cotta al caffè, tiramisù e qualche torta. La spesa, l’abbiamo
detto, è molto contenuta. Sotto i 35 euro si rimane tranquillamente. Attenti a parcheggiare la macchina nel posto giusto.
AMICI MIEI
ELEzIOnI A MILAnO
Parisi presenta
il suo programma
La campagna elettorale per la
poltrona di sindaco a Milano
è partita. Il 19 marzo alle ore
10.30 presso il Teatro Dal Verme (via San Giovanni sul Muro, 2 – MM Cairoli) Stefano Parisi presenterà le linee guida del
programma del centrodestra.
“Io corro per Milano” lo slogan scelto per la campagna. E il
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Film da far tremare le vene e i polsi. È difficile parlarne, un po’ per il rischio di
svelare le tante svolte della narrazione, un po’ per il
fortissimo rapporto che si
instaura tra spettatore e
personaggi. Che in pratica
sono due. Una madre e un
figlio. Poi c’è il legame che
li tiene uniti. Lenny Abrahamson adatta il romanzo
della Donogue usando uno
stile reticente: fa parlare il
giusto i pochi personaggi
in gioco e mostra qualcosa,
neanche troppo (un lucernario, una ciocca di capelli,
un tappeto). Eppure suggerisce tante cose, lasciando
allo spettatore il compito di
interpretare i dati. Ne viene fuori un racconto struggente, non tanto sul Male
che a un certo punto esce
di scena nonostante la sua
enormità, ma sulla speran-
za contro ogni speranza, alimentata da quel filo invisibile eppur presente e sempre
volto al Bene che lega una
madre e un figlio. Sorprendente e ricchissimo di livelli di interpretazione, è il film
dell’anno che doveva stravincere agli Oscar.
visti da Simone fortunato
Difficile trovare
le avventure
MAMMA OCA
il regista
lenny
abrahamson
di annalena Valenti
U
na prima occhiata ai libri premiati alla Fiera del libro per ragazzi
che si terrà a Bologna dal 4 al 7
aprile, per capire che anche quest’anno la qualità di illustrazioni e grafica è
molto alta, ma la parola e le storie latitano. Il mio sguardo, parlando di libri
che ancora non si hanno tra le mani, è
orientato da anticipazioni visive e suggestioni. È quasi paradossale ma i libri
che raccontano una storia si trovano
nelle categorie di non fiction. Il vincitore della categoria fiction Mon tout
petit è incentrato, anche nel gioco della struttura grafica, sull’amore di una
madre per il figlio e di un figlio per
la madre, in un ciclo della vita poetico ma un po’ troppo intimistico come
proposta ai bambini. Si respira aria di
apertura al mondo, libertà e avventura in due dei libri menzionati nella categoria non fiction, il ceco This is Prague, uno sguardo sulla città di Praga
imitando lo stile delle guide di Sasek,
con sguardi da bambino su particolari della città; il britannico Shackleton’s
journey, l’incredibile tentata traversata dell’Antartide della nave Endurance
nel 1914-16, che si trasformerà nell’epico viaggio di E. Shackleton per salvare i suoi uomini. Libri da vedere, così
come uno dei menzionati per l’opera
prima, il francese La Mégalopole, libro
che si legge in verticale, una lunga pagina di tre metri, tanti particolari della grande città su cui soffermarsi e costruire storie. (fine prima parte)
mammaoca.com
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Loro chi?,
di Francesco Micciché
e Fabio Bonifacci
Truffa all’americana
Il responsabile della comunicazione di una grande azienda è
vittima di un terribile raggiro.
L’incipit brillante, la parte migliore del film, vede uno scrittore alle prime armi impegnato nel convincere un editore a
comprargli i diritti di un romanzo. Film che guarda alla commedia brillante statunitense sulle
truffe, giocando tanto sul carisma e sul buon lavoro di squadra dei due protagonisti. Peccato
per una scrittura diseguale e per
qualche volgarità evitabile.
Per informazioni
Osteria del Mes Dì
Viale Mosè Bianchi, 57
Carate Brianza (Mb)
Tel. 0362906646
Chiuso la domenica
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alla fiera del libro
CINEMA
OSTErIA DEL MES Dì, CArATE BrIAnzA (MB)
|
candidato promette di correre
per rivedere alcuni aspetti che
in questi ultimi cinque anni sono stati trascurati: la sicurezza
prima di tutto, perché occorre
«riportare la legalità nei quartieri», ponendo fine alle occupazioni e concentrandosi sulla
situazione dei campi Rom «perché non è possibile che a Milano ci siano zone franche in cui i
comportamenti illegali mettono
in discussione il diritto dei cittadini alla sicurezza». Altro tema che sta a cuore al candidato
del centrodestra è la semplificazione: «Troppe pratiche, dall’occupazione del suolo pubblico
all’organizzazione di eventi, richiedono iter complessi e onerosi. Vanno modificati». L’appuntamento per conoscere il
programma di Stefano Parisi è
sabato 19 marzo, ore 10.30 al
Teatro Dal Verme di Milano.
SPETTACOLI
L’evangelista Matteo,
ragioniere di Dio
La prima dello spettacolo fu
a Rimini, davanti al pubblico
del Meeting del 2014. Ma da
quell’estate lo spettacolo Matteo, ragioniere di Dio ha con-
tinuato a viaggiare senza mai
fermarsi. Venerdì 18 e sabato 19, sempre alle 19.30, presso il Teatro Alfredo Chiesa (via
San Cristoforo, 1 – Milano, zona Navigli) sono in programma
due serate in cui lo spettacolo
ritornerà in scena a un costo di
10 euro a biglietto. Il monologo
teatrale scritto da Giampiero
Pizzol, interpretato da Andrea
Carabelli con la regia di Otello
Cenci racconta la storia del primo evangelista. «Matteo è un
pubblicano, il più citato insieme alle prostitute tra gli infimi
del tempo», dice a Tempi l’attore Carabelli. «Forse la peggior
specie di peccatore. Un uomo di
numeri e aritmetica eppure capace di un gesto che decide la
sua storia e quella di tutti noi:
si alzò e seguì Gesù senza esitazione. Sulla scena è lo spazio
di un attimo, ma in quell’attimo che dilata il tempo e lo spazio, Matteo giudica i 40 anni di
vita passata e i 40 anni di vita che verranno. Non esegue un
calcolo, ma compie un atto di
amore». Un pubblicano razionale e poco affettuoso che tutto aveva messo in conto, tranne
di scrivere con immensa poesia
la storia rivoluzionaria di Gesù
di Nazareth.
libri
Frammenti di vita
dal Medio Oriente
«Nulla spiega il presente quanto le storie individuali. Il pregio
di questo libro è per me la freschezza dolorosa del suo reportage dai luoghi della guerra».
Così Toni Capuozzo presenta
L’ora prima del miracolo (Itaca,
116 pagine, 12,50 euro) scritto
dai giornalisti Andrea Avveduto e Maria Acqua Simi. Le storie che popolano queste pagine ci aiutano a capire le radici
storiche della complessa realtà mediorientale e a guarda-
re il dolore di uomini che vivono dall’altra parte del mare. Per
sentirli fratelli. Per abbracciarli là dove sono qui, ora che toccano le nostre vite sbarcando in
Europa da “migranti”. Sono storie che raccontano la «forza disarmata della fede»: là dove il
male sembra trionfare e spegnere la voglia di vivere, tanti
cristiani continuano a condividere i bisogni della gente, a sostenere la speranza, a costruire
luoghi di accoglienza, di educazione, di carità aperta a tutti.
Come un fiore nel deserto, questa vita attrae. L’ora prima del
miracolo. Già presente.
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motorpedia
WWW.red-LiVe.it
WWW.RED-LIVE.IT
SIRInnoVaILSUVFoRD,FoRTE
DELSISTEmaD’InFoTaInmEnTSync3
a CUra di
Kuga punta tutto
sull’alta tecnologia
F
ord Kuga si rinnova nel nome dell’alta tecnologia.
Lanciata nel 2012, dopo aver riscosso un notevole successo si appresta a cambiare stile, oltre che
a portare al debutto la terza generazione del sistema
d’infotainment dell’Ovale Blu.
Sync 3: ecco il nome della multimedialità Ford. Tecnologia che permette il controllo vocale di smartphone, navigatore, funzioni audio e climatizzatore. Forte di un display touchscreen da 8 pollici, supporta gli
standard Android Auto e Apple Car Play. Tramite la voce è così possibile effettuare ricerche sul web, inviare e
ricevere messaggi, ascoltare musica e ottenere indicazioni stradali. Le lingue supportate passano da 9 a 14,
coerentemente con il numero di paesi in cui è attivo
il servizio Emergency Assistance: in caso d’incidente,
viene allertato automaticamente il 112 collegando in
vivavoce il conducente con gli operatori del soccorso.
Quanto alle app, cresce il novero di quelle supportate,
incluse Spotify e AccuWeather.
Rivista nel design all’avantreno, dove debuttano
nuovi fari adattivi bi-Xeno, Kuga beneficia di una razionalizzazione degli interni, specie dei pulsanti lungo
la plancia, e di un’inedita motorizzazione td. Si tratta,
nel dettaglio, del 1.5 TDCi da 120 cavalli, chiamato a
sostituire il 2.0 TDCi d’analoga potenza in abbinamento alla sola trazione anteriore. Ne consegue, optando
per il cambio manuale, una percorrenza media di 22,7
km/l contro i 21,3 km/l appannaggio del precedente
propulsore. Confermato il noto 2.0
TDCi negli step da 150 cavalli, ora
conTRoLLoVocaLE
disponibile anche con le 2WD oltre
DISmaRTphonE,
che con la tradizionale configurazionaVIgaToRE,
ne a trazione integrale, e 180 cavalli,
FUnzIonIaUDIo
riservato alle 4WD. Quanto ai benziEcLImaTIzzaToRE.
na, il 1.5 EcoBoost – turbo a iniezioVanTaUnDISpLay
ne diretta – è declinato nelle versioToUchScREEn
ni da 120 e 150 cavalli, disponibili
Da8poLLIcI
optando per la trazione anteriore,
oppure da 180 cavalli (4WD). Al cambio manuale a sei
rapporti si affianca, come in passato, la trasmissione a
doppia frizione Powershift a sei marce.
Da sempre uno dei Suv più ricchi in materia di sicurezza, Ford Kuga può ora contare anche sull’assistenza al parcheggio in perpendicolare e sulla versione aggiornata della frenata automatica d’emergenza, attiva
sino a 50 chilometri orari anziché i precedenti 30. Debutterà nelle concessionarie a fine anno.
SebastianoSalvetti
dUe rUote iN meNo
Ducati Hypermotard
Cilindrata superiore, stesso gusto di guida: la formula della gamma Hypermotard, declinata nella versione base, nella sportiva SP
e nella più turistica Hyperstrada non cambia. Come del resto non
cambia l’aspetto di modelli apprezzati dal pubblico: a parte le nuove colorazioni, infatti, il design è confermato. I cambiamenti sono nel motore, il bicilindrico a L Testastretta 11°, che passa da 821
a 937 cc. Sono 113 i cavalli di potenza, gestiti dall’elettronica ampiamente collaudata e che comprende il Ride by Wire e tre Riding
Mode. Confermata anche la comoda frizione APTC in bagno d’olio
con funzione antisaltellamento.
Stefano Cordara
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LanuovaFordKuga
debutterànelle
concessionarie
italianeallafine
diquest’anno
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LETTERE
AL DIRETTORE
[email protected]
Onore a Patrizia Bedori e
fischi ai Fo e ai Casaleggio
che l’hanno spinta alla resa
C
aro direttore, finalmente il signor
nobel radicalscic Dario Fo e il signor guru Gianroberto Casaleggio sono accontentati: Patrizia Bedori si è ritirata dalla corsa a sindaco di Milano. Già, aveva preso solo
74 voti nelle primarie e non era neanche “ggiovane” e smanettona, mood e happy hour. Cinquantenne, e pure casalinga, come avrebbe potuto rappresentare il guardiano della rivoluzione pentastellata? Come facevano a presentarla
all’Economist che non ha il fascino della Virginia Raggi e
neanche la permanente al ricciolo bianco del Fondatore?
Però, che lezione! «Avete usato volutamente termini come
casalinga e disoccupata per offendermi, volevo dirvi che
per me non sono offese. Ci sono milioni di casalinghe in Italia, è grazie a loro, le vostre madri, sorelle, mogli e compagne che ogni giorno dedicano il loro tempo con dedizione
alla famiglia, ai figli, ai mariti e si fanno carico di tutta una
serie di compiti per cui lo Stato è inadempiente come la cura degli anziani, che l’Italia sta in piedi. Il famoso welfare è sopratutto sorretto da loro. Io invece vi ringrazio,
ringrazio voi donne che silenziosamente, giorno dopo giorno, dedicate la vostra vita agli altri senza chiedere nulla
in cambio». E con questa storia penso che sia iniziata la fase discendente
della parabola a Cinquestelle. PaolaBresti via internet
2
Il nostro presidente del Consiglio cede pezzi di sovranità territoriale alla Francia, tenendo tutti gli italiani e il
Parlamento all’oscuro. Ottimo. Quando lo vedremo ritratto di profilo con
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Le battaglie per leggi
buone sono perdenti.
La vera medicina è
immedesimarsi con Lui
CARTOLINA DAL PARADISO
di Pippo Corigliano
S
l’elmetto in testa e sotto la dicitura:
«Renzi non sbaglia mai»?
MauroComizzoli via internet
Nonèmicalostessochehabonificatol’AgroPontino?Giraerigirasiamosempreall’Isoladeifamosi
dei“mortidifama”(AldoGrasso).
2
L’altro giorno, facendo zapping con il
mio telecomando, ho ascoltato le sue
opinioni e i suoi commenti sarcastici sulle persone vegetariane. «I vegetariani moderni sono tali perché vivono nella società del benessere e si
possono permettere il lusso, per vezzo modaiolo, di rinunciare alla carne».
Questo, in sintesi, il succo del suo commento. Non la sfiora neppure l’idea
che possano esserci persone che inorridiscono al solo pensiero di mangiare
animali torturati, umiliati e uccisi dopo
sofferenze indicibili. Non la giudico, caro Amicone, perché non ne vale neppure la pena, ma le chiedo almeno rispetto e di fare altrettanto con chi fa
scelte alimentari diverse dalle sue.
FrancescoSantoro via internet
LerisponderòconAnnalisaTeggi:
«Infatti,nel1914(propriounsecolofa)uscìL’osteriavolante,esilaranteedepicoromanzoincuiChestertonimmaginòchel’Inghilterra
siconvertisseall’islam»e«chesi
Foto: Ansa
Machestranomondoèilnostro?
Avevanotrovatounapersonaautenticainquellanoiosafieradinarcisiedellevanitàcheèdiventatala
scenapubblica.El’hannosubissata
difischiemobbingfinoacostringerlaaritirarsi.Poi,cihannopureimpiantatounapolemicamoralisticaintornoal“sessismo”,quando
laveritàèfrescacomeunastilladi
rugiada.PatriziaBedorièunfenomeno.Peccatononcisiaingiroun
BernardoCaprottidipartito.SarebbediventatalaGiusyD’Amico
dellapolitica.
L’INCONTRO CHE CI SALVA
Gesù dal nostro orizzonte
scompare il concetto di persona. Il rispetto per le persone nel mondo occidentale ha la sua radice ultima nell’amore che
Dio nutre per ogni persona, per ogni uomo
che è fratello di Gesù.
Recentemente in un articolo su Repubblica lo psichiatra Massimo Recalcati ha analizzato l’esigenza, oggi dominante, di godimento
sfrenato. Un impulso diffuso di umanità disordinata vede nella legge, sia positiva sia morale,
il vero crimine, la vera oppressione che è quella di voler porre un limite. Non ci devono essere limiti: i tabù dell’incesto, dello stupro, della
pedofilia, del gusto di far soffrire, della pratica
omosessuale, della droga, del non uccidere…
non hanno senso come tabù. Il recente delitto
di Roma non è che una conferma. Per i numerosi seguaci di De Sade l’unica legge da seguire è l’affermazione incontrastata della volontà di godimento.
L’articolo di Recalcati è stato ripreso dai cattolici e dai laicisti. I primi con sgomento, i secondi con soddisfazione. È evidente che la battaglia per le leggi buone oggi è necessaria ma
alla fine perdente proprio perché le leggi stesse
sono considerate un sopruso. Quest’ondata si
può fermare solo con l’incontro con Gesù. Il figliol prodigo torna dal padre e lì troverà la legge della paternità fondata sull’amore, quella
legge che ha dato consistenza alla civiltà europea. Pregare Gesù, identificarsi con Lui, vivere
in missione per conto Suo. È l’unica medicina
per una cura lunga che è l’unica guaritrice.
e scompare
chiudessero innanzitutto le osterie,
organizzando conferenze sulla malvagità del maiale e sulla salutare
pratica del vegetarianesimo».
2
Caro direttore, una dichiarazione di
Simone Pillon in merito al referendum
del 17 aprile mi ha fatto riflettere
molto. Mi sono, infatti, subito chiesto:
se la stessa dichiarazione (ma anche
di segno opposto) l’avesse fatta ad
esempio Mario Adinolfi cosa sarebbe successo? È chiaro che le dichiarazioni pubbliche di Adinolfi, adesso
che è a capo di un partito, abbiano un
peso e un senso diverso. Siamo sicuri
che tutti condividerebbero l’eventuale posizione di Adinolfi? E cosa succede per chi non la condividesse? Esce
dal partito? Viene espulso? Si tura
il naso? Questo è uno dei tanti motivi per il quale non è possibile fondare da un giorno all’altro un partito basandosi semplicemente su dei valori.
Sarebbe simpatico anche chiedere al
duo Adinolfi-Amato che posizione ha
il partito in merito al referendum del
17 aprile, anche perché nel compendio della Dottrina Sociale della Chie-
tato. Ovvero, Pillon consiglia di andare al mare piuttosto che dare
man forte ai “no tutto”, dunque anche a quelli che esecrano l’eventuale possibilità di cavare petrolio dal
suolo patrio. Non mi è invece chiaro a cosa voglia alludere lei. Comunque sia, espresse tutte le nostre
perplessità e, anzi, il chiaro dissenso
nostro rispetto alla tentata trasformazione in partito del Family Day,
non mi pento di essere amico di quei
due. Sbagliando si impara.
2
Voglio complimentarmi per il bell’articolo sulla prima donna laureata al
mondo Elena Lucrezia Cornaro Piscopia. Faccio presente che alcuni anni fa
è stata pubblicata una sua bellissima
biografia intitolata Illuminata, scritta
da Edgarda Ferri, edita da Mondadori.
La consiglio vivamante.
Ernestina Miotto via internet
Giriamo i complimenti a Vittorio
Bendaud, collaboratore di rara intelligenza e cultura.
2
sa non trovo alcun riferimento alle
trivelle… e si badi, non vale rifugiarsi nella “libertà di coscienza”… sarebbe un pessimo inizio per un movimento ambizioso come quello del Popolo
della Famiglia.
Giorgio Arconte Reggio Calabria
Mi è chiaro il post di Pillon da lei ci-
Ovunque vinca la destra nel mondo,
ovunque, per la nostra pubblicistica, è
vittoria “del razzismo e della xenofobia”. Ma questi pensano sul serio che
Dio è di sinistra e l’elettore un cretino?
Alberto Fiorini via internet
Sì, pensano proprio così. Perciò poi
il popolo stenta a credere in Dio.
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LETTEREDALLA
FINEDELMONDO
ILGETsEMANIELACROCE
Anche Lui, facendosi uomo
come me e te, è passato
attraverso la depressione
|DIALDOTRENTO
C
aro padre aldo, ti scrivo di una domanda che ho pressante. All’età di 14 anni ho dovuto
fare i conti con una malattia: l’anoressia. Dopo molti ricoveri, alcuni con il sondino nasogastrico, la mia dipendenza dal cibo si è trasformata in un bisogno radicale di Dio, come
se tutto quello a cui aspirassi quando ero malata, un bel corpo ed essere voluta bene, non mi
bastasse più. Non è avvenuto da un giorno all’altro, è stato un cammino, fatto con gli amici di
Gs, con gli adulti, con un mio amico sacerdote e con il mio moroso, che ho incontrato circa due
anni fa e che è presenza incarnata di Cristo nella mia vita. Gli anni sono passati, ma la domanda urgente che ho iniziato a percepire, del senso della mia vita, non è svanita. Ho ancora un rapporto conflittuale – a volte drammatico – col cibo e coi pensieri cattivi che mi porto dietro da
quando mi sono ammalata. Mi chiedo, nei momenti di depressione legata al cibo, se la mia testa
possa prevalere sulla mia identità ed esperienza e, ultimamente, sul mio cuore, o se vince Qualcun altro anche su questa circostanza nella quale io non sono più padrona di me stessa.
Caterina
A
ncora una volta dio mi provoca attraverso una persona che non conosco ma con la quale
ho in comune la depressione, un male nascosto che tortura l’anima, la concezione stessa
che uno ha di sé. Spesso la ragione si
riempie di fantasmi, di ossessioni, venendo meè solo fisico ma sopratPéGuyPARLADELLA“NEvRAsTENIA” non
no al suo compito che è quello di fare i conti
tutto morale perché si senDICRIsTO.L’EsPERIENzADIquEL
con la realtà. Ricordo bene quando, nei lunghi
te abbandonato anche dal
anni vissuti in compagnia di questa malattia, la
Padre. «Dio mio perché mi
MALEOsCuROChECERTIsANTI
mia ragione era come paralizzata. Spesso mi
hai abbandonato?». Da queChIAMANO“NOTTEDELL’ANIMA”
trovavo con lo sguardo spento che guardava
sta solitudine, da questa “dima non coglieva il senso di ciò che guardava.
sperazione” del Figlio di Dio
Camminando per la strada parlavo da solo per
è sbocciata la tua identità, per cui tu sei quelpresenza eccezionale che ha voluto entrare
impedirmi di scoppiare. Stavo bene solo quanlo che sei per l’eternità, e non c’è nulla che
nella tua storia facendosi uomo come te, in
do celebravo la Messa o parlavo dell’amore di
può toglierti la tua identità. Caterina, tu sei di
tutto eccetto che nel peccato.
Gesú, per cui ero come ansioso di avere più opGesù, sei sua proprietà e lo sei anche quanLa disperazione del Figlio di Dio
portunità possibili per annunciare il Vangelo.
do il tuo cervello è nella nebbia e le ossessioni
Nel farsi uomo, anche Lui ha sperimentato la
Ma poi tornavano quei “mosconi” a riempire la
ti tormentano. Se veramente vogliamo essedepressione. Péguy parla della “nevrastenia”
mia povera testa di assurde ossessioni. È imre ciò che ontologicamente siamo, tutti dobdi Gesù. L’esperienza del Getsemani e poi della
possibile a chi non ci è passato rendersi conto
biamo fare il percorso di Gesù, fino alla croce.
croce fanno parte di questo male oscuro che
di quanto fa soffrire questa malattia.
Solo Lui può riempire il vuoto che viviamo. Tu
certi santi chiamano “notte dell’anima”. Gesù,
Eppure, anche nella disperazione più acuta,
sarai padrona di te stessa solo quando riconosapendo che era giunta la sua ora, va in comc’è sempre un piccolo spiraglio di luce che per
scerai che un Altro è padrone di te.
pagnia degli amici nell’orto del Getsemani, e si
me è stato l’abbraccio del servo di Dio don
Continua a camminare in compagnia di chi
ritira per pregare. Comincia a sudare sangue
Luigi Giussani e poi di padre Alberto, un saama il tuo destino e ti tende la mano. Nella duper il terribile dolore che lo tormenta, sapendo
cerdote di Forlì, missionario in Paraguay e al
ra pazienza del tempo, ti renderai conto delciò che lo aspetta. Per tre volte chiede ai suoi
quale il fondatore di Cl mi ha consegnato. In
la positività di ciò che ora è una tortura. Te lo
amici di fargli compagnia, inutilmente. Delufondo si tratta sempre di un problema affetdice un povero uomo a cui Dio non ha risparso, grida al Padre: «Se è possibile risparmiami
tivo. Un abbraccio, non una pacca sulla spalla:
miato la croce che tutt’ora porta. Il Papa vequesto amaro calice… però sia fatta la tua voil sentirsi accolti nella propria totalità, sentire
nendo in casa mia mi ha detto: «Adelante palontà». Momenti terribili di angoscia che terche tu vali, che sei qualcuno. E lo sei perché in
dre, y gracias». E io lo dico a te: «Adelante».
[email protected]
mineranno con la morte sulla croce. Il dolore
ogni momento tu sei fatto, sei voluto da una
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SPORT
ÜBER ALLES
Reg. del Trib. di Milano n. 332
dell’11/6/1994
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 22 – N. 11
dal 17 al 23 marzo 2016
DIRETTORE RESPONSABILE:
LUIGI AMICONE
REDAZIONE: Emanuele Boffi,
Rodolfo Casadei (inviato speciale),
Caterina Giojelli, Francesco
Leone Grotti, Daniele Guarneri,
Elisabetta Longo, Pietro Piccinini
PROGETTO GRAFICO:
Enrico Bagnoli, Francesco Camagna
UFFICIO GRAFICO:
Matteo Cattaneo (Art Director)
FOTOLITO E STAMPA:
Reggiani spa Via Alighieri, 50
21010 Brezzo di Bedero (Va)
DISTRIBUZIONE:
a cura della Press Di Srl
SEDE REDAZIONE:
Via Confalonieri 38, Milano,
tel. 02/31923727, fax 02/34538074,
[email protected], www.tempi.it
CONSERVATORI NEL CALCIO COME IN CUCINA
I rivoluzionari cambiano
la storia, vi piaccia o meno
|
DI FRED PERRI
N
elle ultime settimane due polemiche simili hanno scosso il mondo della cucina e del calcio, cioè dei due argomenti
su cui in Italia abbiamo 60 milioni di esperti a tutto tondo. Le hanno scatenate due anziani (uno più, uno meno) signori, entrambi,
nel loro campo, con un grande avvenire dietro le spalle: Gualtiero Marchesi e Arrigo Sacchi. Il primo ha ribadito alcuni concetti a lui
cari, il secondo pure. Il tutto si può sintetizzare in una critica alla modernità.
Gualtiero ha ribadito, tra gli altri, un suo
classico: con il cibo meglio l’acqua del vino.
Arrigo si è lanciato sugli allenatori più in voga del momento, esprimendo, coerentemente, quello che dice da sempre e cioè che il
risultato, senza il gioco che lo racchiude, è
una patacca vuota. Insomma non è qualcosa
che vale in assoluto. Apriti cielo. Qui non mi
interessa, cari bastardi e amici di ogni gen-
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| 23 marzo 2016 |
| Foto: Ansa
der e grado, entrare nel merito, quanto lanciare un ammonimento.
Comunque la pensiate, questi due signori, Gualtiero e Arrigo, hanno compiuto qualcosa riuscita a pochi della/nella storia: spezzarla in due. Comunque la pensiate, c’è un
prima e un dopo Gualtiero Marchesi nella
cucina e un prima e un dopo Arrigo Sacchi
nel calcio. Comunque la pensiate, prima e
dopo di loro, cucina e calcio sono due cose
diverse. Come tutti i rivoluzionari tendono
a essere conservatori nelle proprie idee, però, anche se non siamo d’accordo, anche se
la pensiamo diversamente, anche se pure loro possono dire sciocchezze, comunque bisogna sempre partire dal fatto che hanno segnato un’epoca.
Invece non mi capacito di tutto questo revival dei vecchi sacerdoti dell’Ulivo, che del
loro passaggio hanno lasciato solo rovine.
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tutela dati personali).
taz&bao
Incalza
e l’Italia
pistarola
e babbea
La storia di Incalza è una storia che merita di essere
seguita con attenzione perché è il simbolo di un’Italia
pistarola e babbea che vive in una grande illusione: insegue
i soliti teoremi dei magistrati sui “sistemi” e “le cricche”
che governano il paese senza capire che un paese come
il nostro ha bisogno di uomini come Incalza per combattere
la burocrazia che tiene immobilizzata l’Italia. Combattere
la corruzione è sacrosanto, naturalmente, ma solo un pazzo
oggi può far finta di ignorare un problema elementare:
la corruzione, nell’Italia di oggi, dipende da una burocrazia
scellerata e un sistema di leggi inadeguato, non da manager
che si preoccupano semplicemente di smuovere il paese.
La procura di Firenze (...) ieri ha assolto Incalza. Vedremo
come finirà la seconda inchiesta. Ma già oggi ci sarebbe
materia per urlare, rivolti non solo alla procura di Firenze:
meno gogne, più Incalza, grazie.
“Meno gogne, più Incalza”, il Foglio, 11 marzo 2016
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| 23 marzo 2016 |
| Foto: Ansa
L’ULTIMA
TESTIMONIANZA
LA LETTERA DELLE SUORE UCCISE NELLO YEMEN
Insieme viviamo,
insieme moriamo con
Gesù e la nostra Madre
Pubblichiamo di seguito l’ultima lettera
che le quattro suore Missionarie della Carità, la congregazione fondata da Madre
Teresa di Calcutta, hanno inviato lo scorso
giugno alle consorelle di Roma. Suor Anselm, dell’India, suor Marguerite del Ruanda, suor Judit del Kenya e suor Reginette
originaria del Ruanda sono state trucidate venerdì 4 marzo nello Yemen da un commando di fanatici islamisti. L’unica riuscita a salvarsi è la madre superiora. Altre
dieci persone hanno perso la vita nell’attacco degli estremisti: erano laici impiegati nella Casa di accoglienza che ospita i cittadini più poveri di Aden, in gran parte
anziani e disabili. A rivelare il contenuto
della lettera è stata suor Serena in un’intervista a Tv2000 la quale ha anche raccontato che le autorità ecclesiastiche avevano
offerto alle suore la possibilità di abbandonare la casa di accoglienza visto che le forti tensioni nel paese mettevano ad altissimo rischio la permanenza delle suore. Ma
loro avevano rifiutato, spiegando i motivi in questa missiva ritrovata la settimana scorsa.
O
si fanno pesanti noi ci inginocchiamo
davanti al Santissimo esposto, implorando Gesù misericordioso di proteggere noi e i nostri poveri e di concedere
pace a questa nazione. Non ci stanchiamo di bussare al cuore di Dio confidando
che ci sarà una fine a tutto questo. Mentre la guerra continua ci troviamo a calcolare quanto cibo potrà essere sufficiente.
I bombardamenti continuano, le sparatorie sono da ogni parte e abbiamo farina
solo per oggi. Come faremo a sfamare domani i nostri poveri? Con fiducia amorevole e abbandono totale, noi cinque cor-
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gni volta che i bombardamenti
| 23 marzo 2016 |
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«pREghIAMO IL SANTISSIMO
IMpLORANDO gESù DI
pROTEggERE NOI E I NOSTRI
pOvERI. NON CI STANChIAMO
MAI DI bUSSARE AL CUORE DI
DIO, CONfIDANDO ChE CI SARà
UNA fINE A TUTTO qUESTO»
riamo verso la nostra casa d’accoglienza,
anche quando il bombardamento è pesante. Ci rifugiamo a volte sotto gli alberi
pensando che questa è la mano di Dio che
ci protegge. E poi corriamo di nuovo velo-
cemente per raggiungere i nostri poveri
che ci attendono sereni. Sono molto anziani, alcuni non vedenti, altri con disabilità fisiche o mentali. Subito iniziamo il
nostro lavoro pulendo, lavando, cucinando utilizzando gli ultimi sacchi di farina
e le ultime bottiglie d’olio proprio come
la storia del profeta Elia e della vedova.
Dio non può mai essere da meno in generosità fino a quando rimaniamo con Lui
e i suoi poveri. Quando i bombardamenti
sono pesanti ci nascondiamo sotto le scale, tutte e cinque sempre unite. Insieme
viviamo, insieme moriamo con Gesù, Maria e la nostra Madre.
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