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per il tavolo regionale contro la violenza su donne e minori

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per il tavolo regionale contro la violenza su donne e minori
PER I L TAVOLO REGIONALE
CONTRO LA VIOLENZA SU DONNE E MINORI*
Oggi, quando parliamo di violenza sessuale su donne e minori, sappiamo che stiamo parlando di una
fenomenologia estremamente complessa. Fortunatamente molti studi sociologici, criminologici e di altra
ascendenza disciplinare hanno contribuito a chiarirci le dinamiche violente nella famiglia e nelle relazioni
sociali oltre ogni pregiudizio o luogo comune.
Prodromica ad ogni intervento politico sulla questione della violenza è la risoluzione del problema definitorio,
anche perché disporre di una buona definizione vuol dire avere preliminarmente ben chiaro l'ambito di
competenza della materia su cui si deve intervenire.
Preferiamo adoperare il termine 'violenza
domestica" piuttosto che solo "violenza sessuale", in
quanto con il termine 'Domestic Violence" si indica una fenomenologia complessa che comprende tutte le
forme di uso della violenza tra i vari membri di una comunità. Violenza domestica che si consuma in uno
spazio privato, laddove fra le persone coinvolte sussistono legami affettivi, o di dipendenza declinata in
differenti forme. I n sintesi, bisogna accedere ad una teorica che, anziché concentrarsi o solo sulla vittima o
solo sull'attore, vada ad analizzare gli stili di vita attraverso un costrutto strategico di analisi di tutti i
protagonisti della scena violenta: gli attori della violenza, le vittime, i tipi di violenza, ove le modalità
esecutrici possono essere di soggezione sessuale, psicologica, economica, culturale, ecc.
Secondo alcune accreditate definizioni riportate in letteratura, la violenza domestica consiste in "ogni lesione
dell'integrità fisica o psichica di una persona per mano di un'altra persona, che, sfruttando un rapporto di
potere, viene a trovarci in una posizione strutturalmente più forte" (Buchler, 1998)' e comprende "gli atti di
violenza fisica, psichica o sessuale o la minaccia di ricorrervi nelllambito di un rapporto familiare o di coppia
sia esistente che sciolto" (Schwander, 2003)~.
Ormai la maggioranza degli studiosi, sia a livello nazionale che internazionale, è concorde nell'individuare la
violenza domestica in tutti quegli atti di vessazione posti in essere dal partner o da altri membri del nucleo
familiare che comprendono i maltrattamenti fisici, le vessazioni sessuali, quelle psicologiche, quelle
economiche.
Altrettanto importante è conoscere I'epidemiologia del fenomeno. È pertanto opportuno non prescindere
dalle risultanze statistiche, anche se in questa sede ci si dovrà limitare ad alcuni rilievi essenziali3.
* Anna Coluccia, diretirce del "Ciontro Interdiparfimetale di Criminologia e Ricerca Sociale:
Università degli
Studi di Siena
'
Buchler Andrea (1998), Gewalt in Ehe und Partnerschaft - Polizei-, straf- und zivilrechtliche Interventionen am Beispiel des Kantons
Basel-Stadt, Basilea/Ginwra/Monaco di Baviera
Schwander, Marianne (2003), Interventionsprojekte gegen hausliche Gewalt: Neue Erkennfnisse - neue Instrumente, in:
Schweizerische Zeitschrift fur Strafrecht, volume 121, quaderno 2, Bema, Stampfli
Sull'importanza della ricerca qualitativa sulla fenomenologia, vedasi: 'Violenza Sessuale", di Anna Coluccia e Giovanni Battista
Traverso, in ''Trattata di Medicina Legale e Ccienze Affini'',
Vol. N, pagg. 1053-1076, Cedam,
Padova, 1999.
LE CTATISTICHE UFFICIAU
La violenza domestica dipana uno scenario ove convivono più fattispecie delittuose quali quelle di violenza
sessuale (art. 609 bis e teì),
di atti sessuali con minorenne (art. 609 quateì), di corruzione di minorenne
(art. 609 quinquies), di pedopornografia, di maltrattamenti in famiglia (art. 572 C.P.).
Per poter meglio decifrare I'evoluzione del fenomeno riteniamo quanto mai opportuno offrire I'evoluzione
quantitativa dei reati citati negli ultimi cinque anni (Tavola 1).
Tavola 1: Delitti denunciati all'Autorità giudiziaria
Wolenze reauali (art.609 bis e te0
con minorenne (art.609 quater)
Anno
Anno
Anno
Anno
Anno
Var %
2000
2001
2002
2003
2004
(2000-2004)
3.519
4.224
4.519
4.528
4.571
+29,9%
499
720
784
735
748
+49,9%
Cmnuione di minorenne (art,609 quinq~Ùes)
180
215
210
191
208
+15,6%
Pornografia minorile,m.
640
2.123
1.972
1.344
1.467
+129,20/0
AhY -ali
Malbatrameniiin famiglia (art571 C.P.)
2.814
4.167
4.669
4.794
4.861
+72,7%
TOTALE
7.652
11.449
12.154
11.592
11.855
+54,9%
(fonte: dati (STA T 'Statistichegiudilanepenali: 2004)
E' sorprendente notare come tutti questi reati abbiano subito un aumento percentuale nella serie storica
considerata 2000-2004 del 54,g0/0 a dimostrazione non tanto di un aumento della fattispecie criminologica
della violenza domestica quanto piuttosto di una maggiore propensione delle vittime alla denuncia.
Denuncia, o meglio mancata denuncia, che ha contribuito in maniera determinante ad oscurare il fenomeno.
I l "Rapporto sulla criminalità in Italia: analisi, prevenzione e contrasto" (anno 2007) redatto a cura del
Ministero dell'interno che riporta i risultati di un indagine di vittimiuazione condotta dall'iSTAT nell'anno
2006 sulle violenze (fisiche, sessuali e psicologiche) subite dalle donne in età 16-70 dentro e fuori la
famiglia, offre dei numeri estremamente preoccupanti: un milione di donne dichiara di aver subito stupro o
tentato stupro almeno una volta nel corso della vita. I 1 14,3% delle donne ha subito almeno una violenza
fisica o sessuale all'interno della relazione di coppia (partner o ex-partner).
Ancora secondo il Rapporto, le donne subiscono violenze sia dai partner che da altri uomini, owero amici,
parenti, datori e colleghi di lavoro, conoscenti e sconosciuti. Il 21% delle vittime dichiara di aver subito la
violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6% solo dal partner, il 56,4% solo da altri uomini non partner.
Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale. Inoltre, le vittime hanno subito, nella
maggioranza dei casi, più episodi di violenza: la violenza ripetuta awiene più frequentemente da parte del
partner (67,l0/0 contro 52,g0/o).
Ancor più allarmante è il dato inerente la violenza subita e non denunciata: oltre il 90% delle vittime infatti,
subisce in silenzio vivendo in completa solitudine l'esperienza violenta.
Anche in T m n a i dati sulla violenza contro le donne delineano uno scenario di particolare gravità: sono
infatti, 450.000 le donne coinvolte almeno una volta nella vita, in fatti di violenza fisica e/o sessuale; inoltre,
il livello di esposizione al rischio di violenza per le donne toscane è del 34,7O/0, attestandosi così in una
percentuale superiore rispetto al dato nazionale pari al 31,9%. Nella graduatoria nazionale delle violenze
sessuali e fisiche, la Toscana si pone al 5O posto tra le regioni.
ICOSìi DELLA VIOLENZA
La violenza contro le donne assume connotati di maggiore gravità allorquando si vanno ad analizzare i c.d.
costi socio-economici della violenza; secondo una classificazione elaborata nel 1999 da Mayra Buvinic,
attualmente Direttore del Dipartimento genere e sviluppo presso la Banca Mondiale, et al., tali costi
comprendono costi diretti individuati nel valore dei beni e dei servizi impiegati nel trattamento e nella
prevenzione della violenza assistenza medica,Polizia, sistema giudiziario, alloggio, servizi sociali), costi non
monetari owem il dolore e le sofferenze (aumento degli stati patologici, aumento della mortalità dovuta a
omicidi e suicidi, abuso di alcool e stupefacenti, Disturbi depressivi). Oltre a questo tipo di costi, vi sarebbero
i c.d. effetti moltiplicatori economici che comprendono la riduzione della partecipazione delle donne al
lavoro, una loro ridotta produttività, un minor reddito, l'aumento dell'assenteismo, ed infine un impatto di
produttività intergenerazionale dovuto alla ripetizione di anni scolastici e minore livello di istruzione raggiunto
dai bambini, ed i c.d. effetti moltiplicatori sociali che si concretiuano in un forte impatto sulle relazioni
interpersonali e sulla qualità della vita: trasmissione della violenza da una generazione all'altra, minore
qualità della vita, erosione del capitale miale, minore partecipazione alla vita democratica.
STRA TEGIE D I INTERVENTO
RISPOSTE !TiRATEGICHE:
- BANCA DATI REGIONE TOSCANA SULLA VIOLENZA CONTRO DONNE E MINORI
- CERTIFICAZIONE UNICA REGIONALE PER TUTE LE INIZIATIVE PROMOSSE
CONTRO LA
VIOLENZA
La forbice tra il dato ufficiale ed il dato raccontato attraverso le indagini di vittimizzazione, impone
all'Amministratore Pubblico severe considerazioni e virtuose risposte strategiche d'intervento.
Prima considerazione: conoscenza del tessuto deviante del fenomeno attraveno la costruzione di una
Banca Dati Regionale sulla violenza su donne e minori attraverso un'attività di monitoraggio del
fenomeno (opera della progettualità degli Enti locali) da ripetersi a cadenza storica. Tale attività dovrebbe
non solo mirare all'acquisizione del dato quantitativo bensì indagare anche sugli aspetti qualitativi del
fenomeno.
Seconda considerazione: conoscenza delle strutture e delle associazioni sia pubbliche che private presenti
sul territorio comunale e provinciale che si occupano di tali problematiche (monitoraggio delle inpiative).
Tale variegato mondo di formazioni sociali dovrebbe ricevere una Certificazione Regionale attraverso la
costituzione di un apposito Albo Regionale delle Associazioni che a vario titolo intervengono sulla
questione violenza. L'istituzione di Enti così certificati diventa il volano per la costituzione della Rete
Solidale Certificata della Regione Toscana. La certificazione è la condizione sine qua non per
partecipare ai finanziamenti regionali o per presentare e partecipare a progetti integrati con gli Enti locali
(Comune e Provincia).
Tena considerazione: verifica ed analisi delle ricadute dei Progetti finanziati dalla Regione Toscana e
pubblicazione dei risultati in appositi report.
La mission che tale strategia d'intervento deve perseguire è l'abbassamentodell'esposizione al rischio di
violenza su donne e minori, l'incoraggiamento alla denuncia dei fatti violenti subiti e i'implementazione
degli strumenti di sostegno a favore delle vittime di violenza applicando i principio della trasparenza sia
riguardo al modello d'intervento che ai costi delle attività.
Quarta considerazione: la mission della Regione per suo stesso Statuto è quella di sostenere le iniziative
locali inserendo la propria attività propulsiva sia nel sostenere le iniziative già esistenti, attraverso
I'implementazione di interventi integrati, sia sostenendo la costruzione di nuovi i n t e ~ e n tlà
i dove il tessuto
sociale nulla o poco esprime.
Tali interventi presuppongono la stesura di vere e proprie Linee Guida di Interventi in materia di violenza
contro donne e minori. Lo strumento delle Linee Guida dovrebbe essere il frutto di un lavoro progettuale
della Regione Toscana con gli Enti collaboranti.
-
COMUNICAZIONE - INFORMAZIONE FORMAZIONE
RISPOSTE STRATEGICHE :I L RUOLO DELLA COMUNICAZIONE
La comunicazione è un momento nevralgico all'interno del ventaglio di strategie volte alla limitazione e alla
neutraliuazione delle pratiche violente all'interno sia dei nuclei familiari che nei c.d. spazi di prossimiti. Ciò
può essere affermato a patto di intendere la comunicazione non come prassi routinaria da esaurire attraverso
una serie di pur meritorie campagne di informazione ad ampio raggio. A proposito di queste ultime va
peraltro detto, per inciso, che puntare tutto o troppo su strategie comunicative di grande impatto mediatico
(ad es. ricorrendo alla rappresentazione della violenza attraverso immagini/situazioni dal notevole
coinvolgimento emotivo) può significare perdere l'occasione di praticare una comunicazione veramente
efficace e, soprattutto, rninuziosamente controllabile nei suoi effetti (a questo proposito deve essere
A
rimarcato che gli esperti hanno sovente verificato come campagne a carattere prevalentemente "suggestivoemotivo" possano sortire effetti inopinatamente opposti rispetto a quanto preventivato ed auspicato dai loro
propugnatori).
COMUNICAZJONE COME INFORMAZIONE E FORMAZIONE
Una strategia comunicativa realmente incisiva sul tema della violenza domestica dovrà incardinarsi su alcuni
punti fermi. I l primo di tali capisaldi è senza dubbio quello che impone pratiche comunicative che
siano anche (e siano integrate a) strategie propriamente formative. Perché i messaggi 'virtuosi" si
mostrino efficaci e durevoli dovranno quindi essere situati nel contesto di una serie di iniziative a carattere
educativo che rafforzino i contenuti dei messaggi stessi, e li confermino a livello di esperienza individuale e
gruppale. I n questa prospettiva andrebbero promossi e sostenuti progetti integrati di educazione alla
legalità, implementazione del senso civico, ecc. ecc. in tutte le agenzie formative disponibili sul
territorio, curando con ciò di raggiungere tutti gli strati sociali e tutte le componenti della popolazione. Fare
leva su tutte le agenzie formative disponibili significa esattamente non reputarne alcuna inadeguata alla
bisogna: dalla scuola primaria agli istituti penitenziari.
Carattere fondamentale di tali interventi formativi dovrebbe essere il protagonismo degli stessi
partecipanti: non iniziative parascolastiche, insomma, ma esperienze in grado di coinvolgere
attivamente i destinatari dei diversi progetti (dai quali non andrebbe dunque esclusa una qualche
valenza ricreativa).
Iprogetti integrati contro la violenza dovrebbero rispondere ad alcuni requisiti minimi certificabili, e in questa
prospettiva è auspicabile l'attivazione di un Osservatorio reaionale sulle wlitiche locali contro la
violenza.
Un altro fondamento della comunicazione efficace è il suo essere debitamente segmentata, vale a dire non
configurata come "omnibuf (rivolta a tutti indistintamente) ma mirata a ben determinati settori della
cittadinanza. Evidentemente questa vera e propria personalizzazione del messaggio renderà necessario
progettare degli interventi comunicativi che tengano conto dei codici culturali specifici dei destinatari. La
necessità di questa differente modulazione comunicativa si evidenzia in modo particolarmente marcato nel
caso dei gruppi di immigrati, facendo tra l'altro emergere come s'imponga (fin dalla scelta del d i c e
linguistico, e poi nei contenuti e nello stile della comunicazione stessa) i'esigenza di
differenziazione tra i diversi gruppi etnici. Ma altrettanto evidente appare la necessità di produrre azioni
comunicative e formative specifiche a seconda del genere e dell'età dei destinatari.
Quanto ai contenuti, il messaggio efficace si presenta come propositivo e non con i caratteri del monito
e deli'ammonizione. Occorre pertanto presentare il positivo del valore piuttosto che additare la negatività del
disvalore. Una simile scelta incide owiamente anche nel merito e nello stile delle rappresentazioni da
proporre all'attenzione dei destinatari. Anche la "pars destmens" del messaggio dovrà essere intesa, ancora
una volta, in termini più positivi che semplicemente negativi;essa mirerà soprattutto al superamento di
stereotipi e pregiudizi attraverso la rappresentazione di situazioni desiderabili che implicitamente tali luoghi
comuni neghino e contrastino (ciò anche nella prospettiva di una maggiore e migliore collaboratività delle
vittime di violenza con gli operatori istituzionalmente deputati all'inte~ento).
GOVERNANCE DELLA COMUNICAZIONE DOWN-TOP
Circa la forma e lo stile della comunicazione contro la violenza domestica, si tratta di considerare con
prudenza, anche in questo caso, le forme canoniche delle più diffuse campagne comunicative. I n questo
senso la stessa scelta dei meni e dei linguaggi dovrà essere inseparabile dalla considerazione attenta della
dieta comunicativa dei destinatari. Anche prescindendo da ciò, appare necessario conferire largo spazio ai
nuovi media: occorre pertanto ipotizzare e progettare ad esempio forum, chat, comunicazione per sms,
spazi radiofonici in cui venga in primo piano il tema della violenza, e se ne discuta "dal basso". E
ciò non solo, è importante sottolinearlo, quando si abbia di mira un pubblico prevalentemente giovanile.
Non si deve infatti dimenticare la funzione "domiciliare" svolta da quasi tutti questi meni, che tanto più nelle
situazioni di vera e propria reclusione (fisica e psicologica) vissute dalle vittime della violenza fungono da vere
e proprie "finestre" nei confronti del mondo esterno.
Ponendo l'esigenza di una accurata differenziazione delle strategie comunicative/formative è inevitabile porre
la questione della grande varietà delle stesse strategie di intervento. Stiamo cercando di sostenere infatti che
non esiste soluzione di continuità sostanziale tra le prime e le seconde, in quanto quelle si configurano come
una sorta di primo grado di queste.
FORMAZIONE: CARAiTERISiiCHE
Anche la formazione deve essere pensata secondo le caratteristiche della integrazione (tra pubblico e
privato), della interistituzionalità (tra enti pubblici o tra enti pubblici e privati) e deve avere obiettivi
formativi specialistici per addetti ai lavori (per es. corsi per operatori sanitari al Pronto Soccorso o nei
reparti di Pediatria, o nelle Scuole per gli insegnanti, o per operatori volontari di associazioni che a vario titolo
si occupano di violenza, ecc.) che obiettivi formativi specifici modulati sul target di popolazione sulla
quale e per la quale la formazione è costruita (per es. corsi a scuola per gli studenti, corsi di formazione per
le vittime stesse o per gli attori della violenza, ecc.).
Lo sforzo formativo deve essere duplice, nel senso che dovrà offrire sia una didattica formativa
inhamoenia (ove i discenti dovranno essere addetti ai lavori a vario titolo) che di tipo extramoenia (per
la creazione di nuove figure professionali formate per le esigenze contro la violenza e i disagi sociali).
MEDIAZIONE E ATTIVITA' D I RECUPERO DELLE W l T I M E E DEGU ATiORI DELLA VIOLENZA
Nella prospettiva di un intervento che sia dawero ad ampio raggio, occorre dunque, predisporre procedure
formative per l e vittime come per gli attori della violenza. Ancora una volta, il momento formativo si
dimostra centrale, perché si tratta di progettare ed attuare forme di mediazione che accompagnino ciascuno
dei protagonisti, owiamente nello specifico situazionale, durante tutto il corso della vicenda. Ciò, in vista del
pieno recupero in prima istanza della vittima, che non di rado, vede aggiungersi all'impoverimento psichico e
al depotenziamento sociale conseguenti, il maltrattamento subito lo stigma dell'esclusione, con ricadute
negative non trascurabili anche nella prospettiva dei costi sociali. Ma specifiche forme di mediazione andranno
predisposte anche in vista di un, almeno, parziale recupero degli stessi attori di violenza. È forse, anzi
possibile, sperimentare la funzione positiva delle esperienze di felice recupero e raggiunta consapevolezza da
parte di tali attori, in prospettiva di formazione e prevenzione.
LIMPORTANZA DELLE STRATEGIE INTEGRATE CONTRO LA VIOLENZA
Una delle strategie più efficaci sembra essere quella di tipo integrato4 owem un insieme di strategie ed
interventi che assicurino la sostenibilità, che abbiano la potenziali6 di eliminare tale violenza a più livelli, che
permettano inoltre, di affrontare le cause e allo stesso tempo, offrire la disponibilità dei servizi immediati
necessari alla vittime.
Aree d i intewento sono così individuate:
- nelle azioni di sensibilinazione e di creazione di consapevolezza vera sull'argomento
- nell'educazione alla cosbuzione d i una cultura della non violenza
-
nella formazione
- nello sviluppo delle risorse
-
nella prestazione diretta di s e M z i e di assistenza alle vittime ed a i responsabili
-
nello sviluppo di reti d i contatti e mobilitazione della comunità
- nel monitoraggio degli interventi e delle misure adottate
-
nell'attività di raccolta ed analisi dei dati sul fenomeno
- nell'individuazione
precoce di famiglie, comunità, gruppi di individui 'a rischio".
E' opportuno ricordare il tessuto legislativo toscano dal quale partire per la messa a punto di una politica di
sicurezza contro la violenza; vi =no al riguardo modelli di intervento già rodati la cui esperienza oggi, ritorna
quanto mai utile al fine della composizione delle politiche locali di intervento contro la violenza su donne e
minori.
' Tale approccio integrato viene ribadito anche dal Centro di Ricerca Innocenti di Firenze sulla violenza dornesbca contro
le donne e le bambine in alcuni documenti riportati nel n06 di Innocenti Digest, anno 2000.
7
Valga ricordare che la Regione Toscana ha elaborato una legge (Toscana più sicura, no3812001) che ha
contribuito a creare una cultura della sicurezza come bene che è legato alla gestione degli enti locali.
La virtù di tale legge è di avere posto bene in evidenza i limiti degli enti locali sulla questione sicurezza, ma
al contempo di avere dettato le competenze in tema di sicurezza degli enti locali.
Oggi infatti la sicurezza declinata da parte degli Enti Pubblici (Regione, Comuni, Province) è quella della
sicurezza sostenibile, intendendo per sicurezza sostenibile il grado di vivibilità realisticamente realizzabile
all'interno di un sito geografico, in considerazione sia del livello di criminalità, sia del livello di diffusione della
sensazione di insicurezza e paura della criminalità, correlata al grado di sviluppo economico e sociale. La
sicurezza, intesa anche in termini di sicurezza sostenibile, si configura quindi come concetto complesso, non
più governabile attraverso una politica fondata sulla prevenzione o repressione dei reati, bensì attraverso la
sapiente gestione di una pluralità di politiche declinate sulla qualità della vita. I n sintesi, sicurezza
sostenibile5 come progettualità che guardi ai bisogni ed alle distanze sociale presenti, pensando però di
costruirle a favore delle generazioni future.
Gli interventi sulla sicurezza, così come sopra esplicata, vanno quindi inquadrati in un contesto di sicurezza
sostenibile. Parlare di supporto alle vittime di violenza vuol dire anche intervenire virtuosamente qualità della
vita, perché la pedagogia violenta familiare esiste. Sappiamo che un bambino maltrattato verosimilmente
diventerà un adulto che maltratta, un bambino violentato ha ottime probabilità di diventare esso stesso
carnefice.
Allora, costruire ipotesi di stili di vita sostenibili a favore delle vittime di violenza, vuol dire costruire politiche
di rassicurazione e solidarietà sociale, coniugate alla implementazione del senso civico. L'implementazione
del senso civico in tutte le sue linee interpretative, diventa l'impegno su cui lavorare, affinché diventi
memoria per le future generazioni. E sul concetto di soddisfazione dei bisogni sociali, di affrancamento dal
disagio, dalle debolezze e dalle distanze sociali, che la sicurezza, può trovare legittimità in un concetto
dinamico di sviluppo sostenibile diventando essa stessa sicurezza da reinterpretare non solo a favore delle
generazioni presenti, ma anche delle generazioni future. Ancora, porre maggiore attenzione anche agli
attori della violenza vuol dire incidere sulla catena violenta familiare.
Awiare gli Enti Locali ad una progettualità di tipo integrato con altre istituzioni pubbliche e private significa
realizzare un' opera di mediazione interistituzionale; inoltre, porsi il problema della certificazione riguardo a
"chi opera" e chiedere verifiche dei risultati awia un processo consapevole di azioni di sostenibilità degli
interventi.
Cfr. A. Coluccia, La sicurezza sostenibite, Franco Angeli, Milano, 2006; A. Coluccia, F. Ferretti, L. Lorenzi, "La Regione Toscana e la
questione sicurezza" in F. Cazzola, A. Coluccia, F. Ruggeri ( a cura di), La sicureza c
m sfida sociale, Franco Angeli, Milano, 2004.
O
REGIONE
iSCUOLAIUNIVERSITA'
13VOLONTARIATO
ORGANIZZAZIONI
SINDACALI
iCOMUNI, PROVINCE,
COMUNITA' MONTANE
MINISTERI
Grafico 1
PROGETIUAUTA' INTEGRATA
Le iniziative potranno vedere come protagonista la Regione con gli altri partner, oppure possono riguardare
un partenariato, tra Enti e Associazioni, che escluda la Regione, ma che veda vieppiù la Regione stessa, in un
ruolo propositivo e propulsivo di mediazione interistituzionale.
Va certamente incrementata la integrazione tra Piano Regionale Sanitario e Piano Cociale, come pure
l'integrazione vuol dire anche sviluppo di una progettualità che si esplichi in azioni integrate tra Assessorati.
La progettualità integrata nel campo delle politiche della violenza su donne e minori, impegna
necessariamente strumenti di trasversalità c.d. orizzontale proprio perché le competenze che richiamano
appartengono alla mission di più settori dell'Amministmzione Pubblica. La fenomenologia violenta, esplica, per
sua stessa definizione, sia situazioni di disagio sociale, che devianti. Giusto tale assunto, la linea vincente è
decisamente quella della progettualità integrata, proprio perché complessa è la fattispecie concreta dei
fenomeni di cui qui parliamo.
Dovranno essere necessariamente adoperati gli strumenti tipici dell'integtazione, quali:
-
Linee guida Regionali
-
Certificazione Unica Regionale per tutte le iniziative contro la violenza
Carta dei Seivizi
Protocolli di Intesa
Protocolli integrativi tra Piano sociale e Piano sanitario
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