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M. La tempesta

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M. La tempesta
La Tempesta (The Tempest)
Dramma in versi e in prosa in cinque atti di William Shakespeare. Iniziato non prima del
1610, rappresentato a Londra a Whitehall il 1 Novembre 1611 e pubblicato a Londra nel
1613.
PERSONAGGI
Alonso, re di Napoli
Sebastiano, suo fratello
Prospero, legittimo duca di Milano
Antonio, suo fratello, usurpatore del ducato di Milano
Ferdinando, figlio del re di Napoli
Gonzalo, vecchio e onesto consigliere del re
Adriano e Francesco, gentiluomim
Calibano, schiavo selvaggio e deforme
Trìnculo, buffone
Stefano, cantiniere ubriacone
II Capitano della nave
II Nostromo
Marinai
Miranda, figlia di Prospero
Ariele, spirito dell'aria
Iride, Cerere, Giunone,
Ninfe, Mietitori in forma di spiriti
Altri spiriti al servizio di Prospero
Scena: un'isola disabitata
ATTO I. Prospero, duca di Milano, è stato detronizzato da una congiura ordita dal fratello
Antonio in accordo con Alonzo, re di Napoli. Abbandonato in alto mare insieme alla figlia
Miranda, il duca s'è salvato grazie alle vettovaglie fornitegli da Gonzalo, un pietoso
consigliere. Approdato su un'isola sperduta, Prospero ne ha preso il potere, sfruttando i
suoi studi di magia, sottomettendo il legittimo padrone, il mostruoso Calibano. Dodici
anni dopo il suo arrivo, Prospero, con l'aiuto di Ariel, spirito dell'aria, scatena una
tempesta per far naufragare una nave, sulla quale vi sono Antonio, Gonzalo e Alonzo
col fratello Sebastiano e il figlio Ferdinando. Deciso a sanare la contesa dinastica,
Prospero ordina ad Ariel di condurre Ferdinando al cospetto di Miranda, che
prontamente se ne innamora.
ATTO II, Mentre Alonzo, Gonzalo e altri naufraghi dormono, Sebastiano e Antonio si
accingono a uccidere Alonzo, per incoronare Sebastiano re di Napoli; ma Ariel, risvegliando Gonzalo, interrompe la congiura. In un'altra parte dell'isola, s'incontrano
Stefano e Trìnculo, un cantiniere e un buffone, entrambi ubriachi, a cui Calibano
giura fedeltà per liberarsi dal dominio di Prospero.
ATTO III. Prospero fa allestire ad Ariel un finto banchetto per Antonio, Alonzo e gli
altri nobili naufraghi. Ariel fa improvvisamente sparire la mensa e, assunte le
sembianze di un'Arpia, rinfaccia ai convitati la detronizzazione di Prospero.
ATTO IV. Prospero concede a Ferdinando la mano di Miranda e, per festeggiare il
fidanzamento, organizza uno spettacolo mitologico, che interrompe bruscamente per
opporsi a Stefano, Trìnculo e Calibano, venuti per sopprimerlo.
ATTO V. Liberati Alonzo, Antonio e gli altri naufraghi dalla follia provocata dai suoi
incantesimi, Prospero compare loro nelle vesti di duca di Milano. Mostrando l'amore
di Miranda e Ferdinando come segno di riconciliazione generale, concede la libertà
ad Ariel e a Calibano, e rinuncia per sempre ai suoi poteri magici.
LA TEMPESTA
Un tempo in mezzo al mare esisteva un'isola, i cui unici abitanti erano un vecchio, chiamato
Prospero, e una bellissima fanciulla, sua figlia Miranda. Ella arrivò sull'isola così piccola da non
conservare nella memoria l'immagine di altri volti se non quello di suo padre.
Vivevano in una grotta scavata nella roccia e divisa in varie stanze; in una di queste Prospero aveva lo
studio, dove teneva i suoi libri. Erano per la maggior parte trattati di magia, una scienza di cui tutti gli
eruditi del tempo facevano grande ostentazione. Quando Prospero capitò, per un caso inaspettato,
su quest'isola incantata dalla strega Sycorax, morta poco prima del suo arrivo, scoprì quanto la
conoscenza di quest'arte gli fosse utile poiché, grazie ad essa, liberò innumerevoli spiriti benevoli
che Sycorax aveva imprigionato nei tronchi di grandi alberi per punirli del loro rifiuto di eseguire i
suoi malvagi ordini. Da allora, questi gentili spiriti, di cui Ariel era il signore, si dimostrarono
obbedienti al volere di Prospero.
Ariel, lo spiritello vivace, non era briccone per natura, ma si divertiva assai a tormentare
Calibano, un mostro orrendo, che, essendo figlio della sua vecchia nemica Sycorax, era
bersaglio del suo risentimento. Calibano, una creatura singolarmente deforme, molto meno
somigliante ad un essere umano che a una scimmia, fu trovato nei boschi da Prospero; egli lo
prese con sé nella sua grotta e gli insegnò a parlare e sarebbe stato benevolo con lui, se solo la
cattiva natura, che Calibano aveva ereditato dalla madre Sycorax, non gli avesse impedito di
imparare alcunché di buono o utile; così, degradato al rango di schiavo, doveva raccogliere la
legna e svolgere i lavori più faticosi. E Ariel aveva l'incarico di costringerlo a compiere questi
servizi.
Quando Calibano si mostrava pigro e trascurava il lavoro, Ariel (che era invisibile
agli occhi di tutti, tranne che a quelli di Prospero) gli si avvicinava furtivamente e lo pizzicava,
a volte lo faceva ruzzolare nel fango e, sotto le sembianze di una scimmia, lo beffeggiava.
Quindi, trasformatosi lestamente in riccio, si lasciava rotolare sul cammino di Calibano che era
terrorizzato all'idea di pungersi i piedi nudi sui suoi aculei. Spesso, ogniqualvolta Calibano
trascurava il lavoro assegnatogli da Prospero, Arie! lo tormentava con una varietà di simili
scherzi fastidiosi.
Grazie a questi potenti spiriti sottomessi al proprio volere, Prospero poteva comandare i
venti e le onde del mare. A un suo ordine, essi scatenarono una violenta tempesta, nel mezzo
della quale un bel veliero si trovò a fronteggiare le onde tumultuose che minacciavano di
inghiottirlo ad ogni momento. Prospero mostrò la grande nave a sua figlia, dicendole che
portava esseri viventi come loro. "Oh mio caro padre", ella disse, "se grazie alla tua arte hai
suscitato questa spaventevole tempesta, abbi pietà del loro penoso soffrire. Guarda! La nave
finirà in mille pezzi. Povere creature! moriranno tutte. Se ne avessi il potere, farei
sprofondare il mare sotto la terra per impedire la distruzione di questa bella nave e delle
preziose anime che trasporta".
"Non essere così sgomenta, Miranda", disse Prospero; "nessun danno è stato arrecato;
ho ordinato che non sia fatto alcun male alle persone sulla nave. E pensando al tuo bene, mia
cara figliola, che ho fatto tutto questo. Tu non sai chi sei né da dove arrivasti e non conosci
nuli'altro di me se non che sono tuo padre e che vivo in questa povera caverna. Ti ricordi del
tempo che precedette il tuo arrivo in questa grotta? Penso di no, perché allora non avevi
ancora tre anni".
"Al contrario, padre", rispose Miranda.
"E di cosa", chiese Prospero, "di qualche altra casa o persona? Dimmi di cosa ti ricordi,
bambina mia".
Miranda disse: "È come se fosse il ricordo di un sogno. Non avevo forse, un tempo,
quattro o cinque donne che badavano a me?".
Prospero rispose: "Ne avevi anche di più. Com'è possibile che queste memorie vivano
ancora nella tua mente? Ricordi come arrivasti qui?".
"No, padre", disse Miranda, " non ricordo altro!".
"Dodici anni fa", proseguì Prospero, "io ero il Duca di Milano, tu eri principessa e mia unica
erede. Avevo un fratello più giovane di me, chiamato Antonio, nel quale confidavo
totalmente; e siccome amavo la solitudine e lo studio, normalmente affidavo
l'amministrazione degli affari di stato a tuo zio, il mio infingardo fratello (tale si rivelò per
certo). Trascurando le occupazioni mondane, mi immersi nella lettura e dedicai tutto il mio
tempo a coltivare l'intelletto. Così, mio fratello Antonio, esercitando il potere al posto mio,
cominciò a immaginare se stesso come il vero duca. L'opportunità che gli diedi di rendersi
benvoluto dai miei sudditi, suscitò nella sua cattiva natura l'ambizione orgogliosa di
privarmi del mio ducato: ben presto realizzò questo disegno, con l'aiuto del re di Napoli, un
potente principe mio nemico".
"Per quale ragione", disse Miranda, "non ci eliminarono allora?".
"Bambina mia", rispose il padre, "non osarono, a causa dell'amore che il mio popolo
mi tributava. Antonio ci condusse a bordo di una nave, e quando fummo a qualche lega dalla
costa, ci costrinse a salire su una piccola imbarcazione senza paranco, né vela, né albero: ci
abbandonò là a morire, come egli supponeva. Ma, Gonzalo, un generoso nobiluomo di corte,
che mi era affezionato, aveva segretamente portato sulla barca acqua, provviste, abiti, e
alcuni libri che valgono per me più del mio stesso ducato".
"Oh padre mio", disse Miranda, "di quale impiccio debbo essere stata per voi allora!".
"No, mia cara", disse Prospero, "eri il piccolo angelo che mi preservò. I tuoi sorrisi
innocenti mi resero capace di resistere alle sventure. Il cibo fornitoci durò fino al nostro
arrivo su quest'isola deserta. Da allora il mio piacere maggiore è stato quello di esserti
maestro, Miranda, e dai miei insegnamenti tu hai ben saputo trarre profitto".
"Il cielo ve ne dia merito, mio caro padre", disse Miranda. "Ma ora ditemi, vi prego,
qual è la ragione per cui avete suscitato questa tempesta?".
"Sappi dunque", disse il padre, "che, a causa di questa tempesta, i miei nemici, il Re di
Napoli e il mio crudele fratello, sono stati scaraventati a riva su quest'isola".
Detto questo, Prospero toccò lievemente sua figlia con la bacchetta magica ed ella si
addormentò profondamente. Ariel comparve proprio allora di fronte al suo padrone per
riferirgli della tempesta e di come aveva sistemato l'equipaggio della nave, e, sebbene gli
spiriti fossero sempre invisibili a Miranda, Prospero non voleva che ella lo vedesse conversare
con l'aria, come infatti le sarebbe parso.
"Bene, mio valente spirito", Prospero disse ad Ariel, "come hai svolto il tuo compito?".
Ariel fece una vivace descrizione della tempesta, del terrore dei marinai e di come il
figlio del re, Ferdinando, fosse stato il primo a buttarsi in mare; di come suo padre avesse
pensato di vedere il caro figlio inghiottito dalle onde e perso per sempre.
"Egli è salvo, tuttavia", disse Ariel, "sta seduto in un angolo dell'isola a braccia
incrociate a lamentare la triste perdita del re suo padre, che pensa annegato. Non un
capello gli è stato torto e i suoi abiti principeschi, benché inzuppati dalle onde marine,
sembrano più nuovi di prima".
"Riconosco la tua delicatezza in ogni azione, mio soave Ariel", disse Prospero. "Portalo
qui: mia figlia deve vedere questo giovane principe. Dove sono il Re e mio fratello?".
"Quando li ho lasciati", rispose Ariel, "stavano cercando Ferdinando, che disperano di
ritrovare, poiché ritengono di averlo visto morire. Nessun uomo dell'equipaggio è perso,
sebbene ciascuno pensi di essere l'unico sopravvissuto; e la nave, benché sia a loro
invisibile, è intatta nel porto".
"Ariel", disse Prospero, "il tuo incarico è stato coscienziosamente portato a termine; ma
c'è ancora del lavoro".
"Ancora lavoro?", disse Ariel. "Permettetemi di ricordarvi, signore, che mi avete
promesso la libertà. Vi prego di non dimenticare che vi ho reso eccellenti servigi, non vi ho
mai raccontato menzogne, né fatto errori e vi ho servito di buon grado senza lagnarmi".
"Come!", disse Prospero, "non ricordi da quale tormento ti liberai? Hai
dimenticato la malvagia strega Sycorax, che era quasi piegata su se stessa a causa dell'età e
del suo malanimo? Dove nacque? Parla, su, dimmi".
"Ad Algeri, signore", disse Ariel.
"Oh, davvero", disse Prospero. "Devo riportarti alla memoria quel che ti accadde, e
che tu ora sembri non ricordare. La perfida strega Sycorax fu bandita da Algeri e
abbandonata qui dai marinai, a causa delle sue stregonerie, tremende al solo ascoltarle; e
poiché tu eri uno spirito troppo delicato per eseguire i suoi malvagi comandi, ti rinchiuse in
un albero, dove ti trovai in preda allo strazio. Da questo tormento, ricordati, ti liberai".
"Perdonatemi, mio amato signore", disse Ariel, rincresciuto di essere apparso
ingrato, "obbedirò ai vostri comandi".
"Così sia fatto", disse Prospero, "e io ti ridarò la libertà". Impartì quindi gli ordini che
egli voleva eseguisse, e Ariel se ne andò subito dove aveva lasciato Ferdinando, che trovò
ancora seduto sull'erba nella stessa melanconica posizione.
"Oh, mio giovane gentiluomo", disse Ariel, quando lo vide, "presto vi condurrò via di
qui. Vi devo portare, se capisco bene, da Madamigella Miranda perché possa vedere la
vostra graziosa persona. Venite, signore, seguitemi". Poi prese a cantare:
Giace il padre in fondi abissi:
le sue ossa divengon corallo;
sono perle gli occhi suoi fissi:
ciò che in lui svanir deve, quello
sottrarsi non può all'acqueo influsso,
che tramuta ognun dappresso.
Ninfe segnan la sua ora al tocco:
ascolta, odo -din,don- il lor rintocco.
Questo inusitato resoconto della scomparsa del padre destò ben presto il principe
dallo stato di torpore in cui era precipitato. Egli seguì rapito il suono della voce di Ariel, fino
a che essa lo condusse da Prospero e Miranda, che sedevano all'ombra di un grande albero.
Miranda non aveva mai visto alcun uomo all'infuori di suo padre.
"Miranda", disse Prospero, "cosa stai fissando laggiù?".
"Oh padre", rispose Miranda, straordinariamente sorpresa, "di certo quello è uno spirito.
Mio Dio! come scruta tutto attorno a sé! In fede mia, signore, è una bella creatura. Non è uno
spirito?".
"No, ragazza mia", ribattè suo padre, "mangia, dorme e prova le nostre stesse
sensazioni. Questo giovane uomo che vedi era sulla nave. È un po' alterato dal dolore, altrimenti si potrebbe definire un essere attraente. Ha perso i suoi compagni e sta vagando alla
loro ricerca".
Miranda, la quale immaginava che tutti gli uomini avessero volti gravi e barbe grigie
come suo padre, rimase incantata dall'aspetto di questo giovane e bel principe; Ferdinando
dal canto suo, vedendo una fanciulla così graziosa in quel luogo abbandonato e non
aspettandosi che prodigi dalla musica che aveva udito, pensò di essere su un'isola incantata,
di cui Miranda fosse la dea e così appellandola si rivolse a lei.
Ella rispose timidamente che non era affatto una dea, bensì una semplice fanciulla e stava
iniziando a raccontare di sé, quando Prospero la interruppe. Egli era assai compiaciuto di
scoprire che i due giovani si ammirassero l'un l'altro, poiché capì all'istante che il loro era
-come si dice- un amore a prima vista; ma per provare la costanza di Ferdinando, decise
di disseminare il loro cammino di difficoltà. Perciò facendosi avanti, si rivolse al principe
con aspetto severo, accusandolo di essere venuto sull'isola a spiare per sottrarla a lui che
ne era il signore. "Seguimi", disse. "Ti metterò in ceppi. Berrai acqua di mare; molluschi,
radici rinsecchite e gusci di ghiande saranno il tuo cibo".
"No, mi opporrò a questo trattamento finché non mi troverò di fronte a un nemico
imbattibile". Così dicendo, Ferdinando estrasse la spada; ma Prospero lo immobilizzò con la
sua bacchetta magica, privandolo così della possibilità di muovere anche un solo passo.
Miranda si frappose e implorò il padre: "Perché vi comportate così crudelmente?
Abbiate pietà signore; garantirò io per lui: quest'uomo, il secondo che io abbia mai visto,
mi sembra onesto".
"Silenzio!", ribattè il padre, "ancora una sola parola e ti dovrò rimproverare, figlia.
Come puoi prendere le parti di un impostore! Avendo conosciuto solo lui e Calibano, pensi
che non esistano altri uomini della sua levatura. Ma stai certa, sciocca ragazza, che la
maggior parte degli uomini sono tanto superiori a questo quanto egli lo è a
Calibano". Così disse Prospero per mettere alla prova la costanza di sua figlia ed ella
rispose: "II mio affetto non mira tanto in alto. Non ho alcun desiderio di incontrare uomini
più belli".
Prospero si rivolse al principe: "Vieni ragazzo, non è in tuo potere disobbedirmi".
"No davvero", rispose Ferdinando, il quale, non sapendo che un sortilegio lo aveva
reso incapace di reagire, era stupito di vedersi così inaspettatamente costretto a seguire
Prospero.
Pur camminando dietro di lui verso la caverna, il suo sguardo restò rivolto a Miranda
finché questa non scomparve ai suoi occhi e così avanzando pensò: "È come se la mia vera
natura fosse trattenuta da una forza impalpabile; ma le minacce di quest'uomo e la mia
debolezza sarebbero ben poca cosa se ogni giorno potessi vedere questa leggiadra fanciulla
dalla mia prigione".
Prospero non tenne Ferdinando confinato molto a lungo; ben presto fece uscire il
prigioniero e gli assegnò un pesante compito. Gli impose infatti un lavoro faticoso e,
facendo in modo che sua figlia ne fosse a conoscenza, restò ad osservare segretamente i due
giovani, dopo aver finto di avviarsi al suo studio.
Prospero aveva ordinato a Ferdinando di affastellare dei pesanti ceppi di legno. Poiché i
figli dei Re non sono avvezzi a tali fatiche, Miranda trovò il suo amato quasi esangue per lo
sforzo.
"Ahimè!", esclamò, "non lavorate tanto; mio padre è intento ai suoi studi e rimarrà
occupato per le prossime tre ore: vi prego, riposatevi".
"Oh mia dolce signora", rispose Ferdinando, "non oso tanto. Devo finire il mio compito
prima di poter riposare".
"Se vi sedete", disse Miranda, "sposterò i ceppi per voi". Ma a questa proposta
Ferdinando non voleva acconsentire in nessun modo. Così Miranda gli fu più d'impiccio che
d'aiuto; i due infatti cominciarono a conversare e il lavoro avanzava a rilento.
Prospero, che aveva affidato questo compito a Ferdinando solamente per mettere
alla prova il suo amore, non stava studiando, come sua figlia supponeva, ma, resosi invisibile,
stava presso di loro ad ascoltarli.
Ferdinando le chiese il nome ed ella glielo disse, precisando che nel farlo contravveniva
ad un preciso ordine di suo padre.
Prospero sorrise alla prima disobbedienza di sua figlia; non lo irritava il fatto che
ella dimostrasse i propri sentimenti venendo meno ai suoi comandi, poiché la sua stessa arte
magica era stata causa dell'immediato innamoramento della fanciulla. Fu anche compiaciuto
nell'udire la lunga dichiarazione di Ferdinando, che giurò di amarla più di ogni donna mai
incontrata prima.
Alle lodi della sua bellezza, impareggiabile in questo mondo secondo Ferdinando,
Miranda replicò: "Non ricordo il volto di alcuna donna, né ho visto altri uomini al- l'infuori
di voi, mio buon amico, e del mio caro padre. Non so che aspetto abbiano gli abitanti di altri
paesi; ma, credetemi signore, non vorrei altro compagno al mondo che voi, né posso
immaginare altro sembiante che mi sia più gradito del vostro. Tuttavia, signore, temo di venir
meno ai precetti di mio padre parlandovi così liberamente".
Prospero sorrise di nuovo e il cenno del suo capo sembrava voler dire: "Non potrei
desiderare nulla di più: figlia mia, sarai regina di Napoli".
Allora Ferdinando, rivolgendosi alla candida fanciulla con elegante eloquio (è
prerogativa dei giovani principi infatti usare un regale fraseggio), rivelò a Miranda di essere
erede della corona di Napoli e le chiese di diventare sua regina.
"Ah, signore!", ella esclamò, "So che è sciocco piangere per ciò che mi rende felice. Vi
risponderò con la semplicità e la purezza della mia innocenza: sarò vostra moglie se vorrete
sposarmi".
Prospero anticipò le espressioni di gratitudine di Ferdinando rendendosi visibile ai
due giovani.
"Non temere, bambina mia", disse, "ho sentito tutto e approvo ogni vostra parola.
Quanto a voi, Ferdinando, se vi ho trattato con troppo rigore, vi ricompenserò con magnanimità donandovi mia figlia. Tutte le vostre tribolazioni non erano che prove d'amore da me
imposte e da voi onorevolmente superate. Dunque prendete mia figlia come il premio che il
vostro amore sincero ha conquistato degnamente e non burlatevi di me se oso vantare
l'eccellenza di questa fanciulla". Quindi, dovendo andarsene per un impegno che richiedeva la
sua presenza, li invitò ad intrattenersi fino al suo ritorno, ordine che Miranda non sembrava
affatto incline a trasgredire.
Non appena Prospero li lasciò, chiamò il suo spiritello Ariel, che giunse lesto alla
presenza del suo signore, impaziente di riferire come aveva disposto del fratello di Prospero
e del re di Napoli. Ariel raccontò di averli lasciati pressoché privi di sensi per la paura provata
nel vedere e nell'udire i suoi prodigi. Aveva fatto comparire una tavola deliziosamente
imbandita e non appena i due nobiluomini, spossati per il lungo vagare e affamati per la
mancanza di cibo, vi si erano avvicinati, egli si era reso loro visibile nelle sembianze di
un'arpia, il vorace mostro alato 23, mentre il banchetto svaniva nel nulla. Poi, con loro sommo
sbigottimento, quest'essere dall'aspetto di arpia aveva parlato rimproverando loro la
crudeltà dimostrata nel cacciare Prospero dal suo ducato e nall'abbandonare lui-e la
sua piccola a morire tra i flutti, misfatti a causa dei quali ora pativano i tormenti che li
affliggevano.
Il re di Napoli e Antonio, l'infingardo fratello, si pentirono dell'ingiustizia commessa nei
confronti di Prospero e Ariel riferì al suo signore di essere certo che la loro contrizione era
sincera e di aver provato pietà per loro, benché fosse solo un folletto.
"Allora, portali qui, Ariel", disse Prospero, "se tu stesso, un semplice spiritello, sei
sensibile alla loro sofferenza, pensi che io, un essere umano come loro, non provi compassione? Portali qui in fretta, mio grazioso Ariel".
Ben presto Ariel fu di ritorno assieme al re, ad Antonio e al vecchio Gonzalo, i
quali lo avevano seguito incantati dalla strana musica che egli aveva fatto risuonare nell'aria
per condurli alla presenza del suo padrone. Gonzalo era lo stesso nobiluomo che aveva
generosamente aiutato Prospero, portandogli libri e cibo, quel lontano giorno in cui il
malvagio fratello l'aveva abbandonato a morire (questa era la sua convinzione) su una
fragile barca in mezzo al mare.
Strazio e terrore li avevano ottenebrati a tal punto da non riconoscere più Prospero.
Egli si palesò dapprima al buon Gonzalo, appellandolo suo salvatore; poi rivelò a suo fratello
e al re di essere quel Prospero da loro un tempo offeso.
Antonio, versando tristi lacrime di dolore e autentico pentimento, implorò il perdono
del fratello e il re espresse un sincero rimorso per aver sostenuto Antonio nel deporre il
legittimo duca; Prospero li perdonò e, ottenuto il loro impegno a restaurare il suo potere
nel ducato di Milano, disse al re di Napoli: "Anch'io ho in serbo un dono per voi"; e
aperta una porta gli mostrò il figlio Ferdinando intento al gioco degli scacchi con Miranda.
Nessuna gioia potrebbe superare quella del padre e del figlio che si ritrovarono
inaspettatamente dopo aver temuto, l'uno per l'altro, la scomparsa nella tempesta.
"Oh, meraviglia!", esclamò Miranda. "Che superbe creature! Il luogo che può vantare
simili abitanti è di certo una nobile terra".
Il re di Napoli fu colpito quasi quanto suo figlio dalla bellezza e dalla singolare grazia
della giovane Miranda.
"Chi è questa fanciulla?", domandò. "Potrebbe essere la dea che ci ha separati prima e
riuniti ora?"
"No, signore", rispose Ferdinando, divertito nel vedere il padre commettere lo stesso
errore in cui egli stesso era incappato quando aveva incontrato Miranda; "è mortale, ma
grazie all'immortale provvidenza ella è mia: la scelsi quando mi era impossibile chiedere il
vostro consenso, padre mio, perché non vi credevo in vita. Ella è figlia del famoso duca di
Milano, della cui eccellenza ho sentito spesso parlare ma che non avevo mai visto prima
d'ora: da lui ho ricevuto nuova vita; donandomi questa preziosa dama è divenuto per me un
secondo padre".
"Allora io sarò un nuovo padre per la tua sposa", disse il re, "ma quanto apparirà strano
il dover chiedere perdono alla mia propria figlia! ".
"No, basta così", intervenne Prospero, "dimentichiamo le contrarietà del passato,
poiché esse hanno avuto un lieto fine". Quindi Prospero abbracciò suo fratello, gli garantì
nuovamente il perdono e disse che, in fondo, la saggia e onnipotente provvidenza aveva
fatto in modo che egli fosse cacciato dal suo piccolo ducato di Milano cosicché sua figlia
potesse ereditare la corona di Napoli. Infatti il figlio del re si era innamorato di Miranda
grazie al loro fortuito incontro su quest'isola deserta.
La benevolenza che Prospero dimostrò nel pronunciare queste parole intese a
confortare suo fratello riempì Antonio di vergogna e rimorso tanto che il pianto gli impediva
di parlare; il buon Gonzalo, dal canto suo, versava lacrime di gioia per la lieta riconciliazione
e augurava ogni bene alla giovane coppia.
Prospero disse che la loro nave, con tutti i marinai a bordo, era al sicuro nel porto e che,
la mattina seguente, egli e sua figlia avrebbero fatto ritorno a casa con loro. "Nel frattempo",
aggiunse, "vogliate godere del ristoro che la mia umile dimora può offrirvi; questa sera vi
intratterrò con il racconto della storia della mia vita dall'arrivo su quest'isola
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