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IL MAL DELL`ESCA
ISTITUTO AGRARIO DI SAN MICHELE ALL’ADIGE Tesina svolta dal diplomando Samuel Telch dell’Istituto Tecnico Agrario di San Michele a/A, in relazione alla tesi di fine corso in Enologia. Supervisione dell’insegnante Marco Dal Rì e della co-responsabile del centro SafeCrop, Ilaria Pertot. Il diplomando è stato ospitato presso i laboratori di difesa dell’Istituto Agrario – Centro SafeCrop e coadiuvato nello sviluppo del lavoro sperimentale di ricerca dal personale del Centro SafeCrop. Istituto Agrario di San Michele all’Adige ISTITUTO TECNICO AGRARIO Con ordinamento speciale per la viticoltura e l’enologia Scuola Paritaria con del. G.P. 2171 del 31/08/2000 IL MAL DELL’ESCA DELLA VITE Anno scolastico 2005/2006 Classe VI S Insegnante referente: Dalrì Marco Telch Samuel Diplomando: Telch Samuel 2 INDICE ¾ Introduzione al Mal dell’Esca 4 ¾ Sintomatologia 5 ^ malattia delle venature brune delle barbatelle 7 ^ malattia di petri (o “black goo”) 8 ^ esca giovane 9 ^ carie bianca 10 ^ esca propria 11 ¾ Modificazioni indotte sulle caratteristiche dell’uva da parte del mal dell’esca 15 ¾ Funghi ritenuti responsabili 21 ¾ Interazione funghi-ospite 23 ¾ Diagnosi 25 ¾ I funghi in dettaglio 26 ^ Fomitiporia mediterranea 26 ^ Phaeomoniella chlamydospora (ex Phaeoacremonium chlamydosporum) e Phaeoacremonium aleophilum ¾ Sistematica 27 28 ^ Stereum hirsutum 28 ^ Phaeoacremonium aleophilum 29 ^ Phaeomoniella chlamydospor 29 ^ Phellinus igniarius 29 ¾ Cenni di eziologia 30 ¾ Difesa 31 ¾ Il progetto di ricerca e sperimentazione sul mal dell’esca a cui partecipa SafeCrop Telch Samuel 33 3 ¾ Il progetto di monitoraggio della malattia attuato da SafeCrop ^ Materiali e metodi 37 37 Ç monitoraggio delle spore 37 Ç condizioni di crescita del fungo su piastra 40 Ç riconoscimento dei funghi 41 Ç evoluzione dei sintomi 42 Ç incidenza in Trentino 42 ^ Risultati e discussione 42 Ç monitoraggio delle spore 42 Ç evoluzione dei sintomi 43 Ç incidenza in trentino 46 ¾ Ringraziamenti 47 ¾ Bibliografia 48 Telch Samuel 4 INTRODUZIONE AL MAL DELL’ESCA Il Mal dell’Esca è una fitopatia che interessa il sistema vascolare della vite originando perdite di prodotto sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo. La Malattia in questione, come ce né da prova la citazione di Plinio (29-79 d.C.), era conosciuta già al tempo degli antichi romani; ciò non toglie che fino a pochi anni fa, le conoscenze a riguardo erano assai limitate, come limitati erano pure i metodi di controllo e di lotta verso tale Malattia. Il nome Mal dell’Esca deriva dal fatto che il legno delle piante colpite da tale sindrome veniva utilizzato per dare lo spunto iniziale (Esca) al fuoco. Il Mal dell’Esca viene anche detto Mal dello spacco in quanto le alterazioni che si vengono a creare al livello del fusto della pianta portano spesso alla creazione di fessurazioni longitudinali sullo stesso (spacco). Una volta, all’interno di queste spaccature, venivano inseriti dei ciotoli o piccoli sassi per permettere un’asciugatura più veloce della ferita sia da parte dell’aria che da parte del calore del sole che poteva così colpire direttamente la zona infetta. Era risaputo, infatti, che la Malattia era dovuta ad un attacco fungineo e quindi che era favorita dalle elevate umidità. L’Esca, fino a qualche tempo fa, non veniva considerata una Malattia pericolosa in quanto responsabile degli attacchi alle sole viti vecchie. Negli ultimi anni si è invece visto estendere l’attacco da parte di tale Malattia anche a piante giovani (meno di 3 anni), contemporaneamente ad una diffusione su più larga scala della suddetta fitopatia. Si è inoltre notato che in California, Repubblica Sudafricana, Australia e Nuova Zelanda, la Malattia di Petri (una delle varie forme in cui si manifesta il Mal dell’Esca) si sta diffondendo molto rapidamente provocando ingenti danni negli impianti che hanno anche meno di 2 anni di età. In Italia fin ora si sono presentati solo sporadici casi di Malattia di Petri, anche se è stata rilevata la presenza dei funghi responsabili all’interno del legno delle barbatelle. È ipotizzabile quindi che i funghi necessitino di particolari condizioni climatiche e/o fisiologiche per poter proseguire rapidamente il loro sviluppo; la mancata manifestazione della Malattia di Petri nelle barbatelle infette prevede comunque che in un futuro più o meno lontano la pianta possa manifestare i sintomi cronici o addirittura il colpo apoplettico determinati dall’Esca. Premettendo che ancora oggi non si hanno notizie certe sull’epidemiologia imputabile all’insorgere del Mal dell’Esca, si ritiene che esso sia il risultato di una sindrome complessa legata ad una successione di microorganismi. Telch Samuel 5 SINTOMATOLOGIA Il Mal dell’Esca può determinare due forme sintomatologiche in base al decorso associato alla Malattia stessa: 1) Malattia con decorso acuto: si manifesta sottoforma di colpo apoplettico caratterizzato da un repentino avvizzimento di foglie e grappoli seguito nel giro di pochi giorni dalla morte della pianta. Spesso questo fatto accade in concomitanza delle elevate temperature e stress idrici caratteristici dei mesi di luglio e agosto. (vedi scheda sintomatologica). 2) Malattia con decorso cronico: in questo caso la pianta non viene portata direttamente alla morte, ma vede il manifestarsi dei classici sintomi dell’Esca sulle proprie parti verdi. (vedi scheda sintomatologica). Sulle foglie i sintomi compaiono a partire dal periodo della fioritura e si protraggono fino al mese di settembre; si manifestano con ingiallimenti o arrossamenti (in funzione del colore della bacca) marginali ed internervali facendo assumere alla foglia stessa la classica colorazione tigrata (tiger stripes); le nervature principali ed i tessuti perinervali rimangono di colore verde, mentre le zone marginali della lamina fogliare presentano necrosi bruno-rossastre più o meno estese a seconda della fase di avanzamento sintomatico. Queste alterazioni a livello fogliare comportano una riduzione della capacità fotosintetica dell’organo verde in esame; conseguentemente a ciò si riscontra una diminuzione dell’accumulo di glucosio e fruttosio a livello delle bacche portate dallo stesso tralcio che presenta la sintomatologia fogliare dovuta all’Esca. I grappoli all’invaiatura manifestano invece macchie puntiformi bruno-violacee a livello delle bacche. La maculatura interessa solo la buccia del frutto e non si estende ai tessuti sottostanti. Il fenomeno è più o meno esteso alla totalità del grappolo a seconda della fase di avanzamento sintomatico. I sintomi su foglia e su grappolo non risultano direttamente derivanti dall’entità di legno alterato o degradato, ma si ipotizza che i funghi responsabili dell’Esca emettano delle fitotossine ad attività sistemica acropeta (xilematica); infatti, la sintomatologia derivante dall’Esca si nota solo ad un livello del fusto più alto di quello in cui si trovano le prime infezioni funginee. I tralci vanno incontro ad un progressivo deperimento associato ad una perdita di turgore e quindi manifestano gli effetti tipici di un avvizzimento per carenza idrica. Il tralcio può inoltre presentare un ritardo nella lignificazione e le gemme dello stesso possono germogliare in ritardo e dar origine a germogli deboli che spesso crescono stentatamente. La zona del legno colpita dipende dal punto di penetrazione dei funghi e dal loro grado di diffusione all’interno della pianta. I sintomi possono infatti interessare una sola parte di branca, un’intera branca o addirittura la totalità della pianta. In ogni caso, nella zona colpita, è possibile notare, in sezione trasversale, aree più o meno estese di tessuti presentanti imbrunimenti e zone di tessuto cariato; quest’ultimo si presenta di consistenza farinosa, di colore giallastro. In prossimità della corteccia si possono verificare degli spacchi longitudinali che delimitano fessurazioni più o meno profonde nel fusto della pianta. Sempre in sezione trasversale è spesso possibile osservare, in corrispondenza delle aree imbrunite, la fuoriuscita di gocce di essudato scuro e denso. È possibile svolgere un’ulteriore classificazione dei sintomi dovuti al Mal dell’Esca in base alla forma in cui questa Malattia si manifesta (tratto da “il Divulgatore n°5-2005): - Venature brune ovvero strie necrotiche, visibili dopo un taglio longitudinale delle barbatelle, che si estendono dall’altezza del punto d’innesto soprattutto in senso basipeto e da cui si isolano Phaeomoniella chlamydospora (Pch) e Phaeoacremonium spp. - Malattia di Petri, che si manifesta soprattutto attraverso scarsa vigoria delle piante, presenza nel legno di striature brune allungate longitudinalmente, fuoriuscita di gomme nere (per questo motivo la Malattia veniva inizialmente chiamata “Black Goo”), anche con alterazioni clorotiche della foglia e in alcuni casi morte della pianta stessa. P. chlamydospora si ritiene il responsabile di questa forma, peraltro non frequente nei vigneti italiani. - Esca giovane: l’infezione ha origine da ferite ed è caratterizzata da una pressoché totale assenza di carie del legno e, in taluni casi, anche da tipici sintomi fogliari. Specie di Phaeoacremoium e P. chlamydospora possono essere isolati dal tessuto legnoso. - Esca classica, la più nota, in cui P. chlamydospora, Phaeoacremonium spp. e Fomitiporia mediterranea sono responsabili di necrosi bruna e carie bianca; i sintomi fogliari assumono il caratteristico aspetto tigrato. Telch Samuel 7 → Malattia delle venature brune delle barbatelle (tratto da La Malattia “MAL DELL’ESCA DELLA VITE” (descrizione della Malattia sulla base delle conoscenze attuali) GIUSEPPE SURICO con la collaborazione di Laura Mugnai e Guido Marchi Dipartimento di Biotecnologie Agrarie, Sezione di Patologia vegetale, Università di Firenze) Foto tratte da: www.villaappalaccia.com/ esca.html Questa Malattia non si manifesta normalmente con una precisa sintomatologia esterna: in effetti, la barbatella può presentare un aspetto del tutto normale. Se invece essa viene sezionata, longitudinalmente o trasversalmente, si possono notare diverse alterazioni. Quella più evidente, in sezione longitudinale, è rappresentata dalla presenza di striature isolate o raggruppate a formare una fascia bruno-nera che parte talvolta dal punto d’innesto e si allunga verso l’alto e verso il basso fino a raggiungere, spesso, l’estremità inferiore; più frequentemente, tali striature partono dal basso e si allungano verso l’alto. La formazione di striature è accompagnata dalla presenza nei vasi di una gomma bruna. La sezione trasversale della barbatella mostra la presenza di punteggiature nere nella Telch Samuel 8 forma di un anello pressoché continuo intorno al midollo centrale oppure sparse sulla superficie di taglio. Dai vasi corrispondenti ai puntini neri fuoriesce spesso un essudato gommoso di colore nerastro. → Malattia di Petri (o “Black goo”) Foto tratta da: www.villaappalaccia.com/ esca.html Foto tratta da: grapes.msu.edu/esca.htm QuickTime™ e un decompressore TIFF (LZW) sono necessari per visualizzare quest'immagine. Questa Malattia, causata da Pch, è stata segnalata per la prima volta in epoca moderna (seconda metà degli anni ’90) negli Stati Uniti, in giovani viti innestate (in qualche caso anche prima dell’impianto) e poi anche in viti madri portainnesto più vecchie in Australia, Nuova Zelanda e Francia. Alla Malattia è stato dato inizialmente il nome di “Black goo” perché il sintomo più caratteristico era costituito dalla fuoriuscita di un materiale gommoso scuro, quasi catramoso, dai vasi legnosi tagliati trasversalmente. Si è poi scoperto che quest’alterazione era stata già segnalata in Italia, nel 1912, dal fitopatologo italiano Lionello Petri. Per questo motivo la Malattia è stata ridenominata Malattia di Petri. Questa Malattia può dunque colpire viti molto giovani, già a partire dal primo anno di età, e si manifesta normalmente con uno sviluppo stentato di tutta la pianta o di alcune sue parti. Altri sintomi segnalati sono un blocco completo dello sviluppo, clorosi moderata del fogliame, perdita di produzione, graduale declino del vigore e della produttività. In qualche caso l’esito finale della Malattia è la morte della pianta. In altri casi la pianta continua a vegetare, ma la malattia si evolve in anni successivi in Esca giovane e/o, dopo l’eventuale insediamento di F. mediterranea (Fomed), in Esca propria. Per quanto riguarda i sintomi interni si possono osservare: un midollo centrale Telch Samuel 9 scuro, la presenza di un anello nero attorno al midollo, oppure di macchie nere diffuse o disposte a mezzaluna nel legno del tronco (incluso il portinnesto) e dei tralci, la fuoriuscita dai vasi sezionati trasversalmente di gocciole di un liquido gommoso scuro le quali, seccandosi, lasciano una crosticina catramosa sulla superficie di taglio. La Malattia di Petri può insorgere in campo o costituire l’evoluzione della Malattia delle venature brune delle barbatelle. Black goo (Foto: Lorenza Michelon) → Esca giovane Si tratta in questo caso di una tracheomicosi che interessa giovani piante di vite, di 3-4 o più anni, le quali presentano, esternamente, i tipici sintomi fogliari dell’Esca e, internamente, le già descritte striature colonizzate da Pch e, talvolta, anche da Phaeoacremoium aleophilum (Pal). E’ opinione diffusa che l’Esca giovane rappresenti l’evoluzione della Malattia delle venature brune delle barbatelle o quella della Malattia di Petri quando questa non ha esiti esiziali per le giovani piante di vite. L’Esca giovane può comunque insorgere anche in campo nel caso di infezioni su materiale di partenza sano. Telch Samuel 10 → Carie bianca Sintomo su legno di Muller Thurgau ( Foto: Lorenza Michelon) Quando le piante di vite sono invase da Fomed si ha lo sviluppo della carie bianca. Il marciume del legno causato da questo fungo è così chiamato (carie bianca), poiché è decomposta soprattutto la lignina (che è di colore scuro) e solo parzialmente la cellulosa (di colore chiaro) cosicchè il legno è trasformato in una massa spugnosa, friabile di colore bianco-giallastro. Nel caso specifico della vite è stata inizialmente avanzata l’ipotesi che il processo di carie potesse seguire il modello CODIT con Pch e Pal funzionanti come funghi precursori di Fomed. Successivamente, numerose prove d’infezione hanno potuto attribuire a Pch, Pal e Fomed un ruolo di patogeni primari, e cioè la capacità di causare Malattia da soli, senza l’aiuto reciproco o di altri microrganismi. Inoltre, prove di inoculazione artificiale hanno dimostrato che nella pianta i tre funghi agiscono fra loro come competitori o addirittura come antagonisti. In particolare, Pch e Pal competono per il substrato, ma non sono antagonisti fra loro; Pch è rallentato dalla presenza di Fomed; Pal è invece capace di rallentare la crescita di Fomed e di “proteggere” Pch dall’azione inibitrice di Fomed. Questi risultati hanno anche confermato l’ipotesi che l’Esca propria (= Mal dell’Esca) è da considerarsi non tanto una Malattia complessa (causata cioè da funghi diversi presenti contemporaneamente nello stesso ambiente e agenti in combinazione o in successione) quanto un complesso di Malattie, essendo il risultato del concorso o della sovrapposizione di distinte Malattie, eventualmente presenti anche in punti diversi della stessa pianta: una tracheomicosi (Pch e/o Pal) e un marciume del legno (Fomed). Naturalmente è perfettamente Telch Samuel 11 plausibile che Fomed, allorquando si insedia per ultimo (e questa sembra essere la situazione più comune in natura), possa avvantaggiarsi dell’azione fitopatogena svolta in precedenza da Pch e/o da Pal. → Esca propria Questa sindrome si verifica allorquando, come prima accennato, si sovrappongono nella stessa pianta gli effetti della presenza di tutti e tre i principali funghi che si ritiene siano associati all’Esca: Pch, Pal e Fomed. I sintomi sono distinti in cronici e in acuti, interni ed esterni. I sintomi interni, sia della forma cronica sia di quella acuta, riguardano soprattutto il legno del tronco e consistono essenzialmente nella sua trasformazione, lenta ma progressiva, in una massa spugnosa e friabile (carie). In sezione trasversale l’area cariata è delimitata da una linea scura più o meno spessa che separa i tessuti alterati da quelli sani. La carie spesso parte da una ferita di potatura e si estende nel legno, verso l’alto e verso il basso, fino ad interessare larghi settori del cilindro centrale (fig. 1). Fig. 1 Fig. 2 (Foto: Lorenza Michelon) In alcuni casi la carie raggiunge anche la superficie esterna causando la formazione di fratture lungo il tronco (“Mal dello spacco”). Generalmente la carie non interessa le radici e interessa solo raramente il portinnesto. Normalmente essa è preceduta o accompagnata da altri tipi di alterazioni: striature scure longitudinali (macchie scure in sezione trasversale), isolate o riunite in gruppi, intorno ad una cerchia annuale di legno o in prossimità del midollo, e aree di colore rosato o brune variamente localizzate nel cilindro centrale o al margine dei tessuti necrotizzati o cariati (fig. 2). Telch Samuel 12 Fig. 3: sintomo su Muller Thurgau Fig. 4: sintomo su Cabernet Sauvignon Fig. 5: sintomo su Schiava Sulle foglie delle piante colpite dall’Esca compaiono macchie leggermente decolorate o clorotiche, rotondeggianti o irregolarmente circolari, localizzate fra le nervature o lungo i margini della foglia. Gradualmente le macchie si espandono e confluiscono fra loro, infine necrotizzano, almeno in parte. A completa evoluzione la foglia assume, nei casi più tipici, un aspetto “tigrato” con ampie aree cloro-necrotiche e solo una stretta banda verde lungo le nervature principali (Fig. 3, FIg. 4, Fig. 5). Sugli acini, specialmente di uve da tavola, compaiono talvolta (questo sintomo è più comune nel Sud dell’Italia e in alcuni Paesi all’estero) delle piccole aree di colore marrone scuro o violetto più o meno intenso. Le macchie sono di solito più abbondanti all’estremità distale dell’acino, ma possono anche essere distribuite irregolarmente su tutta la superficie dell’acino o formare bande longitudinali. In questi ultimi casi possono comparire fratture superficiali che aprono la via ad agenti di marciumi secondari. In California i sintomi sugli acini sono molto più comuni degli stessi sintomi fogliari e per questo il Mal dell’Esca ha preso il nome di “Black measles”. Telch Samuel 13 Sintomo su grappolo di Chardonnay (Foto: Lorenza Michelon) Infine, le viti colpite dalla Malattia possono mostrare, già a partire dal mese di giugno, improvvisi avvizzimenti (forma acuta della Malattia) di tutta o di parte della chioma (apoplessia). Talvolta queste piante riprendono a vegetare nella stessa stagione o in quella successiva; più spesso, l’apoplessia è sinonimo di morte della pianta. Telch Samuel 14 Sopra: Colonizzazione schematica del tronco di una pianta di vite affetta dal mal dell'esca. Si notano diverse alterazioni del legno tipiche della malattia: BN, necrosi bruna; BRW, legno bruno rosso; AP, porzioni di midollo alterato; BS, strie nere; DP, midollo degradato; BL, linea nera di reazione che circonda la zona cariata; DW, legno con carie bianca; frecce, ferite di potatura (pubblicato su Plant Disease, 1999) (Tratto da:www.fi.cnr.it/ r&f/n22/dossier11.htm) Il manifestarsi dei sintomi è caratterizzato da un‘elevata variabilità all’interno delle varie fasi vegetative; è inoltre possibile che i sintomi si manifestino in modo rilevante in alcune annate, Telch Samuel 15 mentre in altre rimangano limitati a deboli espressioni non andando così ad infierire sugli aspetti quali-quantitativi della produzione. La latenza della Malattia all’interno della pianta caratterizzata dalla mancata manifestazione dei sintomi, sembra non essere riconducibile al grado di avanzamento della condizione patologica dell’Esca, ma bensì all’andamento climatico-agronomico dell’annata. MODIFICAZIONI INDOTTE SULLE CARATTERISTICHE DELL’UVA DA PARTE DEL MAL DELL’ESCA La vinificazione di uve parzialmente colpite da mal dell'esca, un tempo eventualità rara, potrebbe rivelarsi sempre più probabile. La forma patologica cronica inoltre, a differenza della forma acuta che conduce ad una repentina morte della pianta, permette la sopravvivenza dell'ospite per 5 o più anni durante i quali la pianta manifesta i sintomi, ma, almeno per i primi anni, è in grado di produrre in maniera soddisfacente. "Phragmites", uno Studio Tecnico Agronomico con sede a Copparo in provincia di Ferrara, e nato per offrire consulenze nei settori Agricoltura, Ambiente e Tecnologie Alimentari, ha effettuato uno studio per valutare, in via preliminare, le modificazioni indotte dal mal dell'esca sulla composizione dei succhi provenienti da uve soggette all'attacco fungino e di valutarne le attitudini alla vinificazione. La prima differenza che è possibile notare a livello di composizione della bacca di una vite colpita da Esca, è una diminuzione nell’accumulo di glucosio e fruttosio rispetto ad una bacca di una pianta sana. Ciò deriva molto probabilmente dal fatto che una buona quota di superficie fogliare si è vista venire meno a causa degli ingiallimenti/arrossamenti e necrosi dovuti all’infezione funginea. Per quanto riguarda la composizione acidica dei mosti ottenuti da bacche colpite da Mal dell’Esca, sembra che non ci siano rilevanti differenze rispetto ai valori derivanti da uve sane; fa eccezione il contenuto in acido Malico, che risulta minore nelle bacche colpite dalla fitopatia in questione (la responsabilità di questo fatto è probabilmente imputabile all’inibizione del ciclo respiratorio). (Vedi Fig. 1). Telch Samuel 16 L’attacco fungineo determina anche la liberazione di enzimi ad azione ossidativa sui polifenoli; conseguentemente a ciò si formano chinoni fitotossici che inibiscono il ciclo respiratorio (Geoffrion, 1971; Egger, 1988). La componente polifenolica e la frazione di acidi fenolici risulta essere maggiore nelle bacche colpite dal Mal dell’Esca; questo fatto potrebbe essere imputabile alla reazione della pianta all’attacco fungineo. (Vedi Fig. 2). Si verifica anche un’anomalia nel trasporto e nella dislocazione delle sostanze nutritive provenienti dall’apparato radicale, con la conseguente diminuzione di sodio, rame e magnesio a livello di composizione della bacca. L’anomalia in questione si sostiene sia causata dalla compromissione del tessuto vascolare da parte del fungo e dall’alterazione della permeabilità citoplasmatica (Contesini, 1996). Anche il potassio risulta essere in quantità inferiore nelle bacche colpite da Esca, ed essendo un elemento che interviene in parecchie vie metaboliche, oltre che garante del corretto funzionamento della selettività e della permeabilità della membrana (Goidanich, 1964), si capisce che la sua scarsa disponibilità sia complice di molte delle anomalie causate a livello di composizione della bacca dal Mal dell’Esca. (Vedi Fig. 3). Telch Samuel 17 Telch Samuel 18 Il contenuto in amminoacidi emerge essere maggiore nelle uve colpite, conseguenza forse dell’azione funginea sul metabolismo proteico o all’aumento dell’attività proteolitica a seguito della presenza di enzimi funginei. In particolare, il tenore in valina, isoleucina, leucina, tirosina, fenilalanina e glutammina è statisticamente più elevato nelle uve colpite che non in quelle sane. Sulla scorta di quanto appena detto e considerato che amminoacidi quali fenilalanina, valina, leucina ed isoleucina costituiscono la base chimica per la sintesi di alcol feniletilico, isobutanolo, 3-metil-1-butanolo e 2-metil-1butanolo rispettivamente, è ipotizzabile una certa influenza sulle caratteristiche sensoriali del vino, ottenuto dal mosto proveniente da uve colpite. (Vedi Fig. 4). Si riportano di seguito i risultati di una prova effettuata nel 1996 su un appezzamento di Trebbiano romagnolo, situato nel comune di Faenza (RA), per quanto riguarda la modificazione della composizione dell’uva nel caso essa sia derivante da piante infette da Mal dell’Esca. Telch Samuel 19 Caratteristiche del vigneto preso in considerazione: Cultivar Trebbiano romagnolo Impianto del vigneto 1978 Superficie 2.5 Ha Altitudine 120 m Esposizione Sud-Est Sistema di allevamento Guyot Distanze di piantagione 1.50 x 4.00 Portainnesto Kober 5 BB Comparsa infezione 1992 Grado di infezione 20% Qui di seguito sono riportate le modalità di analisi adottate. A maturazione commerciale sono stati raccolti acini da piante sane e da piante colpite. Le modalità di prelievo degli acini sono state quelle descritte da Amati et al., (1994) prelevando, per ogni coppia sana/colpita adiacente, lo stesso numero di bacche. Allo scopo di rendere il più rappresentativo possibile il prelievo, sono stati raccolti acini da diverse zone del tralcio, di diversa esposizione, provenienti dalla punta, dal centro e dalle ali del grappolo. Il materiale, provvisto di picciolo, è stato posto in barattoli a chiusura ermetica, pesato e conservato a -15°C fino al momento dell'analisi. I succhi destinati alla determinazione delle sostanze polifenoliche sono stati ottenuti tramite omogeneizzazione delle bacche, private del picciolo e dei vinaccioli, mediante un omogeneizzatore da laboratorio del tipo Silverson, operando sotto battente di azoto e utilizzando una soluzione al 33% v/v di metanolo in acqua, aggiunta di 400 mg/L di SO2. Per le altre determinazioni si è fatto ricorso all'omogeneizzato in acqua distillata. Ogni prova è stata effettuata in triplo, partendo da tre barattoli diversi, centrifugando a 2400 g per 15 minuti. Le analisi chimiche, effettuate in triplo, relative ai macrocomponenti sono state eseguite come riportato in precedenti note (Pallotta et al., 1994; Pallotta et al., 1995). Gli amminoacidi sono stati quantificati come riportato da Buiatti et al., (1989). Telch Samuel 20 RISULTATI Sana Colpita Glucosio g/kg 69 64* Fruttosio g/kg 82 77* 0,84 0,83 Glucosio/Fruttosio Ceneri g/kg 3,65 3,28 Alcalinità ceneri meq/kg 49,2 40,2* Acidità totale g/kg 8,3 8,4 Acido tartarico g/kg 7,1 7,2 Acido Malico g/kg 2,9 2,2* Acido citrico g/kg 0,135 0,133 Acido succinico g/kg 0,206 0,187 Polifenoli totali mg/kg 499 701** Acidi fenolici mg/kg 35 42* K mg/kg 873 679** Ca mg/kg 134 138 Mg mg/kg 92 60** Na mg/kg 13 8 Fe mg/kg tracce tracce Cu mg/kg 3,2 2,6* Alanina mg/kg 24,2 21,9 Valina mg/kg 14,2 22,1* Treonina mg/kg 19,8 22,1 Glicine mg/kg 2,1 2,1 Isoleucina mg/kg 10,2 19,0* Prolina mg/kg 73,6 85,5 Leucina mg/kg 15,2 29,1 Serina mg/kg 10,9 14,2 D,L-Gaba mg/kg 82,9 112,1* Idrossiprolina mg/kg 12,8 11,0 Metionina mg/kg 8,0 8,1 Asparagina+Acido mg/kg 27,3 36,6 aspartico Telch Samuel 21 Fenilalanina mg/kg 12,7 27,8* Glutamina+Acido mg/kg 94,1 153,9* Tiroxina mg/kg 0,6 1,5* Lisina mg/kg 1,5 2,3 glutammie Composizione delle uve (medie di 3 determinazioni). Valori identificati con asterischi (* e **) sono significativamente diversi per p=0,05 e p=0,01. Conclusioni della prova Malgrado la ridotta casistica e con la limitazione derivante dallo studio di un solo vitigno, dai risultati esposti è possibile trarre alcune interessanti considerazioni. Il quadro delle modificazioni indotte dal mal dell'esca sulla composizione del mosto d'uva è riferibile ad un rallentamento delle funzioni fotosintetiche e di accumulo, probabilmente a causa dell'alterazione della funzionalità vascolare e quindi di trasporto delle sostanze minerali, conseguenti all'attacco fungino. Le tesi colpite si mostrano meno ricche in zuccheri mentre non evidenziano variazioni sostanziali della frazione acidica e dei valori di acidità. Negli acini colpiti il metabolismo proteico, alterato a causa dell'infezione fungina, ha condotto ad un accumulo di amminoacidi. L'ampia riduzione della superficie fogliare e le alterazioni vascolari conducono, complessivamente, a variazioni di tipo quantitativo dei parametri compositivi, con riduzioni di produttività che progressivamente si risolvono nella morte della pianta. Proprio questa caratteristica distingue il mal dell'esca dalle altre patologie del vigneto e rendono necessaria la lotta al patogeno che, al momento, non può che essere di tipo preventivo. FUNGHI RITENUTI RESPONSABILI Dalle ultime ricerche si è giunti ad ipotizzare che il Mal dell’Esca deriva da una successione di attacchi funginei suddivisibile in due momenti distinti: 1) In un primo momento si verifica l’azione dei funghi responsabili della tracheomicosi tra i quali si identificano P. chlamydospora (Pch, ex Phaeoacremonium chlamydosporum), P. aleophilum e specie congeneri come angustius, inflatipes, mortoniae, parasiticum, viticola oltre a Cephalosporium spp., Eutypa lata e Phialophora parasitica. Telch Samuel 22 2) In un secondo momento entrano in azione i funghi responsabili della carie bianca del legno tra i quali si identificano F. mediterranea o Fomed (una volta si pensava che la responsabile fosse invece Fomitoria punctata) e Stereum hirsutum. Si può notare anche l’instaurarsi di una certa competizione trofica tra le varie specie funginee per la colonizzazione del substrato legnoso. I funghi imputati nella patogenesi in questione liberano all’interno della pianta un’ampia varietà di sostanze, tra le quali: -enzimi degradatori del legno; -composti attivatori di reazioni difensive da parte della vite; -fitotossine: tra queste sono stati individuati pullulani (particolari polisaccaridi) e composti aromatici (scitalone, isosclerone) coinvolti nella sintesi delle melanine. Queste sostanze sono risultate le responsabili dei caratteristici sintomi fogliari determinati da un’infezione da Esca. È stato constatato che P. chlamydospora e P. aleophilum durante il loro ciclo biologico danno luogo ad una fase di sporulazione che comporta una diffusione del fungo per via aerea nell’ambiente circostante. Questa sporulazione sembra che sia distribuita più o meno omogeneamente su tutto l’arco dell’anno (periodo invernale compreso).Le spore possono finire su una ferita aperta del fusto di una pianta di vite e nelle condizioni adeguate dare origine ad un’infezione. Quest’ultima sembra che avvenga preferibilmente in periodi piovosi o comunque caratterizzati da un’elevata umidità relativa e temperature abbastanza calde (caratteri tipici della stagione estiva). La sporulazione di P. aleophilum è invece collocabile nel periodo corrispondente alla fase vegetativa della vite; si evince da ciò che la principale via di penetrazione di tale fungo non è ricollegabile alle ferite dovute a tagli di potatura invernale, ma piuttosto alle escoriazioni provocate sulle varie parti della pianta da eventuali interventi a verde eseguiti meccanicamente oppure da eventi climatici estremi come lo potrebbe essere una grandinata. La penetrazione del fungo avviene per mezzo dell’emissione di ife che vanno ad occupare il tessuto legnoso. L’infezione procede poi con la degradazione enzimatica della lignina contemporaneamente all’emissione di sostanze che ostacolano la respirazione cellulare e la produzione di ormoni (auxine) e proteine (Egger, 1988). L’azione degradativa sembra interessare maggiormente i tessuti xilematici, che assumono conseguentemente a tale attività una colorazione brunastra e una consistenza spugnosa; spesso il tessuto in esame può essere ostruito dalle secrezioni gommose del patogeno (Ponti, 1987). Telch Samuel 23 Pch, Pal e gli altri funghi mitosporici determinanti il Mal dell’Esca hanno la possibilità di sopravvivere e moltiplicarsi sulle superfici delle piante ospiti (in particolare sotto la corteccia) e di svernare sottoforma di picnidi. INTERAZIONE FUNGHI-OSPITE Phaeomoniella chlamydospora produce le caratteristiche striature brune all’interno del fusto della vite, inibisce la formazione del callo di cicatrizzazione alla base delle talee di vite e causa il deperimento delle giovani piante. È stato notato che la virulenza del fungo in questione è superiore a quella di Pal per via della elevata produzione di enzimi pectolitici (endopoligalatturonasi e polimetilgalatturonasi) e di alcune fitotossine (pullulani, isosclerone, scitalone). Nonostante la sua virulenza, Pch presenta una progressione piuttosto lenta all’interno dell’ospite per via della reazione della pianta all’intrusione funginea stessa; la vite infatti mette in atto alcune strategie di difesa consistenti nella formazione di tille intervascolari (chiudono i vasi ostacolando la progressione verticale dei funghi mitosporici), produzione di resveratrolo e viniferine. È quindi presumibile che il fungo in questione riesca a produrre determinati elicitori che sono per la pianta una prova che al suo interno vi sono organismi estranei. Riguardo le fitotossine prodotte da Pch, Pal , sono stati isolati due pentachetidi naftalenoni: scitalone e isosclerone. Lo scitalone, saggiato su foglie di vite Italia, ha causato la comparsa di macchie clorotiche irregolari, marginali o internervali; il secondo ha causato invece macchie più estese, dapprima clororotiche, poi coalescenti e necrotiche, cui si è accompagnata la distorsione della lamina fogliare. La produzione di scitalone potrebbe essere messa in relazione alla colorazione bruno-nerastra che assumono le parti alterate del legno nelle viti colpite dalla Malattia, nonché ai depositi di materiale bruno nei vasi legnosi (Pascoe e Cottral, 2000). In effetti, lo scitalone è un metabolita intermedio della biosintesi delle melanine attraverso la via metabolica dei pentachetidi; l'isosclerone potrebbe essere accumulato nei tessuti, quando subentra l'ossidazione dell'intermedio "chiave" 1,3,8triidrossinaftalene. Dati recenti (2004) di Bruno e Sparapano in via di pubblicazione su Micologia Italiana dimostrerebbero che alla formazione di striature brune Pal e Pch giungono anche per altre vie. In particolare, Pal e Pch coltivati in presenza di gallotannini producono enzimi (tannasi) che idrolizzano l'acido tannico liberando acido gallico. Successivamente l'acido gallico reagendo con Telch Samuel 24 ossidanti si trasforma in chinoni (neri) che nella pianta contribuirebbero, insieme con le melanine, alla formazione di striature bruno-nerastre. Fin dall'inizio delle ricerche era stato accertato che Pch e Pal, coltivati in substrati liquidi nutritivi contenenti glucosio e alcuni fattori di crescita, producevano una famiglia di specie di pullulano aventi peso molecolare compreso tra 10 e 2500 kDa (Sparapano et al., 1998, 2000b). Questo alfaglucano, formato da catene polimeriche di Maltotrioso, era già allora ben noto quale metabolita secondario di un fungo non patogeno ma di grande interesse industriale come Aureobasidium pullulans (De Bary) G. Arnaud. In soluzione acquosa questi composti, nonostante la grandezza molecolare relativamente elevata, sono in grado di essere traslocati per via vascolare nelle piante. Ciò non deve sorprendere: a differenza di altri polisaccaridi, i pullulani, per la conformazione spaziale e il tipo di legami alfa 1-4 e alfa 1-6 glucosidici, hanno molecole molto flessibili che conferiscono a tali polimeri singolari proprietà reologiche. Assorbiti in minime concentrazioni (2050 µg / ml) da foglie o germogli di vite recisi, oppure iniettati direttamente nel fusto di viti di saggio, questi composti non causano occlusioni vascolari, ma sono traslocati (non si sa ancora se integri o parzialmente degradati) fino ai parenchimi fogliari. Segue la comparsa sulla lamina di aree internervali inizialmente clorotiche, brune o rossicce, poi necrotiche, ricordanti le manifestazioni del Mal dell'Esca sulle foglie (Graniti et al., 2001). Che questi composti si trovino effettivamente in concentrazioni bioattive (corrispondenti a quelle che causano sintomi nei saggi di fitotossicità) nel legno di viti colpite dalla Malattia, è stato dimostrato sia con estrazioni da porzioni di legno con venature brune (Sparapano et al., 2000c), sia dall'analisi del fluido ("pianto") emesso attraverso i tagli di potatura di branche di viti 'Sangiovese' adulte (30 anni) naturalmente infette, mostranti gravi sintomi di venature brune e carie del legno (Bruno et al., 2000). Questo esperimento, ripetuto in anni successivi (2001-2004), ha fornito dati attendibili perché la determinazione è stata fatta con un numero sufficiente di ripetizioni, analizzando ogni volta numerosi campioni di fluido per un volume totale/anno pari a 15-20 litri, prelevati da viti con sintomi di venature brune e sintomi fogliari (tiger stripes) nel periodo estivo o con venature brune, carie e sintomi fogliari (Sparapano et al., 2001, Bruno et al., 2003, Forabosco et al., 2003). Fomed non sembra in grado di produrre sostanze con spiccata attività fitotossica: i soli metaboliti che si possono ricondurre a questa categoria di sostanze biologicamente attive sono p-idrossibenzaldeide (prodotto anche da Pch e da Pal) e 6-formil-2,2-dimetil-4-cromanone. Al contrario è stato accertato che Fomed è particolarmente attrezzato dal punto di vista enzimatico: infatti, è risultato in grado di produrre non solo laccasi ma anche diversi altri enzimi fra cui endoglucanasi, ß-glucosidasi, perossidasi, fenolossidasi, fosfatasi acida, idrolasi dell’acido ferulico, della rutina e della vanillina. Telch Samuel 25