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Con Gesù sul monte Calvario portando le nostre
CHIESA CATTEDRALE DI TREVISO PREDICAZIONE QUARESIMALE 2014 QUINTA domenica CONDUSSERO GESU’ AL LUOGO DEL GOLGOTA… POI LO CROCIFISSERO (Marco 15, 22-24) Con Gesù sul monte Calvario portando le nostre croci DOMENICA 6 aprile 2014 Durante una delle visite in Polonia, Papa Giovanni Paolo II volle compiere un pellegrinaggio ad uno dei luoghi simbolici più impressionanti della Polonia: la collina delle croci dove, lungo i decenni dell’oppressione comunista, i fedeli si 1 recavano, da soli o in gruppo, per piantare la loro croce, il segno della sofferenza e insieme della speranza, intrecciata molte volte con la corona del rosario che avevano sgranato salendo. Spesso, nella notte, la polizia politica rimuoveva le croci e, puntualmente, i fedeli tornavano per rimetterle al loro posto. Alla fine la polizia si stancò e le croci crebbero, fino a diventare una selva. Il servizio televisivo, dedicato a questo pellegrinaggio della fede e della memoria di Giovanni Paolo II, mostrava il vecchio Papa che saliva pregando in mezzo a questa selva di croci che il vento scuoteva facendo tintinnare i rosari che vi erano appesi. Saliva pregando verso il simbolo del calvario della Polonia, portando le croci dell’umanità nel suo cuore di pastore universale, verso la Croce di Gesù, grande croce di legno, che corona la sommità della collina.maestro Così il Papa riattualizzava, di fronte al mondo, la centralità del Calvario nella storia dell’umanità. Sul Calvario siamo chiamati a leggere e interiorizzare “il Vangelo della passione e della Croce”, dopo aver ricevuto dal nostro Salvatore altri “vangeli”, come quello delle Beatitudini, della preghiera, del pane, della misericordia, delle parabole…in attesa del Vangelo della risurrezione. La scena cui siamo convocati è solenne e drammatica. Cristo viene cacciato, escluso, dalla città. E’ lo “scandalo” recato dal profeta alla città, la quale si vendica escludendolo. Il profeta deve morire fuori della città. In realtà la città si svuota, come se la gente non vi si riconoscesse più. E’ vero, Cristo è oggetto di odio, di disprezzo, di crudeltà, ma la gente non può fare senza di lui. Gli evangelisti hanno una serie di annotazioni che danno verità a questa incontenibile forza magnetica di Gesù: ”Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne…(Luca 23, 27); “il popolo stava a vedere, i capi, invece, lo deridevano” (Luca 23, 25); “Così anche i capi dei sacerdoti con gli scribi, fra di loro si facevano beffe di lui…”(Marco15,31); “Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli l’aceto…”(Luca 23, 36); “Quelli che passavano di lì lo insultavano scuotendo il capo (Matteo 24,39). “ Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo” (Matteo 27,44). In un atteggiamento diverso l’evangelista Marco nota che “Alcune donne osservavano da lontano…” (15,40). La scena è impressionante, uno scenario che certo né i romani, né i giudei immaginavano: di fronte alla Croce di Gesù è convocato il creato uomini/donne/terra/sole/luna e stelle: è in atto il giudizio di Dio. E colui che sta sulla Croce da condannato diventa giudice. Nessuno può più nascondersi di fronte a lui. Ciascuno si colloca, con l’atteggiamento che prende di fronte al crocifisso, o a destra o a sinistra del Signore, per riprendere l’immagine del giudizio universale di Matteo (cfr. 25, 31-46). Gerusalemme schierata ai piedi della Croce è immagine del mondo chiamato al giudizio della Croce. 2 C’è anche il “libro del giudizio”: è Gesù, con la sua vita condotta, per amore, fino alla Croce: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine”(Giov.13,1). Quel “rotolo del libro”, che egli prende in mano a Nazareth, è ormai inutile e Gesù “riavvolse il rotolo”, lo riconsegnò all’inserviente”(Luca 4, 16-20). “Allora cominciò a dire loro :”<< Oggi si è compiuta questa scrittura che avete ascoltato>> “( ibid.21). Perché “sul rotolo del libro di me è scritto:<<Ecco, io vengo per fare la tua volontà>>”( Eb 10,9). Ora il rotolo, il corpo di Gesù sulla Croce, è stato tutto srotolato; è stato realizzato il suo contenuto. Cristo è stato esposto al mondo. Su quel rotolo Dio aveva già scritto una storia di alleanza, di amicizia, di salvezza, con l’umanità. Ma l’umanità ha cancellato, col peccato, questo progetto di Dio. Per questo, sullo stesso rotolo, un palinsesto, cioè un codice scritto di nuovo, Dio scrive la nuova storia di alleanza, di amicizia, di salvezza, nel Figlio suo. E ora gli uomini di fronte alla Croce, possono leggere questa nuova storia di salvezza e decidere se accoglierla o no. Come di fatto è avvenuto. Il ”Vangelo del Calvario” è realizzato in gesti e parole, sigillato dalle sette parole di Gesù in Croce. Le parole degli uomini, che hanno riempito i tempi e i luoghi della passione, lasciano il posto alle parole di Dio. Le raccogliamo come reliquie del suo amore: • • • • Ho sete Padre, perdona loro Sarai con me in Paradiso Ecco, tuo figlio. Ecco, tua madre • Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? • Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito • Tutto è compiuto Queste parole mostrano Gesù nel suo sacerdozio mediatore: sta come Pontefice fra Dio e gli uomini: chiede, invoca, dona, offre. Su questo monte, ad opera di un pagano, l’ufficiale romano che aveva comandato l’esecuzione dei condannati alla crocifissione, si ha l’ultimo gesto della passione che è anche il primo della risurrezione: è la professione di fede di questo pagano:” Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo disse : <<Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!>> “(Marco 15,39). Il centurione “ha riconosciuto”, verbo pasquale, nel condannato il Figlio di Dio, come succederà a tutti coloro che, incontrando il risorto sotto le più diverse apparenze, sapranno riconoscerlo, come i discepoli di Emmaus lo 3 “riconobbero” nel pellegrino compagno di strada; e Maria di Magdala lo riconobbe nel giardiniere che si era avvicinato a lei. Ormai sul monte cala la sera, il crepuscolo invade di rosso il cielo: è la fine o l’inizio? Perché i due “crepuscoli”, del mattino e della sera, si assomigliano. Chi non ha fede, vede la fine. Chi è credente, chi si è fidato, vede l’alba, cioè l’inizio. Il cantautore poeta , Battiato, nella sua famosa canzone “Prospektiva Nevskji, ripeteva: Il mio maestro m’insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire! Che cosa resta sul monte Calvario dopo il dramma di Dio e degli uomini? Resta la pietà: restano coloro che hanno conservato il cuore intatto anche nel naufragio della ragione e dei cuori di tutti coloro che erano stati convocati. La pietà di Maria, madre di Gesù e di tutti noi. Anche in lei si realizza la profezia destinata a Eva: ”Partorirai nel dolore”. La pietà di Giovanni, primogenito di una nuova famiglia costituita dai discepoli di Gesù risorto. La pietà di Maria di Cleofa e Maria di Magdala. La pietà di Giuseppe di Arimatea e di Nicodemo, prime creature conquistate alla risurrezione, emerse dalla notte del dubbio alla luce intramontabile del risorto. Dove tutto era cominciato, ora tutto finisce; o meglio, tutto ricomincia: torna in scena il giardino della risurrezione: “Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo…”(Giov. 19,41). Anche Adamo era stato posto in un giardino; nel giardino ottenne “come osso delle mie ossa, carne della mia carne…” (Gen.2,23) la compagnia di Eva e i mistici hanno paragonato il sonno di Adamo al sonno di Gesù nel sepolcro, misterioso passaggio da cui il crocifisso esce risuscitato, accompagnato da una umanità nuova, generata dal suo fianco ferito, come Eva dal costato di Adamo. Nel mistero della Croce si realizza lo scambio definitivo e perfetto tra Dio e l’uomo. Gesù, Figlio di Dio, soffre come noi; noi soffriamo come lui. Il mistero della Croce si svela nell’amore: Gesù ci ha salvato non perché ha molto sofferto, ma perché ha molto amato. E’ l’amore che nobilita il dolore e lo rende salvifico, per ogni creatura. Il grande amore che Gesù ha espresso nella sua Croce aiuta anche i nostri piccoli amori a misurarsi evangelicamente con il dolore che inevitabilmente, forse necessariamente, tocca, ferisce, ma poi risana ogni vita. L’amore di Gesù alla propria Croce, convince anche noi all’amore alla nostra. Come concludeva la piccola leggenda cristiana, raccontata in tutti i nostri paesi, secondo la quale il Signore, ascoltando i cristiani lamentarsi della 4 propria croce, aveva concesso loro di sceglierne un’altra, di loro gradimento, col risultato, certo imprevisto, che alla fine tutti si erano ripresi la propria. Perché, spiegava la nonna a noi bambini, Gesù, prima di tutti si era ripreso la sua, che era la più grande e pesante. Siamo sul Calvario, siamo saliti con Gesù, ma il nostro cuore corre già verso l’alba della Pasqua con l’intensità che un poeta dei nostri tempi ha saputo trasmettere con i suoi versi: “Tutto è pazienza e attesa che ribalti la pietra pasquale il lato tombale delle cose dall’altra parte il vero disegno il volto luminoso il regno il regno il regno! (B.Cattafi, Dall’altra parte). 5