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I sanguinamenti del tratto digestivo inferiore
concetti chiave PERCORSI DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI IN ENDOSCOPIA DIGESTIVA VOLUME 3 Felice Cosentino Supplemento a Select - Anno III - N.5 I sanguinamenti del tratto digestivo inferiore concetti chiave PERCORSI DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI IN ENDOSCOPIA DIGESTIVA VOLUME 3 Felice Cosentino I sanguinamenti del tratto digestivo inferiore Dott. Felice Cosentino U.O. di Endoscopia Digestiva Ospedale San Paolo Milano I SANGUINAMENTI DEL TRATTO DIGESTIVO INFERIORE Per emorragie del tratto digestivo inferiore (TDI) si intendono convenzionalmente quelle che originano a valle del legamento di Treitz, anche se nella maggior parte dei casi, con tale termine si indicano sanguinamenti che si verificano a livello del colon. Un’emorragia che origina tra legamento di Treitz e valvola ileo-ciecale è considerata un’emorragia a carico del piccolo intestino. Le modalità di presentazione dell’emorragia digestiva inferiore dipendono dall’entità della perdita, dalla velocità con cui essa avviene e dalla sede. Si parla di sanguinamento macroscopico se nelle feci si riscontra la presenza di sangue rosso vivo o rosso brunastro, mentre il sanguinamento è occulto se la presenza di sangue nelle feci non è apprezzabile a occhio nudo, ma viene rivelata mediante test specifici di laboratorio. Il termine ematochezia (che significa “defecazione di sangue”) indica l’emissione di sangue rosso vivo o brunastro frammisto alle feci o adeso ad esse, di diarrea sanguinolenta o di coaguli. In genere l’ematochezia riconosce una causa nel tratto digestivo inferiore, ma nel 20% circa dei casi la lesione è situata nel tratto digestivo superiore o nel piccolo intestino associato ad un tempo di transito accelerato. Per proctorragia (o rettorragia) si indica, anche se il termine si riferisce alla sola sede rettale, un sanguinamento che proviene dal colon sinistro, retto e canale anale. Il sangue è rosso vivo e non commisto a feci. Per melena si intende l’emissione di feci scure, brillanti, appiccicose e fetide per l’effetto della conversione dell’emoglobina in ematina ad opera dei batteri intestinali. Solitamente la melena consegue ad un sanguinamento del tratto digestivo superiore o del piccolo intestino. Non bisogna però dimenticare che la melena può ugualmente essere determinata da un sanguinamento del colon destro se associato ad un transito rallentato. INQUADRAMENTO CLINICO Nella maggior parte dei casi tali sanguinamenti sono di lieve entità e non sono necessari provvedimenti diagnostico-terapeutici d'urgenza; in un ridotto numero di casi si tratta di eventi emorragici gravi o gravissimi (emorragia massiva) che richiedono un inquadramento diagnostico tempestivo ed un trattamento, talora, anche di tipo intensivo. Al fine di un corretto inquadramento clinico e della successiva gestione diagnostico-terapeutica è indispensabile ottenere informazioni sull’episodio emorragico (modalità del sanguinamento, numero di scariche, entità, caratteristiche del sangue emesso), su eventuali terapie in atto o recenti (anticoagulanti, FANS), malattie associate, l'esistenza di anamnesi familiare positiva per neoplasie (poliposi familiare, S. di Lynch, ecc.). Utile anche indagare su eventuali pregressi interventi chirurgici (un pregresso intervento per aneurisma dell’aorta addominale può suggerire la possibile presenza di fistole aortoenteriche). Con l’esame obiettivo è possibile evidenziare la presenza di masse addominali o segni peculiari di altra patologia digestiva. Infine l'esplorazione rettale, con il riscontro di sangue rosso o piceo, permette una prima grossolana distinzione tra emorragie del tratto digestivo basso o alto. Tale manovra, inoltre, può permettere di rilevare la presenza di emorroidi o di masse endorettali. Infine gli esami ematochimici (emocromo, azotemia, elettroliti ematici, conta piastrinica, esami di funzionalità epatica, tests emocoagulativi ecc.) possono fornire utili informazioni sull’entità della perdita ematica e sulle condizioni generali del paziente. Tale inquadramento preliminare consente la distinzione tra sanguinamento digestivo alto e basso, acuto o cronico, indirizza verso un'ipotesi diagnostica e permette di identificare i soggetti per i quali la situazione di scompenso emodinamico richiede, in modo prioritario, un trattamento intensivo. Da questi elementi nasce l’algoritmo delle indagini strumentali tra le quali l’endoscopia occupa un posto di rilievo. 3 MANIFESTAZIONI DI SANGUINAMENTO E’ opportuno distinguere le emorragie digestive inferiori in acute e croniche. • Sanguinamento acuto L’emorragia acuta del TDI viene definita come la perdita di sangue recente dal retto per una durata inferiore ai tre giorni e che comporta anemizzazione, instabilità emodinamica e necessità di trasfusioni ematiche. Tali emorragie, che rappresentano il 20% di tutti gli episodi emorragici acuti gastrointestinali, si arrestano spontaneamente nel 36-85% dei casi. Circa il 29% dei pazienti però, soprattutto di età superiore ai 60 anni, va incontro a recidive emorragiche. Il paziente deve essere seguito sulla base della pressione sanguigna, del polso, della coscienza e della diuresi. Si stima che un calo di pressione di 10mmHg o un aumento della frequenza cardiaca di 10puls/min corrispondano ad una perdita di 1 litro di sangue, cioè il 20% della massa ematica circolante. Il sanguinamento acuto può essere a sua volta suddiviso in un sanguinamento moderato e severo. • Sanguinamento acuto moderato Si intende una perdita di sangue che determina: riduzione dell’emoglobina inferiore a 2g/dl e con valori assoluti superiori a 10g/dl; frequenza cardiaca e pressione arteriosa normali o che si modificano di poco in ortostatismo. Il sanguinamento moderato è caratterizzato da una perdita ematica intensa che cessa spontaneamente dopo un breve periodo, ma può essere anche modesto con una durata più lunga. La maggior parte dei sanguinamenti del TDI ha tali caratteristiche. Essendo modesta la compromissione dell’equilibrio emodinamico, i pazienti possono essere sottoposti immediatamente all’indagine colonscopica dopo aver effettuato la preparazione intestinale con le soluzioni di polietilenglicole (3-4 litri somministrati per os o per sondino naso-gastrico). È importante un’attenta esplorazione dell’ano e del retto (anche con manovra di retroversione), ma la presenza di una lesione ano-rettale (emorroidi, ragadi, ulcera del retto, colite o neoplasie del retto), specialmente se non attivamente sanguinante al momento dell’esame endoscopico, non esclude una causa di sanguinamento nei tratti più prossimali. Pertanto si dovrebbe sempre programmare una pancolonscopia. In caso di negatività dell’indagine sarà eseguita una seconda colonscopia alla ripresa del risanguinamento. • Sanguinamento acuto severo In caso di perdita del 15% o più del volume plasmatico (riduzione dell’emoglobina oltre 2g/dl con valori assoluti inferiori ai 10g/dl) i pazienti presentano sempre un’instabilità emodinamica (frequenza cardiaca sup. a 100mmHg; pressione sistolica inf. ai 10mmHg; caduta della pressione sistolica in ortostatismo superiore a 20mmHg). Tale quadro clinico impone la stabilizzazione del paziente mediante infusione di liquidi ed eventualmente di emotrasfusioni. La diagnosi endoscopica Nell’intraprendere l’iter diagnostico bisogna considerare che nel l’11% circa dei pazienti ammessi con diagnosi di sanguinamento acuto del tratto digestivo inferiore, la causa del sanguinamento è localizzata nelle prime vie digestive. Questo dimostra che la prima manovra da eseguire sia sempre l’introduzione di un sondino nasogastrico allo scopo di accertare la natura del contenuto gastrico. La presenza di liquido misto a bile fa escludere una causa di emorragia alta, mentre la presenza di liquido ematico o chiaro (quest’ultimo in presenza di sospetto clinico di patologie alte), impone un’esofago-gastro-duodenoscopia. 4 Oltre a escludere un’emorragia digestiva superiore è indispensabile eliminare i dubbi (anamnesi, anoscopia ed eventualmente rettoscopia) di un sanguinamento basso (emorroidi, neoplasie rettali, ecc.) prima di decidere l’iter successivo. Se trattasi di un paziente con instabilità emodinamica, nonostante le misure rianimatorie, è indicata l’esecuzione di un’arteriografia che può avere anche finalità terapeutiche. Se tale indagine non ha dato esito positivo (sede di sanguinamento non individuata o fallito tentativo terapeutico) e il sanguinamento persiste è da valutare la soluzione chirurgica immediata con eventuale panendoscopia intraoperatoria. Nel caso, invece, di un paziente stabilizzato dopo le preliminari misure rianimatorie, l’indagine di scelta è la pancolonscopia previo lavaggio intestinale. Per la pulizia del colon i migliori risultati si ottengono con soluzioni elettrolitiche al glicole polietilenico (PEG) da somministrare per os o via sondino nasogastrico al dosaggio di 1 litro ogni 45-60 minuti fino a che dal retto non fuoriesce materiale chiaro, non fecale e non ematico. In genere ciò si ottiene dopo la somministrazione di 3-4 litri di soluzione. La somministrazione di procinetici e.v. riduce la nausea e facilita lo svuotamento gastrico. Le soluzioni PEG vanno somministrate a temperatura ambiente in modo da mantenere costante la temperatura corporea. I vantaggi dell’esecuzione della colonscopia in urgenza sono: • Possibilità di individuare la lesione sanguinante nel 75-90% dei casi; • Possibilità di attuare un trattamento endoscopico definitivo nel 25-30% dei casi; • Possibilità di identificare con maggiore accuratezza, rispetto ad angiografia e scintigrafia, lesioni che abbiano cessato si sanguinare al momento dell’esame. Nell’eseguire l’esame colonscopico bisogna ricordare che la visualizzazione di una lesione non sanguinante, ma potenzialmente causa di emorragia (emorroidi, diverticoli, ecc.) non esclude la presenza di una patologia più a monte; per cui l’indagine dovrà essere completa fino al cieco. Nella tabella 1 sono evidenziati i criteri per la diagnosi colonscopica di sede o livello di emorragia. Qualora l’esame endoscopico, eseguito in modo accurato e completo, abbia escluso una causa di sanguinamento dal grosso intestino, allora bisognerà valutare l’opportunità di proseguire l’iter diagnostico con lo studio del tenue mediante enteroscopia. Tale indagine potrà rilevare la causa del sanguinamento che sarà trattata endoscopicamente (piccole angectasie, lesioni di Dieulafoy, ecc.) o chirurgicamente (neoplasie, lesioni vascolari diffuse, ecc.). Un esito negativo dell’enteroscopia dovrà necessariamente indicare l’esecuzione di un’arteriografia selettiva. Nel caso invece che la colonscopia sia stata inefficace nella ricerca di lesioni, (sanguinamento attivo, difficoltà di completare l’esame, ecc.) sarà necessario far ricorso direttamente all’angiografia selettiva addominale, preceduta o meno da una scintigrafia con emazie marcate. Il successivo esito diagnostico/terapeutico di tale indagine ci farà considerare un eventuale ricorso alla chirurgia. Tab. 1. Criteri per la diagnosi colonscopica di sede o livello di emorragia 1. 2. 3. 4. 5. 6. Sanguinamento attivo da una sede ben definita (angectasia, vaso visibile, diverticolo, ecc.) Vaso visibile non sanguinante Coagulo adeso Sangue rosso localizzato ad un segmento del colon Ulcerazione su diverticolo con sangue nel distretto Assenza di materiale ematico nell’ileo e presenza di sangue recente nel colon 5 Le cause del sanguinamento Foto 1 - Angiodisplasia del cieco. Le cause più frequenti di emorragia digestiva inferiore sono riportate nella tabella 2 e si riferiscono all’esperienza del CURE Hemostasis Research Group. La causa principale risulta il sanguinamento da lesioni vascolari (Foto 1-2) e da diverticoli (Foto 3). Tale primato è confermato dalla maggior parte delle casistiche, mentre in secondo piano compaiono cause diverse come polipi o neoplasie, malattie infiammatorie e lesioni rettali. Tra le patologie vascolari meritano particolare attenzione le lesioni di Dieulafoy. Per lesione di Dieulafoy si intende un’arteria sottomucosa di calibro insolitamente grande (si pensa siano arterie persistenti sottosierose) che si trova a stretto contatto con la superficie mucosa. L’erosione della mucosa può comportare emorragie massive e spesso recidivanti. Le lesioni di Dieulafoy possono essere riscontrate in tutto l’ambito intestinale, anche se la sede di predilezione è la regione sottocardiale gastrica (Foto 4). Endoscopicamente tale lesione può presentarsi come un vaso visibile sanguinante o come un sanguinamento attivo, attraverso una minima soluzione di continuo della mucosa. Tale secondo aspetto rende particolarmente difficile se non impossibile la diagnosi al di fuori dal sanguinamento attivo proprio per la mancanza di lesioni residue macroscopicamente evidenti della mucosa. Le lesioni di Dieulafoy riscontrate nella nostra esperienza si localizzavano preferenzialmente al retto (Foto 5) e sigma distale (Foto 6). Tab. 2. Causa di sanguinamento in 100 pazienti con ematochezia severa (dati del CURE Hemostasis Research Group) Foto 2 - Angiodisplasia del tenue rilevata con Videocapsula Given (enteroscopia capsulare). Foto 3 - Diverticolo sanguinante del sigma. È visibile del sangue rosso vivo che fuoriesce a flusso dal diverticolo. SEDE DELLA LESIONE NUMERO PAZIENTI Colon 74 (74%) Ectasia vascolare 30 (41%) Diverticolosi 17 (23%) Polipi o tumori intestinali 11 (15%) Colite 9 (12%) Lesioni rettali 4 (5%) Altre 3 (4%) Tratto gastrointestinale superiore 11 (11%) Intestino tenue* 9 (9%) Sede non specificata 6 (6%) (*) La diagnosi di sanguinamento presunto dall’intestino tenue è stata posta quando EGDS e colonscopia sono risultate negative, ma il sangue fresco o i coaguli (o entrambi) provenivano dalla valvola ileo-ciecale. 6 RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. NOME DELLA SPECIALITÀ Pantopan 20 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Una compressa rivestita, gastroresistente contiene: Pantoprazolo sodico sesquidrato 22,6 mg (equivalente a pantoprazolo 20 mg) 3. FORMA FARMACEUTICA Compresse rivestite gastro-resistenti 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Trattamento della malattia da reflusso di grado lieve e dei sintomi correlati (ad es., pirosi, rigurgito acido, disfagia). Trattamento a lungo termine e prevenzione delle recidive delle esofagiti da reflusso gastroesofageo. 4.2 Posologia e modo di somministrazione -posologia consigliata Trattamento della malattia da reflusso di grado lieve e dei sintomi correlati (ad es., pirosi, rigurgito acido, disfagia). La posologia consigliata è di una compressa rivestita gastroresistente di Pantopan 20, al giorno, per via orale. La risoluzione della sintomatologia si ottiene, generalmente, in 2-4 settimane; la guarigione della esofagite associata richiede generalmente un periodo di trattamento di 4 settimane. Se tale periodo non è sufficiente, la guarigione si otterrà normalmente, prolungando la terapia per ulteriori 4 settimane. Trattamento a lungo termine e prevenzione delle recidive delle esofagiti da reflusso gastroesofageo. Per il trattamento a lungo termine, si consiglia una posologia di mantenimento con una compressa rivestita gastroresistente di Pantopan 20 al giorno, aumentando a 40mg di pantoprazolo al giorno in caso di recidiva. Per questi casi è disponibile Pantopan da 40mg. Dopo guarigione della recidiva la posologia può essere ridotta nuovamente a 20mg di pantoprazolo. In caso di trattamento a lungo termine, trattamenti superiori ad un anno dovrebbero essere adottati solo dopo attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio, poiché non si hanno ancora sufficienti esperienze che confermano la sicurezza del farmaco anche per periodi di trattamento prolungati e continui per parecchi anni. Note Nei pazienti con funzionalità epatica gravemente compromessa non si dovrà superare una dose giornaliera di 20 mg. Non è necessario un aggiustamento posologico in pazienti anziani o con funzionalità renale ridotta. -istruzioni generali: Le compresse rivestite gastro-resistenti di Pantopan 20 non devono essere masticate o frantumate, ma vanno deglutite intere con un po’ d’acqua prima di un pasto. 4.3 Controindicazioni Pantopan 20 non deve essere impiegato in casi di ipersensibilità individuale accertata verso il principio attivo e/o verso gli altri componenti di Pantopan 20. 4.4 Avvertenze speciali e speciali precauzioni d’uso Avvertenze speciali nessuna Speciali precauzioni d’uso Nei pazienti con funzionalità epatica gravemente compromessa, durante la terapia con pantoprazolo si dovrà eseguire un controllo regolare degli enzimi epatici, in particolare durante trattamenti a lungo termine. In caso di aumento dei livelli sierici di questi enzimi, si dovrà sospendere Pantopan 20. Nota Prima della terapia, è necessario escludere l’eventuale natura maligna di una ulcera gastrica o di una malattia esofagea dato che il trattamento con pantoprazolo può, alleviando la sintomatologia, ritardare la diagnosi. I pazienti che non rispondono al trattamento dopo 4 settimane dovrebbero essere sottoposti ad opportune indagini diagnostiche. Non sono disponibili al momento esperienze cliniche sull’uso di pantoprazolo nei bambini. 4.5 Interazioni con altri farmaci e altre forme di interazione Pantopan 20 può ridurre o aumentare l’assorbimento di farmaci la cui biodisponibilità è pH-dipendente (ad es., ketoconazolo). Pantoprazolo è metabolizzato nel fegato dal sistema enzimatico del citocromo P450. Un’interazione di pantopra- zolo con altri farmaci metabolizzati attraverso lo stesso sistema enzimatico non può essere esclusa. Tuttavia, in test specifici, non si sono osservate interazioni clinicamente significative con alcuni di questi farmaci (o composti), precisamente carbamazepina, caffeina, diazepam, diclofenac, digossina, etanolo, glibenclamide, metoprololo, nifedipina, fenprocumone, fenitoina, teofillina, warfarin, e un contraccettivo orale. Inoltre non si sono evidenziate interazioni con antiacidi somministrati contemporaneamente. 4.6 Uso in gravidanza ed allattamento L’esperienza clinica in donne in gravidanza è limitata. In studi di riproduzione nell’animale, si sono osservati segni di minima fetotossicità a dosi superiori a 5mg/kg. Non si hanno dati sull’escrezione di pantoprazolo nel latte umano. Le compresse di pantoprazolo dovrebbero essere somministrate solo quando il beneficio alla madre sia considerato maggiore del rischio potenziale per il feto o il bambino. 4.7 Effetti sulla guida e sull’uso di macchine Non sono noti effetti sulla capacità di guida e sull’uso di macchine. 4.8 Effetti indesiderati Il trattamento con Pantopan 20 può occasionalmente provocare cefalea, disturbi gastrointestinali quali dolore all’addome superiore, diarrea, costipazione o flatulenza, e reazioni allergiche quali prurito, rash cutaneo (in casi isolati anche orticaria, angioedema o reazioni anafilattiche, incluso shock anafilattico). Sono stati riportati rari casi di nausea, vertigini o disturbi visivi (offuscamento della visione). Sono stati riportati, in casi isolati, edema periferico, febbre, depressione o mialgia che si riducono al termine della terapia, come pure un aumento dei livelli degli enzimi epatici (transaminasi, γ-GT) e dei trigliceridi. 4.9 Sovradosaggio Non sono noti sintomi da sovradosaggio nell’uomo. Dosi fino a 240 mg sono state somministrate per via endovenosa in due minuti e sono state ben tollerate. In caso di sovradosaggio con segni clinici di intossicazione, si adottino gli schemi usuali per il trattamento di una intossicazione. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Pantoprazolo è un derivato benzimidazolico che inibisce la secrezione di acido cloridrico nello stomaco, con azione specifica sulle pompe protoniche delle cellule parietali. Pantoprazolo viene convertito nella forma attiva nei canalicoli acidi delle cellule parietali, ove inibisce l’enzima H+,K+-ATPasi, cioè lo stadio finale della produzione di acido cloridrico nello stomaco. Tale inibizione è dose-dipendente ed interessa la secrezione acida sia basale che stimolata. Nella maggior parte dei pazienti, la sintomatologia si risolve in due settimane. Analogamente ad altri inibitori della pompa protonica e ad inibitori del recettore H2, il trattamento con pantoprazolo determina una riduzione dell’acidità a livello gastrico e conseguentemente un aumento di gastrina, proporzionale alla riduzione dell’acidità. L’incremento di gastrina è reversibile. Poiché pantoprazolo si lega all’enzima in posizione distale rispetto al recettore cellulare, questa sostanza può agire sulla secrezione di acido cloridrico indipendentemente dalla stimolazione di altre sostanze (acetilcolina, istamina, gastrina). L’effetto è lo stesso dopo somministrazione del prodotto sia per via orale che endovenosa. I valori di gastrinemia a digiuno aumentano durante il trattamento con pantoprazolo. In trattamenti a breve termine, nella maggioranza dei casi non superano i limiti superiori della norma. Durante trattamenti a lungo termine i livelli di gastrinemia, nella maggior parte dei casi, raddoppiano. Un eccessivo aumento, tuttavia, si verifica solo in casi isolati. Di conseguenza, durante il trattamento a lungo termine, in una minoranza di casi, si osserva nello stomaco un aumento, da lieve a moderato, del numero di cellule endocrine specifiche (ECL) (iperplasia da semplice ad adenomatoide). Tuttavia, in base agli studi sinora eseguiti, la formazione di precursori carcinoidi (iperplasia atipica) o di carcinoidi gastrici -come trovati negli esperimenti sull’animale (v. punto 5.3)può essere esclusa per pazienti sottoposti a trattamenti di un anno. Sulla base degli studi nell’animale, non si può escludere l’influenza dei trattamenti con pantoprazolo a lungo termine -superiori ad un anno- sui parametri endocrini della tiroide e degli enzimi epatici. 5.2 Proprietà farmacocinetiche - Farmacocinetica generale Pantoprazolo viene assorbito rapidamente, ottenendosi concentrazioni plasmatiche massimali già dopo una singola dose orale di 20mg. Le massime concentrazioni sieriche (intorno a 1-1,5 µg/mL) vengono raggiunte, in media, 2-2,5 ore dopo la somministrazione, e tali valori rimangono costanti dopo somministrazioni ripetute. Il volume di distribuzione è di circa 0.15 L/kg, la clearance intorno a 0.1 L/h/kg. L’emivita della fase terminale è di circa 1 ora. Si sono osservati alcuni casi di rallentata eliminazione del farmaco. A causa dello specifico legame del pantoprazolo alle pompe protoniche delle cellule parietali, l’emivita di eliminazione non si correla con la durata d’azione (inibizione della secrezione acida) che è molto superiore. Le caratteristiche farmacocinetiche non si modificano dopo somministrazione singola o ripetuta. Nell’intervallo di dosi tra 10 e 80mg, le cinetiche plasmatiche di pantoprazolo sono lineari dopo somministrazione sia orale che endovenosa. Il legame di pantoprazolo alle proteine sieriche è di circa il 98%. La sostanza viene metabolizzata quasi esclusivamente a livello epatico. L’eliminazione renale rappresenta la principale via di escrezione (circa 80%) dei metaboliti di pantoprazolo, il rimanente viene escreto con le feci. Il principale metabolita, sia nel siero sia nelle urine, è il desmetilpantoprazolo, sotto forma di sulfoconiugato. L’emivita del metabolita principale (circa 1.5 h) non è molto più elevata di quella di pantoprazolo - Biodisponibilità Pantoprazolo è completamente assorbito dopo somministrazione orale. La biodisponibilità assoluta delle compresse è circa il 77%. La assunzione concomitante di cibo non influenza AUC, massima concentrazione sierica e, quindi, la biodisponibilità. Solo la variabilità del lag-time sarà aumentata dalla contemporanea assunzione di cibo. - Caratteristiche in pazienti/gruppi particolari Non si richiede una riduzione del dosaggio in pazienti con ridotta funzionalità renale (compresi pazienti in dialisi). L’emivita di pantoprazolo è breve come si osserva nei soggetti sani. Pantoprazolo è scarsamente dializzabile. Sebbene l’emivita del principale metabolita sia moderatamente aumentata (2-3 h), l’escrezione è nondimeno rapida e dunque non si verifica accumulo. Sebbene nei pazienti con cirrosi epatica (classe A e B secondo Child), l’emivita aumenti fino a 3-6 ore ed i valori di AUC siano di 3-5 volte maggiori, le concentrazioni sieriche massimali del farmaco sono solo modestamente aumentate di 1.3 volte rispetto ai soggetti sani. Un leggero aumento dei valori di AUC e Cmax che si osserva nei volontari anziani rispetto al gruppo dei volontari più giovani è anch’esso clinicamente non rilevante. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Dai dati preclinici non emergono particolari rischi per l’uomo, sulla base degli usuali studi di sicurezza, farmacologia, tossicità per somministrazioni ripetute e genotossicità. Negli studi di carcinogenesi a 2 anni nel ratto -che per questo animale corrisponde al trattamento per tutta la vita- sono stati evidenziati tumori neuroendocrini. Inoltre; in uno studio nella parte superiore dello stomaco dei ratti, si sono trovati papillomi a cellule squamose. Il meccanismo con cui i derivati benzimidazolici inducono la formazione di carcinoidi gastrici è stato accuratamente studiato, portando alla conclusione che si tratti di una reazione secondaria allo spiccato aumento della gastrinemia che si verifica nel ratto nel corso del trattamento cronico. In studi a 2 anni sui roditori, si è osservato un aumento del numero di alterazioni neoplastiche a livello epatico nei ratti (in un solo studio sul ratto) e nel topo femmina, interpretato come dovuto alla elevata metabolizzazione di pantoprazolo nel fegato. Un leggero aumento di alterazioni neoplastiche della tiroide è stato osservato nel gruppo di ratti trattati con la dose più alta (200mg/kg) in uno studio a due anni. L’insorgenza di tali neoplasie è associata alle modificazioni, indotte da pantoprazolo, nel catabolismo della tiroxina a livello epatico nel ratto. Poiché la dose terapeutica per l’uomo è bassa, non sono da attendersi effetti secondari alle ghiandole tiroidee. Si può escludere che pantoprazolo abbia potenziale genotossico in base a studi di mutagenesi, test di trasformazione cellulare ed uno studio di DNA-binding. Gli studi effettuati non hanno dimostrato alcuna influenza negativa sulla fertilità né effetti teratogeni. Il passaggio transplacentare, studiato nel ratto, aumenta con il progredire della gestazione. Di conseguenza, la concentrazione fetale di pantoprazolo aumenta subito prima della nascita. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE Una compressa rivestita gastro-resistente contiene: principio attivo: pantoprazolo sodico sesquidrato 22,6mg (equivalente a pantoprazolo 20 mg) 6.1 Lista degli eccipienti: sodio carbonato mannitolo crospovidone povidone K90 calcio stearato ipromellosa povidone K25 glicole propilenico acido metacrilico-etilacrilato copolimero (1:1) polisorbato 80 sodio lauril solfato trietilcitrato titanio biossido E 171 ossido di ferro giallo E 172 inchiostro di stampa (shellac, ossido di ferro rosso, nero e giallo E172, lecitina di soia, titanio biossido E171, antischiuma DC 1510) 6.2 Incompatibilità Non applicabile 6.3 Validità 3 anni 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione Nessuna. 6.5 Contenitore, confezione e prezzo Confezioni flaconi (contenitore in HDPE con chiusura in LDPE) e blister (blister in ALU/ALU e blister in PVC/PVDC/ALU) da 14 e 15* compresse rivestite gastroresistenti. 28 e 30* compresse rivestite gastroresistenti. 56 e 60* compresse rivestite gastroresistenti. 100* compresse rivestite gastroresistenti. Confezioni ospedaliere: flaconi (contenitore in HDPE con chiusura in LDPE) e blister (blister in ALU/ALU e blister in PVC/PVDC/ALU) da 140* compresse rivestite gastroresistenti 140* (10x14*) (5x28*) compresse rivestite gastroresistenti 700 (5x140*) compresse rivestite gastroresistenti 280 (20x14*) (10x28*) compresse rivestite gastroresistenti *autorizzate nello Stato Membro di Riferimento. Non tutte le confezioni elencate vengono commercializzate in Italia Flacone 14 compresse rivestite gastroresistenti Prezzo t 13,24 6.6 Speciali istruzioni d’uso nessuna 7. NOME, RAGIONE E SEDE SOCIALE DEL TITOLARE DELLl’A.I.C. PHARMACIA ITALIA S.p.A. - Via Robert Koch, 1.2 – MILANO 8. A.I.C. N. Flacone 14 compresse rivestite gastroresistenti - A.I.C. n. 031835097/M Blister 14 compresse rivestite gastroresistenti A.I.C. n. 031835022/M (*) Flacone 28 compresse rivestite gastroresistenti - A.I.C. n. 031835111/M (*) Blister 28 compresse rivestite gastroresistenti - A.I.C. n. 031835046/M (*) Flacone 56 compresse rivestite gastroresistenti - A.I.C. n. 031835135/M (*) Blister 56 compresse rivestite gastroresistenti - A.I.C. n. 031835061/M (*) (*) confezioni non commercializzate 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE 29 Maggio 2000 10. TABELLA DI APPARTENENZA D.P.R. 309/90 Non pertinente 11. REGIME DI DISPENSAZIONE AL PUBBLICO Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica 12. DATA DI REVISIONE (PARZIALE) DEL TESTO Luglio 2002 1. NOME DELLA SPECIALITA’ MEDICINALE PANTOPAN 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Una compressa gastroresistente contiene: Principio attivo: Pantoprazolo sodico sesquidrato 45,1 mg (equivalente a pantoprazolo 40 mg). 3. FORMA FARMACEUTICA Compresse gastro-resistenti per uso orale 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche eradicazione di H. pylori in combinazione con due antibiotici appropriati (vedasi Posologia) in pazienti con ulcera peptica, allo scopo di ridurre le recidive di ulcera duodenale e gastrica causate da questo microrganismo. ulcera duodenale ulcera gastrica esofagite da reflusso di grado moderato e grave 4.2 Posologia e modo di somministrazione - posologia consigliata - I pazienti positivi per Helicobacter pylori e affetti da ulcera gastrica o duodenale, dovranno essere sottoposti ad eradicazione del batterio con una terapia combinata. Si consiglia l’adozione di uno dei seguenti schemi di terapia per l’eradicazione di H. pylori, in funzione del tipo di resistenza: 1) Pantopan, una compressa gastroresistente due volte al dì + amoxicillina 1000 mg due volte al dì + claritromicina 500 mg due volte al dì 2) Pantopan, una compressa gastro-resistente due volte al dì + metronidazolo 500 mg due volte al dì + claritromicina 500 mg due volte al dì 3) Pantopan, una compressa gastro-resistente due volte al dì + amoxicillina 1000 mg due volte al dì + metronidazolo 500 mg due volte al dì. Nei casi in cui la terapia combinata non sia di scelta, ad es. nei pazienti negativi per Helicobacter pylori, si consiglia la monoterapia con Pantopan, nei seguenti dosaggi Trattamento di ulcera gastrica e duodenale e di esofagite da reflusso: una compressa gastro-resistente di Pantopan al giorno. In casi particolari, in special modo quando non si sia ottenuta risposta ad altri trattamenti, la posologia potrà essere aumentata a due compresse di Pantopan al giorno. In caso di funzionalità epatica gravemente compromessa la posologia deve essere ridotta a 1 compressa (40 mg di pantoprazolo) a giorni alterni. Inoltre, durante la terapia con Pantopan si dovrebbero eseguire controlli regolari degli enzimi epatici; in caso di aumento dei livelli sierici di questi enzimi, si dovrà sospendere il trattamento con Pantopan. Non si dovrà superare la dose giornaliera di 40 mg di pantoprazolo nei pazienti anziani o nei pazienti con ridotta funzionalità renale. Un’eccezione è rappresentata dalla terapia combinata per l’eradicazione di H. pylori, nella quale anche i pazienti anziani dovranno assumere pantoprazolo al dosaggio pieno (2 x 40 mg pro die) per 1 settimana. - Istruzioni generali - Le compresse gastro-resistenti di PANTOPAN non devono essere masticate o frantumate, ma deglutite intere con un po’ di acqua al mattino un’ora prima della colazione. Durante la terapia combinata per l’eradicazione dell’infezione da H. pylori, la seconda compressa di Pantopan dovrà essere assunta prima del pasto serale. La terapia combinata va generalmente effettuata per 7 giorni e può essere prolungata fino ad un massimo di due settimane. Se, per assicurare la cicatrizzazione dell’ulcera, è indicato un ulteriore trattamento con pantoprazolo, si dovrà adottare la posologia raccomandata per il trattamento dell’ulcera gastrica e duodenale. Nell’ulcera duodenale, la cicatrizzazione della lesione ulcerosa si ottiene generalmente entro 2 settimane dall’inizio del trattamento. Se tale periodo non è sufficiente, la guarigione si verifica nella quasi totalità dei casi, dopo altre 2 settimane di terapia. Nell’ulcera gastrica e nell’esofagite da reflusso, la durata del trattamento richiesto per la cicatrizzazione è in genere di 4 settima- ne. Se tale periodo non è sufficiente, la guarigione si ottiene nella quasi totalità dei casi, prolungando la terapia per altre 4 settimane. La durata di un ciclo di terapia con PANTOPAN non dovrebbe superare le 8 settimane, poichè l’esperienza con trattamenti a lungo termine nell’uomo non è sufficiente. 4.3 Controindicazioni Pantopan non deve essere generalmente impiegato in casi di ipersensibilità individuale accertata verso uno dei componenti di Pantopan o dei farmaci assunti con la terapia combinata. Pantopan non deve essere impiegato in terapia combinata per l’eradicazione di H. pylori nei pazienti con disfunzioni epatiche o renali da moderate a gravi, poichè al momento non sono disponibili dati di efficacia e tollerabilità di Pantopan in terapia combinata in questi pazienti 4.4 Avvertenze speciali e speciali precauzioni per l’uso Pantoprazolo non è indicato per il trattamento di disturbi gastrointestinali lievi come si può verificare nella dispepsia nervosa. In caso di terapia combinata, dovrà essere osservato quanto riportato nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto dei rispettivi singoli farmaci. Prima dell’inizio della terapia è necessario escludere la possibilità della natura maligna di un’ulcera gastrica o di una malattia esofagea, dato che il trattamento con pantoprazolo può, alleviando la sintomatologia, ritardare la diagnosi. La diagnosi di esofagite da reflusso dovrebbe essere confermata endoscopicamente. Non sono disponibili al momento esperienze cliniche sull’uso di pantoprazolo nei bambini. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione Pantopan può ridurre l’assorbimento di farmaci la cui biodisponibilità è pH-dipendente (ad es., ketoconazolo). Pantoprazolo è metabolizzato nel fegato dal sistema enzimatico del citocromo P450. Un’interazione con altri farmaci metabolizzati attraverso lo stesso sistema enzimatico non può essere esclusa. Tuttavia, in tests specifici, non si sono osservate interazioni clinicamente significative con alcuni di questi farmaci, precisamente caffeina, carbamazepina, diazepam, diclofenac, digossina, etanolo, fenitoina, fenprocumone, glibenclamide, metoprololo, nifedipina, teofillina, warfarin e un contraccettivo orale. Inoltre non si sono evidenziate interazioni con antiacidi somministrati contemporaneamente. Sono stati condotti nell’uomo studi di interazione farmacocinetica con somministrazione concomitante di pantoprazolo e dei riferiti antibiotici (claritromicina, metronidazolo, amoxicillina). Non sono state evidenziate interazioni significative. 4.6 Gravidanza ed allattamento L’esperienza clinica in donne in gravidanza è limitata. In studi di riproduzione condotti nell’animale, si sono osservati segni di lieve tossicità a dosi maggiori a 5 mg/kg. Non sono disponibili dati sull’escrezione di pantoprazolo nel latte materno. Le compresse di pantoprazolo dovranno essere somministrate solo quando il beneficio per la madre sia considerato maggiore del rischio potenziale per il feto o il lattante. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare e di usare macchinari Non sono noti effetti sulla capacità di guida e sull’uso di macchine. 4.8 Effetti indesiderati Il trattamento con PANTOPAN può occasionalmente provocare cefalea, disturbi gastrointestinali quali dolore all’addome superiore, diarrea, costipazione o flatulenza, e reazioni allergiche quali prurito, rash cutaneo (in casi isolati anche orticaria, edema angioneurotico o reazioni anafilattiche incluso shock anafilattico). Sono stati riportati rari casi di nausea, vertigini o disturbi visivi (offuscamento della visione). Sono riportati, in casi isolati, edema periferico, febbre, depressione o mialgia che si riducono al termine della terapia. 4.9 Sovradosaggio Non sono noti sintomi da sovradosaggio nell’uomo. Dosi fino a 240 mg sono state somministrate per via endovenosa in due minuti e sono state ben tollerate. In caso di sovradosaggio con segni clinici di intossicazione, si adottino gli schemi usuali per il trattamento dell’intossicazione. 5. PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Pantoprazolo è un derivato benzimidazolico che inibisce la secrezione di acido cloridrico nello stomaco, con azione specifica sulle pompe protoniche delle cellule parietali. Pantoprazolo viene convertito nella forma attiva nell’ambiente acido delle cellule parietali, ove inibisce l’enzima H+,K+-ATPasi, cioè lo stadio finale della produzione di acido cloridrico nello stomaco. Tale inibizione è dose-dipendente ed interessa la secrezione acida sia basale che stimolata. Analogamente ad altri inibitori della pompa protonica e a inibitori del recettore H2, il trattamento con pantoprazolo determina una riduzione dell’acidità a livello gastrico e conseguentemente un aumento di gastrina, proporzionale alla riduzione dell’acidità. L’incremento di gastrina è reversibile. Poichè pantoprazolo si lega all’enzima in posizione distale rispetto al recettore cellulare, questa sostanza può agire sulla secrezione di acido cloridrico indipendentemente dalla stimolazione di altre sostanze (acetilcolina, istamina, gastrina). L’effetto è lo stesso dopo somministrazione del prodotto sia per via orale che endovenosa. 5.2 Proprietà farmacocinetiche Farmacocinetica generale - Pantoprazolo viene assorbito rapidamente, ottenendosi concentrazioni plasmatiche massimali già dopo una singola dose orale di 40 mg. Le massime concentrazioni seriche (intorno a 2-3 mcg/ml) vengono raggiunte, in media, 2,5 ore dopo la somministrazione, e tali valori rimangono costanti dopo somministrazioni ripetute. Il volume di distribuzione è di circa 0.15 l/kg, la clearance intorno a 0.1 l/h/kg. L’emivita della fase terminale della curva concentrazione plasmatica/tempo è di circa 1 ora. Si sono osservati alcuni casi di rallentata eliminazione del farmaco. A causa della attivazione specifica delle cellule parietali, l’emivita di eliminazione non si correla con la durata d’azione (inibizione della secrezione acida) che è molto più lunga. Le caratteristiche farmacocinetiche non si modificano dopo somministrazione singola o ripetuta. Nell’intervallo di dosi tra 10 e 80mg, le cinetiche plasmatiche di pantoprazolo sono praticamente lineari dopo somministrazione sia orale che endovenosa. Il legame di pantoprazolo alle proteine seriche è di circa il 98%. La sostanza viene metabolizzata quasi esclusivamente a livello epatico. L’eliminazione renale rappresenta la principale via di escrezione (circa 80%) dei metaboliti di pantoprazolo, il rimanente viene escreto con le feci. Il principale metabolita, sia nel siero sia nelle urine, è il demetilpantoprazolo, sotto forma di sulfoconiugato. L’emivita del metabolita principale (circa 1,5 h) non è molto più elevata di quella di pantoprazolo. - Biodisponibilità Pantoprazolo è completamente assorbito dopo somministrazione orale. La biodisponibilità assoluta delle compresse è circa il 77%. L’assunzione concomitante di cibo non influenza AUC, massima concentrazione serica e, quindi, la biodisponibilità. Solo la variabilità del lag-time sarà aumentata dalla contemporanea assunzione di cibo. - Caratteristiche in pazienti/gruppi particolari Non si richiede una riduzione del dosaggio in pazienti con ridotta funzionalità renale (compresi pazienti in dialisi). L’emivita di pantoprazolo è breve come si osserva nei soggetti sani. Pantoprazolo è scarsamente dializzabile. Sebbene l’emivita del principale metabolita sia moderatamente aumentata (2-3 h), l’escrezione è non di meno rapida e dunque non si verifica accumulo. Sebbene nei pazienti con cirrosi epatica (classe A e B secondo Child), l’emivita aumenti fino a 7-9 ore ed i valori di AUC siano di 5-7 volte maggiori, le concentrazioni seriche massimali del farmaco sono solo modestamente aumentate (circa 1,5 volte) rispetto ai soggetti sani. Un leggero aumento dei valori di AUC e Cmax che si osserva nei volontari anziani rispetto al gruppo dei volontari più giovani è anch’esso clinicamente non rilevante. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Dai dati di preclinica, basati su studi convenzionali di tollerabilità, farmacologia, tossicità per somministrazioni ripetute e genotossicità, non emergono particolari rischi per l’uomo. In uno studio di carcinogenesi a 2 anni nel ratto - che per questo animale corrisponde al trattamento per tutta la vita - sono stati evidenziati tumori neuroendocrini. Inoltre, nella ampolla esofagea dei ratti, si sono trovati papillomi a cellule squamose. Il meccanismo con cui i derivati benzimidazolici inducono la formazione di carcinoidi gastrici è stato accuratamente studiato, portando alla conclusione che si tratti di una reazione secondaria allo spiccato aumento della gastrinemia che si verifica nel ratto nel corso del trattamento cronico. Negli studi a 2 anni si è osservato un aumento del numero di alterazioni neoplastiche a livello epatico nel ratto e nel topo femmina, attribuito alla elevata metabolizzazione di pantoprazolo nel fegato. Da studi di mutagenesi, test di trasformazione cellulare e da uno studio di DNA-binding, si è concluso che pantoprazolo non ha potenziale genotossico. Un leggero aumento di alterazioni neoplastiche della tiroide è stato osservato nel gruppo di ratti trattati con dose più alta. L’insorgenza di tali neoplasie è associata alle modificazioni, indotte da pantoprazolo, nel catabolismo della tiroxina a livello epatico nel ratto. Poichè la dose terapeutica per l’uomo è bassa, non sono da attendersi effetti indesiderati sulla tiroide. Gli studi effettuati non hanno dimostrato alcuna influenza negativa sulla fertilità nè effetti teratogeni. Il passaggio transplacentare, studiato nel ratto, aumenta con il progredire della gestazione. Di conseguenza, la concentrazione fetale di pantoprazolo aumenta subito prima della nascita. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Lista degli eccipienti: Una compressa gastroresistente contiene Principio attivo: Pantoprazolo sodico sesquidrato 45,1 mg (equivalente a pantoprazolo 40 mg). Eccipienti: Sodio carbonato, D-mannitolo (=0,0036 BU), polivinilpirrolidone insolubile, polivinilpirrolidone K90, calcio stearato, idrossipropilmetilcellulosa 2910, polivinilpirrolidone K25, titanio biossido E 171, ossido di ferro giallo E 172, glicole propilenico, poli (etilacrilato, acido metacrilico) 1:1, polisorbato 80, sodio laurilsolfato, trietilcitrato, inchiostro di stampa. 6.2 Incompatibilità Nessuna 6.3 Validità 3 anni a confezionamento integro. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione nessuna. 6.5 Natura e contenuto del contenitore Flacone e tappo in politene Confezioni da 14 compresse gastroresistenti. 6.6 Istruzioni d’uso Nessuna 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO PHARMACIA ITALIA S.p.A. - Via Robert Koch 1.2, MILANO 8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO 14 compresse gastroresistenti 40 mg - 031835010/M 9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE Maggio 1996 10. TABELLA DI APPARTENENZA SECONDO IL D.P.R. 309/90 Non soggetto al DPR 309/90. 11. REGIME DI DISPENSAZIONE AL PUBBLICO Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica. DATA DI REVISIONE DEL TESTO Luglio 2002 Circa l’85-90% dei sanguinamenti inferiori si arresta spontaneamente, ma nel 10-15% dei casi il sanguinamento recidiva in modo importante. Questi pazienti che sanguinano sono più anziani di quelli con emorragia digestiva superiore, ma la mortalità, che si attesta attorno al 5-10%, è diminuita negli ultimi anni grazie ai progressi delle misure rianimatorie ed alla disponibilità di tecniche diagnostiche e terapeutiche. Tra queste, senza dubbio, l’endoscopia occupa un posto di primo piano sia nel settore diagnostico, come già riportato, sia in quello terapeutico. La terapia endoscopica Si valuta che in circa il 25-30% dei casi le lesioni sanguinanti siano suscettibili di trattamento endoscopico. Le tecniche di emostasi endoscopiche più frequentemente utilizzate sono illustrate nella tabella 3. Foto 4 - Lesione di Dieulafoy della regione sottocardiale gastrica. Si rileva un sanguinamento a getto senza evidente soluzione di continuo della mucosa. Tab. 3. Tecniche di emostasi endoscopica EMORRAGIE DEL TRATTO DIGESTIVO INFERIORE Tecniche di emostasi endoscopica TERAPIA INIETTIVA Sol. Adrenalina 1:10.000 / 1:20.000 TERAPIA TERMICA Coagulazione bipolare Heater probe Argon Plasma Coagulation TERAPIA MECCANICA Clips Loops Foto 5 - Lesione di Dieulafoy del retto. È evidente un vaso visibile rilevato senza zone ulcerative alla base. La scelta della tecnica da utilizzare, da sola o in combinazione, dipende fondamentalmente dalla lesione da trattare. Per la terapia iniettiva vengono utilizzati aghi da 21G o 23G e l’adrenalina in soluzione 1:10.000 o 1:20.000. La quantità di sostanza iniettata (1-2ml per iniezione) varia a seconda dell’entità del sanguinamento, comunque non vengono riportate in letteratura complicanze sistemiche o locali legate all’impiego dell’adrenalina in quantità comprese fra i 10 e i 20ml di soluzione. L’effetto emostatico è dovuto all’azione meccanica del ponfo, alla vasocostrizione ed all’aggregazione piastrinica favorita dall’adrenalina. Tale terapia è quella più frequentemente utilizzata e può essere impiegata da sola (sanguinamenti diverticolari, emorragie post-polipectomia, ecc.) o in associazione ad altre tecniche di emostasi. Non trova, invece, indicazione nei sanguinamenti da angectasie, specie se multiple. Tra le terapie termiche viene data preferenza all’Argon Plasma 7 Foto 6 - Lesione di Dieulafoy del sigma distale. Si evidenzia un vaso visibile con sanguinamento a flusso. Coagulation (APC) in quanto è un mezzo “non da contatto” e perché consente il controllo della profondità di penetrazione (max 4mm). L’APC si è andata affermando come la metodica più sicura ed efficace soprattutto per le angectasie isolate o diffuse (teleangectasie post-attiniche). Le terapie meccaniche sono di più recente applicazione. Le clips metalliche, utilizzate soprattutto per clampare vasi visibili, consentono un’emostasi definitiva con minimo o assente danno tissutale. Trattasi, però, di un mezzo di non facile impiego e che necessita di un adeguato training per operatore ed assistente. L’endoloop viene utilizzato solitamente per i sanguinamenti post-polipectomia (polipi peduncolati) o per prevenire l’emorragia se applicato preliminarmente alla sezione endoscopica del polipo. La terapia endoscopia si dimostra efficace ed in mani esperte consente un’emostasi immediata nel 6699% dei casi. La recidiva emorragica è compresa tra il 4 e 20% e la mortalità fra il 3 e 5%. • Sanguinamento cronico Si intende una perdita attraverso il retto generalmente di modesta entità ed intermittente, perdurante oltre tre giorni. I sanguinamenti cronici sono di gran lunga i più frequenti e riconoscono come cause più comuni: le emorroidi, i polipi, la RCU, i carcinomi, il morbo di Crohn e le ischemie intestinali. Le emorroidi costituiscono in assoluto la causa più frequente di rettorragia e talora l'erronea attribuzione di un sanguinamento a tale patologia può rappresentare la causa di ritardata diagnosi di una neoplasia colo-rettale. La perdita ematica si può manifestare come: a) sangue occulto nelle feci; b) episodi occasionali di melena; c) perdita di piccole quantità di sangue rosso vivo. Sangue occulto nelle feci. Nei pazienti al di sopra dei 50 anni la presenza del sangue occulto positivo nelle feci deve far sospettare ad una neoplasia del tratto intestinale ed in particolare del colon. In presenza di una negatività dell’esplorazione ano-rettale si ritiene opportuno comunque un esame completo di tutto il colon che nel 20-40% dei casi mette in evidenza una patologia (lesioni infiammatorie, polipi o carcinomi). Perché la colonscopia è preferibile al clisma opaco? I motivi sono i seguenti: 1) il clisma a doppio contrasto presenta un 20-40% di falsi positivi; 2) la colonscopia consente atti terapeutici (polipectomia; emostasi di lesioni sanguinanti); 3) la colonscopia deve necessariamente seguire un clisma opaco che ha rivelato lesioni da biopsiare. In caso di negatività dell’esame colonscopico e di persistenza della perdita ematica è necessario procedere nell’esplorazione del tratto digestivo superiore e, in seconda istanza, allo studio del piccolo intestino. Melena intermittente. La presenza di una melena intermittente pone l’indicazione ad un’esofagogastro-duodenoscopia ed in caso di negatività per lesioni si procederà alla colonscopia. Qualora l’esplorazione del colon risultasse negativa si dovrà decidere, prima di intraprendere uno studio del tenue, se ripetere gastroscopia e colonscopia. La necessità di ripetere tali indagini è legata al fatto che nel 30% circa dei casi la lesione responsabile del sanguinamento può non essere rilevata alla prima esplorazione. Quindi, o si è certi che l’iniziale esplorazione sia stata condotta in modo accurato e da personale esperto, o altrimenti le indagini dovranno essere ripetute. L’attuale orientamento è quello di ripetere la colonscopia (al momento della ripresa del sanguinamento) da altro operatore e procedere successivamente, in caso di conferma di negatività per lesioni coliche, ad una nuova gastroscopia. In mancanza di patologie emorragiche diventa allora indispensabile indagare il piccolo intestino. 8 Lo studio del tenue può essere effettuato con enteroscopia push o con enteroscopia con capsula (Videocapsula). L’enteroscopia push, eseguita con endoscopio di 250cm, pur non permettendo l’esplorazione completa del piccolo intestino (mediamente consente l’esplorazione oltre il Treitz per circa 50-150cm) ha una resa diagnostica del 38-75%, mentre l’enteroscopia con capsula consente l’esplorazione completa del piccolo intestino senza alcuna invasività e senza rischi con una resa diagnostica che può raggiungere l’80%. Lavori recenti di confronto fra enteroscopia push ed enteroscopia con videocapsula assegnano a quest’ultima una resa diagnostica nettamente superiore nella ricerca dei sanguinamenti oscuri. L’enteroscopia push può comunque trovare indicazioni in un eventuale tempo terapeutico (emostasi di lesioni dopo il Treitz). In considerazione, però, della scarsa esperienza internazionale nel settore non c’è ancora comune accordo sull’iter da seguire dopo la negatività dell’esplorazione del tratto digestivo superiore ed inferiore. Nel nostro protocollo, comunque, preferiamo eseguire l’enteroscopia push prima della videocapsula. In tale modo l’enteroscopia ci consente una seconda esplorazione del tratto digestivo superiore (evitando la seconda gastroscopia) e permette l’individuazione e il trattamento immediato delle lesioni emorragiche subito dopo il Treitz (sede più frequente di lesioni emorragiche del piccolo intestino). L’iter diagnostico della ricerca di un sanguinamento cronico, qualora tutte le indagini precedenti risultassero negative, dovrà concludersi con la T.A.C. del piccolo intestino in quanto, nella nostra esperienza, tre neoformazioni (1 adenocarcinoma e 2 tumori stromali) non sono stati rilevati dalla videocapsula. L’atto diagnostico finale, ovviamente tenendo conto delle condizioni cliniche del paziente, è costituito dalla chirurgia con eventuale enteroscopia intraoperatoria. Ematochezia di modesta entità. L’emissione cronica intermittente di piccole quantità di sangue rosso vivo dal retto rappresenta la forma più comune di sanguinamento digestivo inferiore. L’anamnesi è indicativa nel porre una diagnosi di sospetto. Le emorroidi comportano l’emissione indolore di un una scarsa quantità di sangue sulla carta igienica o nell’acqua della toilette, mentre il sanguinamento delle ragadi si associa ad un forte dolore, durante e dopo la defecazione. La valutazione diagnostica di tali pazienti si basa sull’ispezione anale, nell’esplorazione digitale del retto e nello studio con rettosigmoidoscopia flessibile. Da non dimenticare, nell’uso di quest’ultima indagine, la retroflessione dello strumento nell’ampolla rettale per una più completa ed ottimale osservazione della giunzione ano-rettale. In caso di negatività di questa prima condotta diagnostica si procederà, persistendo il sintomo, all’esplorazione completa del colon. La pancolonscopia dovrà, invece, essere immediatamente presa in considerazione nei soggetti sopra i 45 anni con sanguinamento di breve durata e con l’emissione di sangue mista alle feci. Tali elementi sono suggestivi di una patologia più grave che nel 7-10% dei casi è rappresentata da una neoplasia colorettale. 9 ALGORITMO DIAGNOSTICO NEL PAZIENTE CON EPISODI SALTUARI DI MELENA ALGORITMO DIAGNOSTICO NEL PAZIENTE CON SANGUINAMENTO ACUTO SEVERO 10 FONTI BIBLIOGRAFICHE - Gostout C. Acute lower gastrointestinal bleeding. In: Brand J, ed. Clinical practice of gastroenterology. Edinburgh: Churchill Livingstone. 1997. - Jensen D, Machicado G, Jutabba R, et al, Urgent colonoscopy for the diagnosis and treatment of severe diverticular hemorrhage. N Engl J Med 2000; 342: 78-82. - Yousufi M, Sharma Vk, Leighton Ja, Musil D, Mcwane T, Fleischer De. Video Capsule Endoscopy (VCE) for Obscure Gastrointestinal Bleeding (OGB) and Iron Deficency Anemia (IDA). 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Editore GPAnet S.r.l. - Milano • Direttore Responsabile Luigi Zanaria • Direzione - Redazione amministrativa Via Agudio, 2 - 20154 Milano • Progetto grafico e fotolito GPAnet S.r.l. - Milano Registrazione presso Tribunale di Milano n. 609 del 19/9/2000 Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fotocopiata o riprodotta senza l’autorizzazione dell’editore 11 pantopan A02BC02 pantoprazolo Dep. Min. Sal. 19/6/2003 ZR203PA0017