Nella mente del DA: cosa hanno da dirci le neuroscienze
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Nella mente del DA: cosa hanno da dirci le neuroscienze
Nella mente del DA: cosa hanno da dirci le neuroscienze A cura di Flavio Bonfà Unità DCA Sert Val d’Arda e Val Tidone Ospedale di Cortemaggiore AUSL di Piacenza San Vito al Tagliamento 13 novembre 2009 Gli strumenti. Le neuroscienze cercano i collegamenti tra cervello e mente con strumenti sempre più potenti: sperano che le neuroscienze possano fare per le scienze della mente ciò che la biologia molecolare ha fatto per la biologia. Le conoscenze. L’accumulo di conoscenze è stato enorme: mediatori, modulatori, fattori di crescita… Ma come combinare tutte queste conoscenze in un unico quadro di riferimento? Le spiegazioni. Al momento, non esiste una concezione unitaria della vita mentale nè un principio esplicativo unico. Le neuroscienze hanno bisogno di ipotesi psicologiche integrative. Il cervello può essere inteso come un organo devoluto ad intraprendere azioni efficaci. Damasio, Le Doux, Panksepp, Llinas, Davidson hanno evidenziato che le creature viventi più o meno automaticamente rispondono al flusso di informazioni sensoriali con una attivazione ormonale e neuronale stabile che dà luogo ad un pattern d’azione coerente: comportamenti prevedibili che possono essere elicitati in risposta specifiche classi di imput. In condizioni di normalità le capacità esecutive e simboliche della cortex prefrontale possono modificare questi schemi fissi d’azione grazie alla capacità di osservarli, conoscerli e prevederli inibendo, modulando e organizzando questi schemi fissi d’azione. Questo consente agli umani di preservare le relazioni con gli altri essere umani da cui così profondamente dipendono per significato, compagnia, affermazione, protezione e connessione al punto di parlare di Cervello sociale (Cozolino, 2006). Joseph LeDoux Il processamento sottocorticale anticipa quello corticale rispetto alla percezione degli stimoli “Il cervello emotivo: alle radici delle emozioni”(LeDoux, 1998) Questa modalità di processamento permette (anche in chiave evoluzionistica) uno scanning rapido e impreciso di qualità emozionale dello stimolo, per trasferire successivamente l’informazione alle strutture corticali incaricate di tradurre il treno di stimolazioni in fatti di coscienza Schemi fissi di azione Il cervello è organizzato dal basso verso l’alto, muovendo dall’azione all’emozione al pensiero I bambini mangiano bevono dormono ridono giocano, gesticolano e si muovono evacuano fino a quando qualcosa va male. Allora strillano e piangono e così segnalano il loro stress: e chiamano all’azione qualcuno che comprenda cosa non va e che ristabilisca l’omeostasi Quando sviluppano la cortex prefrontale che consente loro di valutare gli stati interni e di eseguire le azioni necessarie per ripristinare l’omeostasi allora sviluppano il decentramento (Piaget) “avere emozioni e non esserle” Schemi fissi di azione Le persone intraprendono automaticamente un’azione dopo l’altra per risolvere un problema fino a quando le cose non funzionano la frustrazione attiva un’emozione, un segnale che qualcosa non va, facendoci sentire frustrati, infuriati, scoraggiati, disgustati, collerici, disperati o sconfitti le emozioni ci spingono a cambiare il corso delle nostre azioni o a coinvolgere altri per aiutarci (oppure possiamo tentare di scacciarle, abbandonarle e fronteggiarle) Julian Thayer Lo scopo principale dell’organismo (sano o malato) non è il mantenimento dell’omeostasi, ma affrontare le richieste di un ambiente (interno o esterno) in continua evoluzione. La capacità di selezionare la risposta corretta – e di inibire la risposta inappropriata Ciò che fa unici gli umani è la loro flessibilità La flessibilità è il risultato della proprietà della neocortex di integrare una ampia varietà di differenti pezzi di informazioni, di attribuire significato sia agli stimoli in ingresso che alle urgenze interne (tendenze, valore) ed applicare il pensiero logico per calcolare l’effetto di lungo termine delle loro azioni. Ciò permette di trovare nuove modalità di occuparsi delle informazioni e di modificare le risposte imparando dall’esperienza La mente razionale mentre è abile ad organizzare sentimenti ed impulsi non sembra ben equipaggiata per abolire emozioni, pensieri ed impulsi. Intense emozioni spostano i flussi ematici cerebrali nelle regioni sottocorticali con significativa riduzione dei flussi in varie aree dei lobi frontali. Ciò spiega la difficoltà di organizzare risposte comportamentali modulate in corso di emozioni intense. Il significato emozionale a sua volta determina la risposta in termini di azione. Bull, Panksepp Damasio et al. hanno dimostrato che ogni particolare stato emozionale attiva automaticamente distinte tendenze all’azione . Il pensiero come azione sperimentale Un cervello umano ben sviluppato e funzionante consente di anticipare le conseguenze delle azioni da noi contemplate: questo determina tutta la differenza tra cacciarsi nei guai o raggiungere il successo Quando il cervello emozionale è troppo intensivamente attivato-spaventato, le persone si rendono accecate dall’ansia e perdono lucidità Il ruolo dell’SNC nel generare azioni è il seguente: l’anticipazione avviene attraverso la formazione di immagini sensomotorie basate su udito, visione, tatto. Queste contestualizzano il mondo esterno e permettono la comparazione con le mappe interne: la comparazione tra mondi interni ed esterni dà luogo ad azioni appropriate: un movimento è realizzato. Gli umani esperiscono una combinazione di sensazioni ed una urgenza per l’attivazione fisica come una sensazione fisica o un’emozione. Il trauma Immobilizzazione vs intraprendere un azione Ciò che rende una situazione traumatica è l’impossibilità di una via di uscita e il sentimento di essere senza aiuto (helplessness) anche fisicamente. Il trauma può quindi essere concettualizzato come l’esito del fallimento della naturale, fisiologica attivazione (l’attivazione emozionale e secrezione ormonale) ad organizzare una efficace risposta alla minaccia (attacco o fuga) Nell’animale da esperimento sottoposto a tortura senza via d’uscita si produce immobilizzazione L’impossibilità di attacco o fuga provoca l’immobilizzazione per attivazione del nucleo laterale dell’amigdala con il grigio periacqueduttale Neurobiologia del trauma iperattivazione catecolaminergica e serotoninergica: funzionamento alterato della cortex prefrontale. Persistendo: modificazioni del volume cerebrale. Se lo stress cronicizza: comparsa di sistemi compensatori (incremento di glucocorticoidi, cortisolo e attivazione parasimpatica) che tendono a “spegnere“ l’iperattivazione rendendo il soggetto più analgesizzato e distaccato rispetto alla ripetizione del trauma. Ciò rende più vulnerabili alla dissociazione. l’ipercortisolemia è neurotossica ed in particolare si realizzano decrementi del volume dell’ippocampo ove avviene l’integrazione di molteplici forme di memoria. prevalgono modalità di memorizzazione implicità degli eventi traumatici a scapito della memoria autobiografica. I glucocorticoidi hanno un effetto diretto sull’ippocampo. Tale inibizione può portare ad un blocco dei meccanismi della memoria esplicita: il soggetto durante il trauma può concentrare la sua attenzione su aspetti “non traumatici” dell’ambiente che lo circonda o su fantasie per fuggire almeno parzialmente alla situazione La ricerca neuropsicologica e di neuroimaging: soggetti traumatizzati problemi con l’attenzione protratta con la memoria di lavoro che si ripercuote sulla concentrazione nel presente come risultato di una disfunzione dei circuito fronto –sottocorticali. Cosi soggetti traumatizzati dovendo fronteggiare costantemente emozioni travolgenti perdono la capacità di usare normalmente le emozioni come guida per azioni efficaci prospettiva longitudinale dell’abuso Bonner, 2006 pre/adolescenza Bassa autostima Problemi di apprendimento-cognitivi Difficile Sviluppo sociale, isolamento Disturbi del sonno Fuga da casa Comportamento aggressivo Difficoltà ad empatizzare Ab Trascur psicologico Ab fisico Ab sex prospettiva longitudinale dell’abuso Bonner, 2006 Adolescenza Depressione Gesti suicidari o tentativi di suicidio Comportamento antisociale, delinquenza Uso di droga e alcool Comportamento sex frequente e promiscuo Disturbi alimentari Ab Trascura Ab psicologico tezza fisico Ab sex Van der Kolk, McFarlane e Weisaeth, 1996 gli effetti a lungo termine dei traumi comprendono effetti da ipereattività generalizzata e difficoltà nella sua modulazione (aggressioni contro se stessi e gli altri, incapacità di modulare gli impulsi sessuali e problemi nelle relazioni sociali con dipendenza e isolamento), Effetti da alterazione dei processi neurobiologici nella discriminazione degli stimoli (problemi di concentrazione e attenzione, dissociazione, somatizzazione), da risposte condizionate dalla paura a stimoli associati al trauma, da proposizioni semanticamente frammentate (perdita di fiducia, speranza e capacità di agire, perdita del pensiero come azione sperimentale) e da evitamento sociale. Conseguenze sul cervello dell’adulto: evidenze empiriche Diversi studi di neuroimaging hanno rivelato una diminuzione del volume dell’ippocampo Dati preliminari indicano una minor integrazione tra emisfero dx e sinistro (connessioni con i meccanismi scissionali?) rispetto a soggetti sani Persistente iperreattività del SNA e dell’asse HPA con maggior liberazione di ACTH in condizioni di stress rispetto ai controlli sani Gli SSRI stimolerebbero la neurogenesi nell’ippocampo migliorando la memoria dichiarativa Stati della mente sopraffatti dalla tensione e dall’angoscia, stati di intorpidimento, evocazione e intrusione di ricordi dolorosi Attivazione relazionale o ambientale di stati della mente non regolati, non regolabili o dissociati Richiedono strategie di riduzione della tensione che possono utilizzare il registro comportamentale attraverso l’uso di droghe, autolesività, alimentazione incontrollata, binging e purging, gambling e altri disturbi del controllo degli impulsi. Questi comportamenti sono efficaci a dare momentaneamente sollievo e pur generando vergogna, colpa e disgusto consentono di padroneggiare in parte la tensione (Briere, 1992) Implicazioni per la terapia Descrivendo situazioni traumatiche in contesti terapeutici di terapia verbale, è facile che il pz attivi memorie implicite, sensazioni fisiche connesse al trauma, iper o ipoarousal, che evocano emozioni di helplessness, paura vergogna rabbia. Conseguentemente cerca sostegno e dipendenza nel terapeuta per i sentimenti travolgenti di ansia e di inefficacia che prova: occorre invece che impari a fronteggiare i propri livelli di arousal per superare la passività e la dipendenza I trattamenti devono quindi basarsi su: Creare un ambiente sicuro e prevedibile migliorare la capacità di enterocezione, per imparare a gestire sensazioni e emozioni imparare a modulare l’arousal migliorare l’efficacia personale: sostituire la sensazione di impotenza con l’utilità di impegnarsi in azioni efficaci. (van der Kolk, 2006) Molteplici funzioni della cortex prefrontale mediale (ACC, OFC, MPFC, VPFC) La cortex prefrontale è cruciale per la capacità di introspezione,il giudizio, i meccanismi decisionali, l’abilità di inibire risposte prepotenti ma inappropriate, la pianificazione e organizzazione del il futuro Regolare le emozioni, provare empatia, teoria della mente La maturazione neurobiologica di questo sistema avviene durante l’adolescenza Più precisamente…(Siegel, 2007) Regolazione corporea con modulazione delle risposte del SNA Comunicazione sintonizzata In profonda Equilibrio emotivo correlazione con Flessibilità di risposta le modalità di Empatia attaccamento Insight Modulazione della paura Intuizione Moralità Il ruolo della cortex orbito frontale Dx Non è attiva alla nascita, il sistema inizia a maturare alla fine del 1°anno in stretto rapporto all’esperienze di attaccamento. Detiene le redini dell’attività: Sociale-emozionale (inclusa la regolazione delle emozioni) Autoconsapevolezza Senso di sé, unico,coerente unitario Comprensione empatica degli altri Agisce quindi ai più alti livelli di controllo del comportamento specie in rapporto alle emozioni Il ruolo della cortex orbito frontale 2 Agisce per controllo inibitorio sulle strutture sottocorticali coinvolta nell’autoregolazione e nella ricognizione delle espressioni facciali, piacevoli e connesse a gratificazioni sociali: l’immagine visiva del volto materno sorridente connesso a emozioni positive così come le capacità regolatorie materne sono inscritte nei circuiti della cortex prefrontale E’ quindi responsiva delle stimolazioni sociali esterne ma tramite le connessioni sottocorticali processa le informazioni dal sistema limbico-amigdalacongolato-insula-ipotalamo regola – per via inibitoria – le risposte simpatiche e parasimpatiche associate alle esperienze emozionali Conclusioni sul sistema OF Il sistema OF, su cui si inscrivono i modelli di attaccamento ricevuto, è quindi fondamentale nella modulazione emozionale dell’esperienza, gioca un ruolo predominante nell’adattamento e nella correzione delle risposte emotive = regolazione degli affetti Le sue funzioni sono in gioco nei contesti di incertezza, nei momenti di stress emozionale, nelle strategie comportamentali in situazioni di novità o ambiguità Agisce come meccanismo superiore di efficiente regolazione di durata-frequenza-intensità degli stati affettivi negativi e positivi Nei Disturbi dell’Alimentazione… Spinte motorie e sensoriali, pensieri intrusivi, fame, preoccupazione per le forme del corpo e per il peso sono comuni sia in soggetti sani che malati Nei soggetti sani una adeguata capacità di autoregolazione tiene queste spinte e pensieri sotto controllo grazie ad una adeguata funzionalità dei sistemi fronto-striatali, nelle persone con disturbi questa attività inibitoria è compromessa Tourrette, DOC, Binge, AN, BN Le ossessione nell’OCD le preoccupazioni e la paura di prendere peso nei DA eliciteranno i comportamenti compensatori che caratterizzano la clinica Disturbi di autoregolazione nella BN (Marsh et al., 2009) fMRI evidenzia alterazioni dei circuiti frontostriatali che contribuiscono ai deficit di autoregolazione comportamentale per slatentizzazione di componenti impulsive (rapid response) per slatentizzazione di componenti impulsive (reward) Disturbi di autoregolazione nella AN (Marsh et al., 2009) Il rigido controllo sull’alimentazione suggerisce alterazione nell’autoregolazione: eccessivo nei quadri restrittivi con perdita di controllo nei quadri binge-purging Tuttavia vi è difficoltà a controllare la preoccupazione eccessiva per la magrezza, come per l’OCD i sintomi dell’AN possono rappresentare un fallimento nel regolare e/o shiftare risorse attentive dall’intrusione di pensieri ossessivi che sostengono la restrizione e i comportamenti ritualistici Riduzione del volume del cingolato anteriore, ridotto afflusso ematico evidenziato dalla SPECT, alterazioni dei recettori postsinaptici 5HT1A e 5HT2A sempre nel cingolato anteriore profondamente coinvolto nell’autoregolazione fMRI evidenziano deficit nella processazione degli stimoli edonici (sistema ricompensa, vie dopaminergiche) Neural Correlates of Impaired Cognitive-Behavioral Flexibility in Anorexia Nervosa Zastrow A. et al. Am J Psychiatry 2009; 166:608-616 Studio su funzioni esecutive in pz AN e controlli sani sottoposti a fMRI per valutare la flessibilità di risposte cognitive e comportamentali al compito assegnato Pz AN si rivelano meno flessibili nelle loro strategie cognitive e comportamentali e questo aspetto si correla a disfunzioni del circuito fronto-striato-talamico, snodo fondamentale dei processi motivazionali, emotivi e incentivi e processi cognitivi per ottenere specifici obbiettivi Predomina l’attivazione fronto parietale che segnala un costante sforzo di supervisione cognitiva durante la performance ( poco correlata al risultato) Dalla neurobiologia alla psicoterapia I circuiti del cervello sociale risentono dello stile di accudimento e delle prime esperienze ricevute conservano una certa plasticità per tutta la vita e relazioni intime possono rimodellare pattern relazionali disfuzionali La terapia si realizza se si instaura fiducia in grado di sollecitare attaccamento e cooperazione e quindi guarigione I livelli di attivazione devono essere moderati per massimizzare la sintesi proteica che caratterizza la neuroplaticità L’attivazione dei circuiti sia affettivi che cognitivi permette ai sistemi frontali di riassociare e ri-regolare i diversi circuiti neurali che organizzano pensieri e affetti La costruzione di nuove narrative crea un linguaggio che si evolve con l’esperienza e che può modificare l’immagine di sé, aiutare la regolazione affettiva e servire da guida per un comportamento positivo Meccanismi biologici Neurotrasmettitori, ormoni, stress, relazioni sociali apprendimento influenzano la funzione della trascrizione genica, modulando l’espressione genetica L’azione biologica della psicoterapia e della riabilitazione ( e più in generale di ogni apprendimento significativo coerente e protratto) risiedono nell’attivazione dell’espressione genica stimolazioni neuronali coerenti e protratte (come nuovi apprendimenti) vengono consolidate e memorizzate attraverso la sintesi di sostanze neurotrofiche (BDNF) da parte del neurone che danno luogo a sintesi dendritica, sviluppo e rafforzamento delle sinapsi e modificazione e ampliamento di reti neuronali La psicoterapia permette di potenziare i circuiti e le funzioni inibitorie cortico-sottocorticali, specie sull’amigadala e sulle emozioni ad essa connesse (paura, rabbia, ansia), estendendo le capacità regolatorie prefrontali L’uso del linguaggio, il modello di relazione con il terapeuta e l’autoriflessione permettendo il potenziamento inibitorio e regolatorio consentono anche di depotenziare precedenti pattern di attivazione neurale a favore di nuovi (potenziamento hebbiano) Usare mezzi molteplici per influenzare il cervello Sostenere e includere nel lavoro terapeutico anche le esperienze (apparentemente) non cliniche ma in grado di incrementare i processi neuroplastici (relazione intime, esercizio, attività spirituale, cura di animali domestici ecc.) Tenere conto delle conoscenze neuroscientifiche: ridurre i livelli di attivazione con farmaci, rilassamento, cambiamento stile di vita, escludere droghe ecc Informare sul funzionamento del cervello e incoraggiare un atteggiamento ottimismo in rapporto alla continua plasticità Centralità della relazione terapeutica per un cambiamento positivo, indipendentemente dall’orientamento teorico. risonanza, sintonizzazione, aspetti empatici sono dispositivi terapeutici essenziali