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Dio ama i poveri
Vivere la Parola - Preghiera e discernimento / n. 10 Dio ama i poveri Dio ama i poveri Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era si è fatto povero per voi, affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. Dicembre 2013 2Corinti 8,9 Aesse Comunicazione [email protected] ASSOCIAZIONI CRISTIANE LAVORATORI ITALIANI Dio ama i poveri Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era si è fatto povero per voi, affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. 2Corinti 8,9 Copertina: Ho avuto sete e mi avete dato da bere - Chiesa di tutti i Santi di Ljubljana - Slovenia - Autore del mosaico: padre Marko I. Rupnik e Atelier del Centro Aletti DIO AMA I POVERI Nota metodologica Gli incontri che proponiamo posso essere vissuti in un clima di preghiera e discernimento, oppure come un incontro di formazione del gruppo. Il clima di preghiera e di discernimento richiede dei gesti che aiutano ad essere consapevoli di essere alla presenza del Signore. Possono essere il segno della croce, un canto religioso, una invocazione allo Spirito Santo, una preghiera adatta all’occasione. Questi gesti è opportuno che siano posti all’inizio e alla fine dell’incontro, per caratterizzarlo come preghiera e discernimento. Si può poi proseguire con la lettura del brano della Scrittura posto all’inizio della scheda che si vuole approfondire, seguito da un momento di silenzio per fare proprio ciò che si è ascoltato. Segue l’approfondimento del tema utilizzando quanto proposto nel sussidio o utilizzando parole proprie che aiutino a comprendere la Scrittura. C’è poi un momento di confronto tra i partecipanti che può avere differenti caratterizzazioni: confronto sulla vita personale, confronto sull’agire associativo, discernimento spirituale e scelte verificabili, anche piccole, che possono introdurre dei cambiamenti nella vita personale, nella comunità cristiana di appartenenza, nella vita associativa, nella vita civile. È opportuno redigere un resoconto dell’incontro, per fare memoria di quanto si è vissuto insieme, per condividerlo con altri, per comunicarlo ad altri livelli associativi (provinciale, regionale, nazionale), per poterlo riprendere in vista di una verifica a fine percorso. 3 Hanno collaborato alla realizzazione del sussidio p. Elio Dalla Zuanna, incaricato nazionale CEI per la vita cristiana nelle Acli; Stefano Tassinari, Vice Presidente nazionale Acli; Marco Bonarini della Vita cristiana; Pino Gulia, Responsabile servizio immigrazione Patronato Acli; Scilla Ambrosi della Vita cristiana. DIO AMA I POVERI Presentazione I poveri sono il segno concreto della presenza di Cristo, così ci ricorda lo spirito del Concilio, di cui nel corso di quest’anno celebriamo il 55° della sua indizione. Dobbiamo allora avvicinarci ai poveri non solo in maniera “sociale”, ma dobbiamo essere consapevoli che il povero ci rivolge un appello cristologico, perché nel povero si manifesta Cristo. Quando intercettiamo sui nostri passi il povero, noi incontriamo Cristo stesso. Non vogliamo idealizzare il povero, o invocare il pauperismo, ma dobbiamo sapere che Cristo è venuto per annunciare a lui la buona novella, per ridare a lui la dignità che merita. Ci permettiamo di citare, qui, uno per tutti, Benedetto XVI, sempre frettolosamente liquidato dai media come avversario della teologia della liberazione e che invece ad Aparecida nel corso della IV Assemblea dei vescovi latino americani così si esprimeva: «La chiesa è avvocata della giustizia e dei poveri, precisamente perché non si identifica coi politici né con gli interessi di partito. Solo essendo indipendente può insegnare i grandi criteri ed i valori inderogabili, orientare le coscienze ed offrire un’opzione di vita che va oltre l’ambito politico. Formare le coscienze, essere avvocata della giustizia e della verità, educare alle virtù individuali e politiche, è la vocazione fondamentale della chiesa in questo settore. Ed i laici cattolici devono essere coscienti delle loro responsabilità nella vita pubblica; devono essere presenti nella formazione dei consensi necessari e nell’opposizione contro le ingiustizie». Inoltre dal Concilio, ci giunge l’indicazione cardine che la chiesa è per il mondo, vale a dire, per la sua salvezza e per la salvezza del suo futuro, ciò passa, oggi più che mai, per l’impegno per i poveri e con i poveri. Ma ciò domanda anche una serie di scelte coerenti e consequenziali. Ad esempio, partendo da una scelta di essenzialità nell’impostare la propria vita, nell’imparare a fraternizzare con gli altri, nel darsi ai più bisognosi, che ciascuno troverà intorno a sé se davvero li cerca. Solo così si dà spessore e concretezza all’amore, a quel comandamento che costituisce la perenne novità del Vangelo e di ogni evangelizzazione: caritas Christi urget nos. Di certo pare essere giunto il tempo, nel quale l’immensa compassione che il corpo ecclesiale sa esprimere, di proclamare ad alta voce, che un’economia speculativa e puramente finanziaria è, secondo la tradizione della chiesa, un’au- 5 DIO AMA I POVERI tentica usura e, dunque, immorale. Ognuno deve farsi voce per proclamare davanti ad ogni istituzione il dovere di ripartire in maniera equa tra l’intera famiglia umana i beni che Dio affida a tutti noi attraverso il creato e l’ingegno umano, perché la terra è di Dio. Ci auguriamo che il presente strumento sia fruibile e solleciti l’interessamento e aiuti all’approfondimento del dettato evangelico e alle aperture che esso domanda, qui trattate con inevitabile essenzialità, ma certi che esse possono incoraggiare il confronto con quanto e sempre più fa parte del vivere quotidiano per un credente, che fiducioso attende la venuta del Regno. Un grazie a tutti coloro che hanno contribuito alla stesura di questo strumento, che vuole inserirsi nel percorso delineato nel recente incontro di Cortona e nel programma nazionale per i prossimi anni, con il quale poter abitare la storia consapevoli che siamo tutti dei “poveri mendicanti”. 6 P. Elio Dalla Zuanna Incaricato nazionale Cei per la vita cristiana nelle Acli Stefano Tassinari Vice Presidente nazionale Acli Responsabile Vita cristiana DIO AMA I POVERI 1. Dio sceglie di essere povero Genesi 1,26-2,4 Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra”. Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde”. E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. PER RIFLETTERE SUL TEMA Dio crea il cosmo e l’uomo con tutta la sua potenza. Egli mette ordine nel caos primordiale (Gen 1) oppure crea dal nulla (2Mac 7,28). In ogni caso la creazione è manifestazione della sua onnipotenza e del suo amore per le creature. Ma che cosa è la povertà e in che senso si può parlare della povertà di Dio? La povertà è una condizione di scarsezza, penuria, insufficienza. L’etimologia latina dice: povero è colui che genera poco. Di Dio si può dire che è povero, in particolare della sua onnipotenza, quando egli 7 DIO AMA I POVERI sceglie liberamente di limitarsi per fare spazio alla sua creatura, realizzando una relazione di amore gratuito con essa. 8 Nel giorno di sabato (Shabbat), il settimo, il Signore si riposa, astenendosi dal continuare ad esercitare la propria onnipotenza. Egli ha portato a compimento la creazione: ha creato l’uomo e gli ha affidato la sovranità sul cosmo, benedicendolo (Gen 1,28). Il dire bene di una persona significa che essa compie il bene, in senso più ampio: trasmette e si prende cura della vita propria e altrui. Dio affida all’uomo la capacità di trasmettere la vita e di prendersene cura e questo perché l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza del suo creatore (Gen 1,27). La relazione tra Dio e l’uomo è asimmetrica: Dio è il creatore e l’uomo la creatura. Dio è capace di dare la vita all’uomo, l’uomo non è capace di darsi la vita: sulla sua origine non ha potere. Questo è il limite dell’uomo, limite strutturale. Dio si relaziona con l’uomo con tutto il suo amore, ma anche non occupando tutto lo spazio della storia, perché l’amore è far vivere e far crescere l’altro. Il Signore sceglie la via dell’elezione di qualcuno affinché gli si faccia compagno per realizzare il bene di tutti: da Abramo a Mosè, da Davide ai profeti, fino a Gesù e a coloro che lui ha scelto, per giungere ai santi e a tutti gli uomini e a tutte le donne che ne accolgono la parola di vita. Il Signore, con l’aiuto di coloro che sceglie, accompagna pazientemente il cammino dell’umanità a diventare pienamente capace di un amore libero e gratuito. Il Signore ci sta educando all’esercizio vero della libertà e per questo si relaziona con noi in modo libero e gratuito. Gli uomini che egli sceglie non sono i migliori secondo l’apparenza, ma sono scelti perché Dio conosce il loro cuore, come dice il Signore al profeta Samuele che deve scegliere Davide e ungerlo re (cfr. 1Sam 16,7). Non sempre l’eletto è capace di realizzare quanto il Signore gli chiede, come avvenne a Saul. Altri protestano anche vivacemente dichiarando la loro povertà: Mosè non si ritiene capace di parlare (Es 4,10), Isaia si considera impuro (Is 6,5), Geremia pensa di essere troppo giovane per avere parole credibili (Ger 1,6). Dio ha tuttavia fiducia in questi uomini e li sostiene nella missione che ha loro affidato, si fa carico della loro povertà e non dispiega tutta la sua potenza, ma si fa compagno del loro cammino per aiutarli a superare le difficoltà chiedendo fede/fiducia in lui. Dio si fa povero, potremmo dire, per non schiacciare l’uomo con la sua potenza. DIO AMA I POVERI Dio si fa povero per condividere la povertà dell’uomo e, con pazienza, per farlo diventare ricco di amore per i fratelli, proprio come lui. In ascolto dei Padri Clemente d’Alessandria - C’è salvezza per il ricco (27) Il Maestro dunque, quando gli fu chiesto quale fosse il più grande dei comandamenti, rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutta la tua anima e con tutte le tue forze», dicendo che non c’è nessun altro comandamento maggiore di questo. Ed è senz’altro giusto che sia così, perché questo comandamento è stato dato circa l’Essere primo e sommo, cioè Dio stesso nostro Padre, per mezzo del quale hanno avuto origine ed esistono tutte le cose e al quale torneranno tutte le cose che si salveranno. Ora, poiché Egli ci ha amato per primo e da lui abbiamo ricevuto la nostra esistenza, è cosa empia che noi consideriamo qualcos’altro come più vulnerabile e più prezioso di lui; ed è giusto che gli paghiamo quest’unico atto di riconoscenza. È ben piccola cosa in cambio di beni sommi, ma noi non abbiamo nient’altro, proprio niente, che possiamo ritenere degno di dare in contraccambio a Dio: che egli è perfetto e nulla gli manca. Ma solo amando il Padre con tutte le nostre forze e le nostre possibilità noi conseguiremo l’incorruttibilità. Giacché quanto più uno ama Dio tanto più egli si avvicina a Dio. Per il confronto Cosa proviamo di fronte alla onnipotenza e alla povertà di Dio? Ci sentiamo salvati dalla povertà di Dio? Viviamo ad immagine e somiglianza di un Dio che si fa povero? 9 DIO AMA I POVERI PREGHIERA Noi ti ringraziamo, Dio onnipotente, che ti sei fatto povero per farci vivere del tuo amore. Anche se a volte vorremmo che tu usassi la tua potenza per arginare il male del mondo, non vorremmo che tu la usassi verso di noi, perché saremmo annientati a causa del nostro peccato. Facci vivere della tua povertà e del tuo amore, consapevoli della tua pazienza nei confronti di ciascuno. Amen. 10 DIO AMA I POVERI 2. Dio e i poveri Isaia 61,1-3 Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, per dare agli afflitti di Sion una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto. Essi si chiameranno querce di giustizia, piantagione del Signore, per manifestare la sua gloria. PER RIFLETTERE SUL TEMA Dio ha cura di tutti gli uomini, ma in particolare dei poveri. Dopo aver creato l’uomo in vista di una vita piena, egli si preoccupa di quanti non riescono a vivere nella pienezza della vita. In particolare la povertà causata dall’ingiustizia degli uomini è motivo per lui di scandalo e per questo ha mandato i profeti per aiutare il proprio popolo a rimanere fedele all’alleanza stipulata con lui e alle leggi che regolano la convivenza comune. Il povero è uno scacco per il Signore poiché ha pensato la creazione come risorsa sufficiente affinché tutti possano godere in pienezza della vita. La presenza dei poveri in mezzo al popolo del Signore è segno della mancanza di giustizia e della fraternità. Qualcuno ha pervertito la convivenza a proprio esclusivo favore, togliendo al povero quello che gli spetta per poter vivere con dignità la propria vita. 11 DIO AMA I POVERI 12 Il decalogo si conclude con un divieto che riguarda l’educazione del proprio desiderio: «Non desidererai la moglie del tuo prossimo. Non bramerai la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo» (Dt 5,21). È infatti la paura di non avere ciò che serve per vivere che spinge il desiderio dell’uomo ad appropriarsi di ciò che è necessario alla vita del fratello con una bramosia che giunge a voler inglobare per sé tutti i beni della terra. Il Signore invece ha creato l’uomo e gli ha dato ciò che gli serve per vivere (Gen 1,29: «Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo”»). Dio vuole che gli uomini vivano secondo giustizia e invita ciascuno a prendersi cura dei poveri. Egli cerca la collaborazione degli uomini affinché il suo progetto di vita possa giungere a compimento. In particolare è compito di chi governa, del re e dei suoi collaboratori, di fare in modo che la giustizia sia praticata e realizzata nella vita del popolo del Signore. Israele è stato scelto come esempio per tutti gli altri popoli, chiamati anche loro a vivere secondo giustizia. Quando questo non è avvenuto, il Signore ha mandato i profeti ad ammonire il suo popolo a motivo dell’infedeltà all’alleanza per aiutarlo a riprendere il giusto cammino di fraternità. Il fatto che la predicazione profetica abbia avuto sempre al centro la questione dei poveri, mostra come sia difficile realizzare una società giusta. Infine è il Signore stesso che si prenderà cura dei poveri se nessun uomo lo farà. Egli non lascia indifese le sue creature e se nessuno vuole o riesce a prendersene cura, egli stesso interverrà nella storia affinché i poveri, che gridano al Signore la loro fatica di vivere, non siano delusi nella loro speranza, ma continuino ad avere fiducia nel Signore che li libererà dall’ingiustizia. Il messia, che Isaia descrive nel brano scelto, è colui che porta il lieto annuncio ai poveri. Sarà lui stesso che realizzerà la giustizia: fascerà i cuori feriti, proclamerà la liberazione, darà inizio all’anno di grazia (il Giubileo) per consolare gli afflitti. Gesù, identificato come messia, si comporta come Dio, poiché compie le sue stesse opere in favore dei poveri. DIO AMA I POVERI In ascolto dei Padri San Gregorio di Nissa - Omelia prima sull’amore dei poveri Come i giudici di gara della vanità che proclamano al suono della tromba la loro generosità e annunciano la spartizione dei premi a tutti i concorrenti, la beneficenza convoca tutti coloro che sono in difficoltà e nel bisogno non per assegnare a loro la ricompensa delle ferite, ma per arrecare un sostegno alle angosce. È questa, più sublime di ogni lodevole azione, commensale di Dio, amica del bene e che ha ogni appropriazione con lui. Così prima di tutto opere buone e di tenerezza nei confronti degli uomini: il fondamento della terra, il cielo armonioso, il ritmo delle stagioni, la dolcezza del sole, la fredda purezza dei ghiacciai, in una parola tutte le cose, non le ha create per se stesso - non ne aveva bisogno! - ma le ha fatte esternamente perché ci ama. Come un agricoltore invisibile, procura il nutrimento agli uomini e irriga la terra nella buona stagione. Egli, infatti, secondo Isaia (55,10), dà la semente al seminatore e l’acqua dalle nubi; talvolta lascia cadere una pioggia leggera, talaltra inonda i solchi con violenti rovesci. Appena il grano ha germogliato e diventa frumento, dissipa le nubi del cielo e diffonde il sole che mette a nudo i suoi raggi, riscalda e infiamma la spiga perché sia pronta per la mietitura. Fa maturare anche la vite e a suo tempo procura la bevanda all’assetato. Ingrassa per noi i vari tipi di greggi per procurare agli uomini carne abbondante e le pelli di alcune forniscono lana per assicurare protezione e quelle di altre per confezionare sandali. Vedi. Come Dio per primo ha amato la beneficenza, così lui nutre l’affamato, dà da bere all’assetato, veste chi è nudo, […] Dio che per primo ha mostrato i suoi benefici, ha provveduto alle nostre necessità con munificenza e con bontà. Noi, invece, che da ogni lettera della Bibbia siamo istruiti a emulare il nostro Signore e Creatore - per quanto un mortale possa pretendere di imitare il Beato e l’Eterno -, accaparriamo tutto per il nostro godimento personale, sia che spendiamo la nostra fortuna in piaceri, sia che la capitalizziamo per i nostri eredi. Non abbiamo cura di coloro che sono colpiti da disgrazie; nessun pensiero per gli afflitti. Implacabile proposito! 13 DIO AMA I POVERI Per il confronto Cosa proviamo di fronte alla scelta preferenziale di Dio per i poveri? È vero che così si realizza la giustizia di Dio? Questa verità ci aiuta a vincere le nostre paure e a vivere più liberi il nostro agire? PREGHIERA Ti ringraziamo Signore, che ami i poveri, perché noi siamo poveri uomini e donne che a fatica vivono e partecipano alla storia dell’umanità. Vorremmo condividere questa nostra povertà, ma ne abbiamo vergogna e vogliamo nasconderla. Aiutaci a diventare veri fratelli e sorelle, per realizzare il tuo desiderio di una umanità solidale. Amen. 14 DIO AMA I POVERI 3. Le leggi per i poveri Deuteronomio 24,10-22 Quando presterai qualsiasi cosa al tuo prossimo, non entrerai in casa sua per prendere il suo pegno. Te ne starai fuori e l’uomo a cui avrai fatto il prestito ti porterà fuori il pegno. Se quell’uomo è povero, non andrai a dormire con il suo pegno. Dovrai assolutamente restituirgli il pegno al tramonto del sole, perché egli possa dormire con il suo mantello e benedirti. Questo ti sarà contato come un atto di giustizia agli occhi del Signore, tuo Dio. Non defrauderai il salariato povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno dei forestieri che stanno nella tua terra, nelle tue città. Gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e a quello aspira. Così egli non griderà contro di te al Signore e tu non sarai in peccato. Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, né si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri. Ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato. Non lederai il diritto dello straniero e dell’orfano e non prenderai in pegno la veste della vedova. Ricòrdati che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha liberato il Signore, tuo Dio; perciò ti comando di fare questo. Quando, facendo la mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenticato qualche mannello, non tornerai indietro a prenderlo. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova, perché il Signore, tuo Dio, ti benedica in ogni lavoro delle tue mani. Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornare a ripassare i rami. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto; perciò ti comando di fare questo. PER RIFLETTERE SUL TEMA La legge riguarda quegli ambiti della vita della comunità che necessitano di una regolamentazione comune dei comportamenti: spiega come si fa un contratto, come ci si sposa, come ci si relaziona in caso di controversia, di danno, di ingiustizia, ecc. 15 DIO AMA I POVERI La legislazione di Israele è particolarmente attenta ai poveri e a coloro che per qualche ragione sono ai margini della società e non hanno chi li difenda. L’orfano, la vedova e lo straniero, diventano le figure del povero, oltre al povero stesso, colui che non ha i mezzi di sussistenza propria (la terra) e deve lavorare per qualcun altro o addirittura non ha più neanche un lavoro e deve andare a mendicare per poter vivere (il misero). Il povero non deve essere trattato come una persona che non ha diritti, poiché è sempre un fratello e ha la sua dignità di persona. La mancanza di mezzi economici o una diminuzione fisica non fanno venire meno il suo diritto ad una vita dignitosa. Per questo motivo Dio propone agli ebrei di agire in modo da non calpestare la dignità del povero. Dio li invita a uno stile di vita, che eccede la giustizia retributiva, per assumere la vera giustizia, che consiste nel promuovere la vita piena di ciascuno. 16 Questa è la volontà di Dio che si esemplifica nelle leggi del brano e che ha come giustificazione il fatto che Israele è stato schiavo in Egitto. La memoria di questo evento dovrebbe aiutare a non riprodurre gli atteggiamenti del faraone egiziano nei confronti degli ebrei. Inoltre la memoria di come il Signore abbia liberato Israele dalla schiavitù dell’Egitto e di come il faraone sia morto nel mar Rosso inseguendo Israele, dovrebbe aiutare gli ebrei a sapere che Dio interviene in favore dei poveri. Tra i tanti testi che illustrano questo comportamento di Dio, scegliamo la preghiera di Anna, sterile, che quando le nasce un figlio così parla del Signore: «il Signore è un Dio che sa tutto e da lui sono ponderate le azioni. L’arco dei forti s’è spezzato, ma i deboli si sono rivestiti di vigore. I sazi si sono venduti per un pane, hanno smesso di farlo gli affamati. La sterile ha partorito sette volte e la ricca di figli è sfiorita. Il Signore fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire. Il Signore rende povero e arricchisce, abbassa ed esalta. Solleva dalla polvere il debole, dall’immondizia rialza il povero, per farli sedere con i nobili e assegnare loro un trono di gloria. Perché al Signore appartengono i cardini della terra e su di essi egli poggia il mondo» (1Sam 2,3b-8). Un’altra legge significativa è quella che riguarda gli anni sabbatici e il giubileo (Lev 25 e paralleli). Il principio di fondo adottato è quello di ristabilire le condizioni ini- DIO AMA I POVERI ziali di parità quando queste vengono alterate per cause naturali (carestia, siccità, cavallette, guerre) o a motivo dell’ingiustizia (latifondismo, ecc.) praticata da coloro che si approfittano delle condizioni di precarietà di vita dei fratelli caduti in povertà. Il riposo della terra nel settimo anno, ad esempio, serve a distribuire i frutti della terra a chi non possiede la terra (Lev 25,1-7). Il Giubileo ha la funzione di ridare a chi ha perso la terra un appezzamento per sé e la propria famiglia, così che non debba più andare a servizio dal fratello o essere addirittura ridotto in schiavitù (Lev 25,8-55). Il fratello caduto in povertà deve invece essere sostenuto come lo straniero o un ospite: «Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria ed è inadempiente verso di te, sostienilo come un forestiero o un ospite, perché possa vivere presso di te. Non prendere da lui interessi né utili, ma temi il tuo Dio e fa’ vivere il tuo fratello presso di te» (Lev 25,35-36). Questo per sottolineare che tutti hanno diritto a una vita degna. Lo scopo è quello di far vivere il fratello presso di sé. Egli è necessario perché la mia vita possa dirsi degna di questo nome. Se il mio fratello muore, anche io muoio, almeno un poco. E se muore, anche solo per mia omissione, allora è tutto il corpo sociale che rimane ferito e che dovrà essere guarito ristabilendo la giustizia. In ascolto dei Padri Gregorio di Nazianzo - L’amore per i poveri (6) Apriamo il cuore a tutti i poveri, che per qualsiasi motivo soffrano sciagure, in conformità al comandamento di gioire con chi gioisce e di piangere con chi piange (cfr. Rm 12,15). In quanto uomini paghiamo agli uomini il tributo della benignità, sia che abbiano bisogno a causa della vedovanza o per la loro condizione di orfani, perché esiliati dalla patria o per la crudeltà dei loro padroni o per la prepotenza di chi comanda o per l’esosità degli esattori, o per la sanguinaria crudeltà di assassini, per confisca o per naufragio: infatti, tutti sono ugualmente degni di compassione e guardano alle nostre mani allo stesso modo con cui noi guardiamo a quelle di Dio quando abbiamo bisogno di qualche cosa; e quanti fra loro soffrono dopo aver esperimentato la prosperità sono degni di compassione più di coloro che sono abituati alle calamità. 17 DIO AMA I POVERI Per il confronto Le leggi per i poveri vissute dal popolo ebraico, ci sono di aiuto o di ostacolo per legiferare oggi a favore dei poveri? Le nostre leggi sono così attente al diritto dei poveri? Ci educano alla condivisione? PREGHIERA Ti ringraziamo Signore per il dono della tua legge. Essa ci aiuta a vivere la relazione con i fratelli e le sorelle in modo giusto, allarga il nostro cuore e lo libera dalle paure della solidarietà. Il tuo Spirito ci sostenga nella conversione del cuore e nel condividere con tutti gli uomini di buona volontà il desiderio di una convivenza civile che si faccia carico dei poveri. Amen. 18 DIO AMA I POVERI 4. Ricchi e poveri Geremia 22,13-17 Guai a chi costruisce la sua casa senza giustizia e i suoi piani superiori senza equità, fa lavorare il prossimo per niente, senza dargli il salario, e dice: “Mi costruirò una casa grande con vasti saloni ai piani superiori”, e vi apre finestre e la riveste di tavolati di cedro e la dipinge di rosso. Pensi di essere un re, perché ostenti passione per il cedro? Forse tuo padre non mangiava e beveva? Ma egli praticava il diritto e la giustizia e tutto andava bene, tutelava la causa del povero e del misero e tutto andava bene; non è questo che significa conoscermi? Oracolo del Signore. Invece i tuoi occhi e il tuo cuore non badano che al tuo interesse, a spargere sangue innocente, a commettere violenze e angherie. PER RIFLETTERE SUL TEMA La Scrittura ci presenta almeno due tipologie di ricchi e due tipologie di poveri. Ad esempio la ricchezza può essere giusta o ingiusta. La ricchezza giusta è quella che proviene dal proprio lavoro e dall’essere fedeli all’alleanza. Ne sono un esempio paradigmatico i patriarchi di Israele, in particolare Abramo. Egli è ricco di bestiame e questo è considerato frutto del suo lavoro e della benedizione del Signore. Inoltre egli è ritenuto giusto a causa della sua fe- 19 DIO AMA I POVERI de («Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia» Gen 15,6). Anche di Giobbe si propone un ritratto simile, infatti nella disputa con i suoi amici a proposito di Dio si dice che Giobbe ha parlato in modo retto al contrario dei suoi interlocutori (cfr. Gb 42,8) e anche per questo viene reintegrato nei suoi beni in maniera spropositata («il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo passato» (Gb 42,12). 20 C’è poi una ricchezza frutto dell’ingiustizia e dell’oppressione dei poveri. Esempio emblematico è la vicenda della vigna di Nabot (cfr. 1Re 21). Il re Acab vuole aggiungere un orto al proprio palazzo e invita Nabot a cedergli il suo terreno in cambio di uno migliore. Nabot si rifiuta, perché quella è la terra ricevuta in eredità dai suoi padri. Il re si sdegna per questo rifiuto e sua moglie Gezabele fa uccidere Nabot, organizzando un falso processo. Il profeta Elia accusa Acab del male compiuto e il re si pente; la punizione a lui destinata si riverserà sui figli. I profeti useranno parole sferzanti contro questo tipo di ricchezza, così diffuso allora come oggi. Infatti l’indigenza non è solo una questione economica che riguarda l’accumulo ingiusto, frutto di una ingordigia di beni smodata e smisurata, ma è soprattutto il venire meno della solidarietà all’interno del popolo nei confronti dei poveri e degli indifesi, come abbiamo visto nelle schede precedenti. La brama di accumulare ricchezze in modo ingiusto rivela la paura della morte. Infatti l’accumulo ingiusto prima di tutto manifesta la mancanza di fiducia nella bontà e sufficienza dei frutti della creazione, che sono dono del Signore, destinato a tutti gli uomini. Inoltre la ricchezza diventa una polizza sulla vita, inducendo a ritenere che con il denaro, simbolo di ogni ricchezza, si possa comprare anche la vita. Ma è proprio la vita che non ha un prezzo in quanto dono del Signore. D’altro canto, la povertà può essere generata da cause naturali o sociali, oppure essere scelta in modo libero come stile di vita. La povertà, in particolare per un agricoltore del Medio Oriente Antico, poteva essere imputata a cause naturali, quali siccità, inondazioni, cavallette. In questo caso l’uomo non poteva fare nulla, se non riprendere il proprio lavoro dopo la catastrofe, oppure andare a servizio di qualcuno per poter vivere. Se invece la povertà è causata dall’ingiustizia di altri uomini, quello che il Signo- DIO AMA I POVERI re richiede è di porre fine a tale ingiustizia, ristabilendo la giustizia. Questo chiedono i profeti a Israele, soprattutto quando il male dilaga all’interno del popolo. Ad esempio Isaia scrive: «Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me […] Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova […] Perché, mentre attendevo che (la mia vigna) producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? […] Guai a voi che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio e così restate soli ad abitare nella terra» (Is 1,2.1617; 5,4b.8). Infatti l’ingiustizia porta alla solitudine e alla mancanza di solidarietà nei confronti dei fratelli. La povertà scelta è invece un frutto maturo della rivelazione. Se nell’Antico Testamento la sobrietà accolta come condizione di vita è una possibilità, essa matura definitivamente nel Nuovo Testamento come imitazione di Cristo povero. 21 In ascolto dei Padri Clemente d’Alessandria - C’è salvezza per il ricco (14) Non bisogna dunque buttare via quelle ricchezze che aiutano anche il prossimo. Si chiamano infatti possessi perché sono possedibili e si chiamano «utili» perché sono utili e perché per l’utilità degli uomini sono state preparate da Dio e sono cose che sono sottoposte a noi e fatte per noi come qualsiasi materia e come strumenti per il retto uso da parte di coloro che li sanno usare. […] Se tu sai farne un retto uso esso ti procura la giustizia; ma se tu ne fai un uso ingiusto, ecco che si rivela ministro d’ingiustizia. Per sua natura infatti è adatta a servire, non a comandare. Non bisogna dunque condannare ciò che di per se stesso non comporta né il bene, né il male e che è del tutto privo di colpa, ma quell’elemento che può fare un buon e un cattivo uso delle cose e che a seconda della scelta che ne fa ne diventa responsabile e causa. E questo elemento è la mente dell’uomo, la quale ha in sé la libertà di giudi- DIO AMA I POVERI zio e la libera scelta dell’uso delle cose date; cosicché non si preferisca rigettare le ricchezze piuttosto che le passioni dell’animo che non permettono l’uso migliore dei beni posseduti, affinché, divenuti perfetti, si possa fare buon uso anche di questi possessi. Pertanto il rinunziare a tutto ciò che si ha e il vendere tutto ciò che si possiede va inteso in questo modo, come se si dicesse: liberatevi dalle passioni dell’animo. Per il confronto Sappiamo discernere i vari tipi di ricchi e di poveri? Abbiamo i giusti atteggiamenti nei loro confronti? Le politiche associative sono coerenti con la rivelazione biblica? PREGHIERA 22 Noi ti ringraziamo, Signore, perché ami tutti gli uomini: i poveri perché hanno bisogno di aiuto, i ricchi perché aprano il loro cuore e non si chiudano in false sicurezze. In qualunque condizione siamo aiutaci a vivere secondo giustizia, sperando sempre nella tua misericordia per la nostra povera umanità, consapevoli che tutto viene da te e che siamo chiamati a condividere i doni ricevuti per diventare veri uomini e vere donne. Amen. DIO AMA I POVERI 5. Gesù povero Luca 9,58 Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo. Matteo 11,29 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime. 2Corinti 8,9 Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. 23 PER RIFLETTERE SUL TEMA Di quale povertà di Gesù possiamo parlare, essendo lui la pienezza e il compimento dell’uomo e di Dio? Gesù è figlio di un artigiano, Giuseppe, che viveva e manteneva la famiglia con il proprio lavoro. Giuseppe non era certamente un uomo ricco, ma non era nemmeno misero. A Nazaret, Gesù ha vissuto del proprio lavoro e ha conosciuto cosa vuol dire vivere senza accumulare ricchezze. Nella sua missione di predicazione del regno di Dio, Gesù ha scelto di vivere in maniera itinerante, da qui il detto sul Figlio dell’uomo che non ha dove posare il capo. Senza una dimora fissa dove potersi ritirare, Gesù è sempre stato ospite di qualcuno, assieme ai suoi discepoli. Vedremo più avanti come Gesù proponga ai suoi discepoli di adottare mezzi sobri per l’attuazione della loro missione. Gesù viveva come povero, ma c’erano delle donne che si preoccupavano di sostenerlo con i loro beni nella sua predicazione: «C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, DIO AMA I POVERI 24 amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni» (Lc 8,1-3). Inoltre Gesù è «mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Lui stesso si propone come re mite nel suo ingresso a Gerusalemme prima della sua passione, morte e resurrezione: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina» (Mt 21,5). La povertà di Gesù è di carattere più spirituale che materiale, egli infatti sceglie sempre la via umile per avvicinarsi alle persone: non la via della potenza, ma dell’amore; non la via della forza e della costrizione, ma la via dell’invito ad un uso buono della propria libertà. Gesù ha autorità, ma non la usa per dominare, bensì per convincere: è l’autorità dell’amore per l’uomo che gli viene dal suo essere in comunione con il Padre e con il suo disegno sull’uomo. Quando Paolo vuole coinvolgere le sue comunità nella colletta per i poveri di Gerusalemme, come motivazione propone quella che scaturisce dalla meditazione della vicenda di Gesù (2Cor 8,9). Gesù «pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio» (Fil 2,6). Gesù, ricco della sua divinità, si è fatto povero per essere vicino all’uomo peccatore, così da riportarlo alla sua origine di creatura generata a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26). Gesù ha accettato di incarnarsi e di sperimentare fino alla morte la povertà esistenziale dell’uomo: («non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato», Eb 4,15), per poterla assumere nella sua resurrezione e, in questo modo, liberarlo dal peccato e dalla morte. Infine occorre sottolineare come Gesù si sia identificato con i poveri. Nella prefigurazione del giudizio finale, Gesù afferma che ciò che è stato fatto oppure no nei confronti dei poveri, è stato fatto a lui («tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me […] tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me» (cfr. Mt 25,31-46). DIO AMA I POVERI In ascolto dei Padri Sant’Agostino - Sermone 36 Gesù «è diventato povero, pur essendo ricco»: ha preso su di sé la povertà e non ha perso le ricchezze. Interiormente ricco, esteriormente povero. Mentre si nasconde come Dio nelle ricchezze, appare come uomo nella povertà. Vedi le sue ricchezze: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio: egli era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui» (Gv 1,1-3). Chi è più ricco di colui per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose? Il ricco può avere l’oro, non può creare. Quand’anche gli fossero date in custodia queste ricchezze, vedi la sua povertà: «E il Verbo si fece carne e abitò in mezzo a noi» (Gv 1,14). Veniamo arricchiti con questa sua povertà: perché con il suo sangue che è colato dalla sua carne e perché il Verbo si è fatto carne per abitare in mezzo a noi, è stato fatto a pezzi il sacco dei nostri peccati. Mediante il suo sangue abbiamo gettato via gli stracci dell’iniquità per rivestire la stola dell’immortalità. Per il confronto Cosa proviamo di fronte alla povertà di Gesù: la accogliamo o la rifiutiamo, ci spaventa o ci converte? Sappiamo convertirci dalle nostre ricchezze per diventare poveri come Gesù? La nostra associazione vive la povertà come una risorsa per la sua azione sociale? PREGHIERA Ti ringraziamo Gesù, che ti sei fatto povero per condividere la nostra esperienza umana. Hai preso su di te il nostro peccato e la nostra violenza, per renderla inoffensiva nella tua morte e così liberarci da esso. Lo Spirito che ci hai donato ci sostenga per diventare tuoi fedeli discepoli, consapevoli della povertà che viviamo e riconoscenti per la salvezza ricevuta. Amen. 25 DIO AMA I POVERI 6. La beatitudine della povertà Matteo 5,3-12 26 Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi. PER RIFLETTERE SUL TEMA Beati i poveri non per la loro condizione di povertà, ma perché il Signore è loro vicino. Questo è il senso di questa beatitudine, sia che la si consideri come Matteo «in spirito» e dunque riferita al cuore dell’uomo, o come Luca («Beati, voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio», Lc 6,20), in senso più materiale e forse più vicino all’intenzione di Gesù. Il regno di Dio è la presenza salvifica di Dio nella storia dell’umanità e si è manifestato nella sua pienezza nella vita di Gesù. Esso è sempre presente nella storia DIO AMA I POVERI con Gesù risorto, mediante lo Spirito Santo che guida la fede degli uomini alla comunione con Gesù. Il regno di Dio è una presenza di vita che vince la morte, nella modalità del mistero pasquale. Gesù passa attraverso la morte con la fiducia che il Padre della vita gli darà la vita anche oltre la morte. In questo modo si sottrae alla paura della morte e al potere sull’uomo che nasce proprio dalla paura di morire e di non avere più vita oltre la morte. Affrontando la morte come ha fatto, Gesù l’ha sconfitta e ha vinto, mostrando che chi ha fiducia nel Signore della vita verrà soddisfatto. Questa presenza salvifica, il regno di Dio, appartiene ai poveri: è la speranza di vita che viene loro donata dal Padre in Gesù Cristo mediante lo Spirito. I poveri sono beati, felici, perché il Signore non si dimentica di loro, ma si fa vicino a ciascuno di essi in Gesù e nei suoi discepoli che, come lui, vogliono prendersi cura dei poveri. Gesù utilizza in modo paradossale la beatitudine. Nell’Antico Testamento, soprattutto negli scritti sapienziale e in particolare nei Salmi, essa aveva come oggetto comportamenti e situazioni positive: l’uomo giusto e fedele al Signore (per esempio Sal 1,1; 2,12; 31,2; 39,5; 64,5 118,2). Gesù invece dichiara beati quelli che a prima vista non sono considerati tali dall’opinione comune, invitando tutti a entrare nella novità del regno di Dio che si rende presente in lui stesso. In ascolto dei Padri Cromazio di Aquileia - Sermone 5 Poveri in spirito sono coloro che non si gonfiano per nulla con la superbia del diavolo e con il fermento della malizia, ma con fede custodiscono l’umiltà dello spirito. Certamente sono poveri in spirito, perché si difendono dalle ricchezze del mondo, dalla cupidigia del secolo, da qualsiasi preoccupazione terrena. Il Signore dimostra che essi sono beati quando dice: «Beati i poveri in spirito, perché vostro è il regno dei cieli». Sembrano poveri agli occhi del mondo, ma sono ricchi per Dio. Non hanno beni di fortuna terreni, ma hanno la beatitudine del cielo; non godono delle ricchezze del mondo, ma ricevono la ricchezza del regno celeste e i tesori dell’immortalità eterna. 27 DIO AMA I POVERI Per il confronto Sappiamo essere vicini ai poveri dando loro speranza come fa Dio? Osiamo farci compagni di Dio per stare con lui vicino ai poveri? Ci sentiamo poveri così da accogliere il regno di Dio che è destinato a noi? PREGHIERA 28 Ti ringraziamo Signore, che ci rendi beati con la tua presenza e per il dono del tuo regno. Siamo consapevoli del nostro peccato e delle nostre ingiustizie che non aiutano i poveri che vivono intorno a noi. Aiutaci, con il tuo Spirito, a convertire i nostri cuori di pietra, ad aprire le nostre orecchie al grido dei poveri, a condividere la nostra vita con la loro, come tu hai fatto con noi. Amen. DIO AMA I POVERI 7. Povertà per la missione Marco 6,7-13 Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: “Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro”. Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano. PER RIFLETTERE SUL TEMA L’invio in missione dei Dodici fa parte della loro formazione. Essi devono comprendere come agisce Gesù, compiendo le sue stesse opere ma senza la sua presenza. Gesù richiede loro questa esperienza in vista della sua assenza dopo la resurrezione, quando i discepoli dovranno agire nel suo nome da soli. È una educazione della loro libertà alla sequela di Gesù. Come Gesù ha deciso di non operare da solo, così manda i discepoli in coppia affinché non debbano affrontare la missione da soli, ma possano aiutarsi e sostenersi vicendevolmente di fronte alle incomprensioni, opposizioni, sconfitte e delusioni. Gesù trasmette ai Dodici il potere sugli spiriti impuri, li abilita a liberare gli uomini e le donne da tutto ciò che è contrario alla vita e che divide l’uomo in se stesso. Essi hanno il potere, liberando dagli spiriti impuri, di unificare la vita di ciascuno intorno alla fede in Gesù che salva dal peccato e dalla morte. La povertà di mezzi è poi fondamentale per la missione. I discepoli devono essere e sentirsi accolti da coloro presso i quali vanno a predicare il regno di Dio. Se si portassero dietro da mangiare o del denaro per comprarlo, potrebbero non avere fiducia nell’accoglienza della loro predicazione. Si comporterebbero sempre come stranieri e non come ospiti accolti con benevolenza in quanto portatori della buona notizia della presenza del regno di Dio. La povertà di mezzi indica la fiducia nella buona novella da annunciare. 29 DIO AMA I POVERI 30 Infatti, nel caso questa non venga accolta, non c’è modo di rimanere in un posto, non si avrebbero i mezzi (cibo e denaro) per poterlo fare. Altri, altrove, potrebbero invece accogliere il regno di Dio e dunque non è necessario intestardirsi a rimanere in un posto. Si può tranquillamente andare altrove, sapendo che si sta facendo un’esperienza che non esprime la totalità della missione di annunciare il regno di Dio, missione che troverà il suo compimento nel mistero pasquale a Gerusalemme. Gesù chiederà conto ai suoi di come è andata questa esperienza (Mc 6,30-33). Essi cercano un luogo in disparte per poter riposare un poco dalla pressione della folla, ma non riescono a trovarlo. Il racconto evangelico prosegue poi con la moltiplicazione dei pani e dei pesci: con poco Gesù sfama una grande folla. Ritorna quindi il tema della povertà dei mezzi che non impedisce il successo della missione, anzi lo favorisce. Nella povertà dei mezzi si evidenzia la potenza della parola evangelica. I poveri riconoscono meglio che la salvezza viene da Dio e non dalla forza dei beni o del denaro, che rischiano così di diventare un ostacolo alla semplicità e alla sobrietà dell’evangelo. In ascolto dei Padri San Giovanni Crisostomo - Omelia 63 sul vangelo di Matteo In che modo diventerà possibile ciò? Rinunciando ai tuoi beni, spogliandoti dei tuoi denari, rinnegando la passione perversa. Cristo parlò così per farti comprendere che tutto questo non è esclusivamente opera di Dio e per farti vedere la difficoltà dell’impresa. Ascolta dunque quello che segue. Avendo dichiarato Pietro: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» e domandò: «Che cosa ne otterremo? » (Mt 19,27), egli per precisare la ricompensa, aggiunge: «Chiunque ha lasciato campi o fratelli o sorelle o padre o madre, riceverà il centuplo nel secolo presente e la vita eterna» (Mc 19, 29). Ecco in che modo l’impossibile diventa possibile. Si dirà: Ma in che modo arrivare ad abbandonare proprio tutto? In che modo è possibile, per chi è immerso nella passione del denaro, venirne a galla? Cominciando a privarsi di quello che possiede e a eliminare il superfluo. Così procederà più avanti e correrà più spedito in seguito. Non pretendere dunque di raggiungere tutto DIO AMA I POVERI di colpo, ma adagio, gradualmente sali su per questa scala che ti conduce al cielo, se ti sembra difficile fare tutto in una volta sola. Per il confronto Siamo fiduciosi della forza del vangelo di Gesù? Come comunità cristiana sappiamo vivere del necessario e affidarci all’ospitalità altrui? Ci affidiamo alla parola di Gesù e all’esempio di Gesù o pensiamo di saperne più di lui? PREGHIERA Ti ringraziamo, Signore, per i consigli che ci dai per annunciare il Vangelo. Tu conosci la povertà e la grandezza del cuore degli uomini, sia dei missionari che di coloro che ricevono il Vangelo, perché ne hai fatto esperienza quando hai annunciato il regno di Dio. Il tuo Spirito ci aiuti a discernere il necessario dal superfluo, ciò che aiuta e ciò che impedisce la corsa della tua Parola nel mondo. Amen. 31 DIO AMA I POVERI 8. Paolo e i poveri 2Corinti 8,1-15 32 Vogliamo rendervi nota, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiese della Macedonia, perché, nella grande prova della tribolazione, la loro gioia sovrabbondante e la loro estrema povertà hanno sovrabbondato nella ricchezza della loro generosità. Posso testimoniare infatti che hanno dato secondo i loro mezzi e anche al di là dei loro mezzi, spontaneamente, domandandoci con molta insistenza la grazia di prendere parte a questo servizio a vantaggio dei santi. Superando anzi le nostre stesse speranze, si sono offerti prima di tutto al Signore e poi a noi, secondo la volontà di Dio; cosicché abbiamo pregato Tito che, come l’aveva cominciata, così portasse a compimento fra voi quest’opera generosa. E come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Non dico questo per darvi un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. E a questo riguardo vi do un consiglio: si tratta di cosa vantaggiosa per voi, che fin dallo scorso anno siete stati i primi, non solo a intraprenderla ma anche a volerla. Ora dunque realizzatela perché, come vi fu la prontezza del volere, così vi sia anche il compimento, secondo i vostri mezzi. Se infatti c’è la buona volontà, essa riesce gradita secondo quello che uno possiede e non secondo quello che non possiede. Non si tratta infatti di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza e vi sia uguaglianza, come sta scritto: Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno. DIO AMA I POVERI PER RIFLETTERE SUL TEMA La chiesa di Gerusalemme, non sappiamo per quale motivo, si trova in difficoltà economiche. Forse l’emarginazione dei suoi membri dalla vita sociale a causa della loro fede in Gesù, forse la condivisione dei beni ha portato all’indigenza di tutti. In ogni caso Paolo, che si trova in missione in Asia minore e in Grecia, sente forte il legame con la chiesa madre di Gerusalemme, lui che ha vissuto a Gerusalemme prima di convertirsi a Cristo sulla via di Damasco. Scrive una seconda volta ai Corinti per sollecitarli nella raccolta di soldi a favore dei cristiani di Gerusalemme. Nella 1Corinti (16,1-4) aveva dato delle indicazioni su come fare la raccolta: «Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi metta da parte ciò che è riuscito a risparmiare» e su chi sarebbe dovuto andare a Gerusalemme per consegnarla a quella comunità. Paolo sollecita i Corinti ad essere generosi e porta come esempio le chiese della Macedonia che, pur essendo povere e tribolate, non hanno lesinato il loro contributo generoso. Tanto più Paolo chiede aiuto ai Corinti, che riconosce essere una comunità ricca di doni dello Spirito: fede, parola, conoscenza, zelo e carità. È per mettere alla prova la sincerità del loro amore, che Paolo ha coinvolto i Corinti in questa prova di solidarietà. Lo scopo della colletta è quello di favorire l’uguaglianza (v. 13), in uno scambio reciproco tra beni materiali e beni spirituali. Come infatti la chiesa madre di Gerusalemme ha portato l’evangelo fino a loro, tramite Paolo e altri, facendoli partecipare alla ricchezza che viene dalla fede in Gesù, così le chiese figlie hanno la possibilità di sdebitarsi per questo dono spirituale aiutando con i loro beni i poveri della chiesa madre. Paolo sottolinea inoltre questa uguaglianza nello scambio citando un passo dell’Esodo (Es 16,18) che riguarda la raccolta della manna. Proseguendo nell’esortazione, Paolo fa presente che il dare deve essere fatto nella gioia, gratuitamente e non per costrizione: «Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia» (2Cor 9,7), riprendendo l’insegnamento di un salmo (Sal 112,9) che si riferisce all’uomo che teme il Signore: «ha largheggiato, ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno» (2Cor 9,9). 33 DIO AMA I POVERI Paolo aveva preso posizione, nella lettera precedente, a riguardo del modo in cui la cena del Signore si svolgeva a Corinto dove, pur prendendo il pasto insieme, non si condivideva quello che si portava, «così uno ha fame, l’altro è ubriaco» (1Cor 11,21) e aveva domandato in modo ironico: «Volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente?» (1Cor 11,22). Ecco il motivo di fondo della sua presa di posizione: non si può umiliare chi non ha niente, ostentando la propria ricchezza. Per questo l’apostolo riprende il racconto dell’eucarestia, sottolineando come Gesù abbia condiviso il pane e il vino, simboli della sua vita, per la salvezza di tutti. Infatti è nella condivisione che si opera la solidarietà che porta a tutti la vita: coloro che ricevono hanno di che vivere, coloro che danno, invece, si fanno portatori di vita. 34 In ascolto dei Padri Sant’Ambrogio - La storia di Nabot e Jzreel (53) Torna a tuo vantaggio tutto ciò che dedicherai al bisognoso: crescerà per tutto ciò che diminuirai; nutrirai te stesso con quel cibo che avrai dato al povero, perché chi ha misericordia del povero nutre se stesso e il frutto è già in queste cose. La misericordia viene seminata sulla terra e germoglia nel cielo; viene piantata nel povero e si sviluppa presso Dio. «Non dire, dice Dio, ti darò domani » (Prv 3,28). Colui che non sopporta che tu dica: «Ti darò domani», in che modo sopporta che tu dica: Non darò? Al povero non dai del tuo, ma gli restituisci del suo. Infatti, ciò che è stato dato in uso a tutti, te lo appropri solo per te. La terra è di tutti, non dei ricchi; però coloro che ne possono usufruire sono molto meno di coloro che ne usufruiscono. Perciò restituisci il dovuto, non distribuisci il non dovuto. Perciò la Scrittura ti dice: «Piega la tua anima al povero e rispondi amichevolmente con mansuetudine» (Sir 4,8). DIO AMA I POVERI Per il confronto Con che cuore condividiamo i beni con i poveri? Oltre ai beni condividiamo anche la vita? Sappiamo che siamo debitori nella fede a chi ci ha aperto questa via, così da essere riconoscenti con ciò che abbiamo, poco o tanto che sia? PREGHIERA Ti ringraziamo, Signore, per l’esempio di Paolo. Egli si è preoccupato della comunità in difficoltà, poiché era consapevole del debito che aveva con essa e ha voluto coinvolgere quanti avevano usufruito del suo ministero evangelico. Facci diventare capaci di solidarietà con le comunità in difficoltà. Amen. 35 DIO AMA I POVERI 9. Giacomo e i poveri Giacomo 2,1-17 36 Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: “Tu siediti qui, comodamente” e al povero dite: “Tu mettiti là, in piedi”, oppure: “Siediti qui ai piedi del mio sgabello”, non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disonorato il povero! Non sono forse i ricchi che vi opprimono e vi trascinano davanti ai tribunali? Non sono loro che bestemmiano il bel nome che è stato invocato sopra di voi? Certo, se adempite quella che, secondo la Scrittura, è la legge regale: Amerai il prossimo tuo come te stesso, fate bene. Ma se fate favoritismi personali, commettete un peccato e siete accusati dalla Legge come trasgressori. Poiché chiunque osservi tutta la Legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto; infatti colui che ha detto: Non commettere adulterio, ha detto anche: Non uccidere. Ora se tu non commetti adulterio, ma uccidi, ti rendi trasgressore della Legge. Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo una legge di libertà, perché il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà avuto misericordia. La misericordia ha sempre la meglio sul giudizio. A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. DIO AMA I POVERI PER RIFLETTERE SUL TEMA Giacomo è preoccupato che non avvengano favoritismi durante le riunioni della comunità, in particolare non vuole che si riverisca il ricco a discapito del povero. Giacomo non vuole infatti che le differenze sociali siano perpetuate nella chiesa dove tutti sono fratelli in Cristo. Egli riprende dunque l’insegnamento che ritiene tradizionale: Dio ha scelto i poveri, che sono ricchi nella fede nel Signore che salva, ed eredi del regno di Dio. Amare il prossimo come se stessi è il giusto comportamento, fare favoritismi invece significa commettere peccato, perché non si compie un atto di giustizia. Infatti fare favoritismi non è scegliere chi ha più bisogno di aiuto, ma chi più facilmente ci può restituire l’aiuto offerto. Si passa dalla gratuità all’interesse, con tutte le conseguenze del caso. Inoltre la gratuità è la legge fondamentale della comunità, mentre l’interessato è ciò che ne mina il fondamento di solidarietà. Giacomo sottolinea l’unitarietà della legge. Non si può infatti scegliere tra comandamento e comandamento, perché sono tutti importanti e solo l’osservanza di tutti insieme è segno di fedeltà alla legge di Dio, che è una legge di libertà. Come dice sant’Agostino: ama e fa ciò che vuoi. Ma occorre amare per poter essere liberi e capaci di giustizia nei confronti di tutti, soprattutto dei poveri che il Signore ama. Quello che Giacomo evidenzia con forza è che alle parole devono seguire i fatti. Non basta infatti dire una buona parola di incoraggiamento a chi manca del necessario per vivere, ma occorre invece condividere con loro ciò di cui hanno bisogno. Altrimenti la fede che si professa diventa una parola vuota e morta. Gesù si è incarnato per assumere la condizione umana e riscattarla dal peccato e dalla morte. Egli ha condiviso la nostra condizione fino alla morte per mostrare l’amore di Dio per l’uomo. Allo stesso modo è chiesto a ciascun cristiano di condividere la vita e i beni con coloro che Dio ama più di tutti: i poveri in ogni senso. L’agire secondo la legge diventa dunque la prova che la fede che si professa in Dio è incarnata nella storia del mondo. La fede e l’agire sono in stretta relazione reciproca. Non ci può infatti essere fede senza le opere e nemmeno le opere senza la fede. 37 DIO AMA I POVERI In ascolto dei Padri San Giovanni Crisostomo - Omelia 34 sulla prima lettera ai Corinzi 6 38 Riportiamo il discorso alla prima questione: se le ricchezze non sono utili, perché sono state create? Che cosa rispondiamo? Le ricchezze ammassate in questo modo non sono utili, mentre sono utilissime quelle che vengono da Dio. Lo potrete apprendere da ciò che producono. Abramo, infatti, possedeva le sue ricchezze a beneficio degli stranieri e dei bisognosi. Quando arrivarono a casa sua tre persone, così egli credeva, uccise un vitello e impastò tre misure di farina; sempre seduto sulla porta a mezzogiorno (cfr. Gen 18,18). Vedi la sua liberalità sempre impegnata a distribuire i suoi beni a tutti; vedilo che paga di persona, con le sue ricchezze e per di più in età avanzata. Era il porto per gli stranieri e per coloro che erano nella necessità, che non possedeva nulla di proprio, neppure suo figlio, che aveva sacrificato per ordine di Dio (cfr. Gen 21, 2.10) e con suo figlio dava se stesso e tutta la sua casa, quando era disposto a privarsi della discendenza. E non lo faceva per lucro, ma per umanità. Quando coloro che aveva assistito gli misero a disposizione la preda, rifiuta tutto, anche un pezzo di stoffa e un legaccio di sandali (cfr Gen 14,21-24). Per il confronto Siamo capaci di azioni concrete o solo di belle parole? Facciamo preferenze o sappiamo comportarci in modo giusto nelle nostre comunità cristiane? Ci facciamo riconoscere dall’amore per i fratelli, specialmente i più poveri? PREGHIERA Ti ringraziamo, Signore, per gli ammonimenti di Giacomo. Il nostro cuore è facile che inclini verso i potenti, ma tu ci richiami a non distrarci dai poveri, che sono sempre con noi e che tu ami. Il tuo Spirito ci guidi e ci sostenga nel cercare di avere un cuore retto e un agire che segua il cuore. Amen. DIO AMA I POVERI 10. Atti degli Apostoli e i poveri Atti degli Apostoli 4,32-5,11 La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa “figlio dell’esortazione”, un levita originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli. Un uomo di nome Anania, con sua moglie Saffìra, vendette un terreno e, tenuta per sé, d’accordo con la moglie, una parte del ricavato, consegnò l’altra parte deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: “Anania, perché Satana ti ha riempito il cuore, cosicché hai mentito allo Spirito Santo e hai trattenuto una parte del ricavato del campo? Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e l’importo della vendita non era forse a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest’azione? Non hai mentito agli uomini, ma a Dio”. All’udire queste parole, Anania cadde a terra e spirò. Un grande timore si diffuse in tutti quelli che ascoltavano. Si alzarono allora i giovani, lo avvolsero, lo portarono fuori e lo seppellirono. Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò sua moglie, ignara dell’accaduto. Pietro le chiese: “Dimmi: è a questo prezzo che avete venduto il campo?”. Ed ella rispose: “Sì, a questo prezzo”. Allora Pietro le disse: “Perché vi siete accordati per mettere alla prova lo Spirito del Signore? Ecco qui alla porta quelli che hanno seppellito tuo marito: porteranno via anche te”. Ella all’istante cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, la trovarono morta, la portarono fuori e la seppellirono accanto a suo marito. Un grande timore si diffuse in tutta la Chiesa e in tutti quelli che venivano a sapere queste cose. 39 DIO AMA I POVERI PER RIFLETTERE SUL TEMA 40 Nella comunità di Gerusalemme si praticava la comunione dei beni come espressione esteriore della conversione al Signore risorto. La tradizione dell’Antico Testamento, che richiedeva che non ci fossero poveri in mezzo al popolo, trova un primo riscontro nella vita della comunità di Gerusalemme. Il fatto che non ci fosse nessuno bisognoso di ciò che è necessario per vivere è indice di una comunità solidale, che realizza con coraggio una delle richieste più esigenti fatte dal Signore: la solidarietà con tutti e soprattutto con i più bisognosi. Il modo con cui si realizza questa realtà esigente è per certi versi semplice e disarmante: chi aveva campi o case li vendeva e rimetteva il ricavato della vendita nelle mani degli apostoli, che provvedevano a ridistribuirlo. Gli apostoli garantiscono che il denaro ricavato non sia utilizzato male, ma con giustizia verso chi più ne ha bisogno. Questo agire presuppone però un cuore libero in chi possiede dei beni. Luca ci presenta due esempi: quello positivo di Giuseppe e quello negativo di Anania e Saffira. Giuseppe compie ciò che il suo cuore gli suggerisce e lo fa con gioia. Il suo comportamento è coerente con l’intenzione condivisa dalla comunità di Gerusalemme. Egli vi acconsente di buon grado. Anania e Saffira, invece, pur compiendo lo stesso gesto, non ne sono convinti fino in fondo e infatti trattengono per sé una parte del ricavato della vendita. Essi non si fidano del fatto che, nel caso in cui dovessero essere bisognosi a loro volta, la comunità li sosterrà, come loro hanno fatto con questo gesto. Scelgono dunque di tenere una sicurezza nascosta, perché non si sa mai cosa potrebbe accadere in futuro. Non si fidano dei loro fratelli. Per timore di una eventuale mancanza di solidarietà futura, essi mentono a Pietro e a Dio, poiché il loro cuore non è ancora pronto a un tale gesto di solidarietà, non si era ancora convertito a tutte le conseguenze dell’essere cristiani. Infatti questo comportamento non è imposto dalla comunità, perché sarebbe una costrizione della libertà, contraria al Signore e al suo vangelo, ma è pensato come conseguenza libera e gratuita di un cuore pienamente convertito all’amore del Signore. Il peccato di Anania e Saffira consiste nel voler apparire buoni come gli altri, invece di vivere con pazienza il loro cammino di conversione. Per loro non era ancora DIO AMA I POVERI giunto il momento di un gesto simile. Per questo muoiono, perché non si sono fidati dell’amore di Dio e dei fratelli, ciò che in effetti fa vivere. In ascolto dei Padri San Basilio di Cesarea - Il ricco stolto (7) «A chi faccio torto - dici - tenendomi quello che è mio?». Rispondimi, che cosa c’è di tuo? Dove l’hai preso per portarlo in questa vita? Come se un tale, andando a teatro volesse poi impedirne l’ingresso agli altri, pretendendo che debba appartenere a lui soltanto quello che è a disposizione di tutti. Così, appunto, fanno i ricchi: si impadroniscono per primi dei beni comuni e poiché li hanno occupati prima li ritengono propri. Se ognuno si prendesse quanto basta alle sue necessità, lasciando il superfluo all’indigente, nessuno sarebbe ricco e nessuno sarebbe povero. Non sei forse uscito nudo dall’utero e non ritornerai nudo alla terra (cfr. Gb 1,21)? I beni che possiedi da dove ti provengono? Se dici dal caso, sei empio, non riconoscendo il creatore e non rendendo grazie al donatore. Se, invece, ammetti che sono da Dio, dimmi perché li hai ricevuti. È forse ingiusto Dio, che ci distribuisce i mezzi di sussistenza in modo disuguale? Perché tu sei ricco e quello è povero? Certamente perché tu potessi ricevere la ricompensa della bontà e della fedele amministrazione e quello potesse conseguire il magnifico premio della pazienza. E tu, mentre vuoi chiudere quell’insaziabile ventre dell’avarizia, ritieni di non far torto a nessuno, privando tanta gente del necessario? Chi è l’avaro? Colui che non si accontenta di ciò che gli basta. Chi è ladro? Chi porta via la roba d’altri. Non sei tu avaro? Non sei ladro, tu che fai diventare tua proprietà ciò che hai ricevuto in amministrazione? Chi spoglia uno che è vestito è detto ladro; e chi, potendolo fare, non riveste chi è nudo meriterà un altro nome? Il pane che tu tieni per te è dell’affamato, il mantello che custodisci nell’armadio è di chi è nudo; i sandali che marciscono presso di te sono dello scalzo; l’argento che hai sotterrato è del bisognoso. Perché tanti sono quelli ai quali fai ingiustizia, quanti quelli che potresti soccorrere. 41 DIO AMA I POVERI Per il confronto Comportandoci a volte come Anania e Saffica, mentendo per farci belli, come mai siamo in vita e non ancora morti? È la pazienza del Signore che sopporta le nostre fatiche a convertirci? Possiamo, sostenuti dalla misericordia di Dio, convertirci dalla menzogna e affidarci alla comunità? PREGHIERA Ti ringraziamo, Signore, per la fermezza di Pietro. Egli svela la menzogna del nostro cuore e ci invita alla pazienza della conversione. Il tuo Spirito ci sostenga nella sincerità e nella verità del nostro agire, affinché alle nostre parole seguano le nostre azioni. Amen. 42 DIO AMA I POVERI 11. La chiesa, immagine di Cristo povero Lumen Gentium 8 «Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la chiesa e chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo « che era di condizione divina [...] spogliò se stesso, prendendo la condizione di schiavo » (Fil 2,6-7) e per noi «da ricco che era si fece povero» (2 Cor 8,9): così anche la chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio, l’umiltà e l’abnegazione. Come Cristo infatti è stato inviato dal Padre «ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quei che hanno il cuore contrito» (Lc 4,18), «a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10), così pure la chiesa circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo. Ma mentre Cristo, «santo, innocente, immacolato» (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr. 2 Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr. Eb 2,17), la chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento». PER RIFLETTERE SUL TEMA Resta ancora provocante l’espressione conciliare “chiesa dei poveri” di Giovanni XXIII nel 1962 nell’imminenza del Concilio, a cui seguirono prese di posizione di altri pastori. «La povertà dei più (due terzi del genere umano) è oltraggiata dalle immense ricchezze di una minoranza» (card.Lercaro). «Il mondo di oggi è una macchina per fabbricare i poveri» (il vescovo Ancel). «Il furore inascoltato dei poveri», come ebbe a dire Olivier Clément, oggi, si è imposto drammaticamente a tutti e interroga particolarmente i cristiani e le chiese, sacramento di salvezza e di liberazione per ogni uomo. Cristo povero esprime l’esigenza e insieme il fascino di povertà della chiesa affermata dai documenti conciliari. Una chiesa non solo per i po- 43 DIO AMA I POVERI 44 veri, ma “dei poveri”, costituita «in modo che i poveri si sentano a casa loro, non solo come oggetto della carità dei fedeli, ma soggetto essi stessi, protagonisti attivi nella vita della Chiesa». Povertà-umiltà, in antitesi ad ogni forma di potere e di dominio, sono le espressioni che improvvisamente si sono ridestate con l’arrivo di papa Francesco. Il magistero dei suoi gesti ci parla della condivisione dell’abbassamento di Gesù, il suo “svuotamento” per stare vicino all’ultimo escluso. Scrive il vescovo Bettazzi, uno degli ultimi padri conciliari: «Credo che questa kenosi di Gesù, questo “svuotare”, questo “mettere tra parentesi” che il Verbo ha fatto sia della sua divinità nel “farsi carne” (letteralmente nel mettere la sua tenda fra le nostre), sia poi di ogni qualifica di superiorità nel condividere la vita e le miserie di ogni essere umano, anche dei delinquenti più squalificati, costituisca l’identificazione della povertà per il cristiano e per la chiesa” (L.Bettazzi, La Chiesa dei poveri nel Concilio e oggi, Pazzini Editore). Da qui saper pure cogliere e vigilare, sul pericolo di una “mondanità spirituale” tesa a mettere al centro se stessi, già denunciata da Gesù e che vedeva tra i farisei nel “voi che date gloria a voi stessi, gli uni agli altri”. In ascolto «Non hai rivolto la tua brama al cibo delle anime per mio onore, ma a divorar danaro. E tanto ti sei fatto esoso nel distribuire ciò che hai ricevuto in sovrabbondanza, che in te non c’è posto per la mia grazia né per l’amore del tuo prossimo [...] Vero ladro degno della morte eterna, rubi ciò che è dei poveri e della santa chiesa e lo spendi indecorosamente [...] E lo sciupi in delizie e ne mantieni i tuoi figli [...] Chi vesti e chi pasci con i beni che sono della chiesa? Te stesso e gli altri demoni che stanno con te insieme con gli animali, quei grossi cavalli che mantieni per tuo diletto disordinato e non certo per necessità [...] I tuoi piaceri debbono essere i poveri, le visite agli infermi e l’andar incontro ai loro bisogni spirituali e temporali, poiché per questo, non per altro, t’ho fatto ministro (della chiesa). Vedi bene, dolcissima figlia, che così avviene: della mia chiesa, che è luogo d’orazione, si fa spelonca di ladri; essi vendono e comprano e fanno mercato della grazia dello Spirito Santo. Così puoi constatare che chi desidera prelazioni e benefizi della santa chiesa, li compra con molti doni, offrendo danaro e derrate a chi gli sta intorno; e questi miseri non guardano affatto se DIO AMA I POVERI uno sia buono o cattivo, ma unicamente per compiacenza e per amore dei doni ricevuti si danno a piantare questi alberi putridi nel giardino della santa chiesa [...] E si danno tanta cura delle cose temporali da abbandonare quella delle cose spirituali [...]». (S. Caterina, in: J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nella spiritualità cristiane. EDB, Bologna 1995, pp. 222-223) Per il confronto “Fratelli”, è una delle parole più frequenti della liturgia … quanto e come è annunciata? Non manca la “vicinanza” ma essa stenta a divenire fraternità ... che cosa fa, in fondo, la differenza tra l’essere accanto e l’essere insieme? Come potremmo comprendere l’amore di Cristo per noi, se non amando come lui ha amato, in opere e in verità? C’è qualche ingiustizia o “furbizia” che caratterizza il nostro stile, oppure consentita dai nostri silenzi? PRESA DI COSCIENZA Prendiamo più che mai coscienza della miseria di tanti uomini d’oggi: “sentiamo il grido dei poveri”? Saremo preoccupati d’essere presenti tra gli uomini del nostro tempo, in modo particolare tra i più poveri: quelli a cui mancano risorse, ragioni di vivere, speranza. 45 DIO AMA I POVERI 12. La collera dei poveri Populorum Progressio 49 Il superfluo 46 «Una cosa va ribadita di nuovo: il superfluo dei paesi ricchi deve servire ai paesi poveri. La regola che valeva un tempo in favore dei più vicini deve essere applicata oggi alla totalità dei bisognosi del mondo. I ricchi saranno del resto i primi ad esserne avvantaggiati. Diversamente, ostinandosi nella loro avarizia, non potranno che suscitare il giudizio di Dio e la collera dei poveri, con conseguenze imprevedibili. Chiudendosi dentro la corazza del proprio egoismo, le civiltà attualmente fiorenti finirebbero con l’attentare ai loro valori più alti, sacrificando la volontà di essere di più alla bramosia di avere di più. E sarebbe da applicare ad essi la parabola dell’uomo ricco, le cui terre avevano dato frutti copiosi e che non sapeva dove mettere al sicuro il suo raccolto: «Dio gli disse: “Insensato, questa notte stessa la tua anima ti sarà ritolta”» (Lc 12, 20). PER RIFLETTERE SUL TEMA Il messaggio lucido e coraggioso lanciato da papa Montini, fu un accorato invito ad ascoltare il “grido di angoscia” inteso come il grido dei popoli della fame e rivolgendosi al mondo intero ribadiva «noi vi invitiamo a rispondere al nostro grido di angoscia, nel nome del Signore». Ancora oggi il mondo che dispone di cibo in abbondanza coincide con i paesi cristiani di antica data, così come le società tecnicamente più evolute. Dunque resta attuale il monito di allora: «Lo sviluppo, obiettivo integrale dell’uomo non può aver luogo senza lo sviluppo solidale dell’umanità», è questa l’unica via per scongiurare «la collera dei poveri». La virtù della solidarietà spinge a porsi a fianco dei poveri del pianeta, a sentire la loro situazione di bisogno e spesso di disperazione e a guardare al mondo dal loro punto di vista, secondo una illuminata e non solo volenterosa “scelta preferenziale dei poveri”. È chiaro che non si tratta solo di affrontare questioni prettamente tecniche, legate al mondo della finanza e dell’economia, ma anche di carattere politico nel DIO AMA I POVERI senso più ampio e alto del termine, in quanto attinenti alla promozione del bene comune. Senza il passaggio a gesti concreti, ogni ragionamento morale risulterà essere “mutilo” e, in fin dei conti sterile. La fiducia della Chiesa di essere “esperta in umanità” portò Paolo VI a credere di poter vedere ciò che papa Giovanni aveva intravisto nei “segni dei tempi” emersi e interpretati nel loro sviluppo storico. Soprattutto invita, come è già stato detto, ad una rinnovata lettura dei segni dei tempi che ci consenta di comprendere con lungimiranza le dinamiche odierne - ossia le sfide che raccogliamo con la categoria della globalizzazione - e di proporre con rinnovato spirito profetico un messaggio chiaro: la terra è di Dio e appartiene a tutti gli uomini. In ascolto Non è più possibile ingannarsi ulteriormente circa il fatto che tutta l’esistenza della quasi totalità lavoratrice (il che significa: della larga maggioranza degli esseri umani degli stati moderni) è esposta alle oscillazioni del mercato e del prezzo delle merci, per la sopravvivenza delle proprie famiglie e per risolvere il problema quotidiano del pane necessario per l’uomo, la donna i bambini. Non conosco nulla che sia maggiormente degno di accusa di un tale stato di cose [...]. Il liberalismo vuole rendere tutti uguali. Questo è ciò che ha annunciato e promesso al mondo [...] Tuttavia, anziché adempiere questa promessa, ha creato tra gli uomini una differenza superiore a tutte le antiche differenze: la differenza nuda del denaro e della proprietà [...] Distrugge l’eguaglianza davanti alla legge, della quale tanto si parla e tanto ci si vanta: poiché il ricco ha molti altri mezzi per assicurarsi la protezione del diritto, mentre il povero non ha aiuti né consigli [...] La vostra apparente eguaglianza resta assai ridotta, mentre voi stessi, attraverso i vostri principi economici, concentrate la ricchezza in poche mani e lasciate l’immensa moltitudine degli uomini, con la loro forza lavoro, ridotti a essere una mercanzia che ogni giorno deve vendersi al mercato. Tutto quel che il socialismo replica al liberalismo è fondamentalmente vero. Tuttavia in ultima istanza, diventa anche falso, perché tanto il liberalismo quanto il socialismo disconoscono il vero concetto di libertà e il vero concetto di uguaglianza, i quali non consistono fondamental- 47 DIO AMA I POVERI mente nel possesso terreno, ma in quei beni che, tanto l’uno quanto l’altro, disconoscono [...] E quanto più il cristianesimo si realizza, tanto più rende veramente uguali tutti gli uomini, nel possesso di beni così elevati che, di fronte ad essi, scompare pure l’eguaglianza terrena, nella misura in cui lo permettono le circostanze di questo mondo [...]. (Wilhelm Immanuel von Ketteler, in: J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nella spiritualità cristiane. EDB, Bologna 1995, p. 493) 48 Per il confronto Come possiamo risvegliare coscienza di responsabilità e risorse, per costruire, dal basso, dalla vita quotidiana, ragioni e impegno per realizzare: pace, fiducia reciproca, affidamento alla Provvidenza? Le nostre strutture ed i servizi riescono ad annunciare che “ogni uomo è mio fratello”, che i bisogni essenziali non sono solo materiali? «L’inizio dell’amore per il fratello sta nell’imparare ad ascoltarlo» (Bonhoeffer). PRESA DI COSCIENZA Sappiamo che il mondo di oggi è tormentato da un intenso sforzo di liberazione: liberazione da tutto ciò che ferisce la dignità dell’uomo e minaccia la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde: la verità, la giustizia, l’amore, la libertà. DIO AMA I POVERI 13. I rifugiati: una vergognosa piaga del nostro tempo Pacem in Terris 38 Il problema dei profughi politici «Il sentimento di universale paternità che il Signore ha acceso nel nostro animo, ci fa sentire profonda amarezza nel considerare il fenomeno dei profughi politici: fenomeno che ha assunto proporzioni ampie e che nasconde sempre innumerevoli e acutissime sofferenze [...]. Non è superfluo ricordare che i profughi politici sono persone; e che a loro vanno riconosciuti tutti i diritti inerenti alla persona: diritti che non vengono meno quando essi siano stati privati della cittadinanza nelle comunità politiche di cui erano membri [...]. Fra i diritti inerenti alla persona vi è pure quello di inserirsi nella comunità politica in cui si ritiene di potersi creare un avvenire per sé e per la propria famiglia; di conseguenza quella comunità politica, nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, ha il dovere di permettere quell’inserimento, come pure di favorire l’integrazione in se stessa delle nuove membra». PER RIFLETTERE SUL TEMA Le persone forzatamente sradicate dalla loro terra sono diventate moltitudini, è necessario rivedere gli accordi internazionali ed estendere la protezione da essi garantita anche ad altre categorie. La tragedia dei rifugiati è una piaga tipica e rivelatrice degli squilibri e dei conflitti del mondo contemporaneo. Mostra un mondo disunito e ben lontano da quell’ideale secondo cui: «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme» (1 Cor. 12,26). La chiesa - ricorda il Concilio - offre il suo amore e la sua assistenza a tutti i rifugiati senza distinzione di religione e di razza: rispetta in ciascuno di loro l’inalienabile dignità della persona umana creata ad immagine di Dio (Gen 1,27). Da qui l’invito a costruire una civiltà d’amore; un impegno che si realizzi sia nelle sue iniziative di servizio e di collaborazione che nell’intento pure di richiamare l’attenzione pubblica sulla loro situazione. Memori dell’identificazione che Gesù è anche l’uomo agonizzante sulla strada di Gerico, la confessione di fede nel Cristo è pertanto capacità di riconoscerlo nei luoghi e nei modi da lui stesso indicati. Il problema non è mettere in pratica la fede, 49 DIO AMA I POVERI 50 ma di avere fede. Non c’è infatti una fede intellettuale e una fede pratica. C’è un’unica fede: confessare Cristo come Signore nell’adempimento della volontà del Padre, che è la misericordia e la carità verso gli uomini e in maniera preferenziale verso coloro che sono nella tribolazione. «[...] Il cristiano contempla nello straniero il volto di Cristo stesso, il quale nasce in una mangiatoia e, straniero, fugge in Egitto, assumendo e ricapitolando in sé questa fondamentale esperienza del suo popolo (cfr. Mt2,13ss). Nato fuori casa e proveniente da fuori patria (cfr. Lc 2,4-7), abitò in mezzo a noi (cfr. Gv 1,11.14) e trascorse la sua vita pubblica, itinerante, percorrendo “città e villaggi” (cfr. Lc 13,22; Mt 9,35). Risorto e tuttavia ancora straniero, sconosciuto, apparve, in cammino verso Emmaus, a due suoi discepoli che lo riconobbero solo allo spezzar del pane (cfr. Lc 24,35). I cristiani sono quindi alla sequela di un viandante “che non ha dove posare il capo” (Mt 8,20; Lc 9,58) [...]». (Da La carità di Cristo verso i migranti, Istruzione del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, 3 Maggio 2004). In ascolto La difesa dei poveri, in un mondo gravemente conflittuale, ha provocato qualcosa di nuovo nella storia recente della nostra chiesa: la persecuzione, provocata dalla difesa dei poveri. La vera persecuzione è stata indirizzata verso il popolo povero, che è oggi il corpo di Cristo nella storia. Questi sono coloro che completano nel loro corpo quel che manca alla passione di Cristo. Ed è per questa ragione che una volta che anche la chiesa, una volta che ha scelto di organizzarsi e di radunarsi nel nome delle speranze e delle ansie dei poveri, è andata incontro alla stessa sorte di Gesù e dei poveri: la persecuzione [...] Questa opzione della chiesa per i poveri è ciò che spiega la dimensione politica della sua fede, come qualcosa che è già nelle proprie radici e nei propri tratti fondamentali. È perché essa ha optato per i poveri concreti e non immaginari, è perché essa ha optato per i veri oppressi e i veri repressi, che ora la chiesa vive nel mondo della sfera politica; e che essa si realizza come chiesa, anche attraverso questa sfera. D’altro canto, non potrebbe essere diversamente se, come Gesù, si dirige verso i poveri [...] I cristiani del tempo antico dicevano: “Gloria Dei, vivens homo” (La gloria di Dio è DIO AMA I POVERI l’uomo vivente). Noi potremmo riformulare in termini più concreti questo concetto, affermando: “Gloria Dei, vivens pauper” (La gloria di Dio è il povero che vive). (Oscar Arnulfo Romero, in: J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nella spiritualità cristiane. EDB, Bologna 1995, p. 587) Per il confronto Il battesimo ricorda ad ogni cristiano che “la solidarietà universale, che è un fatto e [...] un beneficio, è altresì un dovere” (CV 43) e questo ci impegna nella testimonianza di apertura e di accoglienza. Siamo dunque luci di speranza vicine a coloro che cercano orientamento nelle traversate della loro vita? “Ma perché essi partono?”. “Morire in Etiopia o morire lottando per una vita più degna in una terra distante è sempre morire!”. PRESA DI COSCIENZA Attraverso gli interrogativi e le ricerche, percepiamo l’attesa di una risposta che l’uomo spera, senza riuscire a formularla adeguatamente. Condividiamo le aspirazioni dei nostri contemporanei, come possibile apertura all’avvento di un mondo più umano. 51 DIO AMA I POVERI 14. Per una globalizzazione umana: relazionalità, comunione e condivisione Caritas in Veritate 21.63.75 52 21. La complessità e gravità dell’attuale situazione economica giustamente ci preoccupa, ma dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore. La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente. 63. Nella considerazione dei problemi dello sviluppo, non si può non mettere in evidenza il nesso diretto tra povertà e disoccupazione. I poveri in molti casi sono il risultato della violazione della dignità del lavoro umano, sia perché ne vengono limitate le possibilità (disoccupazione, sotto-occupazione), sia perché vengono svalutati «i diritti che da esso scaturiscono, specialmente il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua famiglia». 75. Stupisce la selettività arbitraria di quanto oggi viene proposto come degno di rispetto. Pronti a scandalizzarsi per cose marginali, molti sembrano tollerare ingiustizie inaudite. Mentre i poveri del mondo bussano ancora alle porte dell’opulenza, il mondo ricco rischia di non sentire più quei colpi alla sua porta, per una coscienza ormai incapace di riconoscere l’umano. Dio svela l’uomo all’uomo; la ragione e la fede collaborano nel mostrargli il bene, solo che lo voglia vedere; la legge naturale, nella quale risplende la Ragione creatrice, indica la grandezza dell’uomo, ma anche la sua miseria quando egli disconosce il richiamo della verità morale. DIO AMA I POVERI PER RIFLETTERE SUL TEMA Oggi purtroppo la tecnica tende sempre più ad esigere il centro della scena. Essa ha per vocazione il dominare, l’imporsi, fino ad obbligarci a consumare e distruggere. Solo un robusto amore per una vera libertà, potrà rispondere al fascino della tecnica con decisioni responsabili. Tali decisioni si addicono a uomini retti, la cui “rettitudine” comincia con l’“arginare” l’orgoglio di essere “autori di se stessi” che porta a un fare presuntuoso. Uomini retti vuol dire uomini robusti e non semplicemente efficienti, umanità che si fa domande non solo sul “come” ma soprattutto sul “perché” delle proprie azioni, giacché il vero non coincide con il fattibile (n. 70). Inoltre non manca chi evita nei loro discorsi tutto ciò che possa ricordare la vita dei poveri e l’impegno per loro. Ritengono che con il parlare di loro si assecondi ciò che viene definito con sufficienza “pauperismo”. Se pensiamo al miliardo di persone senza acqua potabile, al miliardo che vive con meno di un dollaro al giorno, alle vittime di malattie che potrebbero essere debellate con una spesa limitata (ma non disponibile in paesi troppo poveri), ai trenta milioni di persone in giovane età che muoiono ogni giorno per la fame o per l’inedia, viene da chiedersi se di questi mali non debbano ravvisarsi responsabili i Paesi ricchi e quanti di essi, potendolo, nulla fanno per modificare queste situazioni di ingiustizia. In ascolto «Del denaro, semplice segno di interscambio, il capitalismo ha fatto un bene produttivo in quanto tale, una ricchezza che può proliferare nello stesso lasso di tempo rappresentato da quel passaggio dei beni, che è l’interscambio. Tale è la fonte del profitto capitalistico, che costituisce propriamente un’usura, se non una beffa. Considerato che questo profitto è acquistato senza lavoro, senza servizio di trasformazione di materia, esso può venire ottenuto solo come effetto del gioco del denaro, o del lavoro altrui [...] Il capitalismo difende l’iniziativa e la libertà di taluni pochi attraverso la riduzione in schiavitù della maggioranza. Noi, viceversa, vogliamo per tutti la concreta realizzazione di alcune necessarie istituzioni, al fine di assicurare a tutti una libertà materiale senza pericoli. L’economia ha come proprio fine sociale quello di soddisfare le necessità materiali di tutti. Una volta realizzato- 53 DIO AMA I POVERI lo, essa ha svolto il proprio compito e le energie eccedenti devono trovare altro impiego che non sia quello di un loro artificiale sviluppo. Pertanto l’attività economia è subordinata a un’etica della necessità [...] La necessità di consumo o di sfruttamento devono essere limitate da un ideale di semplicità di vita, che è la condizione obbligatoriamente richiesta per un’autentica elevazione spirituale e che in nessun modo è conciliabile con la magnificenza e lo sperpero proprio del creare. La realizzazione dell’uomo non sta nel benessere materiale. (Emmanuel Mounier, in: J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nella spiritualità cristiane. EDB, Bologna 1995, p. 547) 54 Per il confronto I mezzi di comunicazione sociale eliminano le distanze spazio-temporali, ma non riescono a produrre “vicinanza”, fraternità, solidarietà. Cresce anzi “il male dell’anima”, un diffuso senso di paura dell’altro, un conflitto tra generazioni, l’incapacità di dialogo “a vivo”. Anche lo stile nei nostri servizi è “comunicazione”. Come possiamo essere “riconosciuti” come discepoli dentro e fuori la comunità? PRESA DI COSCIENZA Con il nostro modo di essere e di agire, con la partecipazione alla costruzione della città terrestre e all’edificazione del Corpo di Cristo, noi dobbiamo testimoniare efficacemente che il Regno di Dio e la sua giustizia devono essere cercati innanzitutto e attraverso tutto. (cfr. Mt 6,33) DIO AMA I POVERI 15. I poveri compaiono nel mondo sotto diverse specie Laborem exercens 8c «Perciò, bisogna continuare a interrogarsi circa il soggetto del lavoro e le condizioni in cui egli vive. Per realizzare la giustizia sociale nelle varie parti del mondo, nei vari Paesi e nei rapporti tra di loro, sono necessari sempre nuovi movimenti di solidarietà degli uomini del lavoro e di solidarietà con gli uomini del lavoro. Tale solidarietà deve essere sempre presente là dove lo richiedono la degradazione sociale del soggetto del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e le crescenti fasce di miseria e addirittura di fame. La Chiesa è vivamente impegnata in questa causa, perché la considera come sua missione, suo servizio, come verifica della sua fedeltà a Cristo, onde essere veramente la «Chiesa dei poveri». E i «poveri» compaiono sotto diverse specie; compaiono in diversi posti e in diversi momenti; compaiono in molti casi come risultato della violazione della dignità del lavoro umano: sia perché vengono limitate le possibilità del lavoro - cioè per la piaga della disoccupazione -, sia perché vengono svalutati il lavoro ed i diritti che da esso scaturiscono, specialmente il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua famiglia». PER RIFLETTERE SUL TEMA 36. [...] «Peccato» e «strutture di peccato» sono categorie che non sono spesso applicate alla situazione del mondo contemporaneo. Non si arriva, però, facilmente alla comprensione profonda della realtà quale si presenta ai nostri occhi, senza dare un nome alla radice dei mali che ci affliggono. Si può parlare certo di «egoismo» e di «corta veduta»; si può fare riferimento a «calcoli politici sbagliati», a «decisioni economiche imprudenti» [...]. 43. La preoccupazione stimolante verso i poveri - i quali, secondo la significativa formula, sono «i poveri del Signore» - deve tradursi, a tutti i livelli, in atti concreti fino a giungere con decisione a una serie di necessarie riforme. Dipende dalle singole situazioni locali individuare le più urgenti ed i modi per realizzarle; ma non bisogna dimenticare quelle richieste dalla situazione di squilibrio internazionale, sopra descritto [...] Il sistema internazionale di commercio oggi discrimina frequentemente i 55 DIO AMA I POVERI prodotti delle industrie incipienti dei Paesi in via di sviluppo, mentre scoraggia i produttori di materie prime. Esiste, peraltro, una sorta di divisione internazionale del lavoro, per cui i prodotti a basso costo di alcuni Paesi, privi di leggi efficaci sul lavoro o troppo deboli per applicarle, sono venduti in altre parti del mondo con considerevoli guadagni per le imprese dedite a questo tipo di produzione, che non conosce frontiere. Il sistema monetario e finanziario mondiale si caratterizza per l’eccessiva fluttuazione dei metodi di scambio e di interesse, a detrimento della bilancia dei pagamenti e della situazione di indebitamento dei Paesi poveri [...]. (Dalla Lettera Enciclica Sollicitudo Rei Socialis nn. 36 e 43, Giovanni Paolo II, 30 dicembre 1987) 56 In ascolto «[...] Ci sono molti uomini che hanno troppo e continuano volendo avere ancora di più; ve ne sono molti altri che non hanno a sufficienza, che non hanno nulla e che sono disposti a carpire se non si dà loro. Tra le due classi di uomini si sta preparando una lotta e questa lotta minaccia di essere terribile: da un lato la forza dell’oro, dall’altro la forza della disperazione. Dovremmo precipitarci in mezzo a questi due eserciti che si fronteggiano, se non per impedire, perlomeno per attenuare lo scontro. Il nostro titolo di cristiani rende obbligatorio questo ruolo di mediazione; e la nostra giovane età, così come la nostra condizione “mediocre”, ce lo rendono più facile [...] Abituati a non considerare altro che l’interesse temporale nel governare gli uomini, i politici non hanno cercato le cause della miseria altro che in un qualche disordine materiale. E si sono formate due scuole, le quali riducono tutto o alla produzione delle ricchezze, o alla loro ripartizione [...] È la libertà umana, quella che crea i poveri; è questa che inaridisce quelle fonti primitive di ogni ricchezza (intelligenza e volontà), consentendo che l’ignoranza spenga l’intelligenza e che la condotta cattiva indebolisca la volontà [...] E Dio ci liberi dal calunniare quelli che il Vangelo benedica, facendo delle classi che soffrono le responsabili dei propri mali e servendo così l’insensibilità dei cuori malvagi, i quali una volta che hanno scoperto un qualche errore nel povero, si credono già dispensati dal soccorrerlo [...]. (A. Frédéric Ozanam, in: J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nella spiritualità cristiane. EDB, Bologna 1995, p. 484) DIO AMA I POVERI Per il confronto Come abbiamo gli occhi aperti sul mondo? Sulla fame dell’umanità, sulla violazione dei diritti? Ci siamo abituati a vivere preoccupati che Dio benedica il nostro benessere? Possiamo convivere senza la gratuità? La forza di una catena si gioca anche sull’anello più debole … siamo illusi di poter essere forti senza gli altri? Chi sono i deboli nella nostra comunità? Come custodirli? PRESA DI COSCIENZA La nostra predilezione sia per coloro che hanno più bisogno di essere accolti e amati: ci sforziamo di evitare ogni forma di ingiustizia. Solo così, e seguendo l’insegnamento della chiesa, potremo risvegliare le coscienze ai drammi della miseria e alle esigenze della giustizia. 57 DIO AMA I POVERI 16. La comunità cristiana è ancora portatrice delle speranze dei poveri? Ocotogesima Adveniens 15 58 «Progressi sono già stati compiuti, per introdurre nei rapporti umani una maggiore giustizia e una più ampia partecipazione alle responsabilità. Ma in questo campo immenso, molto resta ancora da fare. Occorre pertanto proseguire attivamente nella riflessione, nella ricerca, negli esperimenti, sotto pena di restare in ritardo rispetto alle legittime aspirazioni dei lavoratori, le quali si vanno maggiormente affermando, man mano che si sviluppa la loro formazione, la coscienza della loro dignità, il vigore delle loro organizzazioni. L’egoismo e il dominio sono, tra gli uomini, tentazioni permanenti. È pertanto necessario un discernimento sempre più avvertito per cogliere alla radice le situazioni frutto d’ingiustizia e per instaurare progressivamente una giustizia sempre meno imperfetta. Nei mutamenti industriali, che reclamano un adattamento rapido e costante, coloro che vengono a trovarsi colpiti saranno più numerosi e meno in grado di fare intendere le proprie voci. Verso questi nuovi «poveri» - minorati e disadattati, vecchi, emarginati di origine diversa - si dirige l’attenzione della chiesa, per riconoscerli, aiutarli, difendere il loro posto e la loro dignità in una società indurita dalle competizioni e dall’attrattiva del successo». PER RIFLETTERE SUL TEMA «Bisogna ritornare all’interpretazione autentica del Signore - avvertiva mons. Nervo - : Quod superest date pauperibus”. Non significa “quello che avanza”, ma “quod est super”, quello che sta sopra la tavola, quello che mangiamo noi: il che è cosa molto diversa. Non si tratta cioè di elemosina e beneficenza, ma di doverosa condivisione: quello che non ci è necessario non è nostro, è degli altri, perché i beni sono degli uomini». In questa prospettiva si coglie l’invito a guardare la città e chiedersi come costruire luoghi di relazione in cui vivere nel rispetto della dignità umana, come realizzare quartieri a misura d’uomo, luoghi di lavoro dove non si esperisce discriminazione, contesti sociali in cui giovani, donne ed emigrati possano davvero vedere rispettate le legittime aspirazioni in termini di ruoli professionali e realizzazioni personali. A DIO AMA I POVERI tal proposito - ricorda l’intervento di papa Montini - il cristiano che vuol vivere la sua fede in un’azione politica intesa come servizio, non può, senza contraddirsi, dare la propria adesione a sistemi ideologici che si oppongono radicalmente o su punti sostanziali alla sua fede e alla sua concezione dell’uomo: né all’ideologia marxista, al suo materialismo ateo, alla sua dialettica di violenza e al modo con cui essa riassorbe la libertà individuale nella collettività, negando insieme ogni trascendenza all’uomo e alla sua storia, personale e collettiva; né all’ideologia liberale che ritiene di esaltare la libertà individuale sottraendola a ogni limite, stimolandola con la ricerca esclusiva dell’interesse e del potere e considerando la solidarietà sociale come conseguenza più o meno automatica delle iniziative individuali e non già quale scopo e criterio più vasto della validità dell’organizzazione sociale. In ascolto «Costruire una società cristianamente significa appunto costruirla in guisa che essa garantisca a tutti il lavoro, fondamento della vita e, col lavoro, quel minimo di reddito necessario per il “pane quotidiano”. È questa una premessa che gli uomini politici devono tenere ferma nella loro mente; stella polare della loro azione politica, giuridica, economia, finanziaria, dar lavoro a tutti, dare il pane quotidiano a tutti; sopra queste finalità prime, improrogabili, elementari, deve essere costruito l’intero edificio dell’economia, della finanza, della politica, della cultura: la libertà medesima, respiro della persona, è in certo modo preceduta e condizionata da queste primordiali esigenze del lavoro e del pane. Se la piena occupazione non viene conquistata e mantenuta, le libertà non saranno sicure, perché per molti esse non avranno abbastanza valore. Orazione fondamentale del Signore: “Dacci il nostro pane quotidiano!” [...] “Come hai moltiplicato, a favore dei tuoi fratelli, i talenti privati e pubblici che io ti ho affidato? Cosa hai fatto per sradicare dalla società nella quale ti ho posto come regolatore e dispensatore del bene comune la miseria dei tuoi fratelli e, quindi, la disoccupazione che ne è la causa fondamentale?”. Non potrò dire: “Signore non sono intervenuto per non turbare il libero giuoco delle forze di cui consta il sistema economico”». (Giorgio La Pira, J. I. González Faus, Vicari di Cristo. I poveri nella teologia e nella spiritualità cristiane. EDB, Bologna 1995, p. 564) 59 DIO AMA I POVERI Per il confronto La crisi socio-economica che stiamo vivendo impone orientamenti nuovi nell’uso delle risorse rispetto al passato: “nuovi stili di vita”... come cerchiamo di promuovere luoghi di confronto per cogliere la differenza tra crescita e sviluppo, per individuare un futuro possibile non appoggiato ai beni, ma al bene? Possiamo aiutare le persone ad impegnarsi a produrre e crescere per ridurre le disuguaglianze, più che alla soddisfazione del superfluo? PRESA DI COSCIENZA 60 Noi saremo attenti a quanto lo Spirito ci suggerisce mediante la parola di Dio accolta nella chiesa e attraverso gli avvenimenti della vita. Perciò in un mondo Nel quale gli uomini aspirano alla libertà vogliamo testimoniare la vera libertà che il Cristo ci ha acquistato e che si trova solo nel consentire al Padre. DIO AMA I POVERI 17. La Caritas Italiana: dalla parte di quelli che non contano La Chiesa italiana e le prospettive del Paese, Consiglio permanente CEI, 23 ottobre 1981, nn. 4-6 Per un genere diverso di vita 4. «[...] Bisogna decidere di ripartire dagli “ultimi”, che sono il segno drammatico della crisi attuale. Fino a quando non prenderemo atto del dramma di chi ancora chiede il riconoscimento effettivo della propria persona e della propria famiglia, non metteremo le premesse necessarie a un nuovo cambiamento sociale. Gli impegni prioritari sono quelli che riguardano la gente tuttora priva dell’essenziale: la salute, la casa, il lavoro, il salario familiare, l’accesso alla cultura, la partecipazione. 5. Bisogna, inoltre, esaminare seriamente le situazioni degli emarginati, che il nostro sistema di vita ignora e perfino coltiva: dagli anziani agli handicappati, dai tossicodipendenti ai dimessi dalle carceri o dagli ospedali psichiatrici. Perché cresce ancora la folla di “nuovi poveri”? Perché a una emarginazione clamorosa risponde così poco la società attuale? Le situazioni accennate devono entrare nel quadro dei programmi delle amministrazioni civiche, delle forze politiche e sociali che, garantendo spazio alla libera iniziativa e valorizzando i corpi intermedi, coinvolgano la responsabilità dell’intero paese sulle nuove necessità. 6. Con gli “ultimi” e con gli emarginati, potremo tutti recuperare un genere diverso di vita. Demoliremo, innanzitutto, gli idoli che ci siamo costruiti: denaro, potere, consumo, spreco, tendenza a vivere al di sopra delle nostre possibilità. Riscopriremo poi i valori del bene comune: della tolleranza, della solidarietà, della giustizia sociale, della corresponsabilità. Ritroveremo fiducia nel progettare insieme il domani, sulla linea di una pacifica convivenza interna e di una aperta cooperazione in Europa e nel mondo. E avremo la forza di affrontare i sacrifici necessari, con un nuovo gusto di vivere». 61 DIO AMA I POVERI PER RIFLETTERE SUL TEMA 62 La Caritas in Italia nasce nel 1971 per intuizione e volontà di Papa Paolo VI per “rispondere”, come dirà lui stesso alle Caritas diocesane riunite per la prima volta nel settembre del 1972, “in maniera più adeguata alle accresciute esigenze della carità e dell’assistenza della chiesa in Italia”. La Caritas ha come compito il superamento dell’assistenza, intesa come mera distribuzione di beni, per divenire parte integrante, nella chiesa, insieme alla liturgia e alla catechesi, della pastorale unitaria che educa la comunità alla Parola, alla preghiera e alla carità fraterna. Paolo VI individua nella funzione della Caritas due direttrici fondamentali: la prima quella per cui la “carità è sempre necessaria, come stimolo e completamento della giustizia”. La seconda è la sua “prevalente funzione pedagogica, il suo aspetto spirituale che non si misura con cifre e bilanci, ma con la capacità che essa ha di sensibilizzare le chiese locali e i singoli fedeli al senso e al dovere della carità in forme consone ai bisogni e ai tempi”. Entrambe queste direttrici devono essere vissute non separatamente, ma in maniera complementare perché un atto di carità non deve esprimere solo emotività e contingenza, ma divenire una presa di coscienza che porti al superamento dello stato di bisogno. “Di qui la necessità di formare persone esperte e specializzate, come pure di promuovere studi e ricerche, sia per una migliore conoscenza dei bisogni e delle cause che li generano e li alimentano, sia per una efficace programmazione degli interventi assistenziali”, così come “stimolare gli interventi delle pubbliche autorità ed una adeguata legislazione”. Tra i primi impegni della Caritas Italiana vi sono il volontariato e i giovani. Per quanto riguarda il volontariato, la Caritas avvia sin dalla metà degli anni ‘70, insieme a Luciano Tavazza e Maria Eletta Martini, entrambi padri storici del volontariato in Italia e molto impegnati nel dare innovazione e slancio al volontariato stesso nel nostro Paese, un nuovo vigore all’impegno di molti cittadini in varie opere di assistenza. Nasce l’esigenza di organizzare, formare, professionalizzare il volontariato stesso. Emerge impellente l’importanza, anche, di dare un rilievo politico a questo impegno attraverso una legge (che arriverà solo nel 1991) che ne riconosca il ruolo e l’importanza nelle specifiche azioni che andrà intraprendendo. Su questa DIO AMA I POVERI scia va organizzandosi anche la Protezione Civile cui la Caritas Italiana contribuirà fortemente per la sua nascita e la sua formazione, soprattutto per il ruolo del volontariato che in essa assumerà, sia a livello nazionale che territoriale. Per quanto riguarda i giovani, la Caritas inizia a coinvolgerli nelle “proprie fila” attraverso la proposta del Servizio Civile per gli obiettori di coscienza (la prima legge che regola questa forma di servizio in sostituzione del servizio militare di leva era del 1972). Dal 1977, anno in cui si convenziona col Ministero della Difesa, la Caritas Italiana diviene in poco tempo l’ente che accoglie in Italia il maggior numero di giovani che optano ogni anno per questo servizio, nonostante le numerose difficoltà frapposte alla diffusione di questo fenomeno, prima fra tutti la maggiore durata (otto mesi in più) del servizio civile rispetto al servizio militare. Insieme a questo Servizio previsto per i giovani maschi, la Caritas dà vita anche all’Anno di Volontariato Sociale (AVS) per le giovani che desiderano dedicare un anno della propria vita alla solidarietà sospendendo i propri impegni, di lavoro o di studio o familiari. È un’occasione d’oro per avvicinare i più giovani ai temi della solidarietà, della pace, della mondialità, dell’immigrazione, della lotta alla povertà, della ricerca di nuovi stili di vita. Impegno che permane oggi con il Servizio Civile nazionale. Negli anni ’80 in Caritas Italiana e in molte Caritas diocesane viene strutturato il progetto di un Osservatorio delle Povertà e delle Risorse, che diviene un primo luogo di sintesi dei bisogni più immediati ma anche latenti delle tante persone in difficoltà. L’Osservatorio avvia delle antenne sul territorio divenendo, di fatto, uno strumento che riesce a leggere la realtà del Paese, le sue necessità, le risposte delle Amministrazioni come quelle del Governo centrale, le deficienze della politica, le promesse mancate, ma anche le risorse messe in campo dalla comunità. In tal senso diventa stabile, in Caritas Italiana, il lavoro di analisi della “Legge Finanziaria” che annualmente viene preparata dal Governo e approvata dal Parlamento per verificare le attenzioni concrete, lì contenute, verso le fasce più deboli della popolazione. Il documento di analisi stilato dalla Caritas diviene un appuntamento annuale di confronto con la classe politica e amministrativa del Paese. Accanto a questi impegni, la Caritas Italiana muove i primi passi anche nelle emergenze nazionali: il terremoto del Friuli nel 1976, quello dell’Irpinia del 1980 e, ormai con forte capacità professionale negli interventi in queste catastrofi, seguirà 63 DIO AMA I POVERI 64 altre operazione nei terremoti dell’Umbria e delle Marche del 1997, fino a quello recente dell’Aquila del 2009. Ma anche verso le emergenze internazionali, quali le difficoltà sanitarie in vari paesi africani o le conseguenze della caduta del regime in Romania, prima e in Albania, poi, con l’emersione delle profonde povertà dei cittadini. E per rispondere all’appello di Paolo VI “le necessità del vostro paese non vi impediscano di aprire il cuore anche ai bisogni delle nazioni meno favorite”, la Caritas avvia relazioni con le Caritas di questi paesi meno favoriti per comprenderne i bisogni e per rispondervi attraverso l’appello alla solidarietà con campagne o azioni specifiche, nell’ambito di un’azione concordata a livello planetario sotto il coordinamento della Caritas Internationalis. Di queste azioni concrete all’estero lo strumento più significativo e tutt’ora in atto, è la microrealizzazione che diviene anche strumento pedagogico di educazione alla solidarietà utilizzata da gruppi parrocchiali, scuole, famiglie. Questo strumento permette di conoscere la vita di piccole comunità in paesi lontani e, nel contempo, di farsi prossimi ad esse per la soluzione di problemi quotidiani: si va dalla realizzazione di un pozzo all’acquisto di macchine per cucire per gruppi di donne, dalla nascita di un piccolo allevamento alla strutturazione di un ambulatorio di villaggio. Le Campagne nascono invece intorno a grandi eventi: la siccità nel Sahel, il terremoto devastante in Armenia, lo tsunami in Indonesia, o come avviene oggi, intorno ai grandi temi sociali quali i problemi di sostentamento delle famiglie impoverite. Anche il Dossier Statistico sull’Immigrazione è divenuto uno strumento voluto dalla Caritas come risultato di un impegno, che viene da lontano, sui temi e sui problemi dell’immigrazione ma anche di vicinanza alle tante difficoltà dei cittadini immigrati nel nostro Paese. È, il Dossier, un appuntamento annuale, ormai da decenni, che fotografa la realtà di questo fenomeno nel nostro Paese mettendone in risalto le esigenze da colmare, i passi effettuati, le politiche da realizzare. La Caritas, come tante realtà vive e lungimiranti, ha attraversato momenti di difficoltà e di problematicità, di incomprensioni e di fratture ma, come ancora sottolineava Papa Paolo VI, ha avuto la forza di “non stancarsi, di non lasciarsi abbattere dalle difficoltà, ma di avanzare sempre con lo stesso spirito e con lo stesso amore verso Cristo e la sua Chiesa”. DIO AMA I POVERI Per il confronto Ma cosa significa ripartire dagli ultimi? Quale il primo passo? Basta l’appello alla coerenza e rettitudine personale e civica. Basta osservare le leggi, fare con competenza e dedizione il proprio lavoro, non sostituire la giustizia con la carità, i diritti con la beneficenza? PRESA DI COSCIENZA Nell’azione si può racchiudere il rischio di insuccesso e di degradazione. Ma nella fede, attenti all’insegnamento della chiesa, le riteniamo attinenti alla venuta del regno che Dio ha promesso e realizzato nel suo Figlio. Solo nell’agire potremo risvegliare le coscienze ai drammi della miseria e alle esigenze della giustizia. 65 DIO AMA I POVERI 18. Acli, settant’anni dalla parte dei poveri Matteo 11,25-30 «In quel tempo Gesù disse: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”». PER RIFLETTERE SUL TEMA 66 Recentemente i sindacati tedeschi hanno proposto un piano Marshall per l’Europa. La notizia non può non riportare alla mente il fatto che le Acli siano nate in un periodo in cui la povertà era all’ordine del giorno delle classi sociali più popolari, e che non a caso furono luoghi di distribuzione dei pacchi del piano Marshall. Così come molti circoli furono per molto tempo spacci di alimenti e di altri beni, funzionando un po’ come i gas, i gruppi di acquisto solidale, di oggi. Infatti non si deve pensare agli aclisti come coloro che distribuivano, bensì come coloro che distribuivano e ricevevano. La stessa prima fedeltà, quella alla classe lavoratrice, era la fedeltà alle fatiche che le stesse famiglie degli aclisti vivevano. Le battaglie per la democrazia e i diritti erano innanzitutto richieste di pane, lavoro e sforzo solidale ad aiutarsi reciprocamente, a organizzarsi in attività di mutuo aiuto per ricostruire il paese, ricostruendo il proprio futuro come orizzonte collettivo che accomunava la gran parte della popolazione in Italia o all’estero, dove le Acli erano la necessità che si faceva solidarietà tra i nostri emigranti. Partendo da questa comune appartenenza e dalla prossimità immediata a quanti erano più poveri tra i poveri, abbiamo capito quanto fosse determinante il protagonismo sociale e politico della classe lavoratrice per costruire un progresso veramente umano e civile e perché la democrazia fosse veramente solida e non di facciata. Perché la liberazione dall’orrore del fascismo e dalla guerra avesse gambe solide, perché il futuro stesso dovesse essere liberazione. DIO AMA I POVERI Potremmo dire che la scelta della causa dei poveri più che una scelta fosse una necessità, una istintiva e pressante esigenza di riscatto dalla fame e dalla miseria che diveniva un tutt’uno con la lotta per la liberazione e la democrazia. E sicuramente potremmo dire che questa tensione, questa necessità quotidiana ha sicuramente contribuito, nella allora unità dei lavoratori, a fare da “inchiostro”, per così dire, per la penna che ha scritto la nostra stessa Costituzione e ad animare uno spirito di protagonismo popolare nella Chiesa stessa, concorrendo a far lievitare quella che sarebbe stata la grande apertura del Concilio Vaticano II. Nei decenni quella stessa classe lavoratrice (anche grazie alle tante iniziative di servizio ai lavoratori: il Patronato, la formazione professionale, le cooperative e altre attività sorte con le Acli) si é affrancata dalla miseria e la povertà é divenuta una esperienza purtroppo non debellata, ma non più di massa. Ma l’aver vissuto in prima persona questa battaglia popolare ha lasciato in eredità alle Acli la necessità di continuare ad essere esperienza di frontiera, che sa di poter trovare ogni giorno nel volto di chi più ha sete di giustizia il volto di Cristo che muore e risorge. Si é consolidato così nel tempo l’impegno perché le fasce più deboli della società e le popolazioni più provate dalla miseria e dalla guerra potessero emanciparsi dalle situazioni di bisogno e l’idea che non vi possa essere un vero riformismo che non sia innanzitutto solidale, e un vero sviluppo umano se non si assume come principio e fine la causa dei poveri. Oggi questa storia riveste una profonda attualità, dove addirittura nella florente Germania si parla della necessità di un nuovo piano Marshall. Difficile fare paragoni con altre epoche, ma difficile anche non vedere come la povertà, l’erodersi di un patto sociale basato su diritti e doveri, se non come esperienza concreta, tuttavia come paura, come rischio che bussa alla porta di una sempre più ampia fascia di famglie e persone, abbia indebolito e reso più vulnerabile la nostra società, concorrendo in modo determinante a portarci in una crisi che é figlia di una ricchezza speculativa e concentrata nelle mani di pochi. Difficile non constatare con il sociologo Massimiliano Colombi (nostro ospite al convegno di studi di Cortona) che oggi si debba “rifarsi reciprocamente una promessa”. Come se di fronte a una crisi che ci vede certamente più a rischio povertà, ma che non ci lascia senza opportunità e scelte possibili per creare ancora un orizzonte di giustizia, facessimo fatica a prometterci l’un l’altro che saremo solidali comunque vada, nella salute e nella malattia... Come se fossimo incapaci di ve- 67 DIO AMA I POVERI derci insieme nella crisi, di fronte alle difficoltà e alle opportunità del nostro tempo, ma sempre più l’uno contro l’altro. Come se in fondo somigliassimo sempre più, come società, al giovane ricco cui Gesù propone la cruna dell'ago della povertà e della condivisione. Ancora una volta la scelta dei poveri é molto più che solo l'urgente richiesta di una serie di misure sociali. Anzi, una proposta come quella per la quale oggi si battono le Acli, contro la povertà assoluta, il Reddito di inclusione sociale, che rimetta in gioco le persone e il rispetto per ogni persona, in realtà non riguarda solo chi é povero, ma guarda, insieme ad altre, a tutta una società che se vuole ancora una volta liberare il proprio futuro diffondendo fiducia, promettendosi una società solidale, deve ancora una volta partire da una nuova liberazione: quella dei poveri. 68 In ascolto «Ma occorre anche preoccuparsi delle strutture adatte a sostenere la fede ecclesiale e la cattedra dei piccoli e dei poveri. Occorre cercare strutture ecclesiali e povere e il modo di star poveramente nelle strutture della società civile e dello Stato. Occorre liberarsi dalle strutture ricche nelle quali non passa la parola di Dio e non alberga, di conseguenza, la cattedra dei piccoli e dei poveri. Occorre demolire e lasciare che vengano demolite le costruzioni che non servono all’ascolto della Parola, cioè alla vita della Chiesa. Occorre «sradicare e demolire, distruggere e abbattere, edificare e piantare» (Ger 1,10). E quali sono queste strutture? Quasi infinite sono le strutture che la Chiesa, immersa nel mondo da cui il Signore non l’ha tolta (Gv 17,15), ha costruito e continuamente costruisce, sempre tentata di mondanizzazione. Con illimitata fiducia nella pazienza di Dio occorre che la Chiesa pazientemente verifichi ogni giorno le sue strutture alla luce del Vangelo. Provo a indicare tre tipi di strutture in cui la Chiesa può rimanere intrappolata. Gli edifici. Le case in cui abitano i cristiani e quelle in cui svolgono le loro opere. Gli stessi edifici del culto. In proprietà e in affitto. Le costruzioni culturali. La sapienza umana con il suo indubbio valore, non negato ma esaltato dalla Parola, ma anche con la sua capacità di sedurre e allontanare la chiesa dalla Parola e con la sua disponibilità ad essere sedot- DIO AMA I POVERI ta dal potere. E anche questa può essere in proprietà o in affitto, nel senso che sia elaborazione di cristiani o da questi recepita. Gli schieramenti. Proprio dall’esperienza di tutti gli uomini di essere piccoli e poveri nasce il bisogno di unirsi per trovare la forza. Ma questo avviene molto spesso in una logica mondana in cui lo schieramento diventa concorrenza, fino ad essere assetto di guerra. Quando per la Chiesa si prospettano tempi duri, in cui è in crisi il potere che l’appoggiava e vengono meno i grandi e i ricchi che l’aiutavano, è veramente il momento di aprire il cuore alla speranza: ci disponiamo ad accogliere la Parola, la salvezza che viene da Dio». (Pio Parisi, La cattedra dei piccoli e dei poveri) Per il confronto Qualcuno afferma che su tutti i beni grava una “ipoteca sociale”: si può condividere? Quale attendibilità si può concedere alla odierna sfida pastorale “evangelizzare la ricchezza” annunciando la povertà evangelica tra le mura del benessere? PRESA DI COSCIENZA Noi saremo attenti a quanto lo Spirito ci suggerisce mediante la parola di Dio accolta nella chiesa e attraverso gli avvenimenti della vita. 69 DIO AMA I POVERI Indice 70 Presentazione 5 1. Dio sceglie di essere povero 7 2. Dio e i poveri 11 3. Le leggi per i poveri 15 4. Ricchi e poveri 19 5. Gesù povero 23 6. La beatitudine della povertà 26 7. Povertà per la missione 29 8. Paolo e i poveri 32 9. Giacomo e i poveri 36 10. Atti degli Apostoli e i poveri 39 11. La chiesa, immagine di Cristo povero 43 12. La collera dei poveri 46 13. I rifugiati: una vergognosa piaga del nostro tempo 49 14. Per una globalizzazione umana: relazionalità, comunione e condivisione 52 15. I poveri compaiono nel mondo sotto diverse specie 55 16. La comunità cristiana è ancora portatrice delle speranze dei poveri? 58 17. La Caritas Italiana: dalla parte di quelli che non contano 61 18. Acli, settant’anni dalla parte dei poveri 66 Dio ama i poveri a cura della Vita cristiana Acli Via G. Marcora, 18/20 - 00153 Roma Tel. 065840.207 - Fax 065840.615 - E-mail [email protected] www.acli.it/vita-cristiana Vivere la Parola - Preghiera e discernimento / n. 10 Dio ama i poveri Dio ama i poveri Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era si è fatto povero per voi, affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. Dicembre 2013 2Corinti 8,9 Aesse Comunicazione [email protected] ASSOCIAZIONI CRISTIANE LAVORATORI ITALIANI