Le definizioni di povertà utilizzate in questa ricerca
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Le definizioni di povertà utilizzate in questa ricerca
IRES TOSCANA SMILE TOSCANA PIN S.c.r.l – Servizi didattici e scientifici per l’Università di Firenze Provincia di Siena – Osservatorio integrato sul mercato del lavoro LAVORO ED ESCLUSIONE SOCIALE. I working poors nella Provincia di Siena Dicembre 2013 1 Indice* 1. Premessa........................................................................................................................................... 3 2. Le definizioni di povertà utilizzate in questa ricerca ....................................................................... 5 3. Le dinamiche della povertà in Italia ................................................................................................. 7 2.1 La povertà relativa: i processi di impoverimento in atto ........................................................... 7 3.1 La povertà relativa: l’identikit delle famiglie più povere .......................................................... 8 3.2 La povertà assoluta................................................................................................................... 11 3.3 I working poors ........................................................................................................................ 12 4. I lavoratori poveri nella Provincia di Siena – gli esiti dell’indagine quantitativa.......................... 15 4.1 La fonte informativa da cui sono stati estratti i dati ................................................................. 15 4.2 Le modalità di analisi dei dati .................................................................................................. 15 4.3 L’archivio delle dichiarazioni ISEE del CAAF di Siena ......................................................... 17 4.4 Le caratteristiche anagrafiche dei working poors .................................................................... 18 4.5 La composizione familiare dei working poors ........................................................................ 22 4.6 Le condizioni economiche dei working poors ......................................................................... 23 4.7 Le prestazioni richieste dai working poors .............................................................................. 30 4.8 La collocazione dei working poors nel territorio provinciale .................................................. 33 4.9 Alcune conclusioni sui dati quantitativi ................................................................................... 35 5 - Un approfondimento relativo ai lavoratori poveri nella Provincia di Siena: i risultati di un’indagine qualitativa condotta nella Val d’Elsa ............................................................................. 37 5.1 - I principali risultati della ricerca ............................................................................................ 38 5.1.1 In cosa si sostanzia la condizione di povertà ........................................................................ 43 5.1.2 Tipologie di aiuto richiesto e ricevuto dalle famiglie povere ............................................... 46 5.1.3 Possibili soluzioni e misure di contrasto alla povertà ........................................................... 46 * Questo report, seppure frutto di una riflessione congiunta dei due autori, è da attribuirsi a Enrico Fabbri per quanto riguarda i capitoli 1, 2, 3 e 4, a Fabio Boscherini per quanto riguarda il capitolo 5. L’archivio delle dichiarazioni ISEE è curato da Gianni Aristelli. 2 1. Premessa Il rapporto che segue punta a far luce sulle relazioni fra disagio lavorativo ed esclusione sociale, ed in particolare sulla condizione socio-economica dei working poors residenti nella Provincia di Siena. L’analisi è preceduta dalla definizioni di povertà che – operativamente – hanno guidato gli studi di tipo quantitativo svolti sia a livello nazionale che internazionale. Come sarà dettagliato di seguito, nell’analisi quantitativa condotta in questa sede si è adottato il concetto di povertà relativa come strumento metodologico mediante il quale distinguere i lavoratori poveri da quelli che non lo sono. Si è voluto, tuttavia, fornire un set metodologico completo delle definizioni di povertà conclamata o potenziale per rendere conto delle diverse “prospettive” attraverso le quali approcciarsi al fenomeno dell’indigenza. La prima parte del rapporto è dedicata al fenomeno della povertà in Italia: si è cercato di chiarire chi sono i poveri, quali siano le categorie sociali maggiormente a rischio di povertà e – attraverso i dati Istat – si è dimostrato che la povertà oggi attanaglia non solo coloro che risultano privi di lavoro, ma anche gli individui che un’occupazione ce l’hanno. Nella seconda parte del rapporto si è cercato di definire il concetto di working poor collegandolo non solo alla condizione economica (che, comunque, costituisce l’elemento discriminante principale), ma anche alle condizioni e al livello di precarietà del lavoro. Si sono poi analizzate, attraverso i dati offerti dalle dichiarazioni ISEE presentate ai CAAF – CGIL della Provincia di Siena, le condizioni dei lavoratori che versano in condizione di povertà relativa residenti nella Provincia di Siena, cercando di spiegare i loro stili di vita attraverso un’analisi delle condizioni sociali, economiche e abitative proprie e del loro nucleo familiare. La terza (e ultima) parte del rapporto è consacrata, invece a un approfondimento qualitativo dei fenomeni di povertà che affliggono i working poors. In particolare, si è cercato di fornire una rappresentazione delle diverse situazioni di disagio socioeconomico che affliggono il territorio attraverso una serie di interviste a assistenti sociali e operatori del Centro per l’Impiego di 3 Poggibonsi. L’obiettivo è stato quello di comprendere problematiche – diverse da quella economica – che si accompagnano alla condizione di povertà. Ciò ha permesso di distinguere varie tipologie di disagio, che sembrano essere collegate a variabili quali: il luogo in cui i soggetti hanno deciso di stabilire il proprio domicilio, la loro condizione lavorativa, quella abitativa, il livello culturale e le modalità di allocazione del reddito. Dall’analisi, come si verdrà, sono emerse nuove tipologie di soggetti (e di famiglie) che sono – non solo a rischio di povertà – ma che, in alcuni casi, sono già cadute in tale situazione. Si è infine cercato, seppur sommariamente, di individuare soluzioni finalizzate ad alleviare le forme di povertà rilevate, fornendo un set di suggerimenti in grado di ispirare le politiche dei decision makers. 4 2. Le definizioni di povertà utilizzate in questa ricerca Prima di addentrarsi nell’analisi dei fenomeni associati alla povertà nella Provincia di Siena, può essere opportuno introdurre alcune definizioni che costituiranno dei veri e propri strumenti di interpretazione delle forme di disagio economico trattate in questa sede. I concetti a cui faremo riferimento sono i seguenti: - Povertà relativa la linea di povertà relativa viene calcolata sulla base della spesa destinata ai consumi da parte delle famiglie residenti in Italia. Il concetto di povertà relativa implica che debba essere considerata povera una famiglia di due componenti con una spesa per consumi pari o inferiore alla spesa media per consumi procapite. Dunque, a titolo di esempio, una famiglia di due persone è povera se, in media, spende meno di una singola persona1. Naturalmente la linea di povertà delle famiglie varia di anno in anno e dipende strettamente dalla spesa per consumi delle famiglie che tenderanno ad incrementarla nei periodi di maggiore benessere e a restringerla nei momenti in cui la congiuntura socioeconomica è più difficile [Istat (a), 2010; Regione Toscana, 2011]. - Povertà assoluta il concetto di povertà assoluta è intrinsecamente collegato a quello di sopravvivenza. Infatti, una famiglia è considerata povera in termini assoluti se non è in grado di acquistare un paniere di beni e servizi considerati essenziali per la sua sopravvivenza. Si noti che il concetto di povertà assoluta è indipendente dagli standard di vita e di consumo della popolazione di riferimento. Risulta, invece, dipendere dalle dimensioni familiari, dall’età dei suoi membri, dalla ripartizione geografica e dalla dimensione del Comune di residenza della famiglia stessa [Istat (b), 2010]. - Rischio di povertà si tratta di un indicatore in base al quale viene misurato il numero di individui (non le famiglie!) che dispongono di un reddito talmente basso da essere considerati poveri o a rischio di diventarlo. Risultano a rischio di povertà i soggetti le cui famiglie hanno un reddito al di sotto del 60% del reddito mediano nazionale. 1 Se la famiglia oggetto di studio è costituita da più di due persone, mediante coefficienti correttivi (scala di equivalenza), che tengono conto delle economie di scala che è possibile attivare all’aumentare del numero di componenti, la spesa per consumi viene resa equivalente a quella di due persone [Istat (a); 2010] 5 - Deprivazione materiale Una famiglia (e i suoi componenti) è deprivata se versa in almeno tre delle seguenti condizioni: 1) Non riesce a sostenere le spese impreviste; 2) Non può permettersi almeno una settimana di ferie in un anno lontano da casa; 3) Ha debiti arretrati (mutuo, affitto, bollette); 4) Non è in grado di potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni; 5) Non può permettersi di riscaldare adeguatamente l’abitazione; 6) Non può permettersi la lavatrice; 7) Non può permettersi la tv a colori; 8) Non può permettersi il telefono; 9) Non può permettersi l’automobile La suddetta deprivazione materiale diviene grave se le situazioni critiche sopra riportate in cui versa la famiglia divengono 4. Si noti che le condizioni di deprivazione materiale descritte contribuiscono anche a determinare l’esclusione sociale dei soggetti che versano in tali situazioni. Ciò determina situazioni di isolamento socio – relazionale che possono avere risvolti anche piuttosto gravi [MLPS, 2011]. 6 3. Le dinamiche della povertà in Italia Nelle pagine che seguono, utilizzeremo i concetti discussi precedentemente per rendere conto di come si connota la povertà – assoluta e relativa – nel nostro Paese (cfr. Istat, 2013 e Istat, 2012). In termini generali, indipendentemente dallo strumento di misurazione considerato (povertà relativa / assoluta), si nota che per i singoli individui le forme di povertà e le relative forme di esclusione sociale fluttuano piuttosto repentinamente nel tempo, mentre i processi di variazione delle condizione economica familiare tendono ad avere un andamento più stabile. La famiglia, infatti, ha la “capacità di attutire gli effetti negativi che colpiscono un suo membro, compensando con le energie degli altri membri e riuscendo spesso a ritornare nelle condizioni di partenza” [MLPS, 2011]. Tuttavia, tale funzione calmieratrice – soprattutto nel passaggio tra 2011 – 2012 – tende a ridursi fortemente per particolari target familiari in cui si registra una drammatica tendenza a precipitare in condizioni di povertà assoluta e/o relativa dei propri componenti. 3.1 La povertà relativa: i processi di impoverimento in atto Le persone in condizione di povertà relativa in Italia, nel 2012, erano 9 milioni e 563 mila individui. Si tratta del 15,8% dell’intera popolazione nazionale. Le famiglie che versano in condizione di povertà relativa sono invece 3 milioni e 232 mila (il 12,7% del totale). I dati del 2012 evidenziano un peggioramento delle condizioni economiche dei cittadini rispetto al 2011: le famiglie povere nel 2011 erano 11,1%, mentre nel 2012 sono passate al 12,7% (+1,6%). Tale variazione, tuttavia, non è stata omogenea in tutto il Paese. Infatti, i nuclei familiari poveri nel mezzogiorno crescono, nei due anni di riferimento, del 2,9% attestandosi al 26,2% del totale. Al Centro, invece, dove le famiglie povere, nel 2012, sono il 7,1% del totale, la crescita è più moderata, si attesta infatti a + 0,7% rispetto all’anno precedente. Infine al nord, contrariamente alle previsioni, l’incremento delle famiglie in difficoltà è stato più elevato che al centro (+1,3%), con queste ultime che si attestano, nel 2012, al 6,2% del totale. 7 I processi di peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie sembrano riguardare soprattutto le realtà familiari in cui il capofamiglia ha meno di 65 anni (+2,4% dal 2011 al 2012); costituite da padre, madre e uno o due figli (l’incidenza di povertà è passata dal 10,4% al 15,4% e dal 14,8% al 17,4% rispettivamente). Tali processi di impoverimento relativo non esimono nemmeno i contesti in cui il capofamiglia è un dirigente o un impiegato (in cui l’incidenza di povertà è passata dal 4,4% al 6,5%). Si noti, inoltre, che l’incidenza della povertà aumenta – tra il 2011 e il 2012 – anche tra i single under 65 che risultano poveri nel 4,9% dei casi (nel 2011 erano solo il 3,6%). Un fenomeno inaspettato è costituito dalle persone anziane sole: i soggetti in condizione di povertà riconducibili a questo target diminuiscono nel 2012 rispetto al 2011 passando dal 10,1% all’8,6%. Una spiegazione di questo fenomeno è – in parte – riconducibile al fatto che il target in discussione può contare su redditi garantiti (le pensioni) e che, per i trattamenti più bassi, tali entrate hanno mantenuto l’adeguamento alle dinamiche inflazionistiche. 3.2 La povertà relativa: l’identikit delle famiglie più povere Le caratteristiche strutturali delle famiglie più povere in Italia possono essere riassunte come segue: - un numero elevato di componenti, 5 o più (il 30,2% di tali famiglie risulta sotto la linea di povertà relativa); - coppie con tre o più figli (risultano povere il 22,8% delle famiglie totali, che crescono al 28,5% se i figli sono minori); - con due o più anziani al loro interno (versano in condizione di povertà relativa il 15,4% del totale delle famiglie); - con un capofamiglia di età compresa tra i 35 e 44 anni (risultano povere il 13,6% delle famiglie in tali condizioni, ma tale dato sale al 19% se il capofamiglia e privo di titolo di studio o provvisto della sola licenza elementare); - con un capofamiglia in cerca di occupazione (risultano povere il 35,6% delle famiglie in tali 8 condizioni) Tab. 1 – Incidenza della povertà relativa per ampiezza, tipologia familiare, numero di figli e di anziani presenti in famiglia, per ripartizione geografica (anni 2011 – 2012, valori %). Fonte: ISTAT 9 Tab. 2 – Incidenza della povertà relativa per età del capofamiglia e ripartizione geografica (anni 2011 – 2012, valori %). Fonte: ISTAT Tab. 3 – Incidenza della povertà relativa per titolo di studio del capofamiglia e ripartizione geografica (anni 2011 – 2012, valori %). Fonte: ISTAT Possono trovarsi in condizione di povertà relativa anche le famiglie in cui il componente principale è occupato. In particolare: risultano in maggiore difficoltà le famiglie con a capo un operaio o assimilato (16,9% delle famiglie) rispetto a quelle capitanate da un dirigente / impiegato (6,5% delle famiglie) e quelle realtà in cui il capofamiglia è un lavoratore dipendente (11,3) rispetto a quelle in cui quest’ultimo è un lavoratore autonomo (9,0%). 10 Tab. 4 – Incidenza della povertà relativa per condizione e posizione professionale del capofamiglia per ripartizione geografica. Fonte: ISTAT Estremamente grave risulta la condizione delle famiglie in cui non esiste alcun membro che lavori e che – al contempo – presentano un componente ritirato dal lavoro (pensionato): ben il 36,9% di queste versa in condizione di povertà. Si tratta prevalentemente di coppie con figli adulti alla ricerca di un impiego nelle quali l’unica fonte di reddito proviene dalla pensione del capofamiglia. La povertà è più contenuta nelle famiglie in cui – come si è visto – il componente principale lavora. Tuttavia, quando il reddito familiare è costituito solo da quello del capofamiglia, le famiglie in difficoltà costituiscono il 29,8% del totale. 3.3 La povertà assoluta Come si è detto in precedenza, la soglia di povertà assoluta viene calcolata ogni anno sulla base del valore di un paniere di beni e servizi che – in ambito nazionale – viene considerato essenziale ad uno standard di vita minimamente accettabile [Istat, 2009]. Sono considerate povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore del paniere di beni considerato. In Italia, nel 2012, le famiglie povere erano 1.725.000 corrispondenti ad un numero di soggetti in condizione di povertà assoluta pari a 4.814.000. Dunque, l’incidenza delle famiglie assolutamente povere è pari al 6,8% del totale, mentre quella delle persone povere è pari all’8% della popolazione 11 italiana. Come per la povertà relativa, anche per quella assoluta la distribuzione non è omogenea nelle varie parti del Paese. In particolare: le famiglie assolutamente povere del sud, nel 2012, sono il 9,8% (+0,8% rispetto al 2011), il 5,1% quelle del Centro (+1% rispetto all’anno precedente) e il 5,5% quelle del nord (+1,8% dal 2011). Nel periodo 2011 – 2012, la povertà assoluta è aumentata soprattutto nelle famiglie con tre (dal 4,7% al 6,6%), quattro (dal 5,2% all’8,3%) e 5 componenti (dal 12,3% al 17,2%). La povertà assoluta cresce anche nelle famiglie capeggiate da un monogenitore (dal 5,8% al 9,1%). Tra chi lavora, la povertà assoluta aumenta del 1,9% nelle famiglie con a capo un operaio, attestandosi al 9,4 nel 2012, ma anche nei contesti in cui il capofamiglia è un dirigente / operaio (da 1,3% al 2,6%). Nelle famiglie in cui i redditi da lavoro si associano a quelli da pensione la povertà assoluta cresce dell’1,7% (5,3% nel 2012). Inoltre, sono le famiglie con a capo una persona non occupata che se la passano peggio: risultano, infatti, in povertà assoluta l’11,3% di esse (+2,9% nel 2012 rispetto al 2011). Vanno ricordate, infine, le famiglie povere in cui il soggetto principale è in condizione non professionale che diventano ben il 23,6% (+8,1% nel 2012 rispetto al 2011). 3.4 I working poors I più importanti lavori di origine nazionale e internazionale sui working poors (cfr. Pena-Casas R., Latta M., 2004; Eurostat, 2010; Isfol, 2007; Isfol, 2011; Centra M., Curtarelli M., Gualtieri V. 2011) individuano – tra le cause di povertà nel lavoro – non solo i bassi salari individuali, ma anche i redditi bassi della famiglia in cui il lavoratore è inserito. Dunque, appare impossibile scindere le valutazioni sul soggetto da quelle sulla famiglia di origine. Tuttavia, la dimensione economica, di 12 gran lunga la più importante [Isfol; 2011], tra quelle da considerare, non è l’unica variabile di riferimento: la letteratura, infatti, tende sempre di più ad affiancare le considerazioni economiche sui lavoratori poveri a quelle inerenti la loro condizione di lavoro, nella convinzione che accanto alla precarietà economica dell’individuo vada ascritta, tra le variabili esplicative della sua condizione, anche la precarietà del posto di lavoro. A tale proposito, la letteratura socioeconomica ha iniziato a prendere in considerazione le seguenti dimensioni: - la complessità del posto di lavoro; - la soddisfazione lavorativa dell’individuo; - l’adeguatezza delle proprie capacità professionali; - le effettive possibilità di carriera / crescita. I risultati di un’indagine campionaria svolta dall’ISFOL nel 2010 [Isfol; 2011] su un gruppo di 5.000 lavoratori a basso reddito sull’intero territorio nazionale ha permesso di appurare che il working poor tende ad occupare posti di lavoro a bassa qualifica (non necessariamente di tipo operaio; esistono moltissimi lavoratori poveri che svolgono ruoli impiegatizi), in posizioni esclusivamente esecutive, con margini di autonomia decisionali piuttosto limitati. Le mansioni ricoperte raramente offrono occasioni di crescita professionale, sia perché i lavori da svolgere sono ripetitivi e scarsamente creativi, sia perché – risultando poco strategici per l’impresa – sono meno soggetti a percorsi di formazione on the job. Le attività lavorative svolte sono fonte di scarsa soddisfazione personale da parte del lavoratore, che vive il proprio rapporto con il lavoro come una fonte di fatica e di stress. Dunque, le possibilità di crescita professionale e di carriera per i working poors tendono ad essere limitate (o inesistenti), mentre elevatissimi sono i rischi di de-professionalizzazione e/o di invecchiamento del proprio bagaglio professionale. Nelle pagine che seguono, purtroppo, non abbiamo potuto discutere delle condizioni di lavoro dei working poors della Provincia di Siena poiché tali informazioni non erano disponibili in nessuna delle fonti consultate. Ci siamo, invece, concentrati sulla loro condizione socio – economica e di quella delle loro famiglie traendone, comunque, interessanti considerazioni. 13 Preme, tuttavia, sottolineare che la mancata trattazione delle questioni che collegano il lavoratore povero alla precarietà del proprio posto di lavoro, non ne riduce l’importanza, e, dunque, i dati sopra riportati, frutto della citata indagine ISFOL, con buona probabilità, vanno comunque considerate come delle determinanti della condizione di working poor dei soggetti di cui parleremo. A questo proposito si auspica che questo report possa costituire uno stimolo a futuri ed ulteriori approfondimenti, mediante ricerche svolte sul campo. 14 4. I lavoratori poveri nella Provincia di Siena – gli esiti dell’indagine quantitativa 4.1 La fonte informativa da cui sono stati estratti i dati L’analisi che viene proposta nelle pagine seguenti si fonda su una rilevante fonte informativa costituita dalle dichiarazioni ISEE presentate presso i CAAF CGIL della Provincia di Siena dal 1/1/2012 al 31/12/2012. I dati delle suddette dichiarazioni informano sulla situazione economica delle famiglie richiedenti un accesso agevolato alle prestazioni sociali erogate dagli Enti pubblici. Si tratta, pertanto di uno spaccato sulle famiglie collocate in un ambito economico che copre uno spettro di situazioni che vanno da quelle di evidente indigenza, fino a quelle di ragionevole dignità, in relazione a composizione e disponibilità di reddito e patrimonio familiare. Naturalmente, non tutti i working poors della Provincia di Siena hanno compilato una dichiarazione ISEE, tuttavia, si ritiene che l’archivio consultato abbia potuto, comunque, fornire rilevanti informazioni sulla struttura e sugli stili di vita di chi – pur lavorando – versa in condizioni di povertà relativa. Infatti, il CAAF – CGIL costituisce il centro di assistenza fiscale di gran lunga più importante nel panorama toscano, raccogliendo circa 80.000 dichiarazioni ISEE riconducibili ad oltre 200.000 cittadini toscani [Aristelli G.; 2013]. 4.2 Le modalità di analisi dei dati I dati reddituali e patrimoniali estratti dalle dichiarazioni ISEE presentate nella Provincia di Siena nel 2012 sono stati utilizzati per individuare quali soggetti versino o meno in condizione di povertà relativa. Tale computo è stato possibile applicando operativamente la definizione Istat di povertà relativa2. Nota metodologica: Sulla base della definizione dell’Istat, una famiglia di due persone è relativamente povera se 2 In questa sede – dunque – non si sono adottati i criteri Eurostat attraverso i quali un soggetto è considerato povero se il proprio nucleo familiare ha un reddito inferiore del 60% del reddito familiare mediano equivalente nazionale. 15 dispone di un reddito mensile uguale o inferiore a 990,88 €. Attraverso l’applicazione di un opportuna scala di equivalenza (si tratta di un fattore correttivo che viene moltiplicato al suddetto importo per individuare la soglia di povertà relativa) è possibile individuare i redditi al di sotto dei quali una famiglia è da considerarsi relativamente povera in relazione al numero effettivo dei suoi componenti. Soglie di povertà relativa in base al numero dei membri del nucleo familiare e scala di equivalenza. Componenti nucleo familiare Redditi mensili Scala di equivalenza 1 594,53 0,60 2 990,88 1,00 3 1.317,87 1,33 4 1.615,13 1,63 5 1.882,67 1,90 6 2.140,30 2,16 7- 2.378,11 2,14 Dalla popolazione dei dichiaranti ISEE sono state estratte tutte le famiglie nelle quali sono presenti lavoratori dipendenti e coloro che risultano – al momento della dichiarazione – titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto. Oltre ai soggetti inattivi o privi di un lavoro, si sono esclusi anche i liberi professionisti e i lavoratori autonomi. La motivazione che sta alla base di tale scelta è dettata dall’interesse – coerente con la principale letteratura sull’argomento di questi anni (cfr. Carrieri V.; 2012) – di considerare il fenomeno della povertà legato ai bassi salari e sul fatto che l’aggregazione di soggetti molto eterogenei tra loro (in termini di attività lavorativa svolta o di interessi economici di riferimento) avrebbe rischiato di non far cogliere l’esatta dimensione e la “morfologia” della povertà che affligge coloro che comunque un lavoro ce l’hanno. I dati delle dichiarazioni ISEE delle famiglie sono stati, dunque, analizzati in forma duplice: si è dato conto delle caratteristiche delle famiglie e dei soggetti poveri e di quelli che – in base alla definizione ISTAT – non lo sono, in modo da assicurare un confronto tra famiglie e individui che 16 presentano condizioni economiche nettamente differenti. 4.3 L’archivio delle dichiarazioni ISEE del CAAF di Siena Nell’archivio ISEE del CAAF di Siena, con riferimento all’anno 2012, sono presenti dichiarazioni riconducibili 7.175 famiglie, delle quali il 32,7% di esse (2.349) risultano povere. Tab. 5 – Distribuzione delle famiglie per condizione economica. Tipologia economica della famiglia di appartenenza Famiglie povere Famiglie non povere Totale VA % 2.349 4.826 7.175 32,7% 67,3% 100,0% I componenti di tali famiglie sono costituiti da 21.196 persone, di cui il 59,2% sono donne e il 40,8% uomini. L’età media della popolazione è di 37 anni, ma le classi in cui si concentra la maggioranza degli individui sono quelle riferite a coloro che hanno un’età compresa tra 31-40 anni e quella tra 41-50 (nelle quali si ritrovano, rispettivamente, il 17,1% e il 17,7% dei membri della popolazione). 17 Nella tabella seguente, la popolazione è disaggregata, per attività lavorativa. Tab. 6 - Distribuzione dei membri delle famiglie per condizione economica familiare e attività lavorativa svolta. Condizione economica Attività svolta Casalinga Disoccupato Imprenditore Lav. Autonomo Lav. in CIG /mob./LSU Co.co.pro. Lav. Dipendente Libero professionista Minore in età non scolare Pensionato Studente Missing Totale Famiglie NON povere VA Famiglie NON povere % Famiglie povere VA Famiglie povere % Totale 749 864 10 321 36 26 5.149 66 5,4% 6,2% 0,1% 2,3% 0,3% 0,2% 37,1% 0,5% 765 1.309 9 171 14 11 1.412 10 10,5% 17,9% 0,1% 2,3% 0,2% 0,2% 19,3% 0,1% 1.514 2.173 19 492 50 37 6.561 76 1.454 10,5% 1.054 14,4% 2.508 2.116 3.102 1 13.894 15,2% 22,3% 0,0% 100,0% 655 1.891 1 7.302 9,0% 25,9% 0,0% 100,0% 2.771 4.993 2 21.196 Ai fini della nostra indagine, i soggetti sui quali sarà svolto lo studio sono 6.598 di cui 6.561 risultano lavoratori dipendenti e (appena) 37 risultano Co.co.pro. Si tratta, complessivamente del 31,1% della popolazione di riferimento. 4.4 Le caratteristiche anagrafiche dei working poors L’analisi sui working poors, come abbiamo già accennato, non può prescindere dalle condizioni economiche della famiglia di appartenenza: infatti, un lavoratore è considerato povero se – e solo se – il nucleo familiare in cui è inserito è affetto da povertà relativa. Nella tabella seguente le famiglie dei lavoratori costituenti il campione di riferimento sono disaggregate per condizione economica: 18 Tab. 7 – Distribuzione delle famiglie in cui sono presenti dipendenti e /o co.co.pro. per condizione economica. Tipologia economica della famiglia di appartenenza Famiglia NON povera Famiglia povera Totale VA % 3376 1242 4.618 73,1% 26,9% 100,0% I lavoratori del campione sono riconducibili a 4.618 famiglie delle quali il 26,9% (1.242) sono classificabili come relativamente povere. In esse vivono 1.423 lavoratori dipendenti e/o co.co.pro. La maggioranza di essi è di sesso femminile (il 55,5% dei 6.598 membri del campione). L’età dei membri del campione è ben più elevata rispetto a quella della popolazione da cui è stato estratto: infatti i suoi appartenenti hanno in media 42 anni. Nella tabella seguente si riportano i lavoratori poveri disaggregati per classi di età: dai dati esposti emerge che la classe alla quale sono associate le maggiori frequenze è quella di età compresa tra 31 e 40 anni (il 35,3% dei casi). Tab. 8 – Distribuzione dei dipendenti e/o co.co.pro appartenenti a famiglie povere per classi di età. Classi di età 0-10 11-20 21-30 31-40 41-50 51-60 61-70 70Totale VA 0 16 279 502 379 195 48 4 1.423 % 0,0% 1,1% 19,6% 35,3% 26,6% 13,7% 3,4% 0,3% 100,0% Un altro dato di interesse è quello costituito dallo stato civile. A tale proposito può risultare utile confrontare gli stati civili dei membri del campione in relazione alla condizione economica della famiglia di appartenenza. 19 Tab. 9 – Distribuzione dei dipendenti e/o co.co.pro appartenenti a famiglie povere e non per stato civile. Stato civile Missing Celibe/Nubile Coniugato/a Vedovo/a Separato/a Divorziato/a Totale Stato civile Missing Celibe/Nubile Coniugato/a Vedovo/a Separato/a Divorziato/a Totale Famiglie NON povere VA 23 1.156 3.398 80 293 223 5.175 Famiglie NON povere % 0,5% 22,3% 65,7% 1,6% 5,7% 4,3% 100,0% Famiglie povere VA 14 266 861 29 137 116 1.423 Totale VA Famiglie povere % 1,0% 18,7% 60,5% 2,0% 9,6% 8,2% 100,0% Totale % 38 1.422 4.260 109 430 339 6.598 0,6% 21,6% 64,6% 1,7% 6,5% 5,1% 100,0% Tra i lavoratori riconducibili a famiglie povere la maggioranza (il 60,5% del campione) è coniugato, seguono le persone celibi / nubili e i separati e divorziati che, assieme, quotano il 17,8% del campione. A tale proposito, si noti che sembra esistere una correlazione positiva tra la condizione di povertà della famiglia e lo status di vedovo / separato / divorziato: infatti, la frequenza di tali tipologie di soggetti è più elevata nei contesti familiari poveri che in quelli non poveri. Lo stesso, tuttavia, non può dirsi in riferimento ai soggetti celibi / nubili: questi sono di più tra le famiglie non povere che in quelle povere. Dunque, sembra affermarsi l’ipotesi che non sia la situazione di “solitudine” familiare a contribuire a determinare la povertà del soggetto, quanto – piuttosto – la perdita dello status coniugale (magari repentina) a determinare effetti economici negativi. Interessante risulta anche la disaggregazione dei lavoratori poveri e non per stato di nascita: in entrambe le distribuzioni (cfr. tabb. 10 e 11) la maggioranza risulta costituita da italiani. Tuttavia, la percentuale degli italiani si assottiglia notevolmente nella distribuzione costituita da individui 20 appartenenti alle famiglie povere (-29,3%). Infatti, tra gli appartenenti alle famiglie povere, la maggioranza assoluta dei soggetti (61,5%) è costituita da stranieri di cittadinanza prevalentemente rumena e albanese. Si tratta di due comunità particolarmente presenti nel territorio senese che, tuttavia, risultano essere afflitte da notevoli problemi di tipo socio-economico. Tab. 10 – Distribuzione dei dipendenti e/o co.co.pro appartenenti a famiglie non povere per stato civile (con valori percentuali >= 1,0%). Stato ITALIA ALBANIA ROMANIA MAROCCO SENEGAL INDIA MOLDAVIA Altri stati Totale VA % 3.507 338 284 101 85 62 53 745 5.175 67,8% 6,5% 5,5% 2,0% 1,6% 1,2% 1,0% 14,4% 100,0% Tab. 11 – Distribuzione dei dipendenti e/o co.co.pro appartenenti a famiglie povere per stato civile (con valori percentuali >= 1,0%). Stato di nascita ITALIA ROMANIA ALBANIA MAROCCO PERU' FILIPPINE TUNISIA POLONIA SENEGAL MOLDAVIA KOSSOVO BOLIVIA INDIA REPUBBLICA DOMINICANA Altri Stati Totale VA 548 243 143 54 31 31 23 23 19 19 19 19 15 15 197 1.423 % 38,5% 17,1% 10,0% 3,8% 2,2% 2,2% 1,6% 1,6% 1,4% 1,4% 1,4% 1,4% 1,1% 1,1% 13,8% 100,0% 21 4.5 La composizione familiare dei working poors Come abbiamo già accennato, al fine di comprendere le condizioni di vita dei lavoratori poveri occorre prestare particolare attenzione alla famiglia in cui sono inseriti. Nelle pagine che seguono si analizzeranno le caratteristiche familiari salienti effettuando un costante confronto tra quelle delle famiglie povere e quelle delle famiglie non povere. I working poors vivono in famiglie più numerose rispetto ai lavoratori non poveri: nelle famiglie più povere vi è mediamente circa un membro in più rispetto a quelle prive di difficoltà economiche. Tab. 12 - Distribuzione delle famiglie in cui sono presenti dipendenti e /o co.co.pro. per condizione economica e numero medio di componenti. Condizione economica famiglia Famiglia NON povera Famiglia povera Media 3,4 3,8 I dati esposti nella tabella 12 trovano completamento in quelli sulla mono-parentalità: dalla tabella 13, infatti, emerge che nelle famiglie povere la condizione di mono-parentalità è più diffusa dell’8,2% di quanto non accada nelle famiglie non povere. Tab. 13 - Distribuzione delle famiglie in cui sono presenti dipendenti e /o co.co.pro. per condizione economica per mono / pluri parentalità. Tipologia famiglie F. povere VA Famiglie NON povere Tipologia famiglie F. povere % F. NON povere % Monoparentali Pluriparentali Totale 197 259 1.045 3.117 Monoparentali 15,9% 7,7% Pluriparentali 84,1% 92,3% 1.242 3.376 Totale 100,0% 100,0% Dunque, le famiglie dei working poors sono caratterizzate da un numero di componenti leggermente più elevato rispetto a quelle dei lavoratori non poveri e da una maggiore presenza di situazioni di monoparentalità. Un altro elemento utile alla definizione della morfologia familiare dei lavoratori poveri è la presenza o meno, nell’ambito familiare di portatori di handicap: il 7,2% delle famiglie povere del 22 campione denuncia la presenza, al proprio interno, di un soggetto diversamente abile (si tratta di 90 nuclei familiari, contro l’8,1% (272 famiglie) di quelle non povere3. Dunque, sembra non esservi correlazione tra povertà e presenza in famiglia di uno o più portatori di handicap. Tuttavia, i dati della tabella seguente inducono a considerazioni opposte: la tabella sotto riportata, indica una netta maggiore incidenza del numero di portatori di handicap nelle famiglie povere che nelle altre. Nelle famiglie povere, infatti nel 6,7% dei casi sono presenti più di un portatore di handicap nel nucleo familiare, in quelle non povere tale incidenza è ben più bassa (3%). Tab. 14 - Distribuzione delle famiglie di lavoratori dipendenti e /o co.co.pro. per condizione economica e numero di portatori di handicap al proprio interno. Numero portatori di handicap presenti nel nucleo familiare 1 2 3 Totale Famiglie povere VA Famiglie non povere % 84 5 1 90 VA 93,3% 5,6% 1,1% 100,0% % 264 7 1 272 97,1% 2,6% 0,4% 100,0% Dunque, se è vero che il numero di famiglie di lavoratori dipendenti e/o co.co.pro., con uno o più portatori di handicap, è minore (dello 0,9%) tra quelle povere rispetto alle non povere, è altrettanto vero che è proprio nei nuclei familiari più poveri che si annidano le situazioni più complesse, legate ad una maggiore densità, al proprio interno, di soggetti diversamente abili. 4.6 Le condizioni economiche dei working poors Nelle pagine precedenti si è già chiarito quale sia il criterio in base al quale una famiglia debba essere considerata povera o meno. In realtà, l’associazione di una famiglia e dei suoi membri al concetto di povertà relativa non riesce a fornire, in maniera dettagliata, una misura di quanto siano gravose le condizioni di vita dei soggetti in questione. Nel prosieguo del nostro lavoro si tenteranno 3 Le elevate percentuali sono da collegarsi alla caratteristica della popolazione che costituisce l’universo che, lo ricordiamo, è composta da famiglie che compilano una dichiarazione ISEE per ottenere delle prestazioni socio – economiche. 23 di fornire informazioni aggiuntive attraverso le quali sia possibile rappresentare, più nel dettaglio, la reale condizione economica degli individui oggetto di studio. A tale proposito, nella tabella seguente sono riportati due indicatori estremamente efficaci nella rappresentazione sintetica dello stato reddituale del campione: si tratta della media e della mediana4. Tab. 15 – Mediana e media dei redditi annuali delle famiglie in cui sono presenti dipendenti e/o co.co.pro. per condizione economica. Indicatore Mediana Media € € Tutte le famiglie 24.540,50 29.443,79 € € Famiglie non povere 31.172,00 35.641,91 Famiglie povere € 13.303,50 € 12.596,08 I dati della tabella 15 mostrano che, in media, le famiglie in cui sono presenti lavoratori dipendenti o co.co.pro. i redditi annuali ammontano a circa 29.000 euro. Tale importo sale a circa 35.000 euro se si considerano le sole famiglie non povere e – drasticamente – scende a circa 12.600 euro in corrispondenza delle famiglie povere. Dunque queste ultime hanno un reddito mediamente più basso di quello calcolato sull’intero campione di ben il 57,3%. Tuttavia, il divario aumenta ancora se i redditi delle famiglie povere vengono confrontati con quelli delle famiglie non povere: in questo caso infatti la forbice negativa si attesta al 64,7%. I dati riferiti ai valori medi sono utili, ma – in parte – fuorvianti: infatti l’analisi delle medie non tiene conto di quanto sia omogenea (o disomogenea) una distribuzione. Dunque, sarebbe errato concludere, ad esempio, che – più o meno – ogni nucleo familiare povero può contare su 12.600 euro perché le risorse in questione potrebbero allocarsi all’interno di ciascuna famiglia in maniera molto differente. Generalmente, e soprattutto in Italia, la distribuzione dei redditi è asimmetrica, cosicché la maggioranza delle famiglie ha conseguito un reddito inferiore all’importo medio. Per questo occorre valutare il valore mediano (o “mediana”), che indica il livello di reddito che divide le famiglie in due metà uguali ed è collocato nel punto intermedio della distribuzione perfettamente “centrata”. 4 In statistica, si definisce la mediana (o valore mediano) come il valore assunto dalle unità statistiche che si trovano nel mezzo della distribuzione, ordinata dal valore minore a quello maggiore, dei casi oggetto di studio. 24 In riferimento alla nostra distribuzione, i dati mediani riservano qualche sorpresa: se si analizzano tutte le famiglie del campione ci si accorge che la mediana è inferiore della media di oltre 4.900 euro. Il dato evidenzia una marcata concentrazione dei redditi del campione a favore di un numero relativamente limitato di famiglie (in termini statistici, la distribuzione presenta un’asimmetria positiva). Tale fenomeno appare altrettanto marcato considerando il gruppo delle sole famiglie non povere: in questo caso, il divario tra la media e la mediana è di circa 4.470 euro. Per quanto concerne, invece, le sole famiglie povere ci si trova di fronte – anche in questo caso – ad una distribuzione asimmetrica, ma le caratteristiche sono un poco diverse: innanzi tutto il divario tra media e mediana è molto più contenuto (707 euro), ma, soprattutto, la media è inferiore alla mediana (ciò denota che la distribuzione presenta un’asimmetria negativa). Quest’ultimo aspetto indica che più della metà delle famiglie povere ha un reddito superiore al valore medio, ma le famiglie che si collocano al di sotto del reddito medio presentano un reddito molto più basso delle altre e dunque versano in una situazione di grave indigenza. Le suddette osservazioni trovano conferma nelle tre tabelle seguenti, in cui i redditi delle famiglie sono stati segmentati per fasce di reddito. Tab. 16 - Classi di reddito delle famiglie (tutte) in cui sono presenti dipendenti e/o cocopro per condizione economica. Classi di reddito 0 -10000 10000┤20000 20000┤30000 30000┤40000 40000┤50000 50000┤60000 60000┤70000 70000┤80000 80000┤90000 90000┤100000 100000Totale Tutte le famiglie VA Tutte le famiglie % 433 1.236 1.169 689 504 272 138 77 47 26 27 4.618 9,4% 26,8% 25,3% 14,9% 10,9% 5,9% 3,0% 1,7% 1,0% 0,6% 0,6% 100,0% 25 Tab. 17 - Classi di reddito delle famiglie non povere in cui sono presenti dipendenti e/o cocopro per condizione economica. Classi di reddito 0 -10000 10000┤20000 20000┤30000 30000┤40000 40000┤50000 50000┤60000 60000┤70000 70000┤80000 80000┤90000 90000┤100000 100000Totale Famiglie non povere Famiglie non povere % 31 509 1056 689 504 272 138 77 47 26 27 3.376 0,9% 15,1% 31,3% 20,4% 14,9% 8,1% 4,1% 2,3% 1,4% 0,8% 0,8% 100,0% Tab. 18 - Classi di reddito delle famiglie povere in cui sono presenti dipendenti e/o cocopro per condizione economica. Classi di reddito 0-1000 1000┤2000 2000┤4000 4000┤8000 8000┤16000 16000┤24000 24000Totale Famiglie povere Famiglie povere % 45 27 45 183 553 366 23 1.242 3,6% 2,2% 3,6% 14,7% 44,5% 29,5% 1,9% 100,0% Con riferimento alla distribuzione delle famiglie povere, si noti che la maggioranza di esse non ha un reddito superiore ai 16.000 euro (si tratta del 68,7%) e nel 24,2% dei casi il reddito familiare risulta uguale o inferiore agli 8.000 euro annui. Un altro dato di grande interesse è costituito dalle informazioni offerte dall’analisi congiunta della media e della mediana calcolati sui patrimoni mobiliari delle famiglie. Nelle tabelle seguenti si riportano i valori di riferimento. 26 Tab. 19 – Mediana e media dei patrimoni mobiliari delle famiglie in cui sono presenti dipendenti e/o co.co.pro. per condizione economica. Indicatore Mediana Media Tutte le famiglie Famiglie non povere € 1.000,00 € 3.000,00 € 15.164,03 € 20.039,54 Famiglie povere € € 1.911,43 Ancora più di quanto accaduto per i redditi, la discrasia tra media e mediana calcolate sui patrimoni mobiliari delle famiglie dei lavoratori dipendenti e dei co.co.pro. appare estremamente marcata: i dati riferiti a tutte le famiglie del campione evidenziano una netta concentrazione dei patrimoni in poche famiglie. Infatti, se la media è poco superiore ai 15.000 euro la metà del campione ha risparmi non superiori ai 1.000 euro. Dunque la differenza tra media e mediana in questo caso è marcatissima: si tratta di 14.164,03 euro. Tale distanza è destinata a crescere se si prendono in considerazione le sole famiglie non povere, in cui la distanza tra media e mediana è pari a 17.039,54 euro (si consideri che, anche in questo caso, la metà delle famiglie appartenenti al campione ha risparmi non superiori ai 3.000.000 euro). Infine, nelle famiglie povere il livello di risparmio medio si abbassa drasticamente: mediamente una famiglia povera dispone di poco più di 1.900 euro di beni mobili, tuttavia si consideri che la metà e oltre delle famiglie povere (in tutto 1.242) non riesce a risparmiare nulla. I dati sui redditi e sui patrimoni mobiliari non esauriscono la definizione delle condizioni economiche delle famiglie. Infatti, un altro elemento di grande importanza va considerato nella descrizione dei casi: l’abitazione. Nella tabella seguente le famiglie a cui appartengono i dipendenti e i co.co.pro sono state suddivise per condizione economica e possesso (o meno) della propria abitazione. 27 Tab. 20 – Distribuzione delle famiglie in cui sono presenti dipendenti e/o co.co.pro. per condizione economica e tipologia di abitazione. Casa di proprietà VA Famiglia NON povera 1.820 53,9% 1.556 46,1% 3.376 100,0% 149 12,0% 1.093 88,0% 1.242 100,0% 1.969 42,6% 2.649 57,4% 4.618 100,0% Famiglia povera Totale Casa di proprietà % Casa in locazione VA Condizione economica famiglia Casa in locazione % Totale Totale % La differenza nel possesso dell’abitazione tra famiglie povere e non è marcatissima: le famiglie non povere proprietarie della dimora in cui abitano sono il 53,9% dei casi, contro il 12% delle famiglie povere. Viceversa, il numero delle famiglie locatarie raggiunge l’88% delle famiglie povere: si tratta di quasi il doppio di quanto avviene tra le famiglie non povere (46,1%). Particolarmente interessanti sono i dati sui canoni di locazione (cfr. tabella seguente): le famiglie povere pagano – in media – un affitto più alto delle famiglie non povere dell’83%. Tab. 21 - Distribuzione delle famiglie in cui sono presenti dipendenti e/o co.co.pro. per condizione economica e media del canone di locazione. Condizione economica famiglia Famiglia NON povera Famiglia povera Canone di locazione medio € 1.872,82 € 3.429,92 Il dato merita di essere approfondito: con buona probabilità, i canoni di locazione delle famiglie non povere sono, nella realtà, più alti. L’importo di locazione dichiarato in sede di dichiarazione ISEE, probabilmente, risente del fatto che non sempre, e non interamente, gli importi degli affitti vengono dichiarati ai fini fiscali. Dunque, una quota parte del canone di locazione potrebbe non apparire nelle singole dichiarazioni. Inoltre, i processi di attribuzione dell’alloggio popolare sono piuttosto lenti: dunque è possibile che molte delle famiglie non povere abbiano ottenuto negli anni passati un alloggio popolare. Tale evento può aver contribuito decisamente al miglioramento della loro condizione economica sollevandoli dallo stato di povertà relativa. Dunque, tali nuclei familiari, oggi, risultano non (più) 28 poveri e con un affitto più basso di coloro che vengono classificati come indigenti. Rilevante è anche il dato sulle locazioni gratuite (cfr. tabella seguente). Tab. 22 - Distribuzione delle famiglie in cui sono presenti dipendenti e/o co.co.pro. per condizione economica e locazione gratuita. Condizione economica famiglia Famiglia NON povera Famiglia povera Totale Locazione gratuita VA 378 201 579 Locazione gratuita sul totale (casa in locazione) 24,3% 18,4% 21,9% Anche in questo caso il dato mostra qualche sorpresa: sono le famiglie non povere che usufruiscono di più della locazione gratuita (il 24,3% contro il 18,4% delle famiglie povere). Il fenomeno è, probabilmente, spiegabile riferendosi alle maggiori risorse economiche dei gruppi familiari / amicali allargati di cui godono le famiglie non povere rispetto a quelle povere (spesso, come si ricorderà, costituite da stranieri): è relativamente più semplice per una famiglia non povera avere contatti con parenti e – in misura minore – amici disposti a mettere a loro disposizione l’alloggio a titolo gratuito di quanto non lo sia per una famiglia povera che – spesso – intrattiene rapporti con gruppi familiari allargati e amicali che presentano una situazione economica (e immobiliare) simile alla loro. 29 4.7 Le prestazioni richieste dai working poors L’analisi dei dati può essere ulteriormente arricchita verificando – per le famiglie povere e per quelle non povere – la tipologia di prestazioni richieste al momento della compilazione della domanda ISEE. Il dato è particolarmente rilevante poiché contribuisce a spiegare quali servizi di welfare siano più rilevanti per le famiglie indigenti. Tab. 23 – Distribuzione delle prestazioni richieste dalle famiglie NON povere in cui sono presenti dipendenti e/o co.co.pro. Tipologia di servizi richiesti da dichiaranti appartenenti a famiglie NON povere Altre prestazioni economiche assistenziali Prestazioni scolastiche (libri scolastici, borse di studio, ecc.) Mense scolastiche Agevolazioni per servizi di pubblica utilità (telefono, gas) Esenzione TICKET Agevolazioni per tasse universitarie Asili nido e altri servizi educativi per l’infanzia Prestazioni del diritto allo studio universitario Tariffe Agevolate ENEL Tariffa Agevolata Acquedotto Servizi socio sanitari domiciliari Servizi socio sanitari diurni, residenziali, ecc. Assegno di maternità Assegno per il nucleo familiare con tre figli minori CARTA ACQUISTI Canone Telecom Posto alloggio Tessera gratuita ATM Totale complessivo VA % 3.615 24,7% 2.134 2.048 14,6% 14,0% 1.795 1.143 756 12,2% 7,8% 5,2% 737 5,0% 723 451 363 312 4,9% 3,1% 2,5% 2,1% 311 114 2,1% 0,8% 94 34 22 2 1 14.655 0,6% 0,2% 0,2% 0,0% 0,0% 100,0% 30 Tab. 24 – Distribuzione delle prestazioni richieste dalle famiglie povere in cui sono presenti dipendenti e/o co.co.pro. Tipologia di servizi richiesti da dichiaranti appartenenti a famiglie povere Altre prestazioni economiche assistenziali Agevolazioni per servizi di pubblica utilità (telefono, gas) Prestazioni scolastiche (libri scolastici, borse di studio, ecc.) Mense scolastiche Esenzione TICKET Tariffe Agevolate ENEL Tariffa Agevolata Acquedotto Asili nido e altri servizi educativi per l’infanzia Servizi socio sanitari diurni, residenziali, ecc. Servizi socio sanitari domiciliari Agevolazioni per tasse universitarie Prestazioni del diritto allo studio universitario Assegno per il nucleo familiare con tre figli minori CARTA ACQUISTI Assegno di maternità Canone Telecom Posto alloggio Tessera gratuita ATM Totale complessivo VA % 271 25,0% 182 16,8% 139 137 55 53 41 12,8% 12,7% 5,1% 4,9% 3,8% 40 3,7% 38 37 25 3,5% 3,4% 2,3% 24 2,2% 13 11 9 6 1 0 1.082 1,2% 1,0% 0,8% 0,6% 0,1% 0,0% 100,0% Sia le famiglie non povere che quelle povere richiedono sia contributi economici che agevolazioni riferite alle tariffe associate a servizi. Tuttavia, tra le due distribuzioni qualche differenza emerge: Dall’analisi del ranking delle prestazioni sembra emergere – seppur moderatamente – che accanto alle prestazioni economiche (contributi di vario genere a sostegno delle famiglie) che costituiscono i servizi maggiormente richiesti in entrambe le distribuzioni, vi sono richieste di agevolazioni che, nelle famiglie non povere, sono – nella maggioranza dei casi – riconducibili ai servizi alla persona (rientrano in questa categoria l’esenzione / agevolazioni al pagamento delle mense scolastiche, agli asili nido, alle prestazioni connesse al diritto allo studio, ma anche l’esenzione al pagamento dei ticket sanitari che risultano intrinsecamente connessi ai servizi di cura alla persona). 31 Nelle famiglie povere, invece – dopo le “altre prestazioni economiche” – prevalgono le riduzioni delle tariffe dei servizi di pubblica utilità quali luce, gas, acqua, telefono. L’impressione che si trae è che le riduzioni richieste dalle famiglie povere siano collegate alla necessità di garantirsi l’accesso a servizi di prima necessità, senza i quali non sarebbe possibile vivere (in modo dignitoso), mentre per le famiglie non povere la richiesta di intervento dei servizi di welfare locale è orientata ad ottenere l’accesso agevolato a un carnet di prestazioni la cui urgenza, nella graduatoria dei bisogni primari, è comunque secondaria rispetto alle istanze di lavarsi, cucinare, riscaldarsi, comunicare, etc. Tab. 25 – Raffronto del ranking delle prestazioni richiesta dalle famiglie povere e quelle non povere in cui sono presenti dipendenti e/o co.co.pro. Tipologia di servizi richiesti da dichiaranti appartenenti a famiglie non povere Altre prestazioni economiche assistenziali Prestazioni scolastiche (libri scolastici, borse di studio, ecc.) Mense scolastiche Agevolazioni per servizi di pubblica utilità (telefono, gas) Esenzione TICKET Agevolazioni per tasse universitarie Asili nido e altri servizi educativi per l’infanzia Prestazioni del diritto allo studio universitario Tariffe Agevolate ENEL Tariffa Agevolata Acquedotto Servizi socio sanitari domiciliari Servizi socio sanitari diurni, residenziali, ecc. Tipologia di servizi richiesti da dichiaranti appartenenti a famiglie povere Altre prestazioni economiche assistenziali Agevolazioni per servizi di pubblica utilità (telefono, gas) Prestazioni scolastiche (libri scolastici, borse di studio, ecc.) Mense scolastiche Esenzione TICKET Tariffe Agevolate ENEL Tariffa Agevolata Acquedotto Asili nido e altri servizi educativi per l’infanzia Servizi socio sanitari diurni, residenziali, ecc. Servizi socio sanitari domiciliari Agevolazioni per tasse universitarie Prestazioni del diritto allo studio universitario Assegno per il nucleo familiare con tre figli minori Assegno di maternità Assegno per il nucleo familiare con tre figli minori CARTA ACQUISTI CARTA ACQUISTI Assegno di maternità Canone Telecom Canone Telecom Posto alloggio Posto alloggio Tessera gratuita ATM Legenda: in giallo le prestazioni che mantengono lo stesso ranking nelle due distribuzioni 32 4.8 La collocazione dei working poors nel territorio provinciale Nella tabella seguente i lavoratori dipendenti ed i co.co.pro. della Provincia di Siena che vivono in famiglie povere sono stati disaggregati per Comune di residenza. La tabella è stata costruita rapportando il valore assoluto dei lavoratori poveri associati a ciascun Comune con il numero di cittadini residenti in famiglia nei singoli comuni nel 2012 (dati Istat). Dai dati esposti nella tabella seguente emerge che, in valore assoluto, i poveri si concentrino nei Comuni di Siena (19,1% del totale), Poggibonsi (13,5% del totale), Colle Val d’Elsa (10,6% del totale). Tuttavia, la “mappa della povertà” cambia se si considera il rapporto tra il numero dei poveri e la popolazione residente in famiglia nei singoli Comuni: i valori più alti dell’indicatore suddetto sono, infatti, associati ai Comuni di Monticiano (1,59%), Buonconvento (1,08%), Sinalunga (0,97%), Torrita di Siena (0,91%), Chiusi (0,86%). Inoltre, distribuendo i comuni in ordine decrescente, in base al rapporto tra poveri e popolazione residente in famiglia, ben 6 realtà comunali delle prime 10 hanno una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti (residenti in famiglia). L’impressione che si trae è che, rispetto alla numerosità della popolazione residente in famiglia, siano i centri minori l’ambito territoriale in cui si annida la maggior povertà relativa. E’ probabile quindi che la mancata emersione di tensioni sociali in tali centri minori sia legata da un lato ad una buona tenuta delle prestazioni di welfare locale e dall’altra alla maggiore diffusione, in contesti così ristretti, di rapporti di tipo primario e solidaristico tra i diversi abitanti. D’altronde i rapporti di prossimità di tipo primario – alla prova dei fatti – hanno sempre dimostrato di essere in grado di alleviare non poco i disagi di tipo economico – sociale. Tab. 26 - Distribuzione dei dipendenti e/o co.co.pro appartenenti a famiglie povere per Comune di residenza. Comune VA % Popolazione residente in famiglia* VA/Pop. Res. In fam. Siena 272 19,1% 51.960 0,52% Poggibonsi 193 13,5% 29.161 0,66% Colle di Val d'Elsa 151 10,6% 21.314 0,71% Sinalunga 121 8,5% 12.435 0,97% 33 Comune VA % Popolazione residente in famiglia* VA/Pop. Res. In fam. Chiusi 75 5,3% 8.720 0,86% Torrita di Siena 67 4,7% 7.313 0,91% Montepulciano 41 2,9% 14.101 0,29% Monteriggioni 38 2,7% 9.438 0,40% Abbadia San Salvatore Castelnuovo Berardenga 37 2,6% 6.497 0,56% 37 2,6% 8.825 0,41% Buonconvento 35 2,5% 3.233 1,08% Asciano 33 2,3% 7.207 0,46% San Gimignano 33 2,3% 7.568 0,44% Rapolano Terme 32 2,2% 5.086 0,63% Monteroni d'Arbia 30 2,1% 8.792 0,34% Casole d'Elsa 29 2,0% 3.861 0,74% Sarteano 29 2,0% 4.616 0,62% Chianciano Terme 27 1,9% 6.870 0,39% Monticiano 24 1,7% 1.503 1,59% Murlo 18 1,2% 2.392 0,73% Castiglione d'Orcia 14 1,0% 2.448 0,59% Sovicille 14 1,0% 10.069 0,14% Castellina in Chianti 10 0,7% 2.781 0,34% Piancastagnaio 10 0,7% 4.152 0,23% Montalcino 8 0,6% 5.092 0,16% Radicondoli 8 0,6% 934 0,85% San Quirico d'Orcia 8 0,6% 2.668 0,30% Gaiole in Chianti 6 0,4% 2.780 0,23% San Giovanni d'Asso 6 0,4% 891 0,71% Trequanda 5 0,3% 1.318 0,36% Chiusdino 3 0,2% 1.841 0,17% 34 Comune VA % Popolazione residente in famiglia* VA/Pop. Res. In fam. Pienza 3 0,2% 2.127 0,15% San Casciano dei Bagni 3 0,2% 1.648 0,19% Cetona 2 0,1% 2.804 0,06% Radicofani 2 0,1% 1.148 0,14% Totale 1.423 100,0% 263.593 0,54% Nota: * In questa sede si parla di famiglia sensi dell’art. 4 del regolamento anagrafico (DPR 223 del 1989), in base al quale si intende per famiglia “ un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune”. Le famiglie sono conteggiate sulla base del numero di schede di famiglia presenti nell’archivio anagrafico. 4.9 Alcune conclusioni sui dati quantitativi Dalle informazioni riportate in precedenza, è possibile modellizzare il working poor senese. Naturalmente il “ritratto” che definiremo tra breve non risulta uno specchio fedele della realtà, ma – piuttosto – va considerato come una sua rappresentazione verosimile, in grado di comprendere al suo interno le diverse sfumature dell’indigenza che colpisce le persone che lavorano. Dai dati esposti viene confermato quanto ampiamente ribadito dalla più diffusa letteratura sull’argomento: la povertà che affligge chi lavora non trova le sue radici solo nei bassi salari, ma anche – e soprattutto – nei bassi redditi delle famiglie in cui il lavoratore è inserito (cfr. ISFOL, 2011). A tale proposito si può affermare che il working poor senese ha contratti di lavoro precari o di tipo subordinato, in prevalenza part-time. Il reddito familiare che li caratterizza, in media, non supera i 12.600 euro annui; tuttavia molti di loro hanno redditi familiari nettamente inferiori a tale importo. Nella maggioranza dei casi (88%) i lavoratori poveri vivono in case in affitto, consumando buona parte del proprio reddito per pagarne la locazione (spesso calmierata). Quest’ultima, mediamente, risulta più alta di quello dei lavoratori e delle famiglie non poveri. Il working poor ha un’età media di 42 anni, è sposato e vive in nuclei familiari costituiti, in genere, da 4 persone (contro le 3,4 dei lavoratori non poveri). Tuttavia, sembra che la perdita dello status 35 coniugale (separazione, vedovanza, divorzio) contribuisca a far scivolare i soggetti da una condizione economica dignitosa verso l’indigenza. I lavoratori poveri sono in prevalenza stranieri, anche se – in termini di maggioranza relativa – prevalgono gli italiani seguiti da rumeni e albanesi. Non esistono differenze sostanziali tra lavoratori poveri e non in relazione alla presenza o meno – nei rispettivi nuclei familiari – di soggetti portatori di handicap, tuttavia se i disabili ci sono, nelle famiglie dei lavoratori poveri, il loro numero è considerevolmente maggiore. Sia le famiglie dei lavoratori non poveri che quelle dei lavoratori poveri richiedono prestazioni alle strutture di welfare locale, tuttavia, l’approccio seguito è nettamente diverso: i lavoratori non poveri richiedono l’accesso agevolato a prestazioni di servizio (mense scolastiche, prestazioni riconducibili al diritto allo studio, servizi socio-sanitari, etc.), mentre i lavoratori poveri prima di richiedere facilitazioni nell’accesso ai suddetti servizi, puntano ad ottenere sconti sul soddisfacimento dei bisogni primari: cucinare, riscaldarsi, comunicare (ci si riferisce alla richiesta di riduzioni tariffarie sulle bollette del gas, acqua, luce, telefono, etc.). La collocazione geografica dei working poors della Provincia di Siena vede prevalere i Comuni più popolosi, tuttavia è nei centri più piccoli in cui il numero dei poveri sulla popolazione residente in famiglia risulta moderatamente più elevato. D’altronde è proprio in campagna che le reti di solidarietà, che nascono fra soggetti accomunati da rapporti di buon vicinato, riescono ad incidere con maggior successo sugli effetti del disagio socio-economico, contenendo l’emergere di fenomeni di tensione e devianza sociale. 36 5 - Un approfondimento relativo ai lavoratori poveri nella Provincia di Siena: i risultati di un’indagine qualitativa condotta nella Val d’Elsa A seguito dell’analisi svolta sulle dichiarazioni ISEE e illustrata nei paragrafi precedenti, nel corso dei mesi di novembre e dicembre 2013, nel territorio dell’alta Val d’Elsa, è stata condotta una ricerca di carattere qualitativo per approfondire alcuni dei risultati della suddetta analisi. Nello specifico si sono volute approfondire le seguenti tematiche: 1. le caratteristiche principali che nel territorio dell’alta Val d’Elsa contraddistinguono la condizione di povertà delle famiglie. In particolare, si è inteso analizzare le condizioni dei soggetti definiti come working poors e dei relativi nuclei familiari: infatti un aspetto centrale dell’indagine è stato proprio l’approfondimento della situazione familiare (numero di persone che la compongono, presenza di figli minori, presenza di altre persone a carico – anziani, disabili – situazione di separazione, monoparentalità, ecc.) e come queste situazioni possano condizionare lo stato di working poor. Nello specifico, si è poi cercato di definire le tipologie di lavoro che svolgono questi soggetti, le relative caratteristiche, e se siano impegnate in attività di miglioramento della propria condizione lavorativa (ad es. in formazione o alla ricerca di lavori maggiormente qualificati e remunerativi). Altri aspetti analizzati hanno riguardato la loro condizione abitativa (dove vivono, come fanno a pagare l’affitto), la localizzazione (nei piccoli centri urbani, in campagna), la nazionalità prevalente; 2. le situazioni/condizioni nelle quali si esplicita la condizione di povertà rifacendosi al concetto già accennato in precedenza di deprivazione materiale, 3. sulla base dell’esperienze degli intervistati, si è cercato di ricavare una valutazione qualitativa dell’estensione del fenomeno dei working poors nel territorio dell’alta Val d’Elsa e se eventualmente esistono anche altre tipologie di disagio sociale. Si sono poi indagate le modalità attraverso le quali i soggetti in povertà riescono a sopravvivere e/o a far fronte alle spese che eccedono il loro reddito e quali tipologie di aiuto richiedono (anche sulla base della lista di cui alla Tabella 24 relativa alla distribuzione delle prestazioni richieste dalle famiglie povere in sede di richiesta della dichiarazione ISEE), 37 4. infine, si è cercato di individuare quali possono essere i possibili interventi per migliorare la situazione di questi soggetti e delle loro famiglie in termini di accrescimento del reddito disponibile e/o di miglioramento delle condizioni del lavoratori in un’ottica di maggiore occupabilità e di ottenimento di condizioni lavorative migliori. Nella pratica si è fatto anche il punto delle attività di aiuto prestate dalle istituzioni locali, pubbliche e private. La ricerca qualitativa è stata condotta mediante interviste realizzate a assistenti sociali del territorio di riferimento e, in misura minore, presso operatori dei CPI. Si è inoltre consultato il materiale prodotto dalla Fondazione Territori Sociali Alta Val d’Elsa (FTSA 2012) su i bisogni primari dei soggetti in condizione di povertà nel contesto oggetto di indagine. 5.1 - I principali risultati della ricerca In termini generali viene confermato il progressivo peggioramento della situazione economico e sociale del territorio, messa in evidenza dall’allargamento delle situazioni di povertà con l’aumento del numero di soggetti purtroppo coinvolti da incipienti processi di impoverimento. Infatti, la percezione del peggioramento delle condizioni socio-economiche del territorio dell’alta Val d’Elsa è confermata dalle opinioni dei soggetti intervistati che mettono in evidenza un incremento della vulnerabilità sociale di determinate categorie di soggetti e famiglie causata principalmente dalla crisi economica e quindi da difficoltà lavorative. A conferma di quanto emerso dall’analisi delle dichiarazione ISEE, sembra quindi in aumento il numero di famiglie e di soggetti che entrano in condizioni di povertà e di soggetti che si caratterizzano per situazioni di povertà estrema, ma anche e soprattutto l’aumento delle famiglie e dei soggetti che si stanno avvicinando a questa soglia. Di seguito illustreremo i principali fattori caratterizzanti le situazioni di povertà e le situazioni a rischio di povertà, con l’avvertenza che una delle caratteristiche delle condizioni degli incipienti processi di povertà è precisamente la sua multidimensionalità e multi problematicità: in tal senso la condizione di povertà implica un mix di fattori “scatenanti” ed anche un mix di situazioni specifiche che sono associate, non solo a forme di disagio socio-economico, ma anche di disagio sanitario e psicologico, quest’ultime ben evidenziate anche dei dati relativi al crescente numero di richieste di 38 supporto psicologico e di ascolto rilevate negli ultimi anni (FTSA 2012). Come già ricordato, le attuali difficoltà lavorative sono la principale causa delle crescenti situazioni di disagio socio-economico. In particolare, sono proprio le condizioni di precarietà e di assenza di lavoro che hanno un’influenza fortemente negativa su situazioni familiari e personali precarie, provocando stati di instabilità relazionale tra i membri e situazioni di squilibrio economico e finanziario. Inoltre, le difficoltà legate alla mancanza di risorse finanziarie (anche per famiglie che nel passato riuscivano a non avere problemi di questo tipo) genera una serie di comprensibili problematiche di “sopravvivenza” quotidiana, fino a giungere a problemi abitativi, quest’ultimi messi in evidenza dal crescente aumento degli sfratti5. A tutto questo si somma anche l’indebolimento dei tradizionali sistemi di sostegno sociale come le reti familiari e amicali, la cui assenza e/o debolezza genera e/o potenzia le situazioni di disagio, situazioni che in alcuni casi segnalatici sono aggravate da problemi di salute e dal sopraggiungere, anche se non in maniera diffusa, di problemi di dipendenza, come l’alcolismo. Ma il tema delle reti familiari e/o amicali è proprio un punto chiave messo in evidenza dagli intervistati. In particolare, la condizione delle famiglie in difficoltà socio-economica è caratterizzata e aggravata dalla debolezza e/o assenza di reti familiari e amicali in grado di sostenere la situazione di profondo disagio che caratterizza questa tipologia di soggetti. E questo non solo sotto il profilo strettamente finanziario ma anche e soprattutto sotto il profilo relazionale e morale, nel senso di mancato supporto e aiuto necessari nel momento di difficoltà che li colpisce e dal quale risulta difficile uscirne. Nondimeno, nelle situazione descritta, nel territorio della Val d’Elsa questi soggetti non sono soli perché si rileva la forte presenza di uno strutturato sistema pubblico e privato di aiuto sociale che cerca, pur in mezzo alle molteplici difficoltà generate dal periodo di crisi economica, di fornire un 5 I dati della FTSA (2012) relativi al 2012 sottolineano un forte incremento del rischio abitativo dovuto, da un lato, alla sempre più frequente insufficienza di entrate delle famiglie per far fronte ai canoni di locazione e, dall’altro, alla complessità e difficoltà del mercato immobiliare. La percezione maturata durante l’ultimo anno da parte degli assistenti sociali della FTSA mette in evidenza un’ulteriore peggioramento. 39 adeguato supporto a chi si trova in condizioni di disagio. In particolare, a chi in queste condizioni si è venuto a trovare in maniera “inaspettata” in quanto, fino a poco tempo prima, poteva definirsi in condizioni normali e di benessere relativo. In questo contesto un aspetto caratterizzante è dato proprio da una crescente vulnerabilità di famiglie che si trovavano in una situazione di apparente normalità ma che in questo momento sono cadute in forme di disagio per il quale hanno bisogno di aiuto, tenendo conto anche della circostanza che non sono preparate ad affrontare queste situazioni. Ancora una volta l’assenza/debolezza di meccanismi di solidarietà/supporto fornito dalle reti familiari ed amicali risulta un elemento centrale per capire l’evoluzione (negativa) di queste situazioni. L’importanza delle reti familiari e/o amicali ci aiuta a trovare una possibile chiave di lettura per capire come mai il disagio socio-economico colpisce in maniera più limitata (anche se in lieve crescita nell’ultimo anno) la popolazione autoctona della Val d’Elsa, ed è invece prevalente, ed in maniera crescente, presso la popolazione immigrata sia straniera che proveniente da altre parti d’Italia, in special modo dal sud d’Italia. Questa ultima tipologia di popolazione è comunque presente nel territorio da un periodo abbastanza lungo (20-25 anni) ma ciò nonostante ha una capacità minore rispetto a quella autoctona di far fronte alla attuale difficile congiuntura. Nella maggior parte dei casi si tratta di famiglie che avevano redditi accettabili, ma il cui equilibrio non era del tutto stabile essendo vicine alla soglia di povertà ma che, comunque, si sentivano “protette” dalle forme di disagio che invece oggi si trovano a dover affrontare. In ogni caso, e a prescindere dall’origine territoriale delle famiglie colpite o esposte a forme di disagio socio-economico e soprattutto di povertà, si può definire una serie di caratteristiche tipo di queste famiglie e/o soggetti individuandone alcune situazioni tipiche che le caratterizzano. In queste tipologie rientrano, in primo luogo, le famiglie monogenitoriali e le famiglie monoreddito, due contesti che nella realtà si intrecciano tra di loro creando situazioni estremamente delicate e complesse. In relazione ai nuclei monogenitoriali si fa riferimento, in particolare, alle famiglie separate con figli minori, separazione spesso provocata dalle difficoltà create dalla crisi, come la perdita di 40 lavoro. La separazione in più nuclei familiari con limitato equilibrio finanziario induce la caduta in situazioni di povertà per molteplici motivi, aggravati da situazioni come l’incapacità del padre di mantenere due nuclei familiari (doppie spese, per esempio, per affitti, bollette), la precarietà dell’eventuale lavoro delle madri, la presenza stessa di figli minori che implica la presenza di numerosi bisogni primari. In questo contesto sono i nuclei familiari costituiti da donne monoparentali ad essere più a rischio6. Altra tipologia di soggetti a rischio povertà è costituita dalle famiglie monoreddito, in particolare quelle con figli minori. In questi casi la situazione di relativo benessere o quantomeno sicurezza che caratterizzava queste famiglie era strettamente dipendente dal fatto che fosse solo un membro della famiglia che generava reddito. Il sopraggiungere di difficoltà lavorative (come l’aumento della precarietà) se non addirittura la perdita di lavoro, hanno fatto piombare questi nuclei familiari in condizioni di povertà, situazioni che spesso hanno generato problemi abitativi come l’incapacità di pagare l’affitto e quindi arrivare allo sfratto. Le suddette tipologie di situazione sono quelle che, seppur in corso di forte aumento in termini strettamente numerici, erano presenti anche nel passato, cioè nel periodo pre-crisi. Non si rilevano “qualità” diverse dei soggetti a rischio, ma solo una maggiore estensione del fenomeno. Insieme alle suddette situazioni, si nota però l’emergere di “nuove” tipologie di soggetti e famiglie che sono, non solo a rischio povertà, ma che già si trovano in questa situazione. In questa direzione, si precisa che ci si riferisce soprattutto a quelle famiglie che avevano un reddito accettabile e che comunque gli permetteva di godere di condizioni di relativo benessere, ma che attualmente si trovano in forte difficoltà economica fino ad entrare in situazioni di povertà: questa situazione è principalmente dovuta alla presenza di debiti pregressi 7 ai quali non riescono più a onorare. L’incapacità di far fronte a questi debiti pregressi ha provocato un lento impoverimento 6 Si segnala anche un fenomeno che per il momento è limitato ma segnalato in aumento, ovvero una maggiore presenza di uomini soli (con 50 anni, senza famiglia e lavori precari) che inizia ad essere una tipologia di soggetti a rischio povertà. 7 I debiti pregressi ai quali si fa riferimento sono della natura più svariata, dall’acquisto di un auto, dalla sottoscrizione di piccoli prestiti ad esempio per l’acquisto di arredamento per la casa, dal mancato pagamento di tasse quali i bolli dell’auto, ecc. ecc. 41 delle famiglie e ha determinato una mancanza di liquidità che diviene strutturale e che di fatto genere situazioni di povertà. Anche molte famiglie di immigrati stranieri che godevano di un relativo benessere, attualmente transitano in una fase di improvviso peggioramento delle loro condizioni di vita, spesso avvenuto in coincidenza o subito dopo il ricongiungimento familiare (FTSA 2012), generate dalla perdita o riduzione del lavoro che implica la perdita della casa e, a volte, la caduta in uno stato di irregolarità amministrativa. Un'altra tipologia sempre più frequente è quella degli anziani, in particolare quelli soli e senza figli, che non avevano problemi a vivere dignitosamente con il reddito generato dalla pensione ma che ora si trovavo a dover fronteggiare una situazione nella quale la pensione non è più sufficiente e che quindi li sta facendo varcare la soglia di povertà. Altre situazioni in lento peggioramento sono quelle relative alle giovani coppie e a soggetti, in particolare stranieri, che per problemi di salute non sono più in grado di lavorare o non possono più svolgere le mansioni lavorative che abitualmente svolgevano. Infine due osservazioni che crediamo importante riportare per comprendere i processi in atto: la prima riguarda soprattutto, ma non solo, i soggetti e le famiglie che abbiamo definito “nuove” tipologie di soggetti in povertà o a rischio di povertà. Sintetizzando, da un lato si riconosce che è vero che la povertà è indotta da situazioni “oggettive” generate dalla difficilissima congiuntura economica che di fatto rende arduo l’ottenimento o il mantenimento del lavoro, come anche da situazioni familiari complesse (come la separazione con presenza di figli) e situazioni di debolezza sanitaria, il tutto aggravato dalla debolezza/assenza di reti familiari e/o amicali di sostegno e aiuto. Dall’altro, si deve ammettere anche la presenza di un fattore comportamentale e culturale che in molti casi provoca o comunque contribuisce fortemente alla situazione di povertà. Ci riferiamo al problema che caratterizza molte famiglie nelle scelte di allocazione del proprio reddito, in quanto in situazioni di reddito limitato l’allocazione “sbagliata” di quest’ultimo può generare povertà. Le scelte sbagliate di allocazione su come impiegare il proprio reddito 42 (scarso) sono causate essenzialmente da un sistema di valori e di priorità distorte che mettono in discussione l’equilibrio finanziario della famiglia. I valori e le priorità distorte conducono a privilegiare spese superflue e non quelle necessarie per la sopravvivenza della famiglia. Senza volere banalizzare il problema, ad esempio, si rilevano delle situazioni in cui i soggetti non comprano cibo ma decidono di impiegare risorse per la ricarica del credito del telefono cellulare (per non parlare dell’acquisto del cellulare stesso), o si indebitano per certe tipologie di spese non essenziali trovandosi poi in condizioni di non poterle sostenere. la seconda osservazione riguarda la capacità di far fronte alla situazione di povertà per cercare di uscirne. Senza scordarci la difficoltà del momento, ci preme evidenziare però che nella maggior parte dei casi si nota una certa passività e rassegnazione nell’affrontare la povertà, limitandosi solo alla percezione di contributi o nel “vivacchiare” alla giornata. D’altra parte quelle che abbiamo definito “nuove” tipologie sono meno abituate alla condizioni di povertà per cui l’atteggiamento passivo può rappresentare la soluzione più semplice, senza dimenticare che questo può avere effetti negativi sull’equilibrio dei soggetti e delle famiglie. 5.1.1 In cosa si sostanzia la condizione di povertà Sulla base delle situazioni descritte nel paragrafo precedente, abbiamo poi cercato di verificare in cosa nella realtà si sostanzia la condizione di povertà e in quali aspetti si manifesti. In primo luogo siamo andati a verificare l’estensione della presenza delle condizioni della c.d. deprivazione materiale, ovvero la situazione in cui si trova una famiglia (e i suoi componenti) quando si verificano una serie di condizioni8. Abbiamo quindi sottoposto agli intervistati la lista completa di queste condizioni che determinano la deprivazione materiale ed è emerso che, in linea di massima, secondo la loro opinione le famiglie in situazione di povertà si caratterizzano per la presenza di quasi tutte le condizioni elencate. 8 Ricordiamo che le condizioni sono le seguenti: i) non riesce a sostenere le spese impreviste, ii) non può permettersi almeno una settimana di ferie in un anno lontano da casa, iii) ha debiti arretrati (mutuo, affitto, bollette), iv) non è in grado di potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni, v) non può permettersi di riscaldare adeguatamente l’abitazione, vi) non può permettersi la lavatrice, vii) non può permettersi la tv a colori, viii) non può permettersi il telefono, ix) non può permettersi l’automobile [MLPS, 2011]. 43 Nello specifico è stato chiesto di indicare le tre principali condizioni che caratterizzano le famiglie in povertà nell’alta Val d’Elsa: queste sono in particolare il fatto che la famiglia povera “non riesce a far fronte alle spese impreviste” e che “ha debiti arretrati”, in misura minore che “non è in grado di potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni”. In secondo luogo abbiamo verificato quali sono le caratteristiche del lavoro delle famiglie povere. In questo senso si è rilevato che quando lavorano i soggetti in condizioni di povertà hanno lavori caratterizzati spesso da mansioni di basso/bassissimo livello, associate a una forte precarietà e da bassi redditi: in particolare, si rileva un’accentuazione della precarietà con contratti sempre più brevi e con minori garanzie per futuro. In ogni caso, si evidenzia che questi soggetti hanno comunque un atteggiamento fortemente passivo verso la ricerca di lavoro, “accontentandosi” di lavori saltuari, magari senza prospettiva, e di sussidi. L’atteggiamento passivo emerge anche quando si tratta di operare per il miglioramento della propria situazione lavorativa. Infatti, questi soggetti non si impegnano adeguatamente per cercare di migliorare la loro condizione lavorativa, come, ad esempio, cercando i migliorare le proprie competenze (ad esempio attraverso la formazione o la ricerca di lavori di livello più elevato e più remunerativi). D’altra parte, si deve riconoscere che questi soggetti difficilmente si potrebbero impegnare in queste attività considerando il poco tempo a disposizione che possono distogliere dal lavoro che risulta essere la loro unica fonte di sostentamento: questa situazione oltretutto non è possibile data la frequente assenza di una rete familiare che gli permetta il sostentamento economico necessario per potersi dedicare alla formazione o alla ricerca di nuove opportunità lavorative. Si deve comunque osservare che, attualmente, l’aggravamento della crisi ed il sentimento di sconforto e disperazione provocati dalla situazione di povertà incipiente stimola maggiormente questi soggetti ad attivarsi nella ricerca del lavoro, in particolare quelli in possesso di un livello culturale più elevato. In terzo luogo, abbiamo analizzato la condizione abitativa della famiglie povere. La condizione abitativa è generalmente di qualità scadente e caratterizzata da una forte precarietà, precarietà 44 confermata dal numero crescente di sfratti registratosi negli ultimi due anni. Il disagio abitativo è forte, anche se non è presente in maniera diffusa nel territorio il fenomeno dei senza tetto (FTSA 2012). In questo contesto, si rileva come il sopraggiungere dello sfratto e quindi della perdita della propria abitazione costituisce in certe situazioni il punto di svolta nell’atteggiamento dei soggetti in povertà, i quali a partire dalla minaccia di sfratto o dalla vera e propria perdita dell’abitazione rafforzano decisamente la loro attivazione per la ricerca di lavoro o per il miglioramento della loro situazione lavorativa. In quarto luogo, abbiamo cercato di approfondire la localizzazione delle famiglie povere, anche se dobbiamo riconoscere che con le informazioni in nostro possesso non possiamo effettuare affermazioni precise ma solo ipotesi in quanto sarebbe necessario un approfondimento delle ricerche in relazione a questo aspetto. In linea generale, emerge comunque la forte difficoltà dei centri urbani di piccole dimensioni (ad esempio Poggibonsi e Colle Val d’Elsa) che in passato hanno goduto di benessere ed occasioni di lavoro e che ora si trovano a fronteggiare la loro scarsezza. In questi centri si localizzano famiglie povere e maggiori difficoltà per supportale in quanto non esisteva l’abitudine alle situazioni di disagio diffuse e di conseguenza le strutture di supporto si sono dovute adeguare in pochi anni a un forte aumento numerico delle famiglie e dei soggetti bisognosi9. D’altra parte non si nega che il fenomeno sia esteso in tutto il territorio dell’alta Val d’Elsa, anche se le situazioni sono diverse. Nei luoghi lontani dai centri urbani le famiglie povere possono godere di prezzi inferiori e quindi di un costo della vita minore e, forse, di meccanismi di solidarietà più contigui e diretti. Infine, si è indagato sulle modalità attraverso le quali le famiglie in povertà riescono a sopravvivere. Abbiamo già accennato alle modalità con le quali le famiglie povere cercano di sopravvivere e soddisfare le proprie necessità più urgenti. Partendo dal riconoscimento che le attività lavorative 9 Ad esempio, nel capoluogo di provincia, il fenomeno della povertà trova un supporto e servizi più strutturati e capienti che nel resto della provincia. 45 svolte non riescono ad assicurare completamente le risorse necessarie per la propria sopravvivenza, le famiglie povere fanno ricorso a quelli che possiamo definire espedienti, soprattutto limitare le spese ritardando i pagamenti (delle utenze, degli affitti), non effettuandone alcune (ad esempio l’assicurazione dell’auto) esponendosi però alle spesse ovvie conseguenze. Fondamentale è in questo contesto il ricorso ai sussidi di varia natura. 5.1.2 Tipologie di aiuto richiesto e ricevuto dalle famiglie povere Una parte delle interviste è stata dedicata alla verifica delle prestazioni richieste dalle famiglie povere in sede di dichiarazioni ISEE presentate presso i CAAF CGIL della Provincia di Siena (cfr. Tabella 24). Le prestazioni richieste dalle famiglie povere sono quelle riportate nella tabella 24, ovvero la dichiarazione viene effettuata per richiedere prestazioni economiche assistenziali come i sussidi dei servizi sociali (ad esempio per buoni pasto) ed i contributi dei comuni (ad esempio per pagare gli affitti) come anche per altre tipologie di contributi (per badanti, per assistenza a domicilio di disabili). Le altre principali tipologie di prestazioni richieste riguardano le agevolazioni per i servizi di pubblica utilità (luce, gas), per prestazioni relative alla scuola (libri) e alle mense scolastiche. 5.1.3 Possibili soluzioni e misure di contrasto alla povertà In conclusione, abbiamo discusso con gli intervistati alcune possibili azioni e misure per contrastare le situazioni di povertà delle famiglie. Lasciando da parte ogni considerazione relative alla crisi ed alle conseguenti difficoltà del mercato del lavoro, si sono analizzate alcuni possibili interventi di contrasto alla povertà, riconoscendo che la mancanza e le difficoltà di trovare un lavoro remunerato dignitosamente rappresenta, in questo momento, il principale fattore che genera poi il fenomeno dei working poors nella sua veste di disagio economico e sociale delle famiglie. Azioni come sussidi e contributi, pur importanti, costituiscono solo misure di breve periodo che non possono essere considerate strutturali per 46 risolvere le problematiche della povertà e del disagio sociale10. Come prima osservazione occorre mettere in evidenza che nell’alta Val d’Elsa si è rilevata la presenza di una forte coscienza da parte delle istituzioni pubbliche, del terzo settore, della Caritas e delle Parrocchie circa la gravità delle situazioni di disagio socio-economico presenti nel territorio. Queste istituzioni locali hanno attivato (e continuano a farlo) una serie di interventi che agiscono in direzioni molteplici, come le misure per gli affitti e le emergenze abitative, i bonus per le bollette, i buoni spesa ed altri contributi economici, ecc. [FTSA 2012]. Sulla base di questa infrastruttura di attività di supporto ed aiuto, si possono comunque individuare due ambiti nei quali agire per la realizzazione di interventi e misure per contrastare e prevenire le situazioni di povertà in maniera più efficace. Il primo ambito riguarda l’auspicabile rafforzamento delle politiche sociali, soprattutto quelle che sono indirizzate ad aumentare le risorse disponibili per i sussidi/contributi e gli ammortizzatori sociali, fino a pensare anche ad estendersi ad una tematica delicata, ovvero quella del reddito minimo garantito. Nel breve periodo si evidenzia però la stringente necessità di continuare con le suddette attività di aiuto attivate dalle istituzioni locali pubbliche e private, ma anche con il rafforzamento e il potenziamento di progetti specifici che agiscano puntualmente per contrastare in maniera efficace le emergenze e per riuscire quindi a frenare situazioni di povertà incipienti11. Il secondo ambito riguarda lo sviluppo di azioni di più ampia portata e che coinvolgono essenzialmente quelle attività che hanno l’obiettivo principale di cercare di prevenire la caduta dei soggetti e delle famiglie in condizioni di povertà. 10 Non è questa la sede per discutere la tematica delle politiche per il lavoro: ci preme sottolineare però che le politiche per il lavoro di per sé non possono avere effetti positivi sull’occupazione se non agiscono in un contesto di politiche economiche ed industriali che consentano la riattivazione della produzione delle imprese. 11 Ad esempio, si menzionano i progetti che contemplano la collaborazione più stretta tra le istituzioni pubbliche, terzo settore e servizi sociali nel pensare e progettare servizi di contrasto e sostegno alle nuove forme di povertà e a progetti di “pronta accoglienza” che facciano fronte ai bisogni essenziali emersi come più forti, ovvero l’alimentazione e la casa (FTSA 2012). 47 In questa direzione si richiama la necessità di svolgere una forte azione culturale che agisca nel senso di diffondere e sensibilizzare circa la necessità di cambiare i comportamenti delle famiglie povere o a rischio di povertà (come ad esempio il sistema di priorità o una maggiore pro-attività nella ricerca di lavoro) per cercare di renderle più consapevoli dei “rischi” che corrono: la consapevolezza della propria condizione e dei comportamenti e scelte sbagliate costituisce una tematica da affrontare con fermezza. In questo senso azioni specifiche, di concerto tra i vari attori istituzionali, dovrebbero essere pianificate e realizzate con decisione per rendere effettivo il diritto allo studio. Senza cadere in banalità, l’innalzamento del livello culturale delle famiglie, soprattutto dei loro membri più giovani, può contribuire in maniera importante a prevenire ed evitare le situazioni di povertà. Infine, ci pare interessante proporre un’ultima riflessione che crediamo possa contribuire a struttura in un contesto unitario le azioni che abbiamo appena esposte contestualizzandole alla situazione dei working poors. Infatti, la situazione di povertà costituisce un fenomeno multidimensionale che dipende da vari e molteplici fattori e che nel caso specifico dei working poors è causato da situazioni lavorative insufficienti associate a condizioni familiari di disagio socio-economico presente o potenziale. Per questa ragione gli interventi e le possibili soluzioni/misure di contrasto alla povertà e al disagio sociale devono necessariamente agire sul lato del lavoro e sul lato del disagio socio-economico cercando di andare oltre l’erogazione di sussidi e contributi per rendere concreto il miglioramento della condizione lavorativa o la ricerca di lavoro. In questo senso, le politiche attive del lavoro rivolte alla famiglie povere o a forte rischio di povertà non possono prescindere da un’integrazione con le politiche sociali propriamente dette. Infatti, le forme di disagio sociale ed economico hanno una natura complessa ed articolata, e, dunque, un serio approccio alla loro risoluzione /attenuazione non può non considerare interventi interdisciplinari, finalizzati ad aggredire le problematiche dei soggetti in condizione di debolezza da tutte le angolazioni possibili. 48 Quanto appena riportato costituisce non solo l’oggetto del progetto “I.So.La – Integrazione Sociale e Lavoro” che nell’alta Val d’Elsa stanno realizzando il CPI di Poggibonsi e la FTSA12, ma anche una maniera innovativa ed efficace per affrontare e cercare di risolvere le condizioni di povertà e di rischio di povertà. 12 Il Progetto I.So.La punta ad integrare tra di loro gli interventi di politica attiva del lavoro e quelli sociosanitari. Lo sviluppo di tale integrazione ha implicato un forte intervento organizzativo – relazionale basato sui seguenti punti chiave: a) Presenza presso i Centri per l’Impiego (almeno in alcuni giorni della settimana) di operatori del servizio sociale. Si tratta di un affiancamento degli operatori del Centro per l’impiego orientato a verificare la condizione extra-lavorativa del soggetto. b) Al termine del colloquio con il soggetto svantaggiato deve essere fatto firmare un patto di servizio – progetto d’intervento nel quale siano enunciate sia le misure di politica attiva del lavoro attuate sul soggetto, sia gli eventuali interventi sociali (forme di sostegno / aiuto al soggetto, misure a favore della famiglia del soggetto svantaggiato, etc.). c) Istituzionalizzazione di momenti di confronto tra operatori dei Centri per l’Impiego e dei Servizi Sociali finalizzati a: segnalazioni reciproche di casi da prendere in carico; definizione delle strategie di intervento da attuarsi sui soggetti in carico; monitoraggio dei casi noti. 49 Bibliografia 1. Aristelli G. (2013), La condizione economica dei toscani. Un’indagine sugli archivi derivati dalle dichiarazioni ISEE presentate presso i CAAF CGIL della Toscana tra il 2007 e il 2011, in Focus economia, 4 novembre 2012. 2. Carrieri V. (2012), I working poor in Italia: quanti sono, chi sono, quanto sono poveri, in Rivista delle Politiche Sociali 2/2012. 3. Centra M., Curtarelli M., Gualtieri V. (2011), Paper for the Espanet Conference – Innovare il welfare. Percorsi di trasformazione in Italia e in Europa, atti del convegno Milano 29/9 – 1/10 – 2011. 4. Eurostat (2010), Combating poverty and social exclusion. A statistical portrait of European Union 2010, Statistical books. 5. Fondazione Territori Sociali dell’Alta Val d’Elsa – FTSA (2012), Povertà. Gruppo di lavoro per il PIS della Alta Val d’Elsa. 6. Isfol (2007), La qualità del lavoro in Italia. Seconda indagine, I Dossier del Mercato del Lavoro, Roma, Isfol. 7. Isfol (2011), La buona occupazione: i risultati delle indagini Isfol sulla qualità del lavoro in Italia, Roma, Isfol. 8. 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