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Non piacerà a tutti - Missionari Saveriani Brescia

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Non piacerà a tutti - Missionari Saveriani Brescia
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Redazione: Diego Piovani
Direttore responsabile: Marcello Storgato
Regist. Trib. di PR 07-03-1967 - n. 400
Stampa: Tipografia Camuna S.p.A. - Brescia
In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio P. T. Brescia C.M.P.,
detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa
2009 SETTEMBRE n. 8
Non piacerà a tutti
Leggendo la nuova enciclica sociale
Bambini - diritto all’istruzione
da tempo, “CaA nnunciata
ritas in veritate” era attesa.
Attuale oggi come risposta alla
situazione di crisi che tocca direttamente molta gente anche qui
da noi. Di solito noi parliamo dei
paesi più poveri come di realtà
lontane da noi, ma questa volta la
crisi batte alle porte delle nostre
case e sono
molti quelli
che ne de-
vono portare le conseguenze.
Una questione mondiale
Il discorso sullo sviluppo quindi non riguarda solo certi paesi,
ma tocca anche noi. La parola di
Benedetto XVI interpella tutti,
ricchi e poveri, europei e africani,
americani e asiatici e australiani,
davvero tutti. Mai come oggi è
vero che “la questione sociale è
diventata una questione mondiale” (14), che riguarda tutti. Perciò
la chiesa continua a insegnare la
sua dottrina sociale adattandola
alle attese del momento.
Certamente questa lettera non
piacerà a tutti. Chi non vuole cambiare la propria maniera di vivere,
chi crede che denaro e guadagno
siano tutto, chi non rispetta la vita,
chi pensa che la chiesa dovrebbe
parlare solo di “religione”... non
sarà entusiasta di questa “lettera”.
Ma coloro che si impegnano per
una nuova società fondata sulla
“carità nella verità” vi riconoscerà un aiuto provvidenziale per
cambiare il proprio stile di vita e
la scala dei suoi valori.
Tutto l’uomo,
tutti gli uomini
“Caritas in veritate” ci ricorda
che né il mercato né lo stato né
gli interessi di qualcuno possono
ignorare e violare i diritti dell’uomo. La centralità della persona
umana imprime una nuova visione a tutto il problema del progresso umano e sociale. Il Papa
non si nasconde la situazione attuale del mondo, dove le persone,
molte persone, soffrono per uno
sviluppo e per un’economia che
sono pensate non per promuove-
LETTERA A CHI LO CERCA
Perché non leggerla e rispondere?
p. MARCELLO STORGATO, sx
P
resiedevo alla Messa prefestiva in una parrocchia
multi etnica, nel senso che era
formata da migranti di quasi
tutte le regioni d’Italia. Si conoscevano poco i veri nomi di
famiglia. La gente veniva identificata con la provenienza: i
Marchigiani, gli Abruzzesi, i
Veneziani, i Sardi, i Milanesi, i
Toscani... e così via. A leggere
la Parola di Dio si è fatta avanti
una distinta signora con un distinto accento Ciociaro. Al salmo responsoriale la signora va
decisa: “A ogni versetto ripetete: «Il Signore è vicino! E chi
lo cerca?»”. Ci siamo trovati un
po’ spiazzati, imbarazzati nel
ripetere quel ritornello biblico,
che in effetti era un po’ diverso
e più consolante: “Il Signore è
vicino a chi lo cerca!”.
Mi è venuta in mente questa
piccola vicenda liturgica di Borgata, quando ho letto il titolo
dell’ultima lettera che i nostri
vescovi ci hanno indirizzato da
Roma: “Lettera ai cercatori di
Dio”. C’è ancora chi lo cerca?
Penso proprio di sì, altrimenti
i nostri vescovi non avrebbero
perso tempo a scrivere una lettera di 120 pagina a un destinatario che non esiste... La let-
tera porta la data del 12 aprile
2009 (Pasqua) e mi dispiace che
non abbia avuto abbastanza risonanza, neppure nelle nostre
comunità cristiane. È presentata dal vescovo teologo Bruno
Forte:
“La lettera si rivolge a tutti
coloro che sono alla ricerca del
volto del Dio vivente. Lo sono
i credenti che crescono nella
conoscenza della fede e chi
non crede ma avverte gli interrogativi su Dio. La lettera vorrebbe suscitare interesse anche
in chi non si sente in ricerca...
con amicizia e simpatia verso
tutti”. Il vescovo spera che la
lettera “arrivi a tanti, provochi
risposte e nuove domande, e
aiuti ciascuno a interrogarsi su
Dio e a lasciarsi interrogare da
lui”.
Insieme alla lettera dei vescovi, desidero proporvi una parte
della risposta del card. Martini
ai tanti “cercatori di Dio” che
gli scrivono e rivolgono domande (Corriere Sera, 26 luglio).
“Come recuperare la gioia della fede e della preghiera? Non
do consigli astratti, ma porto
quattro immagini. La prima è
quella di una cascata di montagna: se l’acqua non si butta
coraggiosamente, imputridisce.
La seconda è quella dell’alpinista di fronte a una parete ripida. Ha bisogno almeno di tre
appigli: nel nostro caso sono
un uomo di consiglio, il buon
umore e qualche buon libro,
La terza immagine è quella del
mormorio di un vento leggero.
Questa è la preghiera fatta a
partire da qualche salmo, meditata nel profondo del cuore.
La quarta immagine è quella di
chi sale in elicottero e vede un
più vasto panorama, che gli dà
orientamento e chiarezza. Ho
sperimentato in me stesso che
le difficoltà contro la fede crescono a misura che si rimpicciolisce il quadro di riferimento”.
Così conclude il cardinale.
E noi che facciamo? Certamente, tra i “cercatori di Dio”
ci siete voi, lettrici e lettori di
“Missionari Saveriani”, insieme con noi che cerchiamo e vediamo il volto di Dio in tutto e
in tutti. Perciò, dopo aver letto e gustato questa lettera, ve
la raccomando. Sarebbe anche
bello che rispondessimo in molti, facendo il punto della nostra ricerca. Perché non è bello
ignorare una lettera. È giusto
■
rispondere!
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p. GABRIELE FERRARI, sx
re l’uomo, ma solo per produrre
di più, guadagnare di più, mostrare la propria superiorità anche a
prezzo di calpestare gli altri.
E ci mostra che, anche per
coloro che sono usciti dal sottosviluppo, la “carità nella verità”
- cioè Gesù e il suo vangelo - è
la strada per non finire nella disumanità. Tutto deve essere rimesso al servizio dell’uomo, di
tutto l’uomo, perché lo sviluppo
è autentico quando è integrale e
raggiunge l’uomo in tutte le sue
dimensioni, materiali e spirituali,
personali e comunitarie; e di tutti
gli uomini, non solo di quelli che
ne sono protagonisti.
I colpi alla porta...
Un’altra idea che il Papa sviluppa e che attraversa tutta la
“lettera” è che il mondo deve
sentirsi, come del resto Dio lo
vuole, una grande famiglia di fratelli. La globalizzazione può aiutare a sentirsi fratelli, legati nello
stesso destino, corresponsabili di
tutti. Purtroppo “mentre i poveri
del mondo bussano ancora alle
porte dell’opulenza, il mondo
ricco rischia di non sentire più
quei colpi alla sua porta, per una
coscienza ormai incapace di riconoscere l’umano” (75).
Il Papa ci ricorda che l’attività economica non è in grado
di risolvere tutti i problemi sociali applicando solo la logica
del mercato. Essa deve essere
guidata dalla ricerca del bene
comune, abbandonando la logica dell’egoismo personale o
collettivo, per essere “strutturata
eticamente”. Deve cioè seguire
le norme morali ispirate dalla carità e dalla verità, e lasciarsi guidare dal “principio della gratuità
e dalla logica del dono” (36).
Questo aspetto può cambiare
il rigido sistema del mercato e
umanizzare lo sviluppo, l’economia, la finanza, eliminando
quei comportamenti che hanno
portato alle crisi attuali.
Insieme ai poveri della terra
Un’altra idea che attraversa tutta l’enciclica è l’attenzione ai più
poveri. Il Papa, sia che parli dello
sviluppo o del commercio o della
necessaria apertura dei mercati,
sia che tratti della globalizzazione
o della formazione allo sviluppo,
richiama sempre “lo scandalo di
disuguaglianze clamorose” (22).
Se si vuole costruire un mondo
nuovo nella giustizia, nella pace
e nella salvaguardia del creato,
bisognerà ripartire sempre dagli
ultimi, dai più poveri, tenendo
presente la loro condizione e operando per la loro promozione.
Solo in questo modo lo sviluppo del mondo sarà vero e l’umanità potrà camminare insieme.
Altrimenti i poveri non solo saranno trascurati (e già sarebbe un
peccato che grida vendetta al Cielo), ma finiranno per diventare un
peso che rallenta il possibile sviluppo di tutta la famiglia umana.
Il Papa ha scritto questa lettera
a tutti noi. Non sarà il caso che rispondiamo?
■
Bambini - diritto all’istruzione: Impariamo molto dai genitori, dalla famiglia, dall’ambiente... sin dai primi
giorni di vita; ma poi abbiamo bisogno di una istruzione più articolata,
che ci permetta di imparare le più
belle nozioni della cultura umana: è
un diritto per tutti (come nella foto
di Antonius Suhud, in Bangladesh).
2009 settembre n.
ANNO 62°
8
2
Padre Spagnolo e le saveriane
3
Per una chiesa vivente in Africa
4/5
Vogliamo i numeri
6
Efeso, la città delle magie
è iniziato l’anno sacerdotale
Partire è andare verso l’altro
Un dramma per i poveri del Congo
Una rapina e la Provvidenza
2009 SETTEMBRE
m is s ion e e spirito
L’icona della missione
A Efeso, la città delle magie
Paolo taumaturgo, conferenziere e scrittore
Corinto Paolo s’imbarca
D adiretto
in Siria, in compa-
gnia di Priscilla e Aquila. “Giunti a Efeso, entra nella sinagoga
e discute con i giudei. Questi lo
pregano di fermarsi più a lungo,
ma non acconsente. Tuttavia
prende congedo dicendo, “tornerò da voi, se Dio lo vorrà” (At
18,18-21). È il primo incontro di
Paolo con la grande città di Efeso, sede del tempio di Artemide,
una delle meraviglie del mondo
ellenistico. Vi arriva nell’autunno dell’anno 51 e riparte subito
per Gerusalemme.
Paolo torna a Efeso l’anno seguente, per rimanervi più di due
anni. È un periodo di grande importanza per la vita della prima
chiesa. Incontra alcuni discepoli
(e quindi cristiani?), che però
hanno ricevuto solo il battesimo
di Giovanni, e predica nella sinagoga per circa tre mesi.
Alla fine, “poiché alcuni si
rifiutavano di credere dicendo
male in pubblico di questa nuova
dottrina, si stacca da loro separando i discepoli e continua a discutere ogni giorno nella scuola
di un certo Tiranno. Questo dura
due anni, con il risultato che tutti
gli abitanti della provincia, giu-
dei e greci, hanno potuto
ascoltare la parola del Signore” (At 19,9-10).
è iniziato l’anno sacerdotale
TUTTO E SEMPRE
GRATUITAMENTE
p. ALFIERO CERESOLI, sx
2
di Corinto, davanti a Gallione.
Qualcuno lo denuncia, e magistrati solerti lo mettono in carcere in attesa di processo. Forse
qui conosce lo schiavo Onesimo,
per il quale scrive la lettera a Filemone; forse qui lo raggiunge
Epafrodito, che poi l’apostolo
rimanda a Filippi con la lettera
ai filippesi; è forse ancora da
questo carcere che scrive ai colossesi e agli efesini.
Qui infine scoppia la rivolta
degli argentieri, preoccupati dalla prospettiva di perdere il lavoro
e il guadagno, se nessuno viene
più a venerare la dea Artemide.
Non c’è quasi tempo per commentare questi fatti, tanto sono
densi e il loro ritmo incalzante.
Forse anche per la prolungata presenza di Paolo, e per le sfide culturali in essa affrontate, Efeso diventerà una delle capitali del pensiero
teologico della prima chiesa. ■
Non solo rose e fiori.
Le preoccupazioni venPaolo tiene conferengono a Paolo da lontano:
ze in un centro culturale
messaggi dalla Galazia
greco: è la prima volta,
lo informano della prediper quanto ne sappiamo.
cazione dei giudaizzanti,
Forse il responsabile sarà
che vogliono convincere
stato molto felice di offriri discepoli a farsi circongli un contratto, vedendo
cidere; amici da Corinto
che la sua presenza attiraraccontano di contrasti e
va ascoltatori. Possiamo
deviazioni in quella chieimmaginare le sfide intelsa. Paolo scrive, nella spelettuali affrontate da Paolo,
ranza che la parola possa
nel confronto con le più Paolo a Efeso assiste alla distruzione dei libri di magia supplire in qualche modo
varie dottrine filosofiche
alla sua assenza fisica.
(bassorilievo chiesa San Paolo, Alba, sec. XX)
e religiose; e anche il salto
Oltre a ciò, forse avviedi qualità avvenuto: da cucitore del demonio e della magia. Egli ne qualcosa di simile al processo
di tende a conferenziere di grido caccia gli spiriti cattivi; chi tenta
di imitarlo viene smascherato e
in luoghi prestigiosi.
Paolo e noi: per un’applicazione missionaria
A Luca sta a cuore anche pre- punito dal diavolo stesso; inol• Fede e cultura: abbiamo la pazienza di riflettere sulla nostra fede,
cisare che il messaggio si irradia tre “molti di quelli che avevano
di ascoltare obiezioni e problemi di coloro che sono vicino a noi, e il
in tutta la provincia dell’Asia abbracciato la fede confessano in
coraggio di testimoniare la nostra esperienza?
minore. È possibile che sia que- pubblico le loro pratiche magiche
• Missione e magia: siamo decisi nel credere in Cristo e rifiutare ogni
sto il tempo in cui Epafra, forse e un numero considerevole di percompromesso con occultismo e magia, oroscopi e amuleti? Siamo codiscepolo di Paolo, evangelizza sone che avevano esercitato le arti
scienti che dietro a tanti fenomeni apparentemente indifferenti si
la valle del Lico, fondando le magiche portano i propri libri e li
può celare qualcosa di pericoloso per la nostra fede?
chiese di Colossi, Laodicea, Ge- bruciano alla vista di tutti; il loro
rapoli. Efeso sta diventando per
Paolo una base di azione missioLa missione CHIAMA
naria, una nuova Antiochia.
Avviene un altro fatto importante: Paolo incontra il mondo
CARISMA è MISSIONE
S
p. FABRIZIO TOSOLINI, sx
valore complessivo era di 50mila
dramme d’argento”. Attorno a Paolo taumaturgo cresce uno spazio
di verità, di fede, di nuova speranza, tanto che Luca conclude: “così
la parola del Signore cresceva e si
rafforzava” (At 19,18-20).
crivo da Hortolândia, un sovrappopolato comune nello stato
di São Paulo in Brasile. Il mio principale impegno si svolge nella casa di formazione per giovani aspiranti missionari: il noviziato,
un anno di approfondimento della propria vocazione, di conoscenza della spiritualità e storia della famiglia saveriana e di decisione
a far parte della medesima. L’entrata ufficiale nella nostra famiglia
avviene con la consacrazione a Dio per la missione fra i non cristiani.
Appartenere al Padre per essere inviati come Gesù Cristo e annunciare il suo amore per l’umanità con la forza dello Spirito Santo.
5 luglio. Tre giovani brasiliani - Angelo, Adriano e Francisco dopo aver percorso con me oltre un anno nel cammino di formazione, hanno pronunciato i quattro voti di missione, castità,
povertà e obbedienza per vivere più intensamente l’impegno di
annunciare Cristo e il suo vangelo a tutte le genti.
Hanno voluto compiere anche un gesto simbolico: con una boccetta di profumo si sono avvicinati a un cesto pieno di fazzoletti e hanno versato il contenuto fino all’ultima goccia. Il gesto è
suggerito dalle parole di Giovanni Paolo II in Vita consecrata. Al
missionario “appare ovvio che Gesù possa e debba essere amato
con cuore indiviso, che a Lui si possa dedicare tutta la vita e non
solo alcuni gesti o alcuni momenti o alcune attività. L’unguento
prezioso versato come puro atto di amore, e perciò al di là di
ogni considerazione «utilitaristica», è
segno di una sovrabbondanza di gratuità, che si esprime in una vita spesa
per amare e servire il Signore, per dedicarsi alla sua persona e al suo Corpo
mistico. Da questa vita «versata» senza
risparmio si diffonde un profumo che
riempie tutta la casa. La casa di Dio, la
chiesa” (104).
Tutti i presenti hanno portato a casa
il
fazzoletto
profumato per ricordare
Il profumo della
che la vita cristiana richiede donazione
vita donata
e gratuità. Il profumo si poteva vendere, commenta un discepolo nel vangelo: vendere e comprare, dare
per avere, possedere e arricchire, apparire e far bella figura, godere e buttare come facciamo con i contenitori di plastica...
Il battezzato missionario cammina per altre strade. La missione cerca giovani disposti ad andare contro corrente: interamente
donati e versati, per essere profumo di Cristo per il mondo intero.
Tutta la vita e tutti i suoi avvenimenti lieti o tristi “in favore del suo
corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). Proprio cosi: per il regno di Dio e
per la chiesa, tutto sempre e gratuitamente. È la missione!
■
S
ono in chiesa con i missionari anziani e malati.
Preghiamo insieme: il cuore è
aperto a Dio e al mondo. Siamo
uniti ai popoli con cui abbiamo
percorso una parte importante
della nostra vita, e ai confratelli soprattutto più giovani che
continuano a portare l’annuncio: “Cristo è vivo!”. Lo stesso
annuncio affidato agli apostoli.
Essi hanno fatto del vangelo
l’opzione fondamentale della
loro vita.
Guardo il Crocifisso. In lui
vedo il sacerdozio nuovo e perenne, vedo il sacrificio della
nuova alleanza che si fonda sul
dono di sé e diventa energia di
fraternità e di guarigione piena
(in greco salvezza è “sozein”,
ossia guarire). In lui tutto ha
senso, anche l’offerta silenziosa di un corpo malato o di una
mente stanca. Infatti, solo la partecipazione al sacrificio di Cristo
rende autentico l’annuncio!
Sono attratto dal nuovo sacerdozio di Gesù. Con l’incarnazione, il Figlio di Dio si è unito
a ogni uomo. Il concilio Vaticano
II ce lo ha ricordato: “Ha lavorato
con mani d’uomo, ha amato con
cuore d’uomo; con il suo sangue
sparso liberamente ci ha meritato la vita”. Gesù era veramente
uomo, nella concretezza: “avevo
fame e sete, ero carcerato e forestiero… e voi mi avete assistito”.
La sua offerta in croce è stata
l’adesione alla volontà del Padre
per la vita del mondo, attraverso la completa solidarietà con
la situazione drammatica degli
uomini peccatori. Si tratta di un
sacerdozio nuovo con un sacrificio nuovo, che continua e genera
Maria e il Crocifisso
(Rupnik, Redemptoris Mater, Vaticano)
vita attraverso i suoi fratelli.
C’è un mistero all’origine
della chiesa: è la missione di
Cristo e il rapporto interiore e
profondo con la chiesa, che è il
suo corpo. Dall’esterno non è
possibile capirlo. I presbiteri sono istituiti “custodi ” e “pastori”
per garantire alla chiesa la continuità del messaggio di Gesù,
trasmesso attraverso gli apostoli:
“come il Padre ha mandato me
anch’io mando voi”. E il vangelo non può essere trasmesso che
nello stile del vangelo stesso.
“Se ti chiama - dico ai giovani
- non aver paura, perché lui camINTENZIONE MISSIONARIA
E PREGHIERA DEL MESE
I cristiani in Cambogia, Laos
e Myanmar, che incontrano
spesso grandi difficoltà, non
si scoraggino nell’annunciare
il vangelo ai loro fratelli.
La Parola di Dio sia più conosciuta, accolta e vissuta come fonte di libertà e di gioia.
Conforti: “In tanti modi posso dare agli altri una porzione della mia vita”.
p. sILVIO TURAZZI, sx
mina davanti a te”. Certamente
è utile lo studio…, ma - ricorda
papa Ratzinger - “è necessaria
quella scienza dell’amore che si
apprende solo nel cuore a cuore
con Cristo. È lui infatti a chiamarci per spezzare il pane del
suo amore, per rimettere i peccati e per guidare il gregge nel
suo amore”. La tua vita donata
con semplicità, illuminata dalla
presenza del suo Spirito, è risposta all’attesa di tanti.
Ciascuno nella comunità ha
un proprio dono dallo Spirito
per l’edificazione della comunità
stessa. Ma singolare è il rapporto
tra il sacerdote e la comunità: a
lui è conferito il dono e il dovere di edificare la comunità per
farla crescere. Per questo Paolo
scrive: “potete avere diecimila
maestri in Cristo, ma non avete
molti padri…”.
La paternità del sacerdote ha
consistenza nei fatti. Essa è dono
concreto della sua vita alle chiese, per le quali ha consumato tutto se stesso. Il pensiero torna ai
tanti fratelli missionari sacerdoti
che, spinti dallo spirito del Risorto, continuano il cammino del
Signore Gesù, viandante, ancora
capace di dialoghi e di incontri
con quanti cercano Dio.
È la missione della chiesa in
cui respira la nostra famiglia saveriana: missionari che continuano i dialoghi di Gesù cominciati con Nicodemo e la Samaritana; la moltiplicazione dei pani
tra i popoli che portano il peso di
tante ingiustizie; la liberazione e
l’amore per i più poveri con la
forza della sua parola; la proposta di “fare di Cristo il cuore del
mondo”.
■
2009 SETTEMBRE
V ITA SAV ERIANA
La vita intera per la missione
Padre Spagnolo, fondatore delle saveriane
avuto il dono di conoH oscere
p. Giacomo Spagno-
lo negli anni settanta, durante la
mia formazione a Parma, e di
seguirlo fino alla sua morte avvenuta il 22 marzo 1978. Erano
gli anni in cui, un po’ più libero
dai numerosi impegni, si dedicava con particolare sollecitudine
alle sue “figlie” più giovani.
Quando nel 2006 la direttrice generale Ines Frizza mi ha
chiesto di stendere la sua prima
biografia, ho provato un po’ di
smarrimento. Avendo già scritto
la biografia di Madre Celestina
Bottego, mi rendevo conto che
narrare gli stessi eventi dalla
prospettiva di p. Spagnolo non
sarebbe stato facile. Ho cominciato a documentarmi sulle sue
origini, il suo ambiente, la sua
famiglia, la sua storia e ne sono
rimasta affascinata. Man mano,
La saveriana
Maria De Giorgi,
autrice della
biografia su
padre Spagnolo
la sua figura assumeva tratti
sempre più nitidi e la sua personalità spiccava per originalità e
grandezza.
La stesura di questa biografia
è stata un’occasione privilegiata
per “scoprire” più da vicino p.
Giacomo, per rivisitare il suo
pensiero e per cogliere l’originalità di alcune sue intuizioni di
fondatore e missionario.
Un uomo del XX secolo
Padre Spagnolo ha vissuto in
prima persona i grandi e drammatici eventi che hanno segnato
il Novecento: le due guerre mondiali, l’emergere e il crollo di nazismo e fascismo, l’espansione
del comunismo, la fine dell’era
coloniale. In ambito ecclesiale
è stato testimone del difficile
passaggio da una chiesa d’inizio secolo ancorata a posizioni
intransigenti, a una chiesa conciliare in dialogo con il mondo. Sul
fronte missionario, ha assistito al
processo di decolonizzazione
della missione e all’emergere di
una nuova consapevolezza che
considera l’evangelizzazione come missione di tutta la chiesa e,
quindi, come compito imprescindibile di tutte le chiese locali.
Grazie alla sua chiara e profonda visione di fede, p. Giacomo è passato attraverso questi
sconvolgimenti epocali con serenità interiore, uscendone arricchito. È riuscito a camminare
con la chiesa in attento ascolto
dei “segni dei tempi”.
sr. MARIA DE GIORGI, mM
Prima di tutto… “saveriano”
Quando ha intrapreso la fondazione della Società missionaria di Maria, p. Giacomo aveva
solo trent’anni. Ma aveva già
maturato una libertà interiore
che gli ha permesso di procedere nell’impresa senza altri
condizionamenti se non quello
dell’obbedienza.
Egli era consapevole che la paternità cui era chiamato aveva il
sigillo della croce e del martirio
del cuore: «Se io voglio essere
quello che devo, è necessario che
segua Gesù e il nostro venerato
fondatore», scriveva in una lettera del 1955. A dargli forza, infatti, è stata la sua “saverianità”.
Formato fin da ragazzo a questo
ideale, p. Giacomo è stato prima
di tutto “saveriano”, secondo il
cuore del beato Conforti. In lui
ha trovato piena realizzazione
quello “spirito di viva fede, di
obbedienza pronta e generosa,
di amore intenso per la famiglia
saveriana” che mons. Conforti
aveva lasciato come testamento
ai suoi figli.
Un bene da condividere
Come p. Gabriele Ferrari ha
rilevato nella presentazione a
questo libro, è auspicabile che la
PADRE BARAVALLE
SEPOLTO A PADANG
LAICATO SAVERIANO
Partire è andare verso l’altro
PINA
Quest’estate un gruppo di laici saveriani è andato a fare
un’esperienza nella missione di Goma, nella repubblica democratica del Congo. Sono stati accompagnati da Paolo e
Giovanna Volta, i coniugi parmensi che hanno già trascorso vari anni nella missione saveriana di Goma. Ho fatto una
mia riflessione, che penso sia valida per chi parte e per chi
resta. Ve la propongo.
“Oggi parto!”. Quante volte abbiamo sentito o pronunciato
queste parole? Un’infinità di volte. La partenza di per sé mette in moto una serie di meccanismi che la rendono un evento
straordinario, al di là del fatto che sia per un tempo breve o
lungo. È ricca di suggestioni che sono difficili da definire.
Se la partenza, poi, non è solo un semplice spostarsi da un
posto all’altro, ma è un andare verso l’altro, per rispondere
a una chiamata interiore che “urge” una risposta immediata
e convinta, allora questo evento ti trasforma. Questo è vero
anche se i tempi per la partenza fisica diventano “biblici” e
appesantiti dalle procedure burocratiche.
All’esterno appari la stessa persona di sempre, ma dentro
di te, no, non lo sei più. Tutto è cambiato. Le cose che fino a
ieri erano in cima ai tuoi pensieri all’improvviso non lo sono
più. Le preoccupazioni di sempre ora sono considerate cose
da poco. Una gioia immensa ti invade, che non puoi tenere
solo per te: devi condividerla con gli altri; non puoi nasconderla. E se insorgono difficoltà che ti costringono a rinviare
la partenza, un muto dolore ti attanaglia. Tutto sembra deludere. L’entusiasmo arretra e la tristezza prende quota.
Qualcuno più saggio di te dice: “nulla è perduto; è solo un
rinvio”. Allora, la speranza colora l’attesa e la riflessione si
fa spazio dentro di te. Ripensi alle motivazioni che ti hanno
spinta a partire: Sono sempre le stesse, o nel frattempo sono
cambiate? Sei sempre pronta a fare la volontà di Dio, anche
se il rinvio dura più del previsto? Le difficoltà personali, famigliari e lavorative sopraggiunte possono in qualche modo
farti riconsiderare la partenza? Qualche altro fattore negativo può mettere in dubbio la tua decisione?
Quando a tutte queste domande, la tua risposta è chiaramente “no!”, e resti profondamente serena, allora puoi davvero dire, “oggi parto!”; anzi, dì pure, “oggi sono già partita!”. Sei pronta interiormente ad affrontare una realtà lontana da te e di cui non hai ancora la reale percezione.
Il 17 luglio verso sera nell’ospedale di Jakarta è spirato
p. Vincenzo Baravalle, consumato da un tumore ai polmoni all’età di 68 anni. Nato
a Villafranca Piemontese (Torino), era entrato nel seminario di Torino, ma a 17 anni
aveva scelto la vita missionaria,
diventando saveriano nel settembre del 1959.
Il giovane Vincenzo era stato
tra i prescelti per studiare la teologia nelle università romane
in preparazione al sacerdozio,
quando rettore della comunità
era il famoso p. Giovanni Bonardi. Ordinato a ottobre del 1967,
aveva proseguito gli studi a Roma, specializzandosi in Liturgia.
Nel 1971 p. Vincenzo era stato
mandato a Parma a dirigere il
Padre Giacomo Spagnolo con un gruppo di giovani saveriane in una foto del 1977
sua opera sia rivisitata anche da
parte dei “fratelli” saveriani, così da rendere più completa la conoscenza della sua persona. Da
parte mia, auspico che la storia
di p. Spagnolo diventi sempre
più un bene comune e condiviso, non solo all’interno della famiglia saveriana, ma anche della
chiesa universale.
Sono convinta che p. Spagnolo
abbia vissuto la sua vocazione in modo esemplare. I fatti e
le testimonianze ci mostrano
che ha praticato in modo eroico le grandi virtù dell’umiltà e
dell’obbedienza, lo spirito di fe-
de, la dedizione di tutta una vita
all’ideale missionario. Credo che
p. Giacomo Spagnolo possa essere annoverato nel numero dei
santi fondatori-missionari che
hanno impreziosito la chiesa italiana degli ultimi due secoli: san
Comboni e il beato Alamanno, il
beato Conforti e la serva di Dio
Celestina Bottego.
Cem, il centro di educazione alla mondialità organizzato dai
missionari saveriani soprattutto
per il mondo scolastico.
Nel 1976 aveva iniziato la sua
avventura missionaria in Indonesia, dove è vissuto per 33 anni, fino alla morte. Ha lavorato instancabilmente nella scuola e missione di S. Maria di Fatima a Jakarta, nella missione di Gunung Sitoli e alla cattedrale di Padang.
Dal 2003 al 2009 è stato superiore dei saveriani in Indonesia.
È stato sepolto al lato della casa saveriana di Padang, accanto
ai confratelli che hanno donato
la propria vita per la predicazione del vangelo in Indonesia. ■
novizi: quattro giovani italiani
che iniziano la formazione a
settembre.
Altri nuovi arrivi sono: p. Marco Vigolo, che dal Giappone viene a lavorare al Centro di animazione missionaria di Brescia;
p. Renzo Larcher, che da professore nella teologia internazionale di Yaoundé in Camerun assume l’importante impegno di
rettore in casa madre a Parma;
p. Daniele Targa torna dal Bangladesh per lavorare come animatore giovanile in Italia. Diamo loro il “benvenuto”.
■
NUOVI ARRIVI IN ITALIA
Noi saveriani scegliamo per
vocazione di dedicare tutta la
vita alla missione “esterna”.
Tuttavia, come in ogni
buona famiglia, ci sono
anche impegni da svolgere ...in casa. Così avviene che, dopo vari anni
di lavoro nelle missioni,
qualcuno sia richiamato
in patria, anche per permettere di partire a chi
si è sacrificato per lavorare in Italia. Tra i nuovi
arrivi, alcuni hanno già
preso posto nella comunità di Ancona, come p.
Giuseppe Veniero e p.
Enzo Tonini, provenienti rispettivamente dal
Congo e dalla Colombia. Saranno “maestro”
Padre Vincenzo Baravalle, saveriano piemontese,
e “vicemaestro” dei
missionario in Indonesia
Il volume “Padre Giacomo M.
Spagnolo”, (EMI, 270 pagine euro 13) può essere richiesto alla nostra Libreria: 030 3772780
int. 2; e-mail: [email protected]
■
LE PROGRAMMAZIONI...
Non è bene fare le cose... a
casaccio. Ancor meno quando
si tratta di persone che hanno
scelto di vivere pienamente la
missione fino all’ultimo respiro.
Così ogni anno le comunità saveriane in Italia dedicano alcuni
giorni alla “programmazione”:
sono giorni intensi, in cui i confratelli della stessa comunità,
accompagnati da un “consigliere”, valutano il lavoro svolto e
programmano la vita e le attività missionarie dell’anno che inizia. Tutto condito da preghiera,
riflessione e fraternità.
Le sessioni, di due o più giorni, si svolgono normalmente nei mesi di settembre e ottobre. Fanno eccezione le comunità di Parma - teologia e di
Brescia, che fanno la loro programmazione in luglio, poiché
a settembre iniziano il nuovo
ciclo di formazione e di animazione culturale.
■
3
2009 SETTEMBRE
LA PAROLA DI DIO PER UNA CHIESA VIVENTE
lA parola
LE COMUNITà ECCLESIALI VIVENTI
La Parola di Dio nella vita concreta
p. CARMELO SANFELICE, sx
N
ella missione di Cahi, uno dei quartieri di Bukavu, in Congo, come perno di tutta l’attività pastorale abbiamo scelto il tema “comunione alla Parola di Dio”. Abbiamo iniziato a
settembre con una sessione di otto giorni per gli agenti pastorali
delle 30 “comunità ecclesiali viventi” (Cev) e delle varie commissioni parrocchiali, facendo una introduzione alla Bibbia.
Penetriamo nella Parola di Dio
La Parola di Dio deve penetrare nella vita della comunità,
della famiglia e della persona. Questa penetrazione è la preoccupazione principale della pastorale in Africa, dopo il sinodo
del 1994. Con il documento “Ecclesia in Africa” è stata rilanciata la nuova evangelizzazione in profondità, intorno all’idea
principale “la chiesa famiglia di Dio”.
La religiosità fatta solo di grandi celebrazioni liturgiche era
frequente, ma può restare superficiale. Sono specialmente le
comunità ecclesiali viventi ad aiutare a vivere la duplice relazione fondamentale e tipica del cristianesimo: la relazione
verso Dio-Padre e verso l’uomo-fratello, in un unico vero cuore religioso cristiano.
Nel complesso, curiamo molto l’atteggiamento spirituale
da assumere di fronte alla Bibbia: aprire il cuore al progetto
che Dio ha concepito per noi, fino a diventare “Emmanuel”.
Per ben introdurre i nostri collaboratori pastorali nella Bibbia,
leggiamo e spieghiamo tanti passi scelti, cercando di tracciare
un cammino vitale - non intellettualistico - per riflettere sui
seguenti aspetti importanti della Parola di Dio:
• Bibbia, libri di Dio e libri dell’uomo - Dopo la creazione,
Dio ha intrapreso la strada della rivelazione: la Parola eterna
è diventata prima parola umana, nelle nostre lingue, e poi si
è fatta Persona umana in Gesù Cristo. Perciò la Bibbia è l’insieme dei “libri di Dio”. Ma la Parola divina non disdegna
di ritrovarsi associata all’ignoranza e alla miseria dell’uomo,
purché la salvezza lo raggiunga nella sua realtà e situazione di
Padre Carmelo Sanfelice
vita. Perciò la Bibbia è l’insieme
dei “libri dell’uomo”, per la sua
salvezza.
• Bibbia, Parola di salvezza
progressiva - Diceva bene Galileo: “la Bibbia non ci insegna
come va il cielo, ma come si va
in Cielo”. Ma la rivelazione prosegue fino alla sua pienezza nel
Nuovo Testamento e alle esigenti
parole di Gesù: “ma io vi dico...”.
Esiste per alcuni, specie per i poligami, la tentazione di bloccarsi
sull’Antico Testamento...
Nutriamoci della Parola
In Avvento, come preparazione alla celebrazione del Verbo fatto Uomo (Natale), insistiamo sulla necessità di vivere
la prima tappa della venuta della Parola di Dio nelle lingue
dell’uomo, per bene entrare nel mistero dell’Emmanuele. Non
si arriva a questa seconda tappa senza essere passati per la
prima. Gesù è unico. La comunione alla Parola, la comunione
all’Eucaristia e la comunione nella comunità cristiana vanno
sempre insieme.
Organizziamo otto ritiri spirituali domenicali per gli otto
settori pastorali della parrocchia, ogni settore essendo formato da quattro Cev. Nei giorni feriali noi missionari visitiamo
ogni comunità per le confessioni e prepariamo anche il ritiro
spirituale, durante il quale insistiamo su alcuni atteggiamenti
fondamentali:
• La forza della Parola e la gioia di accoglierla: come ha
fatto la Vergine Maria, attenta alla Parola di Dio, la accoglie
nel cuore e la genera diventando Madre per opera dello Spirito
Santo.
• Il pericolo di ostacolare la vitalità della Parola: la “strada
dura” in cui il seme della Parola non penetra è anche la “scienza vuota” degli “esperti” di Gerusalemme, che servì solo a
organizzare la strage degli innocenti... Conoscono e sanno, ma
non vogliono incontrare l’Emmanuele per accoglierlo!
L’impegno attivo è aiutato dalla Parola
In Quaresima insistiamo soprattutto sul valore della Parola
nella lotta continua del discepolo cristiano contro l’avversario,
meditando sulle tentazioni subite da Gesù. Egli ci insegna a
vincere le tentazioni con la luce e la forza della Parola di Dio.
Molti non fanno abbastanza attenzione a questo...
Le tentazioni del cristiano africano sono le stesse di tutti: “la
fame” (ma le creature non sono in grado di sostenerci meglio
del Creatore!); “il fatalismo” (Dio provvede a tutto, è vero; ma
tu che fai? I talenti che Dio ti ha dato a cosa servono?); “il possedere” (con soldi e potere si fa tutto, ma questo è il diavolo più
scatenato, che è anche all’origine della dura crisi congolese!).
La Parola e il dovere della missione
Senza l’annuncio, la Parola rimane “lettera morta”. Anche
nelle Cev tutti devono diventare annunciatori, missionari del
vangelo presso gli altri, specialmente presso i non cristiani.
Tre ministeri sono più direttamente impegnati nell’annuncio:
• Il ministero della missione - La “Legione di Maria”, con
Le comunità ecclesiali viventi (Cev) a Cahi, in Congo, aiutano a vivere la
circa 800 membri, svolge il compito apostolico di andare a
duplice relazione del cristianesimo: verso Dio e verso l’uomo
due a due e di casa in casa: è la vera
missione di annuncio ai non cristiani.
Dalla sua nascita (1921) è ben noto il
lavoro dei legionari, accanto ai missionari. A Cahi, per tanti motivi, la “LeIl commento di un cristiano al brano evangelico di Luca 6,27-38: come devono amare
gione” è ora in fase di invecchiamento,
i seguaci di Gesù. Lo ha inviato dal Congo la sorella saveriana Delia Guadagnini, che
ma stiamo cercando di ridarle vitalità.
ringraziamo.
• Il ministero della famiglia - “CoQuando si è di fronte a situazioni, anche comunitarie, che ci fanno giustamente arrabstruire la famiglia” è la Parola che i
biare, che sono realmente pesanti o ingiuste, noi dopo aver parlato a chi di dovere, posmembri delle Cev impegnati in tale
siamo accogliere quelle situazioni lì, proprio quelle, come occasione di vivere il vangelo,
ministero portano alle coppie che conovvero come occasione di conoscenza del nostro cuore, di ciò che lo abita, e di sequela
vivono in modo irregolare. E non sono
del Signore per quella via scomoda che è la sofferenza ingiusta, la croce.
poche, anche a causa della dote che
Quando noi sappiamo di avere davvero qualcosa a che fare con Cristo, se non nelle
il giovane deve versare alla famiglia
situazioni in cui manteniamo la fedeltà e l’amore là dove c’è infedeltà e mancanza di
della ragazza, costume molto radicato
amore? Là dove riusciamo ad amare nella mancanza di reciprocità? Che altro significa
nella cultura congolese.
“amare il nemico”, se non che l’amore cristiano non cerca la reciprocità? Quando ci riu• Il ministero della consolazione sciamo, ci sentiamo molto aiutati e non facciamo più caso a modi e a comportamenti che
In questo campo il vangelo deve sopossono ferirci e colpirci. Ci vediamo solo l’occasione di vivere il vangelo puro.
stenere una lotta molto dura. Al posto
C’è un livello del nostro agire per cui non possiamo permetterci il lusso di attendere
della consolazione nella Parola e nella
che le persone passino, migliorino, si sistemino...; e così, solo allora, vivremo il vangelo.
croce di Cristo, la gente cerca la guaNon c’è alcuna situazione ideale per vivere il vangelo. C’è solo la realtà come si presenta,
rigione “per forza magica”. Perciò noi
giorno dopo giorno. E spesso proprio i suoi aspetti aspri e indigeribili, sono quelli che
missionari invitiamo i nostri animatopossono scalfire le nostre sicurezze, mettere a nudo le nostre debolezze, ciò che abita il
ri a imparare il delicato compito di far
nostro cuore e possono farci cambiare qualcosa nella nostra vita.
parlare il Crocifisso, più che fare tante
Gli altri ci migliorano con la loro presenza, anche quando diventano pesanti. Sono
chiacchiere inutili dinanzi ai problemi
sempre un’occasione di carità. Un’occasione per ricordarci cosa ci stiamo a fare nella
della sofferenza: “Annunciamo Cristo
vita cristiana: vivere la carità; fare di ogni occasione, anche la più indesiderabile, un
crocifisso...” (1 Cor 1,23-24).
■
momento per seguire Cristo, un’occasione di vivere l’amore.
“AMATE I VOSTRI NEMICI”
4
2009 SETTEMBRE
LA CHIESA CONGOLESE FA ESPERIENZA DELLA PAROLA
p. MARCELLO STORGATO, sx
I
l sinodo dei vescovi sta per celebrare la seconda assemblea speciale per l’Africa, dal 4 al 25 ottobre. “Missionari Saveriani” vuole dare un modesto contributo, soprattutto a livello di esperienza con le comunità cristiane e le persone di
buona volontà, impegnate a far fronte a problemi ormai cronici di conflitti e soprusi, che provocano crescente insicurezza e
aggravano le povertà. Mi riferisco soprattutto alla regione del Kivu, nella repubblica democratica del Congo. Qui il tema del
sinodo è quanto mai attuale e urgente: “La chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”.
Come nostro contributo di informazione e di riflessione, presentiamo in queste pagine tre articoli che possono dare
un’idea di come l’esperienza missionaria cerchi, con notevole fantasia, di fortificare la speranza e costruire un futuro
più riconciliato e giusto.
Padre Carmelo Sanfelice, saveriano di Benevento e missionario in Congo dal 1972, ne ha viste e passate tante di vicende, ma è convinto che la Parola di Dio annunciata e condivisa porti sempre frutti sorprendenti. Nell’articolo di sinistra
egli descrive il metodo delle Cev, le “comunità ecclesiali viventi” nella missione di Cahi, un popoloso quartiere di Bukavu.
Nell’intervista di destra, il missionario risponde ad alcune questioni pratiche con cui la Parola di Dio e la fede cristiana
devono confrontarsi quotidianamente.
Sorella Delia Guadagnini, saveriana del Trentino e anch’essa missionaria a Bukavu, nell’articolo centrale, racconta la fatica e la gioia della riconciliazione avvenuta in una famiglia affetta dall’alcool. Nei due riquadri, leggiamo una riflessione
■
su una parola evangelica radicale e una proposta per partecipare alla lectio divina. Buona lettura.
foto archivio MS / C. Girola
IL SERVIZIO
JOSEPHINE, UN INNO ALLA VITA
Un dramma per i poveri del Congo
DELIA GUADAGNINI, mM
Sorella Delia è saveriana trentina, missionaria a Mbobero in
Congo. Ci descrive un’esperienza di ...guarigione evangelica.
violento uragano si era abbattuto sulle nostre colline.
U nTemevo
che ancora una volta avrebbe fatto disastri e
lasciato tante famiglie senza casa. L’indomani mi hanno informata della morte di Mama Neema, la mamma di Neema (in
Congo, mamma e papà prendono il nome del primo figlio).
Abitava non lontano da noi nel villaggio di Nkungu.
Al momento del temporale, Mama Neema e il marito si trovavano in un “chapombe”, un bar locale. Verso sera un anziano
parente le aveva detto di andare a preparare da mangiare ai
figli. Ma era già ubriaca e continuava a rifiutare. Poi si era
messa in cammino verso casa. Sulla schiena portava Joséphine,
l’ultima nata. Da una capanna, forse spezzato dal vento o da un
fulmine, scendeva a terra un filo della corrente. Mama Neema
l’ha calpestato ed è stata scaraventata nel vicino bananeto. Ha
gridato chiedendo aiuto, ma i sei figli in casa, hanno commentato: “Anche oggi mamma è ubriaca!”, e non sono usciti.
Solo più tardi il marito fa ritorno a casa, anche lui ubriaco fradicio. Non trovando la moglie, dice ai figli di cercarla,
mentre lui si accascia in un angolo. Corrono nel bananeto, da
dove avevano sentito le grida: la donna giaceva ormai senza
vita, mentre la piccola Joséphine, ancora legata sulla schiena
e illesa per miracolo, piangeva: aveva solo fame.
Nel primo pomeriggio, Mama Neema è stata sepolta dietro
casa, secondo il costume locale.
mi guarda con due occhi meravigliosi e sorridenti, ma ha una
fame da lupetto…
Ora tutte le mattine la mamma adottiva va in ambulatorio
a prendere tre biberon di latte per tutta la giornata. Joséphine
cresce, ignara di tutto e coccolata dai fratellini suoi e da quelli
acquisiti nella nuova famiglia.
“Chi scegli, i figli o la birra?”
Mando a chiamare Papà Neema. Ha 36 anni; sua moglie ne
aveva 29. Viene con i figli, tranne Joséphine. Puzza di birra, ha
gli occhi rossi, ma riesce a parlare con dignità. Mi racconta la
vita di famiglia, la morte della moglie, il duro lavoro di spaccapietre nella vicina cava, il tunnel dell’alcool che percorre da
25 anni. Parliamo insieme di tante cose: lo invito a riflettere
sulla vita, sul bere suo e della moglie, sui bambini cresciuti un
po’ soli… Ne vede le conseguenze e chiede aiuto.
Charles, membro del “Club Uscindi” (Vittoria) e suo vicino
di casa, gli ha detto che è possibile vivere senza bere e che questa è un’occasione da non perdere. Papà Neema guarda verso i
figli. Gli chiedo: “Scegli i figli o la birra?”. Li guarda ancora e
piange. I bambini guardano lui che, abbracciandoli tutti, dice:
“Scelgo voi! La mamma è morta ubriaca, non preparava da
mangiare; a casa non ci parlavamo mai, la vita era diventata un
inferno. Aiutatemi a non bere più. Voglio cambiare vita!”.
Il club della vittoria
Fedele all’appuntamento che gli avevo dato, papà Neema
si presenta lavato e pulito, senza aver bevuto. Nel corso della
settimana ha bevuto una volta sola. Mi dice: ”Wewe uliniloga!
- Tu mi hai stregato!”. “Non è questione di stregoneria”, gli
rispondo. “È che, in un momento di lucidità davanti a Dio che
ti ha creato, hai deciso di cambiare vita”.
Mi chiede di pregare per lui. Gli dono la preghiera che i
membri del “Club” rivolgono a Dio durante l’incontro e a casa
loro. La legge subito, lentamente… Le lacrime solcano il suo
volto: il volto di un uomo salvato. Commossa, lo osservo in silenzio. Poi piegando il foglietto, si impegna a pregarla spesso,
“Non ho abbastanza latte!”
anche con i figli. Ci diamo apLa settimana dopo una donna,
Delia Guadagnini, a Mbobero in Congo RD,
puntamento a mercoledì pomemoglie del fratello più anziano
si occupa del recupero di alcolisti che spesso
riggio al “Club della Vittoria”.
sono madri e padri di famiglia
e madre di sette figli, viene a
Così il miracolo della vita
trovarmi. Sulla schiena ha la
“senza alcool” continua e dipiccola Joséphine e mi suppliventa possibile. Mama Neema
ca di aiutarla, di fare qualcosa
dal cielo veglierà senz’altro sul
per lei e per i suoi sei fratellini.
marito, sulla piccola Joséphine,
La donna vuole prendersi cura
sugli altri figli e su noi tutti, imdella piccola, ma non ha latte
pegnati a dare una mano a chi
a sufficienza, visto che il suo
fa fatica e vive in condizioni al
ultimo nato ha già un anno e
limite della disperazione. ■
mezzo. La bimba, bellissima,
LE DOMANDE
GLI INCONTRI DELLE comunità
Chiarimenti su alcuni aspetti culturali
p. CARMELO SANFELICE, sx
incontri settimanali delle nostre “comunità eccleN egli
siali viventi” (Cev) a Cahi, noi missionari abbiamo
consigliato di riprendere il passo evangelico della domenica
precedente, orientando la riflessione sull’esistenziale della comunità e delle persone, affinché la Parola sia attualizzata nella
situazione concreta.
Lo schema è molto semplice. All’inizio, invochiamo lo Spirito Santo e ci mettiamo nell’atteggiamento di chi si chiede:
Quale Parola di vita il Signore mi offre per crescere in Lui?
Quale salvezza vuole operare in me il Signore, in questo momento? In tal modo cerchiamo di avere un rapporto personale
con la Parola di Dio, viva e presente nella nostra vita. Perciò
ci poniamo due domande:
- di ciò che Gesù dice e fa in questo brano del vangelo, cosa
ha toccato il mio cuore?
- quali aspetti della mia vita personale, familiare, sociale mi
spinge a cambiare o a consolidare?
Come rispondono alle due domande?
Normalmente le risposte alle due domande si mescolano. Insistiamo perché dicano ciò che tocca la loro vita, l’esperienza.
Ma spesso, come capita in tutti i gruppi che si riuniscono intorno
alla Parola di Dio, l’abitudine di produrre riflessioni più o meno
intellettuali non è facile da superare. La preghiera spontanea che
segue, invece, è più vicina alla vita di ogni giorno. La seconda
parte dell’incontro si concentra sugli impegni pastorali secondo
i “ministeri” e su altre informazioni utili per la comunità.
La nostra gente è assetata della Parola viva di Dio. Lo si vede anche dalle domande che fanno e rivelano molto interesse e
coinvolgimento personale. Una delle domande più imbarazzanti
è questa: “Perché queste cose così belle e vitali non ci sono state
insegnate prima, in cento anni di cristianesimo a Bukavu?”. Abbiamo cercato di dare una risposta che salvasse... capra e cavoli.
In verità, l’evangelizzazione non può non partire dalla Bibbia.
Non è meglio partire da un fatto concreto?
Il nostro schema abituale parte dalla Parola. Tuttavia, quando capita qualche avvenimento importante, procediamo in
modo inverso: prima analizziamo il fatto e poi leggiamo la
Parola che meglio possa illuminarlo (vedere - approfondire
alla luce della Parola - pregare - agire). Porto un esempio.
Quando nel quartiere Kaza-roho la gente ha ucciso uno della cosiddetta “armata rossa” (banditi armati le cui aggressioni
avevano stancato tutti!), nell’incontro delle Cev abbiamo cercato luce in Genesi 4. Alcuni approvavano l’uccisione come
una cosa normale. Altri dicevano che non sarebbe giusto, ma
nel caso del Congo diventa giusto perché qui i banditi non
vengono puniti (se vanno in prigione, ne escono dopo pochi
giorni e diventano più aggressivi di prima). Infine la Parola
che “chi uccide Caino sarà punito più severamente di lui”,
ha dato una luce conclusiva...; ma non è stata sufficiente a
raggiungere l’unanimità, poiché veramente la popolazione di
Bukavu non ha alcuna sicurezza da parte dello Stato.
La gente ha una Bibbia da leggere?
Molti non hanno ancora in famiglia il libro della Bibbia;
hanno cominciato a mettere da parte l’equivalente di 7 euro
per procurarsela. Abbiamo comprato mille nuove copie. Non
resteranno in deposito, perché nella missione di Cahi vivono
circa 40mila cattolici.
Insistiamo anche sul “tempo dello Spirito” in famiglia. Incoraggiamo affinché in ogni casa ci sia “l’angolo della preghiera”: un tavolinetto, la Bibbia e qualche altro segno significativo, come il crocifisso, il rosario, una candela... Non tutti
hanno capito che questo “angolo” può essere costruito anche
nelle capanne più povere. Alcuni poi hanno paura di esporre
la Bibbia per il pericolo che venga... rubata!
Perché parlare di fame come “tentazione” per i
poveri?
Questo è il tema più vicino alla dura realtà della nostra gente,
povera e affamata! Per i poveri è una Bella Notizia sapere che
il Figlio di Dio si è fatto povero e ha sofferto la fame nera nel
lungo digiuno di 40 giorni: la fame di Gesù accanto alla fame
del povero congolese... Ma occorre vedere ciò in modo attivo,
cioè con il cuore di chi sa anche lottare contro le “strutture di
peccato” che impediscono alle creature di vivere degnamente.
Che nesso c’è tra matrimonio e “dote”?
La “dote” qui in Congo non è come in Italia, dove i genitori
“Incoraggiamo affinché
in ogni casa ci sia
l’angolo della preghiera:
un tavolinetto, la Bibbia,
il crocifisso e il rosario.”
e gli amici dotano la nuova famiglia del necessario per andare
avanti. Qui la “dote” è il paio di mucche (o il corrispondente
in soldi) che la famiglia del ragazzo deve dare al padre della
ragazza. In origine era un segno di “riconoscenza” (shukrani),
e c’era anche “la capra” in più che il ragazzo dava alla madre
della sposa, se la incontrava vergine. Ora invece, con la crisi
economica, da una parte la ragazza è vista come fonte di profitto, dall’altra la famiglia del ragazzo spesso non ha né mucche
né capra né soldi da dare... Succede così che i giovani si mettono facilmente insieme senza “dote”. E, senza il consenso del
padre della ragazza non si celebra il sacramento del matrimonio... Questo è un problema grosso per la nostra pastorale.
Le sette sono davvero un problema grave?
La grave sfida delle sette esige un annuncio capillare della
Parola, di casa in casa, perché esse stravolgono la fede cristiana e il vangelo. Abbiamo preparato un “catechismo” per le
sette, con 72 domande e risposte bibliche. Due nostri giovani
preparati hanno fatto l’esperienza di andare di casa in casa, con
gioia e soddisfazione per loro e per le famiglie incontrate.
Le sette puntano molto sull’esigenza umana e psicologica
per conquistare nuovi membri: offrono alla gente, sotto veste
di preghiera, quello che prima otteneva dagli stregoni. È il
ritorno al paganesimo attraverso le cosiddette “stanze di preghiera” (chumba cha maombi). Si tratta di una vera forma di
sincretismo: la fede nella magia, mai del tutto rinnegata, si è
rivestita di forme religiose cristiane.
Nella storia del cristianesimo ci sono sempre stati fatti straordinari; ma i veri cristiani non sono i seguaci di un “Gesù guaritore”, bensì quelli di Gesù crocifisso. Grazie a Dio, qui a Bukavu abbiamo un missionario esorcista veramente carismatico: è
un dono di Dio.
■
A TU PER TU CON LA PAROLA
“Leggete la Sacra Scrittura. Vi troverete tutto ciò che
desiderate” (beato Alberione).
La Bibbia è il modo in cui la Parola si lascia toccare, sfogliare, leggere, intendere: da qui parte l’esercizio della
lectio divina. Non è un esercizio riservato a pochi esperti
o ai monaci; non è studio intellettuale. La lectio divina
è ascolto non casuale, ma costante e profondo di Dio. È
ascolto personale e appassionato della Parola di Dio, e
lo Spirito può trasformare il nostro cuore in tabernacolo
della Parola. Gesù chiede di dimorare nella nostra vita.
“La Parola di Dio dimori in voi!”. Da duemila anni
l’augurio di san Paolo riempie la storia e scuote ogni
cuore. I cristiani hanno sempre avuto un rapporto vivo
con la Parola. I discepoli hanno conosciuto il Cristo,
Parola vivente del Padre. Lo hanno frequentato, hanno imparato da lui, hanno scritto le sue parole perché
tutti le ricevessimo.
La chiesa ha posto la Parola nelle nostre mani. Nella lectio divina. Passo dopo passo, la Parola ci chiede
uno spazio per vivere nella nostra vita e comunicarsi a
ciascuno di noi.
Lettura: Cosa dice il testo? Leggere e rileggere attentamente il brano, facendo emergere la situazione
descritta: le persone e i luoghi, le azioni e le reazioni,
le parole e i gesti.
Meditazione: Cosa dice a me? Sottolineo le parolechiave, le emozioni, le azioni che mi toccano particolarmente. Mi confronto con la Parola.
Orazione: Cosa dico a Dio? Trasformo la Parola in
preghiera concreta e attuale. Ma non finisce qui...
Azione: La Parola deve trasformarsi in vita... Dove? Nei
pensieri, nelle parole, nei comportamenti, nelle scelte.
Sono solo quattro piccoli passi per una cosa necessaria: nutrirci della Parola, per viverla e annunciarla!
(Liberamente adattato da “Passo dopo passo”).
5
2009 SETTEMBRE
il mon d o in ca sa
G8: impegni
e commenti
Vogliamo i numeri!
pagina a cura di DIEGO PIOVANI
● La crisi colpisce i più poveri. Il
dato di maggior rilievo della dichiarazione approvata all’Aquila dai rappresentanti del G8 e di
otto nazioni africane è il riconoscimento che la crisi economica
mondiale ha colpito soprattutto le società dei paesi poveri. Si
stabilisce l’impegno a garantire
all’Africa “20 miliardi di dollari” in tre anni per “assicurare lo
stabile sviluppo dell’agricoltura
e fornire adeguati aiuti alimentari d’urgenza”. Sono state ribadite le promesse fatte tre anni fa
e non mantenute.
Principi condivisi, ma non vincolanti da un punto di vista pratico, fanno parte anche della dichiarazione sull’acqua, in cui si
chiede di “costruire una sinergia
più forte fra paesi africani e quelli del G8 per allargare l’accesso
all’acqua e all’igiene pubblica”.
politico per trasformare gli intenti in fatti. L’apertura del G8 agli
stati di Asia e Africa ha prodotto
qualche passo avanti soprattutto
in tema di cambiamenti climatici, commercio e crisi alimentare.
Ma i risultati raggiunti rischiano
di non essere sufficienti”.
Facendo i conti. “Cinque euro e 18 centesimi l’anno, cioè
43 centesimi al mese. È questa
la cifra promessa per ogni africano dal G8 dell’Aquila. Tanto più che la somma degli aiuti
complessivi ai Paesi poveri arriva appena allo 0,13% dei soldi
stanziati in questi mesi per arginare la crisi nei Paesi ricchi.
La Banca Mondiale aveva
chiesto mesi fa ai Paesi industrializzati di destinare lo 0,70% delle risorse stanziate dai provvedimenti nazionali anticrisi per interventi a sostegno dei 43 Paesi
in via di sviluppo in difficoltà. Se
●
● In attesa di fatti. “Aspettiamo
che gli impegni si concretizzino
e che le risorse siano destinate ai
piccoli produttori, in particolare
donne e famiglie, per sostenere
la loro attività nei mercati locali
e internazionali. Serve maggiore chiarezza anche su chi effettivamente gestirà questi fondi”, ha
detto Sergio Marelli, direttore di
Volontari nel mondo (Focsiv). Marta Guglielmetti, coordinatrice per l’Italia della Campagna
del millennio, ha aggiunto: “Gli
otto grandi non hanno indicato
un piano di rientro finanziario e
avessero accolto l’invito avrebbero dovuto
mettere insieme 103,6
miliardi di
dollari, cinque volte
più di quelli stanziati a L’Aquila. I venti
miliardi, di
cui solo una
parte dovuti
a nuove iniziative, sono in realtà una semplice pezza per i problemi che tanti Paesi devono affrontare a causa di una crisi globale di cui non
sono responsabili”. (G.A. Stella Corriere della sera)
Vignetta di Baraldi
SUD/NORD NOTIZIE
Serve trasparenza
● Bangladesh: i poveri si ribel-
lano. Muhammad Yunus, premio
Nobel per la pace nel 2006, è noto come il “banchiere dei poveri”: quasi otto milioni di clienti
in 85 mila villaggi del Bangladesh usufruiscono del microcredito dalla sua Grameen Bank.
Dopo Aila, l’uragano che ha distrutto case e raccolti per 5 milioni di persone, la Grameen ha
dichiarato di aver smesso di incassare le rate per dare cibo, acqua, aiuti sanitari. Visto dal villaggio di Kalapara, il quadro appare diverso. “La filiale di Grameen Bank è passata a riscuotere
la sua rata settimanale il giorno
dopo il ciclone”, racconta la portavoce di un gruppo di clienti.
Uno dei problemi del microcredito è l’obbligazione di gruppo. Nel caso di insolvenza indivi-
● Mons. Raho: premio alla memoria. Il cardinale Martino, presidente del Pontificio Consiglio
“Giustizia e Pace” e fondatore
nel 1991 della fondazione “Path
to Peace Foundation” (strada di
pace), istituita per sostenere iniziative religiose, culturali, umanitarie e caritative della missione vaticana presso l’Onu,
ha assegnato il premio annuale della Fondazione alla memoria di
mons. Paulos Faraj Raho.
Mons. Raho è l’arcivescovo
caldeo di Mossul (Iraq), rapito
il 29 febbraio 2008 nella sua città e trovato morto due settimane dopo. Impegnato in numerose iniziative sociali a favore degli
emarginati e dei disabili, l’arcivescovo si batteva per la tolleranza
e l’integrazione. Con il conferimento del premio, “Path to Peace” ha ribadito il diritto fondamentale alla libertà religiosa.
Convegno Aifo. Si svolgerà
ad Assisi dal 16 al 18 ottobre il
23° Convegno internazionale Aifo (Amici di Raoul Follereau) sul
tema “Diventare persone”. L’iniziativa intende promuovere la
dignità e i diritti umani, paral-
●
6
lelamente all’impegno concreto nel mondo per vincere la lebbra. L’obiettivo del Convegno è
avere una bussola per cui ognuno
possa acquisire, recuperare e sviluppare la propria dignità umana,
attraverso i diritti universalmente
riconosciuti. Affiancando gli ultimi nel cammino di riscatto, nella
lotta per la salute, nel contrasto
all’emarginazione, nel sostegno
alle fragilità dell’infanzia, delle donne e delle minoranze etniche, ognuno di noi può diventare
degno della propria dignità.
Il programma completo del
Convegno è disponibile sul sito
www.aifo.it
■
SICUREZZA e DIGNITà
● E l’Italia? Il nostro Paese esce
dal G8 con impegni ambiziosi.
Tra deficit vecchi da colmare e le
nuove promesse in ogni direzione, la quota supererebbe i 2 miliardi di dollari. L’Associazione
delle Ong esprime molte perplessità sulla capacità di onorare le
promesse celebrate al G8, considerati anche i tagli alla cooperazione finora attuati. Una verifica
avverrà con l’elaborazione della
prossima “legge finanziaria”.
La Tavola della pace, invece, ha
sottolineato che per organizzare il
G8 l’Italia ha speso più del bilancio che dedica alla lotta alla povertà (400 milioni di euro contro i
321,8 stanziati quest’anno). ■
I diritti di tutti
● “No” all’aborto. Più di 20mila
persone hanno aderito alla marcia
di protesta contro la legalizzazione dell’aborto. L’iniziativa si è tenuta a Douala, in Camerun, l’11
luglio, anniversario dell’approvazione del “Protocollo di Maputo” sui diritti della donna, adottato dall’Unione africana nel 2003.
I vescovi camerunesi riconoscono che “la legge protegge la donna africana dalle diverse forme
di violenza fisica e di discriminazione, ma sono contrari alla le-
Invitiamo i nostri lettori, dotati di computer e internet, a consultare la MISNA (Agenzia missionaria di informazione mondiale)
per allargare la mente al mondo intero: www.misna.org
Visitate anche il nostro sito www.saverianibs.it nel quale potete leggere
tutte le notizie, le testimonianze e le proposte del
nostro mensile, comprese le edizioni locali e la
versione in formato pdf.
galizzazione dell’aborto in Africa”. All’appello della chiesa hanno aderito anche fedeli di altre religioni, musulmani compresi.
Intanto, dopo l’assicurazione
di Obama al Papa di impegnarsi a ridurre il numero di aborti, in
Italia la Camera dei deputati ha
approvato il testo di una mozione
da presentare all’Onu nella quale
si chiede una risoluzione contro
l’aborto come strumento di controllo demografico e per l’affermazione del diritto di ogni donna
a non essere costretta ad abortire.
● Avamposto dell’accoglienza.
Luxor, in Egitto, città famosa per
i suoi monumenti e i suoi templi, è la meta di migliaia di profughi in fuga da Sudan, Darfur
e Ciad. Soprattutto è l’avamposto cattolico dell’Egitto meridionale. “Siamo la chiesa del silenzio - spiega mons. Badir vescovo della chiesa copta cattolica e una piccola minoranza. Tra cristiani e musulmani esiste un rapporto di condivisione e collaborazione nella gioia e nel dolore;
i problemi iniziano quando ci si
avvicina ai vertici politici”.
Luxor ha 22 parrocchie, 18mila fedeli, 25 sacerdoti e 50 suore.
Tutti s’impegnano ad accogliere i
profughi in fuga senza chiedere a
quale religione appartengono. Ad
Assuan un Centro di accoglienza presta i primi soccorsi agli immigrati, che arrivano a piedi stremati dopo aver attraversato il de-
Export armi leggere. Dal
Rapporto 2009 di “Small Arms
Survey” è emerso che dopo gli
Stati Uniti, l’Italia è al secondo
posto tra i maggiori esportatori
di armi leggere e di piccolo calibro nel periodo 2000-2006 (434
milioni di dollari). Tra le varie
tipologie di armi figurano pistole sportive e da caccia, caricatori, revolver e pistole (ad uso civile, non sportivo né militare),
fucili sportivi e da caccia. Desta
preoccupazione il livello di trasparenza dell’Italia, scesa dal secondo al 12° posto, perché non
ha specificato i criteri di licenza
alla vendita.
■
●
MESSAGGIo DALLE CHIESE
ISTITUTI MISSIONARI
Il decreto “Sicurezza” è stato approvato con voto di fiducia, ma non
certo in un clima di fiducia. Pur nella complessità del decreto, la CIMI Conferenza degli istituti missionari italiani - dichiara il suo sconcerto per
quanto riguarda i provvedimenti sul tema degli immigrati. Siamo ben
consapevoli che ogni Stato ha il diritto e dovere di regolare le migrazioni in pieno rispetto dei diritti umani dei propri cittadini e anche di ogni
persona al mondo, come richiede la Costituzione della Repubblica.
Come missionari, siamo testimoni delle tragiche situazioni in cui sono costretti a sopravvivere centinaia di milioni di persone e famiglie a
causa dell’impoverimento forzato e dei numerosi conflitti, con responsabilità anche internazionali. Ci meraviglia, quindi, che il cosiddetto
“Pacchetto Sicurezza” sia stato approvato senza tener conto delle cause che sono all’origine e concomitanti del drammatico fenomeno migratorio. Allo stesso tempo, dichiarando colpevole di “reato” ogni immigrato clandestino, la legge colpisce le persone più deboli, lasciando
impuniti quegli organismi che sono coinvolti nel reclutamento, trasporto e sfruttamento dei migranti.
Il fenomeno migratorio e la sua regolamentazione devono essere invece affrontati con alto senso di responsabilità e grande equilibrio Ha detto il cardinal Bagnasco: “La risposta non può essere solamente di ordine
pubblico, anche se è necessario mettere in chiaro diritti e doveri”. Diritti e doveri che riguardano anche noi italiani verso tutti gli immigrati, ai
quali gli Stati devono garantire la giusta sicurezza e l’umana dignità.
In questo contesto, noi missionari chiediamo al governo di impegnarsi per promuovere in modo prioritario l’attuazione di tutte quelle “promesse” più volte fatte e mai realizzate verso un maggiore impegno di
economia solidale e di equo sviluppo a favore dei popoli più bisognosi.
MISSIONI NOTIZIE
Pace e dignità
duale, gli altri devono ripianare.
Secondo la banca è un modo per
responsabilizzare le comunità. In
pratica, la gente deve autotassarsi
andando in difficoltà. Ciò provoca liti e denunce nei villaggi.
serto. Il Centro procura attraverso
l’Onu i documenti necessari per
proseguire il viaggio.
■
Una storia speciale
Tutto, tranne i soldi per i poveri. Nel numero di luglio-agosto vi abbiamo raccontato della
rapina subita dai saveriani a Luvungi, in Congo. Alcuni uomini armati hanno fatto irruzione
nella casa dove si trovavano sei
saveriani che sono stati legati e
malmenati, mentre tutte le stan-
●
ze venivano ripulite per bene.
Ripulite nel senso letterale della parola, perché i banditi si sono portati via oltre a computer,
stampanti, cellulari e orologi anche borse, valigie e vestiti.
Padre Gianni Pedrotti ha raccontato di essersi beccato, tra
l’altro, un paio di bastonate alle
gambe (per le quali poi uno dei
rapinatori si è scusato, da perfetto
“ladro gentiluomo”), e ha riferito
un episodio particolare. “Uno dei
banditi, dopo aver saputo che ero
il parroco, mi ha portato in ufficio, convinto che custodissi
lì tutti i soldi. Gli ho detto
che non avevo niente ed era
vero perché l’unico denaro che avevo in ufficio era
quello per i poveri che avevo messo in una busta. Non
fidandosi, mi ha fatto aprire
tutte le buste. L’unica con i
pochi soldi è rimasta chiusa e in mano al ladro che,
per stizza, l’ha gettata a terra, senza controllare il contenuto… Forse il Signore ha concluso p. Gianni - non
ha voluto che i banditi portassero via anche i soldi dei
poveri!”.
■
Padre Gianni Pedrotti, saveriano bresciano,
con alcuni alunni di Luvungi, in Congo RD
2009 SETTEMBRE
DIA L O G O E SO LIDARIETÀ
lettere al direttore
p. Marcello Storgato
MISSIONARI SAVERIANI
Via Piamarta 9 - 25121 Brescia
E-Mail: [email protected]
Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale
L’ESAME DELLA MATURITà
Caro direttore,
in questi giorni sono alle prese con l’Italia di domani - ovvero, con
i giovani di oggi che, in parte fiduciosi (facciamo i salti mortali per
non scoraggiarli), e in parte già delusi dalla vita (a soli diciott’anni), sostengono il primo esame della propria “maturità”. Ritengo che
la “maturità” sia una disposizione interiore che tutti noi giovani e
meno giovani, e soprattutto noi insegnanti, dovremmo praticare più
spesso. Non ti pare?
Maxi, Salerno
Caro Maxi,
ho trovato interessante e appropriata la tua riflessione su ciò con
cui eri “alle prese” come insegnante alla fine dell’anno scolastico: gli
“esami”. Ora siamo all’inizio del nuovo anno di scuola, ma la tua riflessione rimane valida e attuale. Soprattutto quando riguarda “l’esame della maturità”, quella altrui e quella propria. E qui casca l’asino
(...che sono io!). Mi viene in mente la parola di Cristo: quella pagliuzza nell’occhio altrui e la trave nel proprio occhio (Matteo 7,1-5).
Se è doveroso, infatti, verificare la maturità dei nostri giovani al
termine di un percorso educativo, non possiamo dare per scontato che
noi adulti - che abbiamo passato tanti esami - siamo maturi e continuiamo a maturare. Perché, come ben dici, una disposizione interiore
non si consolida per caso né in modo automatico. È utile perciò verificare costantemente il livello della propria maturità.
Perché non riprendere quella semplice pratica quotidiana che si
chiama “esame di coscienza”? È un esame vero, in cui mi guardo allo specchio e mi confronto con un Esaminatore d’eccellenza: il Padre
Eterno che è sì pronto a perdonarmi, ma mi incoraggia a migliorare
la mia disposizione verso la maturità a pieni voti.
E speriamo che insieme a noi - missionari, preti, insegnanti, anziani
e giovani - un po’ di “esame di coscienza” se lo facciano anche i politici, i banchieri, i finanzieri, i petrolieri... Con l’unico obiettivo di favorire ogni giorno il livello della propria maturità e dell’altrui felicità.
Caro direttore,
non trovo parole per esprimere riconoscenza e stupore per l’iniziativa di “padre Neno”. È stata una bellissima idea: leggere la storia
di una vocazione alla portata di un semplice appetitoso linguaggio a
fumetto. E grazie di cuore anche all’artista Marina Tonon per l’idea
e la realizzazione. Cordiali saluti,
suor Ernesta, Gorizia
Cara suor Ernesta,
mi rallegro con te, perché sei stata tra le prime a inviare un messaggio “compiaciuto” sulla pagina per bambini pubblicata su luglio/agosto scorso. Sì, l’artista Tonon è davvero brava, e speriamo di godere
ancora del suo talento. Ora mi affido alle suore come te, agli educatori e ai genitori, e ancor più ai nonni, “che hanno un compito educativo sempre più importante”, affinché la vocazione missionaria non
resti... un bel fumetto, ma diventi una bella chiamata a cui
rispondere con gioia fin dalla giovinezza.
p. Marcello, sx
STRUMENTI D'ANIMAZIONE
UN LIBRO E UNA LETTERA
Per riprendere la nostra riflessione, proponiamo un libro e una
lettera, ambedue stimolanti.
Cristiani si diventa
Per una spiritualità della libertà radicale
Chi ama il proprio nemico? Chi vende tutto per
darlo ai poveri? Queste domande vanno al nocciolo del vangelo e mettono a nudo l’incoerenza cristiana. Albert Nolan affronta la questione
partendo dall’uomo di oggi e ricorda che per
diventare cristiani occorre un lungo e graduale
percorso di vita con il Signore. A parte la “brutta
copertina”, il contenuto è valido e si presta a una
lettura meditata, un capitoletto al giorno.
Editrice EMI, pagine 220, €15
Lettera ai cercatori di Dio
La più recente “lettera” scritta dai vescovi italiani per tutti coloro che sono
alla ricerca del Dio vivente. È quindi una
“lettera” per ciascuno di noi. Perché non
leggerla, personalmente e in famiglia, un
po’ alla volta?
Edizioni Paoline, pagine 120, € 2.50
I MISSIONARI SCRIVONO
Dal Giappone, un antico ricordo di p. Domenico Milani
Leggo sempre volentieri “Missionari Saveriani”: bravi e grazie per il bel lavoro che fate a Brescia! Desidero dare una notizia e chiedere un favore.
La notizia - Alle 12e30 precise (ora giapponese di oggi lunedì 27 luglio)
p. Mauro Mollaretti (75 anni) è entrato in sala operatoria dell’ospedale di
Miyazaki per l’operazione all’anca destra. L’anno scorso aveva operato la
sinistra. “Operazione riuscita”: alle 17e30 ad attenderlo eravamo p. Piacere, p. Carlesso e io. Ne avrà per almeno due mesi per fisioterapia. Gli auguriamo una buona convalescenza.
Il favore - Se vai sulla tomba del caro p. Domenico Milani, digli che lo
ricordo con immensa simpatia. Quando ero giovane diacono, durante le
vacanze estive fui inviato a Parma per aiutare nel trasloco dell’archivio
generale del nostro istituto, quando segretario era padre Teodori. Nel piccolo refettorio mangiavo insieme ai padri Milani, Beduschi e Morazzoni
Achille; gli altri erano in vacanza. Un bel pomeriggio, in un’enfasi tipicamente sua e con quel suo tono caratteristico e simpatico, p. Milani mi disPadre Giuseppe Piatti,
se: “Tu sei ontologicamente cretino!”. Un bel complimento, davvero indibergamasco classe 1935,
menticabile!
in Giappone dal 1967
p. Giuseppe Piatti, sx - Miyazaki
Grazie a nome degli africani, nostri ospiti
Nel ringraziare di cuore quanti hanno aderito al nostro progetto (n. 6/2008) per l’accoglienza degli studenti africani in Italia, aggiungo alcune parole dei giovani che ospitiamo a Vicomero di Parma.
“Nella fraternità missionaria Muungano mi sente bene e trovo ascolto. Siamo una famiglia e ci aiutiamo a vicenda. Ringrazio per avermi dato la possibilità di continuare con il mio progetto di vita” (Marius,
Camerun). “Sono iscritta alla facoltà di farmacia. Mi ritengo fortunata di poter vivere nella fraternità. Una vita di famiglia fondata sull’amicizia e che mi aiuta anche nel mio cammino spirituale. Mi
sento al sicuro, perché mi sento amata. È bello la sera tornare a casa, da persone che mi vogliono
bene” (Denise, Goma - Congo). “Dopo aver lasciato la mia famiglia ho sentito tanta solitudine.
A Vicomero mi ritrovo con altri coetanei e le famiglie con i loro bimbi. I consigli, i valori e l’affetto di chi mi ospita mi fanno sentire bene” (Jean Paul, Camerun).
Grazie a voi che avete contribuito alla felicità dei nostri ospiti africani. Loro ci hanno accolto
nelle loro case come missionari; altrettanto dobbiamo fare noi con loro, in fraternità.
Edda e p. Silvio Turazzi, sx - Vicomero, Parma
Un grazie anche dai missionari e dalla gente del Mozambico
Verso la fine del 2007 abbiamo chiesto ai
Una delle varie chiese di villaggio in Mozambico,
lettori di “Missionari Saveriani” di aiutarci
completata con l’aiuto dei lettori
a costruire le chiese nei villaggi (progetto n.
7/2007) delle nostre missioni in Mozambico.
La risposta è stata molto positiva e in molte
nostre comunità cristiane, tra la soddisfazione
generale della gente, abbiamo già costruito la
chiesa. Grazie vivissime a quanti hanno collaborato con tanta generosità. Oltre all’aiuto di
tanti amici italiani, anche la popolazione locale ha contribuito con mattoni, sabbia e manodopera preziosa. È stata un’iniziativa molto
buona, perché ha dato la possibilità alle nostre
comunità di avere un luogo dove
riunirsi e pregare. Vi ricordiamo nella preghiera: il Signore vi benedica tutti,
p. Bruno Boschetti e saveriani - Mozambico
solidarietÀ
BRASILE: UNA MACCHINA PER IL “MAESTRO”
È la terza volta che rimango in strada con la vecchia
macchina, che ha fatto più di 250mila chilometri. Negli ultimi mesi è stata più in officina che in giro. Con
le relative spese! Per non venir meno agli impegni
apostolici nelle varie comunità cristiane e nei gruppi
biblici che chiedono aiuto e consiglio, sono costretto
a chiedere una macchina in prestito ad amici e vicini,
oppure devo chiedere che vengano a prendermi e mi
riportino a casa, se proprio mi vogliono.
Dopo aver ritirato per l’ennesima volta la macchina
dal meccanico, mi è venuta un’idea. Su “Missionari
Saveriani” vedo che vi è un piccolo spazio dedicato
ai “piccoli progetti”. Mi sono domandato: potrebbe
entrare fra questi anche una macchina che faciliti il
nostro... correre missionario? Ne ho parlato con il nostro superiore, che ha dato la sua approvazione.
Ci occorrono 15.000 euro, per una macchina normale ma robusta, capace di portare persone e anche cose, per esempio quando facciamo la spesa settimanale
per la comunità dei novizi o per i gruppi di giovani
che partecipano ai ritiri spirituali e agli incontri di animazione missionaria. Ringrazio per la vostra comprensione e solidarietà.
p. Alfiero Ceresoli, sx (maestro dei novizi in Brasile)
piccoli progetti
7/2009 - BRASILE
Una macchina per il “maestro”
Padre Alfiero Ceresoli, maestro dei novizi in Brasile e nostro regolare corrispondente nella rubrica a pagina 2, cerca aiuto per
comprare una macchina normale ma robusta, per far fronte ai numerosi impegni apostolici. Chiede agli amici un contributo fino
a 15.000 euro.
• Responsabile del progetto è il saveriano
bergamasco p. Alfiero Ceresoli.
• ••
6/2009 - RD CONGO
Sala polivalente a Kitutu
Nella diocesi di Uvira, Kitutu è una missione molto estesa e difficilmente percorribile. Quattro saveriani chiedono un aiuto per
completare una sala polivalente nella zona di
Kakemenge. La gente ha già fatto i mattoni.
Serve il resto, per un totale di 15.000 euro.
• Responsabili del progetto sono p. Maran,
p. Simoncelli, p. Codutti, p. Olvera.
Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente
postale, oppure può inviare l’offerta direttamente
al C/c.p. 00204438, intestato a:
Procura delle Missioni Saveriane,
Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA
Richiedere a:
• Libreria dei popoli, Brescia
oppure
Tel. 030 3772780; Fax 030 3772781;
E-mail: [email protected]
bonifico bancario su C/c 000072443526
CARIPR&PC - Ag. 6, via Farini 71, 43100 Parma
IBAN  IT86 P062 3012 7060 0007 2443 526
Di nuovo, in panne!
Si prega di specificare l’intenzione
e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie.
2009 SETTEMBRE
ALZANO
24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4
Tel. 035 513343 - Fax 035 511210
E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247
La Bibbia nella mia vita / 1
Le storie lette e tradotte dal papà
per la sacra ScrittuL’ amore
ra è iniziato in me molto
indietro negli anni e ha radici
profonde nel mio cuore. Uno
dei miei primi ricordi legati alla
Bibbia mi riporta ai tempi in cui
frequentavo le scuole elementari. Il fascino delle sacre Scritture
aveva già cominciato a prendermi il cuore, attraverso l’ambiente
ricettivo creato dalla mamma e
le parole solenni del papà. Infatti
la sera papà, stanco per il lavoro
ma contento di essere con noi figlioli, ci leggeva e traduceva le
storie della Bibbia.
L’unica Bibbia che avevamo a
casa era in francese e lui la leggeva in quella lingua, che conosceva molto bene. Poi la traduceva per noi, tre piccoli cuccioli
umani che, incantati, pendevamo
dalle sue labbra. Non c’era ancora la televisione e l’incontro
serale della famiglia era qualcosa di sacro mentre si consumava
la “bruande” (tisana calda) pre-
p. SILVANO DA ROIT, sx
parata dalla mamma secondo la
tradizionale cucina francese.
desiderato da ciascuno di noi. In
noviziato ricordo che leggevo
con molto gusto i commenti ai
Il momento più desiderato
vari brani della Bibbia, anche se
Entrato tra i saveriani ad Alza- inciampavo spesso in parole greno, i “prefetti” Angelo Paganelli, che che non capivo.
Mario Mula, Giuseppe Chiarelli
A Parma, durante gli studi
e Antonio Decembrino, duran- teologici, p. Peppino Carminati
te il tempo dedicato alla lettura ci entusiasmava allo studio delspirituale ci leggevano in mo- la Bibbia, presentandoci a ogni
do magistrale un’edizione della lezione i riassunti dei diversi liBibbia per ragazzi. Eravamo tut- bri e offrendoci spiegazioni, inti presi dai racconti e credo fos- terpretazioni e chiavi di lettura
se il momento della giornata più molto interessanti.
Degli insegnamenti
spirituali di p. Amato
Dagnino ho imparato
soprattutto una cosa: la
sera prima di dormire,
la sua abitudine di leggere le letture bibliche
proposte dalla liturgia
per il giorno seguente.
Questa è una regola di
vita spirituale che osservo fedelmente e con
La lettura della Bibbia è affascinante per tutti,
profitto anche oggi.
non solo per i sacerdoti e i missionari
Cari lettori, da questo numero di settembre e per qualche
mese vi terrà compagnia una rubrica a puntate di p. Silvano Da
Roit, saveriano bergamasco e missionario in Giappone. L’abbiamo intitolata: “La Bibbia nella mia vita”.
Le riflessioni sulla sua esperienza missionaria e sul modo di
annunciare la Parola al popolo giapponese saranno sicuramente di aiuto anche a noi nel cercare di mettere Gesù al centro
della nostra vita. Le parole di p. Silvano, in questo anno sacerdotale, ci faranno ricordare l’importanza di stare vicini ai nostri
sacerdoti, della nostra amicizia e preghiera per loro.
In questa prima puntata, padre Silvano ci parla di come è nato nella sua vita l’amore per la Parola di Dio. Buona lettura!
p. Leonardo Raffaini, sx
Il nutrimento più sostanzioso
In generale, ricordo che ascoltavo le omelie fino al momento
in cui si attenevano strettamente
alla spiegazione e all’attualizzazione dei testi della Scrittura.
Quando il predicatore cambiava
registro e aggiungeva altre cose,
allora ...esercitavo la pazienza,
convinto com’ero che non ci
fosse niente di sostanzioso di cui
nutrirsi, oltre la Parola di Dio.
Ordinato prete, ho tenuto le mie
prime prediche nella zona di montagna vicino a Parma, che va sotto
il nome di “Monchiese”. Ricordo
che ero preoccupato di fare una
sola cosa: attualizzare la pagina
del vangelo per le persone anziane che mi ascoltavano. A volte le
ciambelle riuscivano con il buco;
altre volte no. Ma è stato in Giappone, dove sono stato inviato come missionario, che le esperienze
con la Parola di Dio si sono moltiplicate e diversificate.
■
Settembre... si ricomincia
I saveriani ai blocchi di partenza
P
enso che anche Gesù si sia
preso qualche momento
di... relax. Anche noi riprendiamo il nostro normale ritmo di
vita, dopo l’estate e un po’ di
vacanze. I ragazzi ricominciano
la scuola, gli adulti il lavoro, i
pensionati le loro attività di volontariato per gli altri o di aiuto
a figli e ai nipoti, le parrocchie
iniziano l’anno pastorale con le
loro svariate attività.
Ogni giorno, settimana, mese
Riparte anche la comunità saveriana di Alzano. Rientrato p.
Mario Curione dalla sua bella
Lucania, siamo di nuovo al completo e pronti al via. Riprende
quindi la Messa alle 7.30 di ogni
giorno, tranne la domenica, alla
quale possono partecipare anche
i fedeli. Dal mese di ottobre ri-
8
prende la Messa per le missioni ogni primo martedì del mese
alle ore 15. Così pure l’adorazione mensile per le vocazioni
il giovedì alle 20.30: la prima
adorazione sarà in ottobre con la
veglia missionaria vicariale.
Così pure ripartono le attività
portate avanti da alcuni saveriani della comunità. Sapevate,
ad esempio, che ogni mese un
gruppetto di insegnanti, fondatori del gruppo CEM di Alzano,
si riunisce per riflettere, studiare
e programmare iniziative che
possono essere utili ad allargare l’orizzonte della scuola e del
nostro territorio sulle problematiche riguardanti il mondo
e l’incontro con altre culture e
religioni? Se vi interessa partecipare, contattateci al nostro numero (035 513343).
I saveriani di Alzano celebrano ogni primo martedì del mese la Messa per le missioni; l’appuntamento è fissato da ottobre alle ore 15, in via Ponchielli
p. LEONARDO RAFFAINI, sx
Venite a… disturbarci!
Padre Nello Berton continua
le sue visite ai seminari per animare missionariamente i futuri
sacerdoti diocesani; quest’anno
toccherà ai seminari della Lombardia e dell’Emilia Romagna.
Padre Leonardo prosegue la
collaborazione con il centro missionario e il centro vocazionale
della diocesi. Siamo sempre disponibili per attività di animazione missionaria e vocazionale per
ragazzi e giovani, come pure per
gruppi missionari, sia nella nostra
casa che nelle parrocchie. Riprendiamo anche a collaborare con le
parrocchie vicine per il ministero
pastorale e delle confessioni.
Soprattutto, la nostra casa è
sempre aperta a chi desidera un
incontro con noi missionari. Per
avere una buona parola o per riconciliarsi con il Signore attraverso la confessione, abbiamo
dei confessori di grande esperienza. Per conoscere la missione della chiesa nel mondo e per
chi desidera buone e sane letture
abbiamo anche dei bellissimi libri e riviste.
Come vedete, siamo di nuovo ai blocchi di partenza per un
nuovo anno. Cercate di togliervi
gli scrupoli di... “non voler disturbare”. Anzi, più disturbate e
meglio è: Gesù non aveva tempo
nemmeno per riposarsi; quindi
■
anche noi...
Attraverso questa fotografia, p. Arduino Rossi manda i suoi saluti ai lettori
di “Missionari Saveriani”, dimostrando di essere in buona salute; ringrazia
tutti per le preghiere e gli aiuti per il Bangladesh.
MI SENTO A CASA MIA...
PATRIZIA
Dopo Stefania e Maria Grazia, vi presentiamo Patrizia, la veterana
delle collaboratrici domestiche dei saveriani di Alzano. È l’ultima del
trio, solo perché è la più… schiva nel raccontare.
Sono entrata nell’istituto dei saveriani nel lontano 1972, varcando il
grande cancello in fondo a via Adobati nel cuore di Alzano. Per i primi mesi sono stata “aiuto cuoca”; poi, quando il ragazzo che cucinava è andato via, ho preso il suo posto.
Gli inizi sono stati un po’ difficili: passare da padelline a padelloni,
da pentolini a pentoloni, da qualche piatto a montagne di piatti... non
è cosa di tutti i giorni. Alla fine mi sono abituata e se dopo 37 anni sono ancora qui, vuol dire che mi ci trovo bene.
In tutti questi anni ho conosciuto molti saveriani. Mi vengono in
mente p. Orsi, p. Carrara, p. Cruder, p. Doneda, p. Camera... Mi sono
trovata a cucinare per tanti ragazzi, avendo la gioia di vedere tre di
loro arrivare al sacerdozio e partire per la missione: p. Fabio Castelli,
p. Marco Moro e p. Filippo Rota Martir. Mi sono trovata sempre bene
e loro mi trattavano come se fossi una “mamma”.
Quando rientrano dalla missione, mi manifestano sempre il loro affetto con un forte abbraccio. Ho un ricordo speciale
per p. Francesco Bradanini, con il quale ho lavorato
tanti anni. È stata una persona molto comprensiva
e mi è dispiaciuto molto quando il Signore l’ha voluto con sé così presto.
Dopo tanti anni, trascorsi tra cucina e lavori domestici, sono felice di dare una mano ai
“miei” missionari nella loro casa che sento un po’ anche mia. Desidero ringraziare anche tutti coloro che sono lontani e che sono già in cielo,
per la fiducia che
hanno ripoPatrizia è la veterana
sto in me e
delle collaboratrici doper le tanmestiche dei saveriani di
te preghiere
Alzano: grazie per i 37
anni di servizio!
che continuano
a rivolgere
al SiCrocifisso
del beato
Conforti,
venerato
gnore per
me.
2009 SETTEMBRE
BRESCIA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
Quell’hippie un po’... stagionato
P. Tobanelli e i “tokay” del Bangladesh
P
adre Riccardo Tobanellli,
saveriano di Castrezzone
- Muscoline, lavora in Bangladesh. È uno di quei missionari
che se lo incontri una volta nella vita non lo puoi più scordare, non solo per il suo aspetto un
po’ tra il santone indiano e l’hippie stagionato, ma soprattutto
per quella simpatia che spinge
ad ascoltarlo e a credergli.
Il suo look disorienta un po’,
ma quando sorride e parla della vita missionaria ti conquista
e affascina. Viene voglia di fare qualcosa per i suoi ragazzi di
strada, per le situazioni limite
con cui ogni giorno si confronta in quella terra sovrappopolata e colpita da catastrofi naturali.
Lo abbiamo intervistato durante
le sue vacanze in Italia.
Da quanto sei in Bangladesh?
Sono in Bangladesh dal 1982.
La mia attività si svolge in ambiente prevalentemente musulmano e predilige l’aspetto sociale. Ho lavorato con un gruppo di
fuoricasta costruendo delle piccole scuole e dando vita a una picco-
la organizzazione chiamata Dolet,
che si occupa di queste persone.
E poi cosa hai fatto?
Dal 1994 mi sono dedicato alle vittime dell’urbanizzazione selvaggia, che ha portato all’abbandono dei villaggi e di molti valori culturali tradizionali, che sono
andati persi. L’inserimento in un
ambiente ostile causa molti disagi. La famiglia spesso si disintegra
e i bambini il più delle volte sono
lasciati a se stessi. Questi bambini cadono in situazioni disperate e
tragiche, come lo sfruttamento del
lavoro e la prostituzione.
E diventano prede della
strada…
Esatto. Il fenomeno viene chiamato tokay per via del lavoro di
raccolta e riciclaggio di materiale
che trovano nelle discariche. Abbiamo cominciato a offrire loro
dei rifugi per la notte. In seguito,
abbiamo accolto i più piccoli in
strutture apposite, per dare loro
una vita più normale nella quale fosse compreso, oltre all’alloggio e ai pasti regolari, anche
a cura di p. F. RAFFAINI, sx
l’educazione scolastica.
Ora sei nella capitale?
Tre anni fa mi sono trasferito
a Dhaka dove il problema dei tokay è più grave. Con alcuni dei
miei ex ragazzi di strada, ormai
cresciuti, abbiamo dato vita a due
centri. Il primo è a Kaworan Bazar, vicino alla ferrovia in uno di
quei quartieri dove la vita è a dir
poco disumana. L’altro è situato
a Savar nella zona industriale dove oltre al consueto posto per la
notte, durante il giorno teniamo
aperto un asilo infantile per ospitare i figlioletti di giovani donne
abbandonate. Queste mamme per
sopravvivere fanno le serve nelle
case degli operai della zona.
Hai costruito una squadra!
Con alcuni giovani di queste
comunità abbiamo pensato di affrontare con pochi mezzi e tanta buona volontà il dramma dei
bambini di strada. Ci sembrava
un problema che riguardasse tutti. La maggior parte del lavoro è
svolto dai giovani che si adoperano a soccorrere, educare e aiu-
Padre Riccardo Tobanelli, saveriano di Muscoline, con un gruppo di “tokay”,
i bambini di strada del Bangladesh che lui aiuta perché abbiano un futuro migliore
tare bambine e bambini abbandonati. Con una quindicina di giovani, tra cui anche delle ragazze,
abbiamo aperto nuovi centri dove
con la loro esperienza di ex tokay,
aiutano i bambini a intraprendere
nuove strade per un inserimento
più dignitoso nella società.
Cosa fate in particolare?
Uno dei compiti è il rapporto
con le forze dell’ordine. Infatti,
la tendenza è quella di arrestare
i bambini di strada, mandarli davanti a un giudice, condannarli e
metterli in prigione. È facile così perdere le loro tracce. Con il
gruppo di giovani abbiamo creato delle unità di pronto intervento. Non appena veniamo a conoscenza di questi casi interveniamo presso la polizia per farli rilasciare e farceli affidare.
■
(continua nel riquadro)
La nuova missione di Nefa
Padre Abeni ha incontrato gli amici bresciani
S
ta finendo un’altra estate e
come ogni anno sono stati
tanti i saveriani, bresciani e non,
che sono passati a trovarci durante le loro vacanze. Sono i padri
Abeni, Tobanelli, Pistoni, Filippini, Pedrotti, Targa e Taini. Oltre a
loro ci sono p. Loda, p. Rigali e
p. Brentegani, tre saveriani bresciani superiori in Colombia, nelle Filippine e in Congo, che hanno partecipato alla Cosuma, Conferenza dei superiori maggiori, a
Tavernerio (CO).
8
Sentirsi giovani e ripartire
Padre Gianni Abeni, del quartiere della Noce, ha fatto una toccata e fuga, giusto il tempo per
rimettersi in sesto da qualche problemino fisico e salutare gli amici.
Fatto il tagliando, è già ripartito
per la missione di Nefa, in Camerun. Racconta: “Pensavo fosse ora
di andare in pensione, avendo già
passato i 65 anni; invece la Provvidenza vuole a tutti i costi farmi
sentire giovane. Farò quello che
potrò perché la missione di Nefa
copre un territorio molto vasto e
ci sono tante cose da fare”.
Padre Gianni è nella sua nuova missione da un anno e ogni
giorno scopre cose nuove. Nefa
è situata alla periferia di Bafoussam, capitale del Camerun occidentale. Ha quindi i tipici problemi delle periferie delle città, ma
nello stesso tempo si estende per
oltre 20 chilometri su un vasto
territorio di campagna che comprende sei centri rurali, dove p.
Gianni dovrebbe andare ogni settimana, ma le strade sono orribili.
L’unica consolazione è che Nefa
si trova a 1.400 metri d’altitudine, per cui il clima è buono.
Il grande bisogno di acqua
Padre Gianni ha un gruppo di
supporter appassionati che lo se-
P. Gianni Abeni, durante la permanenza a Brescia, ha rallegrato tutti con le
sue battute in un dialetto misto tra il
bresciano e lo spagnolo-camerunese
DIEGO PIOVANI
guono e sostengono in ogni suo
spostamento. Il gruppo si chiama
“Kamenge e dintorni” e ha la sede
in Borgo Trento. Proprio a loro p.
Abeni ha spiegato che gli abitanti
di tanti villaggi sono andati da lui
a chiedergli un aiuto per l’acqua.
L’intenzione è di prolungare per
altri cinque chilometri l’acquedotto che è già stato realizzato. Si
tratta di condurre l’acqua in alcuni villaggi molto distanti dalla periferia, ma che sono densamente
abitati. “La popolazione è molto
disponibile e ha già garantito di
collaborare concretamente a questa iniziativa, vitale per tutti”.
L’acqua è una necessità fondamentale; senza l’acqua non
si può nemmeno pensare di
iniziare altri lavori. Tra questi,
c’è la costruzione di alcune aule scolastiche di cui i bambini
hanno assolutamente bisogno.
Attualmente, sono costretti a fare scuola in strutture fatiscenti,
sempre a rischio di crolli. Dice
p. Gianni: “Vorrei cominciare a
fare qualcosa nei villaggi della foresta, dove c’è tanta gente
completamente abbandonata”.
Speriamo che p. Abeni riesca a
realizzare almeno una parte di
questi bei progetti.
■
I saveriani di Brescia si sono riuniti dal 6 al 9 luglio scorso per la verifica e la programmazione annuale delle attività presso la casa dei comboniani di Limone sul Garda. Si sono
soffermati su tutti gli aspetti della loro vita e attività. Nella foto, al termine dei lavori,
prima della cena alla “Scuderia Castello” del sig. Zambiasi.
SOLO GLI OCCHI PER VEDERE
a cura di p. FIORENZO RAFFAINI, sx
Padre Riccardo descrive anche il problema dell’intolleranza degli
abitanti attorno ai piccoli centri d’accoglienza dei tokay. “Spesso la
gente si sente disturbata da questi ragazzi e non vuole rinnovarci l’affitto. Un altro aspetto delicato è la presenza delle ragazze. I nostri
gruppi le tutelano e si interessano che eventuali matrimoni non nascondano situazioni deleterie per le giovani.
Naturalmente i bambini dei nostri centri sono quasi tutti musulmani e partecipano all’educazione religiosa nella loro fede e nei loro ambienti. Il clima con i responsabili delle moschee è buono, tanto che in
più di un’occasione, durante la guerra in Iraq, i responsabili musulmani hanno impedito ai più facinorosi di danneggiare le nostre strutture, considerandole come le loro”.
Sentendo parlare p. Riccardo ci rendiamo conto che il suo cuore non
è per nulla differente da quello di tanti altri missionari. È l’amore per il
prossimo che spinge ad agire e che impedisce di distinguere tra casta e
fuori casta, tra bianchi e neri, tra ricchi e poveri. I missionari hanno solo
occhi per vedere il fratello e la sorella che, stretti dal bisogno, chiedono ascolto e solidarietà.
Padre Riccardo ci saluta. Lo vedo salire sulla motocicletta del
fratello e tornare sulle sue colline moreniche a tagliare un po’
di bosco. Poi partirà per il Bangladesh. Cerca qualcuno che vorrà aiutarlo nella sua missione e,
perché no, anche a intraprendere una vita come la sua.
Bambini di strada e gente comune
Crocifisso
del beato
venerato
camminano
suiConforti,
binari alla
periferia
nel santuario deidimissionari
a
Dhaka, insaveriani
Bangladesh
2009 SETTEMBRE
CAGLIARI
08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9
Tel. 340 0840200
E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084
Una curiosità tira l’altra
Lavoro culturale dei missionari sardi
un programma
G uardando
televisivo sul volume di p.
Luigi Soletta “Il sole a mezzanotte”, ho scoperto che l’autore
era un missionario sardo. Il libro
indica una via verso la luce, una
discesa nel proprio cuore, per
raggiungere l’illuminazione dopo un lungo cammino di ascesi e
meditazione.
Il saveriano p. Tonino Melis di Tuili,
esperto delle tribù masa del Ciad
I samurai di padre Soletta
Padre Soletta, per quarant’anni missionario del Pime in Giappone, ha tradotto “Il codice segreto dei samurai”. Il codice può
essere considerato un insieme di
regole morali e religiose dei samurai: fedeltà al sovrano fino alla morte e responsabilità nel proprio lavoro. Il codice ci presenta
il samurai come un monaco che
vive la spiritualità compiendo un
cammino di distacco da se stesso, per raggiungere la vetta del
sapere e la ricerca della gioia. Il
codice dei samurai è diventato
una regola di vita anche nell’attuale società giapponese.
Dopo la trasmissione televisiva,
ho voluto approfondire il lavoro
culturale dei missionari sardi,
traduttori di lingue e culture straniere e alfabetizzatori di popoli
di cui hanno salvato la tradizione
orale attraverso la scrittura.
La difesa delle lingue indio
Tra i missionari sardi che hanno contribuito con il loro lavoro
p. DINO MARCONI, sx
culturale alla missione universale della chiesa, si distinguono il
gesuita Maccioni e il saveriano
Melis. Questi missionari hanno
fatto un doppio lavoro di traduzione del vangelo: dall’italiano
alle lingue locali e, viceversa,
per farci conoscere le culture dei
popoli dove hanno vissuto.
Il gesuita Antonio Maccioni,
nato a Iglesias nel 1672, fu inviato in Paraguay dove i gesuiti
lavoravano tra le popolazioni indigene per svolgere la missione
di evangelizzazione. Agli inizi
del XVIII secolo si spostò nella
vasta regione del Chaco, al nord
dell’attuale Argentina, dove si
trovavano cinque popolazioni
indigene. Il lavoro di alfabetizzazione comportava la formazione di codici linguistici indigeni e
contribuiva alla difesa e all’uso
della lingua indio nel lavoro di
evangelizzazione.
Di questa operazione linguistica è rimasto il lavoro di p. Maccioni, pubblicato nei testi di una
grammatica, di un vocabolario e
Per andare “oltre la siepe”
Il volo della gallina e il volo dell’aquila
S
i è tenuto ad Arborea il 2
giugno il convegno missionario sardo. All’inizio è stata presentata una riflessione, preparata
dalle saveriane di Oristano dal titolo, “Oltre la siepe”. Pubblichiamo il bel testo scritto da Teresina
Caffi, che è echeggiato nelle relazioni dei partecipanti, a cominciare da don Mario Cuscusa, che
ha introdotto il convegno.
8
Certo, puoi stare a casa tua
Certo che puoi stare sempre
chiuso in casa tua! Certo che
puoi stare tutta la vita nel tuo paese: c’è tanto da fare e tanti sono
nel bisogno! Certo che puoi stare dentro la siepe del tuo giardino: ci sono ancora tante sterpaglie da raccogliere!
Se Paolo avesse fatto così, tu
ed io saremmo ancora lontani da
Cristo! Se noi - non ebrei e non
di Palestina - siamo stati raggiunti dal vangelo è perché qualcuno,
bene o male, ha osato: ha lasciato
qualche piatto da asciugare a casa sua, qualche foglia secca nel
giardino per andare oltre la porta, oltre la siepe per incrociare lo
sguardo di sconosciuti: il nostro!
Ci troviamo così con un tesoro
in mano; un tesoro che urge per
essere passato ad altri. Un tesoro
strano: passandolo, lo si custodi-
sce; custodendolo lo si perde.
Ci dicono che ora non è più il
tempo di annunciare chicchessia;
che bisogna lasciare ciascuno
percorrere le sue vie; che la logica che cambia il mondo è quella
della domanda e dell’offerta, la
logica dei mercato. Perciò, dicono: «rientra all’interno della siepe, chiudi la porta, accontentati
di cercare la tua individuale felicità». Se viaggi, sia per affari o
per piacere, lascia che il mondo
vada come crede. Dicono: «è finito il tempo dei missionari».
Se il mondo è nel tuo cuore...
A te, creatura fatta per i gran-
sr. TERESINA CAFFI, mM
di sogni di Dio, abitata dal suo
amore onnipotente, raccontano
piccole storie di cortile, insegnano ad accontentarti di svolazzare a un metro dal suolo! Non cascarci! Fa’ tacere le loro voci.
Ascolta Dio nel silenzio. Ascolta il grido di un mondo tribolato.
Lasciati portare sulle ali d’aquila
dello Spirito di Dio alle sorgenti profonde della gioia e di un
mondo nuovo in costruzione!
Dà spazio alla passione di Dio
per lasciargli costruire un mondo
nuovo passando dalla tua mente, dalle tue braccia, dal tuo cuore, dai tuoi piedi! Lascia che Dio
ami in te il mondo intero, a cominciare dai più piccoli. Se non
porti il mondo in cuore non porterai neanche quelli della tua casa; lascerai perdere anche quelli
del tuo paese!
Se il mondo è nel tuo cuore,
anche se non dovessi fisicamente partire, hai già aperto le porte, scavalcato le siepi! Se rimani,
non sarà per paura; se vai, non
sarà per fuga. Sarà per docilità
a quell’Amore che mosse Paolo
a partire, e Giacomo a restare a
Gerusalemme.
Se voli da gallina, ora che lo
Spirito di Dio ti ha sollevato su
ali d’aquila..., troverai davvero
■
la gioia?
di un catechismo scritto in
due versioni,
una estesa e
l’altra semplificata. Il testo,
pubblicato per
la prima volta
a Madrid nel
1732 e stampato una seconda
volta a Buenos
Aires nel 1877, è
l’unico che prova la presenza di
una lingua india,
scomparsa probabilmente alla fine
del Settecento.
Una delle pubblicazioni del gesuita Antonio Maccioni
e il vangelo in lingua masa tradotto da p. Melis
Missionario e uomo
di cultura
Venendo ai nostri giorni, il saveriano Tonino Melis ha svolto
un lavoro di inculturazione in
Ciad dall’inizio degli anni ‘80.
Ha imparato e studiato le lingue
locali e ha fatto ricerche specifiche sulla cultura orale della tribù
dei masa, popolo di allevatori.
Visitando i villaggi, ha compiuto
una ricerca sulle tradizioni orali
della savana e ha raccolto i miti
della tribù masa. Ha registrato le
memorie degli anziani, tramandate oralmente da generazioni,
con proverbi, preghiere, favole
e indovinelli. Ha lavorato alla
stesura di un dizionario francese-masa per salvarne la lingua e
la tradizione. Ha anche curato la
traduzione del vangelo nella lin-
gua dei masa.
È bella quest’immagine dei
missionari come “persone di
cultura”, che svolgono un grande lavoro di alfabetizzazione
e traduzione. La maggioranza
dei testi di lingua, antropologia ed etnografia sulle culture
dell’Africa nera nel secolo scorso è stata fatta da missionari.
Condividendo a lungo la vita
delle popolazioni locali, possono
fare ricerche linguistiche e culturali per le raccolte di proverbi,
racconti della tradizione orale o
scritta, per cercare di conoscere
i segreti di gruppi etnici prima
che scompaiano, inghiottiti dalla
globalizzazione.
Presso la “Liberia dei popoli”
di Brescia si possono trovare diversi libri di favole dei tre continenti, testimonianza del lavoro
culturale dei nostri missionari. ■
INCONTRI D’AUTUNNO
p. D. MARCONI, sx
13 settembre: Mission Day
Domenica 13 settembre si tiene a Macomer il “Mission Day” per i
giovani di tutta la Sardegna. È la data della ripresa delle attività di
animazione missionaria giovanile.
Il tema, stampato anche sulle magliette utilizzate per i campi estivi,
ha per titolo, “La missione è una sola”. Il programma prevede l’accoglienza dei vari gruppi alle 9.30, l’annuncio della proposta missionaria alle 10 e l’Eucaristia, a cui seguirà un’agape fraterna e la festa insieme nel pomeriggio. Tutti i giovani sono invitati.
Per informazioni: p. Roby 340 4914261; e-mail: [email protected]
29 settembre: Ritiro per delegate e amici
Per le delegate, amici e abbonati della zona di Cagliari, martedì 29 settembre una bella giornata di ritiro dà inizio agli incontri missionari, in
via Praga 89 a Quartu Sant’Elena.
Per informazioni: p. Dino 340 0840200;
e-mail: [email protected]
Per raggiungere la nostra casa:
da Cagliari: linea PF dal capolinea piazza
Matteotti - stazione treni e pullman; da via
Dessy Deliberi: linea QS/b; da Assemini: linea
19. Arrivati a Quartu San Benedetto, scendere alla fermata “Piscine”, che è solo a 50 metri da via Praga 89.
Otto dies a sas animas
I missionari saveriani della Sardegna anche
quest’anno celebrano le sante Messe in suffragio dei defunti, con la pratica degli “Otto dies a sas animas”. L’appuntamento è nella cappella della loro casa, in via Praga 89 a
Quartu Sant’Elena, da domenica 22 a domenica 29 novembre, alle ore 18.
Per informazioni: p. Dino 340 0840200;
e-mail: [email protected]
2009 SETTEMBRE
CREMONA
26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81
Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260
Che fate voi missionari in Italia?
La domanda di un sacerdote cremonese
è la domanda che un
Q uesta
parroco sessantenne, che
ho sempre considerato un amico, ha rivolto proprio a me: “Che
ci fate voi missionari in Italia?”.
L’avevo invitato con altri sacerdoti diocesani a un incontro fraterno nella nostra comunità per
spiegare a tutti che, per mancanza di vocazioni, avevamo dovuto cedere trequarti della nostra
casa. Tuttavia la nostra presenza
a Cremona sarebbe continuata
come in passato.
Un passato fecondo di frutti, iniziato nel 1929 nella villa
di Grumone, donata dai conti Manna Roncadelli al nostro
beato fondatore mons. Guido
Conforti. La villa aveva avuto bisogno di molto lavoro per
essere in grado di ospitare una
trentina di “apostolini”, ragazzi
provenienti da varie parti d’Italia. Era stata aperta il 23 settem-
bre 1930 come casa apostolica
dei saveriani. L’anno prossimo
vogliamo festeggiare il nostro
80° compleanno, sperando nella
partecipazione del vescovo e dei
sacerdoti aperti all’ideale missionario, e sperando anche nella
presenza di molti dei 70 saveriani di Cremona e diocesi vicine.
“Siamo sacerdoti come voi”
È la prima risposta che mi
viene, la più importante. Come
sacerdoti, anche noi battezziamo, confessiamo, celebriamo la
Messa... Soprattutto predichiamo la parola di Dio a chi non
l’ha ancora ricevuta, o ha perso
la fede. L’unica differenza è questa: non abbiamo una parrocchia
“nostra”.
Come religiosi, viviamo in comunità e obbediamo ai nostri superiori; ma cerchiamo sempre di
lavorare in sintonia con la chiesa
p. SANDRO PARMIGGIANI, sx
locale, con il vescovo e i sacerdoti. Collaboriamo volentieri
anche alle varie commissioni pastorali e specialmente con l’ufficio missionario della diocesi.
Un’altra differenza importante
è costituita dal nostro “carisma
missionario”: abbiamo fatto voto
di dedicarci sempre e totalmente
alla “missione”, in nazioni lontane e anche in Italia, laddove i
superiori ci mandano. Una terza
differenza è di carattere economico: non percepiamo un salario, ma viviamo con le offerte
della gente e dei parroci che ci
chiamano ad aiutarli nel ministero.
“Siete tutti importanti per noi”
Per noi missionari, tutti voi
sacerdoti siete “fratelli” importanti, nell’unica chiesa di Dio.
Veniamo volentieri nelle vostre parrocchie per le giornate
Una catechista scrive ai parroci
Non è uno “spot”, ma un bisogno profondo
C
ari sacerdoti, chiedo scusa per la mia audacia, ma
desidero proporre alla vostra
attenzione un grave problema e
un’urgente necessità: non venga
mai meno lo spirito missionario
nella nostra pastorale, soprattutto
nella predicazione del vangelo e
nella collaborazione fraterna con
i missionari della nostra diocesi.
Chiesa e saveriani a Cremona
Mi riferisco in particolare al legame della chiesa cremonese con
i missionari saveriani, fondati dal
beato Conforti, grande amico del
nostro vescovo mons. Cazzani.
Fu proprio lui a celebrare il funerale di mons. Conforti, definito “la perla dei vescovi italiani”,
dopo aver accolto i suoi missionari a Grumone di Corte de’ Frati
nel 1930, trasferiti poi in città in
via Bonomelli nel 1946.
In 80 anni di presenza, i saveriani hanno tanti motivi per
ringraziare Dio e la chiesa di
Cremona, soprattutto per i set-
8
tanta missionari e missionarie
avuti in dono. Attualmente in
comunità vivono sette saveriani
di cui quattro cremonesi, quasi
tutti di età matura e con qualche
problema di salute, ma ancora
desiderosi di collaborare con i
parroci per le confessioni e le
sante Messe, e in particolare per
l’animazione missionaria del
popolo di Dio e l’animazione
vocazionale di giovani e ragazzi
negli oratori.
Anno sacerdotale missionario
In quest’anno dedicato in
modo speciale ai sacerdoti, desidero sollecitare i nostri parroci ad approfondire e vivere una
spiritualità missionaria, che sta
alle radici dello zelo pastorale e
del primo annuncio del vangelo
ai lontani. È giusto e necessario
preoccuparsi del proprio gregge
che diventa sempre più esiguo.
Ma è ancor più necessario e urgente l’impegno apostolico verso i non cristiani.
FLORA M.
Questo campo diventa sempre
più esteso, anche a Cremona. I
nostri missionari hanno lavorato e lavorano in diverse parti
del mondo, dove la chiesa sta
crescendo tra mille difficoltà e
perfino persecuzioni. So che i
saveriani accettano volentieri
l’invito a tenere conferenze e a
offrire testimonianze missionarie in parrocchia, negli oratori e
nei gruppi di catechismo. Perché
non approfittare della loro grande esperienza?
Possiamo anche approfittare
della loro ospitalità. Nella loro
casa in via Bonomelli, anche se
ridimensionata, i saveriani ospitano volentieri gruppi di ragazzi,
di giovani e di famiglie per incontri di formazione e di spiritualità missionaria. Sarebbe bello che anche voi sacerdoti e noi
catechisti ci incontrassimo più
frequentemente con i missionari
per pregare e riflettere, in grande
fraternità e spirito ecclesiale. ■
(continua nel riquadro)
Settembre 2008: saveriani e sacerdoti diocesani di Cremona insieme in occasione del 50° di sacerdozio di quattro saveriani
Saveriani e sacerdoti insieme in una foto dei primi anni novanta…; il rapporto di
amicizia e collaborazione non si è mai interrotto e prosegue anche oggi
di animazione missionaria, per
conferenze ai giovani e adulti sui
grandi temi della missione. Nei
limiti delle nostre possibilità, rispondiamo alle vostre richieste
per le Messe, le confessioni e la
visita ai malati.
Siamo disponibili anche per le
benedizioni pasquali alle famiglie. Io lo faccio da circa venti
anni, soprattutto per l’amicizia di
un parroco che ha tre comunità e
che è così generoso da lasciare
per le missioni tutte le offerte dei
fedeli. Questo ministero è faticoso, ma gratificante per un pastore che sente nel cuore la gioia di
fare del bene a tutti, in particolare ai malati e agli anziani.
“Ecco perché sono in Italia...”
Per età anagrafica, sono pensionato da oltre dieci anni, e sono stato colpito da vari malanni,
il più grave dei quali è stato l’infarto a soli 28 anni, quando ero
un missionario felice in Bangladesh, responsabile di oltre cento
ragazzi, molti dei quali orfani e
tutti molto poveri. Ora ho anche
qualche altro dolore ignoto, che
fingo di non avere...
Noi missionari non stiamo volentieri in Italia. La nostra missione è altrove. Qui ci stiamo
quasi per forza, perché infermi
o per obbedienza. Ma ci diamo
ancora da fare con tutte le nostre
residue energie, contenti di essere ancora utili, felici di essere
benvoluti e apprezzati, e sempre
desiderosi di amare tutti.
Quante preghiere ho detto,
quante benedizioni ho dato nel
nome di Gesù! Ma sento anche il
dovere di ringraziare e chiedere
perdono, perché so di aver ricevuto molto più di quanto io abbia
donato. Grazie a Dio, e grazie a
voi tutti sacerdoti, amici e fratelli
nell’unica missione della chiesa
■
nel mondo.
LAVORARE E COLLABORARE
FLORA M.
Anche noi catechisti, nella chiesa cremonese, condividiamo la stessa preoccupazione pastorale per la nostra gente, le nostre famiglie e
i nostri giovani figli. Ma vorremmo impegnarci di più anche nel campo più missionario dell’annuncio del vangelo a chi non lo conosce o
l’ha dimenticato. Perciò cerchiamo di collaborare con voi sacerdoti e
con i nostri missionari.
Possiamo fare tante cose, piccole ma importanti. Ne menziono alcune. Possiamo far conoscere le figure storiche saveriane: il patrono e
modello san Francesco Saverio, il beato Guido Conforti e gli altri nostri missionari cremonesi, di cui sappiamo ben poco.
Possiamo impegnarci a diffondere i libri della “Libreria dei popoli”
e a far conoscere meglio le loro riviste - “Missionari Saveriani”, “Missione Oggi” e “Cem Mondialità” -, cercando qualche nuovo abbonamento. La stampa missionaria ci fa aprire gli occhi sul mondo e ci stimola a un impegno concreto e personale contro le ingiustizie sociali
che portano al sottosviluppo e alla fame.
Possiamo cercare nuovi collaboratori: animatori e zelatrici, giovani e adulti, desiderosi di animare le nostre comunità parrocchiali alla missione. Questa collaborazione non è cosa da poco: è una realtà
che non può essere
ignorata, perché appartiene alla chiesa.
Padre Dante Volpini osserva alcuni
È una realtà che tocbambini impegnati in un laboratorio
ca anche noi laici, ma
della mostra Giocafricando 2007:
un esempio di collaborazione tra i
soprattutto voi parsaveriani e il mondo della scuola
roci, che siete i nostri pastori e i nostri
maestri. E il centro
missionario diocesano può favorire questa nostra collaborazione fraterna per la
missione. Sono certa
che molti raccoglieCrocifissoquesto
del beato mio
ranno
Conforti, venerato
“audace”
invito.nel
2009 SETTEMBRE
DESIO
20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2
Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200
Le serate estive dai saveriani
Riflessioni missionarie di una “cicala”
I
l fresco di una mattinata
di pioggia estiva permette
di sedersi e riflettere su come è
iniziata questa estate e, viste le
premesse, in quale modo potrà
concludersi proprio nei giorni in
cui vi giungerà fra le mani questo numero di “Missionari Saveriani”. Come in un diario, vi
racconto qualche testimonianza
missionaria che è accaduta e
accadrà nella casa dei saveriani
di Desio. Tutte le storie descrivono una mentalità e uno stile
di vita che danno speranza per
il futuro.
La sedia o la panchina?
Il dilemma tra sedia e panchina mi era stato presentato da
Stefano durante un ritiro spiri-
tuale del gruppo “Sequela”. La
risposta si era concretizzata nella
richiesta di materiale da parte di
alcuni amici rom. In occasione di una festa, erano venuti a
prendere in prestito tavoli e panche. Ma un po’ di disappunto è
apparso sui loro volti quando
invece delle panche, già date in
prestito altrove, ho proposto loro
di prendere le sedie.
La ragione del rammarico non
era dovuta tanto al fatto che era
più difficile caricare in macchina le sedie, ma piuttosto nella risposta che, a suo tempo, Stefano
mi aveva dato: “Sulla panchina
ci si può sempre stringere e fare
posto a un nuovo arrivato”.
Non mi metto ad attualizzare
la lezione in questi tempi italia-
p. CLAUDIO CODENOTTI, sx
ni. Penso che la formazione missionaria di tutti voi abbia già trovato l’evangelica conclusione.
Un sorriso e un’ora felice
Assieme alle “ronde notturne”, di cui si prevedono piene le
serate estive, in Italia ci sono anche diverse “notti bianche” che
propongono qualcosa di diverso
alla gente che è costretta a rimanere in città. Dallo scorso anno
abbiamo avuto la possibilità di
mantenere allestito nel nostro
giardino, fino ad agosto, l’enorme tendone della festa dei popoli. Questo fa sì che ci giungano
tante richieste di utilizzarlo per
serate... speciali.
Una prima serata è stata organizzata dall’associazione desia-
La cicala continua a cantare
Pellegrinaggi e battesimi speciali
L
eila è in attesa del giorno
in cui, assieme, andremo
al santuario della Madonna di
Caravaggio. Un’esperienza unica e desiderata da una vita. Da
chissà quanti anni non esce di
casa per una gita o un pellegrinaggio. Questo mi fa pensare
anche a quanto la gita sia desiderata e attesa da tutte le ospiti e
le famiglie povere che gravitano
attorno al Centro di accoglienza
delle suore di Madre Teresa in
quel di Baggio.
Da quattro anni ormai, grazie a
diversi benefattori, abbiamo l’occasione di organizzare un pellegrinaggio che è anche occasione
per un po’ di svago e per familiarizzare tra le ospiti del Centro e i
nostri giovani che partecipano al
campo di lavoro estivo. Quest’anno la meta è il lago d’Iseo e più
precisamente il santuario della
Madonna della Neve ad Adro, in
provincia di Brescia.
Le partecipanti sono le stesse
ospiti, in genere ragazze-madri
p. C. CODENOTTI, sx
provenienti da diversi paesi
del mondo, che qualche tempo
fa hanno dato vita a un evento
bellissimo e significativo: il battesimo di sette bambini. Sono
bambini cinesi, africani, latini e
dell’Europa orientale.
Tutto ciò testimonia che davvero grande è la famiglia dei figli di Dio. La varietà dei colori e
dei comportamenti durante la festa dopo i battesimi ha ricreato in
piccolo quello che è, e sempre sarà, la nostra chiesa cattolica. ■
Il battesimo di uno dei bambini ospiti, insieme alle mamme, del Centro d’accoglienza delle suore di madre Teresa a Baggio.
8
Sopra, al Centro d’accoglienza di
Baggio la missionaria della carità e la
bambina appena battezzata.
A sinistra, padre Nabo nelle vesti di
padre, o quantomeno di… padrino.
Le danze scatenate del gruppo “Regala un sorriso” sotto il tendone dei missionari
saveriani di Desio, punto di riferimento per feste e incontri durante il periodo estivo
na “Regala un sorriso”, che accoglie in estate diversi bambini
dell’Ucraina. Pizza fatta in casa,
salsicce, patatine, anguria e danze… Tutto per dire “benvenuti
tra noi” a questi piccoli amici
dell’Europa dell’est.
In una seconda serata con il
gruppo “Twende”, ci siamo dedicati ai temi dell’Africa. Una
“happy hour - ora felice”, per
stare insieme e raccogliere qualche fondo per piccoli progetti
missionari. Oltre, naturalmente,
a una mostra informativa sugli
ultimi avvenimenti accaduti in
diversi Paesi africani. Sono tutti
avvenimenti poco noti al grande
pubblico e che mai compaiono
nei programmi stanchi e scontati
delle televisioni italiane.
Famiglie aperte al mondo
Facciamo gli auguri a Daria e
Roberto, Tatiana e Alberto, Sere-
na e Stefano. Sono tre coppie di
sposi che, sulla scia delle coppie
novelle dello scorso anno e annuncio di altre ancora nell’immediato futuro, rinvigoriscono
un nuovo stile di celebrare il loro
matrimonio: nella preparazione,
celebrazione e viaggio di nozze
si aprono al mondo.
Non sono poche le coppie che,
invece dei regali - la famosa “lista nozze”! - chiedono di sostenere progetti missionari. Non sono
pochi i matrimoni che, invece del
pranzo in ristorante, organizzano
un catering preparato da gruppi
impegnati a raccogliere fondi per
attività missionarie. Non mancano soprattutto viaggi di nozze che
hanno come meta le terre di missione, dove si può dedicare un po’
di tempo a chi ha bisogno. Sono
segni di persone che sentono la
vocazione alla famiglia e al mon■
do in stile evangelico.
DALLA BRIANZA VERSO IL MONDO
p. CLAUDIO CODENOTTI, sx
Una bellissima serata è stata organizzata per i sei giovani - Paola,
Stefano, Elisa, Elena, Valentina e Chiara - che in estate sono partiti per
l’Amazzonia. Hanno coinvolto gli amici e la gente in questa “estate
speciale”, che li ha portati a conoscere il lavoro svolto dai nostri missionari in quella terra. Naturalmente, il viaggio è per loro anche l’occasione di incontrare, vedere, ascoltare quella parte di umanità che
vive tra le foreste e i fiumi dell’Amazzonia o tra le baraccopoli delle immense città del Brasile. La serata è stata anche una bella opportunità per dare ai sei giovani “il mandato” ufficiale da parte di tutti
noi e per salutarli; e anche per incoraggiare e sostenere i nostri amici missionari.
Non dimentichiamo che quest’anno dalla casa di Desio partono per
Ancona gli studenti saveriani Alessio e Diego. Sulle orme di tanti giovani che li hanno preceduti, anche loro fanno un ulteriore passo verso l’impegno e la consacrazione alla missione. Iniziano il noviziato, un
cammino formativo di due anni. Per Alessio in particolare, a S. Margherita di Lissone c’è un tifo tutto brianzolo da parte dei giovani amici
che con lui hanno condiviso giochi, studi, lavori e ideali, portando diversi frutti di testimonianza cristiana. Mentre auguriamo ad Alessio e
a Diego ogni felicità, speriamo
che altri giovani
generosi rispondano all’invito del Signore:
“Venite a lavorare nella mia
vigna!”.
Alessio Crippa, vestito da
kayapò, e Diego
Pirani partono
per Ancona, per
Crocifisso
del
iniziare il noviziabeato
Conforti,
to saveriano
2009 SETTEMBRE
FRIULI
33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70
Tel. 0432 471818 - Fax 0432 44185
E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336
Il bello nelle piccole cose
Segni che danno voglia di vivere
C
ari amici, è da tanto che
non mi faccio sentire, ma
le varie attività della missione e
le bizze di internet mi hanno fatto restare lungo tempo in silenzio… Comunque sto bene, sono
contento e cerco, giorno dopo
giorno, di inventare cose nuove
insieme ai miei confratelli.
La parrocchia “San Bernard” a
Kinshasa sta crescendo. Il quartiere è vicino ai 30mila abitanti
e molti che si erano allontanati
stanno tornando. Ormai la chiesa è diventata piccola, e anche le
scuole con più di duemila allievi.
Sorprese e scoraggiamento
Ogni giorno gusto la sorpresa
di vedere tutto questo fiume di
gente: uomini e donne, giovani e
bimbi che invadono il quartiere.
Si perdono nelle stradine infangate, si ammucchiano di giorno nel-
le classi e alla sera occupano ogni
spazio libero della parrocchia per
incontrarsi, cantare, pregare. Il
bello di quest’angolo di mondo
resta la sua umanità che saluta,
ride e lotta contro l’impossibile.
Ogni tanto, vedendo quanto
cammino c’è ancora da fare,
mi prende un po’ di scoraggiamento. Dopo più di due anni di
“democrazia”, di promesse e di
belle parole, il Congo è ancora
instabile: non c’è lavoro, non ci
sono medici né medicine, e le
scuole aspettano ancora. Scendendo nel quartiere, guardo la
strada piena di buche, i canali di
scolo intasati, le immondizie che
si ammucchiano in ogni angolo.
Mi domando quanto ci vorrà ancora per sistemare le cose...
“Si comincia a respirare”
Poi un raggio di sole mi riporta
p. PIER AGOSTINIS, sx
verso la verità: in fondo è bello,
si vive, si lotta, si va avanti, e la
meta si avvicina. A volte il bello
si scopre anche nelle piccole cose che restano nascoste, ma che
sono segni di speranza, spiragli
della luce di Cristo presente in
mezzo a noi.
A Pasqua ho incontrato i catecumeni che si preparavano al
battesimo. La maggior parte di
loro erano giovani intorno ai
vent’anni. Non ho domandato
loro i “dieci comandamenti” né
i “sette sacramenti”. Ho chiesto
perché avevano scelto di diventare cristiani e cosa significa per
loro esserlo. Davvero di cose da
dire ne avevano tante. La maggior parte di loro mi ha confidato che il mondo va troppo male
e che solo dove c’è un po’ di cristianesimo si comincia a respirare. Domandavano al Signore di
Un vero animatore in... vacanza
“Ecco perché ho scelto la missione”
p. MICHELE CARLINI, sx
Padre Michele Carlini di Turrida è un giovane missionario pieno
di entusiasmo e con tanta voglia
di lavorare per il regno di Dio. Ha
trascorso l’estate nella sua terra
d’origine, ma prima di partire ci
ha raccontato del suo lavoro in
Sierra Leone. Gli auguriamo che
possa sempre tenere alta la bandiera missionaria del Friuli.
8
Le soddisfazioni non mancano
Dodici anni fa, ho avuto la
fortuna di lavorare a Kabala con
p. Carlo Di Sopra, friulano originario di Rigolato. Lui mi ha
spiegato tante cose riguardanti
la pastorale missionaria, e gliene sono riconoscente. Ora sto
facendo tesoro di quello che ho
imparato con lui.
Le persone ci vogliono bene
e quindi le soddisfazioni non
mancano. Lavoriamo molto nel
settore dell’istruzione. Gestia-
aiutarli a cambiare la mentalità
egoista per diventare luce anche
per i loro compagni.
Due storie vere e commoventi
Mauren, una ragazza scappata
da Goma durante la guerra, era
nel gruppo dei candidati al battesimo. Le ho chiesto che cosa ha
domandato al Signore in questo
momento così importante per
la sua vita. Lei è rimasta un po’
in silenzio; mi ha guardato e ha
detto: “La pace per il mio paese”. Poi è scoppiata in un pianto
a dirotto. Le ho ricordato che la
Pasqua era anche questo: sapere
che tutto ciò che fa male non è
l’ultima parola; che Dio ci prepara la sorpresa...
Dorothée, invece, è una mamma del quartiere che ha accettato
di accogliere un gruppo di orfanelli. Li raduna, li segue e ogni
giorno prepara loro qualcosa da
mangiare. Era scoraggiata perché
non sapeva se tutta quella fatica
avrebbe prodotto qualcosa… Le
dico che, al di là dei risultati, è
un bel segno di solidarietà, e poi
se anche uno solo si salvasse, ne
varrebbe la pena.
Il giorno dopo esco e trovo gli
orfanelli di Dorothée. Dovevo
firmare loro le pagelle prima
delle vacanze di Pasqua. Colette, 9 anni, mi aspettava per ultima fuori dalla porta della classe,
con un sorriso e un’emozione
che non riusciva a trattenere.
Mi prende la mano e mi trascina
dentro. Jacoby, il suo insegnante,
mi mostra fiero il registro dove
devo firmare: Colette è la prima
di 55 allievi della sua classe!
Sono piccole cose, ma sono
segni belli, che danno la voglia
di vivere, di non arrendersi alle difficoltà, di continuare a rischiare.
■
IN FESTA PER PADRE DENIS
missione di Kambia
N ella
siamo tre saveriani, due
italiani e un messicano. Ci occupiamo di una parrocchia nella
cittadina e di alcune comunità
nei dintorni. In particolare, seguiamo le persone che hanno intrapreso il cammino del catecumenato per diventare cristiane.
Kambia ha circa 40mila abitanti, ma nel territorio della nostra
missione ci sono circa 150mila
persone. I cattolici sono circa il
tre per cento, mentre la presenza
islamica è prevalente.
Padre Pier Agostinis con alcune giovani catechiste della missione “San Bernard”,
a Kinshasa in Congo
p. DOMENICO MENEGUZZI, sx
Padre Michele Carlini con la sorella e alcune donne di Kambia, in Sierra Leone
mo diciotto scuole elementari e
tre superiori. Lavorare in questo
ambiente ci permette di avvicinare i ragazzi e le famiglie per
introdurre il discorso sull’annuncio del vangelo.
Evidentemente questo metodo
prende molto del nostro tempo,
ma lo riteniamo importante sia
dal punto di vista religioso che
formativo. Infatti viviamo in un
ambiente dove il 40 per cento
della popolazione è ancora analfabeta.
Animazione missionaria
in Friuli
Durante la mia permanenza in
Italia ho trovato molte persone
che mi hanno detto di fermarmi,
perché anche qui c’è bisogno di
sacerdoti. Mi rendo conto di queste necessità, ma sono convinto
dell’importanza della missione
fuori dall’Italia. Noi missionari
siamo legati alla chiesa italiana
perché è questa che ci invia. Infatti, cerchiamo di trapiantare la
fede che è cresciuta nella nostra
terra, ci sentiamo chiesa sorella,
anche se più giovane… A tutti
ho ricordato di sentirci uniti, di
creare un mondo in cui si senta
l’urgenza di un incontro con le
altre culture e religioni.
Insomma, mi sono sentito davvero un animatore durante queste
vacanze, come del resto fa la comunità saveriana di Udine. Sono stato contento di ritrovare p.
Carmelo Boesso, che è stato mio
superiore 30 anni fa, quando sono
entrato nella casa apostolica di
Udine per iniziare le scuole medie
e realizzare il mio sogno missionario. Mi ha fatto piacere ritrovare
colui che mi ha guidato nei primi
passi della mia vocazione.
■
La comunità saveriana di Udine ha gioito, alla fine di giugno, per
l’ordinazione sacerdotale di Denis Iurigh. È l’ultimo saveriano friulano. Per il momento, non ce se sono altri in coda; ma noi non perdiamo mai la speranza.
La festa non è stata solamente della comunità di Bolzano, frazione
di S. Giovanni al Natisone, dove p. Denis è nato e cresciuto, ma anche
di tutti i saveriani e in particolare di quelli friulani. Certamente il suo
esempio ha lasciato una traccia nella sua e nostra terra!
Ora padre Denis si trova a Parigi per imparare bene la lingua francese. Poi raggiungerà la missione in Camerun. Noi gli facciamo i nostri
migliori auguri e lo accompagniamo con la nostra preghiera.
Padre Denis abbraccia felice i suoi confratelli africani; dopo l’anno di studio del francese
si recherà in Camerun per svolgere la sua attività missionaria
2009 SETTEMBRE
MACOMER
08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9
Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706
E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084
Una curiosità tira l’altra
Lavoro culturale dei missionari sardi
un programma
G uardando
televisivo sul volume di p.
Luigi Soletta “Il sole a mezzanotte”, ho scoperto che l’autore
era un missionario sardo. Il libro
indica una via verso la luce, una
discesa nel proprio cuore, per
raggiungere l’illuminazione dopo un lungo cammino di ascesi e
meditazione.
Il saveriano p. Tonino Melis di Tuili,
esperto delle tribù masa del Ciad
I samurai di padre Soletta
Padre Soletta, per quarant’anni missionario del Pime in Giappone, ha tradotto “Il codice segreto dei samurai”. Il codice può
essere considerato un insieme di
regole morali e religiose dei samurai: fedeltà al sovrano fino alla morte e responsabilità nel proprio lavoro. Il codice ci presenta
il samurai come un monaco che
vive la spiritualità compiendo un
cammino di distacco da se stesso, per raggiungere la vetta del
sapere e la ricerca della gioia. Il
codice dei samurai è diventato
una regola di vita anche nell’attuale società giapponese.
Dopo la trasmissione televisiva,
ho voluto approfondire il lavoro
culturale dei missionari sardi,
traduttori di lingue e culture straniere e alfabetizzatori di popoli
di cui hanno salvato la tradizione
orale attraverso la scrittura.
La difesa delle lingue indio
Tra i missionari sardi che hanno contribuito con il loro lavoro
p. DINO MARCONI, sx
culturale alla missione universale della chiesa, si distinguono il
gesuita Maccioni e il saveriano
Melis. Questi missionari hanno
fatto un doppio lavoro di traduzione del vangelo: dall’italiano
alle lingue locali e, viceversa,
per farci conoscere le culture dei
popoli dove hanno vissuto.
Il gesuita Antonio Maccioni,
nato a Iglesias nel 1672, fu inviato in Paraguay dove i gesuiti
lavoravano tra le popolazioni indigene per svolgere la missione
di evangelizzazione. Agli inizi
del XVIII secolo si spostò nella
vasta regione del Chaco, al nord
dell’attuale Argentina, dove si
trovavano cinque popolazioni
indigene. Il lavoro di alfabetizzazione comportava la formazione di codici linguistici indigeni e
contribuiva alla difesa e all’uso
della lingua indio nel lavoro di
evangelizzazione.
Di questa operazione linguistica è rimasto il lavoro di p. Maccioni, pubblicato nei testi di una
grammatica, di un vocabolario e
Per andare “oltre la siepe”
Il volo della gallina e il volo dell’aquila
S
i è tenuto ad Arborea il 2
giugno il convegno missionario sardo. All’inizio è stata presentata una riflessione, preparata
dalle saveriane di Oristano dal titolo, “Oltre la siepe”. Pubblichiamo il bel testo scritto da Teresina
Caffi, che è echeggiato nelle relazioni dei partecipanti, a cominciare da don Mario Cuscusa, che
ha introdotto il convegno.
8
Certo, puoi stare a casa tua
Certo che puoi stare sempre
chiuso in casa tua! Certo che
puoi stare tutta la vita nel tuo paese: c’è tanto da fare e tanti sono
nel bisogno! Certo che puoi stare dentro la siepe del tuo giardino: ci sono ancora tante sterpaglie da raccogliere!
Se Paolo avesse fatto così, tu
ed io saremmo ancora lontani da
Cristo! Se noi - non ebrei e non
di Palestina - siamo stati raggiunti dal vangelo è perché qualcuno,
bene o male, ha osato: ha lasciato
qualche piatto da asciugare a casa sua, qualche foglia secca nel
giardino per andare oltre la porta, oltre la siepe per incrociare lo
sguardo di sconosciuti: il nostro!
Ci troviamo così con un tesoro
in mano; un tesoro che urge per
essere passato ad altri. Un tesoro
strano: passandolo, lo si custodi-
sce; custodendolo lo si perde.
Ci dicono che ora non è più il
tempo di annunciare chicchessia;
che bisogna lasciare ciascuno
percorrere le sue vie; che la logica che cambia il mondo è quella
della domanda e dell’offerta, la
logica dei mercato. Perciò, dicono: «rientra all’interno della siepe, chiudi la porta, accontentati
di cercare la tua individuale felicità». Se viaggi, sia per affari o
per piacere, lascia che il mondo
vada come crede. Dicono: «è finito il tempo dei missionari».
Se il mondo è nel tuo cuore...
A te, creatura fatta per i gran-
sr. TERESINA CAFFI, mM
di sogni di Dio, abitata dal suo
amore onnipotente, raccontano
piccole storie di cortile, insegnano ad accontentarti di svolazzare a un metro dal suolo! Non cascarci! Fa’ tacere le loro voci.
Ascolta Dio nel silenzio. Ascolta il grido di un mondo tribolato.
Lasciati portare sulle ali d’aquila
dello Spirito di Dio alle sorgenti profonde della gioia e di un
mondo nuovo in costruzione!
Dà spazio alla passione di Dio
per lasciargli costruire un mondo
nuovo passando dalla tua mente, dalle tue braccia, dal tuo cuore, dai tuoi piedi! Lascia che Dio
ami in te il mondo intero, a cominciare dai più piccoli. Se non
porti il mondo in cuore non porterai neanche quelli della tua casa; lascerai perdere anche quelli
del tuo paese!
Se il mondo è nel tuo cuore,
anche se non dovessi fisicamente partire, hai già aperto le porte, scavalcato le siepi! Se rimani,
non sarà per paura; se vai, non
sarà per fuga. Sarà per docilità
a quell’Amore che mosse Paolo
a partire, e Giacomo a restare a
Gerusalemme.
Se voli da gallina, ora che lo
Spirito di Dio ti ha sollevato su
ali d’aquila..., troverai davvero
■
la gioia?
di un catechismo scritto in
due versioni,
una estesa e
l’altra semplificata. Il testo,
pubblicato per
la prima volta
a Madrid nel
1732 e stampato una seconda
volta a Buenos
Aires nel 1877, è
l’unico che prova la presenza di
una lingua india,
scomparsa probabilmente alla fine
del Settecento.
Una delle pubblicazioni del gesuita Antonio Maccioni
e il vangelo in lingua masa tradotto da p. Melis
Missionario e uomo
di cultura
Venendo ai nostri giorni, il saveriano Tonino Melis ha svolto
un lavoro di inculturazione in
Ciad dall’inizio degli anni ‘80.
Ha imparato e studiato le lingue
locali e ha fatto ricerche specifiche sulla cultura orale della tribù
dei masa, popolo di allevatori.
Visitando i villaggi, ha compiuto
una ricerca sulle tradizioni orali
della savana e ha raccolto i miti
della tribù masa. Ha registrato le
memorie degli anziani, tramandate oralmente da generazioni,
con proverbi, preghiere, favole
e indovinelli. Ha lavorato alla
stesura di un dizionario francese-masa per salvarne la lingua e
la tradizione. Ha anche curato la
traduzione del vangelo nella lin-
gua dei masa.
È bella quest’immagine dei
missionari come “persone di
cultura”, che svolgono un grande lavoro di alfabetizzazione
e traduzione. La maggioranza
dei testi di lingua, antropologia ed etnografia sulle culture
dell’Africa nera nel secolo scorso è stata fatta da missionari.
Condividendo a lungo la vita
delle popolazioni locali, possono
fare ricerche linguistiche e culturali per le raccolte di proverbi,
racconti della tradizione orale o
scritta, per cercare di conoscere
i segreti di gruppi etnici prima
che scompaiano, inghiottiti dalla
globalizzazione.
Presso la “Liberia dei popoli”
di Brescia si possono trovare diversi libri di favole dei tre continenti, testimonianza del lavoro
culturale dei nostri missionari. ■
Il ritiro delle delegate
“La missione della chiesa in Africa” è stato il tema delle meditazioni del ritiro estivo per le delegate missionarie a Macomer,
dal 25 al 28 agosto. La riflessione sull’annuncio del vangelo in
Africa, in preparazione al secondo sinodo africano, è stata guidata da p. Tonino Melis di Tuili, missionario in Camerun-Ciad e
scrittore di cultura africana.
INCONTRI D’AUTUNNO
p. D. MARCONI, sx
13 settembre: Mission Day
Domenica 13 settembre si tiene a Macomer il “Mission Day” per i
giovani di tutta la Sardegna. È la data della ripresa
delle attività di animazione missionaria giovanile.
Il tema, stampato anche sulle magliette utilizzate per i campi estivi, ha per titolo, “La
missione è una sola”. Il programma prevede
l’accoglienza dei vari gruppi alle 9.30, l’annuncio della proposta missionaria alle 10 e
l’Eucaristia, a cui seguirà un’agape fraterna
e la festa insieme nel pomeriggio. Tutti i giovani sono invitati.
Per informazioni: p. Roby 340 4914261;
e-mail: [email protected]
Otto dies a sas animas
I missionari saveriani della Sardegna anche
quest’anno celebrano le sante Messe in suffragio dei defunti, con la pratica degli “Otto dies a sas animas”. L’appuntamento è nella cappella della loro casa, in via Toscana 9 a
Macomer, da domenica 15 a domenica 22 novembre alle ore 19. Tutti sono invitati a unirsi
nella preghiera almeno spiritualmente.
Per informazioni: p. Dino 340 0840200;
e-mail: [email protected]
2009 SETTEMBRE
MARCHE
60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40
Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639
E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605
SAVERIANI MARCHE
Le vacanze del missionario
Quei riti di famiglia che ritornano
P
adre Savio Corinaldesi, saveriano di Jesi e missionario in Brasile, è stato a casa per
le vacanze. È abitudine che ogni
tre anni, o anche più spesso se
c’è motivo, il missionario lasci
per alcuni mesi le sue attività e
torni in patria per un periodo di
riposo. Noi abbiamo approfittato
di questo intervallo per intervistare p. Savio.
Cos’è il missionario secondo te?
Mi piace immaginare il missionario come colui che “descansa carregando pedras - riposa trasportando pietre”. È un
detto brasiliano che si riferisce
a persone che non abbandonano
mai il loro lavoro, ma al massimo cambiano attività. Non dico
questo perché il missionario sia
un superuomo o perché si creda necessario e indispensabile,
ma perché - dopo aver visto ciò
che ha visto, dopo aver sentito
ciò che ha sentito - egli resta per
sempre un uomo segnato dalle
esperienze che ha vissuto.
Il missionario va in vacanza?
Sì, ci va perché nessuno è di
ferro, e anche perché la missione esige che lui torni a casa ogni
tanto.
E cosa fa?
Torna in famiglia, torna nella
sua chiesa di origine e porta la
testimonianza delle realtà umane ed ecclesiali che ha vissuto in
paesi lontani.
Che posto ha la famiglia?
La famiglia biologica occupa
un posto importante nell’agenda
del missionario in vacanza. Genitori e fratelli hanno pagato il
prezzo più alto quando il figlio
o il fratello è partito; hanno sofferto più di ogni altro durante la
sua prolungata assenza. Quando
torna, il missionario recupera il
suo posto.
Quasi sempre trova vuoti do-
a cura di p. PIERGIORGIO VENTURINI, sx
lorosi, scopre i segni del tempo
che passa nel volto e nel corpo
dei suoi cari. I nipoti e pronipoti,
che sono venuti ad allargare la
comunità famigliare e sono cresciuti in numero e statura, ricordano al missionario che il tempo
corre veloce…
Cosa chiedono i famigliari?
Da lui le persone di casa vogliono sapere nei minimi particolari le informazioni sulla vita
sua e del popolo che ha adottato.
Gli dispensano attenzioni speciali, quasi a compensare il tempo
della lontananza. Mamma, sorelle, cognate e nipoti si impegnano
con affetto e perizia a preparare
per lui i piatti dell’infanzia, a fargli rivivere i riti della famiglia...
E poi spesso la famiglia si
allarga ai vicini, ai compagni
d’infanzia, agli amici dei famigliari che vengono per ascoltare
la parola di quest’uomo un po’
esotico, che non riescono a capire del tutto ma che trattano con
DIARIO DELLA COMUNITà
In festa con i benefattori
Dio ama chi dona con gioia
E
ra una calda domenica di
maggio quella che ci ha
visto riuniti per festeggiare la
carità cristiana di benefattori e
benefattrici dei saveriani delle
Marche. Sono numerose le persone che ci sostengono, ciascuno
secondo le proprie possibilità e,
soprattutto, gioiose nel donare.
Proprio su questa qualità si sofferma san Paolo: “Ciascuno dia
secondo quanto ha deciso nel
suo cuore, non con tristezza né
per forza, perché Dio ama chi
dona con gioia”.
L’amore è come un’onda
L’attenzione che queste persone hanno verso i missionari
8
ILARIA BASTIANELLI
e i loro popoli è conseguenza
dell’amore che hanno nel cuore.
Non è semplice filantropia, ma
amore ricco di valori cristiani
che rendono la persona capace
di vivere da “benefattore” ogni
giorno. Da questo amore tutti
possono riconoscere che essi
sono figli di Dio, come scrive
san Giovanni: “Chiunque ama è
generato da Dio e conosce Dio,
perché Dio è amore”.
Per Cristo è talmente importante
che noi amiamo che egli afferma:
“Questo è il mio comandamento:
che vi amiate gli uni gli altri, come
io vi ho amati”. L’amore cristiano
ci apre, ci fa uscire da noi stessi.
L’amore è come l’onda generata
Domenica 17 maggio dai saveriani di Ancona si è tenuto l’incontro con i benefattori; hanno partecipato in tanti; nella foto, una piccola rappresentanza
insieme all’inesauribile p. Giuseppe Bardelli
da un sasso gettato nell’acqua:
continua a espandersi, ad allargarsi. Infatti, il missionario non è
colui che si chiude in comunità e
si crea un’oasi felice, ma è colui
che cammina con gli altri e li serve fino a dare la sua vita per loro.
Con il cuore spalancato
Il beato Conforti aveva come
motto una frase di san Paolo:
“L’amore di Cristo ci spinge”;
quindi ci fa uscire, ci fa andare
oltre... Recentemente i vescovi
si sono espressi contro i respingimenti dei clandestini che arrivano in Italia. Infatti una società
che si chiude ferma l’espandersi
dell’amore, fa morire l’amore.
Gli stessi apostoli, all’inizio,
predicavano il vangelo solo ai
giudei. Allora Dio, per indirizzarli verso tutti, mandò lo Spirito Santo anche sui pagani.
Gesù ci chiede di essere figli
e figlie di Dio-che-ama, di essere persone sempre aperte e accoglienti, che si preoccupano di tutti. Come cristiani, abbiamo la responsabilità di aprire le porte, di
andare verso tutti con il cuore
spalancato. Lasciamo che l’amore
si espanda attraverso i nostri gesti
concreti: “Vi ho costituiti perché
andiate e portiate frutto e il vostro
■
frutto rimanga”.
Durante le sue vacanze a Jesi p. Savio Corinaldesi ha riscoperto l’affetto
dei famigliari e i sapori della buona cucina marchigiana
rispetto e ammirazione.
E cosa pensa il missionario?
Il missionario in vacanza accetta le attenzioni di famigliari e amici che fanno a gara per
proporgli i profumi della cucina
di casa o i gesti di affetto della
liturgia domestica. Sono i gesti
di chi vuol recuperare il tempo
perduto. Ma lui non può perdere mai di vista altri piatti e sta
attento affinché i veri destinatari
dell’affetto di chi lo circonda qui
in patria siano prima di tutto coloro a cui egli ha dedicato la vita
in terre straniere.
Ritrova la sua parrocchia
d’origine?
Sì, per il missionario che rientra in Italia, sia pure per ferie, la
presenza nelle comunità cristiane, gli incontri con i sacerdoti, la
partecipazione alle celebrazioni
eucaristiche e dovunque esista
qualche espressione ecclesiale e
missionaria, sono tutti impegni
che hanno priorità assoluta.
Sei legato alla chiesa marchigiana?
Ho passato undici anni della
mia gioventù in seminario, prima a Jesi nel seminario diocesano e poi a Fano nel seminario
regionale. In seminario mi hanno
insegnato a sentirmi parte di una
chiesa universale, ma con le caratteristiche, la storia, la fisionomia della diocesi di Jesi. A pochi
mesi dall’ordinazione sacerdotale ho lasciato il seminario (e non
fu affatto un distacco indolore!)
per realizzare la mia vocazione
missionaria al di là dei confini
della diocesi.
■
(continua nel riquadro)
ASPETTANDO LA PROSSIMA E-MAIL
p. SAVIO CORINALDESI, sx
Padre Savio continua…
Non ho lasciato la dio- Padre Savio Corinaldesi a Roma con l’amico bergamasco
cesi. Essa è mia e io le apSergio Rossin, la mamma Cristina
e la suocera brasiliana Benedita (a sinistra)
partengo per sempre. I
saveriani mi hanno permesso di inserirmi nella
missione universale che
proprio in quegli anni
il concilio Vaticano II restituiva a tutto il popolo
di Dio. Il compianto don
Fernando Fava mi ricordava: “Sarai sempre uno
di noi; tu in missione ci
vai a nome nostro, non
vai per conto tuo”.
I vincoli di amore fraterno con il clero della
diocesi non si sono mai
allentati, nonostante gli anni passati in missione. La fede che mi sforzo
di vivere e condividere con il popolo brasiliano non me la sono data da
solo. L’ho ricevuta in famiglia, in seminario, nella mia chiesa di origine.
È normale che, tornando in patria, racconti di come vivo questa fede in
ambienti lontani e differenti dai nostri e, allo stesso tempo, porti la testimonianza delle meraviglie che Dio opera in altri popoli della terra.
Riparto per il Brasile, ma non è più la prima partenza, piena di lacrime e di apprensioni. Torno sapendo ciò che mi aspetta, e chi resta
capisce che a ogni partenza segue un ritorno in missione più fecondo.
Dopo le vacanze, il missionario torna al suo posto di lavoro con gioia e pace, e lascia pace e gioia a coloro che continuano a volergli bene da lontano, aspettando la prossima e-mail o la prossima telefonata che dica: “Qui tutto bene! La vita continua”.
Per contattare il missionario: p. Savio Corinaldesi SGAN 905 Conj. B (POM) - 70790-050 Brasília DF - Brasile
E-mail: [email protected]
2009 SETTEMBRE
PARMA
43100 PARMA PR - Viale S. Martino, 8
Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502
E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437
La stola e il grembiule
Qualche riflessione per ricominciare
P
er noi studenti saveriani di
teologia a Parma, l’ultima
settimana di giugno è stata particolare e molto... adrenalinica.
Approfittando dell’ordinazione
del friulano p. Denis Iurigh, abbiamo deciso di tenere la nostra
verifica annuale proprio a Udine.
Padre Denis ha studiato per sei
anni teologia a Parma ed è stato
ordinato diacono lo scorso dicembre con Reinaldo e Alfonsus.
Durante la settimana in preparazione all’ordinazione sacerdotale, abbiamo avuto l’opportunità
di fare animazione missionaria.
L’ordinazione di Denis
Arrivati il 21 giugno a Udine,
dopo cena abbiamo partecipato
al pellegrinaggio e alla veglia di
preghiera preparata dagli amici
della parrocchia dove è nato p.
Denis. I diaconi Reinaldo (brasiliano) e Alfonsus (indonesiano),
compagni di studi di p. Denis,
hanno dato la loro testimonianza vocazionale. Tra una visita al
santuario del monte Lussari e la
conclusione della verifica, abbiamo partecipato a un incontro
che aveva per tema: “La stola e il
grembiule”. Alcuni di noi hanno
dato la propria testimonianza.
La nostra settimana si è conclusa partecipando all’ordinazione di p. Denis nella cattedrale di
Udine, sabato 27 giugno, e alla
sua prima Messa nella parrocchia di San Giovanni al Natisone, la domenica. Padre Denis
sarà missionario in Camerun,
ma prima dovrà vedersela con la
“lingua di Molière”, andando a
Parigi per imparare il francese.
A lui, i nostri migliori auguri!
Possa sempre impostare la sua
vita vivendo i simboli della stola
(potere dell’amore) e del grembiule (servizio ai fratelli).
Un rospo che non va giù
E ora vorrei passare a un altro argomento. Visto che gli
animi si sono un po’ placati, mi
permetto di fare una riflessione
su un evento successo qualche
mese fa, in occasione della vi-
SERGE TCHATCHE, sx
sita del Papa in Camerun. Vorrei commentare le esternazioni
fatte dalla stampa sulla vicenda
dei “preservativi”. Sono stanco
e indignato di sentire persone
far finta di avere a cuore le sorti dell’Africa quando in realtà
non è così. Possibile che nessuno abbia colto, dietro le parole
del Papa, il vero intento del suo
intervento e che quasi tutti, anche quelli che avrebbero dovuto
essere più attenti, siano cascati
nella trappola dei media?
È chiaro che il vero problema
sta altrove. Mi vengono in mente alcune domande: come mai
nessun capo di stato africano ha
reagito come hanno reagito certi
governi occidentali? Come mai
nessuno ha più fatto allusione al
discorso del Papa al suo arrivo
all’aeroporto di Yaoundé, in Camerun? Perché nessuno è andato a
leggere per intero la sua risposta?
Cerchiamo di fare sul serio
Il nocciolo importante della
questione, invece, sta nella pos-
La Messa del ringraziamento
GAMS, Gruppo Amici Missionari Saveriani
C
ome è consuetudine il primo giovedì di giugno, a
conclusione dell’anno sociale, il
Gams si è ritrovato nel santuario Conforti per la celebrazione
della Messa di ringraziamento.
L’ultima celebrazione eucaristica è per tutti noi l’occasione per
esprimere tanti “grazie”, a nostro
Signore e anche a tutti coloro
che ci hanno accompagnato ogni
mese, a partire dal primo giovedì
di ottobre.
8
ta nella realizzazione di questo
sogno. E il Gams offre l’opportunità e la gioia di condividere
con tanti di loro l’amicizia, la
preghiera e l’aiuto solidale.
Penso soprattutto ai giovani
saveriani di tante nazioni che
nella comunità teologica internazionale di Parma si preparano a diventare missionari e
sacerdoti. Negli anni della loro
permanenza fra noi il Gams instaura legami di fraternità che
trovano la massima espressione
nel giorno della loro professione perpetua e poi nel saluto del
tutto particolare che il gruppo
riserva loro proprio nella Messa del “grazie”, prima che essi
partano per le loro nuove destinazioni.
EMILIA BONFANTI
L’impegno a
rimanere fedeli
Un grazie particolare va al nostro assistente p. Ulisse Zanoletti, che guida ogni nostro incontro, e per i confratelli della casa
madre e delle varie missioni che,
arrivando a Parma, accettano
l’invito di p. Ulisse a celebrare
con lui le nostre Messe.
I racconti delle loro esperienze
di vita missionaria, il loro entusiasmo che non si affievolisce
nemmeno nelle prove e nelle
Il legame con gli studenti
difficoltà, la fiducia nella forza
Il progetto del beato vescodella preghiera, la fedeltà nel vivo Guido Conforti di fare del
vere la Parola di Dio rinnovano
mondo una sola famiglia trova
anche in noi il vero significato
anche ai giorni nostri e in ogni
della nostra vita, che acquista
continente diverse persone che
il suo senso pieno se vissuta in
vogliono impegnare la loro vicomunione con ogni
persona e che si realizza nell’amore reciproco.
A tutti i nostri cari
missionari, compresi
gli anziani e i malati, icone sacre della
famiglia saveriana,
il Gams ha espresso
il proprio grazie per
l’impegno a rimanere
fedeli alle sue finalità
attraverso l’amicizia,
la preghiera, l’aiuto
e la ricerca di sempre
Il gruppo del Gams con l’assistente spirituale p. Ulisse Zanoletti, in pellegrinaggio
■
nuovi amici.
all’abbazia di Morimondo (MI) il 28 maggio scorso
Padre Denis abbraccia felice i suoi confratelli africani; dopo l’anno di studio del
francese si recherà in Camerun per svolgere la sua attività missionaria
sibilità e nel diritto di tanti malati di accedere ai medicinali, i
cosiddetti retrovirali. Nessuno
ha sollevato il problema della
manipolazione esercitata dalle
potenze farmaceutiche. Nessuno
ha constatato che tanti bambini
nascono sieropositivi e che questa situazione si potrebbe evitare
fornendo alle mamme malate di
Aids le medicine giuste...
Aiutare almeno le donne africane malate sarebbe un gesto
di vera solidarietà umana e cristiana. E sarebbe ancora poco,
in confronto al continuo sfruttamento delle preziose risorse minerarie del continente nero.
Sarebbe ora di smetterla di
prenderci in giro e di fare come
lo struzzo che nasconde la testa
nella sabbia. Apriamo gli occhi
e guardiamo in faccia la realtà.
Se amiamo davvero l’Africa, accettiamo di comprometterci per
il bene di quei poveri che nel
mondo muoiono, mentre pochi
guadagnano tanto, speculando
su ciò che sarebbe utile per salvare molti.
■
PER ANDARE “OLTRE LA SIEPE”
TERESINA CAFFI, mM
Certo che puoi stare sempre chiuso in casa tua! Certo che puoi stare
tutta la vita nel tuo paese: c’è tanto da fare e tanti sono nel bisogno!
Certo che puoi stare dentro la siepe del tuo giardino: ci sono ancora
tante sterpaglie da raccogliere!
Se Paolo avesse fatto così, tu ed io saremmo ancora lontani da Cristo!
Se noi - non ebrei e non di Palestina - siamo stati raggiunti dal vangelo
è perché qualcuno, bene o male, ha osato: ha lasciato qualche piatto da
asciugare a casa sua, qualche foglia secca nel giardino per andare oltre la
porta, oltre la siepe per incrociare lo sguardo di sconosciuti: il nostro!
Ci troviamo così con un tesoro in mano; un tesoro che urge per essere passato ad altri. Un tesoro strano: passandolo, lo si custodisce; custodendolo lo si perde.
Ci dicono che ora non è più il tempo di annunciare chicchessia; che
bisogna lasciare ciascuno percorrere le sue vie; che
la logica che cambia il mondo è quella della domanda e dell’offerta, la logica dei mercato. Perciò,
dicono: «rientra all’interno della siepe, chiudi
la porta, accontentati di cercare la tua individuale felicità». Se viaggi, sia per affari o per
piacere, lascia che il mondo vada come crede. Dicono: «è finito il tempo dei missionari».
Non cascarci! Fa’ tacere le loro voci. Ascolta
Dio nel silenzio. Ascolta il grido di un mondo tribolato. Lasciati portare sulle ali d’aquila
dello Spirito di Dio alle sorgenti profonde della gioia e di un mondo nuovo in costruzione!
Dà spazio alla passione di Dio per lasciargli costruire un mondo nuovo passando dalla tua mente, dalle tue braccia, dal tuo cuore,
dai tuoi piedi! Lascia che Dio ami in te il mondo intero, a cominciare dai più piccoli. Se non
porti il mondo in cuore non porterai neanche
quelli della tua casa; lascerai perdere anche
quelli del tuo paese!
Se il mondo è nel tuo cuore, anche se non
dovessi fisicamente partire, hai già aperto le
porte, scavalcato le siepi! Se voli da gallina,
ora che lo Spirito di Dio ti ha sollevato su ali
d’aquila..., troverai davvero la gioia?
2009 SETTEMBRE
PIACENZA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
Quell’hippie un po’... stagionato
P. Tobanelli e i “tokay” del Bangladesh
P
adre Riccardo Tobanellli,
saveriano di Castrezzone Muscoline (BS), lavora in Bangladesh. È uno di quei missionari che se lo incontri una volta
nella vita non lo puoi più scordare, non solo per il suo aspetto un
po’ tra il santone indiano e l’hippie stagionato, ma soprattutto
per quella simpatia che spinge
ad ascoltarlo e a credergli.
Il suo look disorienta un po’,
ma quando sorride e parla della vita missionaria ti conquista
e affascina. Viene voglia di fare qualcosa per i suoi ragazzi di
strada, per le situazioni limite
con cui ogni giorno si confronta in quella terra sovrappopolata e colpita da catastrofi naturali.
Lo abbiamo intervistato durante
le sue vacanze in Italia.
Da quanto sei in Bangladesh?
Sono in Bangladesh dal 1982.
La mia attività si svolge in ambiente prevalentemente musulmano e predilige l’aspetto sociale. Ho lavorato con un gruppo di
fuoricasta costruendo delle piccole scuole e dando vita a una picco-
la organizzazione chiamata Dolet,
che si occupa di queste persone.
E poi cosa hai fatto?
Dal 1994 mi sono dedicato alle vittime dell’urbanizzazione selvaggia, che ha portato all’abbandono dei villaggi e di molti valori culturali tradizionali, che sono
andati persi. L’inserimento in un
ambiente ostile causa molti disagi. La famiglia spesso si disintegra
e i bambini il più delle volte sono
lasciati a se stessi. Questi bambini cadono in situazioni disperate e
tragiche, come lo sfruttamento del
lavoro e la prostituzione.
E diventano prede della
strada…
Esatto. Il fenomeno viene chiamato tokay per via del lavoro di
raccolta e riciclaggio di materiale
che trovano nelle discariche. Abbiamo cominciato a offrire loro
dei rifugi per la notte. In seguito,
abbiamo accolto i più piccoli in
strutture apposite, per dare loro
una vita più normale nella quale fosse compreso, oltre all’alloggio e ai pasti regolari, anche
a cura di p. F. RAFFAINI, sx
l’educazione scolastica.
Ora sei nella capitale?
Tre anni fa mi sono trasferito
a Dhaka dove il problema dei tokay è più grave. Con alcuni dei
miei ex ragazzi di strada, ormai
cresciuti, abbiamo dato vita a due
centri. Il primo è a Kaworan Bazar, vicino alla ferrovia in uno di
quei quartieri dove la vita è a dir
poco disumana. L’altro è situato
a Savar nella zona industriale dove oltre al consueto posto per la
notte, durante il giorno teniamo
aperto un asilo infantile per ospitare i figlioletti di giovani donne
abbandonate. Queste mamme per
sopravvivere fanno le serve nelle
case degli operai della zona.
Hai costruito una squadra!
Con alcuni giovani di queste
comunità abbiamo pensato di affrontare con pochi mezzi e tanta buona volontà il dramma dei
bambini di strada. Ci sembrava
un problema che riguardasse tutti. La maggior parte del lavoro è
svolto dai giovani che si adoperano a soccorrere, educare e aiu-
Padre Riccardo Tobanelli, saveriano bresciano, con un gruppo di “tokay”,
i bambini di strada del Bangladesh che lui aiuta perché abbiano un futuro migliore
tare bambine e bambini abbandonati. Con una quindicina di giovani, tra cui anche delle ragazze,
abbiamo aperto nuovi centri dove
con la loro esperienza di ex tokay,
aiutano i bambini a intraprendere
nuove strade per un inserimento
più dignitoso nella società.
Cosa fate in particolare?
Uno dei compiti è il rapporto
con le forze dell’ordine. Infatti,
la tendenza è quella di arrestare
i bambini di strada, mandarli davanti a un giudice, condannarli e
metterli in prigione. È facile così perdere le loro tracce. Con il
gruppo di giovani abbiamo creato delle unità di pronto intervento. Non appena veniamo a conoscenza di questi casi interveniamo presso la polizia per farli rilasciare e farceli affidare.
■
(continua nel riquadro)
La nuova missione di Nefa
Padre Abeni ha incontrato gli amici bresciani
S
ta finendo un’altra estate e
come ogni anno sono stati
tanti i saveriani, bresciani e non,
che sono passati a trovarci durante le loro vacanze. Sono i padri
Abeni, Tobanelli, Pistoni, Filippini, Pedrotti, Targa e Taini. Oltre a
loro ci sono p. Loda, p. Rigali e
p. Brentegani, tre saveriani bresciani superiori in Colombia, nelle Filippine e in Congo, che hanno partecipato alla Cosuma, Conferenza dei superiori maggiori, a
Tavernerio (CO).
8
Sentirsi giovani e ripartire
Padre Gianni Abeni, del quartiere della Noce, ha fatto una toccata e fuga, giusto il tempo per
rimettersi in sesto da qualche problemino fisico e salutare gli amici.
Fatto il tagliando, è già ripartito
per la missione di Nefa, in Camerun. Racconta: “Pensavo fosse ora
di andare in pensione, avendo già
passato i 65 anni; invece la Provvidenza vuole a tutti i costi farmi
sentire giovane. Farò quello che
potrò perché la missione di Nefa
copre un territorio molto vasto e
ci sono tante cose da fare”.
Padre Gianni è nella sua nuova missione da un anno e ogni
giorno scopre cose nuove. Nefa
è situata alla periferia di Bafoussam, capitale del Camerun occidentale. Ha quindi i tipici problemi delle periferie delle città, ma
nello stesso tempo si estende per
oltre 20 chilometri su un vasto
territorio di campagna che comprende sei centri rurali, dove p.
Gianni dovrebbe andare ogni settimana, ma le strade sono orribili.
L’unica consolazione è che Nefa
si trova a 1.400 metri d’altitudine, per cui il clima è buono.
Il grande bisogno di acqua
Padre Gianni ha un gruppo di
supporter appassionati che lo se-
P. Gianni Abeni, durante la permanenza a Brescia, ha rallegrato tutti con le
sue battute in un dialetto misto tra il
bresciano e lo spagnolo-camerunese
DIEGO PIOVANI
guono e sostengono in ogni suo
spostamento. Il gruppo si chiama
“Kamenge e dintorni” e ha la sede
in Borgo Trento. Proprio a loro p.
Abeni ha spiegato che gli abitanti
di tanti villaggi sono andati da lui
a chiedergli un aiuto per l’acqua.
L’intenzione è di prolungare per
altri cinque chilometri l’acquedotto che è già stato realizzato. Si
tratta di condurre l’acqua in alcuni villaggi molto distanti dalla periferia, ma che sono densamente
abitati. “La popolazione è molto
disponibile e ha già garantito di
collaborare concretamente a questa iniziativa, vitale per tutti”.
L’acqua è una necessità fondamentale; senza l’acqua non
si può nemmeno pensare di
iniziare altri lavori. Tra questi,
c’è la costruzione di alcune aule scolastiche di cui i bambini
hanno assolutamente bisogno.
Attualmente, sono costretti a fare scuola in strutture fatiscenti,
sempre a rischio di crolli. Dice
p. Gianni: “Vorrei cominciare a
fare qualcosa nei villaggi della foresta, dove c’è tanta gente
completamente abbandonata”.
Speriamo che p. Abeni riesca a
realizzare almeno una parte di
questi bei progetti.
■
I saveriani di Brescia si sono riuniti dal 6 al 9 luglio scorso per la verifica e la programmazione annuale delle attività presso la casa dei comboniani di Limone sul Garda. Si sono
soffermati su tutti gli aspetti della loro vita e attività. Nella foto, al termine dei lavori,
prima della cena alla “Scuderia Castello” del sig. Zambiasi.
SOLO GLI OCCHI PER VEDERE
a cura di p. FIORENZO RAFFAINI, sx
Padre Riccardo descrive anche il problema dell’intolleranza degli
abitanti attorno ai piccoli centri d’accoglienza dei tokay. “Spesso la
gente si sente disturbata da questi ragazzi e non vuole rinnovarci l’affitto. Un altro aspetto delicato è la presenza delle ragazze. I nostri
gruppi le tutelano e si interessano che eventuali matrimoni non nascondano situazioni deleterie per le giovani.
Naturalmente i bambini dei nostri centri sono quasi tutti musulmani e partecipano all’educazione religiosa nella loro fede e nei loro ambienti. Il clima con i responsabili delle moschee è buono, tanto che in
più di un’occasione, durante la guerra in Iraq, i responsabili musulmani hanno impedito ai più facinorosi di danneggiare le nostre strutture, considerandole come le loro”.
Sentendo parlare p. Riccardo ci rendiamo conto che il suo cuore non
è per nulla differente da quello di tanti altri missionari. È l’amore per il
prossimo che spinge ad agire e che impedisce di distinguere tra casta e
fuori casta, tra bianchi e neri, tra ricchi e poveri. I missionari hanno solo
occhi per vedere il fratello e la sorella che, stretti dal bisogno, chiedono ascolto e solidarietà.
Padre Riccardo ci saluta. Lo vedo salire sulla motocicletta del
fratello e tornare sulle sue colline moreniche a tagliare un po’
di bosco. Poi partirà per il Bangladesh. Cerca qualcuno che vorrà aiutarlo nella sua missione e,
perché no, anche a intraprendere una vita come la sua.
Bambini di strada e gente comune
Crocifisso
del beato
venerato
camminano
suiConforti,
binari alla
periferia
nel santuario deidimissionari
a
Dhaka, insaveriani
Bangladesh
2009 SETTEMBRE
PIEMONTE
e liguria
20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2
Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200
Padre Vincenzo Baravalle, saveriano di Villafranca Piemontese,
è morto il 17 luglio a Jakarta, in Indonesia; è stato sepolto nel
piccolo cimitero saveriano di Padang. Nella foto del 2005,
insieme al fratello Giuseppe, la cognata Fidelia e i loro due figli
Padre Vincenzo Baravalle
Così lo ricorda un suo compagno d’infanzia
Chi scrive è un saveriano
compaesano di p. Baravalle, e
quasi coetaneo, di appena 4 anni più anziano. Insieme hanno
vissuto l’infanzia e la formazione alla vita missionaria.
di 13 figli. Papà
D odicesimo
e mamma, un ecceziona-
le esempio di vita cristiana, piena di saggezza e di fede concreta, vissuta nella quotidianità della vita. Vincenzo ha preso molto
di questa serietà di impostazione cristiana. Sono convinto che
la storia della sua vocazione sia
stata sempre lineare, senza esitazioni fin dagli inizi, sempre determinata e diritta al suo scopo.
Il prete e il... bandito
Era entrato ragazzo nel seminario diocesano di Giaveno (Torino), ma verso la fine dei cinque
anni del ginnasio aveva sentito
la vocazione missionaria e ave-
va chiesto di entrare tra i missionari saveriani. Ricordo una lettera che mi scrisse in quel periodo (io ero entrato nei saveriani
da poco più di un anno). Era una
lettera molto spontanea e piena
di entusiasmo, ma nello stesso
tempo chiara e precisa nelle motivazioni della vocazione missionaria che sentiva dentro di sé.
I suoi fratelli più anziani ricordano che Vincenzo da piccolo
giocava a “celebrare la Messa”:
con un drappo o un asciugamano sulle spalle a guisa di pianeta,
davanti a una piccola edicola che
si era preparato lui stesso in casa. Suo fratello più piccolo, invece, nei suoi giochi preferiva sempre il ruolo del... “bandito”. Io
li ricordo entrambi negli incontri parrocchiali dei chierichetti
e all’oratorio, anche se avevano
qualche anno in meno ed eravamo quindi in gruppi diversi. Ma li
ricordo sempre “più seri” di me!
p. MEO ELIA, sx
Dopo l’ ordinazione sacerdotale
nel 1967 e dopo aver terminato gli
studi a Roma, dove faceva apostolato anche tra gli zingari, ha lavorato per alcuni anni a Parma, come
direttore del CEM, il Centro Educazione alla Mondialità dei saveriani. Poi, dal 1976, ben 33 anni di
vita missionaria in Indonesia.
La partecipazione del paese
Il paese ha sentito molto la morte di padre Baravalle. Un signore
mi ha detto che ricordava ancora
le parole di p. Vincenzo quando
aveva parlato al gruppo dei giovani della parrocchia, prima di partire per l’ Indonesia: “L’ambiente
che mi aspetta non è facile, perché la maggioranza della popolazione è musulmana. Ma parto per
la missione a cui il Signore mi ha
chiamato, pieno di fiducia nella
forza che Lui mi darà”.
La sera di sabato 18 luglio, il
giorno dopo la sua morte, la re-
“Perché Dio lo ha permesso?”
La grande sensibilità di p. Baravalle
T
utti ricorderanno il forte
terremoto del 26 dicembre
2004, seguito dal catastrofico
tsunami, che ha colpito le aree
di Aceh, Nias e Gunung Sitoli nell’arcipelago Indonesiano.
Un’altra forte scossa era avvenuta a Pasquetta, 28 marzo 2005.
Nessuna missione guidata dai
saveriani era stata particolarmente colpita, ma p. Vincenzo
Baravalle, allora superiore dei
saveriani in Indonesia, si attivò
subito impegnando i missionari,
gli studenti e le comunità cristiane nei primi soccorsi e nella
ricostruzione. Anche i nostri lettori contribuirono generosamente ai vari progetti.
“...e io piangevo con loro”
Padre Vincenzo conosceva
personalmente quelle zone: dal
1989 al 2001, era stato missionario proprio a Gunung Sitoli, una
delle zone colpite da terremoto
8
e tsunami. Vi era tornato nel
2005, per verificare la situazione. In una sua visita a Brescia,
nel settembre di quell’anno, ci
aveva detto: “Dopo il terremoto
del 28 marzo, visitando Gunung
Sitoli, ho incontrato tanta gente
rimasta sola; ha perso parenti e
amici, che anch’io conoscevo
bene. Mi parlavano e piangevano, e io piangevo con loro.
Anche per me è stata una grande
sofferenza”.
La sensibilità di p. Vincenzo
è profonda e sincera. Lo porta a
riflettere e a provocare: “Spesso
noi sacerdoti abbiamo la tentazione di essere un po’ «mestieranti»: dare i sacramenti, fare
prediche e lezioni di religione...,
ma senza un coinvolgimento
personale. La comunità pastorale, invece, ha «un cuore solo
e un’anima sola». In Indonesia
questo aspetto l’ho scoperto
molto più forte”.
Tombe di famiglia per le vittime del terremoto-tsunami del 26 dicembre 2004
p. MARCELLO STORGATO, sx
“Siamo la mano,
il cuore di Dio”
Poco dopo il disastro, ci scriveva: “Tutte le nostre comunità
hanno annullato le feste esterne di Natale, destinando i soldi
all’aiuto. Non ci si domanda a
quale religione appartiene la vittima o il sopravvissuto caduto in
miseria. Dio è amore, e così noi
stiamo celebrando il vero Natale nella solidarietà. Oggi siamo
tutti chiamati a essere la Sua
mano che aiuta, la Sua voce che
consola, il Suo cuore che ama. È
necessario pregare molto anche
per noi missionari perché al di là
dell’aiuto materiale, sia soprattutto la nostra testimonianza di fede
a rispondere alla domanda tante
volte espressa: «Se Dio è Padre,
perché ha permesso questo?».
Le risposte sono ben diverse. Ci sono le interpretazioni assurde degli ulama: «Dio punisce gli islamici perché permettono ancora ai cristiani di vivere
qui»! I sopravvissuti, con le lacrime agli occhi, parlano spesso
del loro abbandono nelle mani di
Dio che tutto sa e a tutto provvede. Pochi hanno intuito che Dio
ci invita a una maggiore fraternità. Il Creatore affida il mondo
all’uomo, chiamandolo a collaborare. La tentazione è di dire:
«Dio, dov’eri quando è successo?»; ma Dio ci risponde: «E tu,
dove sei in questo contesto? Co■
me ti collochi?».
cita del rosario ha radunato nella chiesa di Villafranca Piemontese i fedeli e gli amici per una
prima preghiera di suffragio per
padre Vincenzo, mentre il giorno dopo, domenica, lo abbiamo
raccomandato alla misericordia
di Dio Padre nella santa Messa.
Una Messa più specifica è stata
celebrata in parrocchia, ma solo
dopo il ritorno dall’Indonesia del
fratello Giuseppe e della cognata Fidelia, indonesiana di origine
cinese, che erano accorsi al suo
capezzale e sono rimasti accanto
al missionario fino al momento
della morte, partecipando poi ai
funerali nella città di Padang.
Il bel ricordo del parroco
Il parroco don Giuseppe Accastello ha ricordato alcuni tratti della persona di p. Vincenzo, a
partire dai colloqui avuti con lui
nei periodi passati a Villafranca per le vacanze e per cure.
Visto che aveva spesso proble-
mi di salute, gli aveva presentato l’ipotesi di fermarsi a lavorare in una parrocchia qui in Italia.
Gli aveva risposto che la sua vita
era là, in Indonesia. Qui non si sarebbe trovato bene, perché là era
il suo mondo, che gli pareva più
spontaneo, meno egoista e meno
artificiale. E là contava di morire, di restare tra la sua gente anche da morto. Il parroco osservava
che, nonostante i problemi di salute anche seri avuti in certi periodi,
non lo ha mai sentito lamentarsi.
Confrontando i due tipi di presenza cristiana, in Indonesia e
in Italia, p. Vincenzo notava - è
sempre il parroco che riferisce il vantaggio della presenza di seguaci di altre religioni: “la reciproca fedeltà nel vivere la propria
fede è un aiuto e un grande stimolo per tutti”. Ha ricordato poi
una predica di p. Vincenzo, in cui
aveva insistito molto sulla necessità di essere cristiani attivi, im■
pegnati per la giustizia.
HA SERVITO, AMATO E SOFFERTO
Il superiore generale p. Rino Benzoni, appena ricevuta la notizia della morte di p. Vincenzo, ha scritto ai
saveriani dell’Indonesia un messaggio di partecipazione “a questa perdita umanamente molto dolorosa”.
Testimoniando della sua intelligenza
e intraprendenza missionaria, a servizio della missione e degli indonesiani “per i quali egli ha dato ogni giorno la sua vita per annunciare loro la
Buona Novella”, p. Rino descrive in
modo semplice ed efficace il suo ultimo incontro.
“Ricordo i momenti che ho vissuto insieme a lui nella recente visita in
Indonesia: egli ha voluto sempre accompagnarmi nonostante l’evidente
fatica e sofferenza. Durante i viaggi
ho avuto modo di parlare molto con
Padre Vincenzo Baravalle
lui di tante situazioni e di ogni con- Villafranca 22.8.1941 - Jakarta 17.7.2009
fratello. Oltre al fatto di trovare un
missionario contento della sua vita, mi ha colpito il suo rispetto per la
storia personale di ciascuno. Mi diceva spesso che quello di cui più si
era preoccupato durante il suo servizio come superiore era che ogni
missionario potesse sentirsi accolto, ascoltato e amato, anche a scapito di tante altre esigenze. Non mi nascondeva che di fronte ad alcune
situazioni aveva anche molto sofferto”.
A p. Fernando Abis, succeduto a p. Vincenzo come superiore, è toccato seguire gli ultimi giorni di vita e organizzare l’ultimo viaggio del
confratello. Dopo le due sante Messe di suffragio nella parrocchia
Santa Maria di Fatima a Jakarta, p. Abis ha accompagnato la salma su
nave fino a Padang, dove il missionario è stato sepolto, a fianco della casa saveriana. “Gli amici sono una corona immensa, con incessante pellegrinaggio. Molta è la riconoscenza, tante le lodi: vero e senza
esagerazioni tutto quello che si dice di lui. Ne siamo consolati” - così
scrive p. Abis dall’Indonesia.
2009 SETTEMBRE
PUGLIA
74100 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15
Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558
E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747
KALIMERO A SCUOLA / 1
Il ritorno più lungo dell’andata
Lo strano effetto dello stomaco vuoto
Pubblichiamo a puntate alcuni
brani tratti dal diario congolese
di p. Berton, quando ha visitato
le scuole elementari di paglia e
fango nella foresta di Itula.
oggi in Africa, il liA ncora
vello di vita degli abitanti
di villaggio è molto basso. Questa è una realtà nota a tutti. Il
90% dei bambini, per esempio,
mangia male e non ha un cambio
di biancheria. Se uno si ammala
è un guaio, perché non dispone
di medicine né di cibo speciale.
Nelle prime classi di scuola per
scrivere si servono di un pezzo di
legno al posto del quaderno e non
hanno una penna, in più percorrono diversi chilometri per recarsi
a scuola, camminando scalzi. Chi
possiede un quaderno e una bic, è
ritenuto... benestante!
La bambina “Bahati”
Con cinque giovani accompagnatori, avevo fatto visita ad alcune scuole elementari situate
nella foresta di Itula, in Congo,
dove ero missionario. Nel viag-
gio di ritorno a piedi, lungo il
sentiero infossato tra due enormi
pareti di verde, abbiamo incontrato una scolaretta di nove anni,
che stava rientrando a casa dalla scuola. Era magrolina, timida,
scalza e vestita poveramente, ma
aveva una gonnellina pulita. Era
circa l’una del pomeriggio…
Rallentando l’andatura, ci siamo adeguati al suo passo. Dopo
averle rivolto il saluto in kiswahili, ho iniziato a farle alcune domande. “Come ti chiami?”. “Bahati”, mi risponde, che in lingua
swahili vuol dire “Fortunata”.
Poi mi dice che abita a Mela, un
villaggio distante sei chilometri
dalla scuola e che frequentava la
terza elementare. “Quanti fratelli
hai?”, “Dopo di me, i miei fratellini sono tre”, dice lei che a una
mia precisa richiesta mi confida
che prima di andare a scuola non
aveva mangiato niente.
Un pasto al giorno
Mi trattengo un attimo in silenzio, poi continuo: “Allora,
appena torni a casa mangerai
p. ANGELO BERTON, sx
con appetito, vero?”. E lei, con
rassegnazione, spiega: “Sì, ma
non subito; dovrò aspettare fino a quando la mamma, al ritorno dai campi, preparerà per me
e per i miei fratellini la polenta
di manioca”.
Bahati ci racconta che il mattino per andare a scuola parte
quando spunta il sole (all’equatore il sole sorge alle 6), ma che comunque la scuola le piaceva molto. “La strada però è lunga...”, aggiungo io. E lei, con la sua voce fiacca, ma con spontaneità cristallina, mi risponde: “La mia
strada andando a scuola è corta;
ma al ritorno è più lunga”.
Queste parole mi hanno riempito l’animo di grande compassione e ho pensato che veramente questa povera Bahati, di “fortunato” sembrava aver avuto solo il nome!
Nota: per un aiuto efficace
Un aiuto efficace ai poveri deriva dall’opera evangelica della
promozione umana. Nei villaggi
il primo lavoro del missionario è
Festa dei popoli a Taranto
Canti e danze per conoscerci di più
L
o scorso 24 maggio nella
concattedrale di Taranto si è
tenuta la quinta “festa dei popoli”.
L’ha organizzata l’ufficio diocesano “Migrantes” con la collaborazione delle diverse etnie.
Una domenica solare
Mons. Benigno Papa ha sottolineato la particolarità di questa “festa” che è coincisa con
l’Ascensione di nostro Signore.
Questo incontro di popoli, così importante dal punto di vista
sociale e culturale, si è svolto
all’insegna della gioia e della
fraternità più autentica. Per cui
nessuno ha trovato barriere da
8
oltrepassare, ma solo braccia
protese in un gesto di accoglienza. Nonostante l’orario non proprio consono (l’inizio era fissato
per le 16.30), in una giornata che
invitava al mare, la concattedrale si è riempita di fedeli.
I colori delle varie etnie, le
bandiere delle varie nazioni, la
presenza di tantissimi scout e dei
bambini, i missionari dell’Akusimba che animavano la Messa
celebrata da tanti sacerdoti, hanno reso questa domenica ancora
più solare, senza nulla da invidiare a chi invece ha preferito
trascorrerla altrove.
La funzione religiosa è stata
Un bel girotondo fuori dalla concattedrale di Taranto è stato uno dei momenti
più belli della “Festa dei popoli” del 24 maggio
MARISA METRANGOLO
un inno alla gioia e alla comunione vera. Musiche, danze e
lingue diverse erano traducibili in quell’unico messaggio di
Gesù: “Amatevi gli uni gli altri,
come io ho amato voi”.
Avanti che c’è posto… Un modello di scuola congolese, senza quaderni
e sui banchi di... ultima generazione
costruire la scuola per i bambini.
La seconda urgenza per avviare
uno sviluppo efficace è costruire un ambulatorio e una scuola
di alfabetizzazione con un corso di “economia domestica” per
le mamme dei bambini che vanno a scuola.
I corsi di “economia domestica” per le mamme e le giovani
hanno lo scopo di far conoscere alle donne di villaggio gli elementi di base necessari per combattere la piaga della denutrizione che affligge tanti bambini. Il
missionario fa di tutto per trasmettere al maggior numero possibile di mamme la convinzione
che esse stesse possono contri-
buire a combattere con efficacia
la triste piaga della denutrizione
infantile, avviando la coltivazione domestica della soia.
Perciò si mette a disposizione di tutti una quantità di sementi del cereale, facile da coltivare anche nelle colline del Congo.
Così ogni famiglia può produrre soia sufficiente per il benessere di tutti i componenti e ottenere un’ottima farina. La farina di
soia è poi mescolata alla polenta
di manioca, offrendo a ogni persona denutrita un alimento sostanzioso ed equilibrato, efficace
per far crescere i bambini sani e
robusti, con grande soddisfazio■
ne dei loro genitori.
Notizie della famiglia
Fernando Casalucci in cielo
Domenica 21 giugno a Foggia è morto Fernando Casalucci,
fratello di p. Ennio, saveriano foggiano che lavora a Londra.
Fernando, 74 anni, ha affrontato il calvario della malattia durato tre anni con tanta fede. Sposato, aveva tre figli ed era molto conosciuto in città.
I missionari saveriani di Taranto partecipano al dolore di padre Ennio e di tutta la famiglia.
SULLA VIA DELLA... PACE
PIO CASTAGNA
Integrazione e amicizia
I fedeli si sono poi ritrovati nel
piazzale tra gli stand dei vari Paesi, immersi tra le diverse culture, a
degustare i prodotti dell’arte culinaria. E poi, organizzatori e partecipanti tutti insieme sulla scalinata
della Concattedrale a condividere
canti e danze popolari e ad approfondire l’amicizia fraterna.
Questa era la fotografia dello
spettacolo: sullo sfondo la facciata
della chiesa, in primo piano volti
sereni e allegri, dove l’ombra della tristezza e del rancore lascia il
posto ai raggi del sole che, prima
di tramontare, bacia e riscalda tutti indistintamente, bianchi e neri,
poveri e ricchi, grandi e piccini.
Pertanto, non è sbagliato annoverare la “festa dei popoli”
tra gli eventi più importanti della città, in tema di integrazione
multi etnica. È bello immaginare
Gesù che ascende al Padre, mentre ai suoi piedi i popoli sono in
festa, perché nel suo nome vo■
gliono costruire la pace.
Il 29 maggio si è svolta la quinta edizione della “Via Pacis”, iniziativa promossa dai missionari saveriani insieme a tante altre realtà diocesane. Si è trattato di una pubblica testimonianza in favore della pace,
realizzata attraverso preghiere, canti, riflessioni e azioni, lungo un itinerario che ha toccato i luoghi e i simboli più significativi della città.
La lampada della pace alimentata con l’olio degli ulivi della Palestina è stato per tutti un riferimento importante. La grande partecipazione può considerarsi un buon auspicio per quanto riguarda la sensibilità alla pace.
Abbiamo riflettuto sul messaggio del Papa: “Combattere la povertà,
costruire la pace”, per tener vivo nelle parrocchie e nella chiesa l’impegno per la pace. Infatti costruire la pace significa far fronte a tutti i diritti
umani calpestati, all’emergenza climatica che mieterà sempre più vittime innocenti tra i poveri, all’ininterrotta crescita delle spese militari.
Come possiamo essere testimoni del Risorto, annunciatori di speranza in un mondo contornato da ingiustizie
e violenza? Questa domanda ha accompagnato i partecipanti, consapevoli che Cristo è la nostra pace. Le preghiere,
i canti, le riflessioni e le
testimonianze sono strumenti per essere sempre
più coerenti al vangelo.
Giovani e adulti hanno
partecipato numerosi alla “Via
Pacis” per le vie di Taranto,
il 29 maggio
2009 SETTEMBRE
REGGIO
CALABRIA
89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze
Santuario Madonna della Grazia
Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891
Il bello nelle piccole cose
Segni che danno voglia di vivere
C
ari amici, è da tanto che
non mi faccio sentire, ma
le varie attività della missione e
le bizze di internet mi hanno fatto restare lungo tempo in silenzio… Comunque sto bene, sono
contento e cerco, giorno dopo
giorno, di inventare cose nuove
insieme ai miei confratelli.
La parrocchia “San Bernard” a
Kinshasa sta crescendo. Il quartiere è vicino ai 30mila abitanti
e molti che si erano allontanati
stanno tornando. Ormai la chiesa è diventata piccola, e anche le
scuole con più di duemila allievi.
Sorprese e scoraggiamento
Ogni giorno gusto la sorpresa
di vedere tutto questo fiume di
gente: uomini e donne, giovani e
bimbi che invadono il quartiere.
Si perdono nelle stradine infangate, si ammucchiano di giorno nelle classi e alla sera occupano ogni
spazio libero della parrocchia per
incontrarsi, cantare, pregare. Il
bello di quest’angolo di mondo
resta la sua umanità che saluta,
ride e lotta contro l’impossibile.
Ogni tanto, vedendo quanto
cammino c’è ancora da fare,
mi prende un po’ di scoraggiamento. Dopo più di due anni di
“democrazia”, di promesse e di
belle parole, il Congo è ancora
instabile: non c’è lavoro, non ci
sono medici né medicine, e le
scuole aspettano ancora. Scendendo nel quartiere, guardo la
strada piena di buche, i canali di
scolo intasati, le immondizie che
si ammucchiano in ogni angolo.
Mi domando quanto ci vorrà ancora per sistemare le cose...
“Si comincia a respirare”
Poi un raggio di sole mi riporta
verso la verità: in fondo è bello,
si vive, si lotta, si va avanti, e la
meta si avvicina. A volte il bello
si scopre anche nelle piccole co-
p. PIER AGOSTINIS, sx
se che restano nascoste, ma che
sono segni di speranza, spiragli
della luce di Cristo presente in
mezzo a noi.
A Pasqua ho incontrato i catecumeni che si preparavano al
battesimo. La maggior parte di
loro erano giovani intorno ai
vent’anni. Non ho domandato
loro i “dieci comandamenti” né
i “sette sacramenti”. Ho chiesto
perché avevano scelto di diventare cristiani e cosa significa per
loro esserlo. Davvero di cose da
dire ne avevano tante. La maggior parte di loro mi ha confidato che il mondo va troppo male
e che solo dove c’è un po’ di cristianesimo si comincia a respirare. Domandavano al Signore di
aiutarli a cambiare la mentalità
egoista per diventare luce anche
per i loro compagni.
Due storie vere e commoventi
Mauren, una ragazza scappata
Quando i ricordi sono belli...
p. MARIO GUERRA, sx
torrida non scoragL’ estate
gia gli amici del “parco”,
che anche quest’anno hanno organizzato il “cres” (colonia estiva), che è durata un mese. Le
strutture esotiche del parco con
i suoi monti, le valli, i laghetti
e altro, si prestano bene per un
intrattenimento eccitante.
Le foto presentano alcune
animatrici dell’associazione
“AmoReggio”, con il direttore
Davide Tortorella al lavoro. E
i piccoli frequentatori che si
divertono un mondo imparando e osservando le regole della
società. Auguriamo che questi
momenti felici li accompagnino
per tutta la vita.
Incontriamo spesso visitatori
adulti che affermano: “Io qui ci
ho passato la mia infanzia”. I ricordi, quando sono belli, non si
cancellano!
■
Padre Pier Agostinis con alcune giovani catechiste della missione “San Bernard”,
a Kinshasa in Congo
da Goma durante la guerra, era
nel gruppo dei candidati al battesimo. Le ho chiesto che cosa ha
domandato al Signore in questo
momento così importante per
la sua vita. Lei è rimasta un po’
in silenzio; mi ha guardato e ha
detto: “La pace per il mio paese”. Poi è scoppiata in un pianto
a dirotto. Le ho ricordato che la
Pasqua era anche questo: sapere
che tutto ciò che fa male non è
l’ultima parola; che Dio ci prepara la sorpresa...
Dorothée, invece, è una mamma del quartiere che ha accettato
di accogliere un gruppo di orfanelli. Li raduna, li segue e ogni
giorno prepara loro qualcosa da
mangiare. Era scoraggiata perché
non sapeva se tutta quella fatica
avrebbe prodotto qualcosa… Le
dico che, al di là dei risultati, è
un bel segno di solidarietà, e poi
se anche uno solo si salvasse, ne
varrebbe la pena.
Il giorno dopo esco e trovo gli
orfanelli di Dorothée. Dovevo
firmare loro le pagelle prima
delle vacanze di Pasqua. Colette, 9 anni, mi aspettava per ultima fuori dalla porta della classe,
con un sorriso e un’emozione
che non riusciva a trattenere.
Mi prende la mano e mi trascina
dentro. Jacoby, il suo insegnante,
mi mostra fiero il registro dove
devo firmare: Colette è la prima
di 55 allievi della sua classe!
Sono piccole cose, ma sono
segni belli, che danno la voglia
di vivere, di non arrendersi alle difficoltà, di continuare a ri■
schiare.
ANCHE QUESTO è MISSIONE
L’invocazione della madre africana
Piccoli ma felici,
nei loro vivaci abiti
da campeggio, imparano
le regole del gioco;
ma è facile giocare
quando ogni bambino
ha il “suo” pallone!
8
In Sierra
Leone, durante il lungo
“sequestro”
da parte dei
feroci “ribelli”, ho vissuto
giorni di angoscia, insieme alla povera gente.
È notte.
Passato il
ponte, proseguiamo
per la strada
principale in
direzione di Port Loko. Sono un po’ isolato. Arranco dietro una donna un po’ attempata che porta un bambino di un anno sulla schiena.
Il volto è sfigurato dalla stanchezza. Cammina a piedi nudi, con fatica, sulla strada sassosa.
Io accelero un po’ per passare oltre e ricongiungermi alla colonna.
La donna si volta e mi guarda con occhi grandi: c’è terrore; c’è invocazione in quel suo sguardo... Non vuole rimanere sola. Io non posso
far nulla. Anch’io sto lottando, al limite delle mie forze per sopravvivere… E la poveretta, nella sua disperazione, trova la forza di accelerare. E rimaniamo in compagnia.
Povera madre africana, che porti doppio dolore per la tua fertilità
smisurata! I tuoi figli sono diventati tuoi nemici. Coraggio! C’è una
chiesa che soffre con te. Sono qui al tuo fianco per questo. Questa
strada oscura ci porta alla luce. La vedremo. La vedrai. E sarà tanto
più bella, perché non la conoscevi.
foto Ansa
p. MARIO GUERRA, sx
Nell’ombra, al riparo dal
gran caldo, il direttore
di “AmoReggio” è alle
prese con il “mixer”,
per regolare i decibel
e coprire il monotono
canto delle cicale.
2009 SETTEMBRE
ROMA
00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287
Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925
E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000
Per un viaggio tra i popoli
Un’esperienza con gli alunni di Lenola
P
arlare del mondo, dei popoli, della solidarietà, del dialogo interculturale e della legalità, e insieme dei diritti dell’infanzia non è mai troppo, e non
è nemmeno molto facile. Soprattutto, quando gli interlocutori sono dei bambini del nostro tempo.
Però, le ricerche fatte dai bambini su tutti questi temi importanti
diventano una cosa straordinaria
ed entusiasmante, piena di stupore e di scoperte incredibili.
Un progetto educativo
È proprio quello che ho potuto sperimentare insieme alle maestre della scuola elementare “Renzo Tatarelli” di Lenola (Latina), durante l’ultimo anno scolastico. Con i loro alunni, dai piccolissimi della prima
elementare fino ai ragazzi della
quinta, avevano scelto il tema,
“Insieme per mano raccontiamo
il mondo: viaggio tra i popoli,
tra solidarietà, dialogo interculturale e legalità”.
Anna Rita Pascale, maestra,
mamma e insegnante di religione, ne è stata l’animatrice. Ho
incontrato in un’aula questa giovane signora, piena di entusiasmo, sorridente e disponibile a
rispondere a ogni richiesta. Le
ho domandato il motivo di questo progetto. Mi ha risposto: “Il
nostro è un progetto educativo;
vuole promuovere una cultura che riconosca il diritto all’infanzia, formando nei bambini la
coscienza di essere cittadini del
mondo e di essere loro stessi artefici dei loro diritti e doveri”.
p. LUIGI LO STOCCO, sx
Una storia congolese
Durante l’anno sono state invitate persone “esperte”, esterne
alla scuola, che hanno cercato di
sensibilizzare gli alunni a prendere il largo per questo formidabile viaggio tra i popoli e hanno
preso in mano la Carta dei loro
diritti dell’infanzia per spiegarne
l’importanza e il valore.
Anch’io ho partecipato come
missionario. Con l’aiuto di diapositive, ho raccontato loro la
storia di un bambino congolese di 11 anni. Si chiama Murhula e faceva parte del gruppo dei
“piccoli giornalisti” di radio Maria di Bukavu. Nella sua giovanissima età aveva dovuto lottare
per potersi istruire, creare i suoi
giochi, essere curato dalla malaria che lo indeboliva sempre di
Auguri, miei cari sposini
La storia speciale di Battista e Concetta
S
ono appena tornato a casa.
Mi sento felice e ringrazio
Dio di avermi mandato tra questa gente. Alla Messa stamattina
c’era il pienone. Tutti volevano
assistere al matrimonio di João
Batista e Maria da Conceição,
che per semplicità chiamo “Battista e Concetta”.
Il mese scorso ero andato a
visitare una ragazza malata. Ero
per strada. Un vecchio signore
mi chiama: “Padre, io sono Battista; le chiedo un favore: vorrei
sposarmi”. Lo guardo incuriosito. Mi fa entrare in casa. Mi presenta la moglie. Poi comincia a
raccontare...
Per secoli senza preti
Si era sposato che era ancora
molto giovane, e da questo matrimonio aveva avuto sedici figli.
A cinquantasei anni era rimasto
vedovo e si era preso una ragaz-
8
Gli “sposini” Battista e Concetta
nella foto ricordo del loro antico
matrimonio “benedetto” da Dio
e da p. Nicola Masi
zina di sedici anni, dalla quale
aveva avuto altri sette figli. Ora
lui ha novantasei anni, si sente
ancora bene in salute, ma prima
di morire vuole che il Signore
benedica il suo secondo matrimonio. Tutti volevano vedere
questi due sposini che, a modo
loro, hanno fatto una predica
meravigliosa.
Qui, in questa regione sperduta
dell’Amazzonia, per secoli non
ci sono stati preti. Il sacerdote
arrivava di tanto in tanto da Belém: battezzava, diceva Messa,
faceva qualche matrimonio e poi
spariva. La gente pregava in casa
o nelle piccole cappelle, costruite
con i loro poveri mezzi. I giovani
si univano; raramente facevano
un matrimonio civile e ancora
più raramente un matrimonio
religioso. Poi, nel secolo scorso,
vennero dei frati cappuccini e più
tardi i missionari saveriani.
p. NICOLA MASI, sx
“Voglio vederla bene
in faccia”
Molte cose sono cambiate in
meglio, ma è ancora facile incontrare giovani che si uniscono senza rito civile o religioso.
Alcuni sposi cristiani che fanno
parte della “pastorale familiare”
cercano di entrare in contatto
con questi loro fratelli e sorelle,
e spesso organizzano “matrimoni comunitari”, di più coppie
che si sposano durante la stessa
Messa. È sempre una grande festa ed è un forte invito a quelli
che ancora non si sono decisi a
chiedere la benedizione di Dio
sul loro amore.
Io ho ringraziato di cuore il
caro Battista perché è stato un
bravissimo predicatore. Ha fatto capire che non è mai troppo
tardi. Qualunque età è buona
per buttarsi nelle braccia di Dio.
Alla fine della Messa abbiamo
cantato “Tanti auguri a te”. Era
commosso e, quasi piangendo,
ha voluto ringraziare tutti, ma
soprattutto il buon Dio che non
lo aveva fatto morire prima di
benedire lui e la sua sposa.
Un particolare. Qualche tempo addietro ero stato a casa sua.
Volevano confessarsi lui e lei per
prepararsi bene alla solenne cerimonia. Lui aveva gli occhiali scuri. Ho domandato perché.
“Ho appena fatto l’operazione
di cataratta, ha risposto, perché
voglio vedere bene in faccia la
mia Concetta”. Poi si alza, l’abbraccia e la bacia. Sono rimasto
commosso anch’io. Dio li bene■
dica.
Padre Luigi Lo Stocco con alcuni degli studenti della scuola elementare “Tatarelli”
di Lenola, protagonisti di un progetto interculturale
più, amare i suoi poveri genitori che tante volte non avevano il
necessario per sfamare la numerosa famiglia composta da ben
nove figli. Un storia semplice,
scritta con altri suoi compagni
di “sventura”, nel quartiere sulle
colline di Bukavu.
Bambini curiosi e stupiti
L’insegnante Eliana è una delle ferventi promotrici di questo progetto. Ha saputo portarlo avanti con tanta dedizione e
tenacia, e anche con un bel tatto pedagogico. Le ho chiesto come i bambini abbiano recepito
l’iniziativa. Mi ha detto: “I bambini hanno risposto molto bene,
anche al di sopra delle mie previsioni. Abbiamo lavorato sulla conoscenza dei popoli, delle
culture, dei diritti naturali… Li
ho visti entusiasti, fieri e genero-
si nel partecipare personalmente
alla loro ricerca.
I miei bambini, come del resto
tutti i bambini di oggi, sono molto vivaci, curiosi, con tanti perché nella testa… Ma hanno anche
tante risposte già pronte. A volte
le loro frasi fanno davvero pensare. Gli alunni delle due classi di
terza elementare si entusiasmano
facilmente, e sanno anche stupirsi per il bello e rattristarsi per la
sofferenza e la miseria.
Una cosa che mi meraviglia e
mi entusiasma è quella di vedere questi bambini alla ricerca di
tante particolarità… È una cosa
molto rara nella psicologia infantile. E poi, bisogna credere in
certe cose. Se una maestra ci crede, allora tutta la classe la segue
e ne condivide pienamente il sogno, sognando con lei. E il sogno
■
diventa realtà!”.
IN ATTESA DEL SECONDO PASSO
p. L. LO STOCCO, sx
Terminate le lezioni, le scuole hanno chiuso per le vacanze estive. I
nostri bambini avranno incontrato altre persone e altre culture, sulle
spiagge o in montagna. “Tutto finisce qui?”, domando all’insegnante Anna Rita Pascale.
“Abbiamo fatto un buon passo; abbiamo iniziato. Ora si deve continuare. In un anno non si può arrivare a tutto. I bambini sono stati
fantastici e hanno risposto molto bene e con tanto entusiasmo. Sono stata colpita dal fatto di vedere i bambini meravigliati, ma anche
molto concreti. C’è ancora da fare perché arrivino a una certa consapevolezza e abbiano il gusto di amare gli altri. I bambini di Gaeta, per
esempio, si danno da fare con tante iniziative, per costruire una piccola scuola in un villaggio del Bangladesh”.
Spesso mi domando: i nostri bambini italiani hanno difficoltà ad
amare veramente gli altri? Hanno difficoltà ad aprire la loro conoscenza, ad andare oltre il loro territorio e arrivare all’altra parte del
mondo per incontrare bambini come loro che, nonostante la povertà,
sono felici di vivere?
L’esperienza alla
scuola “Tatarelli” di Lenola mi dà coraggio e
speranza. Il primo passo compiuto lo scorso
anno mi fa capire che il
secondo passo di questo nuovo anno scolastico sarà promettente, per questi alunni,
guidati dalle loro brave insegnanti.
Piccoli allievi africani,
coetanei dei bambini
della scuola elementare
“Tatarelli” di Lenola
2009 SETTEMBRE
ROMAGNA
48100 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7
Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482
Ricordando il recente passato...
All’inizio di un nuovo anno di lavoro
R
icordare il passato per vari
di voi, cari amici e amiche,
significa rivivere con il pensiero le vacanze appena trascorse.
Con settembre si ritorna al lavoro in ufficio o in fabbrica, a
scuola e a casa, nei campi e anche in parrocchia. Per noi saveriani, più che alle ferie, ripensare
al passato vuol dire esaminare
l’esperienza fatta per studiare la
situazione e programmare l’attività futura.
Bambini, ragazzi e saveriani
A giugno vi abbiamo raccontato del passaggio di Francesco
Gesualdi, il “Francescuccio”,
della famosa scuola di don Milani. In luglio vi abbiamo parlato della prof.ssa Serena Noceti
che si presenta come la “signorina Serena”, nonostante sia
un’esperta teologa. Spero non
abbiate rimpianto la solita cronaca che siete abituati a leggere su
questa pagina! La riprendiamo
ora, anche perché riesaminare
il passato, come dicevo, aiuta a
programmare il futuro.
A maggio i protagonisti della casa di San Pietro in Vincoli
sono stati i bambini della prima
Comunione e Cresima arrivati da
Tagliata, da San Pietro in Trento,
da Punta Marina, da Castiglione,
da Torontola. In mezzo, però,
siamo riusciti a lasciare spazio
agli esercizi spirituali guidati da
Serena, all’incontro dei membri
della nostra direzione generale,
all’assemblea dei rettori delle
comunità saveriane in Italia.
Incontri, ospiti e feste
A giugno, invece, l’hanno fatta
da padroni i “grandi”, lasciando
una decina di giorni per il grest
di S. Zaccaria. E così si sono ritrovati con il vescovo anche gli
anziani della Caritas di Forlì.
Domenica 7 si è celebrata la
festa dei nostri parenti, venuti da
mezza Italia, con la presenza di alcuni saveriani romagnoli che lavorano in altre comunità o che sono a
casa per un po’ di riposo. A pranzo
è arrivato anche il vescovo, come
p. AGOSTINO CLEMENTINI, sx
segno di unione dei saveriani e dei
sacerdoti diocesani in missione.
Due giorni dopo s’è svolto
l’incontro del vescovo con i suoi
sacerdoti di Ravenna, impreziosito dalla presenza di p. Raniero
Cantalamessa che li ha intrattenuti sullo “Spirito Santo”, a
chiusura dell’anno Paolino e in
preparazione dell’anno sacerdotale, nel 150° anniversario della
morte del santo Curato d’ Ars.
L’11 e il 12 abbiamo avuto
ospiti i superiori e le superiore
degli istituti missionari in Italia
(Cimi), per il loro periodico convegno. Dopo di loro, due suore
di Alfonsine hanno arricchito la
nostra comunità con i loro esercizi spirituali. E per concludere,
domenica 21 si è svolto l’atteso
raduno di tanti di voi che prende
il nome di “festa annuale degli
amici”. Quest’anno, per motivi
organizzativi, sono mancati gli
amici di Ravenna. In compenso,
chi vi scrive ha portato le collaboratrici pastorali che lavorano
nell’ospedale di Imola.
■
Gli anziani della Caritas di Forlì si sono ritrovati dai saveriani di San Pietro in Vincoli per l’incontro con il loro vescovo
mons. Pizzi.
Padre Ildo Chiari mostra una tartaruga appena uscita
dall’uovo ad alcuni dei partecipanti alla festa dei famigliari
dei saveriani romagnoli.
Gli incontri istituzionali
Preti e vescovi, saveriani e missionari
p. A. CLEMENTINI, sx
Padre Nicola Colasuonno, di spalle, ha predicato l’omelia
durante la Messa per gli amici dei saveriani di Romagna.
L’ ESEMPIO DI SAN TOMMASO
p. AGOSTINO CLEMENTINI, sx
I rettori delle comunità saveriane d’Italia insieme, al termine del loro incontro.
Padre Raniero Cantalamessa ha
parlato dello Spirito Santo ai
sacerdoti, presente il vescovo di
Ravenna mons. Verucchi.
I rappresentanti della Cimi
(Conferenza istituti missionari
italiani) al lavoro in una vera e
propria tavola… quadrata.
8
Non si parla tanto bene dell’apostolo Tommaso, per la sua incredulità. A me, invece, sta simpatico proprio per la sua cocciutaggine. Avrei
fatto anch’io come lui. Chi avrebbe avuto il coraggio di credere che Cristo, crocifisso e sepolto con guardie e sigilli sulla tomba, è veramente risuscitato e vivo, senza averlo visto e toccato di persona?
Del resto come si fa, solo per sentito dire, a convincere la gente che Gesù ha davvero detto che
lui accoglie in paradiso chi in terra lo riconosce
nei poveri e nei malati, nei carcerati e nei forestieri; che siamo tutti figli di Dio e che siamo tutti fratelli, ebrei e barbari, cristiani e musulmani...?
Ho sentito che il governo italiano ha introdotto un nuovo reato, come se di reati non ce ne fossero già abbastanza: quello di clandestinità. Un reato che potrei commettere anch’io se do ospitalità a un forestiero senza documenti. Mi è venuto in mente il raccontino del missionario che in una sperduta isola di cannibali narra la storia dei popoli civili e quando afferma che nell’ultima guerra mondiale sono state uccise una decina di milioni di persone, un cannibale ha esclamato:
“Come avete fatto a mangiarli tutti?”. “Non ne abbiamo mangiato
neanche uno!”. “Ma allora perché li avete uccisi? Si vede proprio che
siete barbari!”, conclude il cannibale.
Sono stato anch’io straniero in Indonesia, e mi commuovo ancora
ricordando i tanti gesti di accoglienza. Uno non lo dimenticherò mai.
Ero ricoverato in ospedale e la caposala mi disse: “Per qualunque cosa suoni il campanello, verrò io stessa perché ricordo ancora il marinaio italiano che tre anni fa abbiamo dimesso prima del tempo perché alle colleghe dava fastidio”. La assicurai che ero italiano, ma non
marinaio; e tutti si meravigliarono quando offrii il mio sangue a una
partoriente per il parto cesareo.
2009 SETTEMBRE
SALERNO
84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4
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“Posso solo dirvi grazie”
C’è chi parte e chi parte ancora
scorso abbiamo saluL’ anno
tato il giovane Santos che
tornava in Messico per essere ordinato prete, con una bella festa
piena di amicizia. Chi l’avrebbe
detto che quest’anno sarebbe
toccato a me?
Sono destinato alla comunità
saveriana di Desio, in Brianza, come animatore missionario. Padre
Codenotti, che aveva questo compito, riparte per il Giappone e mi
hanno chiesto di prendere il suo
posto. Quando leggerete queste
parole io sarò già in Lombardia.
Non è un lavoro “a metà”
Dopo un anno e mezzo passato
in mezzo a voi, posso solo dirvi
“grazie” per la fraternità con cui
mi avete accolto, per l’amicizia
che mi avete offerto, per la simpatia che mi avete dimostrato. È
stata una bella esperienza; peccato
sia durata poco. Ora che io cominciavo a inserirmi e voi cominciavate ad abituarvi al mio modo di
fare, mi tocca partire. Mi dispiace
lasciare “un lavoro a metà”…
Ma questo non è un lavoro! È
un rapporto di amicizia tra persone che hanno lo stesso obiettivo: vivere la propria vocazione
di figli di Dio, nelle diverse realtà di vita (come studenti o insegnanti, come genitori o figli,
come catechisti o missionari…).
Proprio perché non è un lavoro,
non si può dire che finisca. La
distanza fisica non sarà un osta-
p. STEFANO DELLA PIETRA, sx
colo e il ricordo dei vostri volti
non scomparirà.
Tutto è Provvidenza
Essendo chiamato a svolgere
un servizio altrove, devo interpretare anche questo come volontà
di Dio. Sono convinto che le cose
non succedano per caso, ma che
in ogni avvenimento, gioioso o triste, si possa imparare qualcosa per
crescere insieme. È un’avventura
Padre Stefano ha gustato l’ottima cucina salernitana;
nella foto, con due colleghi... di peso, durante la festa di saluto
Festa dei popoli a Salerno
Muoversi all’incontro con l’altro
D
omenica 28 giugno si è
svolta a Salerno la prima
edizione della “Festa dei popoli”. Protagoniste sono state le
comunità straniere residenti sul
territorio cittadino e, idealmente,
tutti i popoli della terra. Teatro
della manifestazione era il sottopiazza della Concordia, luogo
adibito a mercato etnico. Hanno
fatto da moderatori della serata i simpatici Mirko e Roberto,
mentre l’instancabile Antonio ne
è stato il “regista”, insieme a numerosi giovani volontari.
Andare oltre lo sguardo
Con questa “festa” ci siamo
prefissi di passare dallo sguardo all’incontro con lo straniero,
8
ossia da un incrocio occasionale “sulla strada” a un approccio
più personale, come può avvenire “in piazza” dove si riuniscono
persone desiderose di conoscersi
e condividere momenti di vita.
Dalla piazza poi dovrebbe
partire un cammino comune di
testimonianza e di impegno per
affermare i diritti fondamentali di ogni individuo, oggi spesso negati anche sotto il pretesto
di “ragioni di sicurezza”... Occorre invece smascherare i tanti pregiudizi, introdotti nella società anche da certi mezzi di comunicazione, e dalle dicerie. Chi
dice di aver paura dello straniero
probabilmente non l’ha mai incontrato né voluto conoscere.
Il sottopiazza della Concordia gremito di gente per la prima edizione
della “Festa dei popoli” a Salerno
MARCO PESCA
L’integrazione, infatti, non va
intesa a senso unico, cioè solo
come inserimento degli stranieri nella nostra società, ma come
processo di avvicinamento vicendevole. Ogni incontro è occasione di maggiore conoscenza
e arricchimento sul piano umano. Lo spirito di accoglienza riduce le barriere e valorizza le diverse tradizioni dei popoli.
Uno spirito di mondialità
Così, lo scorso 28 giugno in
piazza la curiosità sul Kirghizistan, l’assaggio delle pietanze
russe e polacche, i prodotti tipici senegalesi e ucraini, o le coreografie colorate delle filippine,
hanno lasciato il posto a canti e
balli fraterni. La piazza si è riempita di persone appartenenti a
diverse nazioni, che hanno ballato e fatto festa insieme in uno
spirito di mondialità e di valori
condivisi.
Questo stesso spirito è stato rappresentato nella sfilata dei
cinque continenti, ognuno dei
quali ha portato un valore: amore, tolleranza, rispetto, fratellanza, pace. Tutti uniti hanno dato vita all’abbraccio tra i popoli
della terra, raffigurato dall’arcobaleno: un ideale che può concretizzarsi ogni giorno nelle no■
stre scelte di vita.
Padre Stefano Della Pietra, tra p. Alex Brai e p. Rosario Giannattasio, applaudito
dopo la Messa di saluto celebrata con gli amici di Salerno,
prima della sua partenza per Desio, in Brianza
che non finisce mai. Insomma,
tutto è Provvidenza. Se il Signore
mi ha voluto a Salerno per così
poco tempo, ci sarà un motivo per
me, per voi e per la comunità saveriana. Molte volte ci accorgiamo dell’utilità di certe esperienze
solo dopo averle vissute.
Di questo breve periodo in terra
salernitana, mi porto dietro la fraternità della gente e la gioia di stare insieme. I giovanissimi mi hanno dato l’entusiasmo e il desiderio
di vivere bene la mia vita, in una
società che non dà molti esempi di
vita. I giovani mi hanno dimostrato che vogliono impegnarsi come
cristiani, anche se incontrano difficoltà. I laici saveriani mi hanno
dato l’occasione di condividere
le speranze e gli ideali di mons.
Conforti anche come genitori e
nonni, proprio perché tutti noi viviamo lo stesso carisma.
Collaborare è stato bello
L’esperienza all’università di
Salerno mi ha insegnato che se
alcuni giovani sono “vuoti”, altri
ritengono importante l’incontro
con il Signore, anche facendo
una piccola sosta in chiesa tra
una lezione e l’altra… Non posso dimenticare la collaborazione
con le saveriane che, finalmente,
hanno una loro comunità a Cava
De’ Tirreni. È stato bello lavorare insieme. È vero che può essere più difficoltoso e prendere
più tempo, ma la soddisfazione
di fare le cose insieme ha più
gusto.
Un ringraziamento di tutto
cuore va anche a organizzatori
e collaboratori della mostra sulla Cina, allestita quest’anno, e alla comunità saveriana di Salerno,
fraterna e familiare. Concludendo, è stato veramente piacevole
questo periodo con voi. Mi auguro di essere stato anch’io un amico per tutti voi. E vi chiedo scusa
per i malintesi che si sono creati,
■
specialmente agli inizi...
“ARRIVEDERCI PADRE STEFANO”
Lascia Salerno e va a Desio, in Brianza
FRANCESCA CONDORELLI
Le attività nella casa saveriana di Salerno si sono concluse domenica 14 giugno con la celebrazione della Messa di ringraziamento seguita da una piccola festa. Questa volta l’incontro è stato più speciale
del solito. Ci siamo riuniti tutti, soprattutto noi giovani, per salutare
p. Stefano Della Pietra che lascia Salerno per continuare la sua attività a Desio, in Brianza.
Dopo la Messa, animata con canti, preghiere e gesti simbolici, abbiamo guardato due video. Il primo era un insieme di fotografie per ricordare le attività dell’ultimo anno: la Messa conclusiva del giugno 2008; i
campi estivi dei giovani e giovanissimi; le foto della mostra sulla Cina.
Il secondo video è stato preparato dai due “Andrea” proprio per p.
Stefano, con foto scherzose che lo mostravano timido e chiuso appena arrivato; col tempo anche lui si è aperto al clima festoso, tipico di
noi salernitani.
La serata si è conclusa con un piccolo buffet, con giochi, scherzi e
tante foto che p. Stefano porterà con sé per ricordare questo tempo
passato con noi a Salerno. Lui stesso, a conclusione della Messa, ha
pronunciato una frase che ha colpito tutti: “Ogni volta che penso alla
parola comunione, ricordo l’esperienza che ho fatto in Congo; da oggi penserò anche a Salerno”.
Anche noi lo ringraziamo per il tempo trascorso con noi e gli facciamo i migliori auguri per la sua nuova “missione”.
Padre Stefano Della Pietra è ammirato per la collaborazione di tanti giovani
e dei laici saveriani di Salerno
2009 SETTEMBRE
22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15
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TAVERNERIO
Le giornate missionarie
Una bella tradizione da non perdere
E
sistono ancora le giornate
missionarie? Mi riferisco,
in particolare, a quelle occasioni
in cui la figura del missionario
“dalla barba più o meno lunga”,
giungeva di sabato in parrocchia
chissà da quale parte del mondo... Durante la guerra e dopo, il
missionario si spostava in treno
e in bicicletta. Dalla stazione,
con la sua valigetta, a piedi si
dirigeva alla parrocchia assegnatagli dal direttore dell’ufficio
missionario.
Erano i parroci che chiedevano
la presenza del missionario, non
solo per la giornata missionaria
mondiale, ma anche in occasione di feste importanti, per il ministero delle confessioni e per la
predicazione dei tridui. Così s’accoppiava la giornata missionaria
con le necessità della parrocchia.
Quelle buste sui banchi
A quei tempi le missioni erano poco conosciute; si conosceva poco del mondo al di là dei
confini della propria terra. La
predicazione sui bisogni delle
missioni lontane e per mantenere i giovani studenti che si
preparavano alla vita missionaria stava molto bene accanto ai
santi e alle festività della parrocchia. Con la predicazione dei
missionari la gente ha iniziato a
conoscere le missioni, un compito che allora apparteneva quasi
esclusivamente agli istituti missionari sorti nella seconda metà
dell’ottocento.
Il sabato sera all’oratorio si
proiettava una pellicola che nar-
p. FRANCO BERTAZZA, sx
rava la storia dei missionari uccisi dagli irochesi, una novità per
la maggior parte dei fanciulli. Ai
genitori il missionario rivolgeva
l’invito a favorire la vocazione
missionaria dei figli, assicurando
che non li avrebbero persi, ma
sarebbero sempre appartenuti a
loro, più dei figli sposati. Il giorno seguente, durante le Messe, il
missionario parlava della vita in
missione e spiegava ai fedeli il
significato delle buste poggiate
sui banchi, sperando nel buon
cuore dei fedeli.
Anche i laici e i fidei donum
Dopo il concilio Vaticano II
molte congregazioni religiose
sono divenute anche missionarie. Anche i laici hanno cominciato a dare il loro contributo
Esercizi spirituali: fanno bene!
Don Bruno Maggioni con i partecipanti agli esercizi spirituali da lui diretti sul tema, “La cruna
e il cammello - paradossi evangelici”. È così difficile entrare nel regno dei cieli? Ci siamo già, se
viviamo la nostra fede con amore.
personale, donando alcuni anni
o solo alcuni mesi in aiuto ai
missionari nella costruzione di
opere sociali.
Gli istituti esclusivamente
missionari hanno iniziato a subire la diminuzione delle vocazioni, mentre le diocesi assumevano
una o due parrocchie nei territori
di missione, dove inviare i loro
sacerdoti, chiamati Fidei donum.
È una bella espressione che vuol
dire: “dono della fede”.
Insomma, c’è stata una fioritura meravigliosa di apostolato
missionario, che continua ancora, anche se guerre civili con
distruzioni e massacri hanno reso più attenta e impegnativa la
presenza dei laici in missione.
Se mancano i rincalzi…
I tradizionali missionari “dalla barba più o meno lunga” sono
ormai meno numerosi e sempre
più anziani. Rimangono al loro
posto, spesso in balia di avvenimenti di morte e di violenze. In
tanti sono costretti ad abbandonare le missioni non per la sicurezza personale, ma perché non
ci sono più rincalzi. Sono pochi
i giovani disposti a offrire la loro vita per sempre a Cristo, per
annunciare il vangelo ai poveri,
agli affamati e ai perseguitati.
Si sono allentati anche i legami tra le parrocchie e gli istituti
missionari. Ogni diocesi dice
che “ha le sue missioni e i suoi
missionari da mantenere...”. Se
da una parte questo è consolante
e degno di lode, da un altro punto di vista viene allontanato il
contatto diretto con quei missionari - anch’essi figli e figlie della
stessa chiesa - che esercitano il
loro apostolato in tutto il mondo
e per tutta la vita.
La solidarietà cristiana
Sono molti i cristiani, credenti e non praticanti, che ancora
ascoltano il missionario. Benché
molti ignorino le necessità della
propria chiesa parrocchiale, sono disposti a donare qualcosa a
chi spende la propria vita per il
bene dei fratelli, affamati di cibo
e di amore, e per il bene di tanti
bambini cha non sanno cosa sia
la carezza di un papà.
La gente vuole sentir parlare di
Cristo che prova compassione per
le miserie umane; vuol sentire la
storia dei missionari che, protesi
in aiuto delle popolazioni più povere, per amore di Cristo condividono le loro stesse sofferenze.
Ancora una volta la solidarietà
umana e cristiana ci distingue.
Grazie a chi ci chiama
Intanto, noi saveriani manifestiamo la nostra gratitudine a tutti
i sacerdoti che ci invitano a celebrare la giornata missionaria per
far conoscere le testimonianze
delle giovani chiese e per aiutare
a riflettere sulle molteplici necessità delle nostre missioni. A tutti
coloro che offrono «un pane o un
pesce» per sfamare tanta gente,
assicuriamo la nostra preghiera.
Invitandoci, i parroci ci offrono la bella opportunità di dire ai
fedeli che la fede cristiana, così
in crisi nella nostra vecchia Europa, rivive la sua eterna gioventù nei paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina. I nostri
fedeli cristiani hanno bisogno
di fatti e racconti che ravvivino l’ottimismo e la gioia di essere cristiani, figli del Padre e fratelli degli uomini. Non mancano
le persecuzioni di ogni genere,
ma è proprio dal martirio che la
■
chiesa ringiovanisce.
A ottobre: feste degli amici
Dopo l’estate riprendono puntuali le attività del mondo civile,
nonostante le crisi che sembrano aspettare l’autunno... Speriamo di
riuscirle a domare, anche se con qualche sacrificio. Auguriamo a tutti che possiate mantenere lavoro e serenità, merci rare nel nostro
mondo attuale.
I partecipanti agli
esercizi spirituali
guidati da padre
Gabriele Ferrari
che ha parlato
dell’apostolo
delle genti,
a conclusione
dell’anno Paolino.
Intanto, i missionari saveriani di Tavernerio vi ricordano i tradizionali
incontri di fraternità e amicizia:
domenica 4 ottobre con gli amici italiani
domenica 11 ottobre con gli amici svizzeri
Tra luci e ombre,
le saveriane di vari
continenti si sono
raccolte in preghiera
e meditazione
a Tavernerio.
Torneranno alle
loro missioni
e auguriamo loro un
fecondo apostolato.
Siamo felici di ricevervi per rinnovare la nostra amicizia. Vi preghiamo di farci conoscere nuovi amici e vi ringraziamo per la vostra bontà
e per il vostro sostegno spirituale e materiale. Tutto si svolgerà come
negli anni precedenti nella gioia e nella pace. Non prendete altri impegni, vi aspettiamo. Grazie!
8
Crocifisso del beato Conforti, venerato nel santuario dei missionari saveriani a Parma;
fin da bambino, il beato si soffermava a pregare e... “pareva mi dicesse tante cose!”
2009 SETTEMBRE
VICENZA
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Il nostro mondo capovolto
Con i saveriani tra i kayapó di Redenção
S
iamo una giovane coppia di
Chiampo. Vari anni fa, abbiamo iniziato il nostro cammino con i missionari saveriani di
Vicenza partecipando al gruppo
“Insieme per la missione” e poi
al gruppo “Famiglie per la missione”, con incontri e riflessioni
su come vivere la nostra vita. Abbiamo passato il tempo insieme
con alcune persone condividendo
la voglia di camminare e di cercare “un qualcosa in più”.
A novembre 2008, siamo partiti per un’esperienza missionaria di sei mesi nell’Amazzonia
brasiliana. Siamo stati ospiti dei
saveriani di Redenção seguendo
p. Renato Trevisan, che da tanti
anni lavora in Amazzonia con
gli indio kayapó.
Le certezze lasciate qui
Partire è stato per noi importante ed emozionante. Abbiamo
lasciato le sicurezze, facendo
spazio a tante incertezze e a tante piccole scelte che spesso mettevano in dubbio la nostra gioia
di intraprendere questo viaggio.
Però, nemmeno le difficoltà burocratiche ci hanno fatto perdere
la serenità che ci ha permesso di
credere nella nostra scelta.
Dopo il volo aereo e un viaggio in autobus tra foresta e strade
rosse, siamo arrivati a Redenção.
Da lì tutto il nostro mondo si è
capovolto: una lingua diversa, la
fatica di capire e di farsi capire,
persone da conoscere e mille cose nuove da scoprire: i sapori del
cibo diversi (riso e fagioli come
piatto quotidiano delle nostre
giornate, oltre alla buonissima
frutta), famiglie intere su una
sola moto anche con bambini di
pochi mesi, le feste piene di musica con la gente, l’entusiasmo
per ogni piccola cosa, la capaci-
ELISA e FABIO TIBALDO
tà di credere nel domani pur non
avendo niente.
La grande casa per gli indio
I ritmi di vita erano diversi
da quelli vissuti fino a quel momento, stando in comunità con i
missionari. Il nostro lavoro era
accogliere gli indio che dalla foresta arrivano in città per varie
necessità. I saveriani con alcune suore brasiliane si occupano
della pastorale “indigenista”,
con l’intento di aiutare le popolazioni indigene di questa zona,
spesso emarginate dalla società.
A Redenção i missionari hanno una casa di accoglienza dove
gli indio possono stare quando
sono costretti a rimanere in città
per cure mediche o per qualsiasi altro motivo. Qui trovano un
posto bello e ospitale. Le donne, grazie alle suore, possono
cucire i vestiti per loro e per i
La missione in casa nostra
Volontari per la mensa Caritas a Vicenza
scorso una quaN ell’autunno
rantina di persone deside-
rose di fare qualcosa per gli altri,
hanno accolto la proposta dei saveriani e hanno deciso di aderire
alla richiesta della Caritas: offrire
il servizio mensa ai bisognosi il sabato mattina, poiché questo turno
non era ancora coperto in città.
Così da novembre ogni sabato
a rotazione, dalle 10.30 alle 13,
un gruppo di cinque volontari
si presenta presso la mensa dei
frati di Santa Lucia per aiutare
la cuoca, distribuire il pranzo e
sistemare i locali.
Cinquanta pasti al giorno
Questo servizio ci permette di
toccare con mano le situazioni
8
più diverse: vi sono i giovani
dell’Africa e dell’Asia, le signore dell’est Europa e persone di
nazionalità italiana di ogni età.
C’è chi parla la nostra lingua e
chi non la parla affatto. Devono mangiare in fretta, perché la
stanza accoglie solo una ventina
di persone, ma arriviamo a distribuire anche cinquanta pasti.
Mangiano spesso in silenzio o
chiacchierano a gruppetti, quelli
che già si conoscono.
All’ingresso devono presentare al volontario una tesserina
ritirata all’ufficio della Caritas;
ma c’è chi ne è in possesso e
chi no. Non è facile confrontarsi
con questo sistema di selezione:
a volte si fa entrare ugualmente
La giovane Elisa con eleganti bambine kayapó: è importante andare in Amazzonia,
ma anche a Vicenza c’è qualcosa da fare, qualcuno da aiutare...
ANNA NICOLETTI
la persona, spiegandole qual è il
percorso che dovrà seguire in futuro; altre volte ci si deve imporre e dire no, anche se dispiace.
Per gli stranieri, si tratta di aiutare le persone senza ledere la loro dignità e, fondamentalmente,
di responsabilizzarle nel processo
di inserimento nella nostra società. Per quegli italiani che invece si
sono trovati in condizioni di estremo disagio, avendo magari perso
casa o lavoro, è un modo per non
far perdere loro la fiducia.
Un appello per i giovani
Si fa fatica a scambiare due
parole con questa gente. Questo
ci dispiace, ma si deve essere veloci a servire e veloci nel far accomodare altre persone. Sono in
corso i lavori di ristrutturazione
della mensa dei frati, anche per
creare uno spazio più familiare.
Questa è una delle tante realtà cittadine di accoglienza; ci fa
capire che vi è ancora bisogno
di aiuto. La Caritas e i saveriani
cercano ancora volontari non solo per il sabato mattina, ma anche per il pranzo della domenica
e per il ricovero notturno.
Ci sono tanti giovani che hanno fatto assieme ai saveriani
un’esperienza in missione e certamente avranno voglia di fare
qualcosa per chi è meno fortunato. Ebbene, questo potrebbe essere uno dei tanti modi per continuare la missione anche in... casa nostra.
■
I coniugi vicentini Fabio ed Elisa Tibaldo hanno vissuto sei mesi a Redenção, in
Amazzonia, con i saveriani; secondo da destra, p. Renato Trevisan, che li ha seguiti
bambini; i ragazzi vengono per
un doposcuola che li aiuta a stare al passo con gli altri e ad affrontare il problema della lingua.
Ci sono poi i bagni, le docce e
molti alberi su cui i bambini si
arrampicano, giocano e mangiano frutta.
E così anche noi abbiamo provato la curiosità per una cultura diversa, ma anche la gioia e
l’emozione nel vedere che ci si
sente fratelli e figli dello stesso
mondo. Abbiamo vissuto le piccole conquiste, gli insuccessi, i
giochi e i sorrisi dei bimbi. Abbiamo dedicato il nostro tempo
a questa gente, percependone le
difficoltà e le ricchezze davvero
indescrivibili.
“Ora siamo più sereni”
Tornando in Italia, abbiamo
trovato di nuovo il mondo capo-
volto. Dentro avevamo la voglia
di riabbracciare tutte le persone
lasciate e il desiderio di raccontare, ma anche la paura di non
essere capaci di esprimere quello che abbiamo vissuto. In noi
sentivamo il bisogno di silenzio
e la certezza di non voler dimenticare le tante e bellissime sensazioni provate.
La speranza è di non dimenticare la presenza di una Provvidenza che davvero non manca
mai e che sta a noi accogliere e
vivere. Siamo convinti che la nostra fortezza deriva proprio dallo
sperimentare la debolezza. Tornando a casa dopo questa breve
esperienza, siamo diventati più
“piccoli”, siamo anche più sereni e forse facciamo un po’ meno
fatica nel vedere la meravigliosa vita che possiamo vivere, ap■
prezzare e amare.
NE è VALSA LA PENA !
p. RENATO TREVISAN, sx
Elisa e Fabio sono cresciuti in famiglie dove la fede cristiana ha illuminato la loro vita. Perciò non è stato un caso quando hanno chiesto
di venire in Amazzonia. Nonostante un posto di lavoro sicuro, hanno
deciso di donare una parte della loro vita esclusivamente per il vangelo, in forza della loro vocazione missionaria laicale.
Kanhôk, anziano e rispettato capo kayapó, quando gli ho presentato Fabio ed Elisa dicendogli che erano venuti in Brasile per aiutarci, si
è rivolto alla moglie con queste parole: “Hai sentito? Sono sposati e
hanno lasciato tutto! Hai capito cosa hanno fatto per venire qui?”.
Fabio ed Elisa, non solo hanno imparato e ascoltato, ma si sono assunti subito degli impegni. Eccoli allora partire in macchina e tornare al
“Centro degli indio kayapó”, carichi di materiale per montare un’area
dedicata ai bambini. Proprio qualcosa di molto simile a quello che si vede nella scuola materna di Chiampo… Il risultato? Bimbi e persino i genitori kayapó che giocando hanno perso la nozione del tempo!
Elisa e Fabio sono venuti per conoscere questa gente, la loro fede,
la religione vissuta in modi diversi, per rendersi conto dei problemi e
come la chiesa provi soluzioni, annunciando il vangelo. Hanno visto da
vicino la nostra vita di missionari, uomini con virtù e difetti. Sono stati
bravi a valutarci nell’insieme, comprensivi con i nostri limiti e sottolineando le nostre virtù. Sono convinto che tornando in Italia faranno
una bella pubblicità alla missione,
per averla vista e
vissuta quel tanto
da lasciare un po’
di nostalgia per
un’esperienza che
“è valsa la pena”!
Ora il loro posto
è rimasto vacante… Chi saranno i
prossimi?
Fabio Tibaldo
Crocifisso
del beatodai
festeggiato
Conforti,
venerato
suoi amici
kayapó
2009 SETTEMBRE
ZELARINO
30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16
Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410
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Il Signore li ha presi sul serio
L’ordinazione sacerdotale di Simone Piccolo
S
abato 13 giugno il sole si
è levato più splendente del
solito sopra la parrocchia S. Maria Ausiliatrice della Gazzera. Anche lui voleva partecipare al grande evento che tutta la gente del
quartiere di Mestre stava per vivere. Simone Piccolo, missionario saveriano nato e cresciuto in
questo territorio, è diventato sacerdote. La storia ha avuto inizio
tanto tempo prima, anzitutto nel
disegno di Dio, ma poi nella preghiera dei genitori e nello zelo di
don Luigi Stecca, suo parroco.
Vocazione... con laurea
Papà Oscar ricorda: “I figli Simone e Stefano erano ancora alle elementari e mamma Giannina collaborava con la parrocchia
come catechista”. Poi un giorno
don Luigi ha invitato i catechisti
a un incontro in cui sottolineava
la necessità di vocazioni sacerdotali e proponeva ai genitori di
pregare con costanza, perché il
Signore scegliesse tra i loro figli
chi lo avrebbe servito all’altare.
Oscar e Giannina presero l’impegno sul serio, ma pensavano “i
nostri vicini sono migliori di noi
e il Signore sceglierà
in quella o
quell’altra
famiglia...”.
Invece
durante gli
studi universitari, SiIl neo sacerdote p. Simone
Piccolo abbracciato da p. Car- mone rivela
lo Pozzobon, superiore dei
la sua decisaveriani in Italia, e la gioia
sione: non
del vescovo e del parroco
solo sacer-
A festa segue festa
p. FRANCO LIZZIT, sx
dote, ma missionario. Il Signore aveva preso sul serio Oscar e
Giannina. “Ma sei proprio sicuro? Ma la tua laurea? Ma, ma,
ma... ”. Sono le domande inevitabili per chi si vede cambiati i progetti e le aspettative della
propria vita. Simone, consigliato
dal parroco don Luigi e dai saveriani conosciuti a Zelarino, ha
continuato a rispondere positivamente al Signore e il 13 giugno è
diventato sacerdote.
Una comunità partecipe
In presbiterio, oltre al vescovo ausiliare di Venezia mons.
Beniamino Pizziol, c’erano più
di venti sacerdoti, confratelli saveriani e amici di Simone. Nella
folta assemblea c’erano gli studenti saveriani e le saveriane,
tra cui Jone Manente, missionaria in Congo e anche lei nativa
della Gazzera.
Nell’omelia mons. Beniamino,
con parole coinvolgenti e ispirate, ha parlato di Dio, della comunità, del sacerdozio e della missione. “Dio è il primo responsabile di ogni vocazione, ma in
Simone Piccolo ha celebrato la
prima Messa nella chiesa dove ha
ricevuto Battesimo, Cresima, prima Comunione e il Sacerdozio.
Mamma Giannina, passata l’emozione di quei momenti, ha detto:
“Ora mi sento con i piedi per terra
e mi rendo conto che mio figlio
è sacerdote; ma nei giorni scorsi
non sapevo dove mi trovavo!”. A
conclusione della Messa, p. Simone ha condiviso con noi la benedizione del Papa e ha offerto alla
a cura di p. FRANCO LIZZIT, sx
8
P. Simone con i genitori davanti a una bella torta per
festeggiare l’ordinazione
mamma un bel mazzo di fiori.
Tra i presenti alla Messa c’era
anche la piccola Agnese, di due
mesi, la prima nipotina di p. Simone. Proprio da Agnese, p. Simone
ha preso lo spunto per la sua prima
omelia sacerdotale sull’Eucaristia.
L’omelia, partendo
da Agnese
“Come tutti i neonati, Agnese
ti accetta per quello che sei, non
fa attenzione a quello che hai in
mano, ma si accorge di quello
che porti nel cuore e sorride;
nel suo sguardo puoi leggere la
bontà e la grandezza di Dio. Così è stato di Gesù a Betlemme. In
maniera ancora più reale, così è
Gesù nell’Eucaristia, quando ci
trasforma in sé, o meglio ancora quando prende l’aspetto della
persona che mi sta davanti.
Penso a Samboy, un giovane
delle Filippine, ignorato da tutti
e per questo ostacolato a crescere umanamente. Quando si è accorto che io mi interessavo a lui
per quello che era e gli
volevo bene, la sua
vita è cambiata: si è
sentito qualcuno; si
è sentito importante. Gesù ha iniziato
a crescere in lui e
particolare di quella sacerdotale. Senza la sua chiamata e la sua
forza è inconcepibile il passo che
Simone sta per fare. La comunità deve sentirsi partecipe, perché
la vocazione di Simone è nata e
cresciuta nel suo grembo, perché
il sacerdote è un dono per tutta la
comunità e perché l’impegno che
vi prendete è di continuare ad assisterlo con la preghiera”.
Responsabile di ogni anima
Dopo essersi prostrato a terra,
Simone si è alzato trasformato
in Cristo, e come Cristo porterà
il lieto annuncio della salvezza
all’umanità. Una salvezza operata da Gesù con la sua morte e
risurrezione, per donare, con il
sacramento della riconciliazione, la libertà a chi è schiavo del
peccato e farlo sentire figlio di
Dio. Gesù insegna il metodo per
operare tutto questo: il catino e
il grembiule, ossia il servizio ai
fratelli come ha fatto lui, fino a
farsi “mangiare” nell’Eucaristia
per essere vita per tutti.
Ma ricordiamo che ogni cristiano ha il compito della missione; non possiamo delegarlo a Simone. Con lui dobbiamo estenderlo al mondo intero, seguendo
l’esempio di san Francesco Saverio, patrono delle missioni e dei
saveriani in particolare. “Dovunque c’era un’anima, lui si sentiva responsabile”: è l’augurio e la
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preghiera per Simone.
Vi aspettiamo il 20 settembre
La prima Messa di padre Simone
14 giugno, solenD omenica
nità del Corpus Domini, p.
Una cuginetta di due anni era in prima fila, mentre Simone Piccolo era steso per
terra. Si sporgeva con stupore, a vedere cosa stava avvenendo. Anche il vescovo
lo ha notato e ha concluso la Messa dicendo che, nel suo cuoricino, la bambina
riassumeva i sentimenti di tutta la comunità.
Domenica 20 settembre si terrà il tradizionale incontro con i
famigliari dei missionari e i benefattori, alla presenza di p. Carlo Girola, consigliere generale dei saveriani. Il programma prevede l’accoglienza alle ore 10, l’incontro con p. Girola, la Messa e il pranzo.
Segnate subito questa data sul vostro calendario. Vi aspettiamo numerosi! Vi preghiamo di far pervenire la vostra adesione
entro mercoledì 16 settembre al numero 041 907261. Grazie.
IL TERZO GIOVEDì DEL MESE
Incontri di preghiera con i saveriani
p. FRANCO LIZZIT, sx
Padre Simone Piccolo è stato davvero
convincente nell’omelia
della sua prima Messa
in quanti avvicinava. Gesù non
guarda alle nostre mani, ma ci
guarda negli occhi e, attraverso
gli occhi, nel cuore.
Vedete che Agnese, a due mesi, mi ha aiutato a fare la mia
prima predica da sacerdote. La
ringrazio, in attesa di amministrarle, domenica prossima, il
sacramento del Battesimo.
Grazie ai miei genitori, a mio
fratello Stefano e famiglia, a don
Luigi e a tutti voi che mi avete aiutato nella mia preparazione. Ora
ringraziate con me il Signore per
il dono del sacerdozio. Sono certo
che mi accompagnerete con la preghiera nella mia missione”.
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Abbiamo fatto festa a p. Simone e abbiamo ringraziato il Signore
per il dono del sacerdozio. Ma “la messe è molta e gli operai sono pochi”. Anche su questo, alla ripresa delle attività, si concentreranno gli
incontri di preghiera per l’anno 2009-2010, fissati ogni terzo giovedì
del mese con il seguente orario:
3° giovedì del mese
2009
17 settembre
ore 16,30
15 ottobre
ore 16,30
19 novembre
ore 15,30
17 dicembre
ore 15,30
3° giovedì del mese
2010
14 gennaio
18 febbraio
18 marzo
15 aprile
20 maggio
17 giugno
16 settembre
Padre Simone Piccolo con il gruppo di preghiera
nella chiesa dei saveriani di Zelarino
ore 15,30
ore 15,30
ore 15,30
ore 16,30
ore 16,30
ore 16,30
ore 16,30
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