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Non piacerà a tutti - Missionari Saveriani Brescia
® Notizie testimonianze proposte per gli amici dei missionari Burundi Camerun CIAD Congo R. D. Mozambico Sierra Leone Bangladesh Filippine Giappone Indonesia Taiwan CSAM Centro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780 – Fax 030.3772781 E-mail: [email protected] amazzonia BRASILE COLOMBIA MESSICO Direttore: Marcello Storgato Redazione: Diego Piovani Direttore responsabile: Marcello Storgato Regist. Trib. di PR 07-03-1967 - n. 400 Stampa: Tipografia Camuna S.p.A. - Brescia In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio P. T. Brescia C.M.P., detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa 2009 SETTEMBRE n. 8 Non piacerà a tutti Leggendo la nuova enciclica sociale Bambini - diritto all’istruzione da tempo, “CaA nnunciata ritas in veritate” era attesa. Attuale oggi come risposta alla situazione di crisi che tocca direttamente molta gente anche qui da noi. Di solito noi parliamo dei paesi più poveri come di realtà lontane da noi, ma questa volta la crisi batte alle porte delle nostre case e sono molti quelli che ne de- vono portare le conseguenze. Una questione mondiale Il discorso sullo sviluppo quindi non riguarda solo certi paesi, ma tocca anche noi. La parola di Benedetto XVI interpella tutti, ricchi e poveri, europei e africani, americani e asiatici e australiani, davvero tutti. Mai come oggi è vero che “la questione sociale è diventata una questione mondiale” (14), che riguarda tutti. Perciò la chiesa continua a insegnare la sua dottrina sociale adattandola alle attese del momento. Certamente questa lettera non piacerà a tutti. Chi non vuole cambiare la propria maniera di vivere, chi crede che denaro e guadagno siano tutto, chi non rispetta la vita, chi pensa che la chiesa dovrebbe parlare solo di “religione”... non sarà entusiasta di questa “lettera”. Ma coloro che si impegnano per una nuova società fondata sulla “carità nella verità” vi riconoscerà un aiuto provvidenziale per cambiare il proprio stile di vita e la scala dei suoi valori. Tutto l’uomo, tutti gli uomini “Caritas in veritate” ci ricorda che né il mercato né lo stato né gli interessi di qualcuno possono ignorare e violare i diritti dell’uomo. La centralità della persona umana imprime una nuova visione a tutto il problema del progresso umano e sociale. Il Papa non si nasconde la situazione attuale del mondo, dove le persone, molte persone, soffrono per uno sviluppo e per un’economia che sono pensate non per promuove- LETTERA A CHI LO CERCA Perché non leggerla e rispondere? p. MARCELLO STORGATO, sx P resiedevo alla Messa prefestiva in una parrocchia multi etnica, nel senso che era formata da migranti di quasi tutte le regioni d’Italia. Si conoscevano poco i veri nomi di famiglia. La gente veniva identificata con la provenienza: i Marchigiani, gli Abruzzesi, i Veneziani, i Sardi, i Milanesi, i Toscani... e così via. A leggere la Parola di Dio si è fatta avanti una distinta signora con un distinto accento Ciociaro. Al salmo responsoriale la signora va decisa: “A ogni versetto ripetete: «Il Signore è vicino! E chi lo cerca?»”. Ci siamo trovati un po’ spiazzati, imbarazzati nel ripetere quel ritornello biblico, che in effetti era un po’ diverso e più consolante: “Il Signore è vicino a chi lo cerca!”. Mi è venuta in mente questa piccola vicenda liturgica di Borgata, quando ho letto il titolo dell’ultima lettera che i nostri vescovi ci hanno indirizzato da Roma: “Lettera ai cercatori di Dio”. C’è ancora chi lo cerca? Penso proprio di sì, altrimenti i nostri vescovi non avrebbero perso tempo a scrivere una lettera di 120 pagina a un destinatario che non esiste... La let- tera porta la data del 12 aprile 2009 (Pasqua) e mi dispiace che non abbia avuto abbastanza risonanza, neppure nelle nostre comunità cristiane. È presentata dal vescovo teologo Bruno Forte: “La lettera si rivolge a tutti coloro che sono alla ricerca del volto del Dio vivente. Lo sono i credenti che crescono nella conoscenza della fede e chi non crede ma avverte gli interrogativi su Dio. La lettera vorrebbe suscitare interesse anche in chi non si sente in ricerca... con amicizia e simpatia verso tutti”. Il vescovo spera che la lettera “arrivi a tanti, provochi risposte e nuove domande, e aiuti ciascuno a interrogarsi su Dio e a lasciarsi interrogare da lui”. Insieme alla lettera dei vescovi, desidero proporvi una parte della risposta del card. Martini ai tanti “cercatori di Dio” che gli scrivono e rivolgono domande (Corriere Sera, 26 luglio). “Come recuperare la gioia della fede e della preghiera? Non do consigli astratti, ma porto quattro immagini. La prima è quella di una cascata di montagna: se l’acqua non si butta coraggiosamente, imputridisce. La seconda è quella dell’alpinista di fronte a una parete ripida. Ha bisogno almeno di tre appigli: nel nostro caso sono un uomo di consiglio, il buon umore e qualche buon libro, La terza immagine è quella del mormorio di un vento leggero. Questa è la preghiera fatta a partire da qualche salmo, meditata nel profondo del cuore. La quarta immagine è quella di chi sale in elicottero e vede un più vasto panorama, che gli dà orientamento e chiarezza. Ho sperimentato in me stesso che le difficoltà contro la fede crescono a misura che si rimpicciolisce il quadro di riferimento”. Così conclude il cardinale. E noi che facciamo? Certamente, tra i “cercatori di Dio” ci siete voi, lettrici e lettori di “Missionari Saveriani”, insieme con noi che cerchiamo e vediamo il volto di Dio in tutto e in tutti. Perciò, dopo aver letto e gustato questa lettera, ve la raccomando. Sarebbe anche bello che rispondessimo in molti, facendo il punto della nostra ricerca. Perché non è bello ignorare una lettera. È giusto ■ rispondere! Abbonamento annuo € 8,00 Una copia € 0,80 - Contiene I. R. Poste Italiane. Sped. A.P. D.L. 353 03 (conv. L.27/02/04 n° 46) art. 2, comma 2, DCB Brescia. Envoi par Abonnement Postal - Taxe Perçue p. GABRIELE FERRARI, sx re l’uomo, ma solo per produrre di più, guadagnare di più, mostrare la propria superiorità anche a prezzo di calpestare gli altri. E ci mostra che, anche per coloro che sono usciti dal sottosviluppo, la “carità nella verità” - cioè Gesù e il suo vangelo - è la strada per non finire nella disumanità. Tutto deve essere rimesso al servizio dell’uomo, di tutto l’uomo, perché lo sviluppo è autentico quando è integrale e raggiunge l’uomo in tutte le sue dimensioni, materiali e spirituali, personali e comunitarie; e di tutti gli uomini, non solo di quelli che ne sono protagonisti. I colpi alla porta... Un’altra idea che il Papa sviluppa e che attraversa tutta la “lettera” è che il mondo deve sentirsi, come del resto Dio lo vuole, una grande famiglia di fratelli. La globalizzazione può aiutare a sentirsi fratelli, legati nello stesso destino, corresponsabili di tutti. Purtroppo “mentre i poveri del mondo bussano ancora alle porte dell’opulenza, il mondo ricco rischia di non sentire più quei colpi alla sua porta, per una coscienza ormai incapace di riconoscere l’umano” (75). Il Papa ci ricorda che l’attività economica non è in grado di risolvere tutti i problemi sociali applicando solo la logica del mercato. Essa deve essere guidata dalla ricerca del bene comune, abbandonando la logica dell’egoismo personale o collettivo, per essere “strutturata eticamente”. Deve cioè seguire le norme morali ispirate dalla carità e dalla verità, e lasciarsi guidare dal “principio della gratuità e dalla logica del dono” (36). Questo aspetto può cambiare il rigido sistema del mercato e umanizzare lo sviluppo, l’economia, la finanza, eliminando quei comportamenti che hanno portato alle crisi attuali. Insieme ai poveri della terra Un’altra idea che attraversa tutta l’enciclica è l’attenzione ai più poveri. Il Papa, sia che parli dello sviluppo o del commercio o della necessaria apertura dei mercati, sia che tratti della globalizzazione o della formazione allo sviluppo, richiama sempre “lo scandalo di disuguaglianze clamorose” (22). Se si vuole costruire un mondo nuovo nella giustizia, nella pace e nella salvaguardia del creato, bisognerà ripartire sempre dagli ultimi, dai più poveri, tenendo presente la loro condizione e operando per la loro promozione. Solo in questo modo lo sviluppo del mondo sarà vero e l’umanità potrà camminare insieme. Altrimenti i poveri non solo saranno trascurati (e già sarebbe un peccato che grida vendetta al Cielo), ma finiranno per diventare un peso che rallenta il possibile sviluppo di tutta la famiglia umana. Il Papa ha scritto questa lettera a tutti noi. Non sarà il caso che rispondiamo? ■ Bambini - diritto all’istruzione: Impariamo molto dai genitori, dalla famiglia, dall’ambiente... sin dai primi giorni di vita; ma poi abbiamo bisogno di una istruzione più articolata, che ci permetta di imparare le più belle nozioni della cultura umana: è un diritto per tutti (come nella foto di Antonius Suhud, in Bangladesh). 2009 settembre n. ANNO 62° 8 2 Padre Spagnolo e le saveriane 3 Per una chiesa vivente in Africa 4/5 Vogliamo i numeri 6 Efeso, la città delle magie è iniziato l’anno sacerdotale Partire è andare verso l’altro Un dramma per i poveri del Congo Una rapina e la Provvidenza 2009 SETTEMBRE m is s ion e e spirito L’icona della missione A Efeso, la città delle magie Paolo taumaturgo, conferenziere e scrittore Corinto Paolo s’imbarca D adiretto in Siria, in compa- gnia di Priscilla e Aquila. “Giunti a Efeso, entra nella sinagoga e discute con i giudei. Questi lo pregano di fermarsi più a lungo, ma non acconsente. Tuttavia prende congedo dicendo, “tornerò da voi, se Dio lo vorrà” (At 18,18-21). È il primo incontro di Paolo con la grande città di Efeso, sede del tempio di Artemide, una delle meraviglie del mondo ellenistico. Vi arriva nell’autunno dell’anno 51 e riparte subito per Gerusalemme. Paolo torna a Efeso l’anno seguente, per rimanervi più di due anni. È un periodo di grande importanza per la vita della prima chiesa. Incontra alcuni discepoli (e quindi cristiani?), che però hanno ricevuto solo il battesimo di Giovanni, e predica nella sinagoga per circa tre mesi. Alla fine, “poiché alcuni si rifiutavano di credere dicendo male in pubblico di questa nuova dottrina, si stacca da loro separando i discepoli e continua a discutere ogni giorno nella scuola di un certo Tiranno. Questo dura due anni, con il risultato che tutti gli abitanti della provincia, giu- dei e greci, hanno potuto ascoltare la parola del Signore” (At 19,9-10). è iniziato l’anno sacerdotale TUTTO E SEMPRE GRATUITAMENTE p. ALFIERO CERESOLI, sx 2 di Corinto, davanti a Gallione. Qualcuno lo denuncia, e magistrati solerti lo mettono in carcere in attesa di processo. Forse qui conosce lo schiavo Onesimo, per il quale scrive la lettera a Filemone; forse qui lo raggiunge Epafrodito, che poi l’apostolo rimanda a Filippi con la lettera ai filippesi; è forse ancora da questo carcere che scrive ai colossesi e agli efesini. Qui infine scoppia la rivolta degli argentieri, preoccupati dalla prospettiva di perdere il lavoro e il guadagno, se nessuno viene più a venerare la dea Artemide. Non c’è quasi tempo per commentare questi fatti, tanto sono densi e il loro ritmo incalzante. Forse anche per la prolungata presenza di Paolo, e per le sfide culturali in essa affrontate, Efeso diventerà una delle capitali del pensiero teologico della prima chiesa. ■ Non solo rose e fiori. Le preoccupazioni venPaolo tiene conferengono a Paolo da lontano: ze in un centro culturale messaggi dalla Galazia greco: è la prima volta, lo informano della prediper quanto ne sappiamo. cazione dei giudaizzanti, Forse il responsabile sarà che vogliono convincere stato molto felice di offriri discepoli a farsi circongli un contratto, vedendo cidere; amici da Corinto che la sua presenza attiraraccontano di contrasti e va ascoltatori. Possiamo deviazioni in quella chieimmaginare le sfide intelsa. Paolo scrive, nella spelettuali affrontate da Paolo, ranza che la parola possa nel confronto con le più Paolo a Efeso assiste alla distruzione dei libri di magia supplire in qualche modo varie dottrine filosofiche alla sua assenza fisica. (bassorilievo chiesa San Paolo, Alba, sec. XX) e religiose; e anche il salto Oltre a ciò, forse avviedi qualità avvenuto: da cucitore del demonio e della magia. Egli ne qualcosa di simile al processo di tende a conferenziere di grido caccia gli spiriti cattivi; chi tenta di imitarlo viene smascherato e in luoghi prestigiosi. Paolo e noi: per un’applicazione missionaria A Luca sta a cuore anche pre- punito dal diavolo stesso; inol• Fede e cultura: abbiamo la pazienza di riflettere sulla nostra fede, cisare che il messaggio si irradia tre “molti di quelli che avevano di ascoltare obiezioni e problemi di coloro che sono vicino a noi, e il in tutta la provincia dell’Asia abbracciato la fede confessano in coraggio di testimoniare la nostra esperienza? minore. È possibile che sia que- pubblico le loro pratiche magiche • Missione e magia: siamo decisi nel credere in Cristo e rifiutare ogni sto il tempo in cui Epafra, forse e un numero considerevole di percompromesso con occultismo e magia, oroscopi e amuleti? Siamo codiscepolo di Paolo, evangelizza sone che avevano esercitato le arti scienti che dietro a tanti fenomeni apparentemente indifferenti si la valle del Lico, fondando le magiche portano i propri libri e li può celare qualcosa di pericoloso per la nostra fede? chiese di Colossi, Laodicea, Ge- bruciano alla vista di tutti; il loro rapoli. Efeso sta diventando per Paolo una base di azione missioLa missione CHIAMA naria, una nuova Antiochia. Avviene un altro fatto importante: Paolo incontra il mondo CARISMA è MISSIONE S p. FABRIZIO TOSOLINI, sx valore complessivo era di 50mila dramme d’argento”. Attorno a Paolo taumaturgo cresce uno spazio di verità, di fede, di nuova speranza, tanto che Luca conclude: “così la parola del Signore cresceva e si rafforzava” (At 19,18-20). crivo da Hortolândia, un sovrappopolato comune nello stato di São Paulo in Brasile. Il mio principale impegno si svolge nella casa di formazione per giovani aspiranti missionari: il noviziato, un anno di approfondimento della propria vocazione, di conoscenza della spiritualità e storia della famiglia saveriana e di decisione a far parte della medesima. L’entrata ufficiale nella nostra famiglia avviene con la consacrazione a Dio per la missione fra i non cristiani. Appartenere al Padre per essere inviati come Gesù Cristo e annunciare il suo amore per l’umanità con la forza dello Spirito Santo. 5 luglio. Tre giovani brasiliani - Angelo, Adriano e Francisco dopo aver percorso con me oltre un anno nel cammino di formazione, hanno pronunciato i quattro voti di missione, castità, povertà e obbedienza per vivere più intensamente l’impegno di annunciare Cristo e il suo vangelo a tutte le genti. Hanno voluto compiere anche un gesto simbolico: con una boccetta di profumo si sono avvicinati a un cesto pieno di fazzoletti e hanno versato il contenuto fino all’ultima goccia. Il gesto è suggerito dalle parole di Giovanni Paolo II in Vita consecrata. Al missionario “appare ovvio che Gesù possa e debba essere amato con cuore indiviso, che a Lui si possa dedicare tutta la vita e non solo alcuni gesti o alcuni momenti o alcune attività. L’unguento prezioso versato come puro atto di amore, e perciò al di là di ogni considerazione «utilitaristica», è segno di una sovrabbondanza di gratuità, che si esprime in una vita spesa per amare e servire il Signore, per dedicarsi alla sua persona e al suo Corpo mistico. Da questa vita «versata» senza risparmio si diffonde un profumo che riempie tutta la casa. La casa di Dio, la chiesa” (104). Tutti i presenti hanno portato a casa il fazzoletto profumato per ricordare Il profumo della che la vita cristiana richiede donazione vita donata e gratuità. Il profumo si poteva vendere, commenta un discepolo nel vangelo: vendere e comprare, dare per avere, possedere e arricchire, apparire e far bella figura, godere e buttare come facciamo con i contenitori di plastica... Il battezzato missionario cammina per altre strade. La missione cerca giovani disposti ad andare contro corrente: interamente donati e versati, per essere profumo di Cristo per il mondo intero. Tutta la vita e tutti i suoi avvenimenti lieti o tristi “in favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). Proprio cosi: per il regno di Dio e per la chiesa, tutto sempre e gratuitamente. È la missione! ■ S ono in chiesa con i missionari anziani e malati. Preghiamo insieme: il cuore è aperto a Dio e al mondo. Siamo uniti ai popoli con cui abbiamo percorso una parte importante della nostra vita, e ai confratelli soprattutto più giovani che continuano a portare l’annuncio: “Cristo è vivo!”. Lo stesso annuncio affidato agli apostoli. Essi hanno fatto del vangelo l’opzione fondamentale della loro vita. Guardo il Crocifisso. In lui vedo il sacerdozio nuovo e perenne, vedo il sacrificio della nuova alleanza che si fonda sul dono di sé e diventa energia di fraternità e di guarigione piena (in greco salvezza è “sozein”, ossia guarire). In lui tutto ha senso, anche l’offerta silenziosa di un corpo malato o di una mente stanca. Infatti, solo la partecipazione al sacrificio di Cristo rende autentico l’annuncio! Sono attratto dal nuovo sacerdozio di Gesù. Con l’incarnazione, il Figlio di Dio si è unito a ogni uomo. Il concilio Vaticano II ce lo ha ricordato: “Ha lavorato con mani d’uomo, ha amato con cuore d’uomo; con il suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita”. Gesù era veramente uomo, nella concretezza: “avevo fame e sete, ero carcerato e forestiero… e voi mi avete assistito”. La sua offerta in croce è stata l’adesione alla volontà del Padre per la vita del mondo, attraverso la completa solidarietà con la situazione drammatica degli uomini peccatori. Si tratta di un sacerdozio nuovo con un sacrificio nuovo, che continua e genera Maria e il Crocifisso (Rupnik, Redemptoris Mater, Vaticano) vita attraverso i suoi fratelli. C’è un mistero all’origine della chiesa: è la missione di Cristo e il rapporto interiore e profondo con la chiesa, che è il suo corpo. Dall’esterno non è possibile capirlo. I presbiteri sono istituiti “custodi ” e “pastori” per garantire alla chiesa la continuità del messaggio di Gesù, trasmesso attraverso gli apostoli: “come il Padre ha mandato me anch’io mando voi”. E il vangelo non può essere trasmesso che nello stile del vangelo stesso. “Se ti chiama - dico ai giovani - non aver paura, perché lui camINTENZIONE MISSIONARIA E PREGHIERA DEL MESE I cristiani in Cambogia, Laos e Myanmar, che incontrano spesso grandi difficoltà, non si scoraggino nell’annunciare il vangelo ai loro fratelli. La Parola di Dio sia più conosciuta, accolta e vissuta come fonte di libertà e di gioia. Conforti: “In tanti modi posso dare agli altri una porzione della mia vita”. p. sILVIO TURAZZI, sx mina davanti a te”. Certamente è utile lo studio…, ma - ricorda papa Ratzinger - “è necessaria quella scienza dell’amore che si apprende solo nel cuore a cuore con Cristo. È lui infatti a chiamarci per spezzare il pane del suo amore, per rimettere i peccati e per guidare il gregge nel suo amore”. La tua vita donata con semplicità, illuminata dalla presenza del suo Spirito, è risposta all’attesa di tanti. Ciascuno nella comunità ha un proprio dono dallo Spirito per l’edificazione della comunità stessa. Ma singolare è il rapporto tra il sacerdote e la comunità: a lui è conferito il dono e il dovere di edificare la comunità per farla crescere. Per questo Paolo scrive: “potete avere diecimila maestri in Cristo, ma non avete molti padri…”. La paternità del sacerdote ha consistenza nei fatti. Essa è dono concreto della sua vita alle chiese, per le quali ha consumato tutto se stesso. Il pensiero torna ai tanti fratelli missionari sacerdoti che, spinti dallo spirito del Risorto, continuano il cammino del Signore Gesù, viandante, ancora capace di dialoghi e di incontri con quanti cercano Dio. È la missione della chiesa in cui respira la nostra famiglia saveriana: missionari che continuano i dialoghi di Gesù cominciati con Nicodemo e la Samaritana; la moltiplicazione dei pani tra i popoli che portano il peso di tante ingiustizie; la liberazione e l’amore per i più poveri con la forza della sua parola; la proposta di “fare di Cristo il cuore del mondo”. ■ 2009 SETTEMBRE V ITA SAV ERIANA La vita intera per la missione Padre Spagnolo, fondatore delle saveriane avuto il dono di conoH oscere p. Giacomo Spagno- lo negli anni settanta, durante la mia formazione a Parma, e di seguirlo fino alla sua morte avvenuta il 22 marzo 1978. Erano gli anni in cui, un po’ più libero dai numerosi impegni, si dedicava con particolare sollecitudine alle sue “figlie” più giovani. Quando nel 2006 la direttrice generale Ines Frizza mi ha chiesto di stendere la sua prima biografia, ho provato un po’ di smarrimento. Avendo già scritto la biografia di Madre Celestina Bottego, mi rendevo conto che narrare gli stessi eventi dalla prospettiva di p. Spagnolo non sarebbe stato facile. Ho cominciato a documentarmi sulle sue origini, il suo ambiente, la sua famiglia, la sua storia e ne sono rimasta affascinata. Man mano, La saveriana Maria De Giorgi, autrice della biografia su padre Spagnolo la sua figura assumeva tratti sempre più nitidi e la sua personalità spiccava per originalità e grandezza. La stesura di questa biografia è stata un’occasione privilegiata per “scoprire” più da vicino p. Giacomo, per rivisitare il suo pensiero e per cogliere l’originalità di alcune sue intuizioni di fondatore e missionario. Un uomo del XX secolo Padre Spagnolo ha vissuto in prima persona i grandi e drammatici eventi che hanno segnato il Novecento: le due guerre mondiali, l’emergere e il crollo di nazismo e fascismo, l’espansione del comunismo, la fine dell’era coloniale. In ambito ecclesiale è stato testimone del difficile passaggio da una chiesa d’inizio secolo ancorata a posizioni intransigenti, a una chiesa conciliare in dialogo con il mondo. Sul fronte missionario, ha assistito al processo di decolonizzazione della missione e all’emergere di una nuova consapevolezza che considera l’evangelizzazione come missione di tutta la chiesa e, quindi, come compito imprescindibile di tutte le chiese locali. Grazie alla sua chiara e profonda visione di fede, p. Giacomo è passato attraverso questi sconvolgimenti epocali con serenità interiore, uscendone arricchito. È riuscito a camminare con la chiesa in attento ascolto dei “segni dei tempi”. sr. MARIA DE GIORGI, mM Prima di tutto… “saveriano” Quando ha intrapreso la fondazione della Società missionaria di Maria, p. Giacomo aveva solo trent’anni. Ma aveva già maturato una libertà interiore che gli ha permesso di procedere nell’impresa senza altri condizionamenti se non quello dell’obbedienza. Egli era consapevole che la paternità cui era chiamato aveva il sigillo della croce e del martirio del cuore: «Se io voglio essere quello che devo, è necessario che segua Gesù e il nostro venerato fondatore», scriveva in una lettera del 1955. A dargli forza, infatti, è stata la sua “saverianità”. Formato fin da ragazzo a questo ideale, p. Giacomo è stato prima di tutto “saveriano”, secondo il cuore del beato Conforti. In lui ha trovato piena realizzazione quello “spirito di viva fede, di obbedienza pronta e generosa, di amore intenso per la famiglia saveriana” che mons. Conforti aveva lasciato come testamento ai suoi figli. Un bene da condividere Come p. Gabriele Ferrari ha rilevato nella presentazione a questo libro, è auspicabile che la PADRE BARAVALLE SEPOLTO A PADANG LAICATO SAVERIANO Partire è andare verso l’altro PINA Quest’estate un gruppo di laici saveriani è andato a fare un’esperienza nella missione di Goma, nella repubblica democratica del Congo. Sono stati accompagnati da Paolo e Giovanna Volta, i coniugi parmensi che hanno già trascorso vari anni nella missione saveriana di Goma. Ho fatto una mia riflessione, che penso sia valida per chi parte e per chi resta. Ve la propongo. “Oggi parto!”. Quante volte abbiamo sentito o pronunciato queste parole? Un’infinità di volte. La partenza di per sé mette in moto una serie di meccanismi che la rendono un evento straordinario, al di là del fatto che sia per un tempo breve o lungo. È ricca di suggestioni che sono difficili da definire. Se la partenza, poi, non è solo un semplice spostarsi da un posto all’altro, ma è un andare verso l’altro, per rispondere a una chiamata interiore che “urge” una risposta immediata e convinta, allora questo evento ti trasforma. Questo è vero anche se i tempi per la partenza fisica diventano “biblici” e appesantiti dalle procedure burocratiche. All’esterno appari la stessa persona di sempre, ma dentro di te, no, non lo sei più. Tutto è cambiato. Le cose che fino a ieri erano in cima ai tuoi pensieri all’improvviso non lo sono più. Le preoccupazioni di sempre ora sono considerate cose da poco. Una gioia immensa ti invade, che non puoi tenere solo per te: devi condividerla con gli altri; non puoi nasconderla. E se insorgono difficoltà che ti costringono a rinviare la partenza, un muto dolore ti attanaglia. Tutto sembra deludere. L’entusiasmo arretra e la tristezza prende quota. Qualcuno più saggio di te dice: “nulla è perduto; è solo un rinvio”. Allora, la speranza colora l’attesa e la riflessione si fa spazio dentro di te. Ripensi alle motivazioni che ti hanno spinta a partire: Sono sempre le stesse, o nel frattempo sono cambiate? Sei sempre pronta a fare la volontà di Dio, anche se il rinvio dura più del previsto? Le difficoltà personali, famigliari e lavorative sopraggiunte possono in qualche modo farti riconsiderare la partenza? Qualche altro fattore negativo può mettere in dubbio la tua decisione? Quando a tutte queste domande, la tua risposta è chiaramente “no!”, e resti profondamente serena, allora puoi davvero dire, “oggi parto!”; anzi, dì pure, “oggi sono già partita!”. Sei pronta interiormente ad affrontare una realtà lontana da te e di cui non hai ancora la reale percezione. Il 17 luglio verso sera nell’ospedale di Jakarta è spirato p. Vincenzo Baravalle, consumato da un tumore ai polmoni all’età di 68 anni. Nato a Villafranca Piemontese (Torino), era entrato nel seminario di Torino, ma a 17 anni aveva scelto la vita missionaria, diventando saveriano nel settembre del 1959. Il giovane Vincenzo era stato tra i prescelti per studiare la teologia nelle università romane in preparazione al sacerdozio, quando rettore della comunità era il famoso p. Giovanni Bonardi. Ordinato a ottobre del 1967, aveva proseguito gli studi a Roma, specializzandosi in Liturgia. Nel 1971 p. Vincenzo era stato mandato a Parma a dirigere il Padre Giacomo Spagnolo con un gruppo di giovani saveriane in una foto del 1977 sua opera sia rivisitata anche da parte dei “fratelli” saveriani, così da rendere più completa la conoscenza della sua persona. Da parte mia, auspico che la storia di p. Spagnolo diventi sempre più un bene comune e condiviso, non solo all’interno della famiglia saveriana, ma anche della chiesa universale. Sono convinta che p. Spagnolo abbia vissuto la sua vocazione in modo esemplare. I fatti e le testimonianze ci mostrano che ha praticato in modo eroico le grandi virtù dell’umiltà e dell’obbedienza, lo spirito di fe- de, la dedizione di tutta una vita all’ideale missionario. Credo che p. Giacomo Spagnolo possa essere annoverato nel numero dei santi fondatori-missionari che hanno impreziosito la chiesa italiana degli ultimi due secoli: san Comboni e il beato Alamanno, il beato Conforti e la serva di Dio Celestina Bottego. Cem, il centro di educazione alla mondialità organizzato dai missionari saveriani soprattutto per il mondo scolastico. Nel 1976 aveva iniziato la sua avventura missionaria in Indonesia, dove è vissuto per 33 anni, fino alla morte. Ha lavorato instancabilmente nella scuola e missione di S. Maria di Fatima a Jakarta, nella missione di Gunung Sitoli e alla cattedrale di Padang. Dal 2003 al 2009 è stato superiore dei saveriani in Indonesia. È stato sepolto al lato della casa saveriana di Padang, accanto ai confratelli che hanno donato la propria vita per la predicazione del vangelo in Indonesia. ■ novizi: quattro giovani italiani che iniziano la formazione a settembre. Altri nuovi arrivi sono: p. Marco Vigolo, che dal Giappone viene a lavorare al Centro di animazione missionaria di Brescia; p. Renzo Larcher, che da professore nella teologia internazionale di Yaoundé in Camerun assume l’importante impegno di rettore in casa madre a Parma; p. Daniele Targa torna dal Bangladesh per lavorare come animatore giovanile in Italia. Diamo loro il “benvenuto”. ■ NUOVI ARRIVI IN ITALIA Noi saveriani scegliamo per vocazione di dedicare tutta la vita alla missione “esterna”. Tuttavia, come in ogni buona famiglia, ci sono anche impegni da svolgere ...in casa. Così avviene che, dopo vari anni di lavoro nelle missioni, qualcuno sia richiamato in patria, anche per permettere di partire a chi si è sacrificato per lavorare in Italia. Tra i nuovi arrivi, alcuni hanno già preso posto nella comunità di Ancona, come p. Giuseppe Veniero e p. Enzo Tonini, provenienti rispettivamente dal Congo e dalla Colombia. Saranno “maestro” Padre Vincenzo Baravalle, saveriano piemontese, e “vicemaestro” dei missionario in Indonesia Il volume “Padre Giacomo M. Spagnolo”, (EMI, 270 pagine euro 13) può essere richiesto alla nostra Libreria: 030 3772780 int. 2; e-mail: [email protected] ■ LE PROGRAMMAZIONI... Non è bene fare le cose... a casaccio. Ancor meno quando si tratta di persone che hanno scelto di vivere pienamente la missione fino all’ultimo respiro. Così ogni anno le comunità saveriane in Italia dedicano alcuni giorni alla “programmazione”: sono giorni intensi, in cui i confratelli della stessa comunità, accompagnati da un “consigliere”, valutano il lavoro svolto e programmano la vita e le attività missionarie dell’anno che inizia. Tutto condito da preghiera, riflessione e fraternità. Le sessioni, di due o più giorni, si svolgono normalmente nei mesi di settembre e ottobre. Fanno eccezione le comunità di Parma - teologia e di Brescia, che fanno la loro programmazione in luglio, poiché a settembre iniziano il nuovo ciclo di formazione e di animazione culturale. ■ 3 2009 SETTEMBRE LA PAROLA DI DIO PER UNA CHIESA VIVENTE lA parola LE COMUNITà ECCLESIALI VIVENTI La Parola di Dio nella vita concreta p. CARMELO SANFELICE, sx N ella missione di Cahi, uno dei quartieri di Bukavu, in Congo, come perno di tutta l’attività pastorale abbiamo scelto il tema “comunione alla Parola di Dio”. Abbiamo iniziato a settembre con una sessione di otto giorni per gli agenti pastorali delle 30 “comunità ecclesiali viventi” (Cev) e delle varie commissioni parrocchiali, facendo una introduzione alla Bibbia. Penetriamo nella Parola di Dio La Parola di Dio deve penetrare nella vita della comunità, della famiglia e della persona. Questa penetrazione è la preoccupazione principale della pastorale in Africa, dopo il sinodo del 1994. Con il documento “Ecclesia in Africa” è stata rilanciata la nuova evangelizzazione in profondità, intorno all’idea principale “la chiesa famiglia di Dio”. La religiosità fatta solo di grandi celebrazioni liturgiche era frequente, ma può restare superficiale. Sono specialmente le comunità ecclesiali viventi ad aiutare a vivere la duplice relazione fondamentale e tipica del cristianesimo: la relazione verso Dio-Padre e verso l’uomo-fratello, in un unico vero cuore religioso cristiano. Nel complesso, curiamo molto l’atteggiamento spirituale da assumere di fronte alla Bibbia: aprire il cuore al progetto che Dio ha concepito per noi, fino a diventare “Emmanuel”. Per ben introdurre i nostri collaboratori pastorali nella Bibbia, leggiamo e spieghiamo tanti passi scelti, cercando di tracciare un cammino vitale - non intellettualistico - per riflettere sui seguenti aspetti importanti della Parola di Dio: • Bibbia, libri di Dio e libri dell’uomo - Dopo la creazione, Dio ha intrapreso la strada della rivelazione: la Parola eterna è diventata prima parola umana, nelle nostre lingue, e poi si è fatta Persona umana in Gesù Cristo. Perciò la Bibbia è l’insieme dei “libri di Dio”. Ma la Parola divina non disdegna di ritrovarsi associata all’ignoranza e alla miseria dell’uomo, purché la salvezza lo raggiunga nella sua realtà e situazione di Padre Carmelo Sanfelice vita. Perciò la Bibbia è l’insieme dei “libri dell’uomo”, per la sua salvezza. • Bibbia, Parola di salvezza progressiva - Diceva bene Galileo: “la Bibbia non ci insegna come va il cielo, ma come si va in Cielo”. Ma la rivelazione prosegue fino alla sua pienezza nel Nuovo Testamento e alle esigenti parole di Gesù: “ma io vi dico...”. Esiste per alcuni, specie per i poligami, la tentazione di bloccarsi sull’Antico Testamento... Nutriamoci della Parola In Avvento, come preparazione alla celebrazione del Verbo fatto Uomo (Natale), insistiamo sulla necessità di vivere la prima tappa della venuta della Parola di Dio nelle lingue dell’uomo, per bene entrare nel mistero dell’Emmanuele. Non si arriva a questa seconda tappa senza essere passati per la prima. Gesù è unico. La comunione alla Parola, la comunione all’Eucaristia e la comunione nella comunità cristiana vanno sempre insieme. Organizziamo otto ritiri spirituali domenicali per gli otto settori pastorali della parrocchia, ogni settore essendo formato da quattro Cev. Nei giorni feriali noi missionari visitiamo ogni comunità per le confessioni e prepariamo anche il ritiro spirituale, durante il quale insistiamo su alcuni atteggiamenti fondamentali: • La forza della Parola e la gioia di accoglierla: come ha fatto la Vergine Maria, attenta alla Parola di Dio, la accoglie nel cuore e la genera diventando Madre per opera dello Spirito Santo. • Il pericolo di ostacolare la vitalità della Parola: la “strada dura” in cui il seme della Parola non penetra è anche la “scienza vuota” degli “esperti” di Gerusalemme, che servì solo a organizzare la strage degli innocenti... Conoscono e sanno, ma non vogliono incontrare l’Emmanuele per accoglierlo! L’impegno attivo è aiutato dalla Parola In Quaresima insistiamo soprattutto sul valore della Parola nella lotta continua del discepolo cristiano contro l’avversario, meditando sulle tentazioni subite da Gesù. Egli ci insegna a vincere le tentazioni con la luce e la forza della Parola di Dio. Molti non fanno abbastanza attenzione a questo... Le tentazioni del cristiano africano sono le stesse di tutti: “la fame” (ma le creature non sono in grado di sostenerci meglio del Creatore!); “il fatalismo” (Dio provvede a tutto, è vero; ma tu che fai? I talenti che Dio ti ha dato a cosa servono?); “il possedere” (con soldi e potere si fa tutto, ma questo è il diavolo più scatenato, che è anche all’origine della dura crisi congolese!). La Parola e il dovere della missione Senza l’annuncio, la Parola rimane “lettera morta”. Anche nelle Cev tutti devono diventare annunciatori, missionari del vangelo presso gli altri, specialmente presso i non cristiani. Tre ministeri sono più direttamente impegnati nell’annuncio: • Il ministero della missione - La “Legione di Maria”, con Le comunità ecclesiali viventi (Cev) a Cahi, in Congo, aiutano a vivere la circa 800 membri, svolge il compito apostolico di andare a duplice relazione del cristianesimo: verso Dio e verso l’uomo due a due e di casa in casa: è la vera missione di annuncio ai non cristiani. Dalla sua nascita (1921) è ben noto il lavoro dei legionari, accanto ai missionari. A Cahi, per tanti motivi, la “LeIl commento di un cristiano al brano evangelico di Luca 6,27-38: come devono amare gione” è ora in fase di invecchiamento, i seguaci di Gesù. Lo ha inviato dal Congo la sorella saveriana Delia Guadagnini, che ma stiamo cercando di ridarle vitalità. ringraziamo. • Il ministero della famiglia - “CoQuando si è di fronte a situazioni, anche comunitarie, che ci fanno giustamente arrabstruire la famiglia” è la Parola che i biare, che sono realmente pesanti o ingiuste, noi dopo aver parlato a chi di dovere, posmembri delle Cev impegnati in tale siamo accogliere quelle situazioni lì, proprio quelle, come occasione di vivere il vangelo, ministero portano alle coppie che conovvero come occasione di conoscenza del nostro cuore, di ciò che lo abita, e di sequela vivono in modo irregolare. E non sono del Signore per quella via scomoda che è la sofferenza ingiusta, la croce. poche, anche a causa della dote che Quando noi sappiamo di avere davvero qualcosa a che fare con Cristo, se non nelle il giovane deve versare alla famiglia situazioni in cui manteniamo la fedeltà e l’amore là dove c’è infedeltà e mancanza di della ragazza, costume molto radicato amore? Là dove riusciamo ad amare nella mancanza di reciprocità? Che altro significa nella cultura congolese. “amare il nemico”, se non che l’amore cristiano non cerca la reciprocità? Quando ci riu• Il ministero della consolazione sciamo, ci sentiamo molto aiutati e non facciamo più caso a modi e a comportamenti che In questo campo il vangelo deve sopossono ferirci e colpirci. Ci vediamo solo l’occasione di vivere il vangelo puro. stenere una lotta molto dura. Al posto C’è un livello del nostro agire per cui non possiamo permetterci il lusso di attendere della consolazione nella Parola e nella che le persone passino, migliorino, si sistemino...; e così, solo allora, vivremo il vangelo. croce di Cristo, la gente cerca la guaNon c’è alcuna situazione ideale per vivere il vangelo. C’è solo la realtà come si presenta, rigione “per forza magica”. Perciò noi giorno dopo giorno. E spesso proprio i suoi aspetti aspri e indigeribili, sono quelli che missionari invitiamo i nostri animatopossono scalfire le nostre sicurezze, mettere a nudo le nostre debolezze, ciò che abita il ri a imparare il delicato compito di far nostro cuore e possono farci cambiare qualcosa nella nostra vita. parlare il Crocifisso, più che fare tante Gli altri ci migliorano con la loro presenza, anche quando diventano pesanti. Sono chiacchiere inutili dinanzi ai problemi sempre un’occasione di carità. Un’occasione per ricordarci cosa ci stiamo a fare nella della sofferenza: “Annunciamo Cristo vita cristiana: vivere la carità; fare di ogni occasione, anche la più indesiderabile, un crocifisso...” (1 Cor 1,23-24). ■ momento per seguire Cristo, un’occasione di vivere l’amore. “AMATE I VOSTRI NEMICI” 4 2009 SETTEMBRE LA CHIESA CONGOLESE FA ESPERIENZA DELLA PAROLA p. MARCELLO STORGATO, sx I l sinodo dei vescovi sta per celebrare la seconda assemblea speciale per l’Africa, dal 4 al 25 ottobre. “Missionari Saveriani” vuole dare un modesto contributo, soprattutto a livello di esperienza con le comunità cristiane e le persone di buona volontà, impegnate a far fronte a problemi ormai cronici di conflitti e soprusi, che provocano crescente insicurezza e aggravano le povertà. Mi riferisco soprattutto alla regione del Kivu, nella repubblica democratica del Congo. Qui il tema del sinodo è quanto mai attuale e urgente: “La chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. Come nostro contributo di informazione e di riflessione, presentiamo in queste pagine tre articoli che possono dare un’idea di come l’esperienza missionaria cerchi, con notevole fantasia, di fortificare la speranza e costruire un futuro più riconciliato e giusto. Padre Carmelo Sanfelice, saveriano di Benevento e missionario in Congo dal 1972, ne ha viste e passate tante di vicende, ma è convinto che la Parola di Dio annunciata e condivisa porti sempre frutti sorprendenti. Nell’articolo di sinistra egli descrive il metodo delle Cev, le “comunità ecclesiali viventi” nella missione di Cahi, un popoloso quartiere di Bukavu. Nell’intervista di destra, il missionario risponde ad alcune questioni pratiche con cui la Parola di Dio e la fede cristiana devono confrontarsi quotidianamente. Sorella Delia Guadagnini, saveriana del Trentino e anch’essa missionaria a Bukavu, nell’articolo centrale, racconta la fatica e la gioia della riconciliazione avvenuta in una famiglia affetta dall’alcool. Nei due riquadri, leggiamo una riflessione ■ su una parola evangelica radicale e una proposta per partecipare alla lectio divina. Buona lettura. foto archivio MS / C. Girola IL SERVIZIO JOSEPHINE, UN INNO ALLA VITA Un dramma per i poveri del Congo DELIA GUADAGNINI, mM Sorella Delia è saveriana trentina, missionaria a Mbobero in Congo. Ci descrive un’esperienza di ...guarigione evangelica. violento uragano si era abbattuto sulle nostre colline. U nTemevo che ancora una volta avrebbe fatto disastri e lasciato tante famiglie senza casa. L’indomani mi hanno informata della morte di Mama Neema, la mamma di Neema (in Congo, mamma e papà prendono il nome del primo figlio). Abitava non lontano da noi nel villaggio di Nkungu. Al momento del temporale, Mama Neema e il marito si trovavano in un “chapombe”, un bar locale. Verso sera un anziano parente le aveva detto di andare a preparare da mangiare ai figli. Ma era già ubriaca e continuava a rifiutare. Poi si era messa in cammino verso casa. Sulla schiena portava Joséphine, l’ultima nata. Da una capanna, forse spezzato dal vento o da un fulmine, scendeva a terra un filo della corrente. Mama Neema l’ha calpestato ed è stata scaraventata nel vicino bananeto. Ha gridato chiedendo aiuto, ma i sei figli in casa, hanno commentato: “Anche oggi mamma è ubriaca!”, e non sono usciti. Solo più tardi il marito fa ritorno a casa, anche lui ubriaco fradicio. Non trovando la moglie, dice ai figli di cercarla, mentre lui si accascia in un angolo. Corrono nel bananeto, da dove avevano sentito le grida: la donna giaceva ormai senza vita, mentre la piccola Joséphine, ancora legata sulla schiena e illesa per miracolo, piangeva: aveva solo fame. Nel primo pomeriggio, Mama Neema è stata sepolta dietro casa, secondo il costume locale. mi guarda con due occhi meravigliosi e sorridenti, ma ha una fame da lupetto… Ora tutte le mattine la mamma adottiva va in ambulatorio a prendere tre biberon di latte per tutta la giornata. Joséphine cresce, ignara di tutto e coccolata dai fratellini suoi e da quelli acquisiti nella nuova famiglia. “Chi scegli, i figli o la birra?” Mando a chiamare Papà Neema. Ha 36 anni; sua moglie ne aveva 29. Viene con i figli, tranne Joséphine. Puzza di birra, ha gli occhi rossi, ma riesce a parlare con dignità. Mi racconta la vita di famiglia, la morte della moglie, il duro lavoro di spaccapietre nella vicina cava, il tunnel dell’alcool che percorre da 25 anni. Parliamo insieme di tante cose: lo invito a riflettere sulla vita, sul bere suo e della moglie, sui bambini cresciuti un po’ soli… Ne vede le conseguenze e chiede aiuto. Charles, membro del “Club Uscindi” (Vittoria) e suo vicino di casa, gli ha detto che è possibile vivere senza bere e che questa è un’occasione da non perdere. Papà Neema guarda verso i figli. Gli chiedo: “Scegli i figli o la birra?”. Li guarda ancora e piange. I bambini guardano lui che, abbracciandoli tutti, dice: “Scelgo voi! La mamma è morta ubriaca, non preparava da mangiare; a casa non ci parlavamo mai, la vita era diventata un inferno. Aiutatemi a non bere più. Voglio cambiare vita!”. Il club della vittoria Fedele all’appuntamento che gli avevo dato, papà Neema si presenta lavato e pulito, senza aver bevuto. Nel corso della settimana ha bevuto una volta sola. Mi dice: ”Wewe uliniloga! - Tu mi hai stregato!”. “Non è questione di stregoneria”, gli rispondo. “È che, in un momento di lucidità davanti a Dio che ti ha creato, hai deciso di cambiare vita”. Mi chiede di pregare per lui. Gli dono la preghiera che i membri del “Club” rivolgono a Dio durante l’incontro e a casa loro. La legge subito, lentamente… Le lacrime solcano il suo volto: il volto di un uomo salvato. Commossa, lo osservo in silenzio. Poi piegando il foglietto, si impegna a pregarla spesso, “Non ho abbastanza latte!” anche con i figli. Ci diamo apLa settimana dopo una donna, Delia Guadagnini, a Mbobero in Congo RD, puntamento a mercoledì pomemoglie del fratello più anziano si occupa del recupero di alcolisti che spesso riggio al “Club della Vittoria”. sono madri e padri di famiglia e madre di sette figli, viene a Così il miracolo della vita trovarmi. Sulla schiena ha la “senza alcool” continua e dipiccola Joséphine e mi suppliventa possibile. Mama Neema ca di aiutarla, di fare qualcosa dal cielo veglierà senz’altro sul per lei e per i suoi sei fratellini. marito, sulla piccola Joséphine, La donna vuole prendersi cura sugli altri figli e su noi tutti, imdella piccola, ma non ha latte pegnati a dare una mano a chi a sufficienza, visto che il suo fa fatica e vive in condizioni al ultimo nato ha già un anno e limite della disperazione. ■ mezzo. La bimba, bellissima, LE DOMANDE GLI INCONTRI DELLE comunità Chiarimenti su alcuni aspetti culturali p. CARMELO SANFELICE, sx incontri settimanali delle nostre “comunità eccleN egli siali viventi” (Cev) a Cahi, noi missionari abbiamo consigliato di riprendere il passo evangelico della domenica precedente, orientando la riflessione sull’esistenziale della comunità e delle persone, affinché la Parola sia attualizzata nella situazione concreta. Lo schema è molto semplice. All’inizio, invochiamo lo Spirito Santo e ci mettiamo nell’atteggiamento di chi si chiede: Quale Parola di vita il Signore mi offre per crescere in Lui? Quale salvezza vuole operare in me il Signore, in questo momento? In tal modo cerchiamo di avere un rapporto personale con la Parola di Dio, viva e presente nella nostra vita. Perciò ci poniamo due domande: - di ciò che Gesù dice e fa in questo brano del vangelo, cosa ha toccato il mio cuore? - quali aspetti della mia vita personale, familiare, sociale mi spinge a cambiare o a consolidare? Come rispondono alle due domande? Normalmente le risposte alle due domande si mescolano. Insistiamo perché dicano ciò che tocca la loro vita, l’esperienza. Ma spesso, come capita in tutti i gruppi che si riuniscono intorno alla Parola di Dio, l’abitudine di produrre riflessioni più o meno intellettuali non è facile da superare. La preghiera spontanea che segue, invece, è più vicina alla vita di ogni giorno. La seconda parte dell’incontro si concentra sugli impegni pastorali secondo i “ministeri” e su altre informazioni utili per la comunità. La nostra gente è assetata della Parola viva di Dio. Lo si vede anche dalle domande che fanno e rivelano molto interesse e coinvolgimento personale. Una delle domande più imbarazzanti è questa: “Perché queste cose così belle e vitali non ci sono state insegnate prima, in cento anni di cristianesimo a Bukavu?”. Abbiamo cercato di dare una risposta che salvasse... capra e cavoli. In verità, l’evangelizzazione non può non partire dalla Bibbia. Non è meglio partire da un fatto concreto? Il nostro schema abituale parte dalla Parola. Tuttavia, quando capita qualche avvenimento importante, procediamo in modo inverso: prima analizziamo il fatto e poi leggiamo la Parola che meglio possa illuminarlo (vedere - approfondire alla luce della Parola - pregare - agire). Porto un esempio. Quando nel quartiere Kaza-roho la gente ha ucciso uno della cosiddetta “armata rossa” (banditi armati le cui aggressioni avevano stancato tutti!), nell’incontro delle Cev abbiamo cercato luce in Genesi 4. Alcuni approvavano l’uccisione come una cosa normale. Altri dicevano che non sarebbe giusto, ma nel caso del Congo diventa giusto perché qui i banditi non vengono puniti (se vanno in prigione, ne escono dopo pochi giorni e diventano più aggressivi di prima). Infine la Parola che “chi uccide Caino sarà punito più severamente di lui”, ha dato una luce conclusiva...; ma non è stata sufficiente a raggiungere l’unanimità, poiché veramente la popolazione di Bukavu non ha alcuna sicurezza da parte dello Stato. La gente ha una Bibbia da leggere? Molti non hanno ancora in famiglia il libro della Bibbia; hanno cominciato a mettere da parte l’equivalente di 7 euro per procurarsela. Abbiamo comprato mille nuove copie. Non resteranno in deposito, perché nella missione di Cahi vivono circa 40mila cattolici. Insistiamo anche sul “tempo dello Spirito” in famiglia. Incoraggiamo affinché in ogni casa ci sia “l’angolo della preghiera”: un tavolinetto, la Bibbia e qualche altro segno significativo, come il crocifisso, il rosario, una candela... Non tutti hanno capito che questo “angolo” può essere costruito anche nelle capanne più povere. Alcuni poi hanno paura di esporre la Bibbia per il pericolo che venga... rubata! Perché parlare di fame come “tentazione” per i poveri? Questo è il tema più vicino alla dura realtà della nostra gente, povera e affamata! Per i poveri è una Bella Notizia sapere che il Figlio di Dio si è fatto povero e ha sofferto la fame nera nel lungo digiuno di 40 giorni: la fame di Gesù accanto alla fame del povero congolese... Ma occorre vedere ciò in modo attivo, cioè con il cuore di chi sa anche lottare contro le “strutture di peccato” che impediscono alle creature di vivere degnamente. Che nesso c’è tra matrimonio e “dote”? La “dote” qui in Congo non è come in Italia, dove i genitori “Incoraggiamo affinché in ogni casa ci sia l’angolo della preghiera: un tavolinetto, la Bibbia, il crocifisso e il rosario.” e gli amici dotano la nuova famiglia del necessario per andare avanti. Qui la “dote” è il paio di mucche (o il corrispondente in soldi) che la famiglia del ragazzo deve dare al padre della ragazza. In origine era un segno di “riconoscenza” (shukrani), e c’era anche “la capra” in più che il ragazzo dava alla madre della sposa, se la incontrava vergine. Ora invece, con la crisi economica, da una parte la ragazza è vista come fonte di profitto, dall’altra la famiglia del ragazzo spesso non ha né mucche né capra né soldi da dare... Succede così che i giovani si mettono facilmente insieme senza “dote”. E, senza il consenso del padre della ragazza non si celebra il sacramento del matrimonio... Questo è un problema grosso per la nostra pastorale. Le sette sono davvero un problema grave? La grave sfida delle sette esige un annuncio capillare della Parola, di casa in casa, perché esse stravolgono la fede cristiana e il vangelo. Abbiamo preparato un “catechismo” per le sette, con 72 domande e risposte bibliche. Due nostri giovani preparati hanno fatto l’esperienza di andare di casa in casa, con gioia e soddisfazione per loro e per le famiglie incontrate. Le sette puntano molto sull’esigenza umana e psicologica per conquistare nuovi membri: offrono alla gente, sotto veste di preghiera, quello che prima otteneva dagli stregoni. È il ritorno al paganesimo attraverso le cosiddette “stanze di preghiera” (chumba cha maombi). Si tratta di una vera forma di sincretismo: la fede nella magia, mai del tutto rinnegata, si è rivestita di forme religiose cristiane. Nella storia del cristianesimo ci sono sempre stati fatti straordinari; ma i veri cristiani non sono i seguaci di un “Gesù guaritore”, bensì quelli di Gesù crocifisso. Grazie a Dio, qui a Bukavu abbiamo un missionario esorcista veramente carismatico: è un dono di Dio. ■ A TU PER TU CON LA PAROLA “Leggete la Sacra Scrittura. Vi troverete tutto ciò che desiderate” (beato Alberione). La Bibbia è il modo in cui la Parola si lascia toccare, sfogliare, leggere, intendere: da qui parte l’esercizio della lectio divina. Non è un esercizio riservato a pochi esperti o ai monaci; non è studio intellettuale. La lectio divina è ascolto non casuale, ma costante e profondo di Dio. È ascolto personale e appassionato della Parola di Dio, e lo Spirito può trasformare il nostro cuore in tabernacolo della Parola. Gesù chiede di dimorare nella nostra vita. “La Parola di Dio dimori in voi!”. Da duemila anni l’augurio di san Paolo riempie la storia e scuote ogni cuore. I cristiani hanno sempre avuto un rapporto vivo con la Parola. I discepoli hanno conosciuto il Cristo, Parola vivente del Padre. Lo hanno frequentato, hanno imparato da lui, hanno scritto le sue parole perché tutti le ricevessimo. La chiesa ha posto la Parola nelle nostre mani. Nella lectio divina. Passo dopo passo, la Parola ci chiede uno spazio per vivere nella nostra vita e comunicarsi a ciascuno di noi. Lettura: Cosa dice il testo? Leggere e rileggere attentamente il brano, facendo emergere la situazione descritta: le persone e i luoghi, le azioni e le reazioni, le parole e i gesti. Meditazione: Cosa dice a me? Sottolineo le parolechiave, le emozioni, le azioni che mi toccano particolarmente. Mi confronto con la Parola. Orazione: Cosa dico a Dio? Trasformo la Parola in preghiera concreta e attuale. Ma non finisce qui... Azione: La Parola deve trasformarsi in vita... Dove? Nei pensieri, nelle parole, nei comportamenti, nelle scelte. Sono solo quattro piccoli passi per una cosa necessaria: nutrirci della Parola, per viverla e annunciarla! (Liberamente adattato da “Passo dopo passo”). 5 2009 SETTEMBRE il mon d o in ca sa G8: impegni e commenti Vogliamo i numeri! pagina a cura di DIEGO PIOVANI ● La crisi colpisce i più poveri. Il dato di maggior rilievo della dichiarazione approvata all’Aquila dai rappresentanti del G8 e di otto nazioni africane è il riconoscimento che la crisi economica mondiale ha colpito soprattutto le società dei paesi poveri. Si stabilisce l’impegno a garantire all’Africa “20 miliardi di dollari” in tre anni per “assicurare lo stabile sviluppo dell’agricoltura e fornire adeguati aiuti alimentari d’urgenza”. Sono state ribadite le promesse fatte tre anni fa e non mantenute. Principi condivisi, ma non vincolanti da un punto di vista pratico, fanno parte anche della dichiarazione sull’acqua, in cui si chiede di “costruire una sinergia più forte fra paesi africani e quelli del G8 per allargare l’accesso all’acqua e all’igiene pubblica”. politico per trasformare gli intenti in fatti. L’apertura del G8 agli stati di Asia e Africa ha prodotto qualche passo avanti soprattutto in tema di cambiamenti climatici, commercio e crisi alimentare. Ma i risultati raggiunti rischiano di non essere sufficienti”. Facendo i conti. “Cinque euro e 18 centesimi l’anno, cioè 43 centesimi al mese. È questa la cifra promessa per ogni africano dal G8 dell’Aquila. Tanto più che la somma degli aiuti complessivi ai Paesi poveri arriva appena allo 0,13% dei soldi stanziati in questi mesi per arginare la crisi nei Paesi ricchi. La Banca Mondiale aveva chiesto mesi fa ai Paesi industrializzati di destinare lo 0,70% delle risorse stanziate dai provvedimenti nazionali anticrisi per interventi a sostegno dei 43 Paesi in via di sviluppo in difficoltà. Se ● ● In attesa di fatti. “Aspettiamo che gli impegni si concretizzino e che le risorse siano destinate ai piccoli produttori, in particolare donne e famiglie, per sostenere la loro attività nei mercati locali e internazionali. Serve maggiore chiarezza anche su chi effettivamente gestirà questi fondi”, ha detto Sergio Marelli, direttore di Volontari nel mondo (Focsiv). Marta Guglielmetti, coordinatrice per l’Italia della Campagna del millennio, ha aggiunto: “Gli otto grandi non hanno indicato un piano di rientro finanziario e avessero accolto l’invito avrebbero dovuto mettere insieme 103,6 miliardi di dollari, cinque volte più di quelli stanziati a L’Aquila. I venti miliardi, di cui solo una parte dovuti a nuove iniziative, sono in realtà una semplice pezza per i problemi che tanti Paesi devono affrontare a causa di una crisi globale di cui non sono responsabili”. (G.A. Stella Corriere della sera) Vignetta di Baraldi SUD/NORD NOTIZIE Serve trasparenza ● Bangladesh: i poveri si ribel- lano. Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace nel 2006, è noto come il “banchiere dei poveri”: quasi otto milioni di clienti in 85 mila villaggi del Bangladesh usufruiscono del microcredito dalla sua Grameen Bank. Dopo Aila, l’uragano che ha distrutto case e raccolti per 5 milioni di persone, la Grameen ha dichiarato di aver smesso di incassare le rate per dare cibo, acqua, aiuti sanitari. Visto dal villaggio di Kalapara, il quadro appare diverso. “La filiale di Grameen Bank è passata a riscuotere la sua rata settimanale il giorno dopo il ciclone”, racconta la portavoce di un gruppo di clienti. Uno dei problemi del microcredito è l’obbligazione di gruppo. Nel caso di insolvenza indivi- ● Mons. Raho: premio alla memoria. Il cardinale Martino, presidente del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace” e fondatore nel 1991 della fondazione “Path to Peace Foundation” (strada di pace), istituita per sostenere iniziative religiose, culturali, umanitarie e caritative della missione vaticana presso l’Onu, ha assegnato il premio annuale della Fondazione alla memoria di mons. Paulos Faraj Raho. Mons. Raho è l’arcivescovo caldeo di Mossul (Iraq), rapito il 29 febbraio 2008 nella sua città e trovato morto due settimane dopo. Impegnato in numerose iniziative sociali a favore degli emarginati e dei disabili, l’arcivescovo si batteva per la tolleranza e l’integrazione. Con il conferimento del premio, “Path to Peace” ha ribadito il diritto fondamentale alla libertà religiosa. Convegno Aifo. Si svolgerà ad Assisi dal 16 al 18 ottobre il 23° Convegno internazionale Aifo (Amici di Raoul Follereau) sul tema “Diventare persone”. L’iniziativa intende promuovere la dignità e i diritti umani, paral- ● 6 lelamente all’impegno concreto nel mondo per vincere la lebbra. L’obiettivo del Convegno è avere una bussola per cui ognuno possa acquisire, recuperare e sviluppare la propria dignità umana, attraverso i diritti universalmente riconosciuti. Affiancando gli ultimi nel cammino di riscatto, nella lotta per la salute, nel contrasto all’emarginazione, nel sostegno alle fragilità dell’infanzia, delle donne e delle minoranze etniche, ognuno di noi può diventare degno della propria dignità. Il programma completo del Convegno è disponibile sul sito www.aifo.it ■ SICUREZZA e DIGNITà ● E l’Italia? Il nostro Paese esce dal G8 con impegni ambiziosi. Tra deficit vecchi da colmare e le nuove promesse in ogni direzione, la quota supererebbe i 2 miliardi di dollari. L’Associazione delle Ong esprime molte perplessità sulla capacità di onorare le promesse celebrate al G8, considerati anche i tagli alla cooperazione finora attuati. Una verifica avverrà con l’elaborazione della prossima “legge finanziaria”. La Tavola della pace, invece, ha sottolineato che per organizzare il G8 l’Italia ha speso più del bilancio che dedica alla lotta alla povertà (400 milioni di euro contro i 321,8 stanziati quest’anno). ■ I diritti di tutti ● “No” all’aborto. Più di 20mila persone hanno aderito alla marcia di protesta contro la legalizzazione dell’aborto. L’iniziativa si è tenuta a Douala, in Camerun, l’11 luglio, anniversario dell’approvazione del “Protocollo di Maputo” sui diritti della donna, adottato dall’Unione africana nel 2003. I vescovi camerunesi riconoscono che “la legge protegge la donna africana dalle diverse forme di violenza fisica e di discriminazione, ma sono contrari alla le- Invitiamo i nostri lettori, dotati di computer e internet, a consultare la MISNA (Agenzia missionaria di informazione mondiale) per allargare la mente al mondo intero: www.misna.org Visitate anche il nostro sito www.saverianibs.it nel quale potete leggere tutte le notizie, le testimonianze e le proposte del nostro mensile, comprese le edizioni locali e la versione in formato pdf. galizzazione dell’aborto in Africa”. All’appello della chiesa hanno aderito anche fedeli di altre religioni, musulmani compresi. Intanto, dopo l’assicurazione di Obama al Papa di impegnarsi a ridurre il numero di aborti, in Italia la Camera dei deputati ha approvato il testo di una mozione da presentare all’Onu nella quale si chiede una risoluzione contro l’aborto come strumento di controllo demografico e per l’affermazione del diritto di ogni donna a non essere costretta ad abortire. ● Avamposto dell’accoglienza. Luxor, in Egitto, città famosa per i suoi monumenti e i suoi templi, è la meta di migliaia di profughi in fuga da Sudan, Darfur e Ciad. Soprattutto è l’avamposto cattolico dell’Egitto meridionale. “Siamo la chiesa del silenzio - spiega mons. Badir vescovo della chiesa copta cattolica e una piccola minoranza. Tra cristiani e musulmani esiste un rapporto di condivisione e collaborazione nella gioia e nel dolore; i problemi iniziano quando ci si avvicina ai vertici politici”. Luxor ha 22 parrocchie, 18mila fedeli, 25 sacerdoti e 50 suore. Tutti s’impegnano ad accogliere i profughi in fuga senza chiedere a quale religione appartengono. Ad Assuan un Centro di accoglienza presta i primi soccorsi agli immigrati, che arrivano a piedi stremati dopo aver attraversato il de- Export armi leggere. Dal Rapporto 2009 di “Small Arms Survey” è emerso che dopo gli Stati Uniti, l’Italia è al secondo posto tra i maggiori esportatori di armi leggere e di piccolo calibro nel periodo 2000-2006 (434 milioni di dollari). Tra le varie tipologie di armi figurano pistole sportive e da caccia, caricatori, revolver e pistole (ad uso civile, non sportivo né militare), fucili sportivi e da caccia. Desta preoccupazione il livello di trasparenza dell’Italia, scesa dal secondo al 12° posto, perché non ha specificato i criteri di licenza alla vendita. ■ ● MESSAGGIo DALLE CHIESE ISTITUTI MISSIONARI Il decreto “Sicurezza” è stato approvato con voto di fiducia, ma non certo in un clima di fiducia. Pur nella complessità del decreto, la CIMI Conferenza degli istituti missionari italiani - dichiara il suo sconcerto per quanto riguarda i provvedimenti sul tema degli immigrati. Siamo ben consapevoli che ogni Stato ha il diritto e dovere di regolare le migrazioni in pieno rispetto dei diritti umani dei propri cittadini e anche di ogni persona al mondo, come richiede la Costituzione della Repubblica. Come missionari, siamo testimoni delle tragiche situazioni in cui sono costretti a sopravvivere centinaia di milioni di persone e famiglie a causa dell’impoverimento forzato e dei numerosi conflitti, con responsabilità anche internazionali. Ci meraviglia, quindi, che il cosiddetto “Pacchetto Sicurezza” sia stato approvato senza tener conto delle cause che sono all’origine e concomitanti del drammatico fenomeno migratorio. Allo stesso tempo, dichiarando colpevole di “reato” ogni immigrato clandestino, la legge colpisce le persone più deboli, lasciando impuniti quegli organismi che sono coinvolti nel reclutamento, trasporto e sfruttamento dei migranti. Il fenomeno migratorio e la sua regolamentazione devono essere invece affrontati con alto senso di responsabilità e grande equilibrio Ha detto il cardinal Bagnasco: “La risposta non può essere solamente di ordine pubblico, anche se è necessario mettere in chiaro diritti e doveri”. Diritti e doveri che riguardano anche noi italiani verso tutti gli immigrati, ai quali gli Stati devono garantire la giusta sicurezza e l’umana dignità. In questo contesto, noi missionari chiediamo al governo di impegnarsi per promuovere in modo prioritario l’attuazione di tutte quelle “promesse” più volte fatte e mai realizzate verso un maggiore impegno di economia solidale e di equo sviluppo a favore dei popoli più bisognosi. MISSIONI NOTIZIE Pace e dignità duale, gli altri devono ripianare. Secondo la banca è un modo per responsabilizzare le comunità. In pratica, la gente deve autotassarsi andando in difficoltà. Ciò provoca liti e denunce nei villaggi. serto. Il Centro procura attraverso l’Onu i documenti necessari per proseguire il viaggio. ■ Una storia speciale Tutto, tranne i soldi per i poveri. Nel numero di luglio-agosto vi abbiamo raccontato della rapina subita dai saveriani a Luvungi, in Congo. Alcuni uomini armati hanno fatto irruzione nella casa dove si trovavano sei saveriani che sono stati legati e malmenati, mentre tutte le stan- ● ze venivano ripulite per bene. Ripulite nel senso letterale della parola, perché i banditi si sono portati via oltre a computer, stampanti, cellulari e orologi anche borse, valigie e vestiti. Padre Gianni Pedrotti ha raccontato di essersi beccato, tra l’altro, un paio di bastonate alle gambe (per le quali poi uno dei rapinatori si è scusato, da perfetto “ladro gentiluomo”), e ha riferito un episodio particolare. “Uno dei banditi, dopo aver saputo che ero il parroco, mi ha portato in ufficio, convinto che custodissi lì tutti i soldi. Gli ho detto che non avevo niente ed era vero perché l’unico denaro che avevo in ufficio era quello per i poveri che avevo messo in una busta. Non fidandosi, mi ha fatto aprire tutte le buste. L’unica con i pochi soldi è rimasta chiusa e in mano al ladro che, per stizza, l’ha gettata a terra, senza controllare il contenuto… Forse il Signore ha concluso p. Gianni - non ha voluto che i banditi portassero via anche i soldi dei poveri!”. ■ Padre Gianni Pedrotti, saveriano bresciano, con alcuni alunni di Luvungi, in Congo RD 2009 SETTEMBRE DIA L O G O E SO LIDARIETÀ lettere al direttore p. Marcello Storgato MISSIONARI SAVERIANI Via Piamarta 9 - 25121 Brescia E-Mail: [email protected] Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale L’ESAME DELLA MATURITà Caro direttore, in questi giorni sono alle prese con l’Italia di domani - ovvero, con i giovani di oggi che, in parte fiduciosi (facciamo i salti mortali per non scoraggiarli), e in parte già delusi dalla vita (a soli diciott’anni), sostengono il primo esame della propria “maturità”. Ritengo che la “maturità” sia una disposizione interiore che tutti noi giovani e meno giovani, e soprattutto noi insegnanti, dovremmo praticare più spesso. Non ti pare? Maxi, Salerno Caro Maxi, ho trovato interessante e appropriata la tua riflessione su ciò con cui eri “alle prese” come insegnante alla fine dell’anno scolastico: gli “esami”. Ora siamo all’inizio del nuovo anno di scuola, ma la tua riflessione rimane valida e attuale. Soprattutto quando riguarda “l’esame della maturità”, quella altrui e quella propria. E qui casca l’asino (...che sono io!). Mi viene in mente la parola di Cristo: quella pagliuzza nell’occhio altrui e la trave nel proprio occhio (Matteo 7,1-5). Se è doveroso, infatti, verificare la maturità dei nostri giovani al termine di un percorso educativo, non possiamo dare per scontato che noi adulti - che abbiamo passato tanti esami - siamo maturi e continuiamo a maturare. Perché, come ben dici, una disposizione interiore non si consolida per caso né in modo automatico. È utile perciò verificare costantemente il livello della propria maturità. Perché non riprendere quella semplice pratica quotidiana che si chiama “esame di coscienza”? È un esame vero, in cui mi guardo allo specchio e mi confronto con un Esaminatore d’eccellenza: il Padre Eterno che è sì pronto a perdonarmi, ma mi incoraggia a migliorare la mia disposizione verso la maturità a pieni voti. E speriamo che insieme a noi - missionari, preti, insegnanti, anziani e giovani - un po’ di “esame di coscienza” se lo facciano anche i politici, i banchieri, i finanzieri, i petrolieri... Con l’unico obiettivo di favorire ogni giorno il livello della propria maturità e dell’altrui felicità. Caro direttore, non trovo parole per esprimere riconoscenza e stupore per l’iniziativa di “padre Neno”. È stata una bellissima idea: leggere la storia di una vocazione alla portata di un semplice appetitoso linguaggio a fumetto. E grazie di cuore anche all’artista Marina Tonon per l’idea e la realizzazione. Cordiali saluti, suor Ernesta, Gorizia Cara suor Ernesta, mi rallegro con te, perché sei stata tra le prime a inviare un messaggio “compiaciuto” sulla pagina per bambini pubblicata su luglio/agosto scorso. Sì, l’artista Tonon è davvero brava, e speriamo di godere ancora del suo talento. Ora mi affido alle suore come te, agli educatori e ai genitori, e ancor più ai nonni, “che hanno un compito educativo sempre più importante”, affinché la vocazione missionaria non resti... un bel fumetto, ma diventi una bella chiamata a cui rispondere con gioia fin dalla giovinezza. p. Marcello, sx STRUMENTI D'ANIMAZIONE UN LIBRO E UNA LETTERA Per riprendere la nostra riflessione, proponiamo un libro e una lettera, ambedue stimolanti. Cristiani si diventa Per una spiritualità della libertà radicale Chi ama il proprio nemico? Chi vende tutto per darlo ai poveri? Queste domande vanno al nocciolo del vangelo e mettono a nudo l’incoerenza cristiana. Albert Nolan affronta la questione partendo dall’uomo di oggi e ricorda che per diventare cristiani occorre un lungo e graduale percorso di vita con il Signore. A parte la “brutta copertina”, il contenuto è valido e si presta a una lettura meditata, un capitoletto al giorno. Editrice EMI, pagine 220, €15 Lettera ai cercatori di Dio La più recente “lettera” scritta dai vescovi italiani per tutti coloro che sono alla ricerca del Dio vivente. È quindi una “lettera” per ciascuno di noi. Perché non leggerla, personalmente e in famiglia, un po’ alla volta? Edizioni Paoline, pagine 120, € 2.50 I MISSIONARI SCRIVONO Dal Giappone, un antico ricordo di p. Domenico Milani Leggo sempre volentieri “Missionari Saveriani”: bravi e grazie per il bel lavoro che fate a Brescia! Desidero dare una notizia e chiedere un favore. La notizia - Alle 12e30 precise (ora giapponese di oggi lunedì 27 luglio) p. Mauro Mollaretti (75 anni) è entrato in sala operatoria dell’ospedale di Miyazaki per l’operazione all’anca destra. L’anno scorso aveva operato la sinistra. “Operazione riuscita”: alle 17e30 ad attenderlo eravamo p. Piacere, p. Carlesso e io. Ne avrà per almeno due mesi per fisioterapia. Gli auguriamo una buona convalescenza. Il favore - Se vai sulla tomba del caro p. Domenico Milani, digli che lo ricordo con immensa simpatia. Quando ero giovane diacono, durante le vacanze estive fui inviato a Parma per aiutare nel trasloco dell’archivio generale del nostro istituto, quando segretario era padre Teodori. Nel piccolo refettorio mangiavo insieme ai padri Milani, Beduschi e Morazzoni Achille; gli altri erano in vacanza. Un bel pomeriggio, in un’enfasi tipicamente sua e con quel suo tono caratteristico e simpatico, p. Milani mi disPadre Giuseppe Piatti, se: “Tu sei ontologicamente cretino!”. Un bel complimento, davvero indibergamasco classe 1935, menticabile! in Giappone dal 1967 p. Giuseppe Piatti, sx - Miyazaki Grazie a nome degli africani, nostri ospiti Nel ringraziare di cuore quanti hanno aderito al nostro progetto (n. 6/2008) per l’accoglienza degli studenti africani in Italia, aggiungo alcune parole dei giovani che ospitiamo a Vicomero di Parma. “Nella fraternità missionaria Muungano mi sente bene e trovo ascolto. Siamo una famiglia e ci aiutiamo a vicenda. Ringrazio per avermi dato la possibilità di continuare con il mio progetto di vita” (Marius, Camerun). “Sono iscritta alla facoltà di farmacia. Mi ritengo fortunata di poter vivere nella fraternità. Una vita di famiglia fondata sull’amicizia e che mi aiuta anche nel mio cammino spirituale. Mi sento al sicuro, perché mi sento amata. È bello la sera tornare a casa, da persone che mi vogliono bene” (Denise, Goma - Congo). “Dopo aver lasciato la mia famiglia ho sentito tanta solitudine. A Vicomero mi ritrovo con altri coetanei e le famiglie con i loro bimbi. I consigli, i valori e l’affetto di chi mi ospita mi fanno sentire bene” (Jean Paul, Camerun). Grazie a voi che avete contribuito alla felicità dei nostri ospiti africani. Loro ci hanno accolto nelle loro case come missionari; altrettanto dobbiamo fare noi con loro, in fraternità. Edda e p. Silvio Turazzi, sx - Vicomero, Parma Un grazie anche dai missionari e dalla gente del Mozambico Verso la fine del 2007 abbiamo chiesto ai Una delle varie chiese di villaggio in Mozambico, lettori di “Missionari Saveriani” di aiutarci completata con l’aiuto dei lettori a costruire le chiese nei villaggi (progetto n. 7/2007) delle nostre missioni in Mozambico. La risposta è stata molto positiva e in molte nostre comunità cristiane, tra la soddisfazione generale della gente, abbiamo già costruito la chiesa. Grazie vivissime a quanti hanno collaborato con tanta generosità. Oltre all’aiuto di tanti amici italiani, anche la popolazione locale ha contribuito con mattoni, sabbia e manodopera preziosa. È stata un’iniziativa molto buona, perché ha dato la possibilità alle nostre comunità di avere un luogo dove riunirsi e pregare. Vi ricordiamo nella preghiera: il Signore vi benedica tutti, p. Bruno Boschetti e saveriani - Mozambico solidarietÀ BRASILE: UNA MACCHINA PER IL “MAESTRO” È la terza volta che rimango in strada con la vecchia macchina, che ha fatto più di 250mila chilometri. Negli ultimi mesi è stata più in officina che in giro. Con le relative spese! Per non venir meno agli impegni apostolici nelle varie comunità cristiane e nei gruppi biblici che chiedono aiuto e consiglio, sono costretto a chiedere una macchina in prestito ad amici e vicini, oppure devo chiedere che vengano a prendermi e mi riportino a casa, se proprio mi vogliono. Dopo aver ritirato per l’ennesima volta la macchina dal meccanico, mi è venuta un’idea. Su “Missionari Saveriani” vedo che vi è un piccolo spazio dedicato ai “piccoli progetti”. Mi sono domandato: potrebbe entrare fra questi anche una macchina che faciliti il nostro... correre missionario? Ne ho parlato con il nostro superiore, che ha dato la sua approvazione. Ci occorrono 15.000 euro, per una macchina normale ma robusta, capace di portare persone e anche cose, per esempio quando facciamo la spesa settimanale per la comunità dei novizi o per i gruppi di giovani che partecipano ai ritiri spirituali e agli incontri di animazione missionaria. Ringrazio per la vostra comprensione e solidarietà. p. Alfiero Ceresoli, sx (maestro dei novizi in Brasile) piccoli progetti 7/2009 - BRASILE Una macchina per il “maestro” Padre Alfiero Ceresoli, maestro dei novizi in Brasile e nostro regolare corrispondente nella rubrica a pagina 2, cerca aiuto per comprare una macchina normale ma robusta, per far fronte ai numerosi impegni apostolici. Chiede agli amici un contributo fino a 15.000 euro. • Responsabile del progetto è il saveriano bergamasco p. Alfiero Ceresoli. • •• 6/2009 - RD CONGO Sala polivalente a Kitutu Nella diocesi di Uvira, Kitutu è una missione molto estesa e difficilmente percorribile. Quattro saveriani chiedono un aiuto per completare una sala polivalente nella zona di Kakemenge. La gente ha già fatto i mattoni. Serve il resto, per un totale di 15.000 euro. • Responsabili del progetto sono p. Maran, p. Simoncelli, p. Codutti, p. Olvera. Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente postale, oppure può inviare l’offerta direttamente al C/c.p. 00204438, intestato a: Procura delle Missioni Saveriane, Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA Richiedere a: • Libreria dei popoli, Brescia oppure Tel. 030 3772780; Fax 030 3772781; E-mail: [email protected] bonifico bancario su C/c 000072443526 CARIPR&PC - Ag. 6, via Farini 71, 43100 Parma IBAN IT86 P062 3012 7060 0007 2443 526 Di nuovo, in panne! Si prega di specificare l’intenzione e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie. 2009 SETTEMBRE ALZANO 24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4 Tel. 035 513343 - Fax 035 511210 E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247 La Bibbia nella mia vita / 1 Le storie lette e tradotte dal papà per la sacra ScrittuL’ amore ra è iniziato in me molto indietro negli anni e ha radici profonde nel mio cuore. Uno dei miei primi ricordi legati alla Bibbia mi riporta ai tempi in cui frequentavo le scuole elementari. Il fascino delle sacre Scritture aveva già cominciato a prendermi il cuore, attraverso l’ambiente ricettivo creato dalla mamma e le parole solenni del papà. Infatti la sera papà, stanco per il lavoro ma contento di essere con noi figlioli, ci leggeva e traduceva le storie della Bibbia. L’unica Bibbia che avevamo a casa era in francese e lui la leggeva in quella lingua, che conosceva molto bene. Poi la traduceva per noi, tre piccoli cuccioli umani che, incantati, pendevamo dalle sue labbra. Non c’era ancora la televisione e l’incontro serale della famiglia era qualcosa di sacro mentre si consumava la “bruande” (tisana calda) pre- p. SILVANO DA ROIT, sx parata dalla mamma secondo la tradizionale cucina francese. desiderato da ciascuno di noi. In noviziato ricordo che leggevo con molto gusto i commenti ai Il momento più desiderato vari brani della Bibbia, anche se Entrato tra i saveriani ad Alza- inciampavo spesso in parole greno, i “prefetti” Angelo Paganelli, che che non capivo. Mario Mula, Giuseppe Chiarelli A Parma, durante gli studi e Antonio Decembrino, duran- teologici, p. Peppino Carminati te il tempo dedicato alla lettura ci entusiasmava allo studio delspirituale ci leggevano in mo- la Bibbia, presentandoci a ogni do magistrale un’edizione della lezione i riassunti dei diversi liBibbia per ragazzi. Eravamo tut- bri e offrendoci spiegazioni, inti presi dai racconti e credo fos- terpretazioni e chiavi di lettura se il momento della giornata più molto interessanti. Degli insegnamenti spirituali di p. Amato Dagnino ho imparato soprattutto una cosa: la sera prima di dormire, la sua abitudine di leggere le letture bibliche proposte dalla liturgia per il giorno seguente. Questa è una regola di vita spirituale che osservo fedelmente e con La lettura della Bibbia è affascinante per tutti, profitto anche oggi. non solo per i sacerdoti e i missionari Cari lettori, da questo numero di settembre e per qualche mese vi terrà compagnia una rubrica a puntate di p. Silvano Da Roit, saveriano bergamasco e missionario in Giappone. L’abbiamo intitolata: “La Bibbia nella mia vita”. Le riflessioni sulla sua esperienza missionaria e sul modo di annunciare la Parola al popolo giapponese saranno sicuramente di aiuto anche a noi nel cercare di mettere Gesù al centro della nostra vita. Le parole di p. Silvano, in questo anno sacerdotale, ci faranno ricordare l’importanza di stare vicini ai nostri sacerdoti, della nostra amicizia e preghiera per loro. In questa prima puntata, padre Silvano ci parla di come è nato nella sua vita l’amore per la Parola di Dio. Buona lettura! p. Leonardo Raffaini, sx Il nutrimento più sostanzioso In generale, ricordo che ascoltavo le omelie fino al momento in cui si attenevano strettamente alla spiegazione e all’attualizzazione dei testi della Scrittura. Quando il predicatore cambiava registro e aggiungeva altre cose, allora ...esercitavo la pazienza, convinto com’ero che non ci fosse niente di sostanzioso di cui nutrirsi, oltre la Parola di Dio. Ordinato prete, ho tenuto le mie prime prediche nella zona di montagna vicino a Parma, che va sotto il nome di “Monchiese”. Ricordo che ero preoccupato di fare una sola cosa: attualizzare la pagina del vangelo per le persone anziane che mi ascoltavano. A volte le ciambelle riuscivano con il buco; altre volte no. Ma è stato in Giappone, dove sono stato inviato come missionario, che le esperienze con la Parola di Dio si sono moltiplicate e diversificate. ■ Settembre... si ricomincia I saveriani ai blocchi di partenza P enso che anche Gesù si sia preso qualche momento di... relax. Anche noi riprendiamo il nostro normale ritmo di vita, dopo l’estate e un po’ di vacanze. I ragazzi ricominciano la scuola, gli adulti il lavoro, i pensionati le loro attività di volontariato per gli altri o di aiuto a figli e ai nipoti, le parrocchie iniziano l’anno pastorale con le loro svariate attività. Ogni giorno, settimana, mese Riparte anche la comunità saveriana di Alzano. Rientrato p. Mario Curione dalla sua bella Lucania, siamo di nuovo al completo e pronti al via. Riprende quindi la Messa alle 7.30 di ogni giorno, tranne la domenica, alla quale possono partecipare anche i fedeli. Dal mese di ottobre ri- 8 prende la Messa per le missioni ogni primo martedì del mese alle ore 15. Così pure l’adorazione mensile per le vocazioni il giovedì alle 20.30: la prima adorazione sarà in ottobre con la veglia missionaria vicariale. Così pure ripartono le attività portate avanti da alcuni saveriani della comunità. Sapevate, ad esempio, che ogni mese un gruppetto di insegnanti, fondatori del gruppo CEM di Alzano, si riunisce per riflettere, studiare e programmare iniziative che possono essere utili ad allargare l’orizzonte della scuola e del nostro territorio sulle problematiche riguardanti il mondo e l’incontro con altre culture e religioni? Se vi interessa partecipare, contattateci al nostro numero (035 513343). I saveriani di Alzano celebrano ogni primo martedì del mese la Messa per le missioni; l’appuntamento è fissato da ottobre alle ore 15, in via Ponchielli p. LEONARDO RAFFAINI, sx Venite a… disturbarci! Padre Nello Berton continua le sue visite ai seminari per animare missionariamente i futuri sacerdoti diocesani; quest’anno toccherà ai seminari della Lombardia e dell’Emilia Romagna. Padre Leonardo prosegue la collaborazione con il centro missionario e il centro vocazionale della diocesi. Siamo sempre disponibili per attività di animazione missionaria e vocazionale per ragazzi e giovani, come pure per gruppi missionari, sia nella nostra casa che nelle parrocchie. Riprendiamo anche a collaborare con le parrocchie vicine per il ministero pastorale e delle confessioni. Soprattutto, la nostra casa è sempre aperta a chi desidera un incontro con noi missionari. Per avere una buona parola o per riconciliarsi con il Signore attraverso la confessione, abbiamo dei confessori di grande esperienza. Per conoscere la missione della chiesa nel mondo e per chi desidera buone e sane letture abbiamo anche dei bellissimi libri e riviste. Come vedete, siamo di nuovo ai blocchi di partenza per un nuovo anno. Cercate di togliervi gli scrupoli di... “non voler disturbare”. Anzi, più disturbate e meglio è: Gesù non aveva tempo nemmeno per riposarsi; quindi ■ anche noi... Attraverso questa fotografia, p. Arduino Rossi manda i suoi saluti ai lettori di “Missionari Saveriani”, dimostrando di essere in buona salute; ringrazia tutti per le preghiere e gli aiuti per il Bangladesh. MI SENTO A CASA MIA... PATRIZIA Dopo Stefania e Maria Grazia, vi presentiamo Patrizia, la veterana delle collaboratrici domestiche dei saveriani di Alzano. È l’ultima del trio, solo perché è la più… schiva nel raccontare. Sono entrata nell’istituto dei saveriani nel lontano 1972, varcando il grande cancello in fondo a via Adobati nel cuore di Alzano. Per i primi mesi sono stata “aiuto cuoca”; poi, quando il ragazzo che cucinava è andato via, ho preso il suo posto. Gli inizi sono stati un po’ difficili: passare da padelline a padelloni, da pentolini a pentoloni, da qualche piatto a montagne di piatti... non è cosa di tutti i giorni. Alla fine mi sono abituata e se dopo 37 anni sono ancora qui, vuol dire che mi ci trovo bene. In tutti questi anni ho conosciuto molti saveriani. Mi vengono in mente p. Orsi, p. Carrara, p. Cruder, p. Doneda, p. Camera... Mi sono trovata a cucinare per tanti ragazzi, avendo la gioia di vedere tre di loro arrivare al sacerdozio e partire per la missione: p. Fabio Castelli, p. Marco Moro e p. Filippo Rota Martir. Mi sono trovata sempre bene e loro mi trattavano come se fossi una “mamma”. Quando rientrano dalla missione, mi manifestano sempre il loro affetto con un forte abbraccio. Ho un ricordo speciale per p. Francesco Bradanini, con il quale ho lavorato tanti anni. È stata una persona molto comprensiva e mi è dispiaciuto molto quando il Signore l’ha voluto con sé così presto. Dopo tanti anni, trascorsi tra cucina e lavori domestici, sono felice di dare una mano ai “miei” missionari nella loro casa che sento un po’ anche mia. Desidero ringraziare anche tutti coloro che sono lontani e che sono già in cielo, per la fiducia che hanno ripoPatrizia è la veterana sto in me e delle collaboratrici doper le tanmestiche dei saveriani di te preghiere Alzano: grazie per i 37 anni di servizio! che continuano a rivolgere al SiCrocifisso del beato Conforti, venerato gnore per me. 2009 SETTEMBRE BRESCIA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 Quell’hippie un po’... stagionato P. Tobanelli e i “tokay” del Bangladesh P adre Riccardo Tobanellli, saveriano di Castrezzone - Muscoline, lavora in Bangladesh. È uno di quei missionari che se lo incontri una volta nella vita non lo puoi più scordare, non solo per il suo aspetto un po’ tra il santone indiano e l’hippie stagionato, ma soprattutto per quella simpatia che spinge ad ascoltarlo e a credergli. Il suo look disorienta un po’, ma quando sorride e parla della vita missionaria ti conquista e affascina. Viene voglia di fare qualcosa per i suoi ragazzi di strada, per le situazioni limite con cui ogni giorno si confronta in quella terra sovrappopolata e colpita da catastrofi naturali. Lo abbiamo intervistato durante le sue vacanze in Italia. Da quanto sei in Bangladesh? Sono in Bangladesh dal 1982. La mia attività si svolge in ambiente prevalentemente musulmano e predilige l’aspetto sociale. Ho lavorato con un gruppo di fuoricasta costruendo delle piccole scuole e dando vita a una picco- la organizzazione chiamata Dolet, che si occupa di queste persone. E poi cosa hai fatto? Dal 1994 mi sono dedicato alle vittime dell’urbanizzazione selvaggia, che ha portato all’abbandono dei villaggi e di molti valori culturali tradizionali, che sono andati persi. L’inserimento in un ambiente ostile causa molti disagi. La famiglia spesso si disintegra e i bambini il più delle volte sono lasciati a se stessi. Questi bambini cadono in situazioni disperate e tragiche, come lo sfruttamento del lavoro e la prostituzione. E diventano prede della strada… Esatto. Il fenomeno viene chiamato tokay per via del lavoro di raccolta e riciclaggio di materiale che trovano nelle discariche. Abbiamo cominciato a offrire loro dei rifugi per la notte. In seguito, abbiamo accolto i più piccoli in strutture apposite, per dare loro una vita più normale nella quale fosse compreso, oltre all’alloggio e ai pasti regolari, anche a cura di p. F. RAFFAINI, sx l’educazione scolastica. Ora sei nella capitale? Tre anni fa mi sono trasferito a Dhaka dove il problema dei tokay è più grave. Con alcuni dei miei ex ragazzi di strada, ormai cresciuti, abbiamo dato vita a due centri. Il primo è a Kaworan Bazar, vicino alla ferrovia in uno di quei quartieri dove la vita è a dir poco disumana. L’altro è situato a Savar nella zona industriale dove oltre al consueto posto per la notte, durante il giorno teniamo aperto un asilo infantile per ospitare i figlioletti di giovani donne abbandonate. Queste mamme per sopravvivere fanno le serve nelle case degli operai della zona. Hai costruito una squadra! Con alcuni giovani di queste comunità abbiamo pensato di affrontare con pochi mezzi e tanta buona volontà il dramma dei bambini di strada. Ci sembrava un problema che riguardasse tutti. La maggior parte del lavoro è svolto dai giovani che si adoperano a soccorrere, educare e aiu- Padre Riccardo Tobanelli, saveriano di Muscoline, con un gruppo di “tokay”, i bambini di strada del Bangladesh che lui aiuta perché abbiano un futuro migliore tare bambine e bambini abbandonati. Con una quindicina di giovani, tra cui anche delle ragazze, abbiamo aperto nuovi centri dove con la loro esperienza di ex tokay, aiutano i bambini a intraprendere nuove strade per un inserimento più dignitoso nella società. Cosa fate in particolare? Uno dei compiti è il rapporto con le forze dell’ordine. Infatti, la tendenza è quella di arrestare i bambini di strada, mandarli davanti a un giudice, condannarli e metterli in prigione. È facile così perdere le loro tracce. Con il gruppo di giovani abbiamo creato delle unità di pronto intervento. Non appena veniamo a conoscenza di questi casi interveniamo presso la polizia per farli rilasciare e farceli affidare. ■ (continua nel riquadro) La nuova missione di Nefa Padre Abeni ha incontrato gli amici bresciani S ta finendo un’altra estate e come ogni anno sono stati tanti i saveriani, bresciani e non, che sono passati a trovarci durante le loro vacanze. Sono i padri Abeni, Tobanelli, Pistoni, Filippini, Pedrotti, Targa e Taini. Oltre a loro ci sono p. Loda, p. Rigali e p. Brentegani, tre saveriani bresciani superiori in Colombia, nelle Filippine e in Congo, che hanno partecipato alla Cosuma, Conferenza dei superiori maggiori, a Tavernerio (CO). 8 Sentirsi giovani e ripartire Padre Gianni Abeni, del quartiere della Noce, ha fatto una toccata e fuga, giusto il tempo per rimettersi in sesto da qualche problemino fisico e salutare gli amici. Fatto il tagliando, è già ripartito per la missione di Nefa, in Camerun. Racconta: “Pensavo fosse ora di andare in pensione, avendo già passato i 65 anni; invece la Provvidenza vuole a tutti i costi farmi sentire giovane. Farò quello che potrò perché la missione di Nefa copre un territorio molto vasto e ci sono tante cose da fare”. Padre Gianni è nella sua nuova missione da un anno e ogni giorno scopre cose nuove. Nefa è situata alla periferia di Bafoussam, capitale del Camerun occidentale. Ha quindi i tipici problemi delle periferie delle città, ma nello stesso tempo si estende per oltre 20 chilometri su un vasto territorio di campagna che comprende sei centri rurali, dove p. Gianni dovrebbe andare ogni settimana, ma le strade sono orribili. L’unica consolazione è che Nefa si trova a 1.400 metri d’altitudine, per cui il clima è buono. Il grande bisogno di acqua Padre Gianni ha un gruppo di supporter appassionati che lo se- P. Gianni Abeni, durante la permanenza a Brescia, ha rallegrato tutti con le sue battute in un dialetto misto tra il bresciano e lo spagnolo-camerunese DIEGO PIOVANI guono e sostengono in ogni suo spostamento. Il gruppo si chiama “Kamenge e dintorni” e ha la sede in Borgo Trento. Proprio a loro p. Abeni ha spiegato che gli abitanti di tanti villaggi sono andati da lui a chiedergli un aiuto per l’acqua. L’intenzione è di prolungare per altri cinque chilometri l’acquedotto che è già stato realizzato. Si tratta di condurre l’acqua in alcuni villaggi molto distanti dalla periferia, ma che sono densamente abitati. “La popolazione è molto disponibile e ha già garantito di collaborare concretamente a questa iniziativa, vitale per tutti”. L’acqua è una necessità fondamentale; senza l’acqua non si può nemmeno pensare di iniziare altri lavori. Tra questi, c’è la costruzione di alcune aule scolastiche di cui i bambini hanno assolutamente bisogno. Attualmente, sono costretti a fare scuola in strutture fatiscenti, sempre a rischio di crolli. Dice p. Gianni: “Vorrei cominciare a fare qualcosa nei villaggi della foresta, dove c’è tanta gente completamente abbandonata”. Speriamo che p. Abeni riesca a realizzare almeno una parte di questi bei progetti. ■ I saveriani di Brescia si sono riuniti dal 6 al 9 luglio scorso per la verifica e la programmazione annuale delle attività presso la casa dei comboniani di Limone sul Garda. Si sono soffermati su tutti gli aspetti della loro vita e attività. Nella foto, al termine dei lavori, prima della cena alla “Scuderia Castello” del sig. Zambiasi. SOLO GLI OCCHI PER VEDERE a cura di p. FIORENZO RAFFAINI, sx Padre Riccardo descrive anche il problema dell’intolleranza degli abitanti attorno ai piccoli centri d’accoglienza dei tokay. “Spesso la gente si sente disturbata da questi ragazzi e non vuole rinnovarci l’affitto. Un altro aspetto delicato è la presenza delle ragazze. I nostri gruppi le tutelano e si interessano che eventuali matrimoni non nascondano situazioni deleterie per le giovani. Naturalmente i bambini dei nostri centri sono quasi tutti musulmani e partecipano all’educazione religiosa nella loro fede e nei loro ambienti. Il clima con i responsabili delle moschee è buono, tanto che in più di un’occasione, durante la guerra in Iraq, i responsabili musulmani hanno impedito ai più facinorosi di danneggiare le nostre strutture, considerandole come le loro”. Sentendo parlare p. Riccardo ci rendiamo conto che il suo cuore non è per nulla differente da quello di tanti altri missionari. È l’amore per il prossimo che spinge ad agire e che impedisce di distinguere tra casta e fuori casta, tra bianchi e neri, tra ricchi e poveri. I missionari hanno solo occhi per vedere il fratello e la sorella che, stretti dal bisogno, chiedono ascolto e solidarietà. Padre Riccardo ci saluta. Lo vedo salire sulla motocicletta del fratello e tornare sulle sue colline moreniche a tagliare un po’ di bosco. Poi partirà per il Bangladesh. Cerca qualcuno che vorrà aiutarlo nella sua missione e, perché no, anche a intraprendere una vita come la sua. Bambini di strada e gente comune Crocifisso del beato venerato camminano suiConforti, binari alla periferia nel santuario deidimissionari a Dhaka, insaveriani Bangladesh 2009 SETTEMBRE CAGLIARI 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 340 0840200 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Una curiosità tira l’altra Lavoro culturale dei missionari sardi un programma G uardando televisivo sul volume di p. Luigi Soletta “Il sole a mezzanotte”, ho scoperto che l’autore era un missionario sardo. Il libro indica una via verso la luce, una discesa nel proprio cuore, per raggiungere l’illuminazione dopo un lungo cammino di ascesi e meditazione. Il saveriano p. Tonino Melis di Tuili, esperto delle tribù masa del Ciad I samurai di padre Soletta Padre Soletta, per quarant’anni missionario del Pime in Giappone, ha tradotto “Il codice segreto dei samurai”. Il codice può essere considerato un insieme di regole morali e religiose dei samurai: fedeltà al sovrano fino alla morte e responsabilità nel proprio lavoro. Il codice ci presenta il samurai come un monaco che vive la spiritualità compiendo un cammino di distacco da se stesso, per raggiungere la vetta del sapere e la ricerca della gioia. Il codice dei samurai è diventato una regola di vita anche nell’attuale società giapponese. Dopo la trasmissione televisiva, ho voluto approfondire il lavoro culturale dei missionari sardi, traduttori di lingue e culture straniere e alfabetizzatori di popoli di cui hanno salvato la tradizione orale attraverso la scrittura. La difesa delle lingue indio Tra i missionari sardi che hanno contribuito con il loro lavoro p. DINO MARCONI, sx culturale alla missione universale della chiesa, si distinguono il gesuita Maccioni e il saveriano Melis. Questi missionari hanno fatto un doppio lavoro di traduzione del vangelo: dall’italiano alle lingue locali e, viceversa, per farci conoscere le culture dei popoli dove hanno vissuto. Il gesuita Antonio Maccioni, nato a Iglesias nel 1672, fu inviato in Paraguay dove i gesuiti lavoravano tra le popolazioni indigene per svolgere la missione di evangelizzazione. Agli inizi del XVIII secolo si spostò nella vasta regione del Chaco, al nord dell’attuale Argentina, dove si trovavano cinque popolazioni indigene. Il lavoro di alfabetizzazione comportava la formazione di codici linguistici indigeni e contribuiva alla difesa e all’uso della lingua indio nel lavoro di evangelizzazione. Di questa operazione linguistica è rimasto il lavoro di p. Maccioni, pubblicato nei testi di una grammatica, di un vocabolario e Per andare “oltre la siepe” Il volo della gallina e il volo dell’aquila S i è tenuto ad Arborea il 2 giugno il convegno missionario sardo. All’inizio è stata presentata una riflessione, preparata dalle saveriane di Oristano dal titolo, “Oltre la siepe”. Pubblichiamo il bel testo scritto da Teresina Caffi, che è echeggiato nelle relazioni dei partecipanti, a cominciare da don Mario Cuscusa, che ha introdotto il convegno. 8 Certo, puoi stare a casa tua Certo che puoi stare sempre chiuso in casa tua! Certo che puoi stare tutta la vita nel tuo paese: c’è tanto da fare e tanti sono nel bisogno! Certo che puoi stare dentro la siepe del tuo giardino: ci sono ancora tante sterpaglie da raccogliere! Se Paolo avesse fatto così, tu ed io saremmo ancora lontani da Cristo! Se noi - non ebrei e non di Palestina - siamo stati raggiunti dal vangelo è perché qualcuno, bene o male, ha osato: ha lasciato qualche piatto da asciugare a casa sua, qualche foglia secca nel giardino per andare oltre la porta, oltre la siepe per incrociare lo sguardo di sconosciuti: il nostro! Ci troviamo così con un tesoro in mano; un tesoro che urge per essere passato ad altri. Un tesoro strano: passandolo, lo si custodi- sce; custodendolo lo si perde. Ci dicono che ora non è più il tempo di annunciare chicchessia; che bisogna lasciare ciascuno percorrere le sue vie; che la logica che cambia il mondo è quella della domanda e dell’offerta, la logica dei mercato. Perciò, dicono: «rientra all’interno della siepe, chiudi la porta, accontentati di cercare la tua individuale felicità». Se viaggi, sia per affari o per piacere, lascia che il mondo vada come crede. Dicono: «è finito il tempo dei missionari». Se il mondo è nel tuo cuore... A te, creatura fatta per i gran- sr. TERESINA CAFFI, mM di sogni di Dio, abitata dal suo amore onnipotente, raccontano piccole storie di cortile, insegnano ad accontentarti di svolazzare a un metro dal suolo! Non cascarci! Fa’ tacere le loro voci. Ascolta Dio nel silenzio. Ascolta il grido di un mondo tribolato. Lasciati portare sulle ali d’aquila dello Spirito di Dio alle sorgenti profonde della gioia e di un mondo nuovo in costruzione! Dà spazio alla passione di Dio per lasciargli costruire un mondo nuovo passando dalla tua mente, dalle tue braccia, dal tuo cuore, dai tuoi piedi! Lascia che Dio ami in te il mondo intero, a cominciare dai più piccoli. Se non porti il mondo in cuore non porterai neanche quelli della tua casa; lascerai perdere anche quelli del tuo paese! Se il mondo è nel tuo cuore, anche se non dovessi fisicamente partire, hai già aperto le porte, scavalcato le siepi! Se rimani, non sarà per paura; se vai, non sarà per fuga. Sarà per docilità a quell’Amore che mosse Paolo a partire, e Giacomo a restare a Gerusalemme. Se voli da gallina, ora che lo Spirito di Dio ti ha sollevato su ali d’aquila..., troverai davvero ■ la gioia? di un catechismo scritto in due versioni, una estesa e l’altra semplificata. Il testo, pubblicato per la prima volta a Madrid nel 1732 e stampato una seconda volta a Buenos Aires nel 1877, è l’unico che prova la presenza di una lingua india, scomparsa probabilmente alla fine del Settecento. Una delle pubblicazioni del gesuita Antonio Maccioni e il vangelo in lingua masa tradotto da p. Melis Missionario e uomo di cultura Venendo ai nostri giorni, il saveriano Tonino Melis ha svolto un lavoro di inculturazione in Ciad dall’inizio degli anni ‘80. Ha imparato e studiato le lingue locali e ha fatto ricerche specifiche sulla cultura orale della tribù dei masa, popolo di allevatori. Visitando i villaggi, ha compiuto una ricerca sulle tradizioni orali della savana e ha raccolto i miti della tribù masa. Ha registrato le memorie degli anziani, tramandate oralmente da generazioni, con proverbi, preghiere, favole e indovinelli. Ha lavorato alla stesura di un dizionario francese-masa per salvarne la lingua e la tradizione. Ha anche curato la traduzione del vangelo nella lin- gua dei masa. È bella quest’immagine dei missionari come “persone di cultura”, che svolgono un grande lavoro di alfabetizzazione e traduzione. La maggioranza dei testi di lingua, antropologia ed etnografia sulle culture dell’Africa nera nel secolo scorso è stata fatta da missionari. Condividendo a lungo la vita delle popolazioni locali, possono fare ricerche linguistiche e culturali per le raccolte di proverbi, racconti della tradizione orale o scritta, per cercare di conoscere i segreti di gruppi etnici prima che scompaiano, inghiottiti dalla globalizzazione. Presso la “Liberia dei popoli” di Brescia si possono trovare diversi libri di favole dei tre continenti, testimonianza del lavoro culturale dei nostri missionari. ■ INCONTRI D’AUTUNNO p. D. MARCONI, sx 13 settembre: Mission Day Domenica 13 settembre si tiene a Macomer il “Mission Day” per i giovani di tutta la Sardegna. È la data della ripresa delle attività di animazione missionaria giovanile. Il tema, stampato anche sulle magliette utilizzate per i campi estivi, ha per titolo, “La missione è una sola”. Il programma prevede l’accoglienza dei vari gruppi alle 9.30, l’annuncio della proposta missionaria alle 10 e l’Eucaristia, a cui seguirà un’agape fraterna e la festa insieme nel pomeriggio. Tutti i giovani sono invitati. Per informazioni: p. Roby 340 4914261; e-mail: [email protected] 29 settembre: Ritiro per delegate e amici Per le delegate, amici e abbonati della zona di Cagliari, martedì 29 settembre una bella giornata di ritiro dà inizio agli incontri missionari, in via Praga 89 a Quartu Sant’Elena. Per informazioni: p. Dino 340 0840200; e-mail: [email protected] Per raggiungere la nostra casa: da Cagliari: linea PF dal capolinea piazza Matteotti - stazione treni e pullman; da via Dessy Deliberi: linea QS/b; da Assemini: linea 19. Arrivati a Quartu San Benedetto, scendere alla fermata “Piscine”, che è solo a 50 metri da via Praga 89. Otto dies a sas animas I missionari saveriani della Sardegna anche quest’anno celebrano le sante Messe in suffragio dei defunti, con la pratica degli “Otto dies a sas animas”. L’appuntamento è nella cappella della loro casa, in via Praga 89 a Quartu Sant’Elena, da domenica 22 a domenica 29 novembre, alle ore 18. Per informazioni: p. Dino 340 0840200; e-mail: [email protected] 2009 SETTEMBRE CREMONA 26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81 Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260 Che fate voi missionari in Italia? La domanda di un sacerdote cremonese è la domanda che un Q uesta parroco sessantenne, che ho sempre considerato un amico, ha rivolto proprio a me: “Che ci fate voi missionari in Italia?”. L’avevo invitato con altri sacerdoti diocesani a un incontro fraterno nella nostra comunità per spiegare a tutti che, per mancanza di vocazioni, avevamo dovuto cedere trequarti della nostra casa. Tuttavia la nostra presenza a Cremona sarebbe continuata come in passato. Un passato fecondo di frutti, iniziato nel 1929 nella villa di Grumone, donata dai conti Manna Roncadelli al nostro beato fondatore mons. Guido Conforti. La villa aveva avuto bisogno di molto lavoro per essere in grado di ospitare una trentina di “apostolini”, ragazzi provenienti da varie parti d’Italia. Era stata aperta il 23 settem- bre 1930 come casa apostolica dei saveriani. L’anno prossimo vogliamo festeggiare il nostro 80° compleanno, sperando nella partecipazione del vescovo e dei sacerdoti aperti all’ideale missionario, e sperando anche nella presenza di molti dei 70 saveriani di Cremona e diocesi vicine. “Siamo sacerdoti come voi” È la prima risposta che mi viene, la più importante. Come sacerdoti, anche noi battezziamo, confessiamo, celebriamo la Messa... Soprattutto predichiamo la parola di Dio a chi non l’ha ancora ricevuta, o ha perso la fede. L’unica differenza è questa: non abbiamo una parrocchia “nostra”. Come religiosi, viviamo in comunità e obbediamo ai nostri superiori; ma cerchiamo sempre di lavorare in sintonia con la chiesa p. SANDRO PARMIGGIANI, sx locale, con il vescovo e i sacerdoti. Collaboriamo volentieri anche alle varie commissioni pastorali e specialmente con l’ufficio missionario della diocesi. Un’altra differenza importante è costituita dal nostro “carisma missionario”: abbiamo fatto voto di dedicarci sempre e totalmente alla “missione”, in nazioni lontane e anche in Italia, laddove i superiori ci mandano. Una terza differenza è di carattere economico: non percepiamo un salario, ma viviamo con le offerte della gente e dei parroci che ci chiamano ad aiutarli nel ministero. “Siete tutti importanti per noi” Per noi missionari, tutti voi sacerdoti siete “fratelli” importanti, nell’unica chiesa di Dio. Veniamo volentieri nelle vostre parrocchie per le giornate Una catechista scrive ai parroci Non è uno “spot”, ma un bisogno profondo C ari sacerdoti, chiedo scusa per la mia audacia, ma desidero proporre alla vostra attenzione un grave problema e un’urgente necessità: non venga mai meno lo spirito missionario nella nostra pastorale, soprattutto nella predicazione del vangelo e nella collaborazione fraterna con i missionari della nostra diocesi. Chiesa e saveriani a Cremona Mi riferisco in particolare al legame della chiesa cremonese con i missionari saveriani, fondati dal beato Conforti, grande amico del nostro vescovo mons. Cazzani. Fu proprio lui a celebrare il funerale di mons. Conforti, definito “la perla dei vescovi italiani”, dopo aver accolto i suoi missionari a Grumone di Corte de’ Frati nel 1930, trasferiti poi in città in via Bonomelli nel 1946. In 80 anni di presenza, i saveriani hanno tanti motivi per ringraziare Dio e la chiesa di Cremona, soprattutto per i set- 8 tanta missionari e missionarie avuti in dono. Attualmente in comunità vivono sette saveriani di cui quattro cremonesi, quasi tutti di età matura e con qualche problema di salute, ma ancora desiderosi di collaborare con i parroci per le confessioni e le sante Messe, e in particolare per l’animazione missionaria del popolo di Dio e l’animazione vocazionale di giovani e ragazzi negli oratori. Anno sacerdotale missionario In quest’anno dedicato in modo speciale ai sacerdoti, desidero sollecitare i nostri parroci ad approfondire e vivere una spiritualità missionaria, che sta alle radici dello zelo pastorale e del primo annuncio del vangelo ai lontani. È giusto e necessario preoccuparsi del proprio gregge che diventa sempre più esiguo. Ma è ancor più necessario e urgente l’impegno apostolico verso i non cristiani. FLORA M. Questo campo diventa sempre più esteso, anche a Cremona. I nostri missionari hanno lavorato e lavorano in diverse parti del mondo, dove la chiesa sta crescendo tra mille difficoltà e perfino persecuzioni. So che i saveriani accettano volentieri l’invito a tenere conferenze e a offrire testimonianze missionarie in parrocchia, negli oratori e nei gruppi di catechismo. Perché non approfittare della loro grande esperienza? Possiamo anche approfittare della loro ospitalità. Nella loro casa in via Bonomelli, anche se ridimensionata, i saveriani ospitano volentieri gruppi di ragazzi, di giovani e di famiglie per incontri di formazione e di spiritualità missionaria. Sarebbe bello che anche voi sacerdoti e noi catechisti ci incontrassimo più frequentemente con i missionari per pregare e riflettere, in grande fraternità e spirito ecclesiale. ■ (continua nel riquadro) Settembre 2008: saveriani e sacerdoti diocesani di Cremona insieme in occasione del 50° di sacerdozio di quattro saveriani Saveriani e sacerdoti insieme in una foto dei primi anni novanta…; il rapporto di amicizia e collaborazione non si è mai interrotto e prosegue anche oggi di animazione missionaria, per conferenze ai giovani e adulti sui grandi temi della missione. Nei limiti delle nostre possibilità, rispondiamo alle vostre richieste per le Messe, le confessioni e la visita ai malati. Siamo disponibili anche per le benedizioni pasquali alle famiglie. Io lo faccio da circa venti anni, soprattutto per l’amicizia di un parroco che ha tre comunità e che è così generoso da lasciare per le missioni tutte le offerte dei fedeli. Questo ministero è faticoso, ma gratificante per un pastore che sente nel cuore la gioia di fare del bene a tutti, in particolare ai malati e agli anziani. “Ecco perché sono in Italia...” Per età anagrafica, sono pensionato da oltre dieci anni, e sono stato colpito da vari malanni, il più grave dei quali è stato l’infarto a soli 28 anni, quando ero un missionario felice in Bangladesh, responsabile di oltre cento ragazzi, molti dei quali orfani e tutti molto poveri. Ora ho anche qualche altro dolore ignoto, che fingo di non avere... Noi missionari non stiamo volentieri in Italia. La nostra missione è altrove. Qui ci stiamo quasi per forza, perché infermi o per obbedienza. Ma ci diamo ancora da fare con tutte le nostre residue energie, contenti di essere ancora utili, felici di essere benvoluti e apprezzati, e sempre desiderosi di amare tutti. Quante preghiere ho detto, quante benedizioni ho dato nel nome di Gesù! Ma sento anche il dovere di ringraziare e chiedere perdono, perché so di aver ricevuto molto più di quanto io abbia donato. Grazie a Dio, e grazie a voi tutti sacerdoti, amici e fratelli nell’unica missione della chiesa ■ nel mondo. LAVORARE E COLLABORARE FLORA M. Anche noi catechisti, nella chiesa cremonese, condividiamo la stessa preoccupazione pastorale per la nostra gente, le nostre famiglie e i nostri giovani figli. Ma vorremmo impegnarci di più anche nel campo più missionario dell’annuncio del vangelo a chi non lo conosce o l’ha dimenticato. Perciò cerchiamo di collaborare con voi sacerdoti e con i nostri missionari. Possiamo fare tante cose, piccole ma importanti. Ne menziono alcune. Possiamo far conoscere le figure storiche saveriane: il patrono e modello san Francesco Saverio, il beato Guido Conforti e gli altri nostri missionari cremonesi, di cui sappiamo ben poco. Possiamo impegnarci a diffondere i libri della “Libreria dei popoli” e a far conoscere meglio le loro riviste - “Missionari Saveriani”, “Missione Oggi” e “Cem Mondialità” -, cercando qualche nuovo abbonamento. La stampa missionaria ci fa aprire gli occhi sul mondo e ci stimola a un impegno concreto e personale contro le ingiustizie sociali che portano al sottosviluppo e alla fame. Possiamo cercare nuovi collaboratori: animatori e zelatrici, giovani e adulti, desiderosi di animare le nostre comunità parrocchiali alla missione. Questa collaborazione non è cosa da poco: è una realtà che non può essere ignorata, perché appartiene alla chiesa. Padre Dante Volpini osserva alcuni È una realtà che tocbambini impegnati in un laboratorio ca anche noi laici, ma della mostra Giocafricando 2007: un esempio di collaborazione tra i soprattutto voi parsaveriani e il mondo della scuola roci, che siete i nostri pastori e i nostri maestri. E il centro missionario diocesano può favorire questa nostra collaborazione fraterna per la missione. Sono certa che molti raccoglieCrocifissoquesto del beato mio ranno Conforti, venerato “audace” invito.nel 2009 SETTEMBRE DESIO 20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 Le serate estive dai saveriani Riflessioni missionarie di una “cicala” I l fresco di una mattinata di pioggia estiva permette di sedersi e riflettere su come è iniziata questa estate e, viste le premesse, in quale modo potrà concludersi proprio nei giorni in cui vi giungerà fra le mani questo numero di “Missionari Saveriani”. Come in un diario, vi racconto qualche testimonianza missionaria che è accaduta e accadrà nella casa dei saveriani di Desio. Tutte le storie descrivono una mentalità e uno stile di vita che danno speranza per il futuro. La sedia o la panchina? Il dilemma tra sedia e panchina mi era stato presentato da Stefano durante un ritiro spiri- tuale del gruppo “Sequela”. La risposta si era concretizzata nella richiesta di materiale da parte di alcuni amici rom. In occasione di una festa, erano venuti a prendere in prestito tavoli e panche. Ma un po’ di disappunto è apparso sui loro volti quando invece delle panche, già date in prestito altrove, ho proposto loro di prendere le sedie. La ragione del rammarico non era dovuta tanto al fatto che era più difficile caricare in macchina le sedie, ma piuttosto nella risposta che, a suo tempo, Stefano mi aveva dato: “Sulla panchina ci si può sempre stringere e fare posto a un nuovo arrivato”. Non mi metto ad attualizzare la lezione in questi tempi italia- p. CLAUDIO CODENOTTI, sx ni. Penso che la formazione missionaria di tutti voi abbia già trovato l’evangelica conclusione. Un sorriso e un’ora felice Assieme alle “ronde notturne”, di cui si prevedono piene le serate estive, in Italia ci sono anche diverse “notti bianche” che propongono qualcosa di diverso alla gente che è costretta a rimanere in città. Dallo scorso anno abbiamo avuto la possibilità di mantenere allestito nel nostro giardino, fino ad agosto, l’enorme tendone della festa dei popoli. Questo fa sì che ci giungano tante richieste di utilizzarlo per serate... speciali. Una prima serata è stata organizzata dall’associazione desia- La cicala continua a cantare Pellegrinaggi e battesimi speciali L eila è in attesa del giorno in cui, assieme, andremo al santuario della Madonna di Caravaggio. Un’esperienza unica e desiderata da una vita. Da chissà quanti anni non esce di casa per una gita o un pellegrinaggio. Questo mi fa pensare anche a quanto la gita sia desiderata e attesa da tutte le ospiti e le famiglie povere che gravitano attorno al Centro di accoglienza delle suore di Madre Teresa in quel di Baggio. Da quattro anni ormai, grazie a diversi benefattori, abbiamo l’occasione di organizzare un pellegrinaggio che è anche occasione per un po’ di svago e per familiarizzare tra le ospiti del Centro e i nostri giovani che partecipano al campo di lavoro estivo. Quest’anno la meta è il lago d’Iseo e più precisamente il santuario della Madonna della Neve ad Adro, in provincia di Brescia. Le partecipanti sono le stesse ospiti, in genere ragazze-madri p. C. CODENOTTI, sx provenienti da diversi paesi del mondo, che qualche tempo fa hanno dato vita a un evento bellissimo e significativo: il battesimo di sette bambini. Sono bambini cinesi, africani, latini e dell’Europa orientale. Tutto ciò testimonia che davvero grande è la famiglia dei figli di Dio. La varietà dei colori e dei comportamenti durante la festa dopo i battesimi ha ricreato in piccolo quello che è, e sempre sarà, la nostra chiesa cattolica. ■ Il battesimo di uno dei bambini ospiti, insieme alle mamme, del Centro d’accoglienza delle suore di madre Teresa a Baggio. 8 Sopra, al Centro d’accoglienza di Baggio la missionaria della carità e la bambina appena battezzata. A sinistra, padre Nabo nelle vesti di padre, o quantomeno di… padrino. Le danze scatenate del gruppo “Regala un sorriso” sotto il tendone dei missionari saveriani di Desio, punto di riferimento per feste e incontri durante il periodo estivo na “Regala un sorriso”, che accoglie in estate diversi bambini dell’Ucraina. Pizza fatta in casa, salsicce, patatine, anguria e danze… Tutto per dire “benvenuti tra noi” a questi piccoli amici dell’Europa dell’est. In una seconda serata con il gruppo “Twende”, ci siamo dedicati ai temi dell’Africa. Una “happy hour - ora felice”, per stare insieme e raccogliere qualche fondo per piccoli progetti missionari. Oltre, naturalmente, a una mostra informativa sugli ultimi avvenimenti accaduti in diversi Paesi africani. Sono tutti avvenimenti poco noti al grande pubblico e che mai compaiono nei programmi stanchi e scontati delle televisioni italiane. Famiglie aperte al mondo Facciamo gli auguri a Daria e Roberto, Tatiana e Alberto, Sere- na e Stefano. Sono tre coppie di sposi che, sulla scia delle coppie novelle dello scorso anno e annuncio di altre ancora nell’immediato futuro, rinvigoriscono un nuovo stile di celebrare il loro matrimonio: nella preparazione, celebrazione e viaggio di nozze si aprono al mondo. Non sono poche le coppie che, invece dei regali - la famosa “lista nozze”! - chiedono di sostenere progetti missionari. Non sono pochi i matrimoni che, invece del pranzo in ristorante, organizzano un catering preparato da gruppi impegnati a raccogliere fondi per attività missionarie. Non mancano soprattutto viaggi di nozze che hanno come meta le terre di missione, dove si può dedicare un po’ di tempo a chi ha bisogno. Sono segni di persone che sentono la vocazione alla famiglia e al mon■ do in stile evangelico. DALLA BRIANZA VERSO IL MONDO p. CLAUDIO CODENOTTI, sx Una bellissima serata è stata organizzata per i sei giovani - Paola, Stefano, Elisa, Elena, Valentina e Chiara - che in estate sono partiti per l’Amazzonia. Hanno coinvolto gli amici e la gente in questa “estate speciale”, che li ha portati a conoscere il lavoro svolto dai nostri missionari in quella terra. Naturalmente, il viaggio è per loro anche l’occasione di incontrare, vedere, ascoltare quella parte di umanità che vive tra le foreste e i fiumi dell’Amazzonia o tra le baraccopoli delle immense città del Brasile. La serata è stata anche una bella opportunità per dare ai sei giovani “il mandato” ufficiale da parte di tutti noi e per salutarli; e anche per incoraggiare e sostenere i nostri amici missionari. Non dimentichiamo che quest’anno dalla casa di Desio partono per Ancona gli studenti saveriani Alessio e Diego. Sulle orme di tanti giovani che li hanno preceduti, anche loro fanno un ulteriore passo verso l’impegno e la consacrazione alla missione. Iniziano il noviziato, un cammino formativo di due anni. Per Alessio in particolare, a S. Margherita di Lissone c’è un tifo tutto brianzolo da parte dei giovani amici che con lui hanno condiviso giochi, studi, lavori e ideali, portando diversi frutti di testimonianza cristiana. Mentre auguriamo ad Alessio e a Diego ogni felicità, speriamo che altri giovani generosi rispondano all’invito del Signore: “Venite a lavorare nella mia vigna!”. Alessio Crippa, vestito da kayapò, e Diego Pirani partono per Ancona, per Crocifisso del iniziare il noviziabeato Conforti, to saveriano 2009 SETTEMBRE FRIULI 33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70 Tel. 0432 471818 - Fax 0432 44185 E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336 Il bello nelle piccole cose Segni che danno voglia di vivere C ari amici, è da tanto che non mi faccio sentire, ma le varie attività della missione e le bizze di internet mi hanno fatto restare lungo tempo in silenzio… Comunque sto bene, sono contento e cerco, giorno dopo giorno, di inventare cose nuove insieme ai miei confratelli. La parrocchia “San Bernard” a Kinshasa sta crescendo. Il quartiere è vicino ai 30mila abitanti e molti che si erano allontanati stanno tornando. Ormai la chiesa è diventata piccola, e anche le scuole con più di duemila allievi. Sorprese e scoraggiamento Ogni giorno gusto la sorpresa di vedere tutto questo fiume di gente: uomini e donne, giovani e bimbi che invadono il quartiere. Si perdono nelle stradine infangate, si ammucchiano di giorno nel- le classi e alla sera occupano ogni spazio libero della parrocchia per incontrarsi, cantare, pregare. Il bello di quest’angolo di mondo resta la sua umanità che saluta, ride e lotta contro l’impossibile. Ogni tanto, vedendo quanto cammino c’è ancora da fare, mi prende un po’ di scoraggiamento. Dopo più di due anni di “democrazia”, di promesse e di belle parole, il Congo è ancora instabile: non c’è lavoro, non ci sono medici né medicine, e le scuole aspettano ancora. Scendendo nel quartiere, guardo la strada piena di buche, i canali di scolo intasati, le immondizie che si ammucchiano in ogni angolo. Mi domando quanto ci vorrà ancora per sistemare le cose... “Si comincia a respirare” Poi un raggio di sole mi riporta p. PIER AGOSTINIS, sx verso la verità: in fondo è bello, si vive, si lotta, si va avanti, e la meta si avvicina. A volte il bello si scopre anche nelle piccole cose che restano nascoste, ma che sono segni di speranza, spiragli della luce di Cristo presente in mezzo a noi. A Pasqua ho incontrato i catecumeni che si preparavano al battesimo. La maggior parte di loro erano giovani intorno ai vent’anni. Non ho domandato loro i “dieci comandamenti” né i “sette sacramenti”. Ho chiesto perché avevano scelto di diventare cristiani e cosa significa per loro esserlo. Davvero di cose da dire ne avevano tante. La maggior parte di loro mi ha confidato che il mondo va troppo male e che solo dove c’è un po’ di cristianesimo si comincia a respirare. Domandavano al Signore di Un vero animatore in... vacanza “Ecco perché ho scelto la missione” p. MICHELE CARLINI, sx Padre Michele Carlini di Turrida è un giovane missionario pieno di entusiasmo e con tanta voglia di lavorare per il regno di Dio. Ha trascorso l’estate nella sua terra d’origine, ma prima di partire ci ha raccontato del suo lavoro in Sierra Leone. Gli auguriamo che possa sempre tenere alta la bandiera missionaria del Friuli. 8 Le soddisfazioni non mancano Dodici anni fa, ho avuto la fortuna di lavorare a Kabala con p. Carlo Di Sopra, friulano originario di Rigolato. Lui mi ha spiegato tante cose riguardanti la pastorale missionaria, e gliene sono riconoscente. Ora sto facendo tesoro di quello che ho imparato con lui. Le persone ci vogliono bene e quindi le soddisfazioni non mancano. Lavoriamo molto nel settore dell’istruzione. Gestia- aiutarli a cambiare la mentalità egoista per diventare luce anche per i loro compagni. Due storie vere e commoventi Mauren, una ragazza scappata da Goma durante la guerra, era nel gruppo dei candidati al battesimo. Le ho chiesto che cosa ha domandato al Signore in questo momento così importante per la sua vita. Lei è rimasta un po’ in silenzio; mi ha guardato e ha detto: “La pace per il mio paese”. Poi è scoppiata in un pianto a dirotto. Le ho ricordato che la Pasqua era anche questo: sapere che tutto ciò che fa male non è l’ultima parola; che Dio ci prepara la sorpresa... Dorothée, invece, è una mamma del quartiere che ha accettato di accogliere un gruppo di orfanelli. Li raduna, li segue e ogni giorno prepara loro qualcosa da mangiare. Era scoraggiata perché non sapeva se tutta quella fatica avrebbe prodotto qualcosa… Le dico che, al di là dei risultati, è un bel segno di solidarietà, e poi se anche uno solo si salvasse, ne varrebbe la pena. Il giorno dopo esco e trovo gli orfanelli di Dorothée. Dovevo firmare loro le pagelle prima delle vacanze di Pasqua. Colette, 9 anni, mi aspettava per ultima fuori dalla porta della classe, con un sorriso e un’emozione che non riusciva a trattenere. Mi prende la mano e mi trascina dentro. Jacoby, il suo insegnante, mi mostra fiero il registro dove devo firmare: Colette è la prima di 55 allievi della sua classe! Sono piccole cose, ma sono segni belli, che danno la voglia di vivere, di non arrendersi alle difficoltà, di continuare a rischiare. ■ IN FESTA PER PADRE DENIS missione di Kambia N ella siamo tre saveriani, due italiani e un messicano. Ci occupiamo di una parrocchia nella cittadina e di alcune comunità nei dintorni. In particolare, seguiamo le persone che hanno intrapreso il cammino del catecumenato per diventare cristiane. Kambia ha circa 40mila abitanti, ma nel territorio della nostra missione ci sono circa 150mila persone. I cattolici sono circa il tre per cento, mentre la presenza islamica è prevalente. Padre Pier Agostinis con alcune giovani catechiste della missione “San Bernard”, a Kinshasa in Congo p. DOMENICO MENEGUZZI, sx Padre Michele Carlini con la sorella e alcune donne di Kambia, in Sierra Leone mo diciotto scuole elementari e tre superiori. Lavorare in questo ambiente ci permette di avvicinare i ragazzi e le famiglie per introdurre il discorso sull’annuncio del vangelo. Evidentemente questo metodo prende molto del nostro tempo, ma lo riteniamo importante sia dal punto di vista religioso che formativo. Infatti viviamo in un ambiente dove il 40 per cento della popolazione è ancora analfabeta. Animazione missionaria in Friuli Durante la mia permanenza in Italia ho trovato molte persone che mi hanno detto di fermarmi, perché anche qui c’è bisogno di sacerdoti. Mi rendo conto di queste necessità, ma sono convinto dell’importanza della missione fuori dall’Italia. Noi missionari siamo legati alla chiesa italiana perché è questa che ci invia. Infatti, cerchiamo di trapiantare la fede che è cresciuta nella nostra terra, ci sentiamo chiesa sorella, anche se più giovane… A tutti ho ricordato di sentirci uniti, di creare un mondo in cui si senta l’urgenza di un incontro con le altre culture e religioni. Insomma, mi sono sentito davvero un animatore durante queste vacanze, come del resto fa la comunità saveriana di Udine. Sono stato contento di ritrovare p. Carmelo Boesso, che è stato mio superiore 30 anni fa, quando sono entrato nella casa apostolica di Udine per iniziare le scuole medie e realizzare il mio sogno missionario. Mi ha fatto piacere ritrovare colui che mi ha guidato nei primi passi della mia vocazione. ■ La comunità saveriana di Udine ha gioito, alla fine di giugno, per l’ordinazione sacerdotale di Denis Iurigh. È l’ultimo saveriano friulano. Per il momento, non ce se sono altri in coda; ma noi non perdiamo mai la speranza. La festa non è stata solamente della comunità di Bolzano, frazione di S. Giovanni al Natisone, dove p. Denis è nato e cresciuto, ma anche di tutti i saveriani e in particolare di quelli friulani. Certamente il suo esempio ha lasciato una traccia nella sua e nostra terra! Ora padre Denis si trova a Parigi per imparare bene la lingua francese. Poi raggiungerà la missione in Camerun. Noi gli facciamo i nostri migliori auguri e lo accompagniamo con la nostra preghiera. Padre Denis abbraccia felice i suoi confratelli africani; dopo l’anno di studio del francese si recherà in Camerun per svolgere la sua attività missionaria 2009 SETTEMBRE MACOMER 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Una curiosità tira l’altra Lavoro culturale dei missionari sardi un programma G uardando televisivo sul volume di p. Luigi Soletta “Il sole a mezzanotte”, ho scoperto che l’autore era un missionario sardo. Il libro indica una via verso la luce, una discesa nel proprio cuore, per raggiungere l’illuminazione dopo un lungo cammino di ascesi e meditazione. Il saveriano p. Tonino Melis di Tuili, esperto delle tribù masa del Ciad I samurai di padre Soletta Padre Soletta, per quarant’anni missionario del Pime in Giappone, ha tradotto “Il codice segreto dei samurai”. Il codice può essere considerato un insieme di regole morali e religiose dei samurai: fedeltà al sovrano fino alla morte e responsabilità nel proprio lavoro. Il codice ci presenta il samurai come un monaco che vive la spiritualità compiendo un cammino di distacco da se stesso, per raggiungere la vetta del sapere e la ricerca della gioia. Il codice dei samurai è diventato una regola di vita anche nell’attuale società giapponese. Dopo la trasmissione televisiva, ho voluto approfondire il lavoro culturale dei missionari sardi, traduttori di lingue e culture straniere e alfabetizzatori di popoli di cui hanno salvato la tradizione orale attraverso la scrittura. La difesa delle lingue indio Tra i missionari sardi che hanno contribuito con il loro lavoro p. DINO MARCONI, sx culturale alla missione universale della chiesa, si distinguono il gesuita Maccioni e il saveriano Melis. Questi missionari hanno fatto un doppio lavoro di traduzione del vangelo: dall’italiano alle lingue locali e, viceversa, per farci conoscere le culture dei popoli dove hanno vissuto. Il gesuita Antonio Maccioni, nato a Iglesias nel 1672, fu inviato in Paraguay dove i gesuiti lavoravano tra le popolazioni indigene per svolgere la missione di evangelizzazione. Agli inizi del XVIII secolo si spostò nella vasta regione del Chaco, al nord dell’attuale Argentina, dove si trovavano cinque popolazioni indigene. Il lavoro di alfabetizzazione comportava la formazione di codici linguistici indigeni e contribuiva alla difesa e all’uso della lingua indio nel lavoro di evangelizzazione. Di questa operazione linguistica è rimasto il lavoro di p. Maccioni, pubblicato nei testi di una grammatica, di un vocabolario e Per andare “oltre la siepe” Il volo della gallina e il volo dell’aquila S i è tenuto ad Arborea il 2 giugno il convegno missionario sardo. All’inizio è stata presentata una riflessione, preparata dalle saveriane di Oristano dal titolo, “Oltre la siepe”. Pubblichiamo il bel testo scritto da Teresina Caffi, che è echeggiato nelle relazioni dei partecipanti, a cominciare da don Mario Cuscusa, che ha introdotto il convegno. 8 Certo, puoi stare a casa tua Certo che puoi stare sempre chiuso in casa tua! Certo che puoi stare tutta la vita nel tuo paese: c’è tanto da fare e tanti sono nel bisogno! Certo che puoi stare dentro la siepe del tuo giardino: ci sono ancora tante sterpaglie da raccogliere! Se Paolo avesse fatto così, tu ed io saremmo ancora lontani da Cristo! Se noi - non ebrei e non di Palestina - siamo stati raggiunti dal vangelo è perché qualcuno, bene o male, ha osato: ha lasciato qualche piatto da asciugare a casa sua, qualche foglia secca nel giardino per andare oltre la porta, oltre la siepe per incrociare lo sguardo di sconosciuti: il nostro! Ci troviamo così con un tesoro in mano; un tesoro che urge per essere passato ad altri. Un tesoro strano: passandolo, lo si custodi- sce; custodendolo lo si perde. Ci dicono che ora non è più il tempo di annunciare chicchessia; che bisogna lasciare ciascuno percorrere le sue vie; che la logica che cambia il mondo è quella della domanda e dell’offerta, la logica dei mercato. Perciò, dicono: «rientra all’interno della siepe, chiudi la porta, accontentati di cercare la tua individuale felicità». Se viaggi, sia per affari o per piacere, lascia che il mondo vada come crede. Dicono: «è finito il tempo dei missionari». Se il mondo è nel tuo cuore... A te, creatura fatta per i gran- sr. TERESINA CAFFI, mM di sogni di Dio, abitata dal suo amore onnipotente, raccontano piccole storie di cortile, insegnano ad accontentarti di svolazzare a un metro dal suolo! Non cascarci! Fa’ tacere le loro voci. Ascolta Dio nel silenzio. Ascolta il grido di un mondo tribolato. Lasciati portare sulle ali d’aquila dello Spirito di Dio alle sorgenti profonde della gioia e di un mondo nuovo in costruzione! Dà spazio alla passione di Dio per lasciargli costruire un mondo nuovo passando dalla tua mente, dalle tue braccia, dal tuo cuore, dai tuoi piedi! Lascia che Dio ami in te il mondo intero, a cominciare dai più piccoli. Se non porti il mondo in cuore non porterai neanche quelli della tua casa; lascerai perdere anche quelli del tuo paese! Se il mondo è nel tuo cuore, anche se non dovessi fisicamente partire, hai già aperto le porte, scavalcato le siepi! Se rimani, non sarà per paura; se vai, non sarà per fuga. Sarà per docilità a quell’Amore che mosse Paolo a partire, e Giacomo a restare a Gerusalemme. Se voli da gallina, ora che lo Spirito di Dio ti ha sollevato su ali d’aquila..., troverai davvero ■ la gioia? di un catechismo scritto in due versioni, una estesa e l’altra semplificata. Il testo, pubblicato per la prima volta a Madrid nel 1732 e stampato una seconda volta a Buenos Aires nel 1877, è l’unico che prova la presenza di una lingua india, scomparsa probabilmente alla fine del Settecento. Una delle pubblicazioni del gesuita Antonio Maccioni e il vangelo in lingua masa tradotto da p. Melis Missionario e uomo di cultura Venendo ai nostri giorni, il saveriano Tonino Melis ha svolto un lavoro di inculturazione in Ciad dall’inizio degli anni ‘80. Ha imparato e studiato le lingue locali e ha fatto ricerche specifiche sulla cultura orale della tribù dei masa, popolo di allevatori. Visitando i villaggi, ha compiuto una ricerca sulle tradizioni orali della savana e ha raccolto i miti della tribù masa. Ha registrato le memorie degli anziani, tramandate oralmente da generazioni, con proverbi, preghiere, favole e indovinelli. Ha lavorato alla stesura di un dizionario francese-masa per salvarne la lingua e la tradizione. Ha anche curato la traduzione del vangelo nella lin- gua dei masa. È bella quest’immagine dei missionari come “persone di cultura”, che svolgono un grande lavoro di alfabetizzazione e traduzione. La maggioranza dei testi di lingua, antropologia ed etnografia sulle culture dell’Africa nera nel secolo scorso è stata fatta da missionari. Condividendo a lungo la vita delle popolazioni locali, possono fare ricerche linguistiche e culturali per le raccolte di proverbi, racconti della tradizione orale o scritta, per cercare di conoscere i segreti di gruppi etnici prima che scompaiano, inghiottiti dalla globalizzazione. Presso la “Liberia dei popoli” di Brescia si possono trovare diversi libri di favole dei tre continenti, testimonianza del lavoro culturale dei nostri missionari. ■ Il ritiro delle delegate “La missione della chiesa in Africa” è stato il tema delle meditazioni del ritiro estivo per le delegate missionarie a Macomer, dal 25 al 28 agosto. La riflessione sull’annuncio del vangelo in Africa, in preparazione al secondo sinodo africano, è stata guidata da p. Tonino Melis di Tuili, missionario in Camerun-Ciad e scrittore di cultura africana. INCONTRI D’AUTUNNO p. D. MARCONI, sx 13 settembre: Mission Day Domenica 13 settembre si tiene a Macomer il “Mission Day” per i giovani di tutta la Sardegna. È la data della ripresa delle attività di animazione missionaria giovanile. Il tema, stampato anche sulle magliette utilizzate per i campi estivi, ha per titolo, “La missione è una sola”. Il programma prevede l’accoglienza dei vari gruppi alle 9.30, l’annuncio della proposta missionaria alle 10 e l’Eucaristia, a cui seguirà un’agape fraterna e la festa insieme nel pomeriggio. Tutti i giovani sono invitati. Per informazioni: p. Roby 340 4914261; e-mail: [email protected] Otto dies a sas animas I missionari saveriani della Sardegna anche quest’anno celebrano le sante Messe in suffragio dei defunti, con la pratica degli “Otto dies a sas animas”. L’appuntamento è nella cappella della loro casa, in via Toscana 9 a Macomer, da domenica 15 a domenica 22 novembre alle ore 19. Tutti sono invitati a unirsi nella preghiera almeno spiritualmente. Per informazioni: p. Dino 340 0840200; e-mail: [email protected] 2009 SETTEMBRE MARCHE 60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40 Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639 E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605 SAVERIANI MARCHE Le vacanze del missionario Quei riti di famiglia che ritornano P adre Savio Corinaldesi, saveriano di Jesi e missionario in Brasile, è stato a casa per le vacanze. È abitudine che ogni tre anni, o anche più spesso se c’è motivo, il missionario lasci per alcuni mesi le sue attività e torni in patria per un periodo di riposo. Noi abbiamo approfittato di questo intervallo per intervistare p. Savio. Cos’è il missionario secondo te? Mi piace immaginare il missionario come colui che “descansa carregando pedras - riposa trasportando pietre”. È un detto brasiliano che si riferisce a persone che non abbandonano mai il loro lavoro, ma al massimo cambiano attività. Non dico questo perché il missionario sia un superuomo o perché si creda necessario e indispensabile, ma perché - dopo aver visto ciò che ha visto, dopo aver sentito ciò che ha sentito - egli resta per sempre un uomo segnato dalle esperienze che ha vissuto. Il missionario va in vacanza? Sì, ci va perché nessuno è di ferro, e anche perché la missione esige che lui torni a casa ogni tanto. E cosa fa? Torna in famiglia, torna nella sua chiesa di origine e porta la testimonianza delle realtà umane ed ecclesiali che ha vissuto in paesi lontani. Che posto ha la famiglia? La famiglia biologica occupa un posto importante nell’agenda del missionario in vacanza. Genitori e fratelli hanno pagato il prezzo più alto quando il figlio o il fratello è partito; hanno sofferto più di ogni altro durante la sua prolungata assenza. Quando torna, il missionario recupera il suo posto. Quasi sempre trova vuoti do- a cura di p. PIERGIORGIO VENTURINI, sx lorosi, scopre i segni del tempo che passa nel volto e nel corpo dei suoi cari. I nipoti e pronipoti, che sono venuti ad allargare la comunità famigliare e sono cresciuti in numero e statura, ricordano al missionario che il tempo corre veloce… Cosa chiedono i famigliari? Da lui le persone di casa vogliono sapere nei minimi particolari le informazioni sulla vita sua e del popolo che ha adottato. Gli dispensano attenzioni speciali, quasi a compensare il tempo della lontananza. Mamma, sorelle, cognate e nipoti si impegnano con affetto e perizia a preparare per lui i piatti dell’infanzia, a fargli rivivere i riti della famiglia... E poi spesso la famiglia si allarga ai vicini, ai compagni d’infanzia, agli amici dei famigliari che vengono per ascoltare la parola di quest’uomo un po’ esotico, che non riescono a capire del tutto ma che trattano con DIARIO DELLA COMUNITà In festa con i benefattori Dio ama chi dona con gioia E ra una calda domenica di maggio quella che ci ha visto riuniti per festeggiare la carità cristiana di benefattori e benefattrici dei saveriani delle Marche. Sono numerose le persone che ci sostengono, ciascuno secondo le proprie possibilità e, soprattutto, gioiose nel donare. Proprio su questa qualità si sofferma san Paolo: “Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia”. L’amore è come un’onda L’attenzione che queste persone hanno verso i missionari 8 ILARIA BASTIANELLI e i loro popoli è conseguenza dell’amore che hanno nel cuore. Non è semplice filantropia, ma amore ricco di valori cristiani che rendono la persona capace di vivere da “benefattore” ogni giorno. Da questo amore tutti possono riconoscere che essi sono figli di Dio, come scrive san Giovanni: “Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio, perché Dio è amore”. Per Cristo è talmente importante che noi amiamo che egli afferma: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”. L’amore cristiano ci apre, ci fa uscire da noi stessi. L’amore è come l’onda generata Domenica 17 maggio dai saveriani di Ancona si è tenuto l’incontro con i benefattori; hanno partecipato in tanti; nella foto, una piccola rappresentanza insieme all’inesauribile p. Giuseppe Bardelli da un sasso gettato nell’acqua: continua a espandersi, ad allargarsi. Infatti, il missionario non è colui che si chiude in comunità e si crea un’oasi felice, ma è colui che cammina con gli altri e li serve fino a dare la sua vita per loro. Con il cuore spalancato Il beato Conforti aveva come motto una frase di san Paolo: “L’amore di Cristo ci spinge”; quindi ci fa uscire, ci fa andare oltre... Recentemente i vescovi si sono espressi contro i respingimenti dei clandestini che arrivano in Italia. Infatti una società che si chiude ferma l’espandersi dell’amore, fa morire l’amore. Gli stessi apostoli, all’inizio, predicavano il vangelo solo ai giudei. Allora Dio, per indirizzarli verso tutti, mandò lo Spirito Santo anche sui pagani. Gesù ci chiede di essere figli e figlie di Dio-che-ama, di essere persone sempre aperte e accoglienti, che si preoccupano di tutti. Come cristiani, abbiamo la responsabilità di aprire le porte, di andare verso tutti con il cuore spalancato. Lasciamo che l’amore si espanda attraverso i nostri gesti concreti: “Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro ■ frutto rimanga”. Durante le sue vacanze a Jesi p. Savio Corinaldesi ha riscoperto l’affetto dei famigliari e i sapori della buona cucina marchigiana rispetto e ammirazione. E cosa pensa il missionario? Il missionario in vacanza accetta le attenzioni di famigliari e amici che fanno a gara per proporgli i profumi della cucina di casa o i gesti di affetto della liturgia domestica. Sono i gesti di chi vuol recuperare il tempo perduto. Ma lui non può perdere mai di vista altri piatti e sta attento affinché i veri destinatari dell’affetto di chi lo circonda qui in patria siano prima di tutto coloro a cui egli ha dedicato la vita in terre straniere. Ritrova la sua parrocchia d’origine? Sì, per il missionario che rientra in Italia, sia pure per ferie, la presenza nelle comunità cristiane, gli incontri con i sacerdoti, la partecipazione alle celebrazioni eucaristiche e dovunque esista qualche espressione ecclesiale e missionaria, sono tutti impegni che hanno priorità assoluta. Sei legato alla chiesa marchigiana? Ho passato undici anni della mia gioventù in seminario, prima a Jesi nel seminario diocesano e poi a Fano nel seminario regionale. In seminario mi hanno insegnato a sentirmi parte di una chiesa universale, ma con le caratteristiche, la storia, la fisionomia della diocesi di Jesi. A pochi mesi dall’ordinazione sacerdotale ho lasciato il seminario (e non fu affatto un distacco indolore!) per realizzare la mia vocazione missionaria al di là dei confini della diocesi. ■ (continua nel riquadro) ASPETTANDO LA PROSSIMA E-MAIL p. SAVIO CORINALDESI, sx Padre Savio continua… Non ho lasciato la dio- Padre Savio Corinaldesi a Roma con l’amico bergamasco cesi. Essa è mia e io le apSergio Rossin, la mamma Cristina e la suocera brasiliana Benedita (a sinistra) partengo per sempre. I saveriani mi hanno permesso di inserirmi nella missione universale che proprio in quegli anni il concilio Vaticano II restituiva a tutto il popolo di Dio. Il compianto don Fernando Fava mi ricordava: “Sarai sempre uno di noi; tu in missione ci vai a nome nostro, non vai per conto tuo”. I vincoli di amore fraterno con il clero della diocesi non si sono mai allentati, nonostante gli anni passati in missione. La fede che mi sforzo di vivere e condividere con il popolo brasiliano non me la sono data da solo. L’ho ricevuta in famiglia, in seminario, nella mia chiesa di origine. È normale che, tornando in patria, racconti di come vivo questa fede in ambienti lontani e differenti dai nostri e, allo stesso tempo, porti la testimonianza delle meraviglie che Dio opera in altri popoli della terra. Riparto per il Brasile, ma non è più la prima partenza, piena di lacrime e di apprensioni. Torno sapendo ciò che mi aspetta, e chi resta capisce che a ogni partenza segue un ritorno in missione più fecondo. Dopo le vacanze, il missionario torna al suo posto di lavoro con gioia e pace, e lascia pace e gioia a coloro che continuano a volergli bene da lontano, aspettando la prossima e-mail o la prossima telefonata che dica: “Qui tutto bene! La vita continua”. Per contattare il missionario: p. Savio Corinaldesi SGAN 905 Conj. B (POM) - 70790-050 Brasília DF - Brasile E-mail: [email protected] 2009 SETTEMBRE PARMA 43100 PARMA PR - Viale S. Martino, 8 Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502 E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437 La stola e il grembiule Qualche riflessione per ricominciare P er noi studenti saveriani di teologia a Parma, l’ultima settimana di giugno è stata particolare e molto... adrenalinica. Approfittando dell’ordinazione del friulano p. Denis Iurigh, abbiamo deciso di tenere la nostra verifica annuale proprio a Udine. Padre Denis ha studiato per sei anni teologia a Parma ed è stato ordinato diacono lo scorso dicembre con Reinaldo e Alfonsus. Durante la settimana in preparazione all’ordinazione sacerdotale, abbiamo avuto l’opportunità di fare animazione missionaria. L’ordinazione di Denis Arrivati il 21 giugno a Udine, dopo cena abbiamo partecipato al pellegrinaggio e alla veglia di preghiera preparata dagli amici della parrocchia dove è nato p. Denis. I diaconi Reinaldo (brasiliano) e Alfonsus (indonesiano), compagni di studi di p. Denis, hanno dato la loro testimonianza vocazionale. Tra una visita al santuario del monte Lussari e la conclusione della verifica, abbiamo partecipato a un incontro che aveva per tema: “La stola e il grembiule”. Alcuni di noi hanno dato la propria testimonianza. La nostra settimana si è conclusa partecipando all’ordinazione di p. Denis nella cattedrale di Udine, sabato 27 giugno, e alla sua prima Messa nella parrocchia di San Giovanni al Natisone, la domenica. Padre Denis sarà missionario in Camerun, ma prima dovrà vedersela con la “lingua di Molière”, andando a Parigi per imparare il francese. A lui, i nostri migliori auguri! Possa sempre impostare la sua vita vivendo i simboli della stola (potere dell’amore) e del grembiule (servizio ai fratelli). Un rospo che non va giù E ora vorrei passare a un altro argomento. Visto che gli animi si sono un po’ placati, mi permetto di fare una riflessione su un evento successo qualche mese fa, in occasione della vi- SERGE TCHATCHE, sx sita del Papa in Camerun. Vorrei commentare le esternazioni fatte dalla stampa sulla vicenda dei “preservativi”. Sono stanco e indignato di sentire persone far finta di avere a cuore le sorti dell’Africa quando in realtà non è così. Possibile che nessuno abbia colto, dietro le parole del Papa, il vero intento del suo intervento e che quasi tutti, anche quelli che avrebbero dovuto essere più attenti, siano cascati nella trappola dei media? È chiaro che il vero problema sta altrove. Mi vengono in mente alcune domande: come mai nessun capo di stato africano ha reagito come hanno reagito certi governi occidentali? Come mai nessuno ha più fatto allusione al discorso del Papa al suo arrivo all’aeroporto di Yaoundé, in Camerun? Perché nessuno è andato a leggere per intero la sua risposta? Cerchiamo di fare sul serio Il nocciolo importante della questione, invece, sta nella pos- La Messa del ringraziamento GAMS, Gruppo Amici Missionari Saveriani C ome è consuetudine il primo giovedì di giugno, a conclusione dell’anno sociale, il Gams si è ritrovato nel santuario Conforti per la celebrazione della Messa di ringraziamento. L’ultima celebrazione eucaristica è per tutti noi l’occasione per esprimere tanti “grazie”, a nostro Signore e anche a tutti coloro che ci hanno accompagnato ogni mese, a partire dal primo giovedì di ottobre. 8 ta nella realizzazione di questo sogno. E il Gams offre l’opportunità e la gioia di condividere con tanti di loro l’amicizia, la preghiera e l’aiuto solidale. Penso soprattutto ai giovani saveriani di tante nazioni che nella comunità teologica internazionale di Parma si preparano a diventare missionari e sacerdoti. Negli anni della loro permanenza fra noi il Gams instaura legami di fraternità che trovano la massima espressione nel giorno della loro professione perpetua e poi nel saluto del tutto particolare che il gruppo riserva loro proprio nella Messa del “grazie”, prima che essi partano per le loro nuove destinazioni. EMILIA BONFANTI L’impegno a rimanere fedeli Un grazie particolare va al nostro assistente p. Ulisse Zanoletti, che guida ogni nostro incontro, e per i confratelli della casa madre e delle varie missioni che, arrivando a Parma, accettano l’invito di p. Ulisse a celebrare con lui le nostre Messe. I racconti delle loro esperienze di vita missionaria, il loro entusiasmo che non si affievolisce nemmeno nelle prove e nelle Il legame con gli studenti difficoltà, la fiducia nella forza Il progetto del beato vescodella preghiera, la fedeltà nel vivo Guido Conforti di fare del vere la Parola di Dio rinnovano mondo una sola famiglia trova anche in noi il vero significato anche ai giorni nostri e in ogni della nostra vita, che acquista continente diverse persone che il suo senso pieno se vissuta in vogliono impegnare la loro vicomunione con ogni persona e che si realizza nell’amore reciproco. A tutti i nostri cari missionari, compresi gli anziani e i malati, icone sacre della famiglia saveriana, il Gams ha espresso il proprio grazie per l’impegno a rimanere fedeli alle sue finalità attraverso l’amicizia, la preghiera, l’aiuto e la ricerca di sempre Il gruppo del Gams con l’assistente spirituale p. Ulisse Zanoletti, in pellegrinaggio ■ nuovi amici. all’abbazia di Morimondo (MI) il 28 maggio scorso Padre Denis abbraccia felice i suoi confratelli africani; dopo l’anno di studio del francese si recherà in Camerun per svolgere la sua attività missionaria sibilità e nel diritto di tanti malati di accedere ai medicinali, i cosiddetti retrovirali. Nessuno ha sollevato il problema della manipolazione esercitata dalle potenze farmaceutiche. Nessuno ha constatato che tanti bambini nascono sieropositivi e che questa situazione si potrebbe evitare fornendo alle mamme malate di Aids le medicine giuste... Aiutare almeno le donne africane malate sarebbe un gesto di vera solidarietà umana e cristiana. E sarebbe ancora poco, in confronto al continuo sfruttamento delle preziose risorse minerarie del continente nero. Sarebbe ora di smetterla di prenderci in giro e di fare come lo struzzo che nasconde la testa nella sabbia. Apriamo gli occhi e guardiamo in faccia la realtà. Se amiamo davvero l’Africa, accettiamo di comprometterci per il bene di quei poveri che nel mondo muoiono, mentre pochi guadagnano tanto, speculando su ciò che sarebbe utile per salvare molti. ■ PER ANDARE “OLTRE LA SIEPE” TERESINA CAFFI, mM Certo che puoi stare sempre chiuso in casa tua! Certo che puoi stare tutta la vita nel tuo paese: c’è tanto da fare e tanti sono nel bisogno! Certo che puoi stare dentro la siepe del tuo giardino: ci sono ancora tante sterpaglie da raccogliere! Se Paolo avesse fatto così, tu ed io saremmo ancora lontani da Cristo! Se noi - non ebrei e non di Palestina - siamo stati raggiunti dal vangelo è perché qualcuno, bene o male, ha osato: ha lasciato qualche piatto da asciugare a casa sua, qualche foglia secca nel giardino per andare oltre la porta, oltre la siepe per incrociare lo sguardo di sconosciuti: il nostro! Ci troviamo così con un tesoro in mano; un tesoro che urge per essere passato ad altri. Un tesoro strano: passandolo, lo si custodisce; custodendolo lo si perde. Ci dicono che ora non è più il tempo di annunciare chicchessia; che bisogna lasciare ciascuno percorrere le sue vie; che la logica che cambia il mondo è quella della domanda e dell’offerta, la logica dei mercato. Perciò, dicono: «rientra all’interno della siepe, chiudi la porta, accontentati di cercare la tua individuale felicità». Se viaggi, sia per affari o per piacere, lascia che il mondo vada come crede. Dicono: «è finito il tempo dei missionari». Non cascarci! Fa’ tacere le loro voci. Ascolta Dio nel silenzio. Ascolta il grido di un mondo tribolato. Lasciati portare sulle ali d’aquila dello Spirito di Dio alle sorgenti profonde della gioia e di un mondo nuovo in costruzione! Dà spazio alla passione di Dio per lasciargli costruire un mondo nuovo passando dalla tua mente, dalle tue braccia, dal tuo cuore, dai tuoi piedi! Lascia che Dio ami in te il mondo intero, a cominciare dai più piccoli. Se non porti il mondo in cuore non porterai neanche quelli della tua casa; lascerai perdere anche quelli del tuo paese! Se il mondo è nel tuo cuore, anche se non dovessi fisicamente partire, hai già aperto le porte, scavalcato le siepi! Se voli da gallina, ora che lo Spirito di Dio ti ha sollevato su ali d’aquila..., troverai davvero la gioia? 2009 SETTEMBRE PIACENZA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 Quell’hippie un po’... stagionato P. Tobanelli e i “tokay” del Bangladesh P adre Riccardo Tobanellli, saveriano di Castrezzone Muscoline (BS), lavora in Bangladesh. È uno di quei missionari che se lo incontri una volta nella vita non lo puoi più scordare, non solo per il suo aspetto un po’ tra il santone indiano e l’hippie stagionato, ma soprattutto per quella simpatia che spinge ad ascoltarlo e a credergli. Il suo look disorienta un po’, ma quando sorride e parla della vita missionaria ti conquista e affascina. Viene voglia di fare qualcosa per i suoi ragazzi di strada, per le situazioni limite con cui ogni giorno si confronta in quella terra sovrappopolata e colpita da catastrofi naturali. Lo abbiamo intervistato durante le sue vacanze in Italia. Da quanto sei in Bangladesh? Sono in Bangladesh dal 1982. La mia attività si svolge in ambiente prevalentemente musulmano e predilige l’aspetto sociale. Ho lavorato con un gruppo di fuoricasta costruendo delle piccole scuole e dando vita a una picco- la organizzazione chiamata Dolet, che si occupa di queste persone. E poi cosa hai fatto? Dal 1994 mi sono dedicato alle vittime dell’urbanizzazione selvaggia, che ha portato all’abbandono dei villaggi e di molti valori culturali tradizionali, che sono andati persi. L’inserimento in un ambiente ostile causa molti disagi. La famiglia spesso si disintegra e i bambini il più delle volte sono lasciati a se stessi. Questi bambini cadono in situazioni disperate e tragiche, come lo sfruttamento del lavoro e la prostituzione. E diventano prede della strada… Esatto. Il fenomeno viene chiamato tokay per via del lavoro di raccolta e riciclaggio di materiale che trovano nelle discariche. Abbiamo cominciato a offrire loro dei rifugi per la notte. In seguito, abbiamo accolto i più piccoli in strutture apposite, per dare loro una vita più normale nella quale fosse compreso, oltre all’alloggio e ai pasti regolari, anche a cura di p. F. RAFFAINI, sx l’educazione scolastica. Ora sei nella capitale? Tre anni fa mi sono trasferito a Dhaka dove il problema dei tokay è più grave. Con alcuni dei miei ex ragazzi di strada, ormai cresciuti, abbiamo dato vita a due centri. Il primo è a Kaworan Bazar, vicino alla ferrovia in uno di quei quartieri dove la vita è a dir poco disumana. L’altro è situato a Savar nella zona industriale dove oltre al consueto posto per la notte, durante il giorno teniamo aperto un asilo infantile per ospitare i figlioletti di giovani donne abbandonate. Queste mamme per sopravvivere fanno le serve nelle case degli operai della zona. Hai costruito una squadra! Con alcuni giovani di queste comunità abbiamo pensato di affrontare con pochi mezzi e tanta buona volontà il dramma dei bambini di strada. Ci sembrava un problema che riguardasse tutti. La maggior parte del lavoro è svolto dai giovani che si adoperano a soccorrere, educare e aiu- Padre Riccardo Tobanelli, saveriano bresciano, con un gruppo di “tokay”, i bambini di strada del Bangladesh che lui aiuta perché abbiano un futuro migliore tare bambine e bambini abbandonati. Con una quindicina di giovani, tra cui anche delle ragazze, abbiamo aperto nuovi centri dove con la loro esperienza di ex tokay, aiutano i bambini a intraprendere nuove strade per un inserimento più dignitoso nella società. Cosa fate in particolare? Uno dei compiti è il rapporto con le forze dell’ordine. Infatti, la tendenza è quella di arrestare i bambini di strada, mandarli davanti a un giudice, condannarli e metterli in prigione. È facile così perdere le loro tracce. Con il gruppo di giovani abbiamo creato delle unità di pronto intervento. Non appena veniamo a conoscenza di questi casi interveniamo presso la polizia per farli rilasciare e farceli affidare. ■ (continua nel riquadro) La nuova missione di Nefa Padre Abeni ha incontrato gli amici bresciani S ta finendo un’altra estate e come ogni anno sono stati tanti i saveriani, bresciani e non, che sono passati a trovarci durante le loro vacanze. Sono i padri Abeni, Tobanelli, Pistoni, Filippini, Pedrotti, Targa e Taini. Oltre a loro ci sono p. Loda, p. Rigali e p. Brentegani, tre saveriani bresciani superiori in Colombia, nelle Filippine e in Congo, che hanno partecipato alla Cosuma, Conferenza dei superiori maggiori, a Tavernerio (CO). 8 Sentirsi giovani e ripartire Padre Gianni Abeni, del quartiere della Noce, ha fatto una toccata e fuga, giusto il tempo per rimettersi in sesto da qualche problemino fisico e salutare gli amici. Fatto il tagliando, è già ripartito per la missione di Nefa, in Camerun. Racconta: “Pensavo fosse ora di andare in pensione, avendo già passato i 65 anni; invece la Provvidenza vuole a tutti i costi farmi sentire giovane. Farò quello che potrò perché la missione di Nefa copre un territorio molto vasto e ci sono tante cose da fare”. Padre Gianni è nella sua nuova missione da un anno e ogni giorno scopre cose nuove. Nefa è situata alla periferia di Bafoussam, capitale del Camerun occidentale. Ha quindi i tipici problemi delle periferie delle città, ma nello stesso tempo si estende per oltre 20 chilometri su un vasto territorio di campagna che comprende sei centri rurali, dove p. Gianni dovrebbe andare ogni settimana, ma le strade sono orribili. L’unica consolazione è che Nefa si trova a 1.400 metri d’altitudine, per cui il clima è buono. Il grande bisogno di acqua Padre Gianni ha un gruppo di supporter appassionati che lo se- P. Gianni Abeni, durante la permanenza a Brescia, ha rallegrato tutti con le sue battute in un dialetto misto tra il bresciano e lo spagnolo-camerunese DIEGO PIOVANI guono e sostengono in ogni suo spostamento. Il gruppo si chiama “Kamenge e dintorni” e ha la sede in Borgo Trento. Proprio a loro p. Abeni ha spiegato che gli abitanti di tanti villaggi sono andati da lui a chiedergli un aiuto per l’acqua. L’intenzione è di prolungare per altri cinque chilometri l’acquedotto che è già stato realizzato. Si tratta di condurre l’acqua in alcuni villaggi molto distanti dalla periferia, ma che sono densamente abitati. “La popolazione è molto disponibile e ha già garantito di collaborare concretamente a questa iniziativa, vitale per tutti”. L’acqua è una necessità fondamentale; senza l’acqua non si può nemmeno pensare di iniziare altri lavori. Tra questi, c’è la costruzione di alcune aule scolastiche di cui i bambini hanno assolutamente bisogno. Attualmente, sono costretti a fare scuola in strutture fatiscenti, sempre a rischio di crolli. Dice p. Gianni: “Vorrei cominciare a fare qualcosa nei villaggi della foresta, dove c’è tanta gente completamente abbandonata”. Speriamo che p. Abeni riesca a realizzare almeno una parte di questi bei progetti. ■ I saveriani di Brescia si sono riuniti dal 6 al 9 luglio scorso per la verifica e la programmazione annuale delle attività presso la casa dei comboniani di Limone sul Garda. Si sono soffermati su tutti gli aspetti della loro vita e attività. Nella foto, al termine dei lavori, prima della cena alla “Scuderia Castello” del sig. Zambiasi. SOLO GLI OCCHI PER VEDERE a cura di p. FIORENZO RAFFAINI, sx Padre Riccardo descrive anche il problema dell’intolleranza degli abitanti attorno ai piccoli centri d’accoglienza dei tokay. “Spesso la gente si sente disturbata da questi ragazzi e non vuole rinnovarci l’affitto. Un altro aspetto delicato è la presenza delle ragazze. I nostri gruppi le tutelano e si interessano che eventuali matrimoni non nascondano situazioni deleterie per le giovani. Naturalmente i bambini dei nostri centri sono quasi tutti musulmani e partecipano all’educazione religiosa nella loro fede e nei loro ambienti. Il clima con i responsabili delle moschee è buono, tanto che in più di un’occasione, durante la guerra in Iraq, i responsabili musulmani hanno impedito ai più facinorosi di danneggiare le nostre strutture, considerandole come le loro”. Sentendo parlare p. Riccardo ci rendiamo conto che il suo cuore non è per nulla differente da quello di tanti altri missionari. È l’amore per il prossimo che spinge ad agire e che impedisce di distinguere tra casta e fuori casta, tra bianchi e neri, tra ricchi e poveri. I missionari hanno solo occhi per vedere il fratello e la sorella che, stretti dal bisogno, chiedono ascolto e solidarietà. Padre Riccardo ci saluta. Lo vedo salire sulla motocicletta del fratello e tornare sulle sue colline moreniche a tagliare un po’ di bosco. Poi partirà per il Bangladesh. Cerca qualcuno che vorrà aiutarlo nella sua missione e, perché no, anche a intraprendere una vita come la sua. Bambini di strada e gente comune Crocifisso del beato venerato camminano suiConforti, binari alla periferia nel santuario deidimissionari a Dhaka, insaveriani Bangladesh 2009 SETTEMBRE PIEMONTE e liguria 20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 Padre Vincenzo Baravalle, saveriano di Villafranca Piemontese, è morto il 17 luglio a Jakarta, in Indonesia; è stato sepolto nel piccolo cimitero saveriano di Padang. Nella foto del 2005, insieme al fratello Giuseppe, la cognata Fidelia e i loro due figli Padre Vincenzo Baravalle Così lo ricorda un suo compagno d’infanzia Chi scrive è un saveriano compaesano di p. Baravalle, e quasi coetaneo, di appena 4 anni più anziano. Insieme hanno vissuto l’infanzia e la formazione alla vita missionaria. di 13 figli. Papà D odicesimo e mamma, un ecceziona- le esempio di vita cristiana, piena di saggezza e di fede concreta, vissuta nella quotidianità della vita. Vincenzo ha preso molto di questa serietà di impostazione cristiana. Sono convinto che la storia della sua vocazione sia stata sempre lineare, senza esitazioni fin dagli inizi, sempre determinata e diritta al suo scopo. Il prete e il... bandito Era entrato ragazzo nel seminario diocesano di Giaveno (Torino), ma verso la fine dei cinque anni del ginnasio aveva sentito la vocazione missionaria e ave- va chiesto di entrare tra i missionari saveriani. Ricordo una lettera che mi scrisse in quel periodo (io ero entrato nei saveriani da poco più di un anno). Era una lettera molto spontanea e piena di entusiasmo, ma nello stesso tempo chiara e precisa nelle motivazioni della vocazione missionaria che sentiva dentro di sé. I suoi fratelli più anziani ricordano che Vincenzo da piccolo giocava a “celebrare la Messa”: con un drappo o un asciugamano sulle spalle a guisa di pianeta, davanti a una piccola edicola che si era preparato lui stesso in casa. Suo fratello più piccolo, invece, nei suoi giochi preferiva sempre il ruolo del... “bandito”. Io li ricordo entrambi negli incontri parrocchiali dei chierichetti e all’oratorio, anche se avevano qualche anno in meno ed eravamo quindi in gruppi diversi. Ma li ricordo sempre “più seri” di me! p. MEO ELIA, sx Dopo l’ ordinazione sacerdotale nel 1967 e dopo aver terminato gli studi a Roma, dove faceva apostolato anche tra gli zingari, ha lavorato per alcuni anni a Parma, come direttore del CEM, il Centro Educazione alla Mondialità dei saveriani. Poi, dal 1976, ben 33 anni di vita missionaria in Indonesia. La partecipazione del paese Il paese ha sentito molto la morte di padre Baravalle. Un signore mi ha detto che ricordava ancora le parole di p. Vincenzo quando aveva parlato al gruppo dei giovani della parrocchia, prima di partire per l’ Indonesia: “L’ambiente che mi aspetta non è facile, perché la maggioranza della popolazione è musulmana. Ma parto per la missione a cui il Signore mi ha chiamato, pieno di fiducia nella forza che Lui mi darà”. La sera di sabato 18 luglio, il giorno dopo la sua morte, la re- “Perché Dio lo ha permesso?” La grande sensibilità di p. Baravalle T utti ricorderanno il forte terremoto del 26 dicembre 2004, seguito dal catastrofico tsunami, che ha colpito le aree di Aceh, Nias e Gunung Sitoli nell’arcipelago Indonesiano. Un’altra forte scossa era avvenuta a Pasquetta, 28 marzo 2005. Nessuna missione guidata dai saveriani era stata particolarmente colpita, ma p. Vincenzo Baravalle, allora superiore dei saveriani in Indonesia, si attivò subito impegnando i missionari, gli studenti e le comunità cristiane nei primi soccorsi e nella ricostruzione. Anche i nostri lettori contribuirono generosamente ai vari progetti. “...e io piangevo con loro” Padre Vincenzo conosceva personalmente quelle zone: dal 1989 al 2001, era stato missionario proprio a Gunung Sitoli, una delle zone colpite da terremoto 8 e tsunami. Vi era tornato nel 2005, per verificare la situazione. In una sua visita a Brescia, nel settembre di quell’anno, ci aveva detto: “Dopo il terremoto del 28 marzo, visitando Gunung Sitoli, ho incontrato tanta gente rimasta sola; ha perso parenti e amici, che anch’io conoscevo bene. Mi parlavano e piangevano, e io piangevo con loro. Anche per me è stata una grande sofferenza”. La sensibilità di p. Vincenzo è profonda e sincera. Lo porta a riflettere e a provocare: “Spesso noi sacerdoti abbiamo la tentazione di essere un po’ «mestieranti»: dare i sacramenti, fare prediche e lezioni di religione..., ma senza un coinvolgimento personale. La comunità pastorale, invece, ha «un cuore solo e un’anima sola». In Indonesia questo aspetto l’ho scoperto molto più forte”. Tombe di famiglia per le vittime del terremoto-tsunami del 26 dicembre 2004 p. MARCELLO STORGATO, sx “Siamo la mano, il cuore di Dio” Poco dopo il disastro, ci scriveva: “Tutte le nostre comunità hanno annullato le feste esterne di Natale, destinando i soldi all’aiuto. Non ci si domanda a quale religione appartiene la vittima o il sopravvissuto caduto in miseria. Dio è amore, e così noi stiamo celebrando il vero Natale nella solidarietà. Oggi siamo tutti chiamati a essere la Sua mano che aiuta, la Sua voce che consola, il Suo cuore che ama. È necessario pregare molto anche per noi missionari perché al di là dell’aiuto materiale, sia soprattutto la nostra testimonianza di fede a rispondere alla domanda tante volte espressa: «Se Dio è Padre, perché ha permesso questo?». Le risposte sono ben diverse. Ci sono le interpretazioni assurde degli ulama: «Dio punisce gli islamici perché permettono ancora ai cristiani di vivere qui»! I sopravvissuti, con le lacrime agli occhi, parlano spesso del loro abbandono nelle mani di Dio che tutto sa e a tutto provvede. Pochi hanno intuito che Dio ci invita a una maggiore fraternità. Il Creatore affida il mondo all’uomo, chiamandolo a collaborare. La tentazione è di dire: «Dio, dov’eri quando è successo?»; ma Dio ci risponde: «E tu, dove sei in questo contesto? Co■ me ti collochi?». cita del rosario ha radunato nella chiesa di Villafranca Piemontese i fedeli e gli amici per una prima preghiera di suffragio per padre Vincenzo, mentre il giorno dopo, domenica, lo abbiamo raccomandato alla misericordia di Dio Padre nella santa Messa. Una Messa più specifica è stata celebrata in parrocchia, ma solo dopo il ritorno dall’Indonesia del fratello Giuseppe e della cognata Fidelia, indonesiana di origine cinese, che erano accorsi al suo capezzale e sono rimasti accanto al missionario fino al momento della morte, partecipando poi ai funerali nella città di Padang. Il bel ricordo del parroco Il parroco don Giuseppe Accastello ha ricordato alcuni tratti della persona di p. Vincenzo, a partire dai colloqui avuti con lui nei periodi passati a Villafranca per le vacanze e per cure. Visto che aveva spesso proble- mi di salute, gli aveva presentato l’ipotesi di fermarsi a lavorare in una parrocchia qui in Italia. Gli aveva risposto che la sua vita era là, in Indonesia. Qui non si sarebbe trovato bene, perché là era il suo mondo, che gli pareva più spontaneo, meno egoista e meno artificiale. E là contava di morire, di restare tra la sua gente anche da morto. Il parroco osservava che, nonostante i problemi di salute anche seri avuti in certi periodi, non lo ha mai sentito lamentarsi. Confrontando i due tipi di presenza cristiana, in Indonesia e in Italia, p. Vincenzo notava - è sempre il parroco che riferisce il vantaggio della presenza di seguaci di altre religioni: “la reciproca fedeltà nel vivere la propria fede è un aiuto e un grande stimolo per tutti”. Ha ricordato poi una predica di p. Vincenzo, in cui aveva insistito molto sulla necessità di essere cristiani attivi, im■ pegnati per la giustizia. HA SERVITO, AMATO E SOFFERTO Il superiore generale p. Rino Benzoni, appena ricevuta la notizia della morte di p. Vincenzo, ha scritto ai saveriani dell’Indonesia un messaggio di partecipazione “a questa perdita umanamente molto dolorosa”. Testimoniando della sua intelligenza e intraprendenza missionaria, a servizio della missione e degli indonesiani “per i quali egli ha dato ogni giorno la sua vita per annunciare loro la Buona Novella”, p. Rino descrive in modo semplice ed efficace il suo ultimo incontro. “Ricordo i momenti che ho vissuto insieme a lui nella recente visita in Indonesia: egli ha voluto sempre accompagnarmi nonostante l’evidente fatica e sofferenza. Durante i viaggi ho avuto modo di parlare molto con Padre Vincenzo Baravalle lui di tante situazioni e di ogni con- Villafranca 22.8.1941 - Jakarta 17.7.2009 fratello. Oltre al fatto di trovare un missionario contento della sua vita, mi ha colpito il suo rispetto per la storia personale di ciascuno. Mi diceva spesso che quello di cui più si era preoccupato durante il suo servizio come superiore era che ogni missionario potesse sentirsi accolto, ascoltato e amato, anche a scapito di tante altre esigenze. Non mi nascondeva che di fronte ad alcune situazioni aveva anche molto sofferto”. A p. Fernando Abis, succeduto a p. Vincenzo come superiore, è toccato seguire gli ultimi giorni di vita e organizzare l’ultimo viaggio del confratello. Dopo le due sante Messe di suffragio nella parrocchia Santa Maria di Fatima a Jakarta, p. Abis ha accompagnato la salma su nave fino a Padang, dove il missionario è stato sepolto, a fianco della casa saveriana. “Gli amici sono una corona immensa, con incessante pellegrinaggio. Molta è la riconoscenza, tante le lodi: vero e senza esagerazioni tutto quello che si dice di lui. Ne siamo consolati” - così scrive p. Abis dall’Indonesia. 2009 SETTEMBRE PUGLIA 74100 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15 Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558 E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747 KALIMERO A SCUOLA / 1 Il ritorno più lungo dell’andata Lo strano effetto dello stomaco vuoto Pubblichiamo a puntate alcuni brani tratti dal diario congolese di p. Berton, quando ha visitato le scuole elementari di paglia e fango nella foresta di Itula. oggi in Africa, il liA ncora vello di vita degli abitanti di villaggio è molto basso. Questa è una realtà nota a tutti. Il 90% dei bambini, per esempio, mangia male e non ha un cambio di biancheria. Se uno si ammala è un guaio, perché non dispone di medicine né di cibo speciale. Nelle prime classi di scuola per scrivere si servono di un pezzo di legno al posto del quaderno e non hanno una penna, in più percorrono diversi chilometri per recarsi a scuola, camminando scalzi. Chi possiede un quaderno e una bic, è ritenuto... benestante! La bambina “Bahati” Con cinque giovani accompagnatori, avevo fatto visita ad alcune scuole elementari situate nella foresta di Itula, in Congo, dove ero missionario. Nel viag- gio di ritorno a piedi, lungo il sentiero infossato tra due enormi pareti di verde, abbiamo incontrato una scolaretta di nove anni, che stava rientrando a casa dalla scuola. Era magrolina, timida, scalza e vestita poveramente, ma aveva una gonnellina pulita. Era circa l’una del pomeriggio… Rallentando l’andatura, ci siamo adeguati al suo passo. Dopo averle rivolto il saluto in kiswahili, ho iniziato a farle alcune domande. “Come ti chiami?”. “Bahati”, mi risponde, che in lingua swahili vuol dire “Fortunata”. Poi mi dice che abita a Mela, un villaggio distante sei chilometri dalla scuola e che frequentava la terza elementare. “Quanti fratelli hai?”, “Dopo di me, i miei fratellini sono tre”, dice lei che a una mia precisa richiesta mi confida che prima di andare a scuola non aveva mangiato niente. Un pasto al giorno Mi trattengo un attimo in silenzio, poi continuo: “Allora, appena torni a casa mangerai p. ANGELO BERTON, sx con appetito, vero?”. E lei, con rassegnazione, spiega: “Sì, ma non subito; dovrò aspettare fino a quando la mamma, al ritorno dai campi, preparerà per me e per i miei fratellini la polenta di manioca”. Bahati ci racconta che il mattino per andare a scuola parte quando spunta il sole (all’equatore il sole sorge alle 6), ma che comunque la scuola le piaceva molto. “La strada però è lunga...”, aggiungo io. E lei, con la sua voce fiacca, ma con spontaneità cristallina, mi risponde: “La mia strada andando a scuola è corta; ma al ritorno è più lunga”. Queste parole mi hanno riempito l’animo di grande compassione e ho pensato che veramente questa povera Bahati, di “fortunato” sembrava aver avuto solo il nome! Nota: per un aiuto efficace Un aiuto efficace ai poveri deriva dall’opera evangelica della promozione umana. Nei villaggi il primo lavoro del missionario è Festa dei popoli a Taranto Canti e danze per conoscerci di più L o scorso 24 maggio nella concattedrale di Taranto si è tenuta la quinta “festa dei popoli”. L’ha organizzata l’ufficio diocesano “Migrantes” con la collaborazione delle diverse etnie. Una domenica solare Mons. Benigno Papa ha sottolineato la particolarità di questa “festa” che è coincisa con l’Ascensione di nostro Signore. Questo incontro di popoli, così importante dal punto di vista sociale e culturale, si è svolto all’insegna della gioia e della fraternità più autentica. Per cui nessuno ha trovato barriere da 8 oltrepassare, ma solo braccia protese in un gesto di accoglienza. Nonostante l’orario non proprio consono (l’inizio era fissato per le 16.30), in una giornata che invitava al mare, la concattedrale si è riempita di fedeli. I colori delle varie etnie, le bandiere delle varie nazioni, la presenza di tantissimi scout e dei bambini, i missionari dell’Akusimba che animavano la Messa celebrata da tanti sacerdoti, hanno reso questa domenica ancora più solare, senza nulla da invidiare a chi invece ha preferito trascorrerla altrove. La funzione religiosa è stata Un bel girotondo fuori dalla concattedrale di Taranto è stato uno dei momenti più belli della “Festa dei popoli” del 24 maggio MARISA METRANGOLO un inno alla gioia e alla comunione vera. Musiche, danze e lingue diverse erano traducibili in quell’unico messaggio di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”. Avanti che c’è posto… Un modello di scuola congolese, senza quaderni e sui banchi di... ultima generazione costruire la scuola per i bambini. La seconda urgenza per avviare uno sviluppo efficace è costruire un ambulatorio e una scuola di alfabetizzazione con un corso di “economia domestica” per le mamme dei bambini che vanno a scuola. I corsi di “economia domestica” per le mamme e le giovani hanno lo scopo di far conoscere alle donne di villaggio gli elementi di base necessari per combattere la piaga della denutrizione che affligge tanti bambini. Il missionario fa di tutto per trasmettere al maggior numero possibile di mamme la convinzione che esse stesse possono contri- buire a combattere con efficacia la triste piaga della denutrizione infantile, avviando la coltivazione domestica della soia. Perciò si mette a disposizione di tutti una quantità di sementi del cereale, facile da coltivare anche nelle colline del Congo. Così ogni famiglia può produrre soia sufficiente per il benessere di tutti i componenti e ottenere un’ottima farina. La farina di soia è poi mescolata alla polenta di manioca, offrendo a ogni persona denutrita un alimento sostanzioso ed equilibrato, efficace per far crescere i bambini sani e robusti, con grande soddisfazio■ ne dei loro genitori. Notizie della famiglia Fernando Casalucci in cielo Domenica 21 giugno a Foggia è morto Fernando Casalucci, fratello di p. Ennio, saveriano foggiano che lavora a Londra. Fernando, 74 anni, ha affrontato il calvario della malattia durato tre anni con tanta fede. Sposato, aveva tre figli ed era molto conosciuto in città. I missionari saveriani di Taranto partecipano al dolore di padre Ennio e di tutta la famiglia. SULLA VIA DELLA... PACE PIO CASTAGNA Integrazione e amicizia I fedeli si sono poi ritrovati nel piazzale tra gli stand dei vari Paesi, immersi tra le diverse culture, a degustare i prodotti dell’arte culinaria. E poi, organizzatori e partecipanti tutti insieme sulla scalinata della Concattedrale a condividere canti e danze popolari e ad approfondire l’amicizia fraterna. Questa era la fotografia dello spettacolo: sullo sfondo la facciata della chiesa, in primo piano volti sereni e allegri, dove l’ombra della tristezza e del rancore lascia il posto ai raggi del sole che, prima di tramontare, bacia e riscalda tutti indistintamente, bianchi e neri, poveri e ricchi, grandi e piccini. Pertanto, non è sbagliato annoverare la “festa dei popoli” tra gli eventi più importanti della città, in tema di integrazione multi etnica. È bello immaginare Gesù che ascende al Padre, mentre ai suoi piedi i popoli sono in festa, perché nel suo nome vo■ gliono costruire la pace. Il 29 maggio si è svolta la quinta edizione della “Via Pacis”, iniziativa promossa dai missionari saveriani insieme a tante altre realtà diocesane. Si è trattato di una pubblica testimonianza in favore della pace, realizzata attraverso preghiere, canti, riflessioni e azioni, lungo un itinerario che ha toccato i luoghi e i simboli più significativi della città. La lampada della pace alimentata con l’olio degli ulivi della Palestina è stato per tutti un riferimento importante. La grande partecipazione può considerarsi un buon auspicio per quanto riguarda la sensibilità alla pace. Abbiamo riflettuto sul messaggio del Papa: “Combattere la povertà, costruire la pace”, per tener vivo nelle parrocchie e nella chiesa l’impegno per la pace. Infatti costruire la pace significa far fronte a tutti i diritti umani calpestati, all’emergenza climatica che mieterà sempre più vittime innocenti tra i poveri, all’ininterrotta crescita delle spese militari. Come possiamo essere testimoni del Risorto, annunciatori di speranza in un mondo contornato da ingiustizie e violenza? Questa domanda ha accompagnato i partecipanti, consapevoli che Cristo è la nostra pace. Le preghiere, i canti, le riflessioni e le testimonianze sono strumenti per essere sempre più coerenti al vangelo. Giovani e adulti hanno partecipato numerosi alla “Via Pacis” per le vie di Taranto, il 29 maggio 2009 SETTEMBRE REGGIO CALABRIA 89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze Santuario Madonna della Grazia Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891 Il bello nelle piccole cose Segni che danno voglia di vivere C ari amici, è da tanto che non mi faccio sentire, ma le varie attività della missione e le bizze di internet mi hanno fatto restare lungo tempo in silenzio… Comunque sto bene, sono contento e cerco, giorno dopo giorno, di inventare cose nuove insieme ai miei confratelli. La parrocchia “San Bernard” a Kinshasa sta crescendo. Il quartiere è vicino ai 30mila abitanti e molti che si erano allontanati stanno tornando. Ormai la chiesa è diventata piccola, e anche le scuole con più di duemila allievi. Sorprese e scoraggiamento Ogni giorno gusto la sorpresa di vedere tutto questo fiume di gente: uomini e donne, giovani e bimbi che invadono il quartiere. Si perdono nelle stradine infangate, si ammucchiano di giorno nelle classi e alla sera occupano ogni spazio libero della parrocchia per incontrarsi, cantare, pregare. Il bello di quest’angolo di mondo resta la sua umanità che saluta, ride e lotta contro l’impossibile. Ogni tanto, vedendo quanto cammino c’è ancora da fare, mi prende un po’ di scoraggiamento. Dopo più di due anni di “democrazia”, di promesse e di belle parole, il Congo è ancora instabile: non c’è lavoro, non ci sono medici né medicine, e le scuole aspettano ancora. Scendendo nel quartiere, guardo la strada piena di buche, i canali di scolo intasati, le immondizie che si ammucchiano in ogni angolo. Mi domando quanto ci vorrà ancora per sistemare le cose... “Si comincia a respirare” Poi un raggio di sole mi riporta verso la verità: in fondo è bello, si vive, si lotta, si va avanti, e la meta si avvicina. A volte il bello si scopre anche nelle piccole co- p. PIER AGOSTINIS, sx se che restano nascoste, ma che sono segni di speranza, spiragli della luce di Cristo presente in mezzo a noi. A Pasqua ho incontrato i catecumeni che si preparavano al battesimo. La maggior parte di loro erano giovani intorno ai vent’anni. Non ho domandato loro i “dieci comandamenti” né i “sette sacramenti”. Ho chiesto perché avevano scelto di diventare cristiani e cosa significa per loro esserlo. Davvero di cose da dire ne avevano tante. La maggior parte di loro mi ha confidato che il mondo va troppo male e che solo dove c’è un po’ di cristianesimo si comincia a respirare. Domandavano al Signore di aiutarli a cambiare la mentalità egoista per diventare luce anche per i loro compagni. Due storie vere e commoventi Mauren, una ragazza scappata Quando i ricordi sono belli... p. MARIO GUERRA, sx torrida non scoragL’ estate gia gli amici del “parco”, che anche quest’anno hanno organizzato il “cres” (colonia estiva), che è durata un mese. Le strutture esotiche del parco con i suoi monti, le valli, i laghetti e altro, si prestano bene per un intrattenimento eccitante. Le foto presentano alcune animatrici dell’associazione “AmoReggio”, con il direttore Davide Tortorella al lavoro. E i piccoli frequentatori che si divertono un mondo imparando e osservando le regole della società. Auguriamo che questi momenti felici li accompagnino per tutta la vita. Incontriamo spesso visitatori adulti che affermano: “Io qui ci ho passato la mia infanzia”. I ricordi, quando sono belli, non si cancellano! ■ Padre Pier Agostinis con alcune giovani catechiste della missione “San Bernard”, a Kinshasa in Congo da Goma durante la guerra, era nel gruppo dei candidati al battesimo. Le ho chiesto che cosa ha domandato al Signore in questo momento così importante per la sua vita. Lei è rimasta un po’ in silenzio; mi ha guardato e ha detto: “La pace per il mio paese”. Poi è scoppiata in un pianto a dirotto. Le ho ricordato che la Pasqua era anche questo: sapere che tutto ciò che fa male non è l’ultima parola; che Dio ci prepara la sorpresa... Dorothée, invece, è una mamma del quartiere che ha accettato di accogliere un gruppo di orfanelli. Li raduna, li segue e ogni giorno prepara loro qualcosa da mangiare. Era scoraggiata perché non sapeva se tutta quella fatica avrebbe prodotto qualcosa… Le dico che, al di là dei risultati, è un bel segno di solidarietà, e poi se anche uno solo si salvasse, ne varrebbe la pena. Il giorno dopo esco e trovo gli orfanelli di Dorothée. Dovevo firmare loro le pagelle prima delle vacanze di Pasqua. Colette, 9 anni, mi aspettava per ultima fuori dalla porta della classe, con un sorriso e un’emozione che non riusciva a trattenere. Mi prende la mano e mi trascina dentro. Jacoby, il suo insegnante, mi mostra fiero il registro dove devo firmare: Colette è la prima di 55 allievi della sua classe! Sono piccole cose, ma sono segni belli, che danno la voglia di vivere, di non arrendersi alle difficoltà, di continuare a ri■ schiare. ANCHE QUESTO è MISSIONE L’invocazione della madre africana Piccoli ma felici, nei loro vivaci abiti da campeggio, imparano le regole del gioco; ma è facile giocare quando ogni bambino ha il “suo” pallone! 8 In Sierra Leone, durante il lungo “sequestro” da parte dei feroci “ribelli”, ho vissuto giorni di angoscia, insieme alla povera gente. È notte. Passato il ponte, proseguiamo per la strada principale in direzione di Port Loko. Sono un po’ isolato. Arranco dietro una donna un po’ attempata che porta un bambino di un anno sulla schiena. Il volto è sfigurato dalla stanchezza. Cammina a piedi nudi, con fatica, sulla strada sassosa. Io accelero un po’ per passare oltre e ricongiungermi alla colonna. La donna si volta e mi guarda con occhi grandi: c’è terrore; c’è invocazione in quel suo sguardo... Non vuole rimanere sola. Io non posso far nulla. Anch’io sto lottando, al limite delle mie forze per sopravvivere… E la poveretta, nella sua disperazione, trova la forza di accelerare. E rimaniamo in compagnia. Povera madre africana, che porti doppio dolore per la tua fertilità smisurata! I tuoi figli sono diventati tuoi nemici. Coraggio! C’è una chiesa che soffre con te. Sono qui al tuo fianco per questo. Questa strada oscura ci porta alla luce. La vedremo. La vedrai. E sarà tanto più bella, perché non la conoscevi. foto Ansa p. MARIO GUERRA, sx Nell’ombra, al riparo dal gran caldo, il direttore di “AmoReggio” è alle prese con il “mixer”, per regolare i decibel e coprire il monotono canto delle cicale. 2009 SETTEMBRE ROMA 00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287 Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925 E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000 Per un viaggio tra i popoli Un’esperienza con gli alunni di Lenola P arlare del mondo, dei popoli, della solidarietà, del dialogo interculturale e della legalità, e insieme dei diritti dell’infanzia non è mai troppo, e non è nemmeno molto facile. Soprattutto, quando gli interlocutori sono dei bambini del nostro tempo. Però, le ricerche fatte dai bambini su tutti questi temi importanti diventano una cosa straordinaria ed entusiasmante, piena di stupore e di scoperte incredibili. Un progetto educativo È proprio quello che ho potuto sperimentare insieme alle maestre della scuola elementare “Renzo Tatarelli” di Lenola (Latina), durante l’ultimo anno scolastico. Con i loro alunni, dai piccolissimi della prima elementare fino ai ragazzi della quinta, avevano scelto il tema, “Insieme per mano raccontiamo il mondo: viaggio tra i popoli, tra solidarietà, dialogo interculturale e legalità”. Anna Rita Pascale, maestra, mamma e insegnante di religione, ne è stata l’animatrice. Ho incontrato in un’aula questa giovane signora, piena di entusiasmo, sorridente e disponibile a rispondere a ogni richiesta. Le ho domandato il motivo di questo progetto. Mi ha risposto: “Il nostro è un progetto educativo; vuole promuovere una cultura che riconosca il diritto all’infanzia, formando nei bambini la coscienza di essere cittadini del mondo e di essere loro stessi artefici dei loro diritti e doveri”. p. LUIGI LO STOCCO, sx Una storia congolese Durante l’anno sono state invitate persone “esperte”, esterne alla scuola, che hanno cercato di sensibilizzare gli alunni a prendere il largo per questo formidabile viaggio tra i popoli e hanno preso in mano la Carta dei loro diritti dell’infanzia per spiegarne l’importanza e il valore. Anch’io ho partecipato come missionario. Con l’aiuto di diapositive, ho raccontato loro la storia di un bambino congolese di 11 anni. Si chiama Murhula e faceva parte del gruppo dei “piccoli giornalisti” di radio Maria di Bukavu. Nella sua giovanissima età aveva dovuto lottare per potersi istruire, creare i suoi giochi, essere curato dalla malaria che lo indeboliva sempre di Auguri, miei cari sposini La storia speciale di Battista e Concetta S ono appena tornato a casa. Mi sento felice e ringrazio Dio di avermi mandato tra questa gente. Alla Messa stamattina c’era il pienone. Tutti volevano assistere al matrimonio di João Batista e Maria da Conceição, che per semplicità chiamo “Battista e Concetta”. Il mese scorso ero andato a visitare una ragazza malata. Ero per strada. Un vecchio signore mi chiama: “Padre, io sono Battista; le chiedo un favore: vorrei sposarmi”. Lo guardo incuriosito. Mi fa entrare in casa. Mi presenta la moglie. Poi comincia a raccontare... Per secoli senza preti Si era sposato che era ancora molto giovane, e da questo matrimonio aveva avuto sedici figli. A cinquantasei anni era rimasto vedovo e si era preso una ragaz- 8 Gli “sposini” Battista e Concetta nella foto ricordo del loro antico matrimonio “benedetto” da Dio e da p. Nicola Masi zina di sedici anni, dalla quale aveva avuto altri sette figli. Ora lui ha novantasei anni, si sente ancora bene in salute, ma prima di morire vuole che il Signore benedica il suo secondo matrimonio. Tutti volevano vedere questi due sposini che, a modo loro, hanno fatto una predica meravigliosa. Qui, in questa regione sperduta dell’Amazzonia, per secoli non ci sono stati preti. Il sacerdote arrivava di tanto in tanto da Belém: battezzava, diceva Messa, faceva qualche matrimonio e poi spariva. La gente pregava in casa o nelle piccole cappelle, costruite con i loro poveri mezzi. I giovani si univano; raramente facevano un matrimonio civile e ancora più raramente un matrimonio religioso. Poi, nel secolo scorso, vennero dei frati cappuccini e più tardi i missionari saveriani. p. NICOLA MASI, sx “Voglio vederla bene in faccia” Molte cose sono cambiate in meglio, ma è ancora facile incontrare giovani che si uniscono senza rito civile o religioso. Alcuni sposi cristiani che fanno parte della “pastorale familiare” cercano di entrare in contatto con questi loro fratelli e sorelle, e spesso organizzano “matrimoni comunitari”, di più coppie che si sposano durante la stessa Messa. È sempre una grande festa ed è un forte invito a quelli che ancora non si sono decisi a chiedere la benedizione di Dio sul loro amore. Io ho ringraziato di cuore il caro Battista perché è stato un bravissimo predicatore. Ha fatto capire che non è mai troppo tardi. Qualunque età è buona per buttarsi nelle braccia di Dio. Alla fine della Messa abbiamo cantato “Tanti auguri a te”. Era commosso e, quasi piangendo, ha voluto ringraziare tutti, ma soprattutto il buon Dio che non lo aveva fatto morire prima di benedire lui e la sua sposa. Un particolare. Qualche tempo addietro ero stato a casa sua. Volevano confessarsi lui e lei per prepararsi bene alla solenne cerimonia. Lui aveva gli occhiali scuri. Ho domandato perché. “Ho appena fatto l’operazione di cataratta, ha risposto, perché voglio vedere bene in faccia la mia Concetta”. Poi si alza, l’abbraccia e la bacia. Sono rimasto commosso anch’io. Dio li bene■ dica. Padre Luigi Lo Stocco con alcuni degli studenti della scuola elementare “Tatarelli” di Lenola, protagonisti di un progetto interculturale più, amare i suoi poveri genitori che tante volte non avevano il necessario per sfamare la numerosa famiglia composta da ben nove figli. Un storia semplice, scritta con altri suoi compagni di “sventura”, nel quartiere sulle colline di Bukavu. Bambini curiosi e stupiti L’insegnante Eliana è una delle ferventi promotrici di questo progetto. Ha saputo portarlo avanti con tanta dedizione e tenacia, e anche con un bel tatto pedagogico. Le ho chiesto come i bambini abbiano recepito l’iniziativa. Mi ha detto: “I bambini hanno risposto molto bene, anche al di sopra delle mie previsioni. Abbiamo lavorato sulla conoscenza dei popoli, delle culture, dei diritti naturali… Li ho visti entusiasti, fieri e genero- si nel partecipare personalmente alla loro ricerca. I miei bambini, come del resto tutti i bambini di oggi, sono molto vivaci, curiosi, con tanti perché nella testa… Ma hanno anche tante risposte già pronte. A volte le loro frasi fanno davvero pensare. Gli alunni delle due classi di terza elementare si entusiasmano facilmente, e sanno anche stupirsi per il bello e rattristarsi per la sofferenza e la miseria. Una cosa che mi meraviglia e mi entusiasma è quella di vedere questi bambini alla ricerca di tante particolarità… È una cosa molto rara nella psicologia infantile. E poi, bisogna credere in certe cose. Se una maestra ci crede, allora tutta la classe la segue e ne condivide pienamente il sogno, sognando con lei. E il sogno ■ diventa realtà!”. IN ATTESA DEL SECONDO PASSO p. L. LO STOCCO, sx Terminate le lezioni, le scuole hanno chiuso per le vacanze estive. I nostri bambini avranno incontrato altre persone e altre culture, sulle spiagge o in montagna. “Tutto finisce qui?”, domando all’insegnante Anna Rita Pascale. “Abbiamo fatto un buon passo; abbiamo iniziato. Ora si deve continuare. In un anno non si può arrivare a tutto. I bambini sono stati fantastici e hanno risposto molto bene e con tanto entusiasmo. Sono stata colpita dal fatto di vedere i bambini meravigliati, ma anche molto concreti. C’è ancora da fare perché arrivino a una certa consapevolezza e abbiano il gusto di amare gli altri. I bambini di Gaeta, per esempio, si danno da fare con tante iniziative, per costruire una piccola scuola in un villaggio del Bangladesh”. Spesso mi domando: i nostri bambini italiani hanno difficoltà ad amare veramente gli altri? Hanno difficoltà ad aprire la loro conoscenza, ad andare oltre il loro territorio e arrivare all’altra parte del mondo per incontrare bambini come loro che, nonostante la povertà, sono felici di vivere? L’esperienza alla scuola “Tatarelli” di Lenola mi dà coraggio e speranza. Il primo passo compiuto lo scorso anno mi fa capire che il secondo passo di questo nuovo anno scolastico sarà promettente, per questi alunni, guidati dalle loro brave insegnanti. Piccoli allievi africani, coetanei dei bambini della scuola elementare “Tatarelli” di Lenola 2009 SETTEMBRE ROMAGNA 48100 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7 Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482 Ricordando il recente passato... All’inizio di un nuovo anno di lavoro R icordare il passato per vari di voi, cari amici e amiche, significa rivivere con il pensiero le vacanze appena trascorse. Con settembre si ritorna al lavoro in ufficio o in fabbrica, a scuola e a casa, nei campi e anche in parrocchia. Per noi saveriani, più che alle ferie, ripensare al passato vuol dire esaminare l’esperienza fatta per studiare la situazione e programmare l’attività futura. Bambini, ragazzi e saveriani A giugno vi abbiamo raccontato del passaggio di Francesco Gesualdi, il “Francescuccio”, della famosa scuola di don Milani. In luglio vi abbiamo parlato della prof.ssa Serena Noceti che si presenta come la “signorina Serena”, nonostante sia un’esperta teologa. Spero non abbiate rimpianto la solita cronaca che siete abituati a leggere su questa pagina! La riprendiamo ora, anche perché riesaminare il passato, come dicevo, aiuta a programmare il futuro. A maggio i protagonisti della casa di San Pietro in Vincoli sono stati i bambini della prima Comunione e Cresima arrivati da Tagliata, da San Pietro in Trento, da Punta Marina, da Castiglione, da Torontola. In mezzo, però, siamo riusciti a lasciare spazio agli esercizi spirituali guidati da Serena, all’incontro dei membri della nostra direzione generale, all’assemblea dei rettori delle comunità saveriane in Italia. Incontri, ospiti e feste A giugno, invece, l’hanno fatta da padroni i “grandi”, lasciando una decina di giorni per il grest di S. Zaccaria. E così si sono ritrovati con il vescovo anche gli anziani della Caritas di Forlì. Domenica 7 si è celebrata la festa dei nostri parenti, venuti da mezza Italia, con la presenza di alcuni saveriani romagnoli che lavorano in altre comunità o che sono a casa per un po’ di riposo. A pranzo è arrivato anche il vescovo, come p. AGOSTINO CLEMENTINI, sx segno di unione dei saveriani e dei sacerdoti diocesani in missione. Due giorni dopo s’è svolto l’incontro del vescovo con i suoi sacerdoti di Ravenna, impreziosito dalla presenza di p. Raniero Cantalamessa che li ha intrattenuti sullo “Spirito Santo”, a chiusura dell’anno Paolino e in preparazione dell’anno sacerdotale, nel 150° anniversario della morte del santo Curato d’ Ars. L’11 e il 12 abbiamo avuto ospiti i superiori e le superiore degli istituti missionari in Italia (Cimi), per il loro periodico convegno. Dopo di loro, due suore di Alfonsine hanno arricchito la nostra comunità con i loro esercizi spirituali. E per concludere, domenica 21 si è svolto l’atteso raduno di tanti di voi che prende il nome di “festa annuale degli amici”. Quest’anno, per motivi organizzativi, sono mancati gli amici di Ravenna. In compenso, chi vi scrive ha portato le collaboratrici pastorali che lavorano nell’ospedale di Imola. ■ Gli anziani della Caritas di Forlì si sono ritrovati dai saveriani di San Pietro in Vincoli per l’incontro con il loro vescovo mons. Pizzi. Padre Ildo Chiari mostra una tartaruga appena uscita dall’uovo ad alcuni dei partecipanti alla festa dei famigliari dei saveriani romagnoli. Gli incontri istituzionali Preti e vescovi, saveriani e missionari p. A. CLEMENTINI, sx Padre Nicola Colasuonno, di spalle, ha predicato l’omelia durante la Messa per gli amici dei saveriani di Romagna. L’ ESEMPIO DI SAN TOMMASO p. AGOSTINO CLEMENTINI, sx I rettori delle comunità saveriane d’Italia insieme, al termine del loro incontro. Padre Raniero Cantalamessa ha parlato dello Spirito Santo ai sacerdoti, presente il vescovo di Ravenna mons. Verucchi. I rappresentanti della Cimi (Conferenza istituti missionari italiani) al lavoro in una vera e propria tavola… quadrata. 8 Non si parla tanto bene dell’apostolo Tommaso, per la sua incredulità. A me, invece, sta simpatico proprio per la sua cocciutaggine. Avrei fatto anch’io come lui. Chi avrebbe avuto il coraggio di credere che Cristo, crocifisso e sepolto con guardie e sigilli sulla tomba, è veramente risuscitato e vivo, senza averlo visto e toccato di persona? Del resto come si fa, solo per sentito dire, a convincere la gente che Gesù ha davvero detto che lui accoglie in paradiso chi in terra lo riconosce nei poveri e nei malati, nei carcerati e nei forestieri; che siamo tutti figli di Dio e che siamo tutti fratelli, ebrei e barbari, cristiani e musulmani...? Ho sentito che il governo italiano ha introdotto un nuovo reato, come se di reati non ce ne fossero già abbastanza: quello di clandestinità. Un reato che potrei commettere anch’io se do ospitalità a un forestiero senza documenti. Mi è venuto in mente il raccontino del missionario che in una sperduta isola di cannibali narra la storia dei popoli civili e quando afferma che nell’ultima guerra mondiale sono state uccise una decina di milioni di persone, un cannibale ha esclamato: “Come avete fatto a mangiarli tutti?”. “Non ne abbiamo mangiato neanche uno!”. “Ma allora perché li avete uccisi? Si vede proprio che siete barbari!”, conclude il cannibale. Sono stato anch’io straniero in Indonesia, e mi commuovo ancora ricordando i tanti gesti di accoglienza. Uno non lo dimenticherò mai. Ero ricoverato in ospedale e la caposala mi disse: “Per qualunque cosa suoni il campanello, verrò io stessa perché ricordo ancora il marinaio italiano che tre anni fa abbiamo dimesso prima del tempo perché alle colleghe dava fastidio”. La assicurai che ero italiano, ma non marinaio; e tutti si meravigliarono quando offrii il mio sangue a una partoriente per il parto cesareo. 2009 SETTEMBRE SALERNO 84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4 Tel. 089 792051 - Fax 089 796284 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849 “Posso solo dirvi grazie” C’è chi parte e chi parte ancora scorso abbiamo saluL’ anno tato il giovane Santos che tornava in Messico per essere ordinato prete, con una bella festa piena di amicizia. Chi l’avrebbe detto che quest’anno sarebbe toccato a me? Sono destinato alla comunità saveriana di Desio, in Brianza, come animatore missionario. Padre Codenotti, che aveva questo compito, riparte per il Giappone e mi hanno chiesto di prendere il suo posto. Quando leggerete queste parole io sarò già in Lombardia. Non è un lavoro “a metà” Dopo un anno e mezzo passato in mezzo a voi, posso solo dirvi “grazie” per la fraternità con cui mi avete accolto, per l’amicizia che mi avete offerto, per la simpatia che mi avete dimostrato. È stata una bella esperienza; peccato sia durata poco. Ora che io cominciavo a inserirmi e voi cominciavate ad abituarvi al mio modo di fare, mi tocca partire. Mi dispiace lasciare “un lavoro a metà”… Ma questo non è un lavoro! È un rapporto di amicizia tra persone che hanno lo stesso obiettivo: vivere la propria vocazione di figli di Dio, nelle diverse realtà di vita (come studenti o insegnanti, come genitori o figli, come catechisti o missionari…). Proprio perché non è un lavoro, non si può dire che finisca. La distanza fisica non sarà un osta- p. STEFANO DELLA PIETRA, sx colo e il ricordo dei vostri volti non scomparirà. Tutto è Provvidenza Essendo chiamato a svolgere un servizio altrove, devo interpretare anche questo come volontà di Dio. Sono convinto che le cose non succedano per caso, ma che in ogni avvenimento, gioioso o triste, si possa imparare qualcosa per crescere insieme. È un’avventura Padre Stefano ha gustato l’ottima cucina salernitana; nella foto, con due colleghi... di peso, durante la festa di saluto Festa dei popoli a Salerno Muoversi all’incontro con l’altro D omenica 28 giugno si è svolta a Salerno la prima edizione della “Festa dei popoli”. Protagoniste sono state le comunità straniere residenti sul territorio cittadino e, idealmente, tutti i popoli della terra. Teatro della manifestazione era il sottopiazza della Concordia, luogo adibito a mercato etnico. Hanno fatto da moderatori della serata i simpatici Mirko e Roberto, mentre l’instancabile Antonio ne è stato il “regista”, insieme a numerosi giovani volontari. Andare oltre lo sguardo Con questa “festa” ci siamo prefissi di passare dallo sguardo all’incontro con lo straniero, 8 ossia da un incrocio occasionale “sulla strada” a un approccio più personale, come può avvenire “in piazza” dove si riuniscono persone desiderose di conoscersi e condividere momenti di vita. Dalla piazza poi dovrebbe partire un cammino comune di testimonianza e di impegno per affermare i diritti fondamentali di ogni individuo, oggi spesso negati anche sotto il pretesto di “ragioni di sicurezza”... Occorre invece smascherare i tanti pregiudizi, introdotti nella società anche da certi mezzi di comunicazione, e dalle dicerie. Chi dice di aver paura dello straniero probabilmente non l’ha mai incontrato né voluto conoscere. Il sottopiazza della Concordia gremito di gente per la prima edizione della “Festa dei popoli” a Salerno MARCO PESCA L’integrazione, infatti, non va intesa a senso unico, cioè solo come inserimento degli stranieri nella nostra società, ma come processo di avvicinamento vicendevole. Ogni incontro è occasione di maggiore conoscenza e arricchimento sul piano umano. Lo spirito di accoglienza riduce le barriere e valorizza le diverse tradizioni dei popoli. Uno spirito di mondialità Così, lo scorso 28 giugno in piazza la curiosità sul Kirghizistan, l’assaggio delle pietanze russe e polacche, i prodotti tipici senegalesi e ucraini, o le coreografie colorate delle filippine, hanno lasciato il posto a canti e balli fraterni. La piazza si è riempita di persone appartenenti a diverse nazioni, che hanno ballato e fatto festa insieme in uno spirito di mondialità e di valori condivisi. Questo stesso spirito è stato rappresentato nella sfilata dei cinque continenti, ognuno dei quali ha portato un valore: amore, tolleranza, rispetto, fratellanza, pace. Tutti uniti hanno dato vita all’abbraccio tra i popoli della terra, raffigurato dall’arcobaleno: un ideale che può concretizzarsi ogni giorno nelle no■ stre scelte di vita. Padre Stefano Della Pietra, tra p. Alex Brai e p. Rosario Giannattasio, applaudito dopo la Messa di saluto celebrata con gli amici di Salerno, prima della sua partenza per Desio, in Brianza che non finisce mai. Insomma, tutto è Provvidenza. Se il Signore mi ha voluto a Salerno per così poco tempo, ci sarà un motivo per me, per voi e per la comunità saveriana. Molte volte ci accorgiamo dell’utilità di certe esperienze solo dopo averle vissute. Di questo breve periodo in terra salernitana, mi porto dietro la fraternità della gente e la gioia di stare insieme. I giovanissimi mi hanno dato l’entusiasmo e il desiderio di vivere bene la mia vita, in una società che non dà molti esempi di vita. I giovani mi hanno dimostrato che vogliono impegnarsi come cristiani, anche se incontrano difficoltà. I laici saveriani mi hanno dato l’occasione di condividere le speranze e gli ideali di mons. Conforti anche come genitori e nonni, proprio perché tutti noi viviamo lo stesso carisma. Collaborare è stato bello L’esperienza all’università di Salerno mi ha insegnato che se alcuni giovani sono “vuoti”, altri ritengono importante l’incontro con il Signore, anche facendo una piccola sosta in chiesa tra una lezione e l’altra… Non posso dimenticare la collaborazione con le saveriane che, finalmente, hanno una loro comunità a Cava De’ Tirreni. È stato bello lavorare insieme. È vero che può essere più difficoltoso e prendere più tempo, ma la soddisfazione di fare le cose insieme ha più gusto. Un ringraziamento di tutto cuore va anche a organizzatori e collaboratori della mostra sulla Cina, allestita quest’anno, e alla comunità saveriana di Salerno, fraterna e familiare. Concludendo, è stato veramente piacevole questo periodo con voi. Mi auguro di essere stato anch’io un amico per tutti voi. E vi chiedo scusa per i malintesi che si sono creati, ■ specialmente agli inizi... “ARRIVEDERCI PADRE STEFANO” Lascia Salerno e va a Desio, in Brianza FRANCESCA CONDORELLI Le attività nella casa saveriana di Salerno si sono concluse domenica 14 giugno con la celebrazione della Messa di ringraziamento seguita da una piccola festa. Questa volta l’incontro è stato più speciale del solito. Ci siamo riuniti tutti, soprattutto noi giovani, per salutare p. Stefano Della Pietra che lascia Salerno per continuare la sua attività a Desio, in Brianza. Dopo la Messa, animata con canti, preghiere e gesti simbolici, abbiamo guardato due video. Il primo era un insieme di fotografie per ricordare le attività dell’ultimo anno: la Messa conclusiva del giugno 2008; i campi estivi dei giovani e giovanissimi; le foto della mostra sulla Cina. Il secondo video è stato preparato dai due “Andrea” proprio per p. Stefano, con foto scherzose che lo mostravano timido e chiuso appena arrivato; col tempo anche lui si è aperto al clima festoso, tipico di noi salernitani. La serata si è conclusa con un piccolo buffet, con giochi, scherzi e tante foto che p. Stefano porterà con sé per ricordare questo tempo passato con noi a Salerno. Lui stesso, a conclusione della Messa, ha pronunciato una frase che ha colpito tutti: “Ogni volta che penso alla parola comunione, ricordo l’esperienza che ho fatto in Congo; da oggi penserò anche a Salerno”. Anche noi lo ringraziamo per il tempo trascorso con noi e gli facciamo i migliori auguri per la sua nuova “missione”. Padre Stefano Della Pietra è ammirato per la collaborazione di tanti giovani e dei laici saveriani di Salerno 2009 SETTEMBRE 22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15 Tel. 031 426007 - Fax 031 360304 E-mail: [email protected] C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6 TAVERNERIO Le giornate missionarie Una bella tradizione da non perdere E sistono ancora le giornate missionarie? Mi riferisco, in particolare, a quelle occasioni in cui la figura del missionario “dalla barba più o meno lunga”, giungeva di sabato in parrocchia chissà da quale parte del mondo... Durante la guerra e dopo, il missionario si spostava in treno e in bicicletta. Dalla stazione, con la sua valigetta, a piedi si dirigeva alla parrocchia assegnatagli dal direttore dell’ufficio missionario. Erano i parroci che chiedevano la presenza del missionario, non solo per la giornata missionaria mondiale, ma anche in occasione di feste importanti, per il ministero delle confessioni e per la predicazione dei tridui. Così s’accoppiava la giornata missionaria con le necessità della parrocchia. Quelle buste sui banchi A quei tempi le missioni erano poco conosciute; si conosceva poco del mondo al di là dei confini della propria terra. La predicazione sui bisogni delle missioni lontane e per mantenere i giovani studenti che si preparavano alla vita missionaria stava molto bene accanto ai santi e alle festività della parrocchia. Con la predicazione dei missionari la gente ha iniziato a conoscere le missioni, un compito che allora apparteneva quasi esclusivamente agli istituti missionari sorti nella seconda metà dell’ottocento. Il sabato sera all’oratorio si proiettava una pellicola che nar- p. FRANCO BERTAZZA, sx rava la storia dei missionari uccisi dagli irochesi, una novità per la maggior parte dei fanciulli. Ai genitori il missionario rivolgeva l’invito a favorire la vocazione missionaria dei figli, assicurando che non li avrebbero persi, ma sarebbero sempre appartenuti a loro, più dei figli sposati. Il giorno seguente, durante le Messe, il missionario parlava della vita in missione e spiegava ai fedeli il significato delle buste poggiate sui banchi, sperando nel buon cuore dei fedeli. Anche i laici e i fidei donum Dopo il concilio Vaticano II molte congregazioni religiose sono divenute anche missionarie. Anche i laici hanno cominciato a dare il loro contributo Esercizi spirituali: fanno bene! Don Bruno Maggioni con i partecipanti agli esercizi spirituali da lui diretti sul tema, “La cruna e il cammello - paradossi evangelici”. È così difficile entrare nel regno dei cieli? Ci siamo già, se viviamo la nostra fede con amore. personale, donando alcuni anni o solo alcuni mesi in aiuto ai missionari nella costruzione di opere sociali. Gli istituti esclusivamente missionari hanno iniziato a subire la diminuzione delle vocazioni, mentre le diocesi assumevano una o due parrocchie nei territori di missione, dove inviare i loro sacerdoti, chiamati Fidei donum. È una bella espressione che vuol dire: “dono della fede”. Insomma, c’è stata una fioritura meravigliosa di apostolato missionario, che continua ancora, anche se guerre civili con distruzioni e massacri hanno reso più attenta e impegnativa la presenza dei laici in missione. Se mancano i rincalzi… I tradizionali missionari “dalla barba più o meno lunga” sono ormai meno numerosi e sempre più anziani. Rimangono al loro posto, spesso in balia di avvenimenti di morte e di violenze. In tanti sono costretti ad abbandonare le missioni non per la sicurezza personale, ma perché non ci sono più rincalzi. Sono pochi i giovani disposti a offrire la loro vita per sempre a Cristo, per annunciare il vangelo ai poveri, agli affamati e ai perseguitati. Si sono allentati anche i legami tra le parrocchie e gli istituti missionari. Ogni diocesi dice che “ha le sue missioni e i suoi missionari da mantenere...”. Se da una parte questo è consolante e degno di lode, da un altro punto di vista viene allontanato il contatto diretto con quei missionari - anch’essi figli e figlie della stessa chiesa - che esercitano il loro apostolato in tutto il mondo e per tutta la vita. La solidarietà cristiana Sono molti i cristiani, credenti e non praticanti, che ancora ascoltano il missionario. Benché molti ignorino le necessità della propria chiesa parrocchiale, sono disposti a donare qualcosa a chi spende la propria vita per il bene dei fratelli, affamati di cibo e di amore, e per il bene di tanti bambini cha non sanno cosa sia la carezza di un papà. La gente vuole sentir parlare di Cristo che prova compassione per le miserie umane; vuol sentire la storia dei missionari che, protesi in aiuto delle popolazioni più povere, per amore di Cristo condividono le loro stesse sofferenze. Ancora una volta la solidarietà umana e cristiana ci distingue. Grazie a chi ci chiama Intanto, noi saveriani manifestiamo la nostra gratitudine a tutti i sacerdoti che ci invitano a celebrare la giornata missionaria per far conoscere le testimonianze delle giovani chiese e per aiutare a riflettere sulle molteplici necessità delle nostre missioni. A tutti coloro che offrono «un pane o un pesce» per sfamare tanta gente, assicuriamo la nostra preghiera. Invitandoci, i parroci ci offrono la bella opportunità di dire ai fedeli che la fede cristiana, così in crisi nella nostra vecchia Europa, rivive la sua eterna gioventù nei paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina. I nostri fedeli cristiani hanno bisogno di fatti e racconti che ravvivino l’ottimismo e la gioia di essere cristiani, figli del Padre e fratelli degli uomini. Non mancano le persecuzioni di ogni genere, ma è proprio dal martirio che la ■ chiesa ringiovanisce. A ottobre: feste degli amici Dopo l’estate riprendono puntuali le attività del mondo civile, nonostante le crisi che sembrano aspettare l’autunno... Speriamo di riuscirle a domare, anche se con qualche sacrificio. Auguriamo a tutti che possiate mantenere lavoro e serenità, merci rare nel nostro mondo attuale. I partecipanti agli esercizi spirituali guidati da padre Gabriele Ferrari che ha parlato dell’apostolo delle genti, a conclusione dell’anno Paolino. Intanto, i missionari saveriani di Tavernerio vi ricordano i tradizionali incontri di fraternità e amicizia: domenica 4 ottobre con gli amici italiani domenica 11 ottobre con gli amici svizzeri Tra luci e ombre, le saveriane di vari continenti si sono raccolte in preghiera e meditazione a Tavernerio. Torneranno alle loro missioni e auguriamo loro un fecondo apostolato. Siamo felici di ricevervi per rinnovare la nostra amicizia. Vi preghiamo di farci conoscere nuovi amici e vi ringraziamo per la vostra bontà e per il vostro sostegno spirituale e materiale. Tutto si svolgerà come negli anni precedenti nella gioia e nella pace. Non prendete altri impegni, vi aspettiamo. Grazie! 8 Crocifisso del beato Conforti, venerato nel santuario dei missionari saveriani a Parma; fin da bambino, il beato si soffermava a pregare e... “pareva mi dicesse tante cose!” 2009 SETTEMBRE VICENZA 36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119 Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362 Il nostro mondo capovolto Con i saveriani tra i kayapó di Redenção S iamo una giovane coppia di Chiampo. Vari anni fa, abbiamo iniziato il nostro cammino con i missionari saveriani di Vicenza partecipando al gruppo “Insieme per la missione” e poi al gruppo “Famiglie per la missione”, con incontri e riflessioni su come vivere la nostra vita. Abbiamo passato il tempo insieme con alcune persone condividendo la voglia di camminare e di cercare “un qualcosa in più”. A novembre 2008, siamo partiti per un’esperienza missionaria di sei mesi nell’Amazzonia brasiliana. Siamo stati ospiti dei saveriani di Redenção seguendo p. Renato Trevisan, che da tanti anni lavora in Amazzonia con gli indio kayapó. Le certezze lasciate qui Partire è stato per noi importante ed emozionante. Abbiamo lasciato le sicurezze, facendo spazio a tante incertezze e a tante piccole scelte che spesso mettevano in dubbio la nostra gioia di intraprendere questo viaggio. Però, nemmeno le difficoltà burocratiche ci hanno fatto perdere la serenità che ci ha permesso di credere nella nostra scelta. Dopo il volo aereo e un viaggio in autobus tra foresta e strade rosse, siamo arrivati a Redenção. Da lì tutto il nostro mondo si è capovolto: una lingua diversa, la fatica di capire e di farsi capire, persone da conoscere e mille cose nuove da scoprire: i sapori del cibo diversi (riso e fagioli come piatto quotidiano delle nostre giornate, oltre alla buonissima frutta), famiglie intere su una sola moto anche con bambini di pochi mesi, le feste piene di musica con la gente, l’entusiasmo per ogni piccola cosa, la capaci- ELISA e FABIO TIBALDO tà di credere nel domani pur non avendo niente. La grande casa per gli indio I ritmi di vita erano diversi da quelli vissuti fino a quel momento, stando in comunità con i missionari. Il nostro lavoro era accogliere gli indio che dalla foresta arrivano in città per varie necessità. I saveriani con alcune suore brasiliane si occupano della pastorale “indigenista”, con l’intento di aiutare le popolazioni indigene di questa zona, spesso emarginate dalla società. A Redenção i missionari hanno una casa di accoglienza dove gli indio possono stare quando sono costretti a rimanere in città per cure mediche o per qualsiasi altro motivo. Qui trovano un posto bello e ospitale. Le donne, grazie alle suore, possono cucire i vestiti per loro e per i La missione in casa nostra Volontari per la mensa Caritas a Vicenza scorso una quaN ell’autunno rantina di persone deside- rose di fare qualcosa per gli altri, hanno accolto la proposta dei saveriani e hanno deciso di aderire alla richiesta della Caritas: offrire il servizio mensa ai bisognosi il sabato mattina, poiché questo turno non era ancora coperto in città. Così da novembre ogni sabato a rotazione, dalle 10.30 alle 13, un gruppo di cinque volontari si presenta presso la mensa dei frati di Santa Lucia per aiutare la cuoca, distribuire il pranzo e sistemare i locali. Cinquanta pasti al giorno Questo servizio ci permette di toccare con mano le situazioni 8 più diverse: vi sono i giovani dell’Africa e dell’Asia, le signore dell’est Europa e persone di nazionalità italiana di ogni età. C’è chi parla la nostra lingua e chi non la parla affatto. Devono mangiare in fretta, perché la stanza accoglie solo una ventina di persone, ma arriviamo a distribuire anche cinquanta pasti. Mangiano spesso in silenzio o chiacchierano a gruppetti, quelli che già si conoscono. All’ingresso devono presentare al volontario una tesserina ritirata all’ufficio della Caritas; ma c’è chi ne è in possesso e chi no. Non è facile confrontarsi con questo sistema di selezione: a volte si fa entrare ugualmente La giovane Elisa con eleganti bambine kayapó: è importante andare in Amazzonia, ma anche a Vicenza c’è qualcosa da fare, qualcuno da aiutare... ANNA NICOLETTI la persona, spiegandole qual è il percorso che dovrà seguire in futuro; altre volte ci si deve imporre e dire no, anche se dispiace. Per gli stranieri, si tratta di aiutare le persone senza ledere la loro dignità e, fondamentalmente, di responsabilizzarle nel processo di inserimento nella nostra società. Per quegli italiani che invece si sono trovati in condizioni di estremo disagio, avendo magari perso casa o lavoro, è un modo per non far perdere loro la fiducia. Un appello per i giovani Si fa fatica a scambiare due parole con questa gente. Questo ci dispiace, ma si deve essere veloci a servire e veloci nel far accomodare altre persone. Sono in corso i lavori di ristrutturazione della mensa dei frati, anche per creare uno spazio più familiare. Questa è una delle tante realtà cittadine di accoglienza; ci fa capire che vi è ancora bisogno di aiuto. La Caritas e i saveriani cercano ancora volontari non solo per il sabato mattina, ma anche per il pranzo della domenica e per il ricovero notturno. Ci sono tanti giovani che hanno fatto assieme ai saveriani un’esperienza in missione e certamente avranno voglia di fare qualcosa per chi è meno fortunato. Ebbene, questo potrebbe essere uno dei tanti modi per continuare la missione anche in... casa nostra. ■ I coniugi vicentini Fabio ed Elisa Tibaldo hanno vissuto sei mesi a Redenção, in Amazzonia, con i saveriani; secondo da destra, p. Renato Trevisan, che li ha seguiti bambini; i ragazzi vengono per un doposcuola che li aiuta a stare al passo con gli altri e ad affrontare il problema della lingua. Ci sono poi i bagni, le docce e molti alberi su cui i bambini si arrampicano, giocano e mangiano frutta. E così anche noi abbiamo provato la curiosità per una cultura diversa, ma anche la gioia e l’emozione nel vedere che ci si sente fratelli e figli dello stesso mondo. Abbiamo vissuto le piccole conquiste, gli insuccessi, i giochi e i sorrisi dei bimbi. Abbiamo dedicato il nostro tempo a questa gente, percependone le difficoltà e le ricchezze davvero indescrivibili. “Ora siamo più sereni” Tornando in Italia, abbiamo trovato di nuovo il mondo capo- volto. Dentro avevamo la voglia di riabbracciare tutte le persone lasciate e il desiderio di raccontare, ma anche la paura di non essere capaci di esprimere quello che abbiamo vissuto. In noi sentivamo il bisogno di silenzio e la certezza di non voler dimenticare le tante e bellissime sensazioni provate. La speranza è di non dimenticare la presenza di una Provvidenza che davvero non manca mai e che sta a noi accogliere e vivere. Siamo convinti che la nostra fortezza deriva proprio dallo sperimentare la debolezza. Tornando a casa dopo questa breve esperienza, siamo diventati più “piccoli”, siamo anche più sereni e forse facciamo un po’ meno fatica nel vedere la meravigliosa vita che possiamo vivere, ap■ prezzare e amare. NE è VALSA LA PENA ! p. RENATO TREVISAN, sx Elisa e Fabio sono cresciuti in famiglie dove la fede cristiana ha illuminato la loro vita. Perciò non è stato un caso quando hanno chiesto di venire in Amazzonia. Nonostante un posto di lavoro sicuro, hanno deciso di donare una parte della loro vita esclusivamente per il vangelo, in forza della loro vocazione missionaria laicale. Kanhôk, anziano e rispettato capo kayapó, quando gli ho presentato Fabio ed Elisa dicendogli che erano venuti in Brasile per aiutarci, si è rivolto alla moglie con queste parole: “Hai sentito? Sono sposati e hanno lasciato tutto! Hai capito cosa hanno fatto per venire qui?”. Fabio ed Elisa, non solo hanno imparato e ascoltato, ma si sono assunti subito degli impegni. Eccoli allora partire in macchina e tornare al “Centro degli indio kayapó”, carichi di materiale per montare un’area dedicata ai bambini. Proprio qualcosa di molto simile a quello che si vede nella scuola materna di Chiampo… Il risultato? Bimbi e persino i genitori kayapó che giocando hanno perso la nozione del tempo! Elisa e Fabio sono venuti per conoscere questa gente, la loro fede, la religione vissuta in modi diversi, per rendersi conto dei problemi e come la chiesa provi soluzioni, annunciando il vangelo. Hanno visto da vicino la nostra vita di missionari, uomini con virtù e difetti. Sono stati bravi a valutarci nell’insieme, comprensivi con i nostri limiti e sottolineando le nostre virtù. Sono convinto che tornando in Italia faranno una bella pubblicità alla missione, per averla vista e vissuta quel tanto da lasciare un po’ di nostalgia per un’esperienza che “è valsa la pena”! Ora il loro posto è rimasto vacante… Chi saranno i prossimi? Fabio Tibaldo Crocifisso del beatodai festeggiato Conforti, venerato suoi amici kayapó 2009 SETTEMBRE ZELARINO 30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16 Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410 E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304 Il Signore li ha presi sul serio L’ordinazione sacerdotale di Simone Piccolo S abato 13 giugno il sole si è levato più splendente del solito sopra la parrocchia S. Maria Ausiliatrice della Gazzera. Anche lui voleva partecipare al grande evento che tutta la gente del quartiere di Mestre stava per vivere. Simone Piccolo, missionario saveriano nato e cresciuto in questo territorio, è diventato sacerdote. La storia ha avuto inizio tanto tempo prima, anzitutto nel disegno di Dio, ma poi nella preghiera dei genitori e nello zelo di don Luigi Stecca, suo parroco. Vocazione... con laurea Papà Oscar ricorda: “I figli Simone e Stefano erano ancora alle elementari e mamma Giannina collaborava con la parrocchia come catechista”. Poi un giorno don Luigi ha invitato i catechisti a un incontro in cui sottolineava la necessità di vocazioni sacerdotali e proponeva ai genitori di pregare con costanza, perché il Signore scegliesse tra i loro figli chi lo avrebbe servito all’altare. Oscar e Giannina presero l’impegno sul serio, ma pensavano “i nostri vicini sono migliori di noi e il Signore sceglierà in quella o quell’altra famiglia...”. Invece durante gli studi universitari, SiIl neo sacerdote p. Simone Piccolo abbracciato da p. Car- mone rivela lo Pozzobon, superiore dei la sua decisaveriani in Italia, e la gioia sione: non del vescovo e del parroco solo sacer- A festa segue festa p. FRANCO LIZZIT, sx dote, ma missionario. Il Signore aveva preso sul serio Oscar e Giannina. “Ma sei proprio sicuro? Ma la tua laurea? Ma, ma, ma... ”. Sono le domande inevitabili per chi si vede cambiati i progetti e le aspettative della propria vita. Simone, consigliato dal parroco don Luigi e dai saveriani conosciuti a Zelarino, ha continuato a rispondere positivamente al Signore e il 13 giugno è diventato sacerdote. Una comunità partecipe In presbiterio, oltre al vescovo ausiliare di Venezia mons. Beniamino Pizziol, c’erano più di venti sacerdoti, confratelli saveriani e amici di Simone. Nella folta assemblea c’erano gli studenti saveriani e le saveriane, tra cui Jone Manente, missionaria in Congo e anche lei nativa della Gazzera. Nell’omelia mons. Beniamino, con parole coinvolgenti e ispirate, ha parlato di Dio, della comunità, del sacerdozio e della missione. “Dio è il primo responsabile di ogni vocazione, ma in Simone Piccolo ha celebrato la prima Messa nella chiesa dove ha ricevuto Battesimo, Cresima, prima Comunione e il Sacerdozio. Mamma Giannina, passata l’emozione di quei momenti, ha detto: “Ora mi sento con i piedi per terra e mi rendo conto che mio figlio è sacerdote; ma nei giorni scorsi non sapevo dove mi trovavo!”. A conclusione della Messa, p. Simone ha condiviso con noi la benedizione del Papa e ha offerto alla a cura di p. FRANCO LIZZIT, sx 8 P. Simone con i genitori davanti a una bella torta per festeggiare l’ordinazione mamma un bel mazzo di fiori. Tra i presenti alla Messa c’era anche la piccola Agnese, di due mesi, la prima nipotina di p. Simone. Proprio da Agnese, p. Simone ha preso lo spunto per la sua prima omelia sacerdotale sull’Eucaristia. L’omelia, partendo da Agnese “Come tutti i neonati, Agnese ti accetta per quello che sei, non fa attenzione a quello che hai in mano, ma si accorge di quello che porti nel cuore e sorride; nel suo sguardo puoi leggere la bontà e la grandezza di Dio. Così è stato di Gesù a Betlemme. In maniera ancora più reale, così è Gesù nell’Eucaristia, quando ci trasforma in sé, o meglio ancora quando prende l’aspetto della persona che mi sta davanti. Penso a Samboy, un giovane delle Filippine, ignorato da tutti e per questo ostacolato a crescere umanamente. Quando si è accorto che io mi interessavo a lui per quello che era e gli volevo bene, la sua vita è cambiata: si è sentito qualcuno; si è sentito importante. Gesù ha iniziato a crescere in lui e particolare di quella sacerdotale. Senza la sua chiamata e la sua forza è inconcepibile il passo che Simone sta per fare. La comunità deve sentirsi partecipe, perché la vocazione di Simone è nata e cresciuta nel suo grembo, perché il sacerdote è un dono per tutta la comunità e perché l’impegno che vi prendete è di continuare ad assisterlo con la preghiera”. Responsabile di ogni anima Dopo essersi prostrato a terra, Simone si è alzato trasformato in Cristo, e come Cristo porterà il lieto annuncio della salvezza all’umanità. Una salvezza operata da Gesù con la sua morte e risurrezione, per donare, con il sacramento della riconciliazione, la libertà a chi è schiavo del peccato e farlo sentire figlio di Dio. Gesù insegna il metodo per operare tutto questo: il catino e il grembiule, ossia il servizio ai fratelli come ha fatto lui, fino a farsi “mangiare” nell’Eucaristia per essere vita per tutti. Ma ricordiamo che ogni cristiano ha il compito della missione; non possiamo delegarlo a Simone. Con lui dobbiamo estenderlo al mondo intero, seguendo l’esempio di san Francesco Saverio, patrono delle missioni e dei saveriani in particolare. “Dovunque c’era un’anima, lui si sentiva responsabile”: è l’augurio e la ■ preghiera per Simone. Vi aspettiamo il 20 settembre La prima Messa di padre Simone 14 giugno, solenD omenica nità del Corpus Domini, p. Una cuginetta di due anni era in prima fila, mentre Simone Piccolo era steso per terra. Si sporgeva con stupore, a vedere cosa stava avvenendo. Anche il vescovo lo ha notato e ha concluso la Messa dicendo che, nel suo cuoricino, la bambina riassumeva i sentimenti di tutta la comunità. Domenica 20 settembre si terrà il tradizionale incontro con i famigliari dei missionari e i benefattori, alla presenza di p. Carlo Girola, consigliere generale dei saveriani. Il programma prevede l’accoglienza alle ore 10, l’incontro con p. Girola, la Messa e il pranzo. Segnate subito questa data sul vostro calendario. Vi aspettiamo numerosi! Vi preghiamo di far pervenire la vostra adesione entro mercoledì 16 settembre al numero 041 907261. Grazie. IL TERZO GIOVEDì DEL MESE Incontri di preghiera con i saveriani p. FRANCO LIZZIT, sx Padre Simone Piccolo è stato davvero convincente nell’omelia della sua prima Messa in quanti avvicinava. Gesù non guarda alle nostre mani, ma ci guarda negli occhi e, attraverso gli occhi, nel cuore. Vedete che Agnese, a due mesi, mi ha aiutato a fare la mia prima predica da sacerdote. La ringrazio, in attesa di amministrarle, domenica prossima, il sacramento del Battesimo. Grazie ai miei genitori, a mio fratello Stefano e famiglia, a don Luigi e a tutti voi che mi avete aiutato nella mia preparazione. Ora ringraziate con me il Signore per il dono del sacerdozio. Sono certo che mi accompagnerete con la preghiera nella mia missione”. ■ Abbiamo fatto festa a p. Simone e abbiamo ringraziato il Signore per il dono del sacerdozio. Ma “la messe è molta e gli operai sono pochi”. Anche su questo, alla ripresa delle attività, si concentreranno gli incontri di preghiera per l’anno 2009-2010, fissati ogni terzo giovedì del mese con il seguente orario: 3° giovedì del mese 2009 17 settembre ore 16,30 15 ottobre ore 16,30 19 novembre ore 15,30 17 dicembre ore 15,30 3° giovedì del mese 2010 14 gennaio 18 febbraio 18 marzo 15 aprile 20 maggio 17 giugno 16 settembre Padre Simone Piccolo con il gruppo di preghiera nella chiesa dei saveriani di Zelarino ore 15,30 ore 15,30 ore 15,30 ore 16,30 ore 16,30 ore 16,30 ore 16,30