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SOMMARIO: 1. Criminalità organizzata: concetti e definizioni. 2. Le
Criminalità organizzata
di Ernesto U. Savona
SOMMARIO: 1. Criminalità organizzata: concetti e
definizioni. 2. Le organizzazioni criminali transnazionali: a)
cartelli colombiani; b) organizzazioni criminali
nigeriane; c) organizzazioni criminali italiane; d)
organizzazioni criminali dell'Est europeo; e)
organizzazioni criminali di origine asiatica. 3.
Organizzazioni a livello locale. 4. Due vicende che ogni tanto si
incontrano: la Mafia siciliana e quella americana. 5. Strategie criminali
nell'Europa che cambia: a) il traffico di emigranti; b) il traffico
di materiale strategico.- un pericolo emergente? 6. Le attività
collaterali: il riciclaggio. 7. La risposta internazionale. 8. Le
risposte nazionali. Bibliografia.
1. Criminalità organizzata: concetti e definizioni.
Analizzando i cambiamenti quantitativi e qualitativi della
criminalità nel mondo, si possono individuare alcuni segnali di
una sua parziale trasformazione da una dimensione individuale a
una sempre più complessa e organizzata. I fenomeni criminali
sembrano seguire lo sviluppo economico e sociale delle società
moderne, riproducendone i meccanismi. Più complessa diventa
la società nelle sue articolazioni, più complessa tende a diventare
la criminalità che ne riproduce le patologie. Le finalità
dell'arricchimento illegale e i mezzi adottati per il loro
perseguimento tendono a uscire dalla dimensione `occasionaleindividuale' od 'organizzata-semplice' per entrare maggiormente
in quella 'organizzata-complessa'. La criminalità organizzata di
oggi è diversa da quella di ieri, e si modifica in relazione ai
cambiamenti del sistema sociale, politico, economico e culturale
al quale tende ad adattarsi. La Mafia siciliana, ad esempio, ha
seguito i cambiamenti della società siciliana passando da un
modello rurale a uno urbano-imprenditoriale: un cambiamento
che si è tradotto anche nei modi di investire le risorse accumulate
illegalmente, passando dall'acquisto di terre a quello di
appartamenti e poi all'acquisizione di imprese.
Conseguenza dell'aumento di questa complessità criminale è
la diffusione di reti che collegano, da una parte, le
organizzazioni criminali tra loro e con la criminalità comu
ne e, dall'altra, con istituzioni e consulenti professionali
dell'economia legale. Più articolate sono queste reti, maggiori
sono le informazioni e le sinergie nel cogliere le opportunità
criminali, e maggiori sono le economie di scala in attività
collaterali come il riciclaggio dei proventi delle attività illecite. E
questo un processo di razionalizzazione della criminalità che
comporta una complicata riorganizzazione, in circuiti collegati,
di forme diverse di criminalità e di un continuum tra attività
criminali e attività legali (v. Savona, 1990). Il settore delle
droghe è un caso emblematico: i trafficanti a volte corrompono,
minacciano e uccidono poliziotti e giudici che li ostacolano,
tendono a eliminare i membri delle organizzazioni
criminali concorrenti e indirettamente spingono i
consumatori a commettere furti, rapine e altri reati, per
procurarsi il denaro necessario per acquistare le droghe. Alla fine
riciclano i loro introiti e li reinvestono nell'economia legale. In
questo caso reati diversi, appartenenti alla criminalità comune,
economica e organizzata, sono collegati alla stessa
organizzazione criminale e inseriti in un circuito decisionale
dove l'uno risulta essere funzionale all'altro.
Non è quindi una tipologia di reati che distingue la
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criminalità organizzata da quella non organizzata, ma una
certa specificità organizzativa dotata di alcune caratteristiche.
C'è differenza tra la banda di ladri che si forma per
commettere una rapina e l'organizzazione criminale dedita con
continuità ad affari illeciti. Nel primo caso siamo di fronte a
un'organizzazione
temporanea,
nel
secondo
a
un'organizzazione permanente o di lunga durata. La durata è
quindi un elemento caratterizzante, insieme a quello della
reputazione. Quest'ultima è una caratteristica che le
organizzazioni criminali ricevono nel tempo e che deriva dalla
percezione che mass media, organi di polizia e di giustizia
diffondono in relazione alle conoscenze maturate. Questa
reputazione, che porta ad associare certi comportamenti
criminali a una data organizzazione, fa sì che proprio
quest'organizzazione venga definita come appartenente alla
categoria `criminalità organizzata'. Un attentato o
Criminalità organizzata
un omicidio classificato come `mafioso' ha un significato diverso
da un attentato o un omicidio commesso in modo anonimo. La
valenza simbolica di quell'aggettivo dipende dalla reputazione,
e così gli effetti che ne derivano, interni o esterni al mondo
criminale.
Si possono riassumere le caratteristiche che costituiscono il
minimo comune denominatore della criminalità organizzata:
deve trattarsi di un'organizzazione strutturata (gerarchica o
flessibile) di persone che collaborano per un periodo di tempo
prolungato o indefinito, finalizzata all'arricchimento, sia
personale che dell'organizzazione, attraverso l'uso della
corruzione e della violenza e con la commissione di reati.
Più cresce la complessità del fenomeno della criminalità
organizzata, maggiore è la difficoltà di una definizione
comunemente accettata dalle agenzie del controllo- penale, dagli
studiosi, dai mass media e dagli stessi membri `pentiti' delle
strutture criminali, i quali hanno arricchito la conoscenza del
fenomeno, anche se spesso da un particolare punto di vista e con
conoscenze parziali. Tra le definizioni di natura legislativa può
essere ricordata quella espressa dall'art. 416 bis del Codice
penale italiano introdotto con la legge Rognoni-La Torre del
1982, secondo il quale l'elemento fondamentale
dell'associazione a delinquere di stampo mafioso si
identifica nell'impiego della stessa associazione, al fine di
esercitare specifiche forme di pressione economica e politica
sulla collettività e sugli individui: "L'associazione è di stampo
mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della
forza di intimidazione del vincolo associativo e della
condizione di assoggettamento o di omertà che ne deriva, per
commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la
gestione o comunque il controllo di attività economiche, di
concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per
realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri ovvero al
fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di
procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni
elettorali".
In ambito statunitense, l'Organized crime control act del 1970
- comprendente il più noto Racketeer influenced and corrupt
organizations statute, conosciuto con l'acronimo RICO - non dà
una definizione esatta di criminalità organizzata, sebbene i
comportamenti puniti da questa legge permettano di capire che
cosa debba essere considerata tale. Ci si trova di fronte a
questo fenomeno nel caso in cui alcune persone siano coinvolte
in un "pattern of racketeering activities", cioè abbiano
compiuto in un periodo di dieci anni, in modo non episodico e
traendone profitto, due o più reati, che includono - ma non si
limitano a - l'omicidio, il gioco d'azzardo, l'usura, il traffico di
stupefacenti e la corruzione (18 United States Code, §§
19611968). La RICO punisce chi si infiltra in imprese legali,
utilizzando i proventi derivanti da un "pattern of racketeering
activities".
La polizia federale tedesca, Bundeskriminalamt, definisce
la criminalità organizzata come una commissione di reati
pianificata, determinata dallo scopo di profitto o potere. Questi
reati devono essere di rilevante entità e devono essere commessi
da più di due persone che collaborano per un periodo prolungato o
indefinito di tempo, ciascuna con una serie di propri compiti
specifici. I criminali devono agire attraverso una struttura che si
avvicini a quella di un'impresa o di un'attività commerciale,
servirsi della violenza o di altri mezzi di intimidazione ed
esercitare
un'influenza
sulla
politica,
sui
media,
sull'amministrazione pubblica, sull'autorità giudiziaria e
sull'economia.
A queste definizioni si aggiungono quelle degli studiosi che,
concentrando la loro attenzione sulla `sottocultura' della
criminalità organizzata, hanno privilegiato un approccio di
tipo antropologico e sociologico. Nella realtà
statunitense gli approcci di tipo sottoculturale hanno conosciuto
un periodo di massimo fulgore negli anni dal 1930 al 1960,
durante i quali era maggiormente accreditata la tesi secondo la
quale `Cosa nostra' rappresentava una sorta di `cospirazione'
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Savona
degli immigrati italiani contro lo Stato americano. Sulla base
di questo modello, molti criminologi identificarono la
criminalità organizzata statunitense in una struttura di tipo
multifamiliare, rigidamente incentrata sui valori della Sicilia
rurale, connotata dalla rigida adesione dei suoi membri a regole
sottoculturali che erano proprie del gruppo etnico al quale
appartenevano e risultavano essere direttamente `ricalcate' su
quelle che caratterizzavano le famiglie meridionali dell'inizio di
questo secolo (v. Cressey, 1969 e 1972). Questo approccio
trascurava il fatto che in America, nel corso dei decenni, si
erano sviluppate differenti organizzazioni criminali composte
da appartenenti a diversi gruppi etnici e culturali, e che i
modelli sottoculturali, dai quali originavano le considerazioni
proposte dai ricercatori, erano spesso lontani dalla realtà, perché
derivanti dall'immagine che di quest'ultima avevano le
commissioni di inchiesta del governo statunitense e le altre
agenzie di controllo sociale.
Anche se certamente interessante, l'approccio di tipo
sottoculturale non è in grado di rappresentare interamente la
realtà criminale espressa dalla criminalità organizzata. La
sempre maggiore interazione tra questa forma di criminalità e il
sistema economico e politico ha portato alcuni autori a
considerare con crescente attenzione le sue forme
imprenditoriali che sono il riflesso delle forme imprenditoriali
dell'economia legale. È stata questa la premessa
dell'enterprise theory of investigation sviluppata dall'FBI
americana alla fine degli anni settanta, che ha direttamente
influenzato gli studi di autori italiani come Arlacchi (v.,
1983), Catanzaro (v., 1988), Gambetta (v., 1992), Santino e La
Fiura (v., 1990) sulla criminalità organizzata come impresa. Pur
tra molte diversità, questi autori hanno analizzato la struttura
imprenditoriale della criminalità organizzata italiana e le sue
interazioni con il sistema sociale, politico ed economico legale.
Questa criminalità organizzata di stampo mafioso non tende
solo al conseguimento di illeciti profitti, ma persegue una
strategia di occupazione del potere, subordinando il progresso
della società agli interessi privati di gruppi ristretti, a
scapito dell'interesse pubblico. Insomma, una struttura
economica e di potere che opera stabilmente e in connessione
con l'articolazione del sistema economico-politico.
Sempre più sottile è la soglia tra criminalità organizzata e
criminalità economica (v. Ruggiero, 1996), tanto che nel
panorama internazionale si sta diffondendo la dizione di
`criminalità organizzata finanziaria' per descrivere quella
forma di criminalità organizzata che si occupa degli
arricchimenti illeciti realizzati attraverso truffe e frodi
organizzate, come quelle dirette al bilancio dell'Unione
Europea. La stessa criminalità organizzata tradizionale si
sta poi sempre più 'finanziarizzando' per il bisogno di investire
nell'economia lecita i capitali accumulati, nascondendoli,
quando possibile, nei mercati finanziari per renderli anonimi e
quindi meno suscettibili di rischi di confisca.
C'è invece differenza tra criminalità organizzata e
organizzazioni terroristiche riguardo alle finalità: queste ultime
hanno infatti finalità ideologiche di sovvertimento del potere
costituito, mentre la prima è finalizzata all'arricchimento
spesso in collusione con il potere costituito.
2. Le organizzazioni criminali transnazionali.
Come le imprese si internazionalizzano per massimizzare
i guadagni e minimizzare i costi, così anche le organizzazioni
Criminalità organizzata
criminali tendono a oltrepassare i confini dei singoli Stati per
ricercare sui mercati internazionali maggiori opportunità di
arricchimento; nel contempo esse evitano il rischio di essere
intercettate e distrutte, con l'arresto e il sequestro dei beni dei
loro membri. L'ambito internazionale permette l'ottimizzazione
di opportunità e rischi, sia perché molti traffici illegali si vanno
sempre più internazionalizzando (traffico di droghe e auto
rubate, per fare solo due esempi), sia perché le attività di
polizia e la giustizia penale camminano ancora su percorsi
nazionali e con molta difficoltà e lentezza su quelli
internazionali. Opportunità di affari e law enforcement risk sono
i due fattori principali di questo processo di
internazionalizzazione delle organizzazioni criminali che
continuano a essere determinanti - oggi come in passato - per le
storie individuali dei diversi gruppi criminali.
Se c'è ancora una certa vaghezza su ciò che può rientrare nella
definizione di `criminalità transnazionale', c'è invece un
consenso di fatto su quelle che possono essere considerate le più
importanti organizzazioni a livello mondiale. Tra queste,
procedendo da ovest verso est, i cartelli colombiani, le
organizzazioni criminali nigeriane, la Mafia siciliana e più in
generale le organizzazioni criminali italiane, le organizzazioni
criminali russe, le Triadi cinesi, la Yakuza giapponese. Alcuni
di questi gruppi possiedono tradizioni molto antiche, come le
organizzazioni di origine asiatica e la Mafia siciliana, altri
sono relativamente più giovani, come i cartelli colombiani e
la Mafia russa, e altri ancora sono venuti all'attenzione
internazionale solo negli ultimi anni, come i gruppi nigeriani.
Nei paragrafi che seguono si traccerà il profilo di tali gruppi.
a) Cartelli colombiani.
I cartelli colombiani sono le organizzazioni criminali che hanno
avuto il più rapido sviluppo e hanno affrontato più
rapidamente i processi di internazionalizzazione. La loro storia
nel traffico internazionale della cocaina si intreccia con la
vicenda politica della Colombia, con le `guerre alla droga'
proclamate dai governi degli Stati Uniti e con l'allarme del
mondo intero. Dopo la blanda attenzione al problema dell'eroina,
alla metà degli anni ottanta, l'allarme internazionale sul
problema droga coincide con l'entrata dei cartelli colombiani nel
mercato mondiale della cocaina in posizione quasi
monopolistica; proprio con il loro avvento espressioni come
'narco-traffico', 'narco-dollari', 'multinazionali del crimine' e
'guerra alla mafia' divengono sempre più ricorrenti nel
descrivere situazioni che si riferiscono all'allarme cocaina e al
pericolo rappresentato dai cartelli. Ed è proprio intorno al
problema del traffico della cocaina che le legislazioni nazionali
di questi ultimi anni assumono un forte andamento
repressivo, sviluppando nel contempo una serie di strumenti di
cooperazione internazionale di tipo multilaterale e bilaterale che
coinvolgono legislatori, polizie e giudici.
La vicenda colombiana - o meglio la vicenda della cocaina e
poi dei suoi derivati come il crack - presenta sue caratteristiche
specifiche nel mercato internazionale delle droghe illegali: esse
vengono prodotte soltanto in alcune aree ben definite sulle
quali i cartelli esercitano un regime di monopolio, e ciò
consente loro di acquistare tutta la materia prima, raffinarla in
cocaina ed esportarla nei paesi consumatori. Se c'è
concorrenza, questa si svolge tra i Cartelli di Medellin, di Cali e
del Nord-Est, inclusi anche i cartelli più piccoli che ruotano
intorno ai tre grandi. I mercati locali della distribuzione sono
invece frammentati e competitivi; piccoli gruppi di spacciatori
si combattono per il controllo del territorio. La violenza di
molte delle grandi città americane, come Washington, è il
prodotto di questa
frammentazione e competizione. Al contrario, in Europa, dove i
mercati della cocaina sono strutturati diversamente da quelli
americani, non c'è frammentazione tra i gruppi né competizione
che produca violenza.
L'espansione dei cartelli in Europa trova il suo riscontro
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Savona
nell'alto consumo di cocaina, secondo soltanto a quello degli
Stati Uniti. Esistono due opinioni sulle strutture organizzative
dei cartelli nel continente europeo: la prima, più diffusa tra le
varie polizie, è che essi abbiano creato una sorta di joint venture
con altre organizzazioni criminali, come la Mafia e la Camorra,
per l'importazione (e in alcuni casi la distribuzione) della
cocaina; la seconda afferma invece che il controllo
dell'importazione e della distribuzione negli altri paesi sarebbe
rimasto nella mani delle organizzazioni colombiane. La
situazione è comunque fluida e tende a variare con il tempo e a
seconda dei diversi contesti nazionali. In Italia -dove, essendo
le organizzazioni criminali più consolidate, la prima ipotesi
dovrebbe essere maggiormente plausibile - la Mafia
siciliana e la Camorra hanno ripetutamente tentato l'ingresso
nel mercato della cocaina fin dalla metà degli anni ottanta;
tuttavia la caratteristica struttura di tale mercato concentrazione della produzione in poche aree determinate e
del traffico nelle mani dei cartelli colombiani - ha impedito alle
organizzazioni criminali italiane di riprodurre quell'oligopolio
che esse erano state in grado di garantirsi nel business
dell'eroina. E stato fatto, tuttavia, il tentativo di ottenere dai
cartelli colombiani il monopolio dell'importazione della cocaina
in Italia e, forse, nell'intera Europa. Ciò si è potuto verificare in
numerose occasioni, come, ad esempio, nel caso dell'operazione
Big John - relativa all'esportazione di 600 chilogrammi di
cocaina da Medellin a Palermo - dove la Mafia per ottenere
l'esclusiva minacciò i colombiani di uccidere ogni loro corriere
indipendente. Il fallimento di questo tentativo è dimostrato dal
numero dei corrieri di cocaina che ancora oggi continuano a
entrare in Italia e a effettuare consegne a importatori diversi
dalla Mafia o dalla Camorra. È probabile, tuttavia, che si siano
sviluppati accordi collusivi tra alcune `famiglie' mafiose ed
esponenti dei cartelli colombiani. Le due caratteristiche del
rapporto tra la Mafia e il business della cocaina si possono così
riassumere: da una parte collusione agli alti livelli del traffico, in
una posizione di dipendenza dei mafiosi rispetto ai
colombiani, come evidenziato dall'operazione di polizia
internazionale Green Ice del settembre 1992; dall'altra,
competizione ai livelli più bassi dell'importazione e della
distribuzione con altri gruppi criminali.
I cartelli sono organizzazioni articolate per funzioni di
diverso grado di complessità; la loro struttura è `a cellula', in
modo da impedire i contatti tra i vari aderenti ed evitare il
rischio di incriminazione per reati associativi. Esistono due
modelli di cellule: il primo costituisce parte integrante
dell'organigramma del cartello; il secondo è invece una cellula
`a contratto'. Si tratta - in quest'ultimo caso - di una persona
affidabile, alla quale viene offerto un contratto limitato a una
singola operazione, come il trasporto o la distribuzione; questa
persona, a sua volta, può reclutare cinque o sei persone
operative.
La struttura dei cartelli è oggi in grado di organizzare
servizi per l'attività di riciclaggio e per l'assistenza legale
centralizzata per i propri associati, così da minimizzare il rischio
di collaborazione con la giustizia di qualcuno incriminato in
Colombia o fuori: si tratta di una forma di ricatto che vede
spesso gli avvocati nominati dal cartello perseguire più
l'interesse del cartello che quello dell'imputato. Un'altra
forma di controllo avviene attraverso i conti correnti di coloro
che operano per il cartello in altri paesi: costoro devono lasciare
i loro depositi in Colombia, sottoponendosi così a un controllo
centralizzato e a possibili ulte-
Criminalità organizzata
riori ricatti diretti a minimizzare il rischio di loro fughe o
collaborazioni con la giustizia.
b) Organizzazioni criminali nigeriane.
La crescita della criminalità organizzata nigeriana è
relativamente recente e si è verificata nei primi anni ottanta
in conseguenza del crollo del prezzo dei petrolio. Poiché
l'economia del paese si basava sul greggio, in conseguenza di
questa crisi molti nigeriani.- alcuni dei quali residenti all'estero e
con un livello di istruzione superiore - hanno visto ridursi le
proprie fonti di guadagno, e hanno allora deciso di
intraprendere carriere criminali, molto spesso fortunate.
I Nigeriani hanno sviluppato grosse capacità di traffico e si
crede siano secondi soltanto ai Cinesi nell'importazione di
eroina negli Stati Uniti. Questo è possibile anche grazie alla
libertà con la quale possono operare nel proprio paese di
origine, sia per la debolezza della legislazione e del sistema di
law enforcement, sia per l'instabilità politica e per la
corruzione. Le organizzazioni criminali nigeriane sono
capaci di cambiare rapidamente i percorsi di traffico e sono
molto flessibili per ciò che riguarda il profilo dei corrieri, le
tecniche di camuffamento e la scelta dei prodotti. Le attività dei
gruppi nigeriani non si limitano solo ai narcotici, ma si
estendono alle frodi e alle estorsioni: i Nigeriani sono infatti
esperti in frodi riguardanti le carte di credito, i contributi di
assistenza governativi, le attività assicurative e i trasferimenti
elettronici. I membri di queste organizzazioni preferiscono
vivere all'estero, anche in maniera modesta, e trasferire i loro
proventi in Nigeria, dove mancano i controlli antiriciclaggio.
I forti legami familiari e tribali tra gli appartenenti a questi
gruppi e l'utilizzo di dialetti molto stretti rendono difficile le
investigazioni di polizia (v. Williams e Savona, 1996).
c) Organizzazioni criminali italiane.
Quando si parla di criminalità organizzata in Italia, ci si
riferisce a un quadro abbastanza complesso, popolato da una
varietà di gruppi e organizzazioni. Tra queste quelle
comunemente accertate sono la Mafia in Sicilia, la Camorra in
Campania, la 'Ndrangheta in Calabria, la Sacra Corona Unita
in Puglia. Tra queste organizzazioni la più nota per durata e
reputazione è la Mafia siciliana.
Nonostante molte delle attività mafiose abbiano carattere
regionale e sebbene il potere della Mafia sia circoscritto
alla Sicilia, questa organizzazione ha nondimeno avuto, nel
corso del tempo, sviluppi di carattere internazionale. Si tratta di
un processo che ha seguito i flussi migratori dei Siciliani
all'estero. Così come è accaduto in passato, quando
l'emigrazione di molti Siciliani verso gli Stati Uniti ha
favorito il loro inserimento nel mercato criminale americano,
più recentemente si è verificato un fenomeno simile nelle regioni
centrali e settentrionali d'Italia e in tutta l'Europa (specialmente
in Germania), comprese le zone orientali. In Italia, la rete di
gruppi criminali si sta diffondendo quasi in ogni regione
(specialmente, in Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana ed
Emilia Romagna) attraverso lo sviluppo di contatti più o
meno strutturati con organizzazioni (domestiche o di
immigrati) che operano a livello locale, con il coinvolgimento
di imprenditori nel mercato degli affari e di pubblici ufficiali
attraverso il ricorso sistematico alla corruzione (v. DIA, 1995,
pp. 17-20).
Recentemente, le organizzazioni criminali italiane sono
andate incontro a una serie di sconfitte che possono essere
imputabili ai seguenti fattori : 1) la rottura dei vecchi rapportiequilibri con la classe politica dominante; 2) l'entrata
in vigore, nel 1992, di una nuova normativa penitenziaria che ha
interrotto i legami tra i capi e il mondo esterno, rendendo più
complicati anche i rapporti con le loro famiglie; 3) un
crescente numero di `pentiti' soprattutto nella Mafia e nella
Camorra (da dieci nel 1992 a più di duemila nel 1997): si tratta
428
Savona
di criminali che decidono di collaborare con i giudici, spesso
dopo il loro arresto, fornendo notizie sulla struttura e sulle
attività dell'organizzazione. In cambio ricevono protezione per
sé e per i loro familiari, assistenza economica e una riduzione
di pena. Proprio per questi fattori, le organizzazioni
criminali italiane stanno attraversando una fase di
riorganizzazione delle proprie strutture e attività. La Mafia,
ad esempio, per proteggersi dalle rivelazioni dei collaboratori
di giustizia, sembra stia creando una nuova generazione di
mafiosi che, a differenza di quanto avvenuto fino a ora, non
verranno informati sulla struttura e sugli altri componenti del
gruppo e non verranno fatti entrare nell'organizzazione
attraverso il consueto rito di iniziazione. Un segnale di questi
cambiamenti è l'utilizzo crescente dei criminali comuni, non
conosciuti dagli organi di polizia come mafiosi, o addirittura di
incensurati, per compiere operazioni come gli attentati di Roma,
Firenze e Milano del 1993. Anche la struttura delle alte gerarchie
mafiose si sta modificando in modo radicale: è divenuta più
chiusa, articolata in compartimenti stagni e impermeabile alle
investigazioni.
Le organizzazioni criminali italiane stanno tentando di
guadagnare terreno all'interno del mercato internazionale, senza
tuttavia perdere il controllo del territorio d'origine e delle
attività criminali e commerciali già avviate: si stanno
specializzando in determinati campi e in diversi settori
operano a stretto contatto. Ad esempio, la Sacra Corona
Unita sembra essersi sparsa al di là del suo territorio di
origine, la Puglia. La medesima area geografica comprende,
infatti, criminali che appartengono a tutte e quattro le
organizzazioni criminali: ciò dipende dal fatto che la Puglia
rappresenta un punto di passaggio e di collegamento con
importanti gruppi criminali di recente formazione, operanti
in Montenegro, Albania e in altri paesi dell'Europa orientale.
Un esempio di attività criminale organizzata a livello
imprenditoriale, largamente sotto il controllo delle organizzazioni
criminali in certe aree geografiche, è rappresentato dalle frodi al
bilancio dell'Unione Europea. Dal 1° gennaio 1993, data in cui
sono cadute le barriere doganali, i criminali hanno fatto largo
utilizzo delle capacità acquisite in materia di frodi sull'IVA,
normalmente eludendo l'imposta sulle importazioni di bestiame.
Le investigazioni doganali hanno evidenziato come i gruppi
criminali utilizzassero fatturazioni false per evadere l'IVA sulle
importazioni di carne dalla Germania, dal Belgio e dai Paesi
Bassi. Il meccanismo è relativamente semplice e si è
avvantaggiato di leggi deboli - che sono state in vigore fino al 31
dicembre 1996 - perché emanate in un periodo di transizione: tali
leggi hanno permesso il pagamento dell'IVA sulla base di una
dichiarazione sul valore dei beni fatta dal compratore, e
non invece secondo quanto rilevato dai controlli doganali alle
frontiere. Il metodo di falsa fatturazione utilizzato è relativamente
lineare: il compratore italiano si serve di una `cartiera' (una
società di facciata diretta da un prestanome) che agisce come
intermediatrice tra la società straniera e quella italiana. La
società di facciata riceve i documenti riguardanti l'acquisto e
vende i beni alla società italiana, emettendo una fatturazione,
senza pagare l'IVA. Nel caso in cui venissero svolti dei
controlli, la società italiana può mostrare i documenti relativi
alle operazioni interne portate avanti con la `cartiera'; queste
`cartiere' nascono e muoiono assai velocemente, giacché lo
scopo dei criminali è ovviamente quello di lasciare meno tracce
possibili. Tali
Criminalità organizzata
frodi non si limitano soltanto all'olio, alla carne e ad altri
prodotti agricoli (sebbene essi rappresentino ancora la fonte
principale di proventi illeciti; v. Ministero dell'Interno, 1995),
ma coinvolgono le importazioni dei più svariati beni di consumo,
spesso attraverso l'adozione di metodi di frode molto più
sofisticati. Risulta, infatti, che un terzo di tutte le frodi
commesse ai danni dell'Unione Europea abbia luogo in Italia.
In termini monetari, il bilancio è anche peggiore: il 67,5%-pari a
79,49 milioni di ECU - della somma totale viene frodato in
Italia, specialmente in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia,
dove vi è una stretta connessione tra frodi e criminalità
organizzata (v. Guardia di Finanza, 1994).
L'edilizia è sempre stata un settore di investimento
privilegiato dalla criminalità organizzata italiana. Dal
momento che non richiede tecnologie avanzate o un elevato
grado di expertise, può essere utilizzata per attività di
riciclaggio (attraverso il pagamento dei salari, l'acquisto di
macchinari e materiali) e permette di controllare il territorio
attraverso l'offerta di lavoro e la canalizzazione del consenso
politico. Esiste, infatti, una connessione tra organizzazioni
criminali, potere politico, amministrazione pubblica e diversi
settori dell'economia tale da determinare una convergenza di
interessi tra i soggetti operanti nel campo degli appalti pubblici: il
politico fornisce lavoro all'imprenditore in cambio di una
tangente; l'imprenditore paga tangenti al politico e fornisce
denaro e lavoro al mafioso; il mafioso prende denaro
dall'imprenditore, assicurando, in cambio, la pace sociale e il
controllo sulla forza lavoro, e garantisce supporto elettorale al
politico. Le grandi imprese di costruzione che hanno vinto le
gare di appalto, successivamente subappaltano il lavoro a
piccole imprese controllate o condotte direttamente dalle
organizzazioni criminali, spesso organizzate sotto forma di
cooperative edilizie (v. Commissione Parlamentare Antimafia,
1991).
Per controllare il settore edilizio, la criminalità organizzata
ha lavorato a lungo al fine di acquisire il monopolio nei
settori chiave del trasporto di terra, della fornitura di
materiali edilizi, della produzione e distribuzione di
calcestruzzo e cemento. Alla crisi politica italiana, a
partire dal 1990, ha fatto rapidamente seguito la crisi del
settore edilizio, che certamente era uno dei più inquinati dalla
criminalità. La diminuzione dei favori politici ai criminali
attraverso la concessione di appalti insieme a una crisi
dell'edilizia - e quindi una diminuzione dei profitti criminali nel
settore - ha privato la Mafia di una delle sue essenziali risorse.
A partire dal 1988, i `clan' criminali italiani sono riusciti a
trarre ingenti profitti dal settore dei rifiuti, creando una rete di
"società-schermo' capaci di canalizzare tangenti verso i partiti
politici (v. Guardia di Finanza, 1994). La Sacra Corona Unita
si è così inserita nello smaltimento dei rifiuti urbani,
collaborando, quando necessario, con la Mafia, la Camorra e
la 'Ndrangheta. I gruppi criminali organizzati hanno assunto
il monopolio della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti
nella regione campana e fanno sentire il loro peso, anche se
non raggiungono una situazione monopolistica, in Calabria,
Sicilia e Puglia. Gli stessi gruppi, poi, controllano di fatto il
traffico dei rifiuti tossici industriali, provenienti dalle imprese
settentrionali e diretti verso le discariche meridionali. Una
presenza di criminali in questo settore è stata registrata
anche in altre regioni del paese, in particolare nel Lazio,
nelle Marche, in Toscana, in Liguria e in Lombardia.
A causa della difficoltà di reperimento di luoghi da adibire a
discariche abusive di rifiuti, questa attività illecita sta
diventando sempre più lucrativa. E evidente, poi, l'esistenza di
un collegamento diretto tra lo sviluppo incontrollato
dell'industria sommersa del calcestruzzo e il susseguente
utilizzo di questo materiale nelle discariche. Di solito i gruppi
criminali vanno alla ricerca di cave, oppure utilizzano vasti spazi
aperti che equipaggiano per ricevere sia rifiuti urbani che ogni
altro genere di rifiuti tossici. I criminali, per assicurarsi luoghi
dove smaltire i rifiuti, cercano, a volte, di forzare la chiusura di
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Savona
discariche regolarmente autorizzate, utilizzandole poi in modo
clandestino. In alcuni casi il cratere della discarica giunta al
limite di capienza viene ricoperto con altri materiali e il terreno
viene utilizzato per la costruzione di complessi edilizi abusivi.
Questo settore illecito - sebbene consenta `entrate' assai
elevate, paragonabili a quelle provenienti dal traffico di eroina
(v. Commissione Parlamentare Antimafia, 1993) - soffre di una
debolezza congenita, perché manca completamente di
segretezza. Cave non autorizzate, discariche di rifiuti,
edificazione abusiva non passano facilmente inosservate
alle autorità, di conseguenza, per cercare di limitare il
problema, le organizzazioni criminali hanno dovuto rafforzare il
controllo sul territorio, ottenendo completa fedeltà da parte
degli autisti dei camion e riducendo al silenzio - con metodi più o
meno violenti - gli ambientalisti. Ma lo smaltimento dei rifiuti è
solamente il primo stadio di questo affare. Quando la
situazione ambientale nei pressi delle discariche abusive diviene
critica, le organizzazioni criminali convertono le loro attività,
offrendo alla pubblica amministrazione i propri servizi in
ordine al ripristino ecologico dei luoghi degradati.
I gruppi criminali ricavano elevati guadagni anche dallo
smaltimento dei rifiuti tossici. Si calcola che degli oltre tre
milioni di tonnellate di rifiuti tossici prodotti annualmente
dall'industria italiana, soltanto cinque o seicentomila
tonnellate siano eliminate attraverso procedimenti legali. Ciò
che resta viene esportato illegalmente verso paesi stranieri,
spesso sottosviluppati, processo che, naturalmente, richiede la
collaborazione di altre organizzazioni all'estero.
Un altro nuovo mercato che consente alle organizzazioni
criminali di accumulare ingenti guadagni è rappresentato dalla
contraffazione di documenti. In quest'ambito sono stati stretti
saldi legami con organizzazioni criminali straniere, in
particolare con quelle russe. La produzione di documenti falsi è
un'attività estremamente redditizia, perché può essere
utilizzata in molteplici casi e con finalità differenti: esempi ne
sono la creazione di documenti falsi per gli immigrati illegali,
di falsi documenti bancari - come carte di credito (v. Guardia
di Finanza, 1995), certificati, obbligazioni, mezzi di
pagamento - e di banconote (in particolare dollari statunitensi).
Con l'aiuto di laboratori di riproduzione e stampa, le
organizzazioni criminali producono ex novo dollari falsi o,
utilizzando un processo chimico particolare, convertono
banconote da un dollaro in biglietti da cento dollari. I dollari
falsificati vengono venduti alle organizzazioni russe che li
impiegano investendoli nei paesi occidentali o facendoli
circolare nel mercato nazionale; le organizzazioni italiane
ricevono in cambio armi, prodotti chimici per la raffinazione
delle droghe e altre materie prime da collocare nei mercati
legali. Ha assunto un ruolo rilevante anche la contraffazione di
prodotti di marca e di capi di moda firmati, che sono poi
esportati verso i nuovi e ricchi mercati dei paesi dell'Est.
Il traffico di armi in Italia è quasi esclusivamente nelle
mani delle organizzazioni criminali italiane, prevalentemente
della 'Ndrangheta, risultando nel complesso collegato alla sua
attività internazionale di intermediazione economica e
finanziaria. Sono state scoperte armi particolarmente
pericolose (come bazooka, armi da fuoco automatiche e una
vasta gamma di esplosivi) provenienti dagli arsenali dell'ex
Iugoslavia, importate con l'aiuto e la copertura di società di
import-export aventi sede in paesi stranieri (v. Ministero
dell'Interno, 1995).
Savona
d) Organizzazioni criminali dell'Est europeo.
Le organizzazioni criminali dell'Est europeo vanno
moltiplicandosi giorno dopo giorno in relazione a diversi fattori
geopolitici, come la caduta del comunismo, la disgregazione
dell'URSS, l'introduzione dell'economia di mercato e gli alti
livelli di corruzione. Grande attenzione viene riservata, a
livello mondiale, alle mafie russe: pur costituendo un
fenomeno `nuovo' dalle origini poco conosciute, tali
organizzazioni si stanno espandendo con rapidità e
rappresentano ormai, nel panorama della criminalità
organizzata transnazionale, una realtà consolidata.
In Russia esistono più di 5.600 gruppi criminali, che si
dedicano a diverse attività illecite. Nella capitale russa, una
delle organizzazioni criminali più attive è quella di origine
cecena: la sua organizzazione monolitica e i legami etnici che la
caratterizzano, stretti al punto da non permettere l'entrata nel
gruppo di elementi non appartenenti alla stessa etnia, la
rendono particolarmente pericolosa, sia a livello locale che
internazionale. Nell'assetto attuale della criminalità
organizzata russa, un ruolo importante è giocato dal
consolidamento e adattamento ai mutamenti degli ultimi anni
dei gruppi criminali noti come vory v zakone, i `ladri che
seguono il codice'. Nel mondo della malavita russa, queste
organizzazioni occupano tradizionalmente una posizione di
prestigio e autorità: i vory v zakone disprezzano tutto ciò che
è collegato alla società `comune' e, secondo il loro codice di
condotta, devono vivere solamente di ciò che deriva dalle loro
attività illecite. Le caratteristiche di questo gruppo criminale oltre a quella di essere strutturato su livelli gerarchici - sono:
la capacità di adattarsi molto bene ai cambiamenti
sopravvenuti nell'ex Unione Sovietica, un'età media molto
bassa dei membri dell'organizzazione, la capacità di diffondere
tra i giovani la propria ideologia criminale, la continua
espansione territoriale sia nel panorama locale che
sovranazionale. Ad esempio, secondo informazioni del
Ministero degli Interni russo, questi gruppi si stanno
espandendo dall'area urbana moscovita sia verso altre regioni
del paese, sia a livello internazionale.
Tra gli affari delle mafie russe ci sono i furti e i traffici di
antichità verso l'Occidente, la prostituzione, il furto di auto, il
traffico di armi e di narcotici (v. Fituni, 1993, pp. 6-7); ma
molte altre attività si possono aggiungere a questa lista. Le mafie
russe sono per natura opportuniste, vanno cioè dove vi siano
affari da fare, sia a livello locale che sui mercati internazionali.
Come la Mafia siciliana, tendono al controllo del territorio,
eliminando i possibili criminali rivali, mentre- a livello
internazionale- tendono a utilizzare le proprie capacità di traffico
e di commercio illegale per qualsiasi bene che possa
rappresentare un'opportunità di guadagno, dalle automobili alle
armi, dai medicinali alle materie prime.
In tema di riciclaggio dei proventi delle attività illecite si
deve considerare l'importanza del processo di privatizzazione,
che al momento si sta sviluppando in molti Stati dell'Europa
orientale. Grande apprensione solleva il fatto che ricchi
criminali, sia locali - incluse persone che sotto il regime
socialista si erano macchiate di reati economici - che stranieri,
riescano a investire i propri capitali in quote di imprese
privatizzate o acquistino direttamente società, riuscendo a
esercitare un controllo sopra un ampio spettro di attività
economiche. Tale processo è assai difficile da arrestare. Le
privatizzazioni in corso permettono alle organizzazioni
criminali di infiltrarsi nel mondo degli affari legittimi,
anticipando una fase che di solito si attua nella seconda
generazione dei gruppi criminali. Nel lungo periodo, con
legislazioni e regolazioni appropriate, questo ulteriore gradino
nella scala delle opportunità sociali potrebbe permet
tere a questi nuovi imprenditori di acquistare una
posizione legittima all'interno della società, lasciandosi alle
spalle le proprie origini criminali. Sfortunatamente non vi è
però alcun motivo per supporre che un ricco
428
Criminalità organizzata
imprenditore, che conosce, a motivo delle sue passate
esperienze, i vantaggiosi profitti che possono derivare
dall'intimidazione e dalla
corruzione, rinunci a queste pratiche. Solamente l'esistenza di un
effettivo rischio di law enforcement - e la consapevolezza da
parte dell'imprenditore criminale del rischio di perdere quella
posizione sociale che è riuscito a raggiungere-potrà portare
all'abbandono dei comportamenti criminali.
Un ostacolo particolare all'efficienza dell'azione contro il
riciclaggio nei paesi dell'ex Unione Sovietica è rappresentato dal
controllo delle banche da parte dei criminali stessi o comunque
di persone inserite nei loro `libri paga' o disposte a fare affari
con loro. Si ritiene che in Russia circa 2.000 banche siano
influenzate, se non addirittura controllate, dai gruppi criminali
più potenti, e che ciò accada anche in altri paesi dell'Europa
orientale. Al di là dei controlli, molte banche e istituzioni
finanziarie dell'Europa orientale, esattamente come avviene per
le loro controparti americane o europeo-occidentali, non
compiono alcuno sforzo per differenziare i fondi legittimi da
quelli illegittimi. Troppo spesso mancano quei meccanismi legali
e quella competenza professionale che permettono di rilevare
sofisticati processi di riciclaggio.
e) Organizzazioni criminali di origine asiatica.
Le organizzazioni criminali cinesi più antiche e maggiormente
strutturate sono le Triadi con base a Hong Kong. Si tratta di
organizzazioni `multiscopo' - nel senso che si dedicano a una
pluralità di affari illeciti - le quali rappresentano un'evoluzione
delle società segrete create nel XVII secolo per spodestare la
dinastia Qing. Molti dei vecchi rituali, come l'iniziazione, sono
ancora osservati (v. Bresler, 1980; v. Morgan, 1960). Alcune
delle Triadi, come la Sun Yee Ori (la maggiore delle Triadi di
Hong Kong), operano in paesi come gli Stati Uniti, il Canada e
l'Australia. Le loro attività di traffico di droga, di riciclaggio
di denaro e di estorsione si stanno trasferendo da Hong Kong
verso questi paesi a causa del passaggio di Hong Kong sotto la
sovranità della Repubblica Popolare Cinese. Le Triadi sono solo
una piccola parte della costellazione di gruppi criminali cinesi
che operano in tutto il mondo; esistono prove crescenti di una
joint venture criminale tra le Triadi e gli altri gruppi criminali
cinesi che operano in paesi occidentali, come gli Stati Uniti.
Le Triadi sono saldamente radicate in tutte le più grandi
comunità cinesi sparse per il mondo, incluse quelle di
Amsterdam, Londra, Manchester, New York e San Francisco e
recentemente anche quelle presenti nelle città italiane. Le loro
attività locali sono le estorsioni, il racket delle protezioni, il
gioco d'azzardo e il materiale pornografico. Le attività
internazionali comprendono una pesante partecipazione nel
traffico di eroina verso gli Stati Uniti e l'Europa, insieme al
traffico di armi e ad altri generi di attività 'opportunistiche',
come il furto e il traffico di automobili lussuose e di yachts
verso mercati più ricchi, e di beni di consumo verso la Repubblica
Popolare Cinese, e le frodi internazionali con carte di credito.
Particolarmente intenso è il traffico di migranti verso gli Stati
Uniti.
È stato recentemente stimato che tutte queste attività
producono annualmente un fatturato totale di 210,2 miliardi
di dollari (v. Myers, 1994, pp. 4-5). I modi con cui le Triadi
maneggiano il denaro rispecchiano il loro originale processo di
internazionalizzazione: piuttosto che intra
Criminalità organizzata
prendere elaborati procedimenti di occultamento dei proventi
criminali, esse preferiscono compiere investimenti diretti a
generare più fondi, dimostrando scarsa preoccupazione per le
inchieste ufficiali riguardanti le origini dei loro capitali.
La Yakuza, originaria del Giappone, può essere considerata il
più vasto gruppo criminale del mondo, con almeno 110.000
membri e 2.500 gangs associate (v. President's Commission ori
Organized Crime, 1986). Questo gruppo ha avuto origine tra il
XVI e il XVII secolo in Giappone e si è evoluto attraverso
strutture gerarchiche simili a quelle della Mafia siciliana; il
wakato (presidente) controlla vari vicepresidenti, ai cui ordini ci
sono diversi luogotenenti che danno ordini a una schiera di wakai
shu (soldati). I cambiamenti sociali e politici avvenuti in
Giappone dopo la seconda guerra mondiale hanno offerto molte
opportunità al crimine organizzato (v. National Police
Agency of Japan, 1983). Le organizzazioni appartenenti alla
Yakuza sono coinvolte nella pornografia, nei narcotici e nelle
estorsioni; trafficano anfetammine dagli Stati Uniti al Giappone
e forniscono armi da fuoco al mercato giapponese, altamente
regolato (v. Los Angeles Police Department, 1984).
3. Organizzazioni a livello locale.
Al di là delle organizzazioni criminali analizzate perché
hanno una dimensione internazionale e comunque costituiscono
quelle la cui persistenza e reputazione superano i confini
nazionali, esiste una pluralità di organizzazioni criminali che,
possedendo le caratteristiche della durata e della reputazione,
agiscono a livello locale ma sono in grado di estendere
`ramificazioni' al di là di questa dimensione. Ad esempio, in
Canada esistono cinque tipi di organizzazioni criminali di
carattere locale: le motorcycle gangs; i gruppi criminali
asiatici; i gruppi criminali italiani, concentrati nella parte
orientale; i gruppi criminali emergenti dell'Europa orientale,
concentrati nella parte meridionale dell'Ontario; la criminalità
organizzata nativa, presente in tutto il paese.
Negli Stati Uniti gruppi di Afroamericani e Ispanici
dominano le attività criminali nelle loro rispettive etnie,
controllano la distribuzione della droga nelle strade e in alcuni
casi sono implicati anche nella distribuzione ai più alti livelli.
Spesso interagiscono con i trafficanti internazionali di droga che
controllano la vendita all'ingrosso e la distribuzione regionale.
Le motorcycle gangs, come gli Hell's angels, sono divenute
gruppi ben organizzati, implicate in una larga varietà di
attività criminali, tra cui lo spaccio di droghe. Il Violent
crime control act del 1994 è stato diretto specificamente contro
le bande di strada e ha previsto, qualora ricorrano determinate
circostanze, una condanna fino a 10 anni di carcere per i
reati commessi dalle gangs aventi a oggetto droga o
considerati particolarmente violenti. La legge definisce come
"banda criminale di strada" un gruppo o una associazione di
cinque o più persone il cui fine è quello di compiere un reato
federale connesso alla droga - punibile con una condanna ad
almeno cinque anni di reclusione - o un reato federale grave.
Esistono circa 800-900 bande che differiscono per dimensioni,
complessità e ferocia, da chapters (piccole bande), organizzate
in modo approssimativo, a grandi gruppi presenti in tutto il
paese e anche all'estero. Gli Hell's angels hanno quasi 70 chapters
in 13 paesi di 4 continenti (v. Abadinsky, 19903). Altre bande
come gli Outlaws, i Pagans e i Bandidos sono coinvolte nel
traffico di droga e di armi, nella prostituzione, nel furto d'auto
su vasta scala e nei contratti di omicidio per conto di Cosa
nostra. II rappresentante tipico di una di queste bande è
bianco, di sesso ma
schile, di età compresa fra i venti e i trent'anni,
generalmente proveniente dalla classe operaia, con istruzione
limitata e scarsa qualificazione professionale; molti hanno già
riportato condanne penali. Per essere ammessi a far parte
della banda è necessario essere presentati da suoi membri. La
cerimonia di iniziazione può richiedere che il candidato
428
Savona
commetta un'azione criminosa, anche grave, dall'omicidio al
furto, secondo gli ordini ufficiali del club. Una volta ammesso, il
nuovo membro può indossare le insegne e i colori del club, un
privilegio che corrisponde alla qualifica di made guy delle
famiglie criminali.
Le bande differiscono dalle tradizionali famiglie mafiose di
Cosa nostra per diversi motivi: non sono etnicamente
omogenee, né sono legate da vincoli di parentela o da vincoli
territoriali definiti; inoltre, i componenti mostrano
apertamente la loro appartenenza a una banda. In comune
hanno, però, una struttura gerarchica, una catena di comando e
un rituale di ammissione; tutte sono infine organizzazioni che
si autoperpetuano con attività illegali diversificate e sparse sul
territorio.
4. Due vicende che ogni tanto si incontrano: la Mafia siciliana e
quella americana.
La vicenda della Mafia italo-americana negli Stati Uniti e
quella della Mafia siciliana in Italia si prestano a una lettura
incrociata, non solo perché le due mafie hanno origini e strutture
`culturalmente' simili, ma anche perché sull'altro versante,
quello dell'attività di contrasto, vi sono molti punti in
comune, pur nella differenza dei sistemi giuridici dei due paesi.
La loro storia scorre su linee parallele con alcuni punti di
incontro.
In Italia come negli Stati Uniti, la successione degli eventi
presenta alcune similarità. Cambiano in alcuni casi soltanto la
frequenza e l'ampiezza delle oscillazioni. Si inizia con una
sottovalutazione del fenomeno della criminalità organizzata a
livello investigativo e giudiziario negli Stati Uniti fino al
1950 e in Italia fino alla metà degli anni sessanta. Poi si
sviluppa una forte attenzione politica al problema, che si
traduce negli Stati Uniti in ripetute commissioni parlamentari
di inchiesta, che nel 1970 sollecitano l'emanazione di una
legislazione ad hoc come la RICO, parte dell'Organized crime
act (da qui viene il modello della criminalità come impresa), e
la attribuzione di più forti poteri (electronic surveillance) alle
agenzie del law enforcement, insieme alla predisposizione di un
programma di assistenza ai collaboratori della giustizia, il
Witness security program.
In Italia le ripetute commissioni di indagine del fenomeno
mafioso che si succedono nel tempo non producono innovazione
negli strumenti legislativi fino a quando la forte pressione
determinata nel 1982 dalle uccisioni del deputato Pio La Torre e
del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa e di sua moglie, accelera i
tempi della emanazione della legge Rognoni-La Torre, anche
questa modellata, come quella americana di dodici anni prima,
sul paradigma della criminalità come impresa.
Negli Stati Uniti il periodo successivo all'emanazione della
RICO è caratterizzato da un decollo lento del numero delle
incriminazioni dei membri delle organizzazioni criminali,
prevalentemente collegate con Cosa nostra, provocato anche da
un ritardo degli apparati investigativi nell'utilizzare paradigmi
nuovi per analizzare il fenomeno e da conflitti tra le diverse
agenzie investigative. Questi momenti vengono superati
attraverso la creazione di strutture orizzontali, come le
Organized Crime Strike Forces, dipendenti dal Dipartimento
della Giustizia e articolate in alcune zone-chiave della nazione
americana, con rappresentanti di tutte le strutture investigative e
giudiziarie competenti.
Criminalità organizzata
Dalla metà degli anni ottanta il funzionamento degli apparati
investigativi e giudiziari americani segna notevoli
successi nella lotta alle famiglie di Cosa nostra, incriminando e
condannando tutti i membri principali (v. Savona, Le
mafie._ 1994).
In Italia dopo le leggi antimafia vengono celebrati i
maxiprocessi, ma si registra una diminuzione delle capacità
investigative e un'accentuazione dei conflitti interni e trasversali
tra organi investigativi e giudiziari. Soltanto alla fine degli anni
novanta - e soprattutto nel 1992, dopo l'omicidio del giudice
Falcone - l'approvazione di una legislazione di supporto alla
protezione dei pentiti, norme più efficaci sul piano processuale
e il contrasto alle attività di riciclaggio (già predisposto con la
legge n. 55 del 1990 e con la legge n. 197 del 1991) hanno
permesso quella che oggi viene considerata sicuramente
un'azione efficace dello Stato contro la Mafia, che ha prodotto i
suoi effetti portando anche alla cattura dei capi
dell'organizzazione.
In questa breve storia del fenomeno in Italia e negli Stati
Uniti, è possibile cogliere degli elementi comuni, che si possono
riassumere in una serie di `pregiudizi' e di `orgogli'. Le agenzie
investigative e gli organi giudiziari vanno elaborando modelli
interpretativi del fenomeno che per un verso sono tratti dalla
realtà analizzata, ma che per l'altro sono frutto di
immaginazione, di distorsioni interpretative, dì deviazioni; questi
pregiudizi alimentano gli `orgogli' delle diverse agenzie
investigative, le quali presentano un alto tasso di conflittualità
reciproca.
La lettura incrociata degli avvenimenti nei due paesi presenta
lati di un certo interesse. Prima degli anni cinquanta negli Stati
Uniti, e fino a tutti gli anni sessanta in Italia, Cosa nostra, da
una parte, e la Mafia, dall'altra, sono quasi del tutto trascurate
dall'opinione pubblica e dagli organi investigativi e
giudiziari. Il paradigma prevalente è `la mafia non esiste,
forse esistono i mafiosi'. Con le Kefàuver hearings del 1951
si incomincia a sviluppare negli Stati Uniti il pregiudizio della
cospirazione : "la mafia come prodotto degli immigrati siciliani
in America. Una organizzazione contro lo Stato". Un pregiudizio
che porterà le agenzie investigative a lavorare su obiettivi
limitati, trascurando i notevoli aspetti di americanizzazione del
fenomeno. Questo pregiudizio ha contribuito a orientare-le
strategie investigative verso la cattura dei capi delle
famiglie mafiose, specie se di origine italiana.
In Italia, la consapevolezza dell'importanza del fenomeno
mafioso si intreccia con la violenza prodotta dalle varie
guerre di mafia che dal 1963 in poi caratterizzano la storia di
questo paese. La stessa strategia, quella della cattura delle
singole persone, soprattutto dei capi, costituisce il paradigma
fondamentale delle azioni di polizia e giudiziarie. La legge sul
soggiorno obbligato è un prodotto dell'equazione
`allontanamento del capo = eliminazione della struttura
criminale' che ha involontariamente contribuito alla espansione
nazionale del fenomeno della criminalità organizzata in Italia (v.
Smuraglia, 1994).
Come si è detto in precedenza, è con il 1970, negli Stati
Uniti, e con il 1982, in Italia, che la Mafia come impresa o
sistema di imprese organizzate diventa il paradigma prevalente
delle legislazioni in tutti e due i paesi, nonché - parzialmente,
tramite una lenta evoluzione - dentro gli apparati investigativi.
L'evoluzione del paradigma, dal singolo boss all'impresa
criminale, negli Stati Uniti avviene per gradi: si conosce e si
studia la struttura delle imprese criminali, le loro attività illegali,
le diversità, a volte notevoli, tra le diverse famiglie di Cosa
nostra operanti. Nel 1981 l'FBI adotta una nuova strategia
investigativa chiamata enterprise theory of investigation (v.
Sessions, 1988), che sempre di più costituirà il quadro di
riferimento per l'intelligente contro la criminalità organizzata,
Savona
Queste vicende sono state seguite dai ricercatori con alterno
interesse. Negli Stati Uniti sono stati sviluppati due modelli
interpretativi: quello di Cressey (o modello
governativo), fondato sull'esperienza dell'autore come
consulente della Commissione governativa contro la criminalità
organizzata del 1967, secondo il quale la criminalità organizzata
sarebbe una struttura gerarchica composta da 25 famiglie
appartenenti a Cosa nostra, di origine siciliana, coordinate da
una Commissione (v. Cressey, 1969); e quello di altri studiosi (v.
Albini, 1971; v. lanni e Reuss-lanni, 1972; v. Kelly, 1986; v.
Reuter, 1983), secondo cui la criminalità sarebbe organizzata in
strutture meno burocratiche, una sorta di network di relazioni:
un modello di criminalità organizzata certamente più
disorganizzata di come risulta nel modello governativo.
Il modello governativo e quello dei ricercatori sono ancora
oggi oggetto di dibattito nell'analisi di Cosa nostra.
Conoscenze maggiori e più approfondite di qualche anno fa ci
permettono di considerare ambedue i modelli relativamente
validi, nel senso che la pretesa di descrivere questo genere di
organizzazione malavitosa utilizzando solo l'uno (il
modello dell"unica struttura'), oppure l'altro (quello di `una
serie
di organizzazioni
confederate')
nascondeva
un'inevitabile ignoranza delle strutture dei processi
organizzativi e delle diversità delle attività che hanno
caratterizzato la vita di Cosa nostra americana. Con le
maggiori conoscenze che si hanno oggi del fenomeno, si può
parlare di strutture oscillanti tra i due modelli, a seconda del
tipo di `famiglia' e/o di mercato illegale. In certi casi si è avuta
la prevalenza di una struttura fortemente gerarchizzata, in altri
casi quella di piccoli imprenditori autonomi, collegati
reciprocamente in una struttura simile a quella di un club
oppure di una camera di commercio.
L'attenzione dedicata a Cosa nostra dalle agenzie federali e
dagli organi giudiziari ha fatto registrare negli ultimi anni
notevoli successi. Le cinque famiglie di New York sono state tutte
incriminate e processate e i loro membri condannati a una lunga
detenzione. Nella stessa condizione si trovano oggi i membri di
gran parte delle 25 famiglie che costituivano Cosa nostra
americana. Le risorse allocate per ottenere tale risultato hanno
fatto trascurare altri gruppi organizzati che operano con
strutture diverse nello scenario della criminalità organizzata
americana: i gruppi dei colombiani, giamaicani, cubani, in
aggiunta a quelli più tradizionali dei cinesi, vietnamiti,
motorcycle gangs, per fare soltanto alcuni nomi.
Il successo americano nella lotta alla criminalità tradizionale
(Cosa nostra) è il frutto della combinazione di cambiamenti
sociologici e socioculturali degli appartenenti a questi gruppi e di
cambiamenti intervenuti nella legislazione e nell'organizzazione
degli apparati investigativi competenti. Con le condanne dei
componenti di queste `famiglie' si è sperimentato nella realtà
che uno sforzo coordinato di buona legislazione, di buona
intelligence e di buona organizzazione degli apparati investigativi
e giudiziari può essere efficace. A livello giudiziario questo può
essere istituzionalmente un punto di arrivo. A un altro livello, che
è anche quello della ricerca, ci si interroga su ciò che accadrà
dopo questi successi e sulle loro conseguenze, vale a dire se essi si
siano tradotti nella scomparsa o nella diminuzione delle attività
criminali.
Analisi attuali e scenari futuri sulla criminalità organizzata
americana, fondati sulla conoscenza di certi processi in atto,
portano a considerare almeno due possibili ipotesi di
evoluzione: una riorganizzazione secondo criteri e con strutture
diverse di frammenti dei vecchi gruppi organizza. ti e/o la
sostituzione di altri gruppi organizzati negli spaz di mercato
lasciati liberi dagli appartenenti a Cosa nostra che sono in stato di
detenzione.
4
2
Criminalità organizzata
Ambedue i processi sono già avvenuti nella storia della
criminalità organizzata americana e sono utili per capire la
situazione attuale e le sue evoluzioni.
In molti casi le attività criminali illegali tradizionali
continuano a prosperare, così come le infiltrazioni nei mercati
legali. Questo ripropone il problema di quale strategia sia più
adatta a combattere la criminalità organizzata. Il dibattito è
aperto e, constatati i limiti oggettivi dell'azione penale, si
discute l'idea di porre mano ad alcune riforme della
regolazione amministrativa proprio per ridurre quelle
opportunità di criminalità che sono fondamentali per la
sopravvivenza di organizzazioni di tipo opportunistico e
per diminuire la suscettibilità di alcuni mercati alle infiltrazioni
della criminalità organizzata (v. Williams e Savona, 1996).
Savona
sviluppare i propri traffici o per collaborare con altri gruppi.
L'entrata dei gruppi criminali dell'Europa orientale sui
mercati criminali internazionali ha quindi ulteriormente
contribuito a cambiare profondamente lo scenario europeo. Il
mutamento non è costituito solo da un aumento quantitativo
delle attività tradizionali della criminalità organizzata, quali il
traffico di stupefacenti, di automobili rubate, di oggetti
contraffatti, di frodi, ecc., ma anche da un miglioramento nelle
capacità imprenditoriali della criminalità organizzata, frutto
di cambiamenti generazionali verificatisi nei suoi quadri e delle
nuove opportunità di affari offerte dal processo di
trasformazione in atto nell'Europa orientale, come il traffico
di emigranti e di materiali strategici.
a) Il traffico di emigranti.
5. Strategie criminali nell'Europa che cambia.
La crescente globalizzazione dell'economia mondiale che
nell'ultimo decennio ha contribuito alla libera circolazione delle
merci e delle persone, è uno dei fattori che in Europa, più che in
altri continenti, contribuisce ad accrescere il rischio di una
maggiore diffusione della criminalità organizzata. A questo si
aggiunge la vicinanza con le economie in transizione
dell'Europa centrale e orientale e l'apertura dei loro mercati.
Questi fattori hanno aperto agli imprenditori dell'Europa
occidentale una serie di opportunità di espansione e di
collaborazione con i loro colleghi dell'Est, così come ha aperto
agli imprenditori criminali nuove e lucrose opportunità di affari e
di scambio con altri gruppi criminali. Nell'espandere in questi
paesi i propri interessi, i criminali tendono a massimizzare le loro
opportunità di ricchezza minimizzando i rischi, cercando di
prevenirli, controllarli o assorbirli: il più importante di tali rischi
è naturalmente quello di essere individuati, arrestati e di
vedere confiscate le ricchezze accumulate.
Professionalità e informazione sono oggi le due
caratteristiche che accompagnano questa espansione e che
permettono alle organizzazioni criminali di sfruttare a proprio
vantaggio le differenze di regolamentazione tra i diversi paesi
nei quali decidono di operare. Negli ultimi anni, il progresso
tecnologico, con le innovazioni nel campo delle
telecomunicazioni e dei trasporti, ha fornito infatti mezzi molto
efficienti che hanno contribuito a questo processo di espansione.
Le organizzazioni criminali si sono dotate rapidamente di
telefoni cellulari, telefax, reti telematiche, mezzi veloci, con
il risultato di spostarsi più facilmente, ricevere notizie in
tempi più rapidi e sottrarsi ai controlli, modificando
continuamente i loro percorsi ed eludendo in tal modo le forze
dell'ordine.
E con questi presupposti che l'Europa (da sempre
importantissimo mercato di consumo di beni illegali per le
grandi organizzazioni criminali internazionali insieme agli Stati
Uniti), dal tempo della caduta dei regimi socialisti nei paesi
dell'Europa orientale, ha conosciuto un aumento nella presenza
di soggetti criminali altamente organizzati che operano al loro
interno rischiando di comprometterne la sicurezza. Ma come si
presenta attualmente il quadro europeo della grande criminalità
alla luce di questo processo di trasformazione mondiale?
L'Europa di oggi si presenta come un crocevia di gruppi
criminali operanti internazionalmente, i quali nel tempo
hanno consolidato la loro presenza e rese stabili le rotte dei loro
traffici grazie al progressivo abbattimento dei confini, anche
all'interno dell'Unione Europea, e con l'apertura dei paesi
dell'Europa orientale al resto del mondo. E così che dal crocevia
dell'Unione Europea -a causa di questa mutata situazione
geopolitica internazionale e grazie alla
pericolosa `porosità' dei confini dell'Unione verso i paesi
dell'Europa orientale - si ramificano traffici illegali
internazionali con destinazioni in diversi continenti. A conferma
di ciò, si rileva anche la presenza di una massiccia presenza di
criminali provenienti dall'Est che usano l'Unione Europea per
Le difficoltà economiche sopravvenute in seguito alla
disgregazione dei regimi socialisti dei paesi dell'Europa dell'Est
hanno fornito un forte impulso alla domanda di emigrazione e
quindi al traffico di migranti da parte delle organizzazioni
criminali. Sono aumentati i flussi migratori dall'Europa orientale
verso quella occidentale e si sono aperte nuove rotte percorse
dai trafficanti, soprattutto dall'Asia orientale, meridionale e
centrale. Se prima le principali rotte di traffico verso i paesi
dell'Unione Europea erano quelle che da sud si dirigevano
verso nord (ad esempio, dal Maghreb attraverso la penisola
iberica e dal Medio Oriente attraverso i Balcani), ora sembra
essere la via orientale quella responsabile della maggior
parte dei movimenti di immigrati illegali in Europa (v. ICMPD,
1995, p. 1). Ben presto le organizzazioni criminali si sono
concentrate su questo traffico: il pacchetto di servizi che esse
offrono per entrare nei paesi ricchi dell'Europa (comprendente
documenti falsi, trasporto, alloggio durante il viaggio, ecc.) ha
un costo medio compreso tra i 500 e i 2.500 dollari per persona a
seconda della destinazione, equivalente a una stima per il
mercato europeo che va da 100 milioni a 1,1 miliardi di dollari
nel 1993 (v. Gunatilleke, 1994, p. 9).
La maggior parte degli immigrati illegali provenienti dall'Est
entra attraverso il confine della Polonia con la Lituania. La via
baltica - che si snoda attraverso gli Stati dell'ex Unione
Sovietica -è utilizzata in modo particolare dai Centroasiatici i
quali se ne servono per raggiungere i Paesi Scandinavi su
imbarcazioni che salpano dall'Estonia, dalla Lettonia o dalla
Lituania. La via balcanica che attraversa la Turchia e gli Stati
dei Balcani, è di solito usata per raggiungere la Germania. Ci
sono però diverse biforcazioni possibili: dalla Bulgaria è
possibile attraversare la Romania e l'Ungheria avendo come
destinazione la Germania, oppure attraversare la Macedonia e
l'Albania e di qui raggiungere la vicina Italia, dove si può
rimanere o prolungare il viaggio verso la Germania o altri Stati
europei occidentali.
La rotta meridionale è percorsa principalmente da Rumeni,
Bulgari, Turchi e cittadini della ex Iugoslavia. Ma i trafficanti
di immigrati stanno diversificando le loro rotte e i punti preferiti
di sbarco sono i numerosi porti di attracco lungo le coste
italiane.
Una stima delle dimensioni del fenomeno è fornita
dall'International Centre for Migration Policy Development.
Secondo questo organismo, nel 1993 un numero di migranti che va
da 100.000 a 220.000 si sarebbe servito, in modi più o meno
intensi, in una o più fasi del viaggio, dell'aiuto dei sindacati del
traffico al fine di essere trasportati in uno
Criminalità organizzata
Stato dell'Europa occidentale. L'ICMPD basa questa stima
sulla considerazione che circa il 15-30% degli immigrati illegali
entrati in Europa occidentale (tra 250.000 e 300.000) si
siano serviti dei trafficanti e che lo stesso abbiano fatto il 20-40%
dei richiedenti asilo sprovvisti di diritti fondati (stimati in
300.000; v. Widgren, 1994). Altre fonti forniscono notizie
ancora più allarmanti: ad esempio, secondo una stima l'80%
dei richiedenti asilo in Germania vi arriva con l'ausilio dei
trafficanti (v. Werthebach, 1993); secondo il governo della
Repubblica Federale Tedesca la quota degli illegali che si serve dei
trafficanti va dal 40 al 70% (v. Government of the Federal
Republic of Germany, 1994, p. 4); secondo il 1996 Report of
the presidential initiative to deter alien smuggling, redatto
dagli State and Justice Departments, dall'Immigration and
Naturalization Service, dalla Coast Guard, dalla CIA e
dall'FBI, le cifre sono ancora più alte: sarebbero circa 500.000
gli immigrati che entrano illegalmente negli Stati dell'Europa
occidentale ogni anno. Tali cifre configurano per l'Unione
Europea due specifici rischi, che possono rivelarsi destabilizzanti
per l'ordine interno: da una parte, le opportunità criminali
danno alla criminalità organizzata una forza e degli strumenti in
grado di renderla un attore capace di condizionare le economie
di molti paesi; dall'altra, con la forza del ricatto, della soggezione
e della violenza, le stesse organizzazioni sono in grado di
procurarsi nei paesi di destinazione un esercito composto da
bassa manovalanza criminale, che spesso rappresenta per i
clandestini l'unica alternativa per ripagare i debiti contratti con
l'organizzazione, anche perché essi sono a tutti gli effetti dei
fuorilegge. I clandestini, infatti, vengono gestiti da un vero e
proprio network di singoli operatori, di criminali, di
organizzazioni strutturate o di task .force create ad hoc per
risolvere particolari problemi o fornire specifici servizi. Si tratta
di operatori criminali collegati reciprocamente per gestire
tutte le fasi dell'operazione, dal reclutamento nel paese di
origine, al transito nei diversi paesi lungo la strada, fino alla
sistemazione dei clandestini nel paese di destinazione, dove i
gruppi criminali locali li impiegano in lavoro nero, spaccio di
stupefacenti e prostituzione (v. Savona e altri, 1997).
b) Il traffico di materiale strategico: un pericolo
emergente?
Si crede che un altro pericolo emergente causato dai mutamenti
geopolitici dell'Europa orientale sia il traffico di materiale
nucleare dalla Russia. Un esempio può essere rappresentato da
ciò che è accaduto nel 1993 a Vilnius (Lituania) dove sono
state ritrovate 4 tonnellate di berillio sottratte da un centro di
ricerca nucleare russo. Le caratteristiche più preoccupanti del
fatto sono che almeno un alto funzionario del governo
regionale russo e un alto funzionario del centro di ricerca sono
risultati coinvolti insieme a una organizzazione collegata al
KGB, a gruppi di criminalità organizzata e a un mercante di
armi con un passato di rapporti con paesi del Medio Oriente e
organizzazioni terroristiche (v. Cochran, 1995). Malgrado ciò e
nonostante l'ampia casistica riportata sulla stampa
internazionale (v. Williams e Woessner, 1995; v.
Bundeskriminalamt, 1992 e 1993), non si conosce la dimensione
economica di questo traffico, né si è sicuri se esso rappresenti una
importante attività delle organizzazioni criminali. La gran parte
dei casi di contrabbando di materiale nucleare finora
accertati coinvolge individui singoli o piccoli gruppi
con nessun apparente contatto con la grande criminalità (v.
Woolsey, 1994). Non esistono nemmeno prove che qualche
gruppo terroristico abbia ottenuto materiale nucleare
contrabbandato (v. Oehler, 1996).
La casistica esistente, riguardante quasi sempre l'Europa come
territorio di transito e di negoziazioni, non va co
munque sottovalutata. Se attualmente il pericolo rimane
minimo, molti esperti credono infatti che verrà presto il giorno
in cui il terrorismo nucleare diventerà una realtà (v. Ward, 1996)
grazie a una serie di condizioni favorevoli, come l'ampia
Savona
quantità e gamma di materiali, le diverse fonti da cui
attingere, i diversi soggetti che vi gravitano attorno e
infine la vasta serie delle possibili utilizzazioni
destabilizzanti di questi materiali. Su questi punti si possono
fare alcune riflessioni.
Con l'entrata in crisi dell'intero sistema economico e
strategico del Patto di Varsavia, si è venuto a creare un più o
meno agevole accesso all'imponente patrimonio strategico e
scientifico accumulato durante il periodo della guerra fredda.
Scarsi controlli, scarsa motivazione economica e il dilagante
fenomeno della corruzione a tutti i livelli hanno fatto sì che
personale militare, scienziati e tecnici, con la complicità di
doganieri, esponenti del governo ed esponenti dei servizi
segreti, siano in grado di trasformare quello che rimane della
superpotenza militare della Russia in un potenziale
`supermercato' per l'approvvigionamento di materiale strategico e
per l'acquisizione di `cervelli' e delle conoscenze scientifiche
necessarie (v. Perry, 1995). Bisogna anche aggiungere che i
materiali che rappresentano un pericolo per la sicurezza interna di
ogni paese non sono costituiti solo da armi nucleari o materia
prima fissile adatta alla costruzione di ordigni nucleari, ma
anche, e soprattutto, da materiale a basso contenuto
radioattivo. Quest'ultimo, non adatto a usi militari, può però
diventare un efficace strumento da utilizzare a fini terroristici, se
combinato con una bomba convenzionale per produrre una
contaminazione radioattiva pur se a basso livello (v.
Woolsey, 1994). Se si considerano anche le armi batteriologiche
e chimiche, i rischi di un uso terroristico di questi strumenti
crescono ulteriormente, perché le tecnologie a esse associate
trovano applicazione anche in campo civile. Gruppi criminali o
terroristici non hanno bisogno di dotarsi di particolari o
imponenti infrastrutture per produrre questi veleni: è infatti
sufficiente procurarsi soltanto piccole quantità di precursori,
disponibili sul mercato legale.
Riflettendo quindi sugli effetti devastanti che un uso
irresponsabile di questi veleni potrebbe provocare, è
naturale che sia diffusa una certa preoccupazione per il fatto
che gruppi terroristici od organizzazioni criminali possano
ottenere e usare - o minacciare di usare - questi strumenti, non
solo per costruire ordigni esplosivi, ma per contaminare riserve
di acqua, centri commerciali, ecc., e provocare devastanti danni
psicologici (v. Oehler, 1996). Questi pericoli di minaccia
ambientale - provenienti dall'esterno attraverso qualche gruppo
criminale o terroristico che persegua fini destabilizzantisommati ai pericoli interni, dovuti a un'immigrazione illegale
destinata a dedicarsi esclusivamente ad attività illegali,
determinano la crescente preoccupazione dell'opinione pubblica
europea; tali pericoli provengono entrambi da organizzazioni con
ramificazioni o collaborazioni in innumerevoli aree geografiche,
le quali godono del più o meno implicito appoggio di diversi
settori (da quello militare o di pubblica sicurezza a quelli politici e
imprenditoriali). Purtroppo, la frammentarietà dell'azione di
contrasto e le difficoltà nella cooperazione internazionale fanno sì
che essi rappresentino una reale minaccia per la sicurezza
dell'Europa.
6. Le attività collaterali: il riciclaggio.
I criminali hanno bisogno di `lavare' i proventi delle loro attività
illecite per nasconderne l'origine, evitando così il rischio di
vederseli sequestrare e di essere identificati. Questa attività si
chiama comunemente `riciclaggio' e può essere
suddivisa in tre fasi: 1) accumulazione: si tratta della produzione
di una rilevante quantità di capitali attraverso l'attività
criminale; 2) trasformazione: consiste nello sviluppo di fasi
diverse attraverso una serie di operazioni semplici o
complesse, spesso ripetute (ad esempio, trasferimento di capitali
per mezzo di reti telematiche in una molteplicità di conti correnti
o da un conto corrente all'altro) con l'obiettivo di separare i
capitali dalle fonti illecite; 3) investimento: si tratta del
reinvestimento dei capitali passati attraverso le prime due fasi
in attività legali.
Il termine 'riciclaggio' si riferisce prevalentemente alla
seconda e alla terza fase, anche se tutte e tre vanno considerate
come un continuum che va dalla produzione del denaro sporco
fino all'investimento in una attività legale.
La domanda di riciclaggio è stimolata principalmente da tre
fattori (v. Savona, La grande corsa..., 1994): 1) la disponibilità,
da parte delle organizzazioni criminali, di capitale liquido
proveniente da attività illecite; 2) la loro volontà di infiltrarsi nei
mercati legali, come parte di un unico processo che caratterizza
l'azione dei gruppi criminali organizzati, sia nel mercato illegale
che in quello legale (v. Smith, 1980); 3) il bisogno degli
appartenenti alle organizzazioni criminali di ridurre il law
enforcement risk, cioè la somma delle probabilità di essere
individuati, arrestati, condannati e reclusi con la confisca dei
beni. Il denaro 'sporco', infatti, può essere una traccia
investigativa per risalire all'organizzazione criminale.
I primi due fattori sono legati alla struttura, alle attività, alle
entrate e alla durata dell'organizzazione. Il terzo mette in
relazione la domanda di riciclaggio con la legislazione e
le attività investigative indirizzate a scoprire le tracce del denaro
(v. Colombo, 1990). Più avanzata è la specializzazione delle
attività investigative e giudiziarie nel settore economicofinanziario, maggiore è la necessità per l'organizzazione criminale
di minimizzare il law enforcement risk. Ciò significa che
l'evoluzione dei metodi di riciclaggio corrisponde alle capacità
dell'organizzazione da un lato, e alle reazioni degli investigatori
dall'altro. Una crescente sofisticazione nei metodi di controllo
tenderebbe quindi ad accompagnarsi a una crescente
sofisticazione nelle attività di riciclaggio (v. Savona e De Feo,
1997).
L'offerta di servizi di riciclaggio è determinata dalla
domanda. La scelta del metodo ottimale dipende dalle
opportunità offerte, dall'abilità del gruppo criminale e dei suoi
membri e affiliati, dal consiglio di esperti e dalla complicità degli
operatori bancari e finanziari. Nelle operazioni di riciclaggio
effettuate dalla Mafia, uno dei servizi da acquistare e vendere,
insieme alle capacità degli esperti, è quello della fiducia. I
consulenti esterni sono a questo proposito i soggetti 'a rischio'
per le organizzazioni criminali, finendo spesso per costituire gli
anelli deboli dell'organizzazione. La combinazione tra domanda
e offerta produce la scelta del metodo di riciclaggio preferito e
della sua dimensione, che può essere locale, nazionale o
internazionale. I fattori rilevanti, a questo proposito, sono la
cultura di appartenenza dell'organizzazione criminale, le capacità
di informazione, l'estensione delle attività criminali e le
opportunità offerte dai servizi di riciclaggio. I cartelli colombiani,
più di altri gruppi criminali, operano a livello internazionale e
con l'assistenza di esperti nel settore del riciclaggio; ciò per il
carattere internazionale delle loro operazioni, le quali consistono
prevalentemente nel traffico di cocaina al di fuori dei confini
nazionali. La dimensione internazionale aiuta infatti a ridurre
principalmente il law enforcement risk e, in alcuni casi, a
massimizzare i benefici degli investimenti.
Un altro aspetto determinante è rappresentato dal ciclo.
Alcune attività di riciclaggio si limitano alle fasi della
produzione e circolazione, mentre altre provvedono anche a
quella dell'investimento nell'economia legale. Negli anni in cui le
transazioni bancarie in contanti non venivano controllate, gli
investimenti in beni immobili erano i metodi preferiti per il
riciclaggio. Lo stesso avviene con riguardo alle società
immobiliari diffuse in molti paesi dell'Europa orientale, le quali
forniscono oggi opportunità di riciclare il denaro sporco per
mezzo di investimenti in proprietà immobiliari.
I metodi di riciclaggio possono essere semplici o complessi
a seconda delle dimensioni dell'operazione, del numero di fasi, del
carico di lavoro necessario e del mezzo/organizzazione utilizzato.
Il trasporto materiale di valuta all'estero è un metodo semplice,
mentre la creazione o l'utilizzo di una società di copertura o di
un guscio societario vuoto è più complesso. Entrambi sono
metodi frequentemente usati insieme ad altri, tra cui: a)
l'acquisto di assegni circolari per un valore inferiore a quello
soggetto a controllo; b) lo structuring, cioè la frammentazione
del capitale 'sporco' in tanti piccoli importi di valore inferiore a
quello richiesto dalle leggi bancarie per la denuncia delle
transazioni; e) l'accredito presso istituzioni bancarie dei
cosiddetti 'paradisi fiscali' e penali; prestiti a rimborso;
finanziamenti/operazioni in contante; gioco d'azzardo e case da
gioco; sistemi bancari occulti; utilizzo di fatture false o
gonfiate; cambio di valuta; società di brokeraggio/mediazione.
Nel passaggio da schemi semplici a schemi più complessi, il
riciclaggio è direttamente correlato allo sviluppo interno
dell'organizzazione criminale e al suo processo di
accumulazione. L'unica maniera per seguire tale evoluzione
consiste nell'esaminare le caratteristiche dell'organizzazione
criminale e lo sviluppo delle sue attività, anche se non sempre
un'organizzazione criminale 'sviluppata' usa sistemi sofisticati
per il riciclaggio del denaro prodotto dalle sue attività criminali.
In termini generali è possibile delineare una tipologia
delle attività di riciclaggio che consideri diversi gruppi di
variabili, quali: il grado di complessità della struttura
dell'organizzazione criminale, come, ad esempio, la
creazione, all'interno dell'organizzazione stessa, di una
sezione specializzata nel riciclaggio del denaro, così
come nel caso del Cartello di Medellín in Colombia; il
tipo di attività criminali svolte nel mercato illegale e legale
e il volume dei profitti prodotti; le opportunità fornite
dalla collusione tra le organizzazioni criminali e le
istituzioni (amministrazioni locali), le banche e le aziende
finanziarie. Questa tipologia può così essere riassunta
usando la metafora della 'lavatrice/lavanderia', all'interno
della quale possono essere individuate quattro operazioni
principali.
1)
'Lavaggio
a
mano':
quando
un'organizzazione criminale utilizza il denaro,
solitamente un basso ammontare, per acquistare beni e
servizi per l'organizzazione. Questo è il metodo più
semplice, spesso usato per i primi sequestri di persona.
2) 'Lavatrice in famiglia': ogni organizzazione, o 'famiglia'
criminale, ricicla il denaro secondo gli scopi
dell'organizzazione e secondo le opportunità offerte dalle
collusioni con le banche e le istituzioni finanziarie del
territorio sul quale la medesima 'famiglia' opera.
I'programmi di lavaggio' possono consistere nel 'ciclo
breve' - come nel caso di libretti di risparmio al portatore,
o intestati a prestanomi (tale sistema è sempre meno
utilizzato a causa dei nuovi sistemi di controllo delle
transazioni in contante) - oppure nel 'ciclo lungo',
composto dalle fasi del 'lavaggio', del 'risciacquo' e
dell"asciugatura', come si possono definire i diversi
passaggi che vanno dalla pulitura del denaro al suo
investimento in attività produttive del circuito economico
legale. 3) 'Lavatrice nel condominio': si tratta del caso in
cui più 'famiglie', appartenenti alla stessa organizzazione
criminale, come nel caso della Mafia, organizzano un
servizio di riciclaggio per le 'famiglie' con la complicità
di appartenenti
Savona
Consiglio europeo dei ministri degli Interni e della Giustizia la
decisione su queste materie. Non esiste - né al momento si
intende creare - una giurisdizione europea. I problemi della
repressione della criminalità vengono affrontati dai singoli
paesi. Lo sviluppo della criminalità transnazionale ha reso
evidenti i limiti di questo approccio, sollecitando all'interno di
questo quadro forme sempre più sviluppate di cooperazione tra
i paesi dell'Unione. Nell'impossibilità di avere un diritto penale
europeo, polizia europea, pubblici ministeri e giudici europei, i
singoli paesi stanno sviluppando forme di collaborazione nel
settore delle informazioni e delle azioni di contrasto. In questa
direzione si muovono i programmi Grotius di scambi nel settore
della giustizia, Sherlock per migliorare la lotta alla
falsificazione dei documenti, Stop per impedire il traffico di
esseri umani e lo sfruttamento sessuale di bambini, e il
programma Oisin per incoraggiare la cooperazione tra gli Stati
membri nell'applicazione della legge. Contemporaneamente, a
livello di Commissione europea si sta sviluppando una serie di
iniziative dirette ad armonizzare le legislazioni penali degli
Stati membri per il reato di frode comunitaria, uno dei reati
che oggi caratterizza l'azione delle organizzazioni criminali in
Europa. La Direzione generale per il controllo finanziario ha
recentemente pubblicato il Corpus iuris, un tentativo
avanzato di unificare le norme penali dei paesi membri per la
lotta alle frodi al bilancio dell'Unione Europea. Si tratta di un
esperimento che prelude a una futura legislazione penale
europea. Sempre nell'ambito dell'Unione Europea si è
sviluppata l'Europol, un organismo di analisi investigativa al
quale partecipano rappresentanti dei quindici paesi dell'Unione
Europea (v. Fijnaut, 1996). Questo organismo non ha poteri di
intervento diretti e deve quindi ricorrere alle polizie nazionali: i
suoi ambiti di analisi e di investigazione sono assegnati dal
Consiglio europeo dei ministri degli Interni e della Giustizia e
per il momento riguardano la criminalità organizzata, il
riciclaggio, i furti di automobili e le migrazioni illegali.
6. Trattati bilaterali. - Al di là degli organismi e degli
strumenti indicati - che si riferiscono a un ambito
multilaterale,
perché
si
rivolgono
a
più
paesi
contemporaneamente -, la cooperazione internazionale si
sviluppa anche attraverso trattati bilaterali nei quali due paesi si
accordano per cooperare in materia di estradizione e di
assistenza legale e giudiziaria, scambiandosi informazioni di
tipo investigativo, giudiziario e riconoscendo validità reciproca
ai rispettivi atti processuali. I trattati di estradizione o di
mutua assistenza legale e giudiziaria hanno forme e contenuti
diversi a seconda della diversa evoluzione dei problemi che vi
vengono rappresentati. Lo sviluppo della criminalità organizzata
ha accelerato accordi di questo tipo. Il trattato Italia-Stati Uniti del
novembre 1982 rappresenta, da questo punto di vista, un
esempio di completezza e di efficacia. La sua applicazione in
questi anni ha dimostrato la validità di uno strumento di questo
tipo per risolvere i problemi di cooperazione internazionale che
nascono dagli sviluppi transnazionali della criminalità
organizzata.
8. Le risposte nazionali.
Il diritto penale dei paesi attraversati dal problema
'criminalità organizzata' si è andato modificando
rapidamente. In modo particolare, i paesi con ordinamento
giuridico di tradizione romanistica (paesi di civil law) hanno
dimostrato una grande flessibilità. L'Italia ha modificato
negli ultimi quindici anni tutta la legislazione penale sul tema
definendo nuovi reati, nonché nuove e più efficaci sanzioni; tra
questi, il reato di partecipazione a un'organizzazione criminale
e la confisca dei proventi illeciti.
Pur tra molte differenze di cultura e tradizione giuridica - e
grazie all'impulso delle organizzazioni internazionali - si è
andato producendo in questi ultimi anni un sistema abbastanza
omogeneo di regolazione penale, mirato ad adattare il diritto
Criminalità organizzata
penale ai cambiamenti della criminalità organizzata. Esiste
ormai una categoria accettata di reati che è possibile ritrovare
nelle legislazioni penali di molti paesi; in genere si tratta proprio
dei reati commessi dalle organizzazioni criminali. Tra questi:
traffico e distribuzione illecita di narcotici, rapine organizzate,
traffici in auto rubate, commercio illegale di armi, ricatto, gioco
d'azzardo illecito, sequestro a scopo di ricatto, estorsioni,
frodi, riciclaggio di denaro, contraffazione di denaro pubblico
o di titoli.
Anche i paesi della nuova Comunità di Stati Indipendenti (ex
URSS) stanno attraversando un processo di aggiornamento
delle loro legislazioni penali contro la criminalità organizzata. In
molti paesi dell'Est europeo è in atto un processo inteso a
rendere le diverse legislazioni omogenee tra loro e in linea con
quelle dell'Europa occidentale. E questo il risultato di un
processo di modernizzazione avviato sotto l'impulso di
programmi di assistenza tecnica elaborati dalle Nazioni Unite
e dal Consiglio d'Europa e dall'Unione Europea. Questi paesi
considerano il crimine organizzato come un problema molto serio
e stanno procedendo a sostituire i vecchi reati a sfondo
ideologico, tradizionalmente associati con le attività organizzate
antirivoluzionarie, con nuove e più moderne fattispecie penali.
In anni recenti molte nazioni - in accordo con la Convenzione
di Vienna del 1988 - hanno introdotto nel loro sistema normativo
penale il reato di riciclaggio dei proventi derivanti dal traffico
di droghe. Considerando le difficoltà di applicazione di questa
fattispecie penale e il fatto che oggi il traffico di droga
rappresenta soltanto una delle molte attività criminali capaci
di generare proventi di vaste dimensioni, è emersa in diversi
Stati dell'Europa occidentale, negli Stati Uniti e in Australia, la
tendenza ad ampliare la serie dei 'reati-presupposto', cioè
quelli da cui derivano i proventi criminali, passando dal solo
traffico di droghe ad altre categorie di reati fino a
ricomprendere tutte le azioni criminali più gravi. Al contrario,
i paesi dell'America Centrale e Meridionale e dell'Asia,
criminalizzando il riciclaggio come un reato distinto, spesso
limitano la sua estensione esclusivamente ai proventi derivanti
dalla droga. Gli Stati dell'Europa orientale cominciano
soltanto ora ad affrontare questi temi nel contesto di un riesame
globale della legislazione sulla proprietà, della normativa
bancaria e delle procedure.
La corruzione favorisce in modo particolare le attività
della criminalità organizzata. Per cercare di limitare questo
problema, molti paesi hanno emanato speciali legislazioni anticorruzione. La lotta al crimine organizzato sarebbe sicuramente
più efficace se tutti i paesi seguissero le raccomandazioni
anticorruzione adottate dalle Nazioni Unite, dall'OCSE
(Organizzazione di Cooperazione e di Sviluppo Economico) e dal
Consiglio d'Europa. La corruzione internazionale sta crescendo
come fenomeno criminale in quanto parte della dimensione
transnazionale del crimine organizzato. La stragrande
maggioranza dei paesi, a differenza di quanto avviene negli
Stati Uniti, non punisce coloro che corrompono pubblici ufficiali
stranieri. E una specie di lasciapassare alla corruzione
internazionale, che in molti casi viene ulteriormente facilitata
dalle amministrazioni fiscali, permettendo la deduzione del
prezzo della corruzione dai costi delle attività sostenute
dall'impresa. Se si considera che tutti i paesi che permettono
questo reato puniscono poi la corruzione nazionale, è difficile
comprendere, se non per pure ragioni opportunistiche, la
persistenza di questo doppio criterio di giudizio positivo a livello
internazionale, negativo all'interno delle proprie frontiere.
435
Savona
Esiste una progressiva convergenza delle politiche nazionali
riguardanti le sanzioni patrimoniali contro la criminalità
organizzata e consistenti nel sequestro e nella successiva
confisca dei beni provenienti da reato. Si tratta di misure che
negli Stati Uniti e in Europa si sono sviluppate in coerenza
con le stesse disposizioni antiriciclaggio, cioè quelle dirette a
impoverire e quindi a distruggere le imprese criminali rendendo
sempre più rischiosa la loro attività. Queste sanzioni
patrimoniali non sono necessariamente in connessione con il
riciclaggio. Ci sono paesi che non avendo nella loro normativa
il reato di riciclaggio hanno però sanzioni come la confisca dei
beni, un'eredità di vecchie legislazioni penali che la prevedevano
come sanzione insieme alla reclusione.
In molti ordinamenti c'è l'obbligo - per i pubblici ministeri,
gli investigatori e la polizia- di condurre le investigazioni di loro
competenza ogni volta che esistono indizi di reato: è quella che
si definisce `obbligatorietà dell'azione penale'. In altri
ordinamenti, invece, possono essere previsti poteri
discrezionali, che permettono alle agenzie di law enforcement
di scegliere di non investigare un reato o di non iniziare un
processo. Quando esiste, questa discrezionalità è spesso
utilizzata da parte degli investigatori nei confronti degli
informatori e di tutti coloro che collaborano attivamente con
informazioni a produrre prove che potranno poi, una volta
esibite in sede processuale, contribuire alla condanna degli
appartenenti all'organizzazione criminale.
L'esperienza positiva condotta in alcuni paesi con
l'introduzione di tecniche sofisticate per la raccolta delle prove,
come le intercettazioni telefoniche e ambientali, gli infiltrati
nelle organizzazioni criminali, la vendita controllata delle
droghe, ha costituito il presupposto per l'estensione di queste
misure a molti altri paesi. La difficoltà di bilanciare, da una
parte, il diritto alla privacy e, dall'altra, la necessità del sistema
di giustizia penale di identificare i criminali, caratterizza la
definizione e le innovazioni di questi potenti
Criminalità organizzata
mezzi di raccolta delle prove. Le leggi nazionali che ne
autorizzano o negano la possibilità di utilizzo sono influenzate da
questo dibattito. Sistemi di bilanciamento sono stati trovati in
molti Stati che hanno fatto largo e fruttuoso uso di questa
tecnologia contro i gruppi di criminalità organizzata.
L'efficienza di questa tecnologia è limitata e permette di lavorare
solo in una prospettiva a breve termine: i criminali si stanno
adattando a queste tecniche moderne, usando sempre più
frequentemente telefoni e fax criptati, che rendono impossibile
ogni tipo di intercettazione, privando così la polizia di uno
strumento molto importante per la sua azione.
La delicatezza del ruolo dei collaboratori di giustizia e il loro
contributo nella fase di raccolta delle prove ha sollecitato lo
sviluppo di speciali disposizioni o programmi di protezione.
Questi programmi sono uno strumento essenziale nella lotta alla
criminalità organizzata e si sono rivelati così efficaci negli Stati
Uniti e in Italia da indurre i paesi che ne erano sprovvisti a
svilupparli al loro interno. Si tratta della possibilità di
adottare misure che permettano il cambiamento di residenza e
di identità dei testimoni, insieme a una vera e propria difesa
fisica, nel caso in cui vi siano pericoli provenienti
dall'imputato accusato o dai membri dell'organizzazione
criminale alla quale appartiene. Questo può comportare la
necessità di fornire al testimone nuovi documenti che
rendano possibile assumere una nuova identità a lui e alla
sua famiglia, con una casa temporanea dove vivere, sussidi e
assistenza nella ricerca di un nuovo lavoro. Si discute molto
sulla natura istituzionale di questi programmi. Si critica la
eccessiva vicinanza tra le funzioni di protezione e quelle
investigative, quando gli apparati di polizia sono
responsabili di ambedue. Onde evitare rischi di distorsioni
provocate da questa vicinanza e promuovere una maggiore
efficienza dei programmi, si va profilando uno sviluppo del
modello americano, cioè un programma gestito in modo
completamente indipendente dalle agenzie investigative e
dai pubblici ministeri.
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