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dimmi il tuo nome
DIMMI IL TUO NOME
COLLANA DI TEOLOGIA TRINITARIA

Direttore
Rogelio G M
Pontificia Università Gregoriana
Comitato scientifico
Antonio R
Università degli Studi di Trieste
Giovanni G
Università degli Studi di Padova
Ildefonso M M
Universidad Pontificia de Salamanca
Raúl F–B
Universität Bremen
DIMMI IL TUO NOME
COLLANA DI TEOLOGIA TRINITARIA
La considerazione del mistero di Dio uno e trino ha smesso di essere un capitolo marginale della riflessione teologica per diventare
di nuovo quel che fu nel primo millennio del cristianesimo: centro
della teologia, fondamento della fede e fonte della spiritualità. Incontrare il vero Dio fu l’anelito dell’uomo Giacobbe (Gen ,) ed è
l’anelito di tante persone. La collana intende contribuire a rispondere
a questo desiderio fondamentale dell’essere umano. Essa si rivolge
agli studiosi dei vari settori dell’indagine teologica ma anche a tutti
quelli che desiderano approfondire la loro fede.
Jean Paul Lieggi
La sintassi trinitaria
Al cuore della grammatica della fede
Copyright © MMXVI
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: febbraio 
A Domenico e Maurizio,
i miei fratellini,
nella gioia dell’esperienza “trinitaria” di fraternità
che condividiamo in famiglia
e nel ministero presbiterale . . .
per la fede, la carità e la speranza
che questo legame consolida.
A mamma e papà,
ai quali dobbiamo questa gioiosa possibilità
per il dono della vita
che grazie a loro abbiamo ricevuto da Dio,
riconoscenti per quanto ci hanno insegnato e trasmesso
con le loro parole e il loro esempio.
Motrëes e vogël
që Jezusi ia ka dhenë jetës sime,
pëe pastërtinë dhe bukurinë
që prania e saj
i di të bëj të lulezojnë në kopshtin e ditëve të mia.
Figura . Clipeo di Basilio Magno — particolare dell’Exultet I di Bari (pergamena,
XI secolo, Museo Diocesano di Bari). Con la scelta di collocare questa immagine in
apertura del presente volume, l’autore intende esprimere il suo debito di riconoscenza nei confronti del Padre Cappadoce al quale si deve la prima elaborazione del
paradigma della syn–taxis trinitaria.
E così nascono i libri, nell’amore,
e così nascono i libri che nessuno legge mai,
e così il libro prima di nascere
Dio lo deposita in te
come una manciata di fango
che diventa luce.
Domandano tutti come si fa a scrivere un libro.
Si va vicino a Dio e gli si dice:
feconda la mia mente,
mettiti nel mio cuore,
e portami via dagli altri,
rapiscimi.
Così nascono i libri,
così nascono i poeti.
(A M, ultima pagina di Corpo d’amore. Un incontro con Gesù)
Indice

Introduzione

Capitolo I
I modelli interpretativi dell’unità e della trinità di Dio
.. Preludio: tra modelli e paradigmi,  – .. Il modello di unità personale (Unus in Trinitate),  – ... Il contributo teologico concorde dei primi
tre secoli,  – ... I limiti e i rischi del modello di unità personale,  –
.. Il modello di unità assoluta (Unum in Trinitate),  – ... La prospettiva teologica di Agostino e Tommaso,  – ... I limiti e i rischi del
modello di unità assoluta (o intra–personale),  – .. Excursus: il rapporto
tra le tradizioni teologiche orientale e occidentale,  – ... Circa il
punto di partenza delle due tradizioni,  – ... La questione del Filioque,  – ... La condanna di Gioacchino da Fiore al concilio Lateranense
IV,  – .. Il modello inter–personale,  – ... La prospettiva teologica di Riccardo di San Vittore,  – ... I limiti e i rischi del modello
inter–personale,  – .. Il modello pericoretico–comunionale,  –
... Il contributo teologico di Gisbert Greshake,  – ... I limiti e i rischi
del modello pericoretico–comunionale, .

Capitolo II
Dalla sinergia alla syn–taxis
.. A confronto con il pensiero di Alexandre Ganoczy,  – ... Il
paradigma della sinergia nei diversi saperi,  – ... In continuità con la
riflessione teologica di Greshake,  – ... L’articolazione della riflessione
teologica di Ganoczy,  – .. La questione centrale: coesistenza di
comunione e gerarchia,  – .. Per una sinergia ordinata: la sintassi, 
– ... Dalla sinergia alla sintassi,  – ... L’intuizione di Basilio di
Cesarea,  – ... Il guadagno della sintassi trinitaria, .

Capitolo III
La fecondità della sintassi per il pensiero credente
.. Alcune polarità paradossali della fede,  – ... Asimmetrie relative
alla relazione tra Dio e la creazione,  – ... Asimmetrie nel campo
della cristologia e della relazione tra Gesù Cristo e il mistero dell’uomo, 
– ... Asimmetrie nel campo dei temi ecclesiologici ed ecumenici,  –
... Asimmetrie su temi di teologia fondamentale,  – ... Asimmetrie

Indice

su temi antropologici,  – .. As–saggi circa la rilevanza della sintassi
nella riflessione teologica,  – ... Il rapporto tra l’uomo e il resto
del creato,  – ... Il rapporto tra natura divina e natura umana nella
persona di Gesù,  – ... Il rapporto tra la figliolanza divina di Gesù e
la nostra partecipazione alla sua figliolanza divina,  – ... Il rapporto
tra primato e collegialità/sinodalità nella Chiesa,  – ... Il rapporto tra
Scrittura e Tradizione,  – ... Il rapporto tra chi accoglie e chi è accolto,
tra chi dona e chi accoglie il dono, .

Congedo

Antologia
. Basilio di Cesarea, Trattato sullo Spirito Santo,  – . Atenagora,
Supplica per i cristiani,  – . Tertulliano, Trattato contro Prassea, 
– . Origene, Commento al Vangelo di Giovanni, libro II,  – . Basilio
di Cesarea, Trattato contro Eunomio,  – . Basilio di Cesarea, Lettera
,  – . Basilio di Cesarea, Lettera ,  – . Gregorio di Nazianzo,
Discorso : Apologetico,  – . Gregorio di Nazianzo, Discorso : Sul
battesimo,  – . Agostino d’Ippona, Trattato sulla Trinità, libro II, 
– . Simbolo di Fede dell’XI Concilio di Toledo (),  – . Riccardo
di San Vittore, Trattato sulla Trinità, libro III,  – . Concilio Lateranense IV (), Sull’errore dell’abate Gioacchino,  – . Tommaso
d’Aquino, Se gli attributi essenziali siano stati convenientemente appropriati
alle varie Persone dai santi Dottori,  – . Tommaso d’Aquino, Se il
Figlio sia nel Padre e il Padre nel Figlio,  – . Tommaso d’Aquino,
Se la natura possa assumere fatta astrazione dalla personalità,  – .
Concilio di Firenze, Decreto per i copti (),  – . Concilio Vaticano II, Decreto sull’ecumenismo Unitatis Redintegratio,  – . Karl
Rahner, Metodo e struttura del trattato “De Deo trino”,  – . Jürgen
Moltmann, Teologia trinitaria della croce,  – . Jürgen Moltmann,
Pericoresi e trasfigurazione,  – . Ioannis Zizioulas, La persona come
ipostasi dell’essere,  – . Walter Kasper, Trinità nell’unità,  – .
Hans Urs Von Balthasar, Identità e differenza in Dio,  – . Pontificio
Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Chiarificazione su
Le tradizioni greca e latina circa la processione dello Spirito Santo ( settembre ),  – . Gisbert Greshake, La Trinità come communio,  –
. Elmar Salmann, La natura scordata. Un futile elogio dell’ablativo,  –
. Christoph Theobald, Dio è relazione,  – . Nonna Verna Harrison,
Un approccio ortodosso al mistero della Trinità, .

Sigle e abbreviazioni

Bibliografia

Indice dei nomi
Introduzione
Alla riscoperta di un concetto chiave per la teologia trinitaria
Il mistero trinitario, cuore della fede cristiana, non poche volte ha
conosciuto e forse continua a conoscere un’imbarazzante situazione,
che Bruno Forte ha molto opportunamente definito “esilio della
Trinità” . Si tratta di una situazione nella quale tale mistero centrale
della fede cristiana viene a volte percepito dagli stessi cristiani, paradossalmente, come superfluo se non addirittura d’intralcio nella
credibilità di Dio e della sua esistenza .
In ragione di tutto ciò, la sfida sempre nuova con la quale la teologia deve confrontarsi è quella di mostrare come il mistero trinitario
sia davvero fondamento di tutta la fede cristiana e centro per tutta la
. A distanza di trent’anni, pur ammettendo che passi in avanti se ne sono fatti sia nella
coscienza dei fedeli che nella riflessione teologica, si deve riconoscere che si potrebbe ancora
oggi condividere la sua affermazione: « Non è esagerato affermare che siamo ancora davanti a
un esilio della Trinità dalla teoria e dalla prassi dei cristiani. È forse proprio questo esilio che fa
sperimentare la nostalgia e motiva la bellezza di un ritrovamento della “patria trinitaria” nella
teologia e nella vita » (B. F, Trinità come storia. Saggio sul Dio cristiano, San Paolo, Cinisello
Balsamo  [a ed. ], p. ). Come anche di una certa attualità resta la ben nota denuncia
che Karl Rahner affidò alle pagine di Mysterium Salutis nel lontano  e che è stata poi ripresa
da ogni testo e manuale di teologia trinitaria; con essa il teologo tedesco riconosceva che molti
cristiani, « nonostante la loro esatta professione della Trinità, siano quasi solo dei “monoteisti”
nella pratica della loro vita religiosa » (K. R, Il Dio trino come fondamento originario e
trascendente della storia della salvezza, in Mysterium Salutis , Queriniana, Brescia  , p. ; si
può leggere questa pagina nel suo contesto nella prima parte del testo  dell’antologia posta a
conclusione del presente volume [il par.  nel testo di Rahner]; questo contributo di Rahner al
Nuovo corso di dogmatica come teologia della storia della salvezza, che è l’opera Mysterium Salutis, è
stato poi pubblicato in un volume appositamente ad esso dedicato a cura di Catherine Mowry
LaCugna: K. R, La Trinità, BTC , Queriniana, Brescia  — le pagine che qui si
citeranno sono comunque sempre quelle di Mysterium Salutis vol. ).
. Lo mostra efficacemente Gisbert Greshake nelle parole con le quali apre il suo studio
di teologia trinitaria, un’opera che considero eccellente e tra le più felici e stimolanti nel
panorama della riflessione teologica degli ultimi anni, e a cui più volte io rimanderò nelle
pagine di questo mio saggio. In particolare, per una presentazione della “situazione della fede
trinitaria e della dottrina sulla Trinità” (questo il titolo del paragrafo) si veda G. G, Il
Dio unitrino. Teologia trinitaria, BTC , Queriniana, Brescia , pp. –.


Introduzione
riflessione teologica, e sempre più deve diventarlo. È proprio a tale
sfida che desidero offrire il mio contributo proponendo in questo
saggio l’assunzione di un “paradigma” che, partendo dal mistero
trinitario e in particolare dalla riflessione sulla relazione tra le persone divine, divenga un concetto chiave per tutto il vissuto cristiano
e per la sua riflessione credente, permettendo così di cogliere ed
evidenziare la rilevanza del mistero trinitario nella vita e nella fede di
ogni cristiano e dell’intera comunità ecclesiale.
Il paradigma al quale mi riferisco è quello della syn–taxis: termine greco che potrebbe essere reso in italiano con “coordinazione”
(syn=con; taxis=ordinamento), ma che preferisco conservare nella
sua assonanza al greco (sintassi), anche per raccogliere le suggestioni
che questa espressione porterà con sé. A mio giudizio, e mi auguro
che queste pagine lo confermino, il paradigma della sintassi potrebbe opportunamente rappresentare il concetto chiave della teologia
trinitaria. Tenterò, infatti, di mostrare in queste pagine come questo
concetto, che si ritrova presente, in modo germinale, nella teologia
dei Padri Cappadoci, e di Basilio Magno in particolare, meriti di
essere oggi riscoperto e valorizzato dalla dottrina trinitaria, sia per
dar luce al mistero dell’unità tripersonale di Dio, sia per cogliere la
valenza di questo mistero per la comprensione dell’intera fede e della
realtà.
Lo scopo del saggio, or ora dichiarato, giustifica anche la struttura del presente lavoro: il cuore della proposta lo si ritrova infatti nel
secondo capitolo, quello centrale, nel quale mi pongo innanzitutto a
confronto con il pensiero del teologo ungherese Alexandre Ganoczy
e del paradigma della sinergia sul quale egli si è soffermato in una
sua recente pubblicazione. È stata la sua riflessione, infatti, che mi
ha stimolato a riscoprire il concetto della sintassi e, attraverso l’incontro con i testi di Basilio di Cesarea, mi ha condotto ad articolare
maggiormente il senso e la portata del paradigma della sintassi.
Attorno a questo centro, si dispiegano poi i contenuti degli altri
due capitoli. Il primo ne offre in qualche modo una preparazione,
raccogliendo ciò che ho ritenuto necessario offrire al lettore per porlo
nelle condizioni di comprendere l’apporto che il paradigma della
sintassi può consegnare oggi alla teologia trinitaria; in particolare, mi
sono soffermato ad illustrare, attraverso la presentazione di quattro
modelli, gli elementi essenziali del contributo offerto dalla teologia
cristiana, nella sua storia bimillenaria, nel cogliere le coordinate del
rapporto tra l’unità di Dio e la sua realtà tripersonale.
Introduzione

Il terzo capitolo, infine, tenta di porre in luce il guadagno che il
paradigma della sintassi può offrire ad una lettura trinitaria della fede
e della realtà. In particolare, dopo aver enucleato i diversi ambiti della
fede cristiana nei quali emerge una certa “asimmetria” che potrebbe
ricevere luce e fondamento dalla sintassi trinitaria, mi soffermo —
a titolo esemplificativo — ad abbozzare una riflessione, a mo’ di
as–saggio, su alcuni di essi: il rapporto tra l’uomo e il resto del creato,
il rapporto tra natura divina e natura umana nella persona di Gesù, il
rapporto tra la figliolanza divina di Gesù e la nostra partecipazione
alla sua figliolanza divina, il rapporto tra il Regno e la Chiesa, il
rapporto tra primato e collegialità/sinodalità nella Chiesa, il rapporto
tra la Scrittura e la Tradizione, ed infine il rapporto — nelle relazioni
umane — tra chi accoglie e chi è accolto, tra chi dona e chi accoglie
il dono.
Ho volutamente definito questi approfondimenti degli “as–saggi”
perché il termine ci ricorda l’esperienza che viviamo con il cibo: si
“assaggia” un cibo per verificarne la bontà e goderne compiutamente
quando poi lo si gusterà al momento opportuno e con la giusta
compagnia, per nutrire così il corpo e lo spirito. Considerando lo
spazio dedicato a ciascun approfondimento, ciò che propongo in
queste pagine non può essere allora che un “as–saggio”.
Il termine “as–saggio”, inoltre, contiene in sé il richiamo alla
forma letteraria del “saggio”, e cioè quella di uno studio critico,
normalmente breve, su un argomento specifico. Il terzo capitolo si
strutturerà per l’appunto come un insieme di diversi piccoli saggi,
animati dallo scopo di introdurre alla percezione della fecondità
del paradigma della sintassi, con l’auspicio che — a partire dalle
annotazioni e dai riferimenti bibliografici che in queste pagine si
offriranno — io stesso, o chi desiderasse accompagnarmi in questo
cammino, possa nel futuro dedicare a queste e ad altre “asimmetrie
paradossali della fede” studi più approfonditi.
“As–saggi” vogliono essere anche i numerosi testi raccolti nella
corposa antologia posta a conclusione del volume, sia per invitare
il lettore ad un contatto diretto con i “Padri”, di ieri e di oggi, della
fede e della riflessione teologica, sia per introdurre in un prezioso
campo di ricerca che certamente riserverà, a chi avrà la pazienza di
avventurarvisi, abbondanti tesori di riflessione teologica e spirituale
e illuminati e illuminanti stimoli per lo studio e la ricerca personali.
Termino questa breve introduzione esplicitando una delle suggestioni che il paradigma della sintassi porta con sé e che nel sottotitolo

Introduzione
di questo volume viene suggerita: quella del riferimento alla “grammatica della fede”. Porre al centro della riflessione trinitaria la sintassi
ha il vantaggio di far cogliere la suggestiva intuizione che ci viene
consegnata già a partire dalla stessa formulazione lessicale del paradigma; infatti, il termine sintassi rimanda all’organizzazione del
linguaggio, del discorso. E, sulla scia di questa analogia, di questa
metafora, mi piace far riecheggiare qui il richiamo alla “grammatica”
di Dio che ricorre in alcune parole di tre valenti teologi.
Il primo è Karl Rahner che, nel suo Corso fondamentale sulla fede,
trattando del significato dell’incarnazione, si chiede: « L’immutabile
può “diventare” qualcosa? » . Rispondendo a tale quesito, egli non
può che osservare che la verità di fede del Logos che è “diventato
carne”, se non vuole — come non intende fare — contraddire l’idea
dell’immutabilità di Dio, ci pone di fronte alla necessità di “ripensare”
l’ontologia stessa, che « deve orientarsi secondo il messaggio della
fede e non farla da maestra a tale messaggio » . E così giunge alla
seguente conclusione:
L’asserzione sull’immutabilità di Dio è un’asserzione dialettica nello stesso
senso di quella sulla sua unità nella e nonostante la Trinità, cioè: queste
due asserzioni rimangono per noi realmente giuste di fatto solo se subito
pensiamo insieme le altre due asserzioni sulla Trinità e rispettivamente
sull’incarnazione, senza che ci sia lecito pensare le une come anteposte alle
altre. [. . . ] Con ciò siamo giunti a un estremo ontologico che un’ontologia
puramente razionale forse non presagirebbe neppure. Ovviamente a tale
ontologia riesce difficile prender atto di questo estremo e inserirlo come
formula originaria nei primordi e tra le origini del suo dire. La realtà assoluta
o, meglio, l’Assoluto ha la possibilità — nella pura libertà della sua infinita
non–relatività che egli sempre conserva — di diventare lui stesso l’altro, il
finito; ha la possibilità, nel mentre egli estrinseca se stesso, si dona, di porre
l’altro come sua propria realtà. Il fenomeno originario da cui dobbiamo
partire non è il concetto di un’assunzione che ovviamente presupponga
come già esistente la realtà da assumere e che si limiti ad assegnarla a colui
che l’assume, assegnazione che poi non riesce propriamente mai come si
deve, perché viene respinta dall’immutabilità di Dio dialetticamente concepita per sé sola come rigida e isolata, né giunge mai a toccare Dio in
quanto l’Immutabile. Secondo la fede il fenomeno originario è proprio
l’autoestrinsecazione, il divenire, la kenosis e la ghenesis di Dio stesso, il quale
può divenire in quanto egli, nel porre l’altro originato, diventa lui stesso
l’originato, senza essere costretto a divenire nella sua peculiarità, nella sua
. È questo il titolo del paragrafo che si può leggere in K. R, Corso fondamentale sulla
fede. Introduzione al concetto di cristianesimo, San Paolo, Cinisello Balsamo  , pp. –.
. Ibidem, p. .
Introduzione

originarietà. Nel mentre egli, data la sua perenne pienezza infinita, si estrinseca, sorge l’altro come realtà divina sua propria. Già Agostino affermava
che Dio assumit creando ed anche che assumendo creat: nel mentre estrinseca
se stesso e perciò, ovviamente, è presente nella stessa estrinsecazione, egli
crea. Crea la realtà umana nel mentre la assume come propria. Egli — il
Logos — costituisce ciò che è distinto da sé nel mentre lo detiene come suo
proprio, e viceversa: dal momento che egli vuole veramente avere l’altro
come realtà sua propria, lo costituisce nella sua genuina realtà. Dio fuoriesce
da sé, lui stesso, lui nella sua qualità di pienezza che si dona. [. . . ] La creatura,
in base alla sua essenza più intima e profonda, dev’essere concepita come la
possibilità del poter–essere–assunta, dell’essere–materiale per una possibile
storia di Dio. Nel creare la creatura, nel mentre la pone fuori dal nulla nella
sua realtà propria, distinta da lui, Dio la abbozza come la grammatica di
una possibile automanifestazione divina. Ed egli non la potrebbe progettare
diversamente neppure qualora di fatto tacesse, perché anche questo silenzio
da parte di Dio presupporrebbe pur sempre delle orecchie che odono il suo
mutismo.
La “fatica del concetto”, alla quale il teologo gesuita ci ha chiamati
con la sua riflessione, non di meno ci consegna un’inaudita e luminosa
verità: è l’uomo stesso la grammatica di Dio.
Questa profonda verità, che le parole di Rahner pongono al cuore
della logica stessa della rivelazione e dell’incarnazione, viene fatta
riecheggiare da un altro teologo tedesco, Walter Kasper, che pur
senza riferirsi esplicitamente al testo rahneriano, nella sua opera
cristologica, afferma con profonda convinzione:
L’antropologia è, per così dire, la grammatica di cui Dio si serve per autoesprimersi; ma la grammatica in quanto tale rimane aperta agli enunciati più
diversi e trova la sua determinazione concreta soltanto nella vita umana di
Gesù. Se non si accetta questa differenza, si deve ammettere che nella storia
di salvezza non può accadere alcunché di veramente nuovo per la coscienza trascendente dell’uomo, al di là del puro fatto che l’idea del Salvatore
assoluto si è appunto realizzata in Gesù di Nazareth e in nessun altro.
La grammatica di Dio, e la grammatica della fede che da essa scaturisce, aperta com’è per sua stessa natura agli enunciati più
. Ibidem, pp. – (il corsivo è dell’autore). E, proseguendo, Rahner afferma:
« Partendo di qui potremmo definire l’uomo — ponendolo nel suo mistero supremo e più
oscuro — come ciò che sorge quando l’autoespressione di Dio, la sua Parola, viene pronunciata
con amore nel vuoto del nulla non–divino. Per questo infatti il Logos incarnato è stato pure
chiamato la parola abbreviata di Dio. L’abbreviazione, la cifra di Dio stesso è l’uomo » (ibidem, p.
; qui il corsivo è mio).
. W. K, Gesù il Cristo, BTC , Queriniana, Brescia  , p. .

Introduzione
diversi che trovano in Cristo la propria determinazione assoluta e paradigmatica, è una grammatica segnata dalla sintassi trinitaria, è una
grammatica che nella sintassi dispiegata dalle persone divine nelle
relazioni eterne d’amore, che sono la vita stessa di Dio, e nella storia
che vivono con l’uomo e tutte le sue creature, trova le autorevoli “regole” per percorrere strade che conducano a qualcosa di “veramente
nuovo nella coscienza dell’uomo” e nella storia che quotidianamente
l’uomo è chiamato a costruire.
Del resto, la stessa vita filiale di Gesù mostra il riferimento fondante e costitutivo che lui, e in lui ogni uomo, devono riconoscere
alla relazione con il Padre. Tanto che, ben a ragione, il teologo
redentorista François–Xavier Durrwell può affermare:
Il Padre è come « il luogo di Gesù» (M.J. L G, Celui qui vient d’ailleurs.
L’Innocent, Paris , p. ; San Cirillo d’Alessandria: « Il Padre è, per così
dire, il luogo naturale del Figlio » — cfr. In Io. ,; Thesaurus ; PG ,;
,), la casa dove abita. Il bambino di dodici anni aveva dichiarato: « Devo
stare nella casa del Padre mio » (Lc ,). Il tempio di Gerusalemme era un
simbolo del quale più tardi Gesù ha detto: « È la casa del Padre mio » (cfr.
Gv ,). Bambino, risponde da bambino alla chiamata del Padre che sente
nel cuore e vuole stare, almeno per qualche giorno, nella casa del Padre.
Ma la vera casa, della quale il tempio è simbolo, egli non la lascia mai: « Il
figlio resta nella casa per sempre » (Gv ,), perché « io sono nel Padre »
(Gv ,), « rimango nel suo amore » (Gv ,). Quando scoccherà l’ora
pasquale, che è quella della piena filiazione, Gesù abiterà interamente nel
Padre.
Neanche il pensiero di Gesù lascia mai il Padre, non si lascia distogliere
da lui. [. . . ] Il Padre costituisce a tal punto l’orizzonte del pensiero che persino
la grammatica di Gesù è retta dal riferimento al Padre. Di numerose frasi dei
Vangeli il lettore non coglie tutto il significato se non introducendovi il
nome del Padre.
Se quindi è vero che l’uomo è la grammatica di Dio, è ancor più
vero — come ci ha insegnato la lezione che Durrwell ha raccolto
dall’esperienza filiale di Gesù Cristo — che questa grammatica è retta
dal riferimento ineludibile al Padre.
Il linguaggio dell’uomo, della sua vita prima ancora che delle sue
parole, deve imparare quindi dalla grammatica del Logos di Dio e
del suo disegno di amore. Ed è per questo che raccolgo, dalle pagine
. F.X. D, Il Padre. Dio nel suo mistero, Città Nuova, Roma  , pp. – (il
corsivo è mio). Il teologo francese precisa subito dopo che l’introduzione del nome del Padre
è richiesta al lettore dall’uso del “passivo teologico”.
Introduzione

di un libro dello scrittore Erri De Luca, l’invito — formulato con
una eleganza che suscita stupore per la bellezza e la profondità che
porta con sé — a fondare ogni nostra grammatica sulle “regole” che
Dio stesso ha scelto di darsi per “parlare” all’uomo, nella logica di
una rivelazione che è auto–comunicazione, partecipazione della sua
stessa vita divina:
Una sola delle sue manifestazioni ha un formato fisso: la parola. « E disse »:
la divinità scende in una grammatica, in un vocabolario e un alfabeto.
Sceglie di consistere in una voce. Questo è il suo intervento più insistente,
la sua riduzione ad altezza d’uomo. Solo la sua parola è antropomorfa. Nel
Nuovo Testamento tacerà, incarnandosi in un corpo fino all’estremo della
distruzione. Nell’Antico Testamento c’è il suo: « E disse ». Qui si raccoglie
l’emergenza fisica della divinità.
Il linguaggio dell’uomo ha quindi bisogno della grammatica di
Dio per realizzare pienamente se stesso, e di questa grammatica la
sintassi trinitaria è il cuore.
È proprio questa sintassi che ora desidero esplorare per mettere in
luce come dalla Trinità derivi ogni nostra comprensione della realtà,
dell’uomo e della fede.
. E. D L, G. M, Almeno , Feltrinelli, Milano , p. .
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