La componenete indigena nalla formazione della nazione messicana
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La componenete indigena nalla formazione della nazione messicana
I “limiti” della nazione messicana: la componente indigena Tatiana Vorotnikova Nelle linee generali la formazione della nazione messicana è un risultato di interazione delle etnie diverse, che non è ancora finito e perfino non riguarda tutta la società. La particolarità della situazione culturale in America Latina in generale è determinata, prima di tutto, da dualità e separatezza ma simultaneamente da integrità e coesione della società, formata su strati storico-culturali completamente differenti. Più precisamente, l'uguaglianza della componente europea e quella delle civiltà o popolazioni indigene è la caratteristica più importante dell'originale civiltà del continente e, in particolare, del Messico. La variegata composizione etnica determina la natura multiforme della società messicana. La cultura messicana appare da una parte come articolata al proprio interno in una serie infinita di parti, in cui ciascuna vive la propria vita. E tuttavia possiede un’integrità specifica, quale è prevista dalla cultura del meticciato. Secondo la statistica ufficiale, la stragrande maggioranza della popolazione del Messico si identifica come “messicani”: ciò è abbastanza convezionale, e questo gruppo non è così grande. Il nome "messicano", prima di tutto, non identifica una unità culturale o etnica, ma piuttosto l’appartenenza a un territorio comune, la condivisione di circostanze politiche ed economiche: non formano alcun comunità chiusa, sono meticci, creoli e indiani. Il mio studio si sviluppa nell’ambito del metodo scientifico che si chiama “approccio di civiltà”. Alla sua base sono i lavori di O. Spengler, A. J. Toynbee, L. Gumilev, ed oggi, per esempio, di S. Hantington. Il “metodo di civiltà” esamina l’America Latina come una civiltà speciale, differente dalla civiltà dell’Europa occidentale, storicamente formata sotto l'azione di fattori differenti, il cui aspetto principale, evidentemente, è il processo della mescolanza etnica. Ogni civiltà non è omogenea e consiste delle parti etniche diverse e intanto ognuna di esse possiede un’unicità con la molteplicità dei suoi componenti. Tuttavia le correlazioni tra l’integrità e la varietà sono differenti nella struttura delle società diverse ed è un buon criterio per la classificazione delle culture. Nelle civiltà “limitrofe”, a differenza delle civiltà “classiche”, il principio della diversità prevale. In tale cultura non c’è base spirituale unita, il fondamento religioso consiste di alcune parti, e l’intera struttura di civiltà non è stabile. Si propongono l’unità e la varietà come principi autonomi, che hanno la propria essenza e si trovano in opposizione. La specifica delle civiltà limitrofe consiste in questo: nessuno principio ha prevalenza sufficiente. Allora l’America Latina si capisce come civiltà limitrofe. Anche il Messico è una parte di questa civiltà, ma, tuttavia, possiede la sua propria originalità e caratteristiche speciali nella formazione della nazione. Nonostante non ci siano delle definizioni esatte della civiltà e della cultura, qui queste nozioni non sono incompatibili, ma si completano l’una l’altra. La cultura è capita come un modo specifico d'esistenza, un’espressione della creatività e plasticità dell'uomo. La civiltà si identifica con l'orientamento sociale della società, cioè è considerata come sociocultura. Toynbee definisce la civiltà come un tipo di società che suscita certe associazioni nella sfera di religione, architettura, pittura, costumi, usanza (Toynbee 2003). Inoltre la civiltà è la cultura che ha raggiunta l’autoidentità. La civiltà integra una comunanza della gente nella integrità certa che determina l’irripetibilità e l'unicità di questa generalità. Ogni società è considerata in un certo intervallo di tempo come l'unità delle variazioni possibili ma anche delle varietà compresenti. Essa possiede un’accumulazione delle caratteristiche invariabili, per garantire la conservazione della integrità nella storia e la continuità della cultura. L'integrità della cultura è espressa nel come i problemi generali esistenziali sono risolti. Ogni società produce le sue risposte alle contraddizioni radicali fra le misure secolare e sacrale dell'esistenza umana, fra l’uomo e la natura, fra la società e l’individuo, fra i fattori di cultura innovativi e tradizionali. La soluzione di queste contraddizioni dà all’uomo il sistema dell'orientamento esistenziale nel mondo esterno e nella propria anima. Il sistema dei valori è il contenuto di base di codice geneticosociale di ogni cultura. Quindi, l'orientamento di valore è un parametro molto conveniente per il confronto delle società differenti e delle componenti differenti all'interno di una società. Ci sono molti approcci per la comprensione dei processi di formazione della nazione messicana e dell'originalità culturale del Messico. Questione centrale del mio studio sono le interrelazioni delle componenti spagnolo ed indiano, e in questa prospettiva si possono individuare tre correnti principali a seconda del riconoscimento della preminenza di ruolo all’una o all’altra delle componenti, o della dichiarazione di uguaglianza di diritti delle due parti: 1) la teoria della dominazione dei popoli indigeni, 2) la concezione della supremazia degli europei, 3) la concezione dell’uguaglianza, parità di diritti e della sintesi delle due tradizioni di cultura e di civiltà. 1) I rappresentanti della prima corrente, tra cui ci sono l’ideologi dell’indianismo e della Forth World Theory (Bonfil Batalla 1996; Churchil 1996), i capi del “rinascimento indiano” e dei movimenti indiani moderni (Subcomandante Marcos 2002). Ritengono che il valore principale nella nazione messicana appartiene alla gente indiana, che ha forme di vita proprie, specifiche e separate. Al minimo queste posizioni pretendono l'attenzione dello stato sulle condizioni degli indiani, che si cerchi di capire la loro mentalità e il loro modo di esistenza (Asturiaz 1974, 2003; Goncharova 1979, 1995). G. Bonfil Batalla crede che la storia del Messico degli ultimi cinquecento anni sia la storia dell'opposizione delle due civiltà, occidentale e mesoamericana. Le due civiltà significano due programmi di civiltà, due modelli di ordinamento sociale, due visioni differenti del futuro. Il modello della cultura europea, che è stata introdotta dagli spagnoli ed è stata pensata anche per i meticci, non può essere accettata da questa parte della popolazione, che Bonfil Batalla chiama il México Profundo. La dominazione dell’Occidente è stato ereditata dal passato coloniale, ma questo è il "Messico immaginario". La gente che si trova ai piedi della piramide sociale, che porta in sé la cultura dell’America Centrale: questa parte di popolazione messicana costituisce il México Profundo. Non è un mondo passivo e statico. Ogni giorno la gente indiana crea e ricrea la sua cultura in conformità con la propria matrice culturale. Gli indiani si ribellano o stanno zitti, ma sempre e comunque resistono. Ed oggi la scelta si deve essere fatta a favore della popolazione indigena (Bonfil Batalla, 1996). 2) La seconda direzione, opposta, approva l'idea della superiorità assoluta della tradizione europea. Soltanto il principio iberico è riconosciuto come base di sviluppo, e la società messicana è considerata come la continuazione dell’Europa, come una derivazione naturale della realtà europea. La gente indiana è considerata arretrata, difettosa. È necessario “insegnar loro” a vivere in conformità con lo standard europeo. Questo metodo ha origini ancora nell'ideologia della conquista (per esempio, J. G. Sepùlveda) ed oggi è sviluppato nell’ambito della concezione del progressismo culturale (Harrison 2000). 3) I sostenitori della terza concezione ritengono che la nazione messicana sia il risultato del processo della mescolanza, che non è semplicemente la mescolanza degli elementi razziali ed etnici differenti, ma anche la sintesi (l’apparenza di una nuova qualità). Inoltre la sintesi delle tradizioni differenti è un tratto di base della originalità etnoculturale del paese. Basandosi sulla tesi di J. Ortega y Gasset, tutti gli uomini, tutti i popoli sono uguali, perché sono differenti. Tutti i partecipanti del contatto culturale sono uguali, sono equivalenti e di valore uguale. Il problema della mescolanza è così complesso che approvare una cultura per rifiutare l’altra significherebbe negare l’esistenza della stessa ed intera società messicana (Sea 1977, 1993). J. Vasconselos ha visto nella mescolanza delle razze bianca, rossa, nera e gialla (nel Messico l’etnosintesi era più completa e profonda) la creazione della razza nuova, la Raza Cósmica, a cui ha attribuito un ruolo eccezionale nel destino dell’intera umanità. L’etnosintesi è il fondamento, su cui la nuova coscienza è costruita (Vasconselos 1958, Reyes 1978). Il Messico appartiene alle cosiddette culture "continuanti" (secondo Toynbee), cioè eredi delle civiltà “primarie” di antica origine, anche se oggi è nella fase di differenziazione dalla civiltà precedente, per la ricerca della sua essenza nazionale e di indipendenza dall'Occidente; tuttavia non ha creato ancora completamente la sua propria originalità. Nell'attribuzione di valore all’origine del Messico si è verificato un certo sdoppiamento. Il messicano non è europeo e non è americano, perciò sente una discrepanza interna, una certa mancanza. Questa inferiorità è tipica non soltanto per il passato coloniale, ma non è stata ancora eliminata nel corso del XX secolo. L’autenticità del Messico rimane non scoperta ed è ridotta ora al principio indigeno, ora al principio europeo. È riposta nella parte meticcia della società messicana, quale fonte di cultura creativa e vivente. La storia del Messico è la storia della gente, che cerca il suo proprio principio. Lo scopo principale della nazione messicana d’oggi è di superare questa incompletezza essenziale (Ramos 1962; Paz 1977, 2000). In questo caso la cultura del Messico può essere considerata come risultato di tre tipi principali d’interazione interculturale, quali l’opposizione, la simbiosi e la sintesi. È possibile citare molti esempi storici che confermano l'opposizione ferma e aperta tra il “mondo dei bianchi” ed il “mondo degli indiani”. Basta ricordare che i conquistatori spagnoli aspiravano a formare l’America come una semplice continuazione dell’Europa dopo la distruzione delle culture indiane; o gli appelli dei capi indiani per il ripristino degli imperi precolombiani e per la costruzione di una nuova società in conformità con l'archetipo comunale ed in base alle consuetudini dei codici antichi, rifiutando le sovrapposizioni europee, messe durante i secoli. Nell’ambito della simbiosi, ciascuna delle parti in interazione rimane autonoma e, allo stesso tempo, esse risultano essere già collegate con legame indissolubile sistematico. La repulsione mutua, sempre presente, non rende possibile formare una struttura unita, ma la stessa presenza delle realtà etnoculturali diverse viene percepita come una cosa naturale. L'esempio della simbiosi è la coesistenza di due religioni parallele: la cattolica e quella popolare. I dogmi cristiani hanno ottenuto un’interpretazione piuttosto originale nella coscienza degli indiani. Il Dio ed i Santi europei hanno sostituito le divinità vecchie nel pantheon e nella concezione del mondo ma senza cambiarne la struttura pagana. La sintesi, come l'apparenza di una nuova qualità, è una forma supplementare delle influenze culturali. Il risultato della sintesi in Messico è stato la creazione della cultura meticcia, sopratutto, in base ai popoli di origine nàhua. Ed oggi il Messico è associato precisamente con gli aztechi, che sono stati i più aperti nell’accettazione ed innovazione etnoculturale. Allo stesso tempo, i popoli di origine maya continuano a rimanere abbastanza chiusi. Qui gli ostacoli nella via della sintesi sono molto seri. La riluttanza all’integrazione da parte maya può essere spiegata con le particolarità culturali e psicologiche di questa civiltà. Queste particolarità sono esoterismo, fatalismo, introversione. L’ultima è la più importante ed impedisce l’ammissione e l’assimilazione di nuovi elementi culturali. Ma senza dubbio la cultura prevalente è la cultura meticcia, in cui si rivela il profondo legame fra le culture dei conquistatori e dei conquistati. È possibile illustrarlo con le risposte alle domande fondamentali dell'esistenza: l’ordinamento dell'universo, il rapporto verso la vita e la morte, l’interpretazione della storia e l’eternità. Riporto alcuni esempi. La parola "meticcio" presuppone la presenza di due inizi differenti. Sono quello indigeno (indiano) e quello europeo (spagnolo), e, simultaneamente, questo significa l'apparenza di una nuova qualità considerevolmente maggiore della somma delle sue parti integranti. Gli spagnoli hanno introdotto la libertà personale e l’idea di salvezza personale, gli indiani hanno portato l’idea di partecipazione profonda nella vita alla comunità e alla gente. La salvezza di ciascun anima è importante per i cristiani, per l'indiano invece la propria salvezza non può essere separata da quella del mondo. L’interpretazione del tempo e della storia in Messico è duplice. Da un lato, c’è l’interpretazione del tempo secondo la concezione europea (lineare e progressiva), da un altro è ancora attuale l’interpretazione ciclica di derivazione precolombiana. Per gli aztechi e altri popoli indigeni del Messico il tempo non era la misura vuota e astratta, ma una forza vivente che nasce, vive, perisce, risuscita. I messicani aspirano a rifare il mondo e, simultaneamente, hanno paura di fare scoppiare i capisaldi dell’esistenza, perciò i messicani ammirano e contemplano il mondo. Loro hanno ereditato un tratto particolare azteco, che è "incanto dalla morte". Qui la morte non fa paura a nessuno. L’indifferenza verso la morte è la parte contraria dell’indifferenza verso la vita, ed il culto della morte è un culto originale della vita. Per il cristiano, la morte è il passaggio dalla vita precaria alla vita eterna, per l'indiano è la via alla rinascita di forze vitali. L’inclinazione alla morte e il disprezzo di essa si combinano facilmente in Messico. Allora dobbiamo riguardare il problema dell'identità culturale ed etnica. In Messico questo problema è molto acuto ed è collegato con i processi di assimilazione e integrazione. Per esempio, l’indiano, che oggi parla lo spagnolo e la sua lingua madre, indossa abbigliamento di fabbricazione industriale, non è presente nei documenti statistici messicani come indiano. È considerato un “messicano” o un "meticcio". C’è una notevole parte della popolazione messicana, che si definiscono “indiani”, anche se parlano la lingua spagnola ed hanno perso i tratti particolari della loro cultura. Gli altri non si differiscono dagli indiani nel modo di vivere e nella cultura, ma la loro lingua madre è lo spagnolo e non si definiscono indiani. C’è un’opinione secondo la quale è possibile chiamare “indiani” soltanto quelli che vivono nelle comunità. Si deve prestare attenzione particolare alla questione indiana propriamente: lo stato attuale della gente indiana, il problema del loro integrazione nella società messicana, il loro valore nella cultura nazionale comune. Secondo il censimento dell’anno 2004 il numero degli indiani, che parlano le lingue indigene, raggiunge la cifra di 6.044.547, cioè soltanto 6% della popolazione totale del paese (anche se altre fonti riportano che sia più del 30%). La statistica riflette la tendenza di un aumento graduale di numero assoluto di indiani messicani con una notevole riduzione della loro percentuale presenza nella popolazione totale del paese. Il censimento, basato sull’indice linguistico, ha rivelato 85 lingue indigene. Le lingue indiane più rilevanti sono nahuatl, maya, zapoteco, mixteco, tzeltal, tzotzil, otomì. Intanto molte lingue indiane uniche spariscono in Messico, per esempio, aguacateco, cochimi, ixil, meno di cento persone parlano il solteco. Dopo la Rivoluzione Messicana (1910-1917) l'interesse verso il passato storico e le civiltà antiche è aumentato. Gli elementi delle culture indiane hanno cominciato ad essere considerati come oggetti dell’orgoglio nazionale ed i simboli dell'originalità nazionale. Ma la cultura azteca si è messa nel centro di attenzione. I messicani si sono dichiarati eredi diretti precisamente di questa etnia senza prendere in considerazione tutta la variegata composizione etnica del Messico. A quel tempo la soluzione evidente sembrava essere la politica flessibile dell’assimilazione e integrazione dei popoli che conservavano ancora alcuni gradi di segregazione etnica. Come unica direzione dello sviluppo culturale degli indiani era prevista la loro integrazione velocissima alla cultura meticcia. L’altra parte di questo processo è stato la soppressione dell’autocoscienza nazionale, dell’autodeterminazione e dell’autogestione di questi gruppi della popolazione. È necessario notare, che attualmente gli indiani degli stati meridionali del Messico hanno una posizione piuttosto attiva. Tali popoli indiani, come tzeltal, tzotzil, tojolabal, partecipano a questo movimento. Fra i loro slogan sono quello di voler essere riconosciuti come etnie, di voler riconosciuto il loro diritto per un sviluppo autonomo. Molti popoli indigeni non sono capaci, per motivi diversi, di entrare a pari diritti nello moderno sistema dei rapporti sociali, ciò genera l’aspirazione alla separazione. Il problema della loro integrazione non è soltanto il problema del cambiamento del tipo di economia, ma, forse, è anche un problema di scontro di due forme d'esistenza del tutto diverse. Qui la questione centrale è se l'integrazione e l'ammodernamento degli indiani possono verificarsi senza la perdita identità culturale e dell’autonomia etnica. Riferimenti bibliografici AA. VV., 1974, National processes in Central America and Mexico, Nauka, Moscow. AA. 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