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L`ammortamento dei beni nell`affitto e usufrutto d`azienda

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L`ammortamento dei beni nell`affitto e usufrutto d`azienda
Reddito d’impresa
L’ammortamento dei beni
nell’affitto e usufrutto
d’azienda
Gli importanti chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, con la Nota n. 954 del 2011,
costituiscono l’occasione per un esame della disciplina fiscale degli ammortamenti dei beni
compresi nell’azienda in affitto o usufrutto.
Premessa
L’azienda può essere concessa in affitto, ossia formare oggetto di un diritto personale di
godimento secondo l’art. 2562 c.c., oppure
può essere costituita in usufrutto, formando
cosı̀ oggetto di un diritto reale di godimento
secondo l’art. 2561 c.c. Comune denominatore del contratto d’affitto e del diritto di usufrutto d’azienda è l’attribuzione ad altri del
godimento della medesima per il periodo di
durata del contratto o del diritto.
Le problematiche di natura fiscale dell’affitto
e dell’usufrutto d’azienda riflettono, in generale, quelle riguardanti i profili civilistici e
contabili dell’operazione. Esse derivano dalla circostanza che l’azienda condotta in affitto o usufrutto non è un bene di proprietà e
che, conseguentemente, i fatti che la interessano non generano le «tipiche» componenti
che si originano dai beni strumentali.
Cosı̀, in particolare, il corretto inquadramento delle problematiche fiscali connesse all’ammortamento dei beni compresi nell’azienda in affitto o usufrutto richiede, preliminarmente, di soffermarsi, sia pur brevemente, su taluni aspetti civilistici e contabili
dell’operazione.
La gestione dei beni strumentali
La concessione in affitto, nonché la costituzione in usufrutto, di un complesso di beni
destinati allo svolgimento di attività d’impresa comporta il riconoscimento, in capo rispettivamente all’affittuario ed all’usufruttuario, di particolari poteri-doveri fissati dal4/2012
l’art. 2561 c.c. (1) E ciò sia per consentire
all’affittuario/usufruttuario la libertà operativa necessaria per gestire proficuamente l’impresa, sia per tutelare l’interesse dell’affittante/nudo proprietario a che non sia menomata
l’efficienza del complesso aziendale, che dovrà a lui tornare alla fine del rapporto.
Muovendo da tale presupposto, l’art. 2561,
comma 2, c.c., dispone che l’affittuario/ usufruttuario «deve gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte». La
ratio della norma è evidentemente quella di
garantire all’affittante/nudo proprietario il
mantenimento in perfetto uso dell’azienda
in affitto/usufrutto. E tale obbligo di conservazione deve essere ottemperato dall’affittuario/usufruttuario non solo nella gestione del
capitale circolante (scorte), ma anche in
quella del capitale fisso (immobili, impianti,
macchinari).
Al termine del rapporto, inoltre, l’art. 2561,
comma 4, c.c. prevede che «La differenza tra
le consistenze di inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto [e dell’affitto] è regolata in
denaro, sulla base dei valori correnti al termine dell’usufrutto [e dell’affitto]». Ciò conferma la possibilità per l’affittuario/ usufruttuaNote:
(*) Dottore commercialista in Fano e Ancona, Revisore legale
dei conti
(1) La disciplina prevista per l’usufrutto d’azienda dall’art.
2561 c.c. si applica anche all’affitto d’azienda per l’espresso rinvio operato dall’art. 2562 c.c.
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Bilancio&Reddito
di Nicola Di Sante (*)
Reddito d’impresa
Bilancio&Reddito
rio di gestire i beni aziendali secondo la propria capacità/necessità d’impresa. Egli potrà
anche acquistare ed immettere nell’azienda
nuovi beni che diventano di proprietà dell’affittante/nudo proprietario e sui quali l’affittuario/ usufruttuario avrà diritto di godimento e potere di disposizione (2).
Il costo del logorio e del deperimento delle
immobilizzazioni dell’azienda sono, di regola, a carico dell’affittuario/usufruttuario. Chi
gode dell’azienda ha, infatti, l’obbligo (ex art.
2561, comma 2, c.c.) di riparare e/o sostituire
i beni strumentali che hanno perduto la loro
efficienza. Al termine della concessione in
godimento, inoltre, i beni oggetto di sostituzione o di modifiche (strutturali) debbono
essere computati (ex art. 2561, comma 4,
c.c.) a favore dell’affittuario/usufruttuario
nello stato (anche di logorio) in cui si trovano in quel momento (3).
È fatta comunque salva la pattuizione contraria, secondo cui, da un lato, il costo del
logorio/deperimento delle immobilizzazioni
dell’azienda è a carico dell’affittante/nudo
proprietario (deroga all’art. 2561, comma 2,
c.c.) e, dall’altro, l’affittuario/ usufruttuario
non dovrà (logicamente) retrocedere all’affittante/nudo proprietario alcun conguaglio a
fine rapporto (deroga all’art. 2561, comma
4, c.c.) (4).
comma 2, c.c., restando cosı̀ a carico dell’affittuario/usufruttuario gli oneri di conservazione, il deperimento dei cespiti iscritti nei
conti d’ordine (per i quali non è evidentemente possibile contabilizzare l’ammortamento) dovrà essere rilevato annualmente a
conto economico dall’affittuario/usufruttuario tramite un apposito accantonamento ad
un «Fondo per ripristino beni di azienda ricevuta in affitto/usufrutto». La funzione di
tale fondo è quella di fronteggiare il maggior
costo che potrebbe derivare al termine del
contratto, ossia rilevare l’onere futuro di
reintegrazione della perdita di valore d’uso
dei beni.
Il predetto fondo è riconosciuto anche dalla
prassi contabile nazionale (OIC n. 19, par.
C.V.d) (6). Tali accantonamenti, sempre secondo la stessa prassi contabile, «vanno effettuati sulla base di elementi oggettivi e valida
documentazione», nonché contabilizzati nella voce «B13) Altri accantonamenti» del conto economico (Doc. Int. n. 1 dell’OIC n. 12)
con contropartita la voce «B3 Altri fondi» nel
passivo dello stato patrimoniale (OIC n. 19,
cit.).
Per completezza, si segnala che la prassi contabile nazionale (Doc. Int. n. 1 cit.) individua
nella voce «B14) Oneri diversi di gestione»
La determinazione e l’imputazione
degli ammortamenti
Note:
(2) Cfr. G.F. Campobasso, Diritto commerciale, Vol. 1 a
cura di M. Campobasso, Torino, 2006, p. 159.
(3) Tale regola vale anche per i beni che facevano parte
dell’azienda nel momento in cui è sorto il diritto di godimento.
(4) A ben vedere, il corrispettivo dell’affitto/usufrutto d’azienda che implica il conguaglio finale dovrebbe essere
più basso rispetto a quello di un contratto che tale conguaglio non implica (essendo appunto prevista la deroga
all’art. 2561 c.c.).
(5) L’oggetto della rilevazione è determinato nel contratto di affitto/usufrutto d’azienda, più specificamente nell’inventario, redatto a valori di funzionamento, degli elementi patrimoniali attivi e passivi oggetto di trasferimento.
(6) Secondo cui «Le imprese che, allo scadere delle concessioni, debbono restituire i beni al concedente, gratuitamente e in perfette condizioni di funzionamento, addebitano al conto economico gli accantonamenti necessari
per assicurare la costituzione di un fondo che consenta di
ripristinare gli impianti allo stato in cui devono essere restituiti [...]»; inoltre, «Analoga metodologia viene adottata
dalle imprese che abbiano ricevuto in affitto, o in usufrutto, un’azienda, qualora le parti non abbiano derogato
agli obblighi previsti dagli artt. 2561 e 2562 del codice
civile».
La separazione tra la proprietà dei beni strumentali che compongono l’azienda in affitto/
usufrutto, che fa capo all’affittante/ nudo
proprietario, ed il diritto personale/reale di
godimento dei beni medesimi, che fa invece
capo all’affittuario/ usufruttuario, trova rappresentazione contabile nel sistema supplementare dei conti d’ordine. Le rilevazioni
verranno effettuate nel sistema «dei beni nostri presso terzi» per l’affittante/nudo proprietario e nel sistema dei «beni di terzi presso l’azienda» per l’affittuario/usufruttuario (5).
Passando al processo di ammortamento dei
beni strumentali dell’azienda in affitto/usufrutto, risulta rilevante la tipologia di accordo che le parti hanno concluso per la conservazione dei beni. Nel caso in cui non sia stato
derogato a quanto previsto nell’art. 2561,
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del conto economico la posta di bilancio
(dell’affittuario/usufruttuario) per la contabilizzazione delle «Differenze inventariali riconosciute al proprietario dell’azienda condotta
in affitto o in usufrutto».
Qualora, invece, si sia derogato a quanto previsto nell’art. 2561, comma 2, c.c., cosicché
l’onere di mantenere in efficienza i beni resti
a carico dell’affittante/nudo proprietario,
l’affittuario/usufruttuario non dovrà operare
alcun accantonamento.
Per quanto riguarda l’affittante/nudo proprietario, a prescindere dalla deroga o meno
della predetta regola, poiché titolare del diritto di proprietà dei beni strumentali dell’azienda in affitto/usufrutto (iscritti come tali
nel proprio bilancio d’esercizio), egli deve
computare annualmente, in conformità della
normativa civilistica (art. 2426, n. 2, c.c.) e
dei principi contabili (OIC n. 16, par. D.XI, e
OIC n. 24, par. D.III), l’ammortamento dei
beni strumentali concessi in godimento (7).
La deducibilità degli ammortamenti
nel reddito d’impresa
La disciplina fiscale dell’ammortamento dei
beni compresi nell’azienda data in affitto/
usufrutto è contenuta: nell’art. 102, comma
8, del TUIR, per i beni materiali; nell’art.
103, comma 4, del TUIR (che richiama l’art.
102, comma 8, del TUIR), per i beni immateriali (8). Tale disciplina è direttamente collegata alla normativa contenuta nell’art.
2561, comma 2, c.c., già precedentemente
descritta.
Assenza di deroga contrattuale all’art. 2561
c.c.
Presupposti e modalità dell’ammortamento
Nel caso in cui le parti non abbiano optato
per la deroga contrattuale all’art. 2561, comma 2, c.c., permanendo in capo all’affittuario/usufruttuario l’onere di conservare in efficienza l’azienda, l’art. 102, comma 8, primo
periodo, TUIR prevede che «[...] le quote di
ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dell’affittuario o dell’usufruttuario».
In altri termini, qualora l’affittuario/ usufruttuario sia tenuto, al termine del rapporto
contrattuale, a reintegrare la perdita di valore subita dai beni (materiali e immateriali)
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ammortizzabili compresi nell’azienda: sul
piano civilistico, sia le spese di manutenzione dei cespiti che gli stanziamenti al fondo di
reintegrazione del valore dei beni sono a carico dell’affittuario/usufruttuario; sul piano
fiscale, le quote di ammortamento dei beni
vengono dedotte dall’affittuario/ usufruttuario (e non dall’affittante/nudo proprietario) (9).
Presupposti e modalità di deduzione delle
quote di ammortamento dal reddito d’impresa dell’affittuario/usufruttuario sono disciplinati dall’art. 102, comma 8, secondo periodo,
TUIR: «Le quote di ammortamento sono commisurate al costo originario dei beni quale risulta dalla contabilità del concedente e sono
deducibili fino a concorrenza del costo non
ancora ammortizzato ovvero, se il concedente
non ha tenuto regolarmente il registro dei beni
ammortizzabili o altro libro o registro secondo
le modalità di cui all’art. 13 del D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, e dell’art. 2, comma 1,
del D.P.R. 21 dicembre 1996, n. 695, considerando già dedotte, per il 50 per cento del loro
ammontare, le quote relative al periodo di ammortamento già decorso».
Pertanto, la deduzione de qua presuppone: la
regolare tenuta del registro dei beni ammortizzabili da parte dell’affittuario/ usufruttuario, conformemente alle risultanze del registro dell’affittante/nudo proprietario; la commisurazione delle quote di ammortamento al
costo originario dei beni, come risultante
dalla contabilità dell’affittante/nudo proprietario.
Note:
(7) Tale impostazione contabile sembra trovare conferma
anche nella prassi contabile internazionale (Ias/Ifrs). Sul
punto, si rinvia a E. Pucci-L. Scappini, «Il contratto di affitto
d’azienda nei principi contabili internazionali», in il fisco, n.
36/2011, par. 3.
(8) Manca, invece, una analoga disciplina in materia di
costi ad utilità pluriennale di cui all’art. 108 TUIR, trattandosi, a ben vedere, di elementi patrimoniali non trasferibili
dall’affittante/nudo proprietario all’affittuario/usufruttuario.
(9) Secondo la Corte di Cassazione, sez. trib., 24 gennaio
2001, n. 997 (richiamata, altresı̀, da Corte di Cassazione,
sez. trib., 15 gennaio 2007, n. 675), «Il principio di diritto che
va affermato è che fino a quando i beni restano nella
libera disponibilità dell’affittuario, al proprietario non può
competere alcuna deduzione delle quote di ammortamento» (nel caso esaminato dalla Corte il contratto era
scaduto ma l’affittuario continuava ad occupare i locali).
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Reddito d’impresa
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Tale deduzione è, inoltre, ammessa: fino a
concorrenza del costo non ancora ammortizzato dall’affittante/nudo proprietario, nel caso in cui quest’ultimo abbia regolarmente tenuto il registro dei beni ammortizzabili; oppure, presumendo (iuris et de jure) che l’ammortamento sia già stato effettuato nella misura del 50% (per cui l’affittuario/usufruttuario potrà ammortizzare non oltre il residuo
50%), qualora l’affittante/nudo proprietario
non abbia regolarmente tenuto il registro
dei beni ammortizzabili (10).
A fronte di quanto appena descritto, l’affittuario/usufruttuario dovrebbe prendere visione del registro dei beni ammortizzabili
dell’affittante/nudo proprietario, oppure
(preferibilmente) richiedere l’allegazione al
contratto di affitto/ usufrutto d’azienda sia
di una copia autentica del registro dei beni
ammortizzabili dell’affittante/nudo proprietario che di una dichiarazione con cui l’affittante/nudo proprietario attesta la regolare tenuta del registro.
L’affittuario/usufruttuario potrà, inoltre, dedurre dal proprio reddito d’impresa quote di
ammortamento calcolate secondo le aliquote
previste dall’art. 102, commi da 1 a 5, del
TUIR e dal D.M. 31 dicembre 1988 (per i
beni materiali), nonché dall’art. 103, commi
da 1 a 3, del TUIR (per i beni immateriali), in
relazione all’attività svolta ed alla tipologia
di bene da ammortizzare.
Natura del fondo di ammortamento
La norma tributaria non rivela né la natura
degli ammortamenti effettuati dall’affittuario/ usufruttuario, né la destinazione del relativo fondo di ammortamento.
Al riguardo, l’Amministrazione finanziaria
ha chiarito che il fondo di ammortamento
costituito dall’affittuario/usufruttuario «è un
fondo anomalo, improprio, in quanto non ha
natura rettificativa di valori patrimoniali
iscritti nell’attivo del bilancio [...] In pratica
tale fondo non è legato tanto all’effettivo logorio e deperimento dei beni quanto all’accantonamento necessario per reintegrare l’eventuale
perdita di valore subita dai beni costituenti il
complesso aziendale durante il periodo di affitto in conseguenza del loro deperimento e
consumo. La determinazione in base a coefficienti di ammortamento assume quindi un carattere meramente parametrico». La deducibi-
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lità delle quote di ammortamento dal reddito
d’impresa dell’affittuario/usufruttuario «trova quindi una sua spiegazione nella circostanza che incomberà all’affittuario, all’atto della
riconsegna dell’azienda, la reintegrazione patrimoniale per l’eventuale deperimento dell’azienda stessa, corrispondendo al proprietario
una somma (conguaglio) pari alla differenza
tra le consistenze di un inventario all’inizio e
al termine dell’affitto [...]» (11).
Tale fondo di accantonamento per oneri futuri è, più precisamente, utilizzabile: per l’eventuale sostituzione/ripristino dei beni deteriorati/consumati; per il pagamento all’affittante/nudo proprietario di un’indennità
per il mancato/insufficiente adempimento
del predetto obbligo; per il fatto che una corretta esecuzione delle manutenzioni ordinarie/ rinnovamenti/sostituzioni non garantisce
sempre la conservazione dell’integrità tecnico-economica nel tempo; per fronteggiare la
mera svalutazione monetaria.
Il trasferimento all’affittuario dei fondi
di ammortamento «tassati»
Con riguardo alla destinazione dei fondi
«tassati» (non dedotti) nei casi di aziende
concesse in affitto/usufrutto, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che «il regime
di subentro civilistico dell’affittuario nella situazione gestionale del concedente, comporta,
ai fini dell’imposizione diretta, che l’affittuario
si sostituisca a quest’ultimo nelle relative ‘‘posizioni fiscali’’ [...] riferibili agli elementi patrimoniali trasferiti, con la conseguenza che i
Note:
(10) L’art. 13, D.P.R. n. 435/2001, prevede che i soggetti
che si avvalgono di un sistema di contabilità semplificata
(di cui all’art. 18, D.P.R. n. 600/1973) possono derogare
all’obbligo di tenuta del registro dei beni ammortizzabili
previa richiesta all’Amministrazione finanziaria, purché forniscano in modo sistematico gli stessi dati richiesti per la
tenuta del registro dei beni ammortizzabili. L’art. 2, comma 1, D.P.R. n. 695/1996 prevede, invece, che le annotazioni da effettuare nel registro dei beni ammortizzabili possono essere eseguite anche sul libro degli inventari di cui
all’art. 2217 c.c. oppure, per le imprese minori di cui all’art.
66 TUIR, nel registro degli acquisti tenuto secondo quanto
richiesto in materia di imposta sul valore aggiunto.
(11) Cosı̀ Dir. Reg. Emilia-Romagna, Risoluzione n. 90916127/2002 del 5 aprile 2002 (che ribadisce quanto già
precisato con propria Nota n. 42049 del 7 ottobre 1996).
Tale posizione trova, altresı̀, conferma nella C.M. n. 148/E
del 26 luglio 2000 (par. 4.5).
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relativi valori fiscali (formatisi in capo al locatore) risultano attratti nella sfera giuridicotributaria dell’affittuario». Cosı̀, «i valori fiscali dei crediti e dei beni costituenti il magazzino trasferiti in affitto, nonché i relativi fondi
svalutazione tassati, sono riconosciuti in capo
all’affittuario: di conseguenza, nell’eventualità
che gli stessi siano realizzati in pendenza del
rapporto di affitto [...] l’affittuario potrà dare
rilevanza alle eventuali perdite [...] effettuando
una variazione in diminuzione per l’importo
del fondo tassato utilizzato a copertura delle
predette perdite» (12).
Dovrebbe ritenersi che la suddetta prassi amministrativa valga anche in caso di fondi di
ammortamento «tassati».
Conguaglio finale corrisposto all’affittante/
nudo proprietario
Al termine dell’affitto/usufrutto d’azienda,
l’affittuario/usufruttuario riconosce all’affittante/nudo proprietario un conguaglio in denaro, pari alla differenza tra la consistenza
inventariale iniziale e quella finale, espresse
a valori correnti.
Dal confronto dell’ammontare delle quote di
ammortamento stanziate nel corso del rapporto contrattuale (quale «debito di restituzione» stimato) ed il conguaglio in denaro
(quale «debito di restituzione» a consuntivo)
può emergere una differenza fiscalmente rilevante (13): se positiva, costituente una sopravvenienza attiva tassabile in capo all’affittuario/usufruttuario, ai sensi dell’art. 88,
comma 3, lett. a, del TUIR; se negativa, costituente una sopravvenienza passiva deducibile per l’affittuario/usufruttuario, ai sensi
dell’art. 101, comma 4, del TUIR.
Quanto all’affittante/nudo proprietario, il
saldo emergente dal raffronto, a valori fiscali, dei netti patrimoniali, iniziale e finale,
rappresenta la reintegrazione patrimoniale
per il deperimento dell’azienda riconosciuto
fiscalmente; la differenza tra l’importo del
conguaglio e il suddetto saldo costituisce
una sopravvenienza tassabile o deducibile
in capo al proprietario (14).
Si ritiene utile precisare che i proventi e gli
oneri predetti debbono essere contabilizzati,
rispettivamente, nelle voci «A.5) Altri ricavi e
proventi» e «B.14) Oneri diversi di gestione»
del conto economico.
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La prosecuzione degli ammortamenti fiscali
da parte del proprietario
Al termine dell’affitto/usufrutto d’azienda, il
proprietario che decida di continuare l’attività dovrà proseguire dagli stessi valori fiscali
rilevati in capo all’affittuario/ usufruttuario (15). In sostanza, il proprietario riprende
in carico gli elementi patrimoniali dell’azienda concessa in affitto/usufrutto secondo i valori fiscali che gli stessi assumevano in capo
all’affittuario/ usufruttuario: il proprietario
continuerà, dunque, il processo di ammortamento deducendo le quote di ammortamento
che residuano e considerando quelle già dedotte dall’affittuario/usufruttuario.
Deroga contrattuale all’art. 2561 c.c.
Ai sensi dell’art. 102, comma 8, terzo periodo, del TUIR, «Le disposizioni di cui al presente comma [che attribuiscono all’affittuario/usufruttuario il diritto di dedurre le quote
di ammortamento dei beni] non si applicano
nei casi di deroga convenzionale alle norme
dell’art. 2561 del codice civile, concernenti
l’obbligo di conservazione dell’efficienza dei
beni ammortizzabili».
In sostanza, nel caso in cui le parti abbiano
espressamente derogato al contenuto dell’art. 2561, comma 2, c.c., ponendo a carico
dell’affittante/nudo proprietario le spese di
manutenzione straordinaria (16) e di sostituzione/rinnovo dei beni (nonché escludendo l’obbligo di versamento del conguaglio
in denaro in capo all’affittuario/usufruttuario), le quote di ammortamento dei beni materiali e immateriali costituenti l’azienda in
affitto/usufrutto risultano deducibili dal reddito d’impresa dell’affittante/nudo proprietario, a condizione che, ovviamente, quest’ulNote:
(12) Cosı̀ R.M. n. 424/E del 5 novembre 2008.
(13) Cfr. Dir. Reg. Emilia-Romagna, cit. Conforme, M. Leo,
Le imposte sui redditi nel Testo unico, Tomo II a cura di G.
D’Alessio-P. Pacitto-A. Trabucchi, Milano, maggio 2010, p.
1802.
(14) Cfr. Dir. Reg. Emilia-Romagna, cit. Conforme, M. Leo,
Le imposte sui redditi nel Testo unico, cit. p. 1802.
(15) Cfr. Dir. Reg. Emilia-Romagna, cit. Conforme, M. Leo,
Le imposte sui redditi nel Testo unico, cit. p. 1803.
(16) Le spese di manutenzione ordinaria rimangono comunque a carico dell’affittuario e dell’usufruttuario a norma, rispettivamente, dell’art. 1621 c.c. e dell’art. 997 c.c.
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Reddito d’impresa
Reddito d’impresa
timo abbia conservato la qualifica di imprenditore (17).
La deducibilità degli ammortamenti
nell’Irap
Bilancio&Reddito
Con riguardo alla deducibilità ai fini Irap degli ammortamenti dei beni compresi nell’azienda concessa in affitto/usufrutto, il chiarimento reso dall’Agenzia delle Entrate, nella
Nota n. 954-164620/2011 del 2 dicembre
2011, ha consentito di superare ogni dubbio
circa il trattamento fiscale di tali componenti
reddituali.
Ai sensi dell’art. 5, comma 1, del D.Lgs. n.
446/1997, infatti, il valore della produzione
netta per i soggetti di cui all’art. 73, comma
1, lettere a) e b), del TUIR (ossia, società di
capitali ed enti commerciali residenti) non
esercenti attività bancaria, finanziaria o assicurativa, si determina sottraendo al valore
della produzione (di cui alla lett. A dell’art.
2425 c.c.) i costi della produzione (di cui alla
lett. B del medesimo articolo) - «con esclusione delle voci di cui ai nn. 9), 10), lettere c) e d),
12) e 13)» -, assumendone i rispettivi ammontari «cosı` come risultanti dal conto economico dell’esercizio». È evidente come gli
accantonamenti per oneri futuri rilevati dall’affittuario/ usufruttuario (in assenza di deroga contrattuale all’art. 2561 c.c.), in quanto
contabilizzati nella voce «B13) Altri accantonamenti» del conto economico, risulterebbero indeducibili, determinandosi cosı̀ un doppio binario Ires/Irap.
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha, dapprima, precisato (sia pure con riferimento ad
un’altra tipologia di accantonamento) che
gli importi imputati a conto economico nelle
voci B12 e B13 hanno natura estimativa, come tali sono irrilevanti nella determinazione
della base imponibile Irap; i costi corrispondenti a tali accantonamenti saranno tuttavia
deducibili al momento dell’effettivo sostenimento (ancorché non espressamente risultanti dal conto economico per l’utilizzo del
fondo iscritto nel passivo), purché riconducibili a voci dell’aggregato B fiscalmente rilevanti (18). Conformemente a tale prassi amministrativa, gli accantonamenti per oneri
futuri rilevati dall’affittuario/usufruttuario
sarebbero deducibili ai fini Irap in sede di
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definizione del conguaglio per differenze inventariali (19).
Nella Nota citata, l’Agenzia delle Entrate ha
privilegiato un’impostazione legata alla natura dei suddetti ammortamenti (recte, accantonamenti), concludendo invece per la loro
(immediata) deducibilità. Più precisamente,
l’Agenzia delle Entrate ha (condivisibilmente) utilizzato le seguenti argomentazioni:
– l’accantonamento ha la funzione economica di contrapporre ai ricavi conseguiti nell’esercizio (derivanti dall’utilizzo dei beni
aziendali affittati) l’onere relativo al ripristino di valore dei beni affittati maturato nel
periodo stesso;
– l’accantonamento deve essere effettuato,
conformemente ai principi contabili, sulla
base di elementi oggettivi e di una valida documentazione;
– la determinazione degli accantonamenti è
sottratta alla discrezionalità dell’affittuario,
laddove le quote siano stanziate sulla base
delle aliquote di ammortamento fiscalmente
riconosciute in deduzione.
In definitiva, «gli accantonamenti in argomento rispondono, nella fattispecie, ad adempimenti specificamente e dettagliatamente previsti nei principi contabili e nel contratto d’affitto di azienda e sfuggono alla valutazione
soggettiva degli amministratori. Pertanto, si
ritiene che tali oneri, anche ai fini IRAP, debbano concorrere alla formazione del valore della produzione nell’esercizio di competenza. A
tal fine, sebbene indicati in una voce non rilevante ai fini del tributo regionale, gli stessi
saranno deducibili, in ciascun periodo d’imposta, attraverso il meccanismo delle variazioni in diminuzione da apportare in sede di relativa dichiarazione».
Si ritiene utile fornire due precisazioni. In
primo luogo, l’affittante/nudo proprietario
Note:
(17) In caso contrario, l’affittante/nudo proprietario non
genera più reddito d’impresa, cosicché non potrebbe
scomputarsi gli ammortamenti in sede di determinazione
dei redditi diversi. Tuttavia, il «recupero» del costo residuo
(all’inizio dell’affitto/usufrutto) avverrà con la successiva
dismissione del bene o dell’azienda (precedentemente
in affitto/usufrutto), quale minore plusvalenza realizzata
ai sensi dell’art. 86 del TUIR.
(18) Cfr. C.M. n. 12/E del 19 febbraio 2008, risposta n. 9.2.
(19) Cfr. P. e P. Petrangeli, IRAP delle imprese, Milano, aprile 2010, p. 151.
4/2012
può, in ogni caso, dedurre dalla base imponibile Irap le quote di ammortamento dei
beni dell’azienda concessa in affitto/usufrutto, «cosı` come risultanti dal conto economico
dell’esercizio» (ossia, voce «B10a) Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali»
e/o «B10b) Ammortamento delle immobilizzazioni materiali»). In secondo luogo, i proventi (sopravvenienze attive) e gli oneri (sopravvenienze passive) rilevati dall’affittuario/
usufruttuario e dal proprietario al termine
del rapporto contrattuale, in quanto contabilizzati rispettivamente nelle voci «A5) Altri
ricavi e proventi» e «B14) Oneri diversi di
gestioni», concorrono alla formazione della
base imponibile Irap.
Casi particolari
Rivalutazione dei beni d’impresa
Secondo l’Amministrazione finanziaria, il diritto di continuare il processo di ammortamento fiscale dei beni dell’azienda in affitto/usufrutto (ex art. 102, comma 8, primo e
secondo periodo, del TUIR), consentirebbe
all’affittuario/usufruttuario di avvalersi di
eventuali leggi speciali di rivalutazione dei
beni d’impresa (20). Al termine dell’affitto/
usufrutto, l’azienda verrebbe trasferita al
proprietario, comprensiva dei beni rivalutati
dall’affittuario/ usufruttuario e della relativa
riserva di rivalutazione (sempreché non sia
stata già utilizzata per copertura perdite o
distribuita). L’imposta sostitutiva riferibile
alla riserva trasferita al proprietario costituirà per quest’ultimo credito d’imposta.
La posizione assunta dall’Agenzia delle Entrata non appare convincente. Sul piano civilistico, infatti, l’affittuario/ usufruttuario non
potrebbe iscrivere alcuna riserva di rivalutazione nel proprio patrimonio netto a fronte
di maggiori valori dei beni di proprietà del
concedente, non suscettibili di essere inclusi
nel patrimonio sociale dell’affittuario/ usufruttuario, né di essere da quest’ultimo utilizzati per la copertura delle proprie perdite di
esercizio (21).
Nell’ipotesi in cui, invece, le parti, in deroga
al predetto art. 2561, comma 2, c.c., abbiano
previsto che l’affittante/nudo proprietario
continui a calcolare gli ammortamenti, la rivalutazione potrà essere effettuata solo da
quest’ultimo.
4/2012
Assenza di conguaglio in mancanza
di deroga contrattuale
Dubbio è il trattamento fiscale degli ammortamenti dei beni relativi all’azienda in affitto/
usufrutto, qualora le parti, nonostante non
abbiano derogato all’art. 2561 c.c., prevedono che non sia dovuto alcun conguaglio finale.
In assenza di chiarimenti ministeriali sul
punto, sembrerebbe comunque ammissibile
la deduzione fiscale degli ammortamenti
dal reddito d’impresa dell’affittuario/ usufruttuario, ai sensi dell’art. 102, comma 8,
primo e secondo periodo, del TUIR (22).
In sede di riconsegna dell’azienda al proprietario, poi, la mancanza di un conguaglio dovrebbe determinare, in capo all’affittuario/
usufruttuario, la realizzazione di una sopravvenienza attiva (per effetto del mancato utilizzo del fondo di ripristino), tassata integralmente nel periodo di cessazione del contratto. Corrispondentemente, il proprietario dovrebbe poter dedurre (ai sensi dell’art. 101,
comma 4, del TUIR) nell’esercizio di riconsegna un importo pari alla predetta sopravvenienza attiva.
Cessioni e rinnovo dei beni aziendali
da parte dell’affittuario/usufruttuario
L’Amministrazione finanziaria ha (condivisibilmente) sostenuto che, qualora l’affittuario/usufruttuario proceda alla cessione del
bene rientrante nell’azienda in affitto/usuNote:
(20) Cfr. C.M. n. 57/E del 18 giugno 2011 (par. 1.1). Tale
posizione è stata ribadita anche dalle CC.MM. n. 18/E del
13 giugno 2006 (par. 1.3) e n. 11/E del 19 marzo 2009 (par.
2).
(21) Cfr. G. Cristofori, L’affitto e l’usufrutto d’azienda. Le
imposte sui redditi e l’Irap, in Operazioni di finanza straordinaria a cura di G. Cristofori, Milano, marzo 2010, p. 516,
nota 148. In base a quanto precisato nella C.M. n. 22/E del
6 maggio 2009 (par. 2), l’affittuario/usufruttuario potrebbe
rivalutare i beni dell’azienda in affitto/usufrutto soltanto se
gli stessi risultano iscritti nel suo stato patrimoniale e non
nei conti d’ordine.
(22) Cfr. A. Cotto-G. Odetto-S. Sanna, L’affitto d’azienda
nell’imposizione diretta, in Cessione, conferimento, affitto
e donazione d’azienda a cura di A. Cotto-L. Fornero-G.
Odetto, Milano, novembre 2008, p. 407, secondo cui, in
mancanza di una preventiva imputazione a conto economico, la deducibilità degli ammortamenti dovrebbe derivare dall’art. 109, comma 4, lett. b), primo periodo, del
TUIR.
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Bilancio&Reddito
Reddito d’impresa
Reddito d’impresa
Bilancio&Reddito
frutto, «il corrispettivo ricavato dalla vendita
costituirà per l’affittuario sopravvenienza attiva in quanto provento conseguito a fronte di
spese dedotte: esso non può dar luogo a plusvalenze (o minusvalenze) in capo all’affittuario in quanto non solo il bene non è di sua
proprietà [...], ma l’ammortamento operato
dall’affittuario non può assumere [...] la veste
di posta rettificativa del costo del bene, avendo
in sostanza il relativo fondo natura di accantonamento necessario per reintegrare l’eventuale perdita di valore subita dai beni [...]».
Più precisamente, è la differenza (positiva o
negativa) tra l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto (ossia valore fiscale all’inizio del
rapporto contrattuale meno gli «ammortamenti impropri» stanziati dall’affittuario/
usufruttuario) ed il prezzo di cessione del
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bene che costituisce la sopravvenienza fiscale (attiva o passiva) rilevante in capo all’affittuario/ usufruttuario (23).
Gli eventuali beni acquisiti dall’affittuario/
usufruttuario, per la conservazione in efficienza dell’azienda, diventano beni strumentali dell’azienda, la cui proprietà spetta all’affittante/usufruttuario. L’affittuario/ usufruttuario può dedurre le quote di ammortamento dei predetti beni secondo le regole previste
dall’art. 102, comma 8, primo e secondo
comma, del TUIR.
Nota:
(23) Cfr. Dir. Reg. Emilia-Romagna, cit.
4/2012
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