CLAUSOLA PENALE Clausola penale per il ritardo e per l
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CLAUSOLA PENALE Clausola penale per il ritardo e per l
B-LAB LABORATORIO DI FORMAZIONE GIURIDICA CLAUSOLA PENALE Clausola penale per il ritardo e per l’inadempimento Cass. 9 novembre 2009 n. 23706 La clausola penale mira a determinare preventivamente il risarcimento dei danni soltanto in relazione alla ipotesi pattuita, che può consistere nel ritardo o nell'inadempimento; ne consegue che, ove sia stata stipulata per il semplice ritardo e si sia verificato l'inadempimento, essa non è operante nei confronti di questo secondo evento. In senso conforme, cfr.: Cass. 22 novembre 2002 n. 16492 In ossequio al principio dell'autonomia contrattuale, le parti hanno facoltà di predeterminare con una clausola penale l'entità del risarcimento sia per l'ipotesi di inadempimento, sia per quella di ritardo nell'adempimento, nonché, cumulativamente, per entrambe, con la conseguenza che l'effetto proprio della clausola de qua (e cioè quello di limitare l'onere del risarcimento dei danni alla misura predeterminata dalle parti) non può operare se non con riferimento all'ipotesi prevista dalle stesse parti, sicché, ove la penale sia stata pattuita solo in funzione dell'inadempimento ed il creditore, interessato a conseguire (anche tardivamente) la prestazione dovuta, insti (come nella specie) per l'adempimento, legittimamente egli può domandare anche il risarcimento dei danni da ritardo, di talché la relativa liquidazione non dovrà necessariamente essere contenuta nei limiti predeterminati dalle parti con la clausola penale, dovendo per converso essere operata secondo i normali criteri di liquidazione. Cass. 22 giugno 1995 n. 7078 Salva diversa volontà della parti, la penale prevista per l'inadempimento non può essere applicata anche per il semplice ritardo solo perché nel contratto è stato previsto un termine (non essenziale) di adempimento della obbligazione perché, attesa la tendenziale incompatibilità tra il diritto alla penale ed il conseguimento della prestazione principale (art. 1383 cod. civ.), si renderebbe, altrimenti, più gravosa, per il debitore,la responsabilità derivante dall'inadempimento meno grave, costituito da quel ritardo che non faccia perdere all'obbligazione la sua utilità e che, quindi, consenta anche l'inadempimento tardivo, rispetto alla responsabilità derivante dall'inadempimento definitivo, in cui, salva diversa pattuizione, la clausola ha l'effetto di limitare il risarcimento del danno alla penale convenuta. Riduzione d’ufficio e criteri di determinazione: Cass. 21 aprile 2010 n. 9504 Il principio della riducibilità della penale eccessiva ha carattere generale ed é, pertanto, applicabile a tutti i contratti nei quali sia inserita la clausola penale , in essi compresa la transazione. Cass. 28 marzo 2008 n. 8071 In tema di clausola penale, il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall’art. 1384 c.c. a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento, può essere esercitato d’ufficio per ricondurre l’autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela, ma l’esercizio di tale potere è subordinato all’assolvimento degli oneri di allegazione e prova, incombenti sulla parte, circa le circostanze rilevanti per la valutazione dell’eccessività della penale, che deve risultare ex actis, ossia dal materiale probatorio legittimamente acquisito al processo, senza che il giudice possa ricercarlo d’ufficio. Cass. 10 gennaio 2008 n. 246 In tema di clausola penale, il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall’art. 1384 c.c. a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento, può essere esercitato d’ufficio per ricondurre l’autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela, e ciò sia con riferimento alla penale manifestamente eccessiva, sia con riferimento all’ipotesi in cui la riduzione avvenga perché l’’obbligazione principale è stata in parte eseguita, giacché in quest’ultimo caso la mancata previsione da parte dei contraenti di una riduzione della penale in caso di adempimento di parte dell’obbligazione si traduce comunque in una eccessività della penale se rapportata alla sola parte rimasta inadempiuta. Cass. 9 maggio 2007 n. 10626 Il criterio cui il giudice deve fare riferimento per esercitare il potere di riduzione della penale non è la valutazione del danno che sia stato accertato o risarcito, ma l’interesse che la parte ha, secondo le circostanze, all’adempimento della prestazione cui ha diritto. Cass. 18 novembre 2010 n. 23273 In tema di clausola penale cui può essere assimilata la clausola con cui si determina convenzionalmente la misura degli interessi moratori con funzione liquidativa del risarcimento dei danni conseguenti all'inadempimento di obbligazioni pecuniarie, la domanda di riduzione può essere proposta per la prima volta in appello, potendo il giudice provvedervi anche d'ufficio, sempre che siano state dedotte e dimostrate dalle parti le circostanze rilevanti al fine di formulare il giudizio di manifesta eccessività. In senso conforme, cfr. Cass. 21 giugno 2001 n. 8481 La disposizione prevista nell'ultima parte del secondo comma dell'art. 1224 cod. civ., secondo la quale al creditore che dimostri di aver subito un danno maggiore non è dovuto l'ulteriore risarcimento se è stata convenuta la misura degli interessi moratori, configura la determinazione convenzionale degli interessi come una clausola penale (sicché riguarda, come emerge dalla chiara formulazione della norma, solo gli interessi moratori, e quindi, nel caso di interessi convenzionali convenuti in misura maggiore prima della mora, il creditore avrà diritto alla liquidazione forfettaria del danno in misura corrispondente, e cioè a tasso superiore a quello legale), ed opera da preventiva e definitiva liquidazione convenzionale di ogni danno ulteriore che si sia verificato a seguito di svalutazione monetaria. Applicazione della penale e domanda di risoluzione: Cass. 24 aprile 2008 n. 10741 La richiesta di applicazione di una clausola penale contrattualmente prevista per il caso di inadempimento (richiesta senza la quale il giudice che pronunzi la risoluzione del contratto non può statuire sull'applicazione della clausola) non può considerarsi implicitamente contenuta nella domanda di risoluzione del contratto per inadempimento ovvero in quella di risarcimento del danno, stante l'indipendenza di tali domande da quella di pagamento della penale, la quale si configura come autonoma sia rispetto all'inadempimento (potendo trovare applicazione tanto in ipotesi di domanda di risoluzione del contratto quanto in quella in cui venga proposta domanda di esecuzione coatta dello stesso) sia rispetto al danno (atteso che la penale può essere prevista anche in assenza di un concreto pregiudizio economico).(Nella specie la S.C. ha ritenuto che, proposta domanda di risoluzione del contratto di compravendita con richiesta di condanna della parte inadempiente al risarcimento dei danni da specificare in corso di causa, costituisce domanda nuova quella formulata nel corso del giudizio di primo grado e volta all'applicazione della clausola penale). In senso conforme, cfr. Cass. 25 gennaio 1997 n. 771 Penale e mediazione Cass. 3 novembre 2010 n. 22357 In tema di mediazione, qualora sia previsto in contratto - per il caso in cui il conferente l'incarico rifiuti, anche ingiustificatamente, di concludere l'affare propostogli dal mediatore - un compenso in misura identica (o vicina) a quella stabilita per l'ipotesi di conclusione dell'affare, il giudice deve stabilire se tale clausola determini uno squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti e sia, quindi, vessatoria, ai sensi dell'art. 1469 bis, comma primo, cod. proc. civ. (ora art. 33, comma primo, codice del consumo), salvo che in tale pattuizione non sia chiarito che, in caso di mancata conclusione dell'affare per ingiustificato rifiuto, il compenso sia dovuto per l'attività sino a quel momento esplicata. Qualora, invece, il rifiuto di concludere l'affare tragga origine da circostanze ostative, di cui il conferente l'incarico abbia omesso di informare il mediatore al momento della conclusione del contratto o cui abbia dato causa successivamente, è configurabile una responsabilità dello stesso conferente per la violazione dei doveri di correttezza e buona fede. In tal caso la previsione dell'obbligo di pagare comunque la provvigione può integrare una clausola penale , soggetta al diverso apprezzamento di cui all'art. 1469 bis, comma terzo, n. 6, cod. civ., (ora art. 33, comma secondo, lett. f, codice del consumo), concernente la presunzione di vessatorietà delle clausole che, in caso di inadempimento, prevedano il pagamento di una somma manifestamente eccessiva.