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Disturbi Pervasivi dello Sviluppo NAS
D isturbi dello S pettro Autistico o Disturbi Generalizzati dello Sviluppo o Disturbi Pervasivi dello Sviluppo DISTURBI PERVASIVI DELLO SVILUPPO Categoria che comprende un gruppo di disturbi che condividono alcuni aspetti generali: una compromissione peculiare delle funzioni comunicative, interattive e immaginative. Hanno un esordio nella prima infanzia e accompagnano il soggetto per tutto il suo ciclo di vita. Hanno un’ampia espressione fenotipica. Sono Disturbi Pervasivi dello Sviluppo perché: Compromettono in modo Pervasivo lo Sviluppo di tutte o quasi tutte le funzioni mentali essenziali per il processo evolutivo del bambino. Le disfunzioni di base che caratterizzano il disturbo s’inseriscono in un organismo che cresce e: - modellano lo sviluppo mentale, - incidono sulle competenze emergenti, - assumono un peso diverso nell'organizzazione complessiva della persona a seconda della fase dello sviluppo. DPS DPS nas Autismo Dist. Disintegrativo Sdr Asperger Sdr Rett epidemiologia autismo Prevalenza Media 1966-1993: 4.7 su dieci mila 1994-2004: 12.7 su dieci mila Nel 30% dei casi si osserva funzionamento cognitivo nei limiti della norma. Nel restante 70% è presente un ritardo cognitivo di diverso grado: - 30% lieve-medio - 40% grave gravissimo. (Elaborata da Fombonne, 2005) epidemiologia autismo Condizioni mediche associate Nel 5.5% si ritrova associata una condizione medica nota. Tali condizioni sono più frequenti nei casi di ritardo mentale medio/grave (> 16%). (Elaborata da Fombonne, 2005) Epidemiologia ASD NEL TEMPO 1993 2006 22-44 su dieci mila 35/40 su diecimila Autismo Puro: 4 - 6 su 10 mila Autismo con RM: 8 - 12 su 10 mila Autismo con/senza RM: 12.7 su dieci mila Autismo Frustro: 10 26 su 10 mila DPS NAS: 20 - 26 su dieci mila Sdr Asperger: 2.5 su dieci mila AUTISMO (Kanner,1943) “autistic disturbances of affective contact”. Undici bambini che presentavano caratteristiche cliniche quali: Difficoltà nell’interazione, Tendenza all’isolamento, Anomalie della comunicazione, Resistenza al cambiamento, Livello intellettivo adeguato o “isolotti di capacità-abilità” Estrema variabilità di presentazione del disturbo AUTISMO A tutt’oggi non esiste un marker biologico che permetta la diagnosi di questo disturbo la diagnosi di autismo è basata esclusivamente sulla valutazione di comportamenti. AUTISMO L’esordio deve manifestarsi entro i 3 anni di età e prevedere un ritardo o funzionamento anomalo in almeno una delle seguenti aree: a) interazione sociale, b) linguaggio usato nella comunicazione sociale, c) presenza di comportamenti ristretti e stereotipati. d) gioco simbolico o di immaginazione. a) DEFICIT e ATIPIE dell’INTERAZIONE SOCIALE Deficit del contatto di sguardo. Difficoltà ad apprendere le regole più o meno esplicite di interazione sociale. Quando chiamato “non si gira né risponde”. Non richiede la partecipazione dell’altro nelle sue attività, né lo rende partecipe delle sue attività. Utilizza l’altro in maniera strumentale (richiede, non condivide). Non richiede la compagnia di altri bambini, sembra preferire di stare da solo, si isola. Difficoltà a decifrare e interpretare cosa gli altri pensano o sentono. DEFICIT e ATIPIE della COMUNICAZIONE Riguarda sia la comprensione sia la produzione. La comunicazione preverbale (sguardo, mimica, gesti) è assente o viene utilizzata in maniera impropria e limitatamente al soddisfacimento di richieste particolari. Ridotto utilizzo del canale corporeo, della mimica. Mancata acquisizione delle competenze linguistiche previste dal livello di sviluppo. Il linguaggio è utilizzato per richiedere e non per comunicare. b) DEFICIT e ATIPIE della COMUNICAZIONE Alcuni non riescono ad acquisire alcuna espressione verbale. Altri acquisiscono il linguaggio in ritardo ed in modo atipico (per es., spesso il linguaggio ecolalico, quasi sempre scatenato da stimoli ambientali, è per molti l’unica modalità di utilizzo del codice verbale). Alcuni presentano invece un progressivo sviluppo del linguaggio, che può addirittura diventare particolarmente fluente e articolato. Tuttavia, esso risulta qualitativamente inadeguato. La comprensione è, spesso, più compromessa della produzione La comprensione è contestuale, letterale e legata al concreto (incapacità di riconoscere i nessi impliciti del linguaggio, comprendere i conflitti tra intenzione ed espressione che sono tipici di motti di spirito, doppi sensi, metafore, bugie). c) COMPORTAMENTI, INTERESSI E ATTIVITÀ RISTRETTI, RIPETITIVI E STEREOTIPATI Dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anomali. Sottomissione del tutto rigida ad abitudini o rituali specifici. Preoccupazioni eccessive che assumono l'aspetto di idee ossessive. Intense reazioni di angoscia per cambiamenti anche di poco rilievo nell'ambiente. Manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il capo, o complessi movimenti di tutto il corpo). Persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti. ESORDIO e OSSERVAZIONE DEI SINTOMI In più del 50% dei casi i genitori si preoccupano entro il primo anno di vita. In quasi il 90% dei casi i genitori si preoccupano entro il 2° anno di vita. Generalmente viene osservato un ritardo di linguaggio, il disturbo dell’interazione e/o si sospetta che il bambino sia ipoacusico ESORDIO e OSSERVAZIONE DEI SINTOMI Tra i 10 e i 18 mesi è possibile individuare alcuni segni che possono indirizzare a una consultazione (ridotto utilizzo dello sguardo, dei giochi sociali, scarso interesse per gli altri, scarsa imitazione, ridotta comunicazione non verbale). Fattori che influenzano una “segnalazione precoce”: Familiarità per disturbi neuropsichiatrici Presenza di altri bambini/fratelli Ritardo cognitivo I criteri diagnostici sono gli stessi, indipendentemente dal fatto che siano applicati a bambini di tre anni o ad adulti di 20 anni, e indipendentemente dal grado di ritardo mentale associato sono stati stabiliti per bambini a partire dai 3 anni e quindi bambini molto piccoli potrebbero non arrivare a soddisfare tutti i criteri necessari per la diagnosi Livello Cognitivo nei ASD 75% 25% 75 40 Volkmar et al., 1999 QI AUTISMO e RITARDO MENTALE Nel 75% dei casi è associato un RM di grado variabile. La presenza di RM in associazione non permette di spiegare i deficit e le atipie a carico della comunicazione e dello sviluppo sociali. Tali deficit e atipie non sono compatibili con quanto atteso per l’età di sviluppo. I soggetti con autismo presentano un profilo cognitivo estremamente disomogeneo. La presenza del RM influisce sulla prognosi. Sintomi specifici o aspecifici? Deficit comunicativo Stereotipie Ecolalie Ritardo sviluppo simbolico Isolamento DIAGNOSI DIFFERENZIALE Altri disturbi generalizzati dello sviluppo Ritardo Mentale Disturbi specifici di linguaggio (recettivi) Mutismo elettivo Schizofrenia Disturbi ansiosi (fobie) Disturbo dell’attaccamento reattivo Disturbi della regolazione Nel processo diagnostico si deve sempre considerare: 2. uno stesso sintomo può far parte di quadri diversi 4. l’età cronologica del soggetto 6. l’età di sviluppo del soggetto 8. la stabilità e modificabilità del sintomo e del quadro clinico in generale Il rapporto tra EC e ES COMORBIDITÀ Disturbi Ossessivo-Compulsivi Disturbi d’Ansia e dell’Umore Disturbi dell'Apprendimento Deficit di Attenzione. AUTISMO: COMORBILITÀ Epilessia:si verifica in circa il 30-40% dei casi, può insorgere in epoca adolescenziale (crisi parziali complesse e tonico-cloniche generalizzate) Patologie di origine genetica (Sclerosi Tuberosa, X fragile) Patologie Metaboliche DIAGNOSI OSSERVAZIONE CLINICA ESAME NEUROLOGICO VALUTAZIONE PSICHIATRICA DEL BAMBINO OSSERVAZIONE DI GIOCO Osservazione diretta del bambino Fonti di informazioni diversificate processo diagnostico in più incontri Non avere fretta Diagnosi Differenziale DIAGNOSI Inquadramento nosografico (criteri DSM IV o ICD 10) Strumenti specifici di valutazione Valutazione profilo di sviluppo e funzionale Strumentale: identificazione di altre patologie associate all’autismo ***** Clinica osservazione del bambino colloqui con i genitori somministrazione test/scale specifiche per Autismo e ASD scale per la valutazione globale OSSERVAZIONE CLINICA e DI GIOCO 1) IDENTIFICAZIONE TRIADE SINTOMATOLOGICA 3) VALUTAZIONE DEI COMPORTAMENTI CON SIGNIFICATO DIAGNOSTICO 5) VALUTARE IL LIVELLO DI SVILUPPO NELLE LINEE EVOLUTIVE: Area percettivo-sensoriale; Area cognitiva; Area interattivo-relazionale 7) VALUTARE IL LIVELLO DI SVILUPPO NELLE LINEE EVOLUTIVE: Area grosso-motoria; Area fine-motoria; Area linguistica; Area ludico-simbolica ESAMI STRUMENTALI TAC RMN Indagini metaboliche: Non esistono alterazioni tipiche utili per la diagnosi Quasi sempre negative, tranne nei casi in cui l’autismo si associa ad altre patologie (minoranza dei casi) O quando ci siano stati altri eventi concomitanti (Es.Sofferenza perinatale) EEG: spesso presenza di alterazioni talvolta associate ad EPILESSIA TEST E QUESTIONARI SPECIFICI 1. Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS) (Lord et al., 2000) Adatto all’utilizzo a partire dai 2 anni (anche per bambini non verbali), fino all’età adulta. L’ADOS è basata sull’osservazione diretta Autism Diagnostic Interview - Revised (ADI-R) (Lord et al, 1994) complementare all’ADOS. Intervista semistrutturata per genitori, con domande relative ai comportamenti appartenenti alla triade sintomatologica e al tipo di gioco. TEST E QUESTIONARI SPECIFICI 2. Childhood Autism Rating Scale (CARS) – (Schopler et al., 1988) valutazione del comportamento autisticoraccogliendo informazioni in contesti vari e da fonti multiple, 15 aree di sviluppo. Uso: dai 2 anni di età. Autism Behavior Checklist (ABC) (Krug, Arid, Almond, 1980) Scala di valutazione: comportamenti "problema", divisi in 5 categorie: linguaggio, socializzazione, uso dell’oggetto, sensorialità e autonomia, a partire dai 18 mesi. Gillian Autism Rating Scale (GARS) (Gilliam, 1995). checklist per genitori. Utilità: diagnostica e riabilitativa. Uso: dai dai 3 ai 22 anni) ALTRI STRUMENTI VALUTATIVI Psycho-Educational Profile (PEP-R) (Schopler et al., 1989) scala di valutazione per bambini di età mentale dai 6 mesi ai 7 anni, che permette di ricavare indicazioni mirate all'ottenimento di un profilo di sviluppo dettagliato ed alla pianificazione di un programma di intervento specifico ed individualizzato. Vineland - Adaptive Behavior Scales (VABS) (Sparrow et al., 1984) età n° sog Autismo prevalenza/ 10 mila % QI norm con RM prevalenza/ 10 mila senza RM prevalenza/ 10 mila Criteri Diagnostici 8537 5 18 21.08 50 10,54 10,54 ICD - Fombonne et al. 1997 325347 8-16 174 5,35 12,1 4,7 0,65 ICD - Webb et al. 1997 73301 3-15 53 7,02 - - - DSM-IIIR - Arvidsson et al. 1997 1941 3-6 9 46,4 22,2 36,19 10,21 ICD - Sponheim et al. 1999 65688 3-14 34 5,2 47,1 2,7 2,5 ICD - Taylor et al. 1999 49011 0-16 427 8,7 - - - ICD 826 6,7-7,7 6 72,6 50 36,3 36,3 DSM-IIIR/ICD - Baird et al. 2000 16235 - 50 30,8 60 12,32 18,48 ICD - Powell et al. 2000 25377 - 62 7,8 - - - DSM-IV/ICD - Kielinem et al. 2000 152732 - 187 12,2 49.8 6,1 6,1 ICD - Bertand et al.2001 8896 - 36 40,5 36,7 25,5 15 DSM-IV - Fombonne 2001 10438 5-15 27 26,1 55,5 13 13 DSM-IV/ICD - Magnusson et al. 2001 43153 5-14 57 13,2 15,8 11,08 1,4 ICD - Chakrabarti et al, 2001 15500 2,5-6,5 26 16,8 29,2 11,9 4,9 DSM-IV/ICD - Davidovitch et al. 2001 26160 7-11 26 10 - - - DSM-IV - Croen et al. 2002 4950333 5-12 5038 11 62,8 4,07 7 - - Madsen et al. 2002 63859 8 46 7,2 - - - ICD - Chakrabarti et al. 2004 10903 4-7 24 22 33,3 14,74 7,26 DSM-IV/ICD id studio* - Honda et al 1996 - Kadesjo et al. 1999 Dimensioni popolazione AUTISMO sindrome definita in termini esclusivamente comportamentali via finale comune di situazioni patologiche di svariata natura e con diversa etiologia (Baird et al., 2003) AUTISMO EZIOPATOGENESI Le cause dell’Autismo sono ancora sconosciute. Natura del Disturbo→ complessi rapporti mente-cervello. Modello sequenziale (discipline mediche) etiologia --> sintomatologia NON APPLICABILE (Rapin, 2004) AUTISMO EZIOPATOGENESI • basi neurobiologiche → anatomia patologica • fattori causali →etiologia • modelli interpretativi clinici → patogenesi AUTISMO: EZIOPATOGENESI basi neurobiologiche → anatomia patologica “L’autismo è alla ricerca di una casa nel cervello” Isabelle Rapin, 1999 AUTISMO: EZIOPATOGENESI strutture chiamate in causa: Lobo frontale Lobo temporale Cervelletto Sistema limbico Ippocampo Amigdala EZIOPATOGENESI Studi anatomo – patologici: invasivi, + rari Microscopio elettronico : - Alterata Struttura neuronale - n° di dendriti > della norma - Deficit di pruning? Neurotrasmettitori anomalie quantitative e/o qualitative, a livello: - recettoriale - neurotrasmettitori EZIOPATOGENESI FATTORI CAUSALI: CAUSE GENETICHE Tecniche di indagine: studi sui gemelli, indagini genetiche sui nuclei famigliari; (Autism Genome Project Consortium, 2007) I gemelli monozigoti hanno probabilità maggiori rispetto ai gemelli Eterozigoti di essere entrambi affetti da autismo. genitori di un bambino autistico rischio di avere un altro figlio autistico da 50 a 100 volte > rischio popolazione generale comorbidità con autismo di condizioni patologiche ereditate geneticamente ( Sindrome da X Fragile Sclerosi Tuberosa) EZIOPATOGENESI Modalità di trasmissione genetica sconosciuta Modalità più probabile: Eredita poligenica → eterogeneità sintomatologia autistica non c’è “il gene” dell’Autismo, ma esistono piuttosto una serie di geni → vulnerabilità verso la comparsa del disturbo (Bailey et al.,1996; Szatmari et al., 1998; Folstein et al., 2001). La vulnerabilità genetica può essere definita rispetto : Alla tendenza specifica verso l’organizzazione autistica Alla tendenza specifica verso i disturbi neuropsicologici concorrenti Alla scarsa disponibilità/flessibilità dei meccanismi di compenso A fattori singoli o complessi di integrazione cronogenetica Allo stato attuale sono abbastanza evidenti dati a favore di maggiore o minore vulnerabilità in contesti definiti (valutazione ponderata del rischio) EZIOPATOGENESI FATTORI CAUSALI: CAUSE ACQUISITE Assenza di una significativa associazione fra una delle possibili noxae patogene e l’autismo (Gillberg et al., 1992). studi che indicano > incidenza di patologie perinatali in popolazioni di soggetti autistici rispetto a gruppi di controllo: → ipotesi: ridotta competenza a nascere nei soggetti con disordini geneticamente determinati → > predisposizione sofferenza pre- perinatale (Gillberg, 1992). EZIOPATOGENESI FATTORI CAUSALI: CAUSE ACQUISITE Infezioni pre o perinatali>>>non chiara evidenza causale Complicanze di vaccino anti morbillo-rosoliaparotite>>>non chiara evidenza Ipotesi metaboliche EZIOPATOGENESI modelli interpretativi clinici → patogenesi 1. 2. 3. 4. Teoria Socio-Affettiva Teoria della Mente Coerenza Centrale Funzioni Esecutive Teoria Socio-Affettiva (Hobson,1989) L’essere umano ha una predisposizione innata ad interagire con l'altro (Hobson, 1993) AUTISMO: un'innata incapacità, biologicamente determinata, di interagire emozionalmente con l'altro DETERMINA → incapacità di imparare a riconoscere gli stati mentali degli altri → compromissione dei processi di simbolizzazione →deficit del linguaggio → deficit della cognizione sociale. M od elli teorici: 1. Deficit di Teoria della Mente 2. Deficit di Coerenza Centrale 3. Deficit Funzioni Esecutive - Capacità di sentire, percepire, agire con/su gli altri. - Capacità di programmare, capire sequenze, mezzi-fini. - Direzionalità, intenzionalità, motivazione Comprensione di intenzioni, situazioni da integrare con - strumenti, programmi e ruoli in progetti - routine ed emozioni 1. Teoria della Mente (ToM) (Baron-Cohen et al., 2000). PRECURSORI ToM nei primi anni di vita sguardo referenziale, Attenzione condivisa gioco di finzione Capacità di ToM leggere progressivamente le emozioni, i desideri e le credenze sistematizzarli in un sistema di conoscenze giungere ad effettuare delle rappresentazioni mentali degli altri: (metarappresentazioni). Teoria della Mente (ToM) Deficit ToM nell’ AUTISMO: situazione di cecità mentale (Baron-Cohen,1995) DETERMINA • • Incapacità di comprendere e riflettere sugli stati mentali propri ed altrui quindi Incapacità di comprendere e prevedere il comportamento degli altri 2. DEFICIT COERENZA CENTRALE (Frith et al., 1994; Happé et al., 1996). COERENZA CENTRALE abilità di sintetizzare in un tutto coerente, ovvero in un sistema di conoscenza, le molteplici esperienze parcellari che investono i nostri sensi In conseguenza: Il bambino autistico rimane ancorato a dati esperenziali parcellizzati → incapacità di cogliere il significato dello stimolo nel suo complesso. 3. Deficit delle Funzioni Esecutive. Le FE sono una serie di abilità che risultano determinanti nell’organizzazione e nella pianificazione dei comportamenti di risoluzione dei problemi (Pennington et al., 1996) ***** Domini cognitivi tra loro correlati ma distinguibili che cooperano allo scopo del Problem Solving (Hughes, 1998) Funzioni Esecutive Memoria di lavoro Flessibilità cognitiva Flessibilità attentiva Inibizione delle risposte la capacità di formulare mentalmente piani di azione; la capacità di non rimanere rigidamente ancorati, nella formulazione della risposta, ai dati percettivi che provengono dal contesto; la capacità di inibire risposte “impulsive”; la capacità di produrre e utilizzare i feedback Le FE nei disturbi di sviluppo Le FE sono alterate in molti patologie (ADHD, Autismo, PKU) Alterazione delle FE è il risultato comune di molti disturbi di sviluppo Il tipo di FE che è coinvolto varia nelle diverse patologie Deficit delle Funzioni Esecutive DETERMINA (comportamenti autistici) l’impulsività, per l’incapacità di inibire le risposte inappropriate; l’iperselettività, per l’incapacità di cogliere il tutto senza rimanere ancorato al particolare; la perseverazione, per l’incapacità di ridirezionare in maniera flessibile l’attenzione. (Ozonoff, 1997; Pennington et al., 1996). MODELLO DI LETTURA INTEGRATO: MO D E LLO D E L D E FIC IT FR O NTALE Una causa x danneggerebbe, a livello embrionale, le strutture anatomiche del cervello, nei momenti critici successivi si determinerebbe un difettoso assemblamento anatomo-funzionale, nel cui snodo fondamentale vi sarebbero i lobi frontali. Modello del deficit frontale Il deficit di strutturazione delle corteccia frontale, trova la sua massima espressione intorno al II-III anno di vita. Fino ad una certa età il SNC è in grado di gestire le esigenze poste dallo sviluppo, poi i sintomi autistici si manifestano chiaramente (Gillberg e Coleman, 2003) Altri DPS SINDROME DI ASPERGER Prevalenza: 2,5 casi su 10 mila Atipie dell’interazione sociale, interessi ristretti e stereotipati comportamenti, attività, Inoltre può essere presente: un ritardo dello sviluppo motorio e/o goffagine motoria; quadri neuropsicologici del DANV. SINDROME DI ASPERGER Si differenzia dall’autismo perché: a) non è presente ritardo mentale associato b) non vi è un ritardo del linguaggio clinicamente significativo nei primi anni c) QIV>QIP d) Prognosi migliore La diagnosi differenziale dovrebbe essere fatta, oltre che con l’autismo ad alto funzionamento, con i disturbi di personalità e in particolare con quello Schizoide. DISTURBO DISINTEGRATIVO DELL’INFANZIA (Heller nel 1908) Prevalenza: 0,1 – 0,6 casi su 10 mila Sviluppo normale fino a tre anni Perdita delle competenze precedentemente acquisite: - Area comunicativa - Area sociale/interattiva - Area immaginativa/simbolica Tale perdita è totale, continua e si associa a deterioramento cognitivo, comportamenti simil autistici. Si può associare, o meno, a danno neurologico evidente. La prognosi è peggiore rispetto all’autismo. SINDROME DI RETT (Rett, 1966) Incidenza: 1 su 15 mila Colpisce > le femmine Diagnosi clinica e diagnosi genetica (70%) Sviluppo apparentemente normale nei primi sei mesi Microcrania Acquisita Perdita progressiva delle abilità manuali (aprassia) Presenza di movimenti stereotipati Difficoltà nella motricità grossolana (atassia) Grave ritardo cognitivo (Andamento caratterizzato da alternanza di fasi) Disturbi Pervasivi dello Sviluppo NAS I disturbi pervasivi atipici (1980) Categoria “sottosoglia”. Difficoltà a carico dell’interazione sociale e della comunicazione associata alla presenza di interessi ristretti e stereotipati. La definizione di questi disturbi prevedeva che la sintomatologia fosse simile a quella dell’autismo ma non sufficiente da raggiungere e superare la soglia per poter parlare di autismo. Revisioni del DSM Il termine di autismo atipico è stato sostituito con quello di DPS Non Altrimenti Specificati (DPS NAS) senza, tuttavia, alterarne il concetto generale. (1987) Escono dai DPS nas la Sindrome di Asperger, il Disturbo disintegrativi dell’infanzia e la Sindrome di Rett. (1994) La versione Text R evised del D S MIV (AP A, 2000) DPS NAS utilizzato quando è presente un severo e pervasivo deficit a carico : dell’interazione sociale reciproca E a carico della comunicazione, verbale e non, ASSOCIATO O MENO alla presenza di interessi ristretti e stereotipati”. Clinica DPS nas Si caratterizzano per la presenza di sintomi comuni agli altri disturbi pervasivi ma tali sintomi sono o in numero minore o di minore gravità; I bambini con questi quadri clinici presentano una maggiore mobilità e trasformabilità clinica rispetto all’autismo; Tendono a persistere nel tempo uno o più nuclei di difficoltà e di atipie soprattutto a carico della social cognition; Gli individui con quadri NAS hanno un funzionamento globale superiore a quello riscontrato nella maggior parte dei casi di autismo; Clinica DPS nas I sintomi, pur sviluppandosi nei primi anni di vita, non sono tali da permettere una diagnosi di autismo o di uno degli altri DPS. Possono essere affiancati da disturbi a carico della comunicazione, del comportamento, della regolazione delle emozioni e dello sviluppo cognitivo. ADHD & DPS nas Confusione diagnostica? Unico disturbo? Comorbidità? Nei primi anni di vita, i sintomi sono molto simili nei diversi disturbi dello sviluppo. Punti Critici: La distinzione può essere difficile nelle forme in cui è presente anche un Ritardo delle Acquisizioni. Questi bambini possono sembrare ADHD molto severi e refrattari alla terapia specifica. I casi di DPS ad alto funzionamento possono avere solo una diagnosi di ADHD (Perry, 1998; Roeyers, 1998). L’impulsività è frequente nei DPS nas (Luteijn et al., 2000; Roeyers et al., 1998). I sottotipi ADHD più frequentemente associati sono il misto e il disattento (Yoshida et al., 2004). Sintomi di disattenzione, impulsività e iperattività sono frequentemente il motivo di segnalazione di bambini con quadri compatibili con DPS nas (Clark et al., 1999). I bambini con DPS nas e ADHD sono “meno isolati” dei bambini con solo PDS nas. In Sintesi: Esistono alcune sovrapposizioni nei problemi sociali tra i due quadri nelle checklist specifiche (Jensen et al., 1997) E’ possibile formulare la doppia diagnosi ma E’ necessario essere cauti nella diagnosi e valutare il significato, il peso e l’economia dei diversi sintomi. Modelli Diagnostici Diagnosi nosografica secondo DSM-IV e ICD 10 Diagnosi di sviluppo determinazione del profilo di sviluppo e organizzazione del disturbo. Modello categoriale vs dimensionale Nei sistemi nosografici di tipo categoriale non vi sono riferimenti ai livelli di gravità dei diversi sintomi. Il modello dimensionale risponde all’esigenza di descrivere, secondo un approccio developmental, i DPS. Il modello dimensionale ha il merito di considerare la presentazione del quadro clinico in base alla gravità, e di prevedere la possibilità che esistano delle situazioni cliniche di “passaggio o di sovrapposizione”. Disturbi dello Spettro Autistico (ASD) 1979 Wing e Gould Tutti quei disturbi la cui sintomatologia, a diversi livelli di gravità, si caratterizza per un deficit qualitativo a livello comunicativo, sociale e dello sviluppo simbolico. Merito Considerare la presentazione del quadro clinico in base alla gravità (aspetto assente nel modello categoriale), e di prevedere la possibilità che esistano delle situazioni cliniche di “passaggio o di sovrapposizione”. “distaccati” Mancata ricerca di contatto sociale a meno di non dover soddisfare i propri bisogni; le difficoltà nell’interazione sociale reciproca sono evidenti nel gruppo dei pari. E’ presente un importante disturbo della comunicazione non verbale e verbale. Il contatto di sguardo è evitante. Sono assenti i gesti comunicativi, la mimica facciale appropriata, l’attenzione condivisa e il gioco simbolico. Sono presenti comportamenti stereotipati “Passivi” il Il gruppo degli individui “passivi”, pur presentando importanti difficoltà nell’interazione sociale ha, al contrario del gruppo precedente, una maggiore accettazione di un contatto sociale proveniente dall’esterno. Un’altra caratteristica di questo gruppo è rappresentata da buone capacità imitative di modelli presentati dall’altro, e da uno sviluppo maggiore delle capacità comunicative “Attivi ma bizzarri” Sviluppa comportamenti sociali ma atipici e unidirezionali. Storia di ritardo di linguaggio, ma acquisisce competenze linguistiche superiori a quelle osservate nei due gruppi precedenti. La comunicazione è orientata a soddisfare i propri bisogni piuttosto che a condividere o commentare qualcosa. La produzione verbale è caratterizzata da numerose frasi ripetitive, stereotipate o limitate a pochi specifici interessi. Frequenti sguardo evitante, l’assenza o atipia dei gesti comunicativi e la presenza di goffagine motoria. Prognosi: Legata a: - tipologia di DPS - gravità “autismo” - eventuale RM - comorbidità per fare una terapia efficace è necessario: A) Conoscere: il tipo clinico il profilo di sviluppo le caratteristiche personali le potenzialità spontanee la variabilità dei comportamenti del bambino vs tutti i singoli interagenti B) Valutare regolarmente la prognosi a breve e lungo termine ..e.. l’efficacia rispetto agli obiettivi dichiarati rispetto ai tempi medi terapia Gli individui con ASD hanno una estrema eterogeneità interattiva, neuropsicologica, comportamentale, emozionale. Un intervento terapeutico precoce è fondamentale ma, altrettanto importante, è un intervento che consideri l’evoluzione del disturbo autistico. La finalità principale dell’intervento deve essere quella di favorire lo sviluppo maturativo e l’adattamento attivo dell’individuo autistico all’ambiente. Il bambino autistico può e deve capire come si fanno cose diverse con persone diverse. terapia La terapia non può prescindere da una approfondita conoscenza delle caratteristiche clinicocomportamentali dell’autismo e dell’individuo e deve essere condotta a diversi livelli, ed è, quindi, molto importante il coinvolgimento delle diverse figure di riferimento che ruotano intorno all’individuo. Gli obiettivi terapeutici devono essere realistici, e riconsiderati regolarmente al fine di evitare interventi non mirati al singolo bambino e alla specifica fase evolutiva in cui si trova. modello comportamentale 1. Ha come obiettivo principale quello di modificare il comportamento, attraverso metodiche quali le sollecitazioni, la riduzione delle sollecitazioni, il modellamento, l’adattamento e il rinforzo. Questo approccio terapeutico permette all’individuo l’acquisizione di diverse “abilità”, tuttavia il rischio è un apprendimento di tipo condizionato. L’individuo con autismo, infatti, acquisisce una serie di abilità ma non la capacità di estenderle a situazioni simili ma differenti (difficoltà a generalizzare), ovvero si apprende il comportamento e non la strategia. modello comportamentale 2. I risultati migliori si osservano negli individui con autismo nelle forme pure, e quindi con un buon funzionamento cognitivo, o nei casi in cui è presente una buona capacità imitativa. Il rischio è una passivizzazione degli apprendimenti superiori e una tendenza ad acquisire comportamenti, capacità e competenze, in modo ecoico senza che l’individuo si senta realmente parte attiva. Questo modello terapeutico può essere utile nell’aiutare l’individuo nell’acquisizione di diverse autonomie, ma dovrebbe essere comunque sempre supportato da altri interventi. modello cognitivo 1. Permette l’acquisizione di strategie e di stabilire delle relazioni tra piano e programma. A tale proposito, è fondamentale mostrare progressivamente il maggior numero di variabili, in modo da favorire una stratificazione gerarchica tra piano e controllo di quest’ultimo. Questo approccio è centrato sull’utilizzo di un linguaggio interattivo (verbi, metazione, affetti e scambio interattivo verbale) e, pertanto, è importante la conoscenza del livello di sviluppo dell’individuo, del profilo funzionale e, ovviamente, della comprensione verbale per poter progettare un intervento realistico. E’ necessario, inizialmente, valutare “cosa sa fare” l’individuo, quindi fornire variazioni e variabilità al piano, attraverso un gioco interattivo. modello cognitivo 2. All’interno di questo modello si deve inserire un approccio di tipo neurocognitivo, integrato ed interattivo, fondato su: Un lavoro specifico sullo sviluppo della CV intesa come “capacità di essere attento” al linguaggio dell’altro, di comprenderne non solo il significato letterale ma anche le intenzioni, gli affetti e la tonalità. Un lavoro mirato a favorire la comparsa di modalità comunicative, che non utilizzi un linguaggio troppo, o troppo poco, elevato ma che consideri il reale livello di sviluppo dell’individuo. L’introduzione di un terzo elemento che permetta una maggiore rappresentazione di spazi, affetti e persone al fine di ridurre, per quanto possibile, la “confusione” esistente tra mondo interno ed esterno. La conoscenza delle diverse fasi dello sviluppo della permanenza sull’oggetto attraverso un lavoro sull’interazione madre-bambino, mirato e congruente. terapia farmacologica 1. Ad oggi non esiste una terapia farmacologica specifica per la cura dell’autismo, pertanto i farmaci possono essere utilizzati su alcuni aspetti comportamentali, al fine di migliorare la qualità della vita degli individui con autismo e di agire da supporto ad un intervento riabilitativo. I farmaci vengono, generalmente, somministrati: A) per ridurre o migliorare sintomi comportamentali, quali isolamento, iperattività, stereotipie, rituali, etc., e come conseguenza possono favorire un aumento delle capacità di concentrazione e delle competenze interattive sociali; B) per migliorare la percezione delle oscillazioni emotivo/affettive (ansia e tristezza), lo sviluppo dell’esplorazione, intenzione e direzionalità e per ridurre alcuni aspetti confusivi. terapia farmacologica 2. A tale proposito, vengono utilizzate diverse classi di farmaci quali:i neurolettici, gli SSRI, i noradrenergici, gli antiepilettici con funzione di stabilizzatori dell’umore. MA la scelta del farmaco non si deve basare solo sui comportamenti o sintomi, ma deve prendere in considerazione i diversi nuclei psicopatologici, le competenze emergenti e i sintomi bersaglio. Una terapia farmacologica può essere di supporto in una particolare fase dello sviluppo dell’individuo con autismo e, in una fase successiva, potrà non essere più utile; pertanto, è importante pensarla, sempre e comunque, legata ed integrata ad un intervento riabilitativo mirato. Conclusioni I modelli terapeutici non devono, e non possono, essere applicati in modo indiscriminato ad ogni individuo con autismo e in ogni fascia di età. L’approccio migliore è quello che integra i diversi modelli, sfruttandone i punti di forza, attraverso: la conoscenza della storia naturale dell’autismo, delle caratteristiche specifiche dell’individuo e la formulazione di obiettivi specifici, graduali e differenziati per livelli e fase evolutive.