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SORELLE E FRATELLI
Judy Dunn sorelle e fratelli Sommario Introduzione Capitolo primo I primi anni 7 15 Commento Capitolo secondo Conflitto, gioco e crescita della comprensione 35 Conflitto • Giochi di finzione imitativa • Commento Capitolo terzo I primi anni di scuola 49 Osservazione di fratelli e sorelle • Ruoli all’interno della famiglia • Il mondo al di fuori della famiglia • Commento Capitolo quarto Ordine di nascita, sesso, differenze d’età e famiglie numerose: cambia qualcosa? 75 Primogeniti e secondogeniti • Differenze di sesso • Differenza d’età • Crescere in una famiglia numerosa • Commento Capitolo quinto Genitori, fratelli e sorelle: modelli di influenza Differenze di comportamento dei genitori verso i figli 99 • Figli primogeniti e figli nati successivamente • Figli dello stesso sesso e di sesso diverso • Modelli di influenza fra madre e fratelli e sorelle • Padri • Modelli nel corso del tempo: maschi e femmine • Commento Capitolo sesto Problemi per i genitori 119 Problemi che seguono l’arrivo di un fratellino • Litigi e bisticci • Il punto di vista dei genitori • Ricerche sui litigi • Aggressività • Crescere con un fratello handicappato • Fratelli e sorelle come terapeuti e fonti di sostegno in situazioni di stress • Commento Capitolo settimo Eredità e ambiente: genetica di somiglianze e differenze tra fratelli 157 Somiglianze genetiche tra fratelli • Differenze genetiche tra fratelli • I gemelli • Cambiamenti nella natura dell’influenza genetica nell’infanzia • Commento Capitolo ottavo Continuità 169 Perché l’intimità tra fratelli e sorelle adulti? • Commento Conclusioni 181 Indice analitico e dei nomi 189 Introduzione Sally, di sei anni, dice di sua sorella Anny, che ne ha tre: «È simpatica... sì, a volte è simpatica. È bello avere una sorella, perché ci si può giocare... Io ho tanti amici, ma la mia migliore amica è Anny». Rachel telefona alla nonna, annunciandole che sta scrivendo un’autobiografia e che ha bisogno d’aiuto per la punteggiatura. L’autobiografia comincia con una lista di ciò che le piace e di ciò che detesta. La lista delle cose che detesta è semplice: «La violenza, le melanzane e mio fratello». Queste due bambine hanno un’opinione sorprendentemente diversa dei propri fratelli. Crescere con un fratello comporta esperienze assai diverse per Sally e Rachel, e l’intensità di tali esperienze è evidente. Fratelli e sorelle piccoli si amano e si odiano, giocano e litigano, si prendono in giro e si stuzzicano con una totale, incredibile mancanza d’inibizione. Alcuni litigano e si punzecchiano in continuazione, altri sono compagni inseparabili ed affettuosi, altri ancora passano dal gioco in allegra cooperazione all’aggressività feroce. Che tipo di influenza hanno queste esperienze di un’infanzia passata con fratelli e sorelle sullo sviluppo dei bambini? Perché alcuni vanno così d’accordo, mentre altri si azzuffano e bisticciano con tanta osti lità? E perché fratelli e sorelle sono così diversi fra di loro? 7 Dietro queste domande si celano due problemi, che sono poi le tematiche sviluppate in questo libro. Nel primo caso ci si chiede se fratelli e sorelle influenzino o meno lo sviluppo del bambino. Nel secondo ci si chiede perché alcuni fratelli e sorelle abbiano rapporti improntati all’armonia ed all’affettuosità, mentre altri non fanno altro che azzuffarsi e litigare. Per chiunque sia interessato al perché le persone si svi luppano in un certo modo piuttosto che in un altro, questi sono problemi importanti. Di certo lo sono per i genitori. Quanto devono sentirsi responsabili, per esempio, se i figli litigano in continuazione e sembrano detestarsi a vicenda? I libri che si rivolgono ai genitori spesso suggeriscono che tale situazione risulta primariamente dal modo in cui i genitori hanno allevato i figli. è un’opinione ragionevole? Possiamo fidarci dei dati su cui si basa? Il fatto che fratelli e sorelle appartenenti ad una stessa famiglia differiscano in maniera marcata l’uno dall’altro si presenta ai genitori e agli psicologi come un vero puzzle. Effettivamente i figli degli stessi genitori hanno una personalità che varia dall’uno all’altro quasi quanto quella dei bambini cresciuti in famiglie diverse. A che si deve? Fratelli e sorelle, dopo tutto, non soltanto crescono all’interno dello stesso ambiente familiare, ma hanno in comune il 50 per cento del proprio patrimonio genetico. Tali differenze di personalità sono il risultato di differenze nel modo in cui li hanno trattati i genitori, o può darsi anche che fratelli e sorelle esercitino una influenza diretta gli uni sugli altri? Avere più di un figlio genera una serie di quesiti per i genitori. Come può il rapporto che un genitore ha con un figlio influenzare il modo in cui i fratelli e sorelle si rapportano l’un l’altro? È importante la differenza d’età tra i figli? In quale maniera il sesso influenza il modo in cui i figli si rapportano l’un l’altro? Che grado di comprensione c’è tra fratelli e sorelle? 8 È vero che un rapporto stretto tra di loro nella prima infanzia continua quando crescono? In questo libro ci occuperemo di tali quesiti sollevati dai nostri due temi, servendoci di alcuni studi recenti su fratelli e sorelle piccoli affinché ci aiutino a fornire delle risposte. La nostra ricerca però si spingerà oltre i problemi pratici del come confrontarsi con liti e bisticci, o delle difficoltà risultanti dalla nascita di un fratellino o di una sorellina. Osservare ed ascoltare bambini che appartengono alla stessa famiglia e parlare con loro dei rapporti che hanno con i membri del nucleo familiare ci offre una prospettiva nuova ed illuminante sul modo in cui i nostri figli vedono e comprendono il loro mondo. Nel gioco, nei litigi, nel loro tiranneggiare, prendere in giro o consolare, essi ci mostrano con splendida chiarezza che anche nei primi anni di infanzia la loro capacità di comprendere gli altri è spesso ben più profonda di quanto abbiano ritenuto gli psicologi. Se osserviamo i bambini in un ambiente davvero significativo per loro, e cioè il mondo familiare di fratelli, sorelle e genitori, otteniamo un quadro del loro sviluppo che per certi aspetti è straordinariamente diverso dall’opinione generalmente “accettata”. Il terzo tema di questo libro pertanto è quello dallo studio di fratelli e sorelle che crescono insieme; dall’osservazione dei cambiamenti nel loro modo di litigare, giocare, competere o sostenersi a vicenda, possiamo ottenere nuovi elementi sostanziali per un’analisi dello sviluppo dei bambini a livello emotivo, sociale ed intellettivo. Ciascuno dei tre temi trattati nel nostro libro è importante sia per i genitori che per gli studenti di psicologia, ed esso è stato scritto per entrambi. Gli argomenti e le ricerche ai quali ci interessiamo sono chiarificatori tanto per gli elementi d’approfondimento pratico che offrono ai genitori, quanto per quelli 9 che forniscono su problemi assai complessi quali la motivazione del particolare tipo di sviluppo del bambino, e che cos’è che egli comprende e sente rispetto al proprio mondo familiare. Prendiamo ad esempio il problema delle dispute e dell’ostilità tra fratelli. Ne discutiamo nel capitolo 3 tenendo presente il nostro terzo tema: che cosa ci mostrano i litigi tra fratelli riguardo al modo di pensare e sentire dei bambini, e riguardo a come si sviluppa in loro la comprensione? Nel capitolo 7, invece, i litigi vengono esaminati all’interno del secondo tema. Qui l’ar gomento centrale è costituito dai problemi pratici del vivere con fratelli o sorelle litigiosi. I problemi pratici possono essere di minor interesse per gli studenti che per i genitori (sebbene per gli studenti che si dovranno occupare di bambini essi siano di reale importanza). Ma il sottolineare differenze d’interessi nei diversi gruppi di lettori di questa serie su Lo Sviluppo del Bambino (The Developing Child) sarebbe fuorviante. Esistono notevoli punti di contatto fra i vari gruppi di lettori: la maggior parte dei genitori sono psicologi, almeno per quanto riguarda i propri figli; e gli psicologi molto spesso sono genitori. I tre temi del libro sono rilevanti per chi è padre e madre, e per coloro che sono semplicemente interessati ai motivi alla base dello sviluppo dell’individuo, siano essi “psicologi” o no. Nel capitolo finale torniamo alle domande poste da ognuno dei tre temi, ed alle implicazioni delle ricerche su fratelli e sorelle che il libro descrive, sia per i genitori che per gli psicologi. La maggior parte dei bambini cresce con fratelli e sorelle; più precisamente, l’ottanta per cento negli Stati Uniti ed in Europa. Il tempo trascorso insieme in questi primi anni è spesso superiore a quello passato con la madre o il padre. In molte culture i bambini sono allevati dai propri fratelli; dall’età di uno o due anni vengono allevati, nutriti, disciplinati e coinvolti a giocare da un fratello o una sorella di soli tre o quattro anni più 10 grande. È l’inizio di un rapporto che dura una vita; più lungo, in effetti, di un matrimonio, o di quello tra padri e figli. Il nostro primo tema riguarda l’influenza esercitata dall’esperienza di crescere con un fratello o una sorella sulla personalità del bambino, sul modo in cui pensa a se stesso, alla sua famiglia ed ai suoi amici, sulla sua intelligenza, sui suoi processi di pen siero e di linguaggio. Se ci affidiamo al buon senso, sembra piuttosto probabile che quest’esperienza sia importante. Alcuni psicologi sostengono, ed i genitori sicuramente concorderebbero, che ciò che i bambini sentono nei confronti di altri bambini, e ciò che da questi ultimi apprendono, può drammaticamente influenzarne lo sviluppo. I bambini sono particolarmente propensi a prendersi a cuore ed a comprendere i sentimenti ed il punto di vista dei loro amici. Quando i bambini parlano con gli adulti e discutono con loro, si trovano chiaramente in una posizione di svantaggio: il loro modo di vedere il mondo è diverso, il loro potere, la loro condizione sociale ed il loro livello di comprensione sono limitati, in confronto a quelli degli adulti. Tra bambini, invece, c’è più uguaglianza. È più facile che comprendano come altri, pure bambini come loro, pensano o vedono le cose. Se si vuole scoprire se fratelli e sorelle davvero si influenzano a vicenda, e perché sono così diversi gli uni dagli altri – cosa che è tanto ovvia per i genitori, e che ora viene documentata accuratamente dagli studiosi – bisogna chiaramente osservare sia il modo in cui i genitori trattano i propri figli diversi tra loro, sia il modo in cui i figli si rapportano l’un l’altro. Potrebbe darsi benissimo che i figli stessi si influenzino reciprocamente in modo tale da aumentare le differenze esistenti tra di loro. Un bambino può sentire ostilità verso la sorella e provare irritazione nei suoi confronti, gelosia del rapporto di quest’ultima con i genitori; può sentirsi fortemente irritato dalla sua personalità e dalle sue 11 abitudini. Al contrario, la sorella può sentirsi contenta e priva di problemi rispetto ad una competizione per l’attenzione dei genitori; può avere ammirazione per le abilità di suo fratello, essere desiderosa di piacere, eppure venire rifiutata aspramente quando ci prova. Crescere all’interno dello stesso gruppo familiare significa qualcosa di molto diverso per i due bambini: per l’uno, la famiglia include qualcuno che suscita irritazione e si accaparra l’attenzione e l’amore dei genitori; per l’altra c’è qualcuno da ammirare, a cui tenere, da cui apprendere. E naturalmente le differenze nel comportamento tenuto dai figli l’uno verso l’altro possono essere strettamente legate alle differenze nel modo in cui i genitori trattano i vari figli, sia come causa sia come conseguenza del comportamento di questi ultimi. Se i fratelli s’influenzano davvero a vicenda in maniera diretta può darsi che tale influenza non sempre porti ad un aumento delle differenze esistenti tra di loro. Essi possono ammirare, imitare ed identificarsi l’uno con l’altro, facendo fronte comune davanti a problemi e difficoltà, emulando le qualità che amano l’uno nell’altro. Vale la pena di sottolineare che se vogliamo comprendere come si sviluppano i modelli di personalità non dobbiamo ignorare la possibile influenza dei bambini con i quali i soggetti crescono e con i quali passano i loro primi anni: le loro sorelle ed i loro fratelli. Sono state formulate molte teorie, supposizioni ed ipotesi riguardo all’influenza vicendevole di fratelli e sorelle, ma, fino ad epoca recente, le ricerche sulla prima infanzia sono state relativamente poche. Ciò è avvenuto perché si è generalmente ritenuto da parte degli psicologi che è il rapporto dei figli con i propri genitori (ed in particolare con la madre) ad avere un’importanza predominante. I genitori, d’altro canto, spesso sono sicuri di poter captare le maniere in cui i propri figli si influenzano vicendevolmente. Spesso sentono anche d’aver tirato 12 su i vari figli in maniera diversa, e che ciò ne ha influenzato lo sviluppo. Alcuni ritengono d’aver avuto sempre un particolare attaccamento per il primo nato, altri che con il secondo o terzo figlio hanno provato un calore ed un senso di tranquillità che non erano stati in grado di dare al rapporto con il primo figlio. Che cosa ci dicono le ricerche recenti sul rapporto tra fratelli e sorelle e genitori? Nel libro ho cercato ovunque fosse possibile di lasciar parlare direttamente i bambini ed i loro genitori, usando citazioni ed osservazioni dirette. Queste “vignette” e citazioni non sono semplici aneddoti. Li usiamo per illustrare punti che sono stati stabiliti con cura attraverso studi sistematici. Bambini che parlano della propria vita e della propria famiglia spesso affermano con maggior vigore ed energia le stesse cose esposte da prudenti accademici. Ma anche se i commenti e le azioni dei bambini sono a volte commoventi, a volte divertenti, essi non sono inclusi semplicemente per commuovere o divertire, ma per mettere in luce seri dati generali ricavati da ricerche. Vi sono delle eccezioni a tale regola, però. Nel capitolo 8 si discute dell’importanza di fratelli e sorelle nell’adolescenza e in età adulta. Per quel che riguarda adolescenti e giovani adulti non disponiamo ancora del tipo di informazioni sistematiche su fratelli e sorelle di cui avremmo bisogno. In questo, mi sono servita di lettere e ricordi per illustrare a livello di “storia del caso” quanto possa essere significativo essere fratello o sorella. Per quanto riguarda la prima infanzia, al contrario, disponiamo oggi di ricerche dettagliate e sistematiche sulle quali ci si può basare. Nei capitoli successivi pertanto ci occuperemo di bisticci, giochi e discussioni di fratelli e sorelle in tenera età, e della opinione degli stessi bambini su fratelli e sorelle, come pure del tipo di impressione riportata dai genitori riguardo a tale relazione in fase di sviluppo. L’esperienza di questi bambini, 13 l’esperienza di imparare a vivere con un compagno che ti sfida e ti fa divertire, un rivale nell’attenzione e l’amore dei genitori, è la storia di un’evoluzione profondamente commovente, che riguarda il modo in cui la comprensione e le emozioni crescono e cambiano. Cominciamo dal principio, quando il figlio unico diviene primogenito, con la nascita di un fratello o una sorella. 14 Capitolo primo I primi anni I primogeniti reagiscono alla nascita di un fratellino o di una sorellina in un modo molto caratteristico. In primo luogo, la maggior parte di essi mostra segni di malessere: problemi nel dormire, pianti frequenti, regressione nel disimpegno delle funzioni corporee, perdita della capacità di giocare con una buona dose di concentrazione, e, soprattutto, comportamento dispettoso e continue richieste d’attenzione sono tutti fenomeni frequenti. Questi problemi riflettono il forte impatto emotivo causato dall’arrivo di un fratello sui bambini piccoli, e ne discutiamo per esteso nel capitolo 7. Ma la presenza di un neonato non è soltanto fonte di inquietudine; essa è anche di grandissimo interesse per la maggior parte dei primogeniti. Nei primi giorni successivi alla nascita del fratellino, i primogeniti mostrano il proprio interesse verso il neonato in molti modi. Commenti sul piccolo, tentativi di farlo divertire, sforzi gentili di contribuire a prendersi cura del piccolo occorrono di frequente persino in bambini al di sotto dei due anni. Attenti studi sistematici negli Stati Uniti, in Canada ed in Gran Bretagna mostrano che l’imitazione delle smorfie, gli sbadigli ed i suoni prodotti dal neonato, curiosità sul perché il piccolo si comporta in quel modo, e giochi in cui si finge di essere il neo15 nato o la mamma, sono molto frequenti e riflettono l’interesse che la maggior parte dei bambini primogeniti dimostra verso una nuova sorellina o un nuovo fratellino. L’intensità di questo interesse è rievocata dallo scrittore russo Sergei Aksakoff nel suo libro Anni d’infanzia (Years of Childhood), apparso per la prima volta nel 1858: «La mia sorellina l’amai sin dal principio più dei miei ba locchi, più di mia madre, e quest’amore prese la forma di un desiderio costante di vederla: m’immaginavo sempre che avesse freddo o fame, e che le necessitasse del cibo, e desideravo costantemente darle ciò che mangiavo io e vestirla con i miei vestiti; naturalmente non me lo consentivano e ciò mi faceva piangere... Non potevo tollerare di vederla in lacrime né di sentirla piangere senza che io stesso iniziassi a versar lacrime... Me ne stavo sdraiato per giorni interi nella culla con la mia sorellina accanto a me, intrattenendola con balocchi diversi o mostrandole disegni...». Spesso però lo stesso bambino che mostra interesse amichevole nel far divertire il neonato, e preoccupazione per il suo malessere, a volte deliberatamente lo irrita o spaventa, afferrando il piccolo inerme e facendolo roteare per la stanza, scuotendo o sbattendo la culla finché il piccolo si sveglia e si mette a piangere. Questa ambivalenza risultava spesso esplicitamente negli studi da noi condotti a Cambridge, nei commenti dei bambini riguardanti il neonato. Laura W. e sua madre Bambina: [Al neonato] Va bene, piccolo [facendogli una carezza], [Alla mamma] Dagli uno schiaffo. 16 Fay G. e sua madre Bambino: Bimba. Bimba [accarezzandola]. Mostro. Mostro. Madre: Lei non è un mostro. Bambino: Mostro. E parecchi bambini sono stati piuttosto espliciti riguardo al loro antagonismo nei confronti del neonato: Marvin W. [in piedi sul predellino della carrozzina, fa cendola dondolare] e sua madre. Madre: Non stare lì sopra, fai il bravo, la farai cadere dalla carrozzina. Bambino: Io voglio che cada. Questa ambivalenza, osservabile nella maggior parte dei primogeniti nelle prime settimane del rapporto con il fratellino o la sorellina, è stata commentata da psicologi che studiano i fratelli a tutti gli stadi dell’infanzia e dell’adolescenza. Ed è molto spesso menzionata dai genitori. Come ha detto una mamma di Cambridge: «Ma in fondo non si tratta che di amore e odio, no?». L’ostilità diretta nei confronti di un fratello o di una sorella appena nati non si rivela di frequente negli studi condotti negli Stati Uniti, in Canada ed in Gran Bretagna, sebbene il comportamento aggressivo tra bambini piccoli, bambini in età prescolare e fratelli e sorelle più grandi sia, come vedremo, molto comune. Al contrario, disubbidienza e aggressività verso la madre spesso aumentano drammaticamente dopo la nascita di un fratello o una sorella. Nello studio di Cambridge, rilevammo un aumento del triplo in incidenti di disubbidienza nella seconda e terza settimana successive all’arrivo del neonato. (Nel capitolo 8 discutiamo più a fondo dei problemi associati alla nascita di un fratello o una sorella, esaminando che tipi di comportamento 17 disturbato si manifestano e quanto tempo tendono a durare particolari problemi). È chiaro quindi che i primogeniti sono molto interessati ai loro fratelli e sorelle appena nati, e che l’arrivo del neonato e la sua presenza sono materia di grande importanza emotiva. Il palcoscenico è preparato in modo tale che si sviluppi un rapporto tra i bambini, ed è tale da indicare che non si tratta di una vicenda emotivamente neutra; che potenzialmente questa nuova relazione può essere di grande importanza per il primo figlio, ed invero per il figlio più giovane che crescerà con un bambino fortemente coinvolto a livello emotivo ed assai interessato a lui. Per quanto riguarda il nostro tema, il problema dell’influenza di un fratello o una sorella sullo sviluppo del bambino, quest’inte resse e la qualità emotiva del comportamento del primogenito indicano che il palcoscenico è preparato in maniera tale che entrambi i bambini influenzeranno vicendevolmente il loro sviluppo. L’interesse vigile è particolarmente evidente nel controllo molto ravvicinato esercitato dai bambini primogeniti sul comportamento della madre con il nuovo nato. Nello studio di Cambridge rilevammo che era proprio nei momenti in cui la madre prendeva in braccio il piccolo per coccolarlo o prendersene cura che i primogeniti manifestavano una particolare tendenza a fare esattamente la cosa che gli era stata esplicitamente proibita dalla madre, o che la irritava in modo particolare. Far cadere l’acqua del bagnetto del piccolo, giocherellare con il televisore, ispezionare la credenza proibita in cucina, tutto ciò accadeva proprio quando l’attenzione della madre era assorbita al mas simo dal neonato. Due esempi dallo studio di Cambridge: «Un bambino, mentre la madre e la sorellina si scambiavano occhiate particolarmente lunghe e intense, prese la tazza dalla 18 quale stava bevendo, che era munita di un coperchio con fori in cima, e guardando in direzione della piccola e della mamma estasiata, intenta a vezzeggiarla, iniziò a rovesciare il latte sul divano. Un altro bambino corse in giardino e con aria mattacchiona tirò giù il filo dei panni pieno di roba appena lavata, facendola cadere sull’erba piena di fango». La maggior parte dei bambini, almeno i primi giorni, vorrebbe aiutare nel prendersi cura del fratellino o della sorellina appena nati. Bambini di soli diciotto mesi cercano di aiutare a fare il bagno al piccolo, nutrirlo e vestirlo. Cambiarlo e discutere di sporcizia, pulizia e funzioni intestinali sono spesso di grande interesse, come illustra quanto detto da Melanie, di tre anni, nello studio di Cambridge: Melanie C. e sua madre Bambina: Sta facendo pupù. Madre: Sì, sapevo che ti saresti interessata. Già. Però lasciamogli in pace i piedini. Gli dai fastidio. Bambina: Ha fatto pupù. Madre: Non credo abbia finito. Dobbiamo aspettare un altro po’. Bambina: Va bene [scruta da vicino il piccolo e gli tira il pannolino]. Madre: No, Melanie; lascialo prima finire. Stiamo buone finché finisce. No, non lo tirare. Bambina: [Al neonato, in tono disgustato] Ma Keith! Hai fatto pupù? Madre: Beh, ogni tanto la deve pur fare, no? Non gli tirare le gambe. Bambina: Keith fatto pupù... Finito, Ma’? Madre: Non lo so. Bambina: Fa un’altra? 19 Madre: Ne ha fatte due, no? Bambina: Keith ha fatto un’altra pupù. Mmm. Mmm. [Comincia a ispezionare il pannolino]. Madre: Pulisco prima quello, Melanie, grazie. Non so se ha finito o no. [Al neonato] Perché non aspetti, eh? Bambina: [al neonato] Perché non aspetti? Madre: Mi sa che vuole collaborare, [al neonato] Hai finito? Adesso ti verrà un rigurgito, non è vero? [Alla bambina] Se fossi in te, non ci metterei la mano... non toccarla. Dagli un altro minuto. In altre culture, i bambini hanno un ruolo importante nel prendersi cura dei fratelli più piccoli, dopo la prima infanzia. Una rassegna sul modo in cui si allevano i bambini in 186 società sulle quali sono disponibili dettagliate informazioni antropologiche mostra che il 40 per cento dei piccoli venivano seguiti da persone diverse dalla madre, e che fratelli e sorelle ne erano i principali compagni e custodi. I modi in cui i fratelli agiscono in qualità di custodi, il tipo di responsabilità e compiti domestici loro assegnati, l’età in cui ci si aspetta che “subentrino” nelle cure del Piccolino, variano grandemente da cultura a cultura. Differenze nella natura della famiglia e della comunità e nella concezione culturale della maturità dei bambini influenzano ciò che ci si aspetta dai bambini in qualità di custodi. Uno studio dettagliato sul modo in cui vengono allevati i bambini dai fratelli o le sorelle, condotto da Bea Whiting e Carolyn Pope-Edwards in Kenia, mostrava i bambini che si occupavano dei fratellini più piccoli, li riprendevano, aiutavano, nutrivano e prestavano loro attenzione in modo piuttosto simile a quello degli adulti; ma ci giocavano anche di più ed erano più spesso aggressivi con loro. In che modo l’esperienza d’essere cresciuto da un fratello o una sorella influenza lo sviluppo del 20 bambino? Ci possiamo valere di queste informazioni offerteci da altre culture per rispondere alla nostra prima domanda: è vero che fratelli e sorelle si influenzano a vicenda? Parecchi studiosi hanno speculato su questa questione. Margaret Mead ha sostenuto che lo sviluppo delle differenze di personalità è ristretto in culture nelle quali i bambini vengono primariamente allevati da fratelli o sorelle. La Mead supponeva che fratelli o sorelle avessero minore capacità di percepire le caratteristiche individuali di chi veniva loro affidato, rispetto agli adulti. Si è anche notato che se i bambini sono affidati alle cure dei fratelli o delle sorelle essi sviluppano un minor attaccamento nei confronti della madre. Ma abbiamo bisogno di un numero ben più vasto di informazioni sistematiche prima di poter verificare la validità di tali ipotesi. L’ampia variazione nel modo in cui fratelli e sorelle si prendono cura dei più piccoli deve essere senz’altro tenuta in conto prima di giungere a qualsiasi generalizzazione sulle sue conseguenze. Il dato che pare ragionevolmente accertato è che i bambini che passano la maggior parte dei primi anni di vita affidati alle cure di fratellini o sorelline tendono ad imparare a parlare più tardi di coloro che sono allevati da adulti. Negli Stati Uniti ed in Europa, ai bambini piccoli di rado si affida lo stesso genere di responsabilità nei confronti dei loro fratelli più piccoli. Ma in molte famiglie essi mostrano senz’altro di fare tentativi d’occuparsene, e sono molto preoccupati se i piccoli stanno male. Nella loro preoccupazione e nei loro sforzi di consolarli vediamo i primi segni di ciò che diverrà il terzo tema di questo libro: la comprensione che i bambini dimostrano nel loro comportamento verso fratelli e sorelle. Riconoscere che un’altra persona sta male, e cercare di alleviarne il malessere, è un comportamento sorprendentemente sofisticato per bambini così piccoli. In uno studio si è analizzato specificamente il mo21 do in cui bambini di quattro anni si comportavano allorché i loro fratelli o le loro sorelle più piccoli manifestavano malessere perché separati dalla mamma in una stanza giochi di laboratorio. Più della metà dei quattrenni cercava di consolare e rassicurare i piccoli, e le loro azioni risultavano rapide ed efficaci. Nel quotidiano, c’è un legame amichevole tra molti bambini piccoli ed i loro fratelli: comportamento che tende alla cooperazione, preoccupazione alla vista d’uno stato di malessere. Possiamo considerare tale legame come “attaccamento” nel senso in cui John Bowlby e Mary Ainswort usano il termine per il rapporto fra genitore e figlio, e cioè un rapporto in cui un bambino fornisce una base sicura per l’altro, fa sentire la propria mancanza se è assente, ed è usato come fonte di conforto e sicurezza? La risposta è sì, in alcune ma non in tutte le famiglie. Due degli importanti studi sull’attaccamento, uno in Scozia, l’altro in Uganda, dimostrarono che era normale per i bambini affezionarsi a fratelli e sorelle più grandi. Non sappiamo se tale attaccamento seguisse un previo attaccamento alla madre. Nello studio di Cambridge risulta che il 50 per cento dei bambini di quattordici mesi sentivano la mancanza dei fratelli più grandi se non c’erano, e due terzi parevano sentire moltissimo la mancanza del fratello o della sorella maggiore. E persino ad otto mesi parecchi bambini manifestavano un grande attaccamento ai fratelli più grandi: Madre di Siobhan F.: La piccola pensa che suo fratello sia meraviglioso. Lo venera come un eroe. Se le fa il solletico ad un piede, muore dalle risate. Finché c’è lui nella stanza, non si mette mai a piangere. Madre di Jackie E.: Le manca moltissimo se non c’è. Urla finché non lo sente, la mattina. Smania finché non lo vede. Io non basto. 22 Parecchi dei bambini di quattordici mesi andavano a chiedere conforto ai fratelli più grandi: Madre di Ian e Graham W.: Graham si rivolge a lui per avere conforto ed amore. Dicendo “ah” e facendo smorfie come se volesse dire “ma quant’è dolce!” Ian spesso lo consola, e si preoccupa molto quando sta male. Ciò che è particolarmente notevole è che alcuni dei se condogeniti, di soli quattordici, quindici e sedici mesi, tentavano di consolare i fratelli più grandi. Si tratta di un comportamento sorprendentemente sofisticato per bambini così piccoli, ed è un argomento sul quale torneremo alla fine del capitolo. Fratelli e sorelle in tenera età danno sicurezza ai piccoli che si trovano in uno spazio poco conosciuto. Osservazioni di bambini che frequentavano la scuola materna a tempo pieno dimostrarono che i piccoli si sentivano molto più a loro agio se un fratello più grande frequentava la stessa scuola. Gli studi sperimentali forniscono le stesse indicazioni. In uno studio condotto su bambini molto piccoli che venivano separati dalla madre in una stanza giochi predisposta in laboratorio, si notò che quando i fratellini più grandi tentavano di consolare i piccoli, questi ultimi risultavano più tranquilli e rassicurati ed iniziavano a giocare allegramente anche se la mamma non era tornata. Quando entrava un estraneo nella stanza, la maggior parte dei piccoli si metteva vicino al fratellino più grande, e da questa “base sicura” sorrideva allegramente all’estraneo. In un altro studio, bambini dai sedici ai ventidue mesi si allontanavano di più dalla madre quando erano presenti fratelli o sorelle più grandi. Anche i bambini di soli due o tre anni, quindi, possono consolare efficacemente e prendersi cura dei fratellini più piccoli, se vogliono. Ma si occupano del piccolo e gli parlano come farebbe 23 la mamma, o lo trattano come se fosse un bambino della loro età? Operano adattamenti nel modo di parlare e di comportarsi “adeguati” per un bambino piccolo? Studi sul linguaggio di bambini in tenera età che parlano con i fratellini più piccoli mostrano che i bambini adoperano molti degli adattamenti al “linguaggio dei piccoli” che vengono adoperati dalla madre. Nel nostro studio di Cambridge i bambini si esprimevano con frasi molto più brevi quando si rivolgevano ai fratellini più piccoli rispetto a quelle rivolte alla madre, ripetevano i loro commenti ed usavano molti espedienti “per catturare l’attenzione” del piccolo, proprio come farebbe la madre. Nell’esempio che riportiamo di seguito, Duncan, di trentun mesi, cerca di impedire al fratellino Robin, di quattordici mesi, di mangiare un dolce che Robin ha raccolto da terra. Gli dice che lo mangerà Scottie, il cane, poi cerca di distrarre il piccolo insistendo perché vada in cucina. Alla fine si sente in dovere di spingerlo oltre la soglia con un calcetto. La cosa importante è che nei suoi tentativi di guidare Robin egli adopera tutti gli espedienti che usano le mamme: ripete i suoi commenti, li rende progressivamente più concisi, ed usa ripetutamente il nome del fratellino per catturarne l’attenzione: Duncan K.: No, non lo mangiare. Lo mangia Scottie. Lo mangia Scottie. No, non tu. Lo mangia Scottie. Tu no. Tu no. Andiamo di là? Bravo. Dài. Dài. Di là, Robin. Di là. Nello studio di Cambridge, alcuni bambini, anche se non tutti, usavano domande e vezzeggiativi e diminutivi nel parlare con i fratellini, proprio come avrebbe fatto la madre: Ian W.: [Cercando di convincere il fratellino Graham ad andare a giocare con lui nella stanza accanto] Vieni, Gramie. Dài, scansafatiche! 24 Eve D.: [Mostrando alla sorella Rate alcuni giocattoli in una scatola] Su, Kay-Kay, guarda! Kay-Kay, guarda! Kay-Kay! Kay-Kay! Guarda, piccolina. Sara Harkness, nel suo studio sui bambini del Kenya che si occupavano di fratellini di due o tre anni, ha rilevato che ripetizioni, spiegazioni e linguaggio “in cui ci si esercita a parlare” erano ugualmente frequenti nel linguaggio dei bambini che si prendevano cura dei fratelli e in quello delle madri. I bambini in età prescolare quindi si servono di adattamenti appropriati ed efficaci nel modo di parlare con i fratellini più piccoli. Ovviamente i bambini piccoli non offrono lo stesso tipo di linguaggio che viene provvisto dalla madre ai bimbi che imparano a parlare; di fatto, come abbiamo detto, i bambini che passano molto tempo con altri bambini tendono ad imparare a parlare più lentamente di coloro che passano la maggior parte del tempo con gli adulti. Ma quando i bambini piccoli vogliono comunicare con altri bambini molto piccoli, riescono a farlo con grande efficacia. Studi sul comportamento dei bambini nei confronti di fratellini molto piccoli hanno dimostrato chiaramente che la maggior parte dei bambini piccoli sono molto interessati ai piccolissimi. In molte culture se ne occupano in maniera responsabile, ed alla fine del primo anno di vita molti piccoli dimostrano grande attaccamento per i fratelli più grandi e sono felicissimi di vederli e di giocare con loro. Il gioco tra il piccolo ed il fratellino più grande aumenta di frequenza durante il primo anno, e verso i sette, otto mesi l’importanza del primogenito per il piccolo è ovvia sia per l’attenzione che il piccolo accorda al fratellino più grande, sia per l’eccitazione con la quale il piccolo gioca con lui, gli “parla” e lo imita. L’imitazione del fratello più grande diviene sempre più frequente; mentre più o meno nei primi otto 25 mesi di vita è il bambino più grande ad imitare spesso il piccolo, raggiunto il primo anno d’età è il piccolo che imita quello più grande con maggior frequenza. Man mano che i bambini crescono l’imitazione diviene anche più frequente. In uno studio canadese condotto da Rona Abramovitch e colleghi, il 20 per cento delle interazioni tra i bambini secondogeniti di venti mesi ed i loro fratellini più grandi comportava imitazione. Questo copiare il comportamento di un fratello o una sorella più grandi è interessante per una serie di ragioni diverse. Consideriamo il seguente esempio: Tom, di quattordici mesi, osserva Ned, il fratello più grande, il quale mette un pilota-giocattolo in un aeroplanino e lo fa “volare”. Ned leva il pilota e poco dopo lascia la stanza. Tom s’avvicina subito all’aeroplanino, prende il pilota, ve lo mette dentro, e lo fa “volare”. In quest’esempio, il fratellino minore, nell’imitare il più grande, gioca ad un livello molto più maturo di quello che ha quando gioca da solo. Tom, a quattordici mesi, è davvero molto piccolo per giocare con figurine che stanno per persone vere “come se” queste stessero compiendo azioni quali far volare aeroplanini. Ancora non sappiamo se imitazioni di questo genere siano di fatto importanti in generale per lo sviluppo delle abilità intellettive del bambino, di certo però sembra probabile che possano esserlo, come nel caso di Tom. L’imitazione di un fratello più grande ci mostra molto chiaramente che i fratelli maggiori possono in effetti avere un’influenza diretta sul modo di giocare dei bambini e sulle loro abilità nei confronti del mondo degli oggetti. I bambini copiano fratelli e sorelle in molti altri modi. Spesso il bambino imiterà un’azione del fratello o della sorella che 26 ha attirato l’attenzione di un adulto, anche se tale attenzione comportava rimproveri e punizioni. A diciotto mesi il secondogenito, dopo aver assistito ad una discussione tra la madre e il fratellino più grande riguardante un’azione proibita commessa da quest’ultimo, spesso copierà immediatamente l’azione proibita, ridendo e guardando la madre mentre lo fa. Questa gioia nel trasgredire una regola sociale, la nuova consapevolezza di ciò che è permesso e ciò che non lo è, è dimostrata molto chiaramente in queste imitazioni delle birichinate del fratello. E, come sanno benissimo i genitori, i primogeniti spesso imitano le azioni o i rumori infantili prodotti dai fratellini più piccoli che attirano l’attenzione incantata dei genitori. C’è ancora un altro aspetto caratteristico dell’imitazione tra fratelli e sorelle che merita d’essere menzionato. I giochi tra fratelli molto piccoli spesso richiedono che un bambino imiti le azioni dell’altro: un balzo, un salto, una cantilena, un gesto comico, poi i due bambini continuano a giocare insieme con urletti d’ilarità. Ecco un esempio dallo studio di Cambridge: «Judy B mette una mano sul seggiolone in cui sta seduta Carole (otto mesi). Judy tamburella con le dita sul vassoio del seggiolone. Carole osserva. Judy muove le dita; entrambe continuano ad agitare le dita insieme, scambiandosi sguardi e risate. Tre minuti dopo Carole, sempre nel seggiolone, tamburella con le dita sul vassoio, guarda Judy e vocalizza». Giochi di questo tipo, in cui i bambini agiscono insieme, sono molto spesso fonte di gran divertimento e matte risate. Non è ben chiaro perché fare le cose insieme sia una tale fonte d’eccitazione e di piacere. Ma è interessante notare che questi giochi avvengono con maggior frequenza nelle famiglie in cui il primo nato ha manifestato calore ed affetto verso il fratellino 27 più piccolo sin dalle prime settimane, e che in queste famiglie il primogenito tende particolarmente ad imitare il fratellino minore quando quest’ultimo è molto piccolo. Poiché sappiamo che i piccolissimi sono particolarmente interessati alle persone che si dimostrano molto sensibili alle loro azioni (il cui comportamento è strettamente legato al loro nel tempo), e che imitano chi si dimostra particolarmente protettivo e forte, non sorprende che proprio in famiglie di questo genere i secondo geniti molto spesso imitino i fratelli più grandi, e partecipino alle loro azioni con entusiasmo. Quando il piccolo comincia ad imitare il bambino più grande, si presume che aumenti la gratificazione per il secondo, che si trova a far da modello ad un pubblico così attento e di così facile soddisfazione. Ma esiste un’altra spiegazione possibile dell’eccitazione espressa dai bambini in questi giochi imitativi. In essa è presente l’idea che l’eccitazione e il piacere dimostrato dai bambini rifletta in parte un qualche riconoscimento del fatto che il bambino più grande è “come me”. Gli psicologi hanno indicato che i bambini più grandi, gli adolescenti e gli adulti sono maggiormente attratti da persone che sentono simili a se stessi. Riconoscere che qualcuno è “come me” richiede natu ralmente l’utilizzazione di categorie piuttosto elaborate per definire se stessi e l’altra persona. Può sembrare alquanto inappropriato suggerire che bambini al di sotto dei tre anni possano pensare a se stessi e ad altri in questi termini. Ma un dato fornitoci dallo studio di Cambridge a favore di quest’ipotesi è che i giochi di imitazione erano più frequenti tra coppie di fratelli dello stesso sesso. Esiste l’interessante possibilità che i piccolissimi fossero anch’essi più interessati ai fratelli più grandi, perché si rendevano conto, anche all’inizio del secondo anno di vita, che il fratellino o la sorellina più grandi erano “come me” in termini di sesso. Se è così, l’indicazione è ancora una 28 volta che i bambini mostrano un comportamento notevolmente maturo nel contesto del rapporto tra fratelli. L’imitazione tra fratelli o sorelle molto piccoli, quindi, non soltanto ci indica la precisione con la quale i bambini si osservano vicendevolmente ed il potenziale del più grande come modello per il più piccolo, ma anche il senso di particolare eccitazione che si produce in giochi in cui i due agiscono insieme simultaneamente. Scambi amichevoli e scherzosi sono di fatto frequenti tra fratellini, nonostante in molti scritti sui rapporti tra fratelli si ponga l’accento sulla rivalità; e il comportamento amichevole dei più piccoli nei confronti dei più grandi aumenta man mano che i bambini crescono, almeno durante i primi tre anni di vita. Non soltanto i bambini cooperano nel gioco ed hanno manifestazioni d’affetto fisiche l’uno verso l’altro, ma spesso mostrano preoccupazione se l’altro sta male e fanno tentativi pratici per aiutarlo e confortarlo. Naturalmente anche il comportamento aggressivo è frequente. In uno studio condotto in Canada, il 29 per cento del comportamento osservato tra fratelli o sorelle era ostile. Normalmente era il più grande ad essere aggressivo con il piccolo, ma crescendo i secondogeniti divenivano anch’essi sempre più aggressivi. Il pattern che si manifesta nel comportamento amichevole ed aggressivo tra fratelli sottolinea due importanti aspetti del comportamento dei bambini. Primo, mentre alcuni mostrano un comportamento in prevalenza aggressivo verso i fratelli ed altri sono di solito amichevoli e raramente aggressivi, molti bambini mostrano sia un frequente comportamento amichevole che uno ostile verso i fratelli e le sorelle. Sarebbe chiaramente un errore descrivere il rapporto tra questi bambini secondo un’unica dimensione di calore-ostilità, dato che in così gran numero essi mostrano ambivalenza, piuttosto che semplicemente amicizia o aggressività. Secondo, in molti incontri tra fratelli e sorelle, 29 un bambino è amichevole, e l’altro è indifferente o ostile. Questa “mancanza d’affiatamento”, di emozioni è importante. Abbiamo sottolineato nel primo capitolo che ci sono sorprendenti differenze tra fratelli per quanto riguarda personalità e comportamento – il secondo “tema” del nostro libro – ed abbiamo suggerito che uno dei possibili modi in cui tali differenze tra bambini cresciuti nella stessa famiglia possono sorgere stia nelle differenze di comportamento dei bambini l’uno verso l’altro. L’osservazione di fratelli molto piccoli fornisce la prima prova che tali differenze di comportamento vicendevole possono in effetti essere piuttosto comuni. Nel nostro studio di Cambridge, il 21 per cento delle interazioni tra i primogeniti ed i fratellini o le sorelline di quattordici mesi risultavano “non affiatate”, e cioè interazioni nelle quali un bambino era amichevole, l’altro ostile. Commento Alla nostra prima domanda – è vero che fratelli e sorelle si influenzano a vicenda? – possiamo cominciare a dare qualche risposta, anche per quanto riguarda i primi mesi ed anni di vita insieme. Proprio come nelle prime settimane il palcoscenico è preparato in base alla reazione emotiva del primo figlio nei confronti del nuovo nato, così pure la storia del loro rapporto si sviluppa in termini fortemente emotivi. La rilevanza del comportamento di ciascun bambino per l’altro, l’imitazione ed il modellamento (modelling), la carica emotiva delle loro interazioni stanno tutti ad indicare che anche nei primi due anni il fratello o la sorella esercita un’importante influenza sia sul primo che sul secondo nato. Le osservazioni di interazioni “non affiatate” ci forniscono la prima prova del fatto che crescere con 30 un fratello o una sorella può essere un’esperienza molto diversa per i vari bambini all’interno di una famiglia, e può senz’altro contribuire alle sorprendenti differenze esistenti tra fratelli. Per quanto riguarda il nostro terzo tema, il grado di comprensione che i bambini dimostrano nel contesto del rapporto tra fratelli, le osservazioni sul rapporto tra fratelli molto piccoli sono particolarmente rivelatone. Il comportamento amichevole e aggressivo dei bambini l’uno verso l’altro ci dà un quadro molto vivido degli inizi della “comprensione sociale”; gli inizi della comprensione da parte dei bambini di particolari sentimenti, intenzioni e bisogni di altre persone, e delle regole sociali della famiglia in cui crescono. Quando i bambini mostrano preoccupazione per il malessere dei propri fratelli o sorelle, vanno a prendere i loro giocattoli preferiti, glieli offrono e li accarezzano affettuosamente, essi hanno chiaramente afferrato qualcosa della natura dei sentimenti dell’altro, dimostrando anche una qualche comprensione pratica di come consolarli. I bambini iniziano a mostrare questo tipo di comportamento empatico nei confronti dei fratelli durante il secondo anno d’età, e si tratta di un’età ben più precoce per la comparsa di empatia rispetto a quanto dimostrato da test più formali sulla comprensione da parte dei bambini dei sentimenti di altre persone. E nel contesto del conflitto tra fratelli, i bambini spesso mostrano piuttosto chiaramente di sapere come fare per far innervosire e provocare un’altra persona. Prendiamo per esempio queste testimonianze di comportamento “dispettoso” tratte dal nostro studio di Cambridge: Anne, 3 anni, sta giocando con un orsacchiotto, il suo oggetto di consolazione preferito. Gli sta facendo una “tenda” in cucina con una sedia e un pezzo di stoffa. Eric, il fratellino più piccolo, osserva. Cinque minuti dopo tutti e due i piccoli 31 si trovano in soggiorno, e litigano per una macchinetta. Anne vince. Eric si arrabbia. Corre in cucina, fa a pezzi la “tenda” di Anne e scaglia l’orsacchiotto dall’altra parte della stanza. Anne scoppia in lacrime. La mamma di Elly e Andrew sta raccontando ad una persona che è venuta a trovarli che Elly (cinque anni) ha il terrore dei ragni. “E c’è un giocattolo a forma di ragno che lei proprio non può vedere”, commenta la mamma. Andrew esce di corsa dalla cucina e va nella stanza dei giochi, fruga nella scatola dei giocattoli e trova il ragno-giocattolo, corre di nuovo in cucina e lo preme in faccia ad Elly; lei piange, Andrew ride. In questi esempi Andrew ed Eric si comportano in un modo che indica che sanno come far arrabbiare i fratellini più grandi. Eppure entrambi hanno soltanto sedici mesi, un’età in cui gli psicologi hanno ritenuto che i bambini abbiano una concezione molto limitata dei desideri e sentimenti altrui. Per quale motivo bambini così piccoli mostrano una comprensione relativamente sofisticata dei propri fratelli e sorelle? Perché sono in grado di consolare e far arrabbiare un fratello o una sorella ad un’età al di sotto dei due anni, quando test più formali sull’abilità di comprendere le percezioni ed i sentimenti degli altri indicano che tale comprensione ha inizio soltanto allorché i bambini raggiungono l’età di quattro o cinque anni? Ci sono una serie di possibili spiegazioni della discrepanza tra le osservazioni di fratelli e sorelle insieme, ed i test più formali. Primo, probabilmente è importante che i bambini abbiano una tale familiarità con i propri fratelli e sorelle, bambini che vedono quotidianamente in situazioni familiari di routine, e dei quali osservano ogni giorno le reazioni e le azioni. Secondo, probabilmente è anche importante che ciò che fa arrabbiare, eccitare o fa piacere ad un fratellino spesso abbia lo stesso ef32 fetto sul bambino stesso. Le fonti di piacere, gioia e paura sono molto simili per i bambini. Terzo, è importante considerare il contesto emotivo in cui fratelli e sorelle giocano, parlano e litigano gli uni con gli altri. È un ambiente di reale importanza emotiva, e la profondità di conflitti, gelosie o affetto tra i bambini non dovrebbe essere ignorata nel cercare di spiegare perché i bambini afferrano così precocemente i sentimenti e le intenzioni dei propri fratelli. Per i bambini piccoli conta davvero moltissimo capire che cosa sentono o cosa intendono fare i fratelli e le sorelle. Ciò vuol dire che il rapporto tra fratelli non è soltanto un contesto nel quale il grado di comprensione sociale dei bambini si rivela con particolare chiarezza, ma che si tratta di un contesto all’interno del quale tale comprensione tende ad essere favorita. Il dramma del conflitto e l’eccitazione della cooperazione con un fratello o una sorella forniscono un ambiente molto importante nel quale la comprensione degli altri da parte del bambino inizia a svilupparsi. Per illustrare questo punto osserveremo più da vicino i cambiamenti che avvengono nelle liti dei bambini con fratelli e sorelle nel corso dei primi due o tre anni, e le maniere in cui essi cooperano nei giochi di finzione. 33