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SANTO STEFANO - In
La chiesa di
Santo
Stefano
a Soleto
indagini e approfondimenti
a cura di
Paola Durante
Sofia Giammaruco
con un saggio di
Rosa Lorusso Romito
La chiesa di
Santo
Stefano
a Soleto
indagini e approfondimenti
a cura di
Paola Durante
Sofia Giammaruco
con un saggio di
Rosa Lorusso Romito
La chiesa di
Santo Stefano
a Soleto
indagini e approfondimenti
contributi
credits
A cura di
Paola Durante
Sofia Giammaruco
Un progetto di
Consulente scientifico
Rosa Lorusso Romito
Testi
Francesco De Matteis, Lavinia Donateo,
Paola Durante, Francesco Gabellone,
Sofia Giammaruco, Rosa Lorusso Romito,
Maurizio Masieri, Davide Melica,
Gabriele Miceli, Gabriele Montinaro,
Giovanni Quarta, Maria Federica Stifani,
Graziano Vantaggiato, Monica Volinia.
cofinanziato da
realizzato in collaborazione con
Ricerche
Lavinia Donateo, Paola Durante,
Sofia Giammaruco, Maria Federica Stifani
Progetto grafico e impaginazione
Alberto Giammaruco | CRESCo
Si ringraziano
Comune di Soleto, Soprintendenza Belle
Arti e Paesaggio per le province di Brindisi
Lecce e Taranto, Roberto Bellantuono,
Maria Chiffi, Ivan Ferrari, Giulia Germinario,
Beppe Gernone, Mario Girotto, Francesco Giuri,
Maida Leo, Antonella Simonetti, Museo Civico
“Pietro Cavoti”- Galatina, Giuseppe Ancora,
Gino Dimitri, Luigi Galante, Giovanni Giangreco,
Francesco Giannachi, Claudio Giovinazzo,
Luigi Manni, Associazione Nuova Messapia,
Famiglia Leo (Luca, Valeria, Elisabetta)
In-Cul.Tu.Re. progetto vincitore del bando
Miur “Smart Cities and Communities and
Social Innovation”
© 2015 Progetto In-Cul.Tu.Re. / MIUR
ISBN 978-88-98289-46-2
www.inculture.eu
PON04a3_00390
PON “Ricerca e Competività” (PON “R&C”)
2007 - 2013 Avviso D.D. 84/Ric del 2/3/2012
Asse II: “Sostegno all’Innovazione” - Ob. Op.
4.2.1.3 “Azioni Integrate per lo Sviluppo
Sostenibile e la Diffusione Della Società
Dell’Informazione”.
Finito di stampare nel mese di Luglio 2015
da Edritrice Salentina - Galatina (Le)
In-Cul.Tu.Re. Lecce, via S. Lupinacci, 1
73100 | [email protected]
sommario
Prefazione
Graziano Vantaggiato
7
Premessa
In-Cul.Tu.Re.
9
Introduzione
Il Progetto In-Cul.Tu.Re e la chiesa di Santo Stefano: un percorso multidisciplinare di ricerca e valorizzazione
Paola Durante, Sofia Giammaruco
13
contributi
La chiesa di Raimondello 25
Rosa Lorusso Romito
Indagini termografiche Monica Volinia
59
I dipinti murali: indagini mediante fluorescenza di Raggi X (XRF)
per la caratterizzazione dei pigmenti.
Giovanni Quarta, Davide Melica, Maurizio Masieri
65
Un’applicazione per la fruizione di dati eterogenei
Francesco Gabellone, Ivan Ferrari, Francesco Giuri
79
tavole
Schemi sulla lettura iconografica
Nelle pagine precedenti:
Soleto, Chiesa di Santo Stefano, facciata (ph. P. Colaiocco per In-Cul.Tu.Re, 2014).
Soleto, Chiesa di Santo Stefano, particolare (ph. E. Floriddia & S. Cesari per In-Cul.Tu.Re, 2014).
Prefazione
Graziano Vantaggiato
Sindaco di Soleto
Molte volte quando facciamo ordine e pulizia tra i ricordi della nostra vita,
solitamente ci accorgiamo di aver avuto vicino a noi, sotto i nostri occhi,
delle cose importantissime, dei tesori. Presi dalla frenesia e dalle abitudini
quotidiane, però, dimentichiamo di possederle, ammirarle, goderne e
soprattutto di condividerle con gli altri.
La quotidianità ci fa perdere il senso dell’importanza, la non conoscenza
ci fa perdere il gusto del piacere.
Per avere al meglio la contezza dei nostri tesori nascosti o dimenticati,
talune volte bisogna avere gli occhi adatti, o avere qualcuno che ci insegni
a guardare e comprendere meglio dove noi spesso non ne siamo capaci.
Il lavoro di In-Cul.Tu.Re. ci predispone, ove lo si renda necessario, alla
conoscenza e alla giusta attenzione, con uno sguardo consapevole, alle
meraviglie che ogni giorno volutamente o no ignoriamo di avere.
Lasciamoci accompagnare in questo meraviglioso viaggio di conoscenza,
e soprattutto cerchiamo di condividerlo con gli altri. Alla fine di questo
percorso, sicuramente saremo più ricchi e consapevoli del nostro immenso
patrimonio.
Un sentito ringraziamento ai ragazzi del progetto In-Cul.Tu.Re. per
l’amore e la passione che hanno profuso in tale immensa attività.
− 7 −
premessa
In-Cul.Tu.Re.
In-Cul.Tu.Re. è un progetto di ricerca, vincitore del bando del Miur “Smart
Cities and Communities and Social Innovation” (d.d. 84/Ric. del 02/03/2012),
che ha iniziato le sue attività nell’agosto del 2012, individuando 12 “casi studio” nell’ambito del patrimonio culturale dell’Unione dei Comuni della Grecìa
Salentina*.
La scelta è ricaduta su quei beni che ben rappresentano la complessità e
l’eterogeneità di un patrimonio a volte considerato “minore”, ma depositario di
forti valori storico-identitari, e che offrono occasioni per innescare processi di
riappropriazione da parte della collettività e di rigenerazione dei luoghi.
Su ciascuno di essi sono state condotte attività di ricerca nei campi della
diagnostica non distruttiva finalizzata alla conoscenza e al restauro, dell’efficienza energetica e dello sviluppo di strumenti Ict per la fruizione e la valorizzazione.
Accanto alla ricerca scientifica, sono stati avviati diversi processi di comunicazione e promozione del patrimonio culturale, favorendo l’uso di pratiche
artistiche con la realizzazione di reportage fotografici, mostre, installazioni,
prodotti video e prodotti editoriali.
Il team di progetto è stato supportato dai partner Ibam-Cnr di Lecce, Laboratorio di Diagnostica non Distruttiva del Politecnico di Torino, Istituto Superiore Mario Boella di Torino e cooperativa CRESCo, facendo della multidisciplinarietà il punto di forza del proprio approccio metodologico, coinvolgendo
le comunità e le istituzioni locali, le realtà innovative esistenti intorno ai luoghi
studiati, puntando alla promozione di buone pratiche replicabili anche in altri
contesti.
* Parco Archeologico di Apigliano (Martano), Chiesa di San Francesco (Martignano), Pozzelle di Pirro,
Pozzelle di Apigliano e Cisterne di Masseria Gloria (Zollino), Cripta di San Sebastiano (Sternatia), Chiesa
della Madonna degli Angeli (Sternatia), Castello De Gualtieriis (Castrignano Dei Greci), Molino Coratelli
(Corigliano d’Otranto), Piazza San Giorgio (Melpignano), Chiesa di San Biagio e suo intorno (Calimera/
Melendugno), Chiesa di Santo Stefano (Soleto), l’Attività estrattiva e la produzione fittile nel tempo a
Cutrofiano (Cutrofiano), Soleto archeologica (Soleto).
− 9 −
Per il caso studio della Chiesa di Santo Stefano a Soleto sono state condotte,
con il Laboratorio di Diagnostica non Distruttiva del Politecnico di Torino e
l’Istituto Ibam-Cnr di Lecce, indagini diagnostiche per la conoscenza e il monitoraggio dello stato di conservazione dell’opera.
Sempre in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto Ibam-Cnr di Lecce
e con la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Bari - BAT e
Foggia (già Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della
Puglia), è stato progettato e sviluppato un sistema di visita alla chiesa in realtà
aumentata, cioè un’applicazione per mobile e pc.
L’applicazione e questa pubblicazione aggiungono un nuovo tassello nel
racconto del contesto di riferimento del Progetto, in una logica complessiva
che mira alla costruzione di una rete territoriale di valorizzazione dei beni
culturali della Grecìa Salentina, arricchita dalla realizzazione di tre itinerari
ciclo-turistici inediti, per esplorare a 360 gradi i luoghi indagati.
La chiesa di Santo Stefano, come gli altri beni oggetto di studio, è stata quindi interessata da molteplici azioni di promozione, come il catalogo fotografico
“Da qui non si vede il mare – Il paesaggio della Grecìa Salentina”, il reportage
di Piero Marsili Libelli confluito nel calendario 2015 “Tra Visioni e Paradossi”,
la realizzazione del cortometraggio “Deposizione in due atti” del regista Carlo
Michele Schirinzi (selezionato al Torino Film Festival 2014, al Festival del Cinema Europeo 2015 di Lecce e al Toko Film Festival 2015 di Salerno), l’inserimento nelle App “Sherazade – Storymaker for travelling” e “InCulture – Caccia ai
Tesori della Grecìa Salentina”.
Francesco De Matteis
Lavinia Donateo
Paola Durante
Sofia Giammaruco
Gabriele Miceli
Gabriele Montinaro
Maria Federica Stifani
Soggetti attuatori In-Cul.Tu.Re.
− 10 −
Introduzione
Il Progetto In-Cul.Tu.Re e la chiesa
di Santo Stefano: un percorso
multidisciplinare di ricerca
e valorizzazione
Paola Durante ∙ Sofia Giammaruco
1. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno (ph. P. Colaiocco per In-Cul.Tu.Re, 2014)
2. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno (ph. P. Colaiocco per In-Cul.Tu.Re, 2014).
Il Progetto In-Cul.Tu.Re., tra il 2012 e
il 2015, ha avuto l’opportunità di condurre un percorso di ricerca scientifica sulla chiesa di Santo Stefano, grazie ad un protocollo d’intesa siglato
con il Comune di Soleto, proprietario
del bene culturale, e soprattutto in
virtù della collaborazione con la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio
per le provincie di Bari - BAT e Foggia
(già Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della
Puglia).
Proprio con la Soprintendenza,
che per la chiesa di Santo Stefano ha
curato diversi interventi di restauro
su finanziamenti del MiBACT (l’ultimo dei quali conclusosi nel 2012), il
Progetto In-Cul.Tu.Re. ha cooperato
con gli obiettivi di: approfondire il
quadro conoscitivo sul bene, mediante studio storico-documentario,
campagne di rilievo e indagini non
distruttive; monitorare lo stato di
conservazione – mediante diagnostica non invasiva – a conclusione
dell’ultimo restauro; sviluppare e rendere fruibile un sistema di visita alla
1
chiesa in realtà aumentata, volto a
promuovere la conoscenza e la comprensione dell’opera (Figg. 1, 2).
L’approccio di In-Cul.Tu.Re. è stato quello di porre le basi del proprio
operato su due concetti fondamentali
e imprescindibili: la conoscenza e la
ricerca, senza le quali – per dirla, tra
gli altri, con Salvatore Settis e Tomaso Montanari – non può esserci tutela
né valorizzazione, “perché valorizzare
quel che non si conosce non si può: e
una vera conoscenza/tutela/valorizzazione non si fa solo nei musei, ma
sul territorio”1. Realizzare un percorso
volto alla valorizzazione della chiesa di
Santo Stefano di Soleto, bene culturale già ampiamente studiato e tutelato,
ha significato, quindi, per il Progetto
In-Cul.Tu.Re. partire dalla ricerca,
collaborando prima di tutto con la Soprintendenza, organo territoriale del
MiBACT, principale ente di riferimento per la tutela del patrimonio culturale (nello specifico con la funzionaria
Dr.ssa R. Lorusso Romito).
È stata quindi consultata la raccolta di documenti (carteggi, perizie,
Settis S., Una cura da elefante, articolo pubblicato su La Repubblica, 2015.
− 13 −
4. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, affreschi prima del restauro (Soprintendenza BeAP per le
province di Bari - BAT e Foggia - Archivio Fotografico, n. neg. 58974 D, s.d.).
3. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, facciata durante i restauri (Soprintendenza BeAP per le province di
Bari - BAT e Foggia - Archivio Fotografico, n. neg. 1473 B, 4 Maggio 1939).
− 14 −
progetti, elenco lavori, capitolati, rilievi, foto storiche, documentazione
fotografica prima-durante-dopo gli
interventi realizzati, risultati di tutte
le precedenti campagne di indagini diagnostiche, articoli scientifici,
ecc…) conservati presso l’Archivio e
l’Archivio Storico (già Soprintendenza BSAE della Puglia) e l’Archivio Fo-
tografico (Soprintendenza BeAP per
le province di Bari - BAT e Foggia), il
cui studio è stato fondamentale per
ricostruire le vicende storiche e la sequenza degli interventi di restauro e
analisi che hanno riguardato la chiesa a partire dal 1891 e fino ai nostri
giorni (Figg. 3, 4).
Sono stati consultati i taccuini
− 15 −
5. Pietro Cavoti, Disegno di un capitello del protiro non più esistente della chiesa di Santo Stefano di Soleto
(Inv.748r, Galatina, Museo civico “Pietro Cavoti”).
dello studioso Pietro Cavoti, custoditi nel Museo Civico “Pietro Cavoti”
di Galatina. I disegni dello studioso
galatinese, risalenti alla fine del XIX
secolo, hanno permesso non solo di
individuare elementi oggi non più
esistenti della chiesa di Santo Stefano (Fig. 5), scomparsi per fenomeni
di degrado o cause antropiche (in
particolare elementi decorativi del
prospetto principale), ma hanno
anche offerto informazioni su altri
beni riconducibili alla committenza di Raimondello del Balzo Orsi-
ni, Maria d’Enghien Brienne e del
loro figlio Giovanni Antonio, come
– accanto alla Guglia di Soleto, alla
Basilica di Santa Caterina d’Alessandria di Galatina – la chiesa di Santa
Lucia, un tempo esistente nel territorio di Soleto, scomparsa probabilmente nei primi anni del Novecento,
e il cui disegno dei prospetti esterni
rimanda ad alcuni elementi decorati dell’architettura che si ritrovano
molto simili sulla facciata della chiesa di Santo Stefano e della Basilica
di Santa Caterina (rosone, portali,
− 16 −
architravi, protiro, archetti pensili)
(Fig. 6).
Sulla chiesa di Santa Lucia, nel dicembre 1883, il De Giorgi scriveva:
“minaccia rovina in molti punti; e tra
pochi anni, se non si baderà a restaurarla, crollerà indubbiamente o sarà
distrutta; e per meschino conforto ci
resterà il solo disegno del Prof. Cav.
Pietro Cavoti e la fotografia dell’egregio artista modenese, il signor Pietro
Barbieri”2. Se il monito espresso dal
De Giorgi non ha di fatto impedito
la distruzione della chiesa di Santa
Lucia, le sue parole in merito a Santo
Stefano, “sarà un vero miracolo se ciò
che resta potrà durare un altro secolo!”3, non hanno avuto poi riscontro
nella storia di questo bene culturale,
“squisito […] gioiello”4, il cui significato e la cui singolare importanza
sono stati da sempre riconosciuti:
“Cotesta cappella che costituisce uno
dei più insigni monumenti medievali
di Terra d’Otranto, è pregevolissima
non solo per la sua antichità, rimandandone la costruzione ai secoli XIIIXIV, ma per gli affreschi che l’adorna-
no e che, in gran parte, sono in buono
stato di conservazione”5.
Per la chiesa di Santo Stefano,
all’opportunità di consultare le numerose fonti d’archivio conservate, si accosta la grande disponibilità di fonti
bibliografiche6. Accanto ad esse vuole
porsi questa pubblicazione, che mira
ad offrire un contributo sulle più recenti ricerche condotte nell’ambito
del Progetto In-Cul.Tu.Re. (da qui il
sottotitolo di questo volume Indagini
e approfondimenti), e che si arricchisce dell’apporto di chi ha partecipato agli ultimi interventi di restauro
della chiesa e alle prime campagne
diagnostiche effettuate su di essa,
preliminari e conseguenti ai restauri stessi (si rimanda al capitolo La
chiesa di Raimondello di R. Lorusso
Romito). Se, infatti, gli interventi di
restauro effettuati hanno permesso di
approfondire la conoscenza dell’opera – analizzandone materiali, stato di
conservazione, tecniche esecutive – il
contributo presente in questa pubblicazione intende offrire, accanto a
una lettura dei cicli affrescati e delle
2
De Giorgi C., La Provincia di Lecce. Bozzetti di viaggio, Vol. II, Congedo Editore, Galatina 1975, p.47.
3
Idem, p.49.
Berger M., Jacob A., La chiesa di S. Stefano a Soleto. Tradizioni bizantine e cultura tardogotica, Argo
editore, Lecce 2007, p.97.
4
5
Già Soprintendenza BSAE della Puglia – Archivio storico, (scritto datato 1927 dell’Avv. A. Foscarini all’On.
le Ministro della Pubblica Istruzione - Direzione generale delle Belle Arti).
6
Tra le numerose fonti disponibili, le più significative per le ricerche condotte da In-Cul.Tu.Re. sono state:
De Giorgi C., La Provincia di Lecce. Bozzetti di viaggio, Vol.II, Congedo Editore, Galatina 1975; Berger M.,
S. Stefano di Soleto e i suoi affreschi, in De Bernart A. (a cura di), Paesi e figure del vecchio Salento (collana
Documentari. Luoghi Documenti e Artisti di Puglia, 6),Vol.II, Congedo Editore, Galatina 1980; Lorusso
Romito R., Le rotte adriatiche del gotico in Puglia. Frequentazioni e modelli iconografici, in Adriatico. Un mare
d’arte, storia, cultura, Atti del Convegno (Ancona, 20-22 maggio 1999), a cura di Cleri B., Ripatransone
2000; Cassiano A., Vetere B. (a cura di), Dal Giglio all’Orso: i principi d’Angiò e Orsini nel Balzo nel Salento,
Congedo editore, Galatina 2006; Berger M., Jacob A., La chiesa di S.Stefano a Soleto. Tradizioni bizantine e
cultura tardogotica, Argo editore, Lecce 2007; Manni L., La chiesa di Santo Stefano di Soleto. Epigrafia a cura
di Francesco G. Giannachi (collana Biblioteca di Cultura Pugliese), Congedo Editore, Galatina 2010; Ortese
S., Pittura tardogotica nel Salento, Congedo editore, Galatina 2014.
− 17 −
6. Pietro Cavoti, Disegno della chiesa scomparsa di Santa Lucia di Soleto (Inv.842, Galatina, Museo civico
“Pietro Cavoti”).
7. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord, Campagna di analisi mediante XRF (ph. S.Giammaruco, 2015).
fasi esecutive, un quadro cronologico
e un’ipotesi sugli ambiti geografici e
culturali di appartenenza delle probabili maestranze che furono attive
in Santo Stefano.
Lo studio bibliografico e il confronto tra le varie fonti hanno permesso di elaborare gli schemi sulla
lettura iconografica di seguito allegati,
recanti la varie ipotesi interpretative
offerte dagli studiosi in merito ai diversi cicli raffigurati nella chiesa.
Importante mezzo di conoscenza - strumento già di per sé utile per
la tutela del bene culturale - è stata la
creazione di un modello tridimensionale della chiesa, punto di partenza
nello sviluppo dell’App di visita in
realtà aumentata, che i ricercatori
dell’IT-Lab dell’Ibam-Cnr di Lecce
hanno realizzato attraverso l’esecu-
zione di campagne di rilievo interno
ed esterno mediante laser scanner a
tempo di volo e fotogrammetria digitale delle superfici interne ed esterne
(mappatura ad alta risoluzione dei cicli pittorici).
Le indagini diagnostiche, pianificate e condotte in collaborazione con
il Laboratorio di Diagnostica non Distruttiva del Politecnico di Torino e
l’Istituto Ibam-Cnr di Lecce, hanno
avuto come obiettivi principali la valutazione dello stato di conservazione della chiesa (tramite Termografia
all’infrarosso) e la caratterizzazione dei
materiali impiegati negli affreschi (tramite Fluorescenza di raggi X, XRF).
Le indagini termografiche all’infrarosso, che hanno interessato sia le
pareti interne che quelle esterne della
chiesa, sono state eseguite in campa-
− 18 −
8. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord, Campagna di analisi mediante XRF (ph. S.Giammaruco, 2015).
− 19 −
gne stagionali e in condizioni metereologiche e orari differenti allo scopo
di monitorare la presenza di un fronte di umidità di risalita capillare individuato nel sopralluogo preliminare.
Esso è stato con molta probabilità già
in passato la causa di degrado della
parte inferiore degli affreschi delle
pareti. Le indagini hanno consentito
inoltre di individuare la presenza di
ponti termici ed altre anomalie attribuibili a elementi tamponati o ai diversi materiali impiegati (si rimanda
al capitolo Le Indagini termografiche
di M.Volinia). La termografia all’infrarosso è una tecnica di indagine
non distruttiva che permette di evidenziare fenomeni di degrado in atto
senza alterare l’integrità materiale
dell’oggetto esaminato, e nel caso della chiesa, bene recentemente restaurato, ha consentito di monitorare il
suo stato di fatto nell’arco di un anno
senza la necessità di prelievi e prove
invasive. Si configura quindi come
un utile strumento di prevenzione
che può evitare pesanti interventi di
recupero.
La campagna di indagini di caratterizzazione sui cicli di affreschi presenti
nella chiesa di Santo Stefano, svolta in
collaborazione con i ricercatori dell’Ibam-Cnr di Lecce, ha previsto anche
in questo caso l’impiego di un’indagine non distruttiva e non invasiva quale l’XRF portatile, analizzando circa 70
punti di misura (Figg. 7, 8).
Per formulare un’ipotesi sulle aree
da indagare si è tenuto conto dei risultati di tutte le indagini di caratterizzazione precedentemente effettuate, prima degli ultimi interventi di
restauro, sugli affreschi7. Il principale obiettivo perseguito è stato quello
di estendere la caratterizzazione dei
pigmenti impiegati per le principali
campiture cromatiche riscontrabili
(blu, rosso, giallo, verde, bianco, nero,
incarnato) anche alla parete Ovest,
non ancora indagata, e ai registri superiori delle pareti Nord e Sud (si rimanda al capitolo I dipinti murali: indagini mediante fluorescenza di Raggi
X (XRF) per la caratterizzazione dei
pigmenti di G. Quarta, D. Melica, M.
Masieri).
Inoltre, in collaborazione con l’architetto F. Gabellone (IT-Lab dell’Ibam-Cnr di Lecce) e il suo team e
sempre con la consulenza tecnico
scientifica della Dr.ssa R. Lorusso
Romito è stata progettata e sviluppata
per la chiesa di Santo Stefano un’applicazione di realtà aumentata fruibile sia da mobile device che da remoto,
che si propone come uno strumento
immediato per la conoscenza e la
comprensione dell’opera (Fig. 9).
Organizzata in sezioni tematiche
(Lettura iconografica, Tecniche esecutive, Indagini termografiche, XRF,
Restauro virtuale), offre contenuti
inediti, come le integrazioni di restauro digitale, la guida interattiva ai
cicli di affreschi, i dati archeometrici esito delle indagini diagnostiche
condotte nell’ambito del progetto.
Ciò avviene sfruttando devices largamente diffusi (smartphone, tablet
e pc) e consentendo quindi un avvicinamento del grande pubblico ad
informazioni spesso non facilmente
accessibili, per il loro carattere tecnico scientifico, ma che permettono
di ampliare la conoscenza del bene
culturale andando oltre il visibile
con una modalità accattivante (si
rimanda al capitolo Un’applicazione
per la fruizione di dati eterogenei di
F. Gabellone).
Tale applicazione, che non si
vuole sostituire alle visite tradizionali, ma semmai vuole offrire un
contributo differente nell’approccio
al bene, consente anche da pc e a distanza di fruire la chiesa e i suoi affreschi grazie al modello 3d, completamente esplorabile, realizzato dai
ricercatori dell’IT-Lab dell’IbamCnr di Lecce.
L’App si arricchisce anche di un
filmato sulla chiesa che racconta il
9. Simulazione dell’App di visita in realtà aumentata alla chiesa di Santo Stefano.
7
Stea C., Soleto (Le): Chiesa di Santo Stefano. Analisi chimico mineralogiche e studio delle sequenze
stratigrafiche degli affreschi interni del registro inferiore, Aprile 2003 (già Soprintendenza BSAE della Puglia –
Archivio); Germinario G., Sulle tracce degli artisti di Soleto: studio e caratterizzazioni dei pigmenti della chiesa
di S.Stefano di Soleto (Lecce), Tesi in Applicazioni mineralogiche e petrografiche ai beni culturali (Relatori:
Laviano R., Vona F., Buccolieri G.), Università degli studi di Bari, a.a. 2004-2005 (già Soprintendenza BSAE
della Puglia – Archivio); Lorusso R., Laviano R., Vona F., Bellantuono R., Longobardi F., Gli affreschi
di Santo Stefano di Soleto (Lecce), in Scienza e Beni Culturali. Sulle pitture murali. Riflessioni, conoscenza,
interventi, Atti del Convegno di Studi, Bressanone 13-15 Luglio 2005, Edizioni Arcadia Ricerche, MargheraVenezia 2005; Adduci F., Buccolieri A., Buccolieri G., Castellano A., Germinario G.M.R., Leo L.S.,
Lorusso R., Vona F., Il Restauro della Chiesa di Santo Stefano a Soleto (Le): studio dei pigmenti pittorici, in
Atti del IV Congresso Nazionale di Archeometria, Pisa 1-3 Febbraio 2006, Pàtron editore s.r.l., Bologna 2007;
Germinario G.M.R., Calò U., Vitti M., Monno A., Laviano R., Lorusso R., Indagini non distruttive e
microanalisi eseguite per il restauro della chiesa di S. Stefano in Soleto (LE), Lecce 2010.
− 20 −
− 21 −
contesto in cui essa si colloca intrecciando ai riferimenti storici sulla
committenza, l’analisi delle peculiarità stilistiche e iconografiche dei suoi
affreschi, e offrendo una panoramica
su alcuni elementi decorativi ed architettonici ora non più esistenti.
Se l’App dunque, si propone come
uno strumento efficace per una fruizione interattiva e semplice della
chiesa di Santo Stefano, questa pub-
blicazione – ad essa legata – vuole
approfondire il quadro conoscitivo
sul bene, partendo dall’inquadramento storico e dall’analisi dell’opera, per poi avvicinare il lettore alle
tematiche della diagnostica non distruttiva applicata ai beni culturali e
della progettazione di nuovi sistemi
ICT volti alla conoscenza e alla valorizzazione.
Contributi
− 22 −
LA CHIESA DI RAIMONDELLO
Rosa Lorusso Romito
La chiesa di S. Stefano di Soleto con la
vicina Basilica di S. Caterina di Galatina, giunte entrambe quasi totalmente integre ai nostri giorni, conservano
gli episodi più alti della cultura figurativa tardogotica in Puglia. Insieme
ad imprese altrettanto significative
come la stessa Guglia soletana che si
innalza a fianco della attuale chiesa
matrice, sono il documento materiale
superstite della singolare civiltà che
maturò in seno alla di corte di Raimondello del Balzo Orsini, signore
della Contea di Soleto e poi Principe di Taranto dal 1399 al 1406 anno
della sua morte, il più importante
feudatario non solo del Regno di
Napoli in età angioina; della moglie
Maria D’Enghien Brienne, contessa
di Lecce, poi regina di Napoli avendo sposato in seconde nozze Ladislao
di Durazzo (1406 - 1414), infine del
figlio Giovanni Antonio, promotori
di opere di grande qualità, in stretto
rapporto con la Capitale del Regno e
con le maggiori corti italiane.
La chiesetta soletana dedicata al
rito greco ed edificata sul modello
di edifici bizantini di area balcanica
e italomeridionale sorge nel nucleo
storico della cittadina che fu un importante centro religioso e culturale
italogreco dal XIII secolo alla fine
del Cinquecento, come attestano la
presenza documentata di amanuensi
e pittori, nonché il gran numero di
codici liturgici pervenuti fino a noi,
prodotti da scriptoria locali.
Intitolata inizialmente ai Santi Stefano e Sofia fu eretta con tutta
probabilità già prima del matrimonio
con la contessa di Lecce (1385), e dedicata al rito greco da Raimondo, poi
noto come Raimondello, pronipote di
Raimondo del Balzo di Courthezon, I
conte di Soleto (†1375) con giurisdizione sui feudi di Galatina, Zollino,
Sternatia e Cutrofiano. A sostegno di
tale affermazione, a non voler considerare lo scudo in chiave all’archivolto in facciata – in effetti troppo
degradato ed illeggibile già nelle più
antiche foto per poterne azzardare
una identificazione – resta lo stemma al sommo del rosone, altrettanto
illeggibile oggi ma che, come documenta senza incertezze una vecchia
foto dell’Archivio Alinari (N. 35454;
Archivio Fotografico SBeAP – Bari,
riprod. N. 8087/D), presentava lo
− 25 −
scudo inquartato con la stella dei del
Balzo ed il corno d’Orange e al centro
la losanga Orsini con la rosa. L’assenza, di contro, di qualsiasi riferimento, sia all’esterno che all’interno della
chiesa, alla consorte Maria, le cui insegne viceversa appaiono numerose
volte nella Basilica di Santa Caterina
a Galatina, starebbe a conferma del
ruolo particolare della chiesetta di
S. Stefano, quasi oratorio privato del
futuro Principe di Taranto, emblema
della sua appartenenza alla più antica
e prestigiosa stirpe provenzale, i de
Baux de Provence, discendenti per
antica tradizione dal re Mago Baldassarre (Berger).
La contea di Soleto, pervenuta in
mancanza di eredi diretti al nipote
di Raimondo, Nicola degli Orsini di
Nola (†1399), in realtà era stata programmaticamente destinata dallo
stesso Raimondo ai discendenti della sorella Sveva del Balzo madre di
Nicola, in particolare al figlio cadetto di questi, omonimo del Courthe-
zon. Raimondo, poi Raimondello
per distinguerlo dallo zio, fu cavaliere ed insigne uomo d’arme, ciambellano del Regno e capitano di guerra
in Terra di Bari e Terra d’Otranto
nel 1382 su nomina di Carlo III di
Durazzo, balio dal 1383 del minorenne Ladislao futuro re di Napoli,
che più tardi lo investirà del Principato di Taranto, signore di Lecce a
seguito del matrimonio nel 1385 con
Maria d’Enghien Brienne, Gonfaloniere della Chiesa e protettore delle
bandiere papali nel Regno di Napoli,
prima con Urbano VI, poi con Clemente IX, il più grande feudatario,
infine, del Regno di Napoli.
Finalità di questo contribuito è
rivedere, anche alla luce delle indagini condotte in occasione dei restauri come in seno al Progetto In-Cul.
Tu.Re., le coordinate relative alla
committenza e alle possibili datazioni dei cicli dipinti a partire dalle peculiari soluzioni iconografiche e dagli
esiti stilistici offerti dagli stessi.
maticamente immagini devozionali
preesistenti, quasi una sorta di colonne poste a reggere simbolicamente l’edificio sacro secondo una prassi
diffusa nelle chiese bizantine tardomedievali. I Santi, appartenenti sia
al mondo bizantino che alla chiesa
d’Occidente, sono effigiati singolarmente entro i tradizionali tabelloni
votivi rifiniti da cornici monocrome
o decorate da cosmatesche, come nella più antica tradizione figurativa di
chiese rupestri e subdivo, ovvero raggruppati entro nicchie archiacute o a
tutto sesto, tri o polilobate, sorrette
in genere da esili colonne con minuti capitelli fogliari che rinviano alle
carpenterie di veri e propri dittici o
trittici, o di dossali “veneti” trecenteschi. Alle “icone” della fase più antica
(San Simone e San Giovanni Elemosiniere sulla parete settentrionale, San
Giovanni Battista a lato della Crocifissione con la Madonna e san Giovanni
sulla parete meridionale), si affianca-
no senza soluzione di continuità Santi universali (Nicola di Mira, Michele
Arcangelo, Gioacchino ed Anna), o
della chiesa orientale (Antonio Abate,
Onofrio, Giorgio), ovvero in connessione a culti propriamente occidentali (Margherita, Maria Maddalena);
infine, Santi diaconi (Stefano, effigiato due volte, Lorenzo o Filippo).
Tutte le raffigurazioni, ad esclusione del ciclo agiografico, sono accompagnate da iscrizioni in greco; i santi
Simone apostolo e Giovanni Battista,
come pure le frammentarie Annunciazioni, sono identificati anche da
scritte bilingue ovvero con singolari
commistioni col volgare (Safran).
Una larga banda terminale ad
eleganti motivi vegetomorfi doveva
correre, infine, tutt’attorno ai muri
perimetrali come mostrano gli scarsissimi lacerti superstiti che coronano la terminazione a cuspide della
parete di controfacciata.
PARETE NORD
I cicli decorativi
Lettura Iconografica
Il programma iconografico che si
dispiega senza soluzioni di continuità
sui muri d’ambito della chiesa, pur
nell’evidente successione di più fasi
esecutive, dichiara la sostanziale
conformità ad un progetto teologico
unitario, cui rinviano le grandi
rappresentazioni tratte dal Vecchio
Testamento e dai Vangeli ad est, la
Visione apocalittica in controfacciata,
i cicli cristologico e stefaniano
sui muri longitudinali, infine le
raffigurazioni dei santi dei registri
inferiori.
Una teoria di santi e sante stanti, a
grandezza naturale, occupa i registri
inferiori senza soluzioni di continuità,
inglobando e preservando program-
− 26 −
(v. Allegato, Tavola Parete Nord)
Registro inferiore
Teoria di Santi e Sante
Al centro della parete l’apostolo Simone, appartenente alla fase più antica, è collocato entro una nicchia a
sesto acuto decorata con un motivo
musivo “a cosmatesche”, di tradizione
ancora pienamente trecentesca, come
già i pannelli coevi sul muro opposto.
Lo affianca a sinistra un trittico incorniciato da colonnine in marmo e
capitellini vegetomorfi che sorreggono archetti polilobati in scorcio, nelle
cui nicchie sono allocate santa Tecla
(su fondo rosso) e le sante Caterina
d’Alessandria e Maria Maddalena,
anch’essa aureolata, su fondo blu (Fig.
1). Se i culti delle prime due erano già
noti in Salento, quello della Maddalena, di origini provenzali, è da ricon-
− 27 −
nettere alla diffusione di tale devozione nelle province del Regno ad opera
della corte napoletana.
Segue a destra San Michele Arcangelo, protettore dei defunti. Associato solitamente al Giudizio
Universale, è rappresentato secondo
l’iconografia occidentale in atto di
trafiggere il drago.
Dopo il varco tompagnato, che
accoglie negli sguanci le sante Lucia
e Margherita, quest’ultima versione
occidentale della bizantina Marina,
di dimensioni ridotte e in stato frammentario, sono effigiati nuovamente
a misura d’uomo i Santi diaconi Filippo (?) e Stefano entro un dittico sempre su colonnine di marmo ed archi
a tutto sesto. Nella nicchia è presente
San Giovanni Elemosiniere, unica raffigurazione nel Salento del patriarca
di Alessandria, il cui culto era molto radicato a Cipro, sua isola nativa
(Berger-Jacob).
Registro superiore
Storie della vita di Gesù
2. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord, Cristo inchiodato alla croce.
1. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord, Trittico con Sante Tecla, Maria di Magdala e Caterina d’Alessandria.
− 28 −
Il ciclo della vita e della passione di
Cristo tratto fondamentalmente dai
Vangeli canonici, si dispiega su 3 registri orizzontali secondo una concatenazione narrativa a bande ancora
pienamente trecentesca, composta
da una sequenza di 22 piccoli riquadri di diversa larghezza, di sapore
quasi miniaturistico, in cui su fondi
alternati blu e rossi, spicca il mantello di Cristo ora rosso ed ora blu.
Assente la rappresentazione vera
e propria della Natività di Gesù, il ciclo si apre con il Viaggio dei Re magi
a Betlemme guidati dalla stella (Mignozzi, Ortese) ovvero il Ritorno
dei Re magi in Oriente (Berger), comunque certamente in riferimento al
soggetto iconografico presente nella
nicchia di Pròthesis che privilegia un
particolare episodio della Adorazione dei Magi, la consegna di una fascia
del Bambinello al re Baldassarre da
parte di Maria (v. infra).
Alcune raffigurazioni sono proprie del mondo bizantino, come la
scena in cui la montagna si apre a
celare entro una caverna Elisabet-
− 29 −
ta sfuggita con san Giovannino alla
strage comandata da Erode (Miracolo della montagna), secondo la fantasiosa narrazione del Protovangelo di
Giacomo; o come l’Entrata di Cristo a
Gerusalemme per ottemperare al rito
del viaggio alla Città santa connesso
all’omonima grande Festa Liturgica
mobile (perché senza data fissa) di
antica origine gerosolimitana. In piena sintonia con le profezie veterotestamentarie sulla venuta del Messia e
gli stessi racconti evangelici, l’immagine del Messia a cavallo di un puledro d’asina, cavalcatura del tempo di
pace (Zaccaria 9,9) diversamente dal
cavallo, utilizzato in tempo di guerra
(Giudici 5,10), è fedele a moduli iconografici di antica tradizione, codificati già nel VI secolo.
A queste si alternano rappresentazioni inconsuete sia in ambito bizantino che nell’arte italiana trecentesca,
come Il bacio di Giuda o la caduta di
Cristo sotto la croce, “raro esempio
italiano” tra le rappresentazioni del
Calvario, più frequente al di là delle
Alpi dove diventa spunto come qui a
Soleto per dare spazio alla brutalità
degli aguzzini (Sandberg Vavalà).
Altrettanto vale per il tableau recante Cristo in atto di essere inchiodato
alla croce, modulato piuttosto su iconografie nordiche, cui pure rinvia la
concezione spaziale della scena composta su di un piano inclinato, quasi
una sorta di veduta a volo di uccello
(Fig. 2), da riconnettere a miniature trecentesche di ambito lombardo
(cfr. Libro d’ore di Bertrando de’ Rossi, Paris, Bibliotheque National, ms.
lat. 757, ff. 188 e 207).
La narrazione spesso si carica di
accenti di marcato espressionismo
che costituisce il carattere peculiare
della pittura tardogotica pugliese.
Pochissime ed essenziali le architetture, di stampo sostanzialmente
trecentesco, prive di cuspidi e tabernacoli come nelle più ricche elaborazioni del tardogotico fiorito. Scene
di vita quotidiana, di grande immediatezza narrativa, sono arricchite da
singolari inserimenti di genere: si vedano le bardelle pieghevoli degli asini nella Fuga in Egitto come appunto
nell’Ingresso a Gerusalemme, ancora
in uso nel secolo scorso nel Salento
(Berger-Jacob); i personaggi che
assistono al miracolo della resurrezione di Lazzaro in atto di tapparsi il
naso con il lungo becchetto dei cappucci a causa del cattivo odore; i dettagli di mode e fogge correnti, come i
copricapi a turbante o a punta, le vesti maschili corti ed attillate, portate
su eleganti calze bicrome, i mantelli
ornati di frappe dei Magi, fino alle
armature “di piastra”, che ritornano
nel san Michele che pesa le anime del
Giudizio Universale, nel cavaliere coronato del ciclo agiografico, nei soldati della Strage degli Innocenti, con
pure gli elmetti a semicalotta sferica, vestimenti guerreschi in uso sin
dall’ultimo ventennio del Trecento.
Analogo riferimento, infine, a situazioni contemporanee − la violenta polemica antisemitica in atto all’epoca non solamente in tutto il Regno
e nel Salento medioevale − è nella
programmatica apposizione di una
rotella di panno rosso sul petto degli
autori del martirio di Stefano nel ciclo agiografico come nella scelta del
vestito giallo "da fellone" per Giuda
− 30 −
(Berger) nella scena del tradimento, o per l’aguzzino di Cristo che si
accanisce a stringere le funi nella
citata scena dell’inchiodatura alla
croce. L’uso della rotella (anche gialla o verde), imposto agli ebrei quale
segno distintivo già dal IV Concilio
Laterano del 1215 per controllare i
nuclei ebraici presenti sul territorio,
verrà ribadito in tutto il Principato di
Taranto proprio da Maria d’Enghien
negli Statuta del 1445, ulteriore testimonianza materiale della presenza di
tali comunità anche nella contea di
Soleto e di coabitazioni certamente
non pacifiche.
PARETE est
(v. Allegato, Tavola Parete Est)
Abside
Cristo come Logos e Concelebrazione con i Santi Vescovi · Pentecoste
L’abside conserva la fase decorativa
più antica della chiesa insieme ai pochi tabelloni con San Simone a nord,
San Giovanni Battista e la Crocifissione di Gesù con la Madonna e san
Giovanni nel registro inferiore della
parete sud.
Le pitture della conca sono suddivise su due registri. In quello inferiore è presente l’Emanuele, Cristo adolescente rappresentazione del Logos
- Sapienza, seduto dinnanzi ad una
mensa in atto di concelebrare insieme
a quattro santi vescovi che lo affiancano convergendo a due a due verso
l’altare, campiti entro riquadri che alternano fondo rosso a fondo blu. La
concelebrazione dei vescovi è raffigurazione frequente nei programmi
absidali bizantini di Terra d’Otranto,
in contesti sia subdivali che rupestri,
ispirata all’Historia Mystagogica o Ecclesiastica, il commentario liturgico
più diffuso tra il clero italo-greco di
Terra d’Otranto con precipui scopi
didattici (Jacob). Viceversa, l’iconografia dell’Emanuele, di lontana origine paleocristiana, tanto prossimo
al mosaico con Cristo Creatore nella calotta del nartece di San Marco a
Venezia da suggerire il riferimento di
entrambi alla medesima fonte, costituisce “un unicum non solo nell’Italia
meridionale ma più in generale nella
pittura bizantina” (Berger-Jacob).
Altri Santi vescovi ritornano sul paliotto dell’altare sottostante, analoghi
per esecuzione e cronologia alle pitture dello strato più antico della parete absidale.
Nella zona superiore del cilindro
e nel catino è raffigurata la Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo
sulla Madonna e gli Apostoli riuniti nel cenacolo, dove la SS. Trinità è
rappresentata dall’Antico dei giorni
recante in seno il Figlio e in atto di
inviare la colomba dello Spirito San-
− 31 −
to. Il tema iconografico ricompare
identico nell’ambulacro destro di S.
Caterina di Galatina, se non per due
importanti particolari: oltre a due
angeli quasi svaniti ai lati della Trinità, a Soleto gli Apostoli ostentano
tra le mani bianchi cartigli recanti i
dodici articoli del Simbolo degli Apo-
stoli (il Credo), antica formula di fede
niceno-costantinopolitana. Ignoto
alla chiesa bizantina ma conosciuto sin dal XIII secolo nel Salento, il
testo soletano illustra una versione
dell’Historia ecclesiastica, ancora in
stretta adesione ai dettami ed alla
spiritualità bizantini (Berger).
Parete absidale - Registro inferiore
Degli affreschi sulla porzione sinistra del muro absidale, quasi illeggibili, restano solo alcuni frammenti
di intonaco dipinto all’interno della
nicchia di protesi in cui, come anticipato, è stato riconosciuto un raro
episodio del tema dell’Adorazione
dei Magi, la consegna da parte della
Madonna ad uno dei Magi (Baldassarre, secondo la tradizione capostipite dei de Baux - del Balzo) di una
fascia del Bambinello, narrato da un
Vangelo arabo-siriaco dell’Infanzia
(Berger).
Due veloci schizzi a pennello,
poco sopra la nicchia, raffiguranti
una testa femminile ed una figuretta
probabilmente maschile rammentano, come già su piccole porzioni
di muro dell’ambulacro destro di S.
Caterina a Galatina, la consuetudine dei frescanti – forse anche gli
apprendisti più giovani – di cimentarsi nelle pause offerte dal faticoso
lavoro di cantiere in disegni velocemente abbozzati sui muri ancora da
ricoprire di intonaco, sorta di divertissement spesso anche a soggetto irriverente.
La porzione destra del muro absidale è campita da un palinsesto di
due strati di intonaci dipinti recanti entrambi la raffigurazione di una
Annunciazione. Eseguiti l’uno occultando espressamente il precedente,
come mostrano le spicconature appositamente eseguite per far aderire
sul vecchio l’intonaco nuovo, e certamente a breve distanza di tempo
probabilmente per un cambiamento
di gusto della committenza, di tali
redazioni restano solo la Vergine
Annunciata appartenente allo strato
più recente, a destra, l’Angelo annunciante a quello più antico, a sinistra,
insieme alle porzioni superstiti della
banda decorativa che incorniciava il
cilindro absidale.
Parete absidale - Registro superiore
Ascensione e Visione dei Profeti
L’Ascensione di Cristo, raffigurato a
mezzo busto entro un clipeo sorretto da quattro angeli in volo, è fusa
in un’unica scena con la sottostante
Madonna orante tra gli Apostoli e la
superiore Visione teofanica dei profeti
Daniele ed Ezechiele. Questi, rappresentati pure a mezzo busto e recanti
bianchi cartigli, indicano l’Antico dei
Giorni assiso sul trono sullo sfondo di
un cielo stellato e circondato dai Quattro Viventi – il leone, il toro, l’angelo e
l’aquila, successivo simbolo distintivo
dei quattro evangelisti – da angeli musicanti, serafini, infine ruote intrecciate munite di occhi. Tema anche questo
ben noto in Terra d’Otranto, dalla più
antica rappresentazione nella cripta
di S. Biagio a San Vito dei Normanni
della fine del XII secolo, a quella che
compare alla Favana a Veglie dei primi del XV. Un’inedita raffigurazione
riemersa a seguito di un recentissimo
restauro, al di sotto degli scialbi che la
occultavano, sul muro absidale della
chiesetta dell’Assunta a Botrugno (LE)
insieme ad una rara Madonna Platytera a braccia levate, databili ai primi del
Trecento, conferma la grande diffusione in area salentina del tema iconografico (Fig. 3).
Ascensione e Visione Teofanica –
preannuncio della seconda venuta di
Cristo Giudice e del Giudizio Universale, dipinto in controfacciata – stanno a confermare l’organica costruzione del programma iconografico della
chiesa, in cui ogni raffigurazione rinvia o ha elementi di connessione con
la restante decorazione.
3. Botrugno, Chiesa dell’Assunta, parete absidale, Madonna con Bambino in trono (Platytera) e Antico dei
Giorni circondato dai quattro Viventi, particolare.
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PARETE SUD
(v. Allegato, Tavola Parete Sud)
Registro inferiore
Teoria di Santi e Sante
4. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Trittico con Cristo Logos - Sophia, Madonna con Bambino in
trono e santo Stefano.
5. Pagina seguente: Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Dittico con Santi Antonio Abate e Nicola di Myra.
Affiancano i più antichi riquadri con
la crocifissione e i dolenti e con San
Giovanni Battista, a sinistra, un trittico rifinito da una cornice dipinta a
simulare una carpenteria lignea che
accoglie entro nicchie terminanti a
cuspide, quella centrale, ad arco trilobato e centinata le laterali, Cristo
Logos - Sophia, la Madonna con Bambino in trono e santo Stefano dipinti
su fondi alternati rosso e blu (Fig. 4);
a destra, i Santi Antonio Abate e Nicola di Mira entro un dittico marmoreo
incorniciato da colonnine con capitelli vegetomorfi a calice rovesciato e
decori a cosmatesche (Fig. 5).
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Registro superiore
Storie della vita di santo Stefano
L'eccezionale ciclo agiografico dedicato al Protomartire, primo testimone di Cristo quale Figlio del Dio
vivente e proclamatore della Sua seconda venuta per giudicare il mondo,
è unico in Puglia per completezza ed
estensione all’interno di un panorama figurativo prevalentemente rappresentato da santi isolati, dunque a
carattere fondamentalmente votivo
se non per rari cicli dedicati alla vita
di Cristo. L’impianto compositivo è
analogo al ciclo cristologico, ma qui
la narrazione si sviluppa su 2 registri
orizzontali suddivisi in 16 riquadri
incorniciati da bande bianche su uniforme fondo blu, privi di iscrizione.
Il racconto della vita e della passione del Protomartire, di cui vi è
solo uno scarno resoconto negli Atti
(7, 55-60), ripercorre alla lettera negli episodi della nascita la Fabulosa
vita Sancti Stephani protomartyris
rintracciata in un codice latino della fine dell’XI secolo conservato a
Montecassino (Berger); per la vita
pubblica ed il martirio il ruolo di
fonte diretta è stato riconosciuto in
una Passio leggendaria contenuta in
un manoscritto italomeridionale del
XII secolo oggi all’Escorial di Madrid
(Strus).
Ad onta di pareri diversi (Manni), restano tuttavia, come pure convengono Berger-Jacob ed Ortese,
alcune scene di soggetto non imme-
diatamente comprensibile, estranee
alla tradizione iconografica canonica
e che hanno dato adito ad ipotesi interpretative diverse.
Si tratta, in particolare, dei tre riquadri che mostrano in successione
un personaggio coronato, completamente bardato di armatura, a capo
di un gruppo di armigeri a cavallo,
rappresentato prima inginocchiato
ai piedi del Santo, quindi denudato,
la corona posata a terra in primo piano, in atto di essere battezzato dallo
stesso Stefano (Fig. 6). Ipotizzato
l’episodio quale frutto di un possibile “scambio iconografico” con un
avvenimento connesso alla vita del
diacono Filippo (Atti 8, 26-40), per
il condottiero, anche “in considerazione della carnagione scura”, è stata
avanzata l’identificazione con “l’eunuco etiope e alto funzionario della
regina Candàce” di Etiopia - il sovrintendente ai tesori del Paese dei Mori”
(Berger-Jacob), da quegli incontrato lungo la strada da Gerusalemme a
Gaza, istruito e poi battezzato; ovvero, per le stesse motivazioni relativamente all’incarnato, con “il dignitario
di un popolo pagano convertito al
cristianesimo dal Santo diacono [Stefano]” (Ortese). Il supposto incarnato scuro, improbabile oltretutto in
considerazione del colore dichiaratamente biondo dei capelli, è da considerarsi più semplicemente l’esito del-
6. Pagina seguente: Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Santo Stefano battezza il condottiero coronato
(Vaik Re d'Ungheria?).
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− 37 −
riore elemento a sostegno di un possibile disvelamento dell’altrimenti
misterioso condottiero. Dunque un
omaggio alla corona di Napoli ed alle
imprese balcaniche degli Angiò di
Durazzo da parte di Raimondello o,
come vedremo, di Raimondello e poi
di Maria.
Una più accostante vena narrativa e di costume affiora in questo ciclo
nelle notazioni di vita domestica, ove
ricorrono espedienti ed invenzioni
iconografici utilizzati dalla pittura
gotica per rappresentare illusionisti-
camente e con immagini accattivanti
gli spazi del vivere quotidiano, come
il regolo che sorregge una rondine
ed un panno, con tanto di ombre
di riporto, nella scena con il sogno
dell’anziano dormiente nella piccola
stanza organizzata come una sorta
di “scatola” architettonica (Fig. 7),
o le candele e gli orci collocati nelle
nicchie, come pure a S. Caterina di
Galatina, nell’Annunciazione e nelle
Storie della Santa eponima nel presbiterio, ma presenti fin dalla seconda metà del Trecento in ambito re-
7. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Apparizione di un angelo ad un anziano dormiente
(Antioco?), particolare.
la caduta delle originarie finiture del
volto e dell’emergere del tradizionale
“verdaccio” di preparazione, come
già per Stefano proprio nel riquadro della benedizione, nonché per
il personaggio con copricapo e veste
rossi che nella stessa scena è in atto
di reggere lo stendardo, il cui volto,
dichiaratamente scuro, nel riquadro
successivo presenta viceversa l’incarnato chiaro. Anche la stessa foggia “a
scodella” della capigliatura del condottiero, come la presenza della corona (perché mai ad un dignitario?),
escludono ad avviso di chi scrive le
identificazioni proposte. Ritorna ad
essere ancora plausibile, pertanto, l’ipotesi già avanzata dalla sottoscritta
della programmatica raffigurazione
del fondatore della dinasta magiara,
Vaik, figlio di Geza di Ungheria, conosciuto universalmente come Stefano primocoronato re di Ungheria,
dal nome del protomartire assunto
dopo il battesimo; canonizzato già
nel 1083 per la grandiosa opera di
cristianizzazione, ottenne per questo
il glorioso titolo di miles Christi, ulte-
− 38 −
8. Castellaneta, Chiesa di Santa Maria Assunta o del Pesco, Madonna con Bambino in trono, particolare.
− 39 −
9. Conversano, Chiesa di Santa Maria
dell'Isola, Madonna con Bambino in trono,
particolare.
10. Olivuccio di Ciccarello, Opere di misericordia corporale.
Dar da mangiare agli affamati, particolare, Città del Vaticano,
Pinacoteca Vaticana
gionale: a Castellaneta, nella chiesa di
S. Maria Assunta o del Pesco, un’asticciola con un panno steso sovrastante
una Madonna con Bambino in trono
accoglie anche una rondine stilizzata la cui ombra si proietta sul muro
retrostante; o nella più tarda chiesa
di S. Maria dell’Isola a Conversano
sul regolo al di sopra della Madonna
del Latte cammina in bilico un buffo
palmipede (Figg. 8, 9). Espedienti comunque largamente diffusi in ambito
Adriatico, tra i tanti brani citiamo il
regolo che compare su un edificio di
una delle tavolette di Olivuccio di Ciccarello da Camerino con le Opere di
Misericordia (circa 1404), già in Santa
Maria della Misericordia ad Ancona e
oggi alla Pinacoteca Vaticana (Fig. 10)
o nelle Storie di S. Eleuterio di Pietro
Coleberti da Piperno nella Cattedrale
di Velletri e nella scena della Conversione dell’Imperatrice a Roccantica.
Spiccato appare il gusto per la raffinatezza degli ambienti nei preziosi
tessuti d’arredo, come la biancheria e
i copriletto damascati che rivestono i
letti della puerpera e del vegliardo, o
la bella tovaglia della tavola imbandita per il banchetto, con tanto di orlo
perlinato (Fig. 11). Altrettanto intriganti sono alcune singolari notazioni
di costume che impreziosiscono il
racconto, come ancora la fasciatura in tessuto damascato del neonato
Stefano, i fantasiosi copricapi maschili – si guardi quello indossato
da uno dei pellegrini convenuti al
banchetto offerto dai genitori – fino
all’elegantissima acconciatura della
fantesca intenta a filare, straordinario pezzo unico di alta moda di corte
(Fig. 12).
L’inusuale raffigurazione della
crocifissione di Stefano, con la croce
posata a terra diagonalmente circon-
− 40 −
11. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Antioco e Perpetua offrono un banchetto di ringraziamento a due pellegrini.
12. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Nascita di santo Stefano.
− 41 −
data dagli aguzzini che, in piedi o in
ginocchio, gli inchiodano mani e piedi (Fig. 13), ripropone puntualmente
l’analoga scena con Cristo inchiodato
alla croce presente nell’Offiziolo del
cosiddetto “Maestro delle iniziali di
Bruxelles” (ms. Add. 34247, c.125r,
London, British Library) (Fig. 14),
a conferma che taccuini e codici
miniati furono un sicuro tramite di
scambio tra botteghe di spunti ed invenzioni più noti.
13. Pagina precedente: Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Stefano inchiodato alla croce e intervento
salvifico di un angelo.
14. 'Maestro delle iniziali di Bruxelles', Cristo inchiodato alla croce, dall’Offiziolo, ms. Add. 34247, c.125r,
particolare, London, British Library.
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− 43 −
PARETE OVEST
(v. Allegato, Tavola Parete Ovest)
Registro inferiore
Teoria di Santi e Sante
A sinistra dell’ingresso sono
rappresentati due tabelloni ove su
fondi alterni rosso e blu sono dipinti
i Santi Gioacchino e Anna con Maria
Vergine Bambina, iconografia rara
in Puglia; a destra, altrettanto su
fondi a cromia alternata, compaiono
Sant’Onofrio e un elegante San
Giorgio in atto di uccidere un drago
ormai illeggibile.
Registro superiore
Giudizio universale e Deesis
Il monumentale Giudizio universale
raffigura la seconda venuta di Cristo
alla fine dei tempi per giudicare i vivi
ed i morti, preannunciata dai profeti nei libri veterotestamentari prima,
quindi dall’evangelista Matteo e da
san Paolo, infine da Giovanni nell’Apocalisse, ultimo libro del Nuovo Testamento che ne costituisce il nucleo
essenziale. Il modello, di lontana origine paleocristiana, poi attestatosi tra
X ed XI secolo a Costantinopoli e largamente rappresentato nelle province
di Bisanzio, soprattutto dalla II metà
del XIV secolo, in concomitanza con
il periodo oscuro del grande scisma
(1378-1417), ebbe una grande diffusione in tutto il mondo occidentale.
La complessa narrazione, composta gerarchicamente dall’alto verso il
basso, si articola in diverse scene desunte sia ancora dal mondo bizantino
che da quello occidentale. Al sommo è
la Deesis, Cristo giudice tra la Madonna e san Giovanni che intercedono per
la salvezza del genere umano, raffigurazione solitamente campita nei catini
absidali. A Soleto l’ignoto artista, in
luogo della raffigurazione entro una
“mandorla” luminosa di Cristo, adotta
con singolare invenzione lo sguancio
del rosone quale naturale disco luminoso per accogliere il gruppo Divino.
In asse alla Deesis compaiono il
Tribunale degli Apostoli; poco più in
basso i Progenitori Adamo ed Eva in
preghiera ai lati di un clipeo recante
un altare con la croce e gli strumenti della passione (Etimasia), affiancati
dalle Personificazioni della Terra e del
Mare. Il sottostante Arcangelo Michele in atto di pesare le anime (Psicostasia) spartisce il Coro degli Eletti ed il
Paradiso dalla raffigurazione dei dannati e dell’Inferno.
Nel Coro degli Eletti è raffigurata
una schiera di ecclesiastici e laici capeggiati da un pontefice con triregno,
dove l’assenza delle aureole suggerisce
un omaggio del committente alle gerarchie del clero secolare del tempo
(Fig 15).
L’Inferno, rappresentato come un
grande banco roccioso, si articola in
− 44 −
15. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete di controfacciata, Giudizio universale. Coro degli Eletti, particolare.
16. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete di controfacciata, Giudizio universale. Inferno, particolare.
− 45 −
piccole bolge fiammeggianti che accolgono figurette di dannati, individuate
da scritte in greco, disposte attorno ad
una terrifica rappresentazione di satana in pastiglia “relevata” reggente in
seno un’animula pure in gesso, assiso
su di una sorta di “faldistorio vivente”,
un trono con due teste canine recanti
tra le fauci dei dannati. Tra questi, nella variegata rappresentazione dei mestieri che distolgono l’uomo dall’osservanza del precetto domenicale, è stata
individuata la singolare rappresentazione dei “dormiglioni della domenica” (Fig. 16), cioè di coloro che per pigrizia non osservano il precetto della
santificazione del giorno festivo, assai
diffusa nelle chiese bizantine e presente nel Giudizio Universale di Santa
Maria del Casale a Brindisi (Berger).
Tale interpretazione trova conferma
nell’unica versione occidentalizzata
del tema presente in Puglia, il Signore
della Domenica, un’iconografia nota
solo nell’Italia centrosettentrionale e
Oltralpe. Infatti nella coeva cripta di
S. Croce ad Andria, di committenza
del duca Francesco I del Balzo, cugino
di Raimondello, è presente un’inedita
raffigurazione di Cristo in veste di Ecce
Homo cui svariati strumenti di lavoro
infliggono ferite su tutto il corpo (Fig.
17). Il cattivo stato di conservazione
specie nella parte inferiore non consente di leggere il letto con i due personaggi addormentati, in riferimento
al peccato di accidia (Genesi 2, 2–3),
che invece compare, tra le tante, nell’analoga rappresentazione nella Pieve di
S. Pietro a Feletto (TV) (Fig. 18).
17. Andria, Cripta di Santa Croce, Cristo della
Domenica, particolare.
18. Feletto, Pieve di San Pietro, Cristo della
Domenica, particolare
− 46 −
Cronologie e componenti linguistiche
Le pitture sono concordemente assegnate dalla critica, anche sulla scorta dei palinsesti presenti sulle pareti
absidale e longitudinale nord e dei
rilievi stratigrafici effettuati sin dalle
prime fasi dei restauri, sostanzialmente a tre fasi esecutive, per le quali
restano invece ancora controversi i
termini cronologici. Fondamentalmente appena affrontata resta invece
la questione delle maestranze e degli
ambiti geografici e culturali di appartenenza, risolvendosi gli ultimi interventi a rintracciare pur utili raffronti
con altri cicli o frammenti di cicli ma
sempre di ambito salentino.
Ribadita la pertinenza della piccola chiesa soletana alla committenza di
Raimondello, una ragionevole cronologia della sua decorazione pittorica
non può non tener conto in via preliminare della concomitante erezione
ad opera dello stesso Raimondello e
della consorte Maria della vicinissima
Basilica cateriniana – fulcro liturgico
e dottrinario legato alla chiesa d’Occidente, dove come dichiarato nella
Bolla di Urbano VI Piis votis fidelium
(1385), si sarebbe celebrato esclusivamente in latino – conclusasi nel
1391 come documenta l’epigrafe sul
portale; come dell’avvio e del completamento all’interno di buona parte
dei cicli dipinti entro il 1406, anno di
morte di Raimondello (Belli D’Elia,
Cucciniello; di parere diverso De
Becchis). Tali circostanze confermano l’ipotesi già avanzata da chi scrive
di collocare l’impresa pittorica soletana, “chiara sintesi della cultura teolo-
gica e liturgica della comunità greca
di Terra d’Otranto” (Berger-Jacob),
almeno in parallelo, se non già prima
di quella galatinese, non avendo più
senso che fosse perseguito ad oltranza un programma dottrinale ormai in
dichiarato contrasto con l’operazione
di “acculturamento latino” pervicacemente perseguito a Galatina.
D’altronde le più antiche pitture
dell’abside e della nicchia di prothesis
dichiarano un linguaggio ancora fortemente intriso di bizantinismi, quali
le rigidità delle figure, le lumeggiature a simulare i panneggi, gli incarnati
scuri, le aureole profilate da perline,
in cui è riconoscibile l’opera di uno
o più frescanti locali probabilmente
soletani, certamente le maestranze
già convincentemente individuate
da Berger-Jacob cui si devono l’effige
di Papa Urbano V nella chiesa di S.
Maria della Croce o di Casaranello
(Fig. 19) e svariate pitture che compaiono nella chiesa di S. Maria della
Lizza ad Alezio e nella cripta di S.
Michele Arcangelo a Copertino, databili entro l’ultimo quarto del XIV
secolo. Tali concordanze confortano
l’ipotesi di ricondurre a non oltre gli
inizi dell’ultimo decennio dello stesso
secolo questa prima fase decorativa,
anche in considerazione che già un
decennio prima della morte del conte
di Nola – e dunque della reale presa di possesso della contea di Soleto
(1399) da parte di Raimondello –, c’era stato un riavvicinamento tra quegli
ed il secondogenito e che nei numerosi documenti di conferma da parte
− 47 −
19. Casarano, Chiesa di Santa Maria
della Croce o di Casaranello, Papa
Urbano V.
20. Galatina, Basilica di Santa Caterina d'Alessandria, Storie
della vita di Cristo. Battesimo di Giovanni il Battista, particolare
di Urbano VI della fondazione cateriniana, questi venga interpellato “generosus et strenuus miles Raymundus de Baucio de Ursinis”, avendo
anteposto sin dal 1375 il nome dei del
Balzo a quello del suo casato Orsini
(Kiesewetter).
I santi stanti del registro inferiore, realizzati singolarmente prima dei
cicli dei registri superiori, dichiarano
nei lineamenti marcati, nell’accentuazione di grafismi di sicura matrice
“bizantina” come le sopracciglia arcuate, la forcella alla radice del naso,
le rughe segnate ai lati degli occhi,
le capigliature a chiocciola dei Bambinelli, certamente una consonanza
con modelli pienamente trecenteschi
veneziani, a corroborare la tradizione che vuole il veneziano Caterino
impegnato nell’impresa galatinese
(Lorusso Romito; Cucciniello).
Restano altrettanto innegabili forti
tangenze con coeve imprese pittori-
che di ambito marchigiano e abruzzese. L’Arcangelo Gabriele sul muro
absidale (frammento della più antica
Annunciazione), o san Michele (sia in
veste di pesatore delle anime, in controfacciata al centro del Giudizio, sia
recante il globo crocesignato e in atto
di trafiggere il drago nel registro inferiore della parete sinistra), gemelli
di quelli che compaiono a più riprese
in S. Caterina a Galatina, nell’elegante acconciatura di ciocche di capelli
arrotolate ordinatamente all’indietro
e trattenute da coroncine con piccole
cuspidi dorate, dichiarano forti analogie con angeli ed arcangeli proto
quattrocenteschi di Pietro di Domenico da Montepulciano come il frammentario San Michele nella chiesa di
Sant’Agostino a Recanati, tra le massime espressioni del gotico fiorito
“adriatico”. Altrettanto i profili delle
nicchie archiacute, trilobate o polilobate dei Santi, come anche nel tempio
− 48 −
galatinese, rinviano allo stesso ambito di tardogotico marchigiano, si vedano le nicchie con il frammentario
Arcangelo suddetto o con San Martino cavaliere nella stessa chiesa recanatese del riscoperto Olivuccio di
Ciccarello da Camerino, in cui pure
ritornano le stesse esili colonne decorate da identici capitellini fogliari.
A ridosso del registro inferiore (e
contrariamente alla prassi consolidata delle imprese pittoriche, eseguite
solitamente dall’alto verso il basso),
a brevissimo scarto di tempo, furono
realizzati quelli superiori, certamente
Il Giudizio finale in controfacciata.
Qui, nella schiera degli eletti rappresentati da un gruppo di ecclesiastici e di laici alla cui testa compare
un pontefice con triregno, all’estremità dell’ultima fila emerge tra tutte la
testa di un anziano con barba bianca, contraddistinto da un voluminoso cappello. L’anziano è similissimo
a quello che nel ciclo delle Storie di
Cristo in Santa Caterina, nel riquadro
del Battesimo di Gesù, tra gli astanti
in primo piano, è effigiato di profilo
in atto di trattenere affettuosamente
il braccio di un adolescente che a sua
volta lo addita indicando contemporaneamente Giovanni il Battista, in
cui sono stati di recente, convincentemente riconosciuti i criptoritratti
di Raimondello e del primogenito
Giovanni Antonio (Cucciniello).
La singolare rassomiglianza (Figg.
15, 20), se consente di ipotizzare
anche qui a Soleto la presenza di un
possibile ritratto di Raimondello, altrettanto starebbe a confermare una
datazione del Giudizio soletano non
oltre la morte del Principe (1406),
scalzando del tutto l’ipotesi di un presunto ritratto di Giovanni Antonio e
della madre nel precedente riquadro
con Giovanni che battezza i neofiti
(Ortese), dove peraltro i personaggi inginocchiati a sinistra del Battista
appaiono essere dichiaratamente coetanei e tre e non due.
Ulteriore indizio a favore ancora
dell’intervento e della diretta volontà
di Raimondello nell’impresa soletana
è stato già letto nel ciclo agiografico
dove la stella a sedici punte che “illumina” il volto di Stefano appena sbarcato per iniziare la sua missione evangelizzatrice, come recita l’ufficiatura
bizantina della festa del santo (Berger-Jacob), ribadisce l’intento celebrativo della sua diretta discendenza
dalla casa del Balzo – il cui stemma è
appunto uno scudo d’argento a sedici
punte su campo rosso –, intento sommesso come crediamo a tutta l’impresa decorativa. A tale circostanza
va aggiunta la proposta, qui replicata, di leggere il misterioso cavaliere
come possibile riferimento a Stefano
coronato I re d’Ungheria, in considerazione della temporanea alleanza tra
Ladislao e Raimondello, balio già nel
1383, come si è rammentato, dell’allora minorenne futuro re di Napoli. Alleanza, sancita come è noto dall’atto
di sottomissione a Canosa nel marzo
del 1399 in cambio dell’infeudazione
del Principato di Taranto e della successiva concessione del “merum et
mistum imperium” a Raimondello,
che durò almeno fino a pochissimi
mesi prima della sua morte.
Sulla base di tali considerazioni
ribadiamo l’ipotesi che l’episodio in
esame possa leggersi come un vo-
− 49 −
luto omaggio al sovrano napoletano
ed alle sue pretese dinastiche in Ungheria e che l’impresa, alla sua morte,
probabilmente sia stata compiuta dalla sola Maria che, acconsentendo alle
successive nozze con Ladislao, come
è noto tenne fortemente al titolo di
regina di Napoli, di Gerusalemme e,
appunto, d’Ungheria almeno fino alla
morte dello stesso Ladislao nel 1414,
comunque termine post quem non
per il ciclo stefaniano.
Nel ciclo cristologico la narrazione procede con esiti alterni, come
mostrano le partiture spaziali non
sempre salde, l’assenza il più delle
volte di sfondi o quinte architettoniche coerenti, non ultimo, come
rilevato in passato, l’affastellamento
delle figure su piani di posa privi di
profondità; la generale concezione
compositiva, ancora pienamente trecentesca, caratterizzata a volte da una
conduzione approssimativa, si avvale
di gruppi di astanti disposti a mò di
quinte, individuati da testine sovrapposte di personaggi che affollano le
singole scene. A connotare un linguaggio modulato sulle novità del gotico resta il marcato espressionismo
d’area padovana, certamente attraverso la mediazione di codici miniati,
che ritorna pure nelle architetture di
scorcio e nei paesaggi a gradoni rocciosi con alberelli.
A tale circostanza va forse riferita la peculiarità principale del ciclo,
l’inedita sequenza nelle storiette dei
fondi alternativamente rossi e blu.
Alternanza cromatica inusuale nelle
decorazioni murali tanto da aver fatto
pensare, prima dell’avvio della pulitu-
21. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord, Guarigione del sordomuto e Resurrezione di Lazzaro,
particolare.
− 50 −
22. Lorenzo e Jacopo Salimbeni (attr. a), Storie
della Passione di Cristo, dal Messale ms. 3.209,
c.113v, iniziale I, Cesena, Biblioteca Malatestiana,
Raccolta Piana.
ra, alla possibile caduta dell’azzurrite
che avrebbe messo in luce il rosso di
preparazione. Ipotesi contraddetta
dalla pulitura che ha evidenziato di
contro l’alternanza del manto ora blu
ed ora rosso di Cristo rispetto al fondo (ed esclusa del tutto dalle analisi
dei pigmenti effettuata in sede di restauro) (Fig. 21). Tale peculiarità, invero già presente nella conca absidale
e nei dittici o nei trittici dei registri
inferiori, e che ritorna nei tabelloni extraciclici di Galatina nonché in
più tarde imprese salentine, va in una
direzione diversa dalla consuetudine
della pittura veneta di utilizzare i fondi rossi, lontano retaggio bizantino.
A voler rintracciare analoghi episodi
nell’ambito della pittura monumentale sovvengono al momento più tarde
imprese decorative, ormai della metà
del XV secolo, relative ai soffitti di
dimore gentilizie sempre di area lombarda rivestiti con tavolette a soggetto zoomorfo su fondi alternati rossi e
blu, come quelle conservate nel Museo civico di Crema. Più utile appare pertanto il rinvio a codici miniati
sempre di area lombardo-padana,
come la miniatura di Andrè Beauneveu con Il Duca Jean de Berry e i suoi
patroni Giovanni ed Andrea innanzi
alla Madonna in trono con Bambino
(in Les Très Belles Heures du Duc de
Berry, Brussels, Bibliothèque Royale, ms. 11060-1), o quelle del Messale
Piana con profeti a mezzo busto che
si alternano entro loggette rosse e blu,
come le scenette dalla Genesi o infine
le storiette della Passione di Cristo su
sfondi altrettanto alternati (Cesena,
Raccolta Piana, ms. 3.209, c7r; c.113v,
iniziale I) (Fig. 22) attribuito di recente ai fratelli Salimbeni (Marchi)
− 51 −
lità, con composizioni elaborate di
più risentita eleganza formale. Veri e
propri ritratti di tre quarti o di profilo dalle fisionomie intense come, tra
i convenuti al banchetto offerto dai
genitori di Stefano, l’uomo che porta
un boccone alla bocca, o il singolare
personaggio rivolto allo spettatore
nella scena della predica di Stefano.
Note di costume di grande finezza
si colgono nelle straordinarie elegantissime acconciature, nei gorghi
svolazzanti della tunica del bellissimo angelo in volo nell’annuncio della
nascita di Stefano (Fig. 24), o sulla
parete absidale, negli analoghi manti
dei Profeti e nei panneggi ridondanti
degli Apostoli che affiancano la Madonna orante (Figg. 25, 26). L’ignoto Maestro appare più evoluto nella
padronanza del sistema narrativo e
spaziale, a conoscenza della miniatura di area padana e probabilmente
della pittura trecentesca lombarda
e non del tutto immemore delle eleganze del gotico internazionale alla
Salimbeni. Una sorta di ambasciatore del gotico internazionale nella
regione, già da chi scrive individuato
come presenza nuova e caratterizzante nell’ambito della pittura salentina
del primo Quattrocento accanto ai
più noti filoni espressionistico e più
genericamente cortese, come ribadito recentemente da Ortese. Tale
linguaggio resterà in realtà una meteora – a parte una probabile episodica comparsa nella cappella della
Maddalena nel Castello di Copertino
e nella cattedrale di Nardò – sostanzialmente senza eco già nella stessa
maggiore impresa galatinese.
23. "Maestro del polittico di Torre Palme" (Pietro di Niccolò da Venezia?), Madonna dell'Umiltà, angeli, Dio
Padre e Spirito santo, santi Michele Arcangelo e Paolo. Fano, Pinacoteca Civica.
debitori, in quanto a formazione,
insieme a reminiscenze veneto-lombarde, della miniatura emiliana di
fine Trecento (Minardi). Resta fondante, per quanto al momento unico,
il confronto col trittico del Maestro
del Polittico di Torre Palme (Pietro di
Niccolò da Venezia?), documentato
dal 1365 al 1399, raffigurante la Madonna dell’Umiltà, Dio Padre con lo
Spirito Santo e i santi Michele Arcangelo e Paolo, della Pinacoteca civica di
Fano (De Marchi), i cui tre scom-
parti presentano sfondi alternati blurosso-blu, confronto che conferma
la componente propriamente veneta
quale principale tassello in relazione
agli apporti esterni alla formazione
del linguaggio tardogotico salentino
(Fig. 23).
Nelle storie di Stefano, come nella Visione Teofanica della parete absidale, la disomogeneità del tessuto
pittorico dichiara la presenza di più
maestranze. Prevalgono tuttavia alcuni brani di più alta e raffinata qua-
− 52 −
24. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Un angelo preannuncia a Perpetua il nome del nascituro,
particolare.
− 53 −
25. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete absidale, Visione Teofanica, il Profeta Ezechiele, particolare.
26. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete absidale, Madonna orante e Apostoli, particolare.
Referenze fotografiche
La chiesa è stata oggetto nel tempo di
diversi lotti di restauro su finanziamenti del MiBACT e a cura della già
Soprintendenza per i beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Puglia,
di cui l’ultimo concluso nel 2012. Tali
interventi, come ogni restauro filologico, hanno inteso recuperare non solo la
”materia” dell’opera d’arte, quanto la
corretta lettura d’insieme delle pitture,
acquisendo preliminarmente tutte le
informazioni utili alla migliore conoscenza dell’importante ciclo pittorico,
attraverso rilievi ed indagini diagnostiche non distruttive relativamente sia
alle patologie di degrado in atto, che ai
materiali e alle tecniche esecutive (presenza di palinsesti, successione delle
giornate di lavoro, caratterizzazione
degli strati pittorici e delle finiture, che
saranno oggetto di un successivo approfondimento).
− 54 −
Per tutte le immagini, ove non diversamente specificato: Soprintendenza BeAP delle province
di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia - Archivio Fotografico (Beppe Gernone).
Fig. 10 - da Pittori del Quattrocento a Camerino, a cura di A. De Marchi, Milano 2002, fig. 13 a, p. 139
Fig. 14 - da Il Tramonto del Medioevo a Bologna. Il cantiere di San Petronio. Catalogo della
Mostra (Bologna, ottobre-dicembre 1987), a cura di R. D’Amico e R. Grandi, Bologna 1987, fig.
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Fig. 18 - da http://www.comune.sanpietrodifeletto.tv.it/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/
index/idservizio/20028/idtesto/145
Fig. 22 - da Gentile da Fabriano e l’altro Rinascimento. Catalogo della Mostra (Fabriano, aprileluglio 2006), Milano 2002, scheda n. IV-6 , fig. 113v., p. 199
Fig. 23 - da Fioritura tardogotica nelle Marche, Catalogo della Mostra (Urbino, luglio-ottobre
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Le campagne di indagine termografica condotte a Soleto, aventi come
oggetto la Chiesa di Santo Stefano,
rientrano nelle attività svolte dal Laboratorio di Restauro del Politecnico
di Torino nell’ambito del Progetto
“IN-CUL.TU.RE. INnovazione nella
CULtura nel TUrismo e nel REstauro"; tale Progetto ha visto il coinvolgimento della nostra Struttura per la
prestazione di una consulenza sullo
stato di conservazione di Beni della
Grecìa Salentina attraverso l’applicazione di tecniche diagnostiche non
distruttive, termografia all’infrarosso
in particolare.
La scelta di impiegare la tecnica
termografica per la conoscenza dei
Beni interessati dal Progetto è derivata dall’esigenza di effettuare rilievi
non invasivi, a carattere globale, ripetibili nel tempo, che potessero anche
configurarsi come monitoraggi atti a
controllare l’evoluzione di eventuali
degradi rilevati.
La termografia all’infrarosso permette di effettuare ispezioni senza
entrare in contatto con le superfici,
rilevando telemetricamente il calore
che da queste viene emesso. Lo stru-
mento utilizzato - la termocamera IR
(telecamera dotata di ottiche sensibili all’infrarosso termico) - consente
l’acquisizione delle mappe di temperatura (termogrammi) degli oggetti
inquadrati, poi convertite in immagini in falsi colori nelle quali ad ogni
intervallo di temperatura selezionato
è associato un colore. Nell’analisi del
dato ottenuto occorre tenere in considerazione che la rappresentazione
della distribuzione della temperatura su di una superficie è influenzata
dalle proprietà fisiche e ottiche dei
materiali costituenti (conducibilità,
emissività, calore specifico, …) nonché dal loro spessore.
La tecnica IR viene impiegata per
evidenziare eventuali differenze di
temperatura su di una superficie. Le
disuniformità di temperatura rilevate
a parità di sollecitazione termica, possono indicare la presenza di anomalie
o discontinuità anche non riscontrabili mediante un’analisi visiva diretta
e ciò in funzione delle caratteristiche
fisiche dei materiali componenti.
Le informazioni che si possono
trarre dall’indagine all’infrarosso
sono diversificate e, tra le varie appli-
− 59 −
cazioni, è possibile leggere sotto l’intonaco i materiali impiegati e la loro
geometria, ottenere indicazioni sulla
stratificazione storica di un edificio
o sulla sua efficienza energetica. La
tecnica all’infrarosso è inoltre di fondamentale ausilio per la mappatura
del degrado (distacchi d’intonaco non
palesi, problemi legati all’umidità,
ecc.) e, più in generale, per il monitoraggio del costruito.
Le indagini termografiche condotte nella Chiesa di Santo Stefano hanno
interessato, nello specifico, le superfici
affrescate dell’aula absidata, la facciata
e i prospetti laterali.
Le ispezioni all’infrarosso sono
state pianificate con l’obiettivo di verificare l’eventuale presenza (o la persistenza) di un fronte di umidità di
risalita che potrebbe essere stato la
causa del degrado e della conseguente
perdita dell’affresco nel registro inferiore dell’aula. Dato il recente intervento di restauro, si è deciso di utilizzare la tecnica IR in modalità passiva,
escludendo pertanto l’applicazione di
protocolli d’indagine - di tipo attivo
- che presuppongono il riscaldamento artificiale e la ventilazione forzata
dell’ambiente. Quando la logistica
lo ha permesso si è fatto ricorso alla
ventilazione naturale dell’ambiente
tramite l’apertura degli infissi.
La prima campagna d’indagine conoscitiva - condotta per comprendere la risposta termica delle superfici, è stata effettuata nella primavera
2013 (6 maggio 2013, primo pomeriggio, cielo sereno). Le successive
battute termografiche sono state programmate in periodi stagionali, orari
e condizioni climatiche differenziati:
in autunno (6 e 7 novembre 2013,
orario serale e di mezzogiorno, acquisizioni a seguito di eventi piovosi)
e a fine periodo estivo (24 settembre
2014, orario serale, cielo sereno).
Le indagini sono state effettuate con la termocamera Thermacam
SC660 (Flir Systems) di proprietà del
Laboratorio di Restauro (ora Laboratorio di Diagnostica non Distruttiva)
del Politecnico di Torino.
1. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, facciata,
acquisizioni termografiche.
facciata
(Fig. 1)
Le riprese all’infrarosso condotte
dopo alcuni giorni di maltempo (novembre 2013), hanno evidenziato
palesi discontinuità termiche [a] in
corrispondenza delle superfici prossime agli spioventi, nelle zone attorno
all’arco della lunetta e al portale. Nei
rilievi effettuati a seguito di stabilità
meteorologica (settembre 2014) e in
coerenza con quanto già acquisito
in fase preliminare (maggio 2013),
tali discontinuità non sono più state
evidenziate; sono pertanto da relazionarsi alla presenza di umidità dovuta a imbibizione a seguito di pioggia
battente e al ruscellamento delle acque meteoriche; le residue minime
variazioni di temperatura leggibili
sulla superficie, sono da ascriversi
alle differenti caratteristiche fisiche
e di finitura del materiale impiegato
nella costruzione.
− 60 −
− 61 −
Interno
(Figg. 2, 3, 4)
Durante la prima campagna d’indagine (maggio 2013) i rilievi IR
dell’aula hanno evidenziato, lungo tutto il perimetro interno della
chiesa, la presenza di un fronte evaporativo [b] che interessa, a partire
da terra, una fascia di altezza pari a
circa 20 cm. In accordo con le acquisizioni autunnali, le riprese all’infrarosso effettuate a fine periodo estivo
2014 non hanno invece confermato
la presenza di anomalie termiche
attribuibili alla risalita capillare. Anche il segnale all’infrarosso rilevato
sui fronti esterni accessibili (pareti nord, sud e ovest) ha evidenziato
l’assenza di fenomeni evaporativi
significativi in atto al momento delle riprese. Risulta di dubbia interpretazione solo un’area circoscritta
[b’], rilevata dall’interno dell’edificio
e localizzata nella parte bassa della
parete meridionale, in cui il segnale
potrebbe essere compatibile con una
sacca di umidità residua, di dimensioni ridotte.
Durante le acquisizioni IR le condizioni termoigrometriche dell’ambiente, controllate con l’ausilio di 3
data logger, sono risultate ampiamente compatibili con i vincoli imposti al
rilievo IR passivo ai fini della lettura
dell’evaporazione superficiale.
Sarebbe utile verificare con ulteriori monitoraggi se il fronte evaporativo
riscontrato durante la prima battuta
termografica è da riferirsi a un fenomeno in esaurimento o se presenta,
invece, un andamento periodico la cui
evidenza è legata alla variazione delle
condizioni ambientali.
Dall'analisi dei dati acquisiti nelle campagne d’indagine condotte si è
verificata inoltre la presenza di ponti
2. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno, parete ovest, acquisizioni termografiche.
− 62 −
3. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno, angoli sud-ovest e nord-ovest, acquisizioni termografiche.
− 63 −
termici [c] all’intersezione tra le pareti dell’edificio, ma soprattutto tra le
pareti e la pavimentazione.
Sul fronte sud risulta inoltre evidente un segnale termico circoscritto [d] presumibilmente ascrivibile
al tamponamento di un'apertura e
coincidente con la zona in cui è presente una lacuna. Anche sulla parete
nord si riscontra un’alterazione di
segnale [d] di natura compatibile
rispetto alla precedente, ma di intensità minore; l’anomalia risulta però
collocata ad una quota più bassa.
Le immagini all’infrarosso evidenziano inoltre l’orditura [e] del solaio di calpestio.
Si sottolinea che in tutte le campagne di indagine non sono state
individuate infiltrazioni meteoriche
dalla copertura.
I dipinti murali: indagini mediante
fluorescenza di Raggi X (XRF) per
la caratterizzazione dei pigmenti.
Giovanni Quarta ∙ Davide Melica ∙ Maurizio Masieri
premessa
Si riportano in questo capitolo i risultati delle analisi chimiche mediante
fluorescenza di Raggi X (XRF) realizzate sui dipinti murali della Chiesa
di Santo Stefano a Soleto (LE) con lo
scopo di implementare lo stato delle
conoscenze sui pigmenti utilizzati in
modo da definire in maniera puntuale la tavolozza pittorica già parzialmente nota da studi precedenti.
la tecnica xrf
4. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno, angoli nord-est e sud-est, acquisizioni termografiche.
− 64 −
Nella spettroscopia XRF il campione, o il punto oggetto di analisi,
viene colpito da un fascio di raggi
X che causa l’espulsione di elettroni
dagli orbitali interni per effetto fotoelettrico; le vacanze che si generano
sono colmate istantaneamente mediante transizioni di elettroni esterni
con conseguente emissione di raggi
X specifici per ogni elemento chimico presente. Poiché l’energia delle
radiazioni emesse è minore di quella
incidente, si parla di fluorescenza X o
XRF (X-Ray fluorescence).
L'energia delle radiazioni emesse
permette di riconoscere qualitativamente gli elementi presenti nel punto irraggiato, mentre l’intensità delle
radiazioni è correlabile alla loro con-
centrazione e ciò consente di valutarne l’abbondanza relativa.
Durante le analisi la testa di misura dello strumento viene posizionata a circa 1 cm di distanza dalla
superficie pittorica. Un computer
portatile collegato allo strumento consente la memorizzazione e la
rappresentazione grafica dei risultati e l’elaborazione dei dati acquisiti.
Ogni punto analizzato ha un’area di
3-4 mm2.
I risultati vengono espressi sottoforma di una curva (spettro) caratterizzata da una serie di picchi molto
stretti posizionati in corrispondenza
di precisi valori di energia sull’asse
delle ascisse. I picchi identificano
uno o più elementi presenti nel pun-
− 65 −
to di misura; la loro altezza (o meglio
l’area) è proporzionale alla quantità
dell’elemento che li ha generati.
La campagna di analisi è stata eseguita in situ in modo completamente non invasivo, cioè senza ricorrere
al prelievo di campioni, mediante un
dispositivo portatile Bruker modello
ARTAX 200. Lo strumento è composto da un generatore di raggi X
con anodo al molibdeno, raffreddato
ad aria, e da un rivelatore al silicio
(SDD) con raffreddamento Peltier,
avente una risoluzione di circa 150
eV a 5,9 KeV e 10x103 cps. Sono
stati facilmente rilevati gli elementi
più pesanti dell’Argon (Z>18), con
maggiore difficoltà quelli compresi
tra il Silicio e l’Argon (14<Z<18) e
per nulla quelli al di sotto del Silicio (Z<14). I picchi registrati sono
relativi alle linee energetiche Kα e
Kβ eccetto il Piombo per il quale è
possibile rivelare solo le linee energetiche L. I risultati ottenuti sono
puramente qualitativi poiché non si
dispone di standard di riferimento
validi per le misure su intonaco.
La tecnica XRF presenta alcune
limitazioni intrinseche che la rendono complementare ad altre tecniche
e non indipendente nell’identificazione dei materiali; tali limitazioni
vengono descritte di seguito:
a. gli elementi con numero atomico
basso, al di sotto del Silicio, hanno energie di fluorescenza bassissime e quindi non rivelabili;
pertanto non è possibile identificare tutti i composti organici (ad
esempio i pigmenti neri di natura
carboniosa, i coloranti e le lac-
che) come pure quelli inorganici
contenenti elementi leggeri (ad
esempio il lapislazzuli, un silicato riconoscibile per la presenza
di Sodio); insufflando Elio è possibile invece rivelare atomi con
numero atomico compreso tra il
Silicio e l’Uranio;
b. non è possibile eseguire corrette
determinazioni di tipo quantitativo, cioè sulla concentrazione
degli elementi, per due motivi:
• nonostante il fascio incidente sia molto sottile, la misura
interessa una regione la cui
composizione resta in parte
sconosciuta per la presenza di
elementi leggeri non rivelabili;
• la zona oggetto della misura
interessa uno spessore dell’ordine di circa 100 micron. I
raggi X di eccitazione (in entrata) e quelli di fluorescenza
(in uscita) sono in parte attenuati dallo spessore del materiale attraversato per cui la
loro intensità non è mai quella
originale.
rilevati, tenendo anche conto del
colore della superficie analizzata.
Nonostante l'XRF restituisca un'informazione elementare, questa tecnica viene comunemente utilizzata
per identificare i pigmenti in base
alla presenza di uno o più elementi
“chiave”.
I vantaggi della tecnica sono comunque indiscutibili:
• Non vengono minimamente alterate le condizioni dell’opera;
• è possibile eseguire un numero
illimitato di misure;
• Ogni misura si ottiene in un breve
intervallo di tempo (60-100 sec.);
• Lo spettro di fluorescenza è immediatamente visibile sul monitor del PC;
• L’impiego di un fascio molto sottile di raggi X a bassa energia non
richiede particolari precauzioni
in relazione alla salute degli operatori.
campionamento
La localizzazione dei punti di misura viene riportata nelle seguenti figure, su
rilievi fotogrammetrici (Bellantuono, 2011 - già Soprintendenza BSAE della
Puglia - Archivio).
c. in presenza di stesure pittoriche
sovrapposte non è possibile discriminare i diversi strati a causa
del potere penetrante dei raggi X.
I dati ottenuti spesso si riferiscono ad uno spessore di materiale
superiore a quello dello strato più
superficiale e ciò richiede un’analisi critica del risultato;
d. non è possibile individuare direttamente i composti presenti; ad
essi si risale associando opportunamente gli elementi chimici
− 66 −
1. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud: ubicazione dei punti di misura.
− 67 −
risultati
2. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete ovest:
ubicazione dei punti di misura.
3. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete est:
ubicazione dei punti di misura.
I dati analitici, relativi ai 70 punti di
misura eseguiti sui cicli pittorici delle
singole pareti, riportano gli elementi chimici rilevati negli spettri XRF.
Le successive elaborazioni dei dati
ottenuti, hanno previsto per ciascun
punto, la formulazione di interpretazioni sui composti di appartenenza
di tali elementi chimici e di conseguenza la loro possibile assegnazione
al rispettivo pigmento o miscele di
pigmenti impiegati. A titolo esemplificativo del processo sopra descritto,
condotto per i 70 punti di misura, si
riportano di seguito la localizzazione, la fotografia di dettaglio, lo spettro XRF e un estratto dei dati analitici con le diverse fasi del processo di
interpretazione e assegnazione per i
punti 1, 22 e 36.
4. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord: ubicazione dei punti di misura.
− 68 −
− 69 −
Punto 1
Punto 1 | Localizzazione
Punto 22
Punto 1 | Fotografia di dettaglio
Punto 22 | Localizzazione
Punto 1 | Spettro XRF
n° punto
di misura
1
Punto 22 | Fotografia di dettaglio
Punto 22 | Spettro XRF
colore
elementi
chimici
rilevati
blu
Si, S, Cl, K,
Ca, Ti, Mn,
Fe, Cu
interpretazione
possibili
pigmenti
calcite, terre naturali
con impurezze di ilmenite nero di vite (?),
ocre,
e di pirolusite, tracce di
tracce di
pigmenti contenenti rame,
azzurrite
tracce di gesso e di cloruri
− 70 −
n° punto
di misura
colore
elementi
chimici
rilevati
interpretazione
possibili
pigmenti
22
verde/blu
Si, S, Cl,
K, Ca, Ti,
Cr, Fe
calcite, terre naturali con
impurezze di ilmenite,
tracce di gesso
terra verde
− 71 −
Si riporta di seguito una tabella di sintesi nella quale, per ciascuna cromia degli
affreschi indagata, sono indicati i pigmenti o le miscele di pigmenti impiegate e
i punti di misura in cui queste sono state riscontrate.
Punto 36
colore
Blu
Punto 36 | Localizzazione
Punto 36 | Fotografia di dettaglio
Bianco
Rosa
Verde
Punto 36 | Spettro XRF
n° punto
di misura
colore
36
giallo chiaro
elementi
chimici
rilevati
interpretazione
Pb, Ca, Fe,
Si, K
pigmento a base
di piombo, calcite,
terre naturali
− 72 −
possibili
pigmenti
massicot,
ocre
Giallo
possibili pigmenti o
miscele di pigmenti
n° punto di misura
nero di vite ?, ocre,
tracce di azzurrite
nero di vite ?,
terra verde ?
1, 3, 8, 65
nero di vite ?, terra verde,
tracce di azzurrite
azzurrite,
ocre
nero di vite ?,
ocre
nero di vite ?,
tracce di ematite e di azzurrite
70
11, 44
71
2, 28, 33, 35, 43, 56, 58, 60
18
blu di Prussia ?,
ocre
bianco di San Giovanni,
ematite (dal supporto ?)
bianco di San Giovanni,
ocre (dal supporto ?)
32, 40, 41
ematite
9
ocra rossa
19, 30, 34, 64
ocre
4
terra verde
10, 14, 22, 29, 31, 42, 46, 69, 72
terra verde,
biacca ?
47
terra verde, biacca e/o massicot
e/o litargirio, tracce di malachite
blu di Prussia ?, biacca ?,
terra verde, malachite ?
biacca e/o massicot,
terra verde
23
54, 66
ocra gialla
15, 17, 26, 53, 59
ocre, barite
16
massicot, ocre
36, 37
− 73 −
57
7, 13
24
colore
Rosso
Grigio
Nero
possibili pigmenti o
miscele di pigmenti
n° punto di misura
ocra rossa
12, 21, 27, 45, 52, 61,62
ocra rossa,
cinabro
67
cinabro, ematite,
minio ?
ocra rossa, cinabro, tracce di
biacca e/o massicot e/o litargirio
68
ocre
50
pigmento nero carbonioso ?,
ocre
20, 39, 48
pigmento nero carbonioso ?,
ocre
pigmento nero carbonioso ?,
(terra verde, massicot e/o
litargirio dal supporto ?)
49
pigmento nero carbonioso ?,
(ocre, tracce di cinabro,
tracce di minio e/o massicot
e/o litargirio dal supporto ?)
63
25
55
considerazioni conclusive
I risultati ottenuti dalle analisi chimiche mediante XRF rappresentano
certamente un dato fondamentale da
cui partire per poter avviare un’ipotesi plausibile sull’uso dei pigmenti
e delle tecniche pittoriche impiegate
nei dipinti murali della Chiesetta di
Soleto.
è ovvio, ma purtroppo non sempre ciò accade, che la lettura dei dati
debba essere coerente con l’opera e
con il suo contesto spaziale e temporale e che venga eseguita da esperti con competenze trasversali, che
spaziano nell’ambito delle discipline
scientifiche e storico-artistiche.
E’ noto dalla letteratura che alcuni
pigmenti sono più o meno compatibili con una o con l’altra tecnica pit-
torica, ma talvolta gli artisti trascendevano dal ricettario ufficiale.
Per definire la tecnica pittorica la
prassi vuole che vengano sufficientemente caratterizzati dal punto di vista composizionale sia i pigmenti sia
i leganti, potendo così stabilire se si
tratta di una tecnica a fresco o a tempera. Naturalmente anche nell’ambito
di ognuna di esse vi sono incertezze
derivanti dall’uso di tecniche miste;
ad esempio la tempera a calce (il cosiddetto mezzo fresco) poteva essere
“personalizzata” dal singolo artista
mediante l’aggiunta di composti organici naturali.
L’impossibilità, per l’indagine
XRF, di verificare il grado di compenetrazione dei pigmenti con l’in-
− 74 −
tonaco di supporto, e la mancanza
di informazioni su eventuali leganti
organici, non consentono di stabilire
se la tecnica adottata sia a fresco o a
mezzo fresco, come pure se vi siano
stesure a tempera. In assenza di questi dati non si possono avanzare certezze ma solo ipotesi, anche se, come
riportato in letteratura (Lorusso et.
al. 2005), è già stato accertato che i
dipinti sono stati realizzati sia a fresco
che con stesure a secco.
è bene precisare, tuttavia, che la
superficie pittorica è stata verosimilmente modificata da restauri antichi
e recenti. Su questo aspetto occorre richiamare il limite della tecnica
che non consente di discriminare il
contributo degli elementi chimici
appartenenti a strati pittorici diversi
e pertanto di stabilire con assoluta
certezza se il pigmento a base di un
determinato elemento chimico sia
realmente ascrivibile allo strato pittorico originale oppure a quello di un
successivo restauro.
Dalla lettura dei dati risulta che le
campiture più frequenti, con cromie
rosse, gialle e verdi, sono state realizzate con pigmenti tradizionali tipici
della pittura murale, come l’Ocra rossa, l’Ocra gialla e la Terra Verde. Nelle
misure effettuate su tali campiture i
deboli segnali generati dal Manganese e dal Titanio sono stati riferiti a
impurezze di pirolusite (MnO2) e di
ilmenite (FeTiO3) che confermano
l’uso di terre naturali. Negli incarnati è stato spesso registrato un picco
più intenso del Ferro, che è stato associato ad Ematite, mentre nel caso
della veste di San Simone, sulla parete
nord, i segnali del Ferro e del Man-
ganese suggeriscono la presenza di
Terra d’Ombra.
In merito alle cromie bluastre
degli sfondi e di alcune vesti, nella
maggior parte dei casi non sono stati
individuati elementi chimici indicativi di pigmenti blu e pertanto si
ipotizza che queste colorazioni siano
state ottenute con il Nero di Vite, un
pigmento carbonioso capace di impartire sfumature bluastre se mescolato alla calce. Un discreto contenuto
di Rame, ascrivibile ad Azzurrite è
stato registrato solo sullo sfondo blu
di San Nicola, nel registro inferiore
della parete sud. In altre campiture
blu o verdi il Rame compare invece
in concentrazioni molto modeste, da
riferire verosimilmente a tracce di
Azzurrite o di Malachite.
Gli intensi segnali del Ferro in
corrispondenza di tre distinte campiture blu della parete nord (la veste
verde della figura a sinistra nel Trasporto della croce, il manto rosso-blu
di Cristo nella Resurrezione di Lazzaro, le integrazioni del fondo blu del
riquadro con l’Arcangelo Michele)
fanno ipotizzare la presenza di ridipinture contenenti Blu di Prussia
(ferrocianuro ferrico), un pigmento
artificiale in uso dalla prima metà del
XVIII secolo.
Altri elementi chimici riconducibili a pigmenti meno diffusi in pittura
murale sono il Mercurio ed il Piombo;
il primo viene riferito a Cinabro (solfuro di Mercurio) mentre il secondo,
in assenza di altri elementi chimici
ad esso associabili, può derivare dalla
presenza di Biacca (carbonato basico
di Piombo), di Massicot o di Litargirio (ossidi di Piombo). Tali pigmen-
− 75 −
ti non sono indicativi di un periodo
storico ben definito e pertanto non
aiutano a dare una collocazione cronologica agli strati che li contengono.
Rossi a base di Cinabro sono stati individuati sulla veste della Santa
Martire nel registro inferiore della
parete sud, e sul fondo dell’Annunciazione sulla parete est.
Stesure pittoriche verdi o gialle
ricche di Piombo sono state rinvenute sull’ala dell’Arcangelo Michele
nel Giudizio Universale della parete
ovest, sulla veste della figura a sinistra
(Pietro ?) nella Resurrezione di Lazzaro e sulla veste dell’Arcangelo Michele
sulla parete nord, sull’ala dell’angelo
dell’Annunciazione sulla parete est.
Per la cromia bianca delle vesti è
stato impiegato un pigmento a base
di carbonato di Calcio, come il Bianco di San Giovanni.
Per sciogliere le riserve su alcuni pigmenti e sui leganti delle pitture, oltre che per una scrematura dei
dati ottenuti, sarebbe auspicabile un
approfondimento analitico con tecniche integrate (microscopia ottica,
microscopia elettronica ESEM-EDS,
spettroscopia infrarossa FT-IR, gascromatografia/spettrometria di massa GC-MS) su un numero minimo di
campioni da prelevare in corrispondenza di alcune porzioni significative
dei vari registri pittorici.
Lorusso R., Laviano R., Vona F., Bellantuono R., Longobardi F., Gli affreschi di Santo Stefano di Soleto (Lecce), in Scienza e Beni Culturali. Sulle pitture murali. Riflessioni, conoscenza,
interventi, Atti del Convegno di Studi, Bressanone 13-15 Luglio 2005, Edizioni Arcadia
Ricerche, Marghera-Venezia 2005
Adduci F., Buccolieri A., Buccolieri G., Castellano A., Germinario G.M.R., Leo L.S,
Lorusso R., Vona F., Il Restauro della Chiesa di Santo Stefano a Soleto (Le): studio dei pigmenti pittorici, in Atti del IV Congresso Nazionale di Archeometria, Pisa 1-3 Febbraio 2006,
Pàtron editore s.r.l., Bologna 2007
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Seccaroni C., Moioli P., Fluorescenza X. Prontuario per l'analisi XRF portatile applicata a superfici policrome, Nardini Editore, Firenze 2002
Stea C., Soleto (Le): Chiesa di Santo Stefano. Analisi chimico mineralogiche e studio delle sequenze stratigrafiche degli affreschi interni del registro inferiore, Aprile 2003 (già Soprintendenza
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Eastaugh N., Walsh V., Chaplin T., Siddal R., The Pigment Compendium: A Dictionary of
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beni culturali (Relatori: Laviano R., Vona F., Buccolieri G.), Università degli studi di Bari,
a.a. 2004-2005
− 76 −
− 77 −
Un’applicazione per la fruizione
di dati eterogenei
Francesco Gabellone ∙ Ivan Ferrari ∙ Francesco Giuri
Attraverso uno studio sistematico,
‘tracciabile’ nella sua evoluzione,
possibilmente ‘trasparente’ ed intelligibile, l’archeologia virtuale si propone di consegnare al pubblico dei
risultati interpretativi su monumenti
ed opere d’arte la cui figuratività sia
stata danneggiata o compromessa.
In questo processo di studio, tutte
le informazioni emerse dalle diverse
discipline della ricerca archeologica
e storica convergono in un “modello
di conoscenza” che può essere iden-
tificato come una ‘sintesi’ dei dati
raccolti. Come spesso accade però,
lo studio ricostruttivo o la presentazione digitale di un monumento
antico risente fortemente di lacune
informative, errata trascrizione delle fonti, errata traduzione o peggio
ancora, di interpretazioni soggettive
che possono compromettere drasticamente il risultato finale, portando
a ricostruzioni ed interpretazioni
anche notevolmente diverse tra di
loro. L'obiettivo di fondo, da perse-
1. La piattaforma per la fruizione basta su modello 3D.
− 79 −
guire sempre, è perciò l’elaborazione
di studi ricostruttivi condotti filologicamente, che evidenzino non solo
i risultati conseguiti, ma soprattutto consentano di tracciare in forma
chiara quel percorso complesso dal
quale prende forma la proposta di ricostruzione o presentazione del bene
culturale. L’insieme di dati eterogenei raccolti su un'opera sono in genere disponibili solo singolarmente,
su pubblicazioni specifiche, in forma
cartacea, generalmente troppo complessi e dettagliati per il visitatore che
intende iniziare un percorso di conoscenza su quel bene.
È in quest’ottica che, all’interno del
progetto In-Cul.Tu.Re., sono stati
sviluppati output di visualizzazione
che siano adeguati ad una consultazione da smartphone, privilegiando
principalmente logiche di fruizione
efficiente on-site grazie all’adozione
di tecnologie basate sulla Realtà Aumentata (AR). Queste consentono
la creazione di una sovrapposizione
tra l’esperienza reale e gli elementi
informativi virtuali (informazioni
multimediali, dati geolocalizzati, dati
analitici, storici, archeometrici, ecc.)
in un ambiente nel quale gli elementi multimediali che "aumentano" le
informazioni sulla realtà possono
essere aggiunti e visualizzati attraverso dispositivi mobile, come i telefoni
cellulari di ultima generazione.
Esistono diversi approcci per
una visualizzazione in modalità AR.
La forma più classica prevede una
semplice sovrapposizione di informazioni direttamente sull'oggetto
inquadrato. Nelle ultime implementazioni di librerie grafiche, è possibile
una sovrapposizione di modelli tridimensionali semplificati che aiutino la
comprensione di strutture archeologiche, o contesti di interesse culturale
e turistico, direttamente sul sito reale.
L'uso di queste librerie risente però
fortemente dei limiti computazionali dei diversi device, compromettendo di fatto la fruizione su molti
apparecchi scarsamente performanti.
Una soluzione a questo limite è data
da una modalità ibrida di AR, nella
quale vengono mixate ricostruzioni
tridimensionali ultrarealistiche ad
alta resa in panorami VR sferici ad
alta risoluzione. All'interno di questo processo, particolare attenzione
viene rivolta all'illuminazione della
scena ed alla realizzazione di un setup che ricrea le stesse condizioni di
luce presenti nella ripresa fotografica
2. Modello 3D della chiesa con quadro sinottico delle pareti.
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3. Ricostruzione dell’anfiteatro di Lecce integrata nel tessuto urbano attuale.
reale per offrire un risultato convincente, perfettamente sovrapposto al
sito reale. Questo processo permette
quindi di visualizzare i vari monumenti nel loro contesto originario,
ma anche una gestione "ottimizzata" ed efficiente dei sistemi di visualizzazione in condizioni ambientali
particolarmente complesse. Un caso
emblematico è rappresentato da ricostruzioni sovrapposte ai contesti
attuali, dove l'adozione di un modello 3D semplificato, senza ombre, radiosità e textures a bassa risoluzione
comporterebbe una scarsa integrazione ed una resa qualitativamente
inaccettabile.
Per la chiesa di Santo Stefano a
Soleto sono state utilizzate tecnologie che potremmo definire di semiAR, dove al centro della navigazione
è posta non la semplice restituzione
fotografica dello stato di fatto, ma
un modello tridimensionale al quale
sono “agganciati” contenuti eterogenei. L’utilità di questo approccio presenta elementi di interesse perché,
attraverso un panorama basato su un
modello3D, è possibile riprendere la
chiesa, senza difficoltà, da punti di
vista inusuali, difficili da riprodurre
nella realtà. In linea generale questa
tecnica può risultare adeguata laddove sussista la necessità di un controllo efficace dell’impatto ambientale di
un intervento, poiché la sua visione
“diretta”, da un punto di vista reale,
permette di valutare facilmente eventuali sproporzioni volumetriche, di
controllare il reale contributo spaziale e l’armonizzazione con l’insieme.
Indubbiamente l’adozione di tecnologie di facile portabilità, come scene
3D basate su panorami VR sferici,
rappresentano per piccoli spazi architettonici come S. Stefano una soluzione efficace. Qui l’uso di un’alternativa basata completamente su un
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modello 3D navigabile in tempo reale non avrebbe aggiunto funzionalità rilevanti, ma al contrario avrebbe
aumentato la complessità della piattaforma, diminuendone l’usabilità.
I contenuti accessibili dalla piattaforma riguardano principalmente i temi figurativi delle pitture, ma
l’aspetto più originale è sicuramente
legato alla lettura di dati archeometrici all’interno dell’ambiente virtuale. Molte informazioni di carattere
scientifico, provenienti da osservazioni IR, XRF, possono sicuramente
definirsi fuori dalla sfera del visibile
e necessitano di tools appropriati per
una corretta interpretazione e visua-
lizzazione. Questi dati sono generalmente disponibili all’interno di relazioni tecniche specialistiche ed in
nessun caso sono oggetto di diffusione per l’utenza generica, quel target
di utilizzatori definito “general pubblic”. Da qui nasce l’idea di associare
questo bagaglio di informazioni ad
una piattaforma di fruizione virtuale
che permetta di “vedere l’invisibile”,
di guardare oltre la superficie dell’oggetto, per svelare la presenza di cavità, di oggetti nascosti, di osservare il
comportamento dei materiali al sollecitamento termico, di evidenziare
fratture o distacchi, di enfatizzare e
visualizzare alcuni fenomeni di de-
4. Finestre a comparsa che permettono la lettura dei temi figurativi.
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contesto di appartenenza. Lo spazio
virtuale accelera e potenzia le capacità cognitive, diventa cioè capace
di generare processi ‘virtuosi’ di apprendimento estremamente efficaci,
basati su metafore del mondo reale,
perciò facili da usare e comprendere.
Questi sistemi di visita migliorano
quindi la comprensione delle opere
di interesse culturale e si avvantaggiano del contributo interdisciplinare
di diversi studiosi, che a vario titolo
concorrono nel tracciarne le valenze
storiche, archeometriche e culturali.
La tecnologia è qui intesa
come strumento indispensabile,
soprattutto per rappresentare una
visione complessa e diacronica
del monumento, in cui trovano
posto script articolati su linguaggi
multipiattaforma, come JavaScript,
che forniscono soluzioni avanzate,
ma richiedono adeguate competenze
nella programmazione. Malgrado
questo, la creatività e la capacità
5. Pop-up per la lettura delle tecniche esecutive
di rispondere ai problemi concreti
suggeriscono alcune risposte interessanti, come ad esempio la rappresentazione delle fasi prima e dopo il
restauro di alcuni particolari pittorici
presenti sulle pareti della chiesa. La
soluzione sperimentata è basata su
una libreria open jQuery, una fondazione senza scopo di lucro per gli sviluppatori web. JQuery è una libreria
JavaScript veloce, intelligente e ricca di funzionalità. Essa rende molto
più semplice la gestione degli eventi
in un documento HTML rispetto ad
una normale API, è facile da usare e
funziona bene su un gran numero di
browser. Con una combinazione di
versatilità ed estensibilità jQuery ha
cambiato il modo in cui milioni di
persone scrivono JavaScript. Il risultato implementato nella piattaforma
di fruizione realizzata per la chiesa
di Santo Stefano ha permesso di ottenere una comparazione interattiva
che restituisce in forma ancora più
6. Pop-up per la lettura dei dati analitici (analisi XRF)
grado. Un’applicazione di questo
tipo permette di trasferire in forma
immediata e semplice informazioni
tecnico-scientifiche verso un’utenza
non sempre preparata alla lettura di
dati archeometrici, seguendo modalità di lettura ramificate, in cui viene
consultato solo ciò che realmente
interessa.
Un sistema di visita organizzato in
questo modo aggrega le conoscenze
storiche ed umanistiche con le discipline tecnico-scientifiche: l’oggetto,
in quanto portatore di valori, viene
analizzato nelle sue componenti mineralogico-petrografiche, chimiche,
fisiche, ma anche nei suoi aspetti storici e formali, nei suoi rapporti con il
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7. Pop-up per la lettura dei dati analitici. Qui lo spettro IR è stato mappato sull’intera estensione delle pareti.
La consultazione dei link permette la lettura delle varie interpretazioni delle anomalie riscontrate.
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8. Esempio di jQueryLybrary per la lettura interattiva degli interventi di restauro (immagini elaborate da
Maida Leo, Accademia di Belle Arti di Lecce).
“trasparente” e distinguibile l’intervento di restauro, rendendo consapevole l’utente del grande lavoro di
recupero figurativo che l’operazione
puramente conservativa sembrerebbe trascurare.
L’output principale del progetto è
una applicazione HTML5 compatibile con PC e smartphone, con funzionalità gyroscope attivabile on-site.
Questo tipo di architettura permetterà ulteriori implementazioni sulla
piattaforma anche in tempi successivi, con notevoli arricchimenti su ogni
tipo di informazione necessaria alla
comprensione delle caratteristiche
del monumento e alle sue trasformazioni nel tempo.
Parte delle ricerche presentate
in questo articolo è stata realizzata
nell’ambito di “Programmi di ricerca
scientifica di rilevante interesse nazionale” (PRIN 2010-2011).
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PON04a3_00390
Programma Operativo Nazionale “Ricerca e Competività” (PON “R&C”) 2007 - 2013 - Avviso D.D.
84/Ric del 2 marzo 2012 Asse II: “Sostegno all’Innovazione” - Obiettivo Operativo 4.2.1.3 “Azioni
Integrate per lo Sviluppo Sostenibile e la Diffusione Della Società Dell’Informazione”.
Conoscere e visitare la Chiesa di Santo Stefano,
a Soleto (Le), andando oltre il visibile. Con questo
obiettivo il Progetto In-Cul.Tu.Re. ha collaborato
con la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio
per le province di Bari, BAT e Foggia, l’IBAM-CNR
e il Laboratorio di Diagnostica non Distruttiva
del Politecnico di Torino. Questa pubblicazione
riporta i risultati del percorso di ricerca
multidisciplinare sviluppato su questo bene
culturale, offrendo − grazie al saggio di Rosa
Lorusso Romito − nuove ipotesi su cronologie
dei cicli pittorici e ambiti di appartenenza delle
maestranze, e − negli altri contributi − dati
tecnico-scientifici solitamente divulgati solo
tra gli addetti ai lavori. Questi e altri contenuti
inediti sono fruibili anche nell’App sviluppata
con l’Arch. F. Gabellone (IBAM-CNR).
in collaborazione con
La chiesa di Santo Stefano a Soleto è uno dei casi studio
individuati da In-Cul.Tu.Re. (progetto vincitore del bando Smart
Cities and Communities and Social Innovation, finanziato dal Miur).
Testimonianza della cultura figurativa tardogotica in Puglia, legata
alla corte di Raimondello del Balzo Orsini, essa è stata nel tempo
ampiamente studiata e oggetto di numerosi restauri curati dalla
Soprintendenza. Il progetto In-Cul.Tu.Re. ha condotto sulla chiesa
di Santo Stefano indagini e approfondimenti per la conoscenza e la
conservazione dell’opera, ma anche per potenziarne la fruizione.
ISBN 978-88-98289-46-2
In copertina: Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno
(particolare da una foto di P. Colaiocco per In-Cul.Tu.Re, 2014).
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