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SANTO STEFANO - In
La chiesa di Santo Stefano a Soleto indagini e approfondimenti a cura di Paola Durante Sofia Giammaruco con un saggio di Rosa Lorusso Romito La chiesa di Santo Stefano a Soleto indagini e approfondimenti a cura di Paola Durante Sofia Giammaruco con un saggio di Rosa Lorusso Romito La chiesa di Santo Stefano a Soleto indagini e approfondimenti contributi credits A cura di Paola Durante Sofia Giammaruco Un progetto di Consulente scientifico Rosa Lorusso Romito Testi Francesco De Matteis, Lavinia Donateo, Paola Durante, Francesco Gabellone, Sofia Giammaruco, Rosa Lorusso Romito, Maurizio Masieri, Davide Melica, Gabriele Miceli, Gabriele Montinaro, Giovanni Quarta, Maria Federica Stifani, Graziano Vantaggiato, Monica Volinia. cofinanziato da realizzato in collaborazione con Ricerche Lavinia Donateo, Paola Durante, Sofia Giammaruco, Maria Federica Stifani Progetto grafico e impaginazione Alberto Giammaruco | CRESCo Si ringraziano Comune di Soleto, Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi Lecce e Taranto, Roberto Bellantuono, Maria Chiffi, Ivan Ferrari, Giulia Germinario, Beppe Gernone, Mario Girotto, Francesco Giuri, Maida Leo, Antonella Simonetti, Museo Civico “Pietro Cavoti”- Galatina, Giuseppe Ancora, Gino Dimitri, Luigi Galante, Giovanni Giangreco, Francesco Giannachi, Claudio Giovinazzo, Luigi Manni, Associazione Nuova Messapia, Famiglia Leo (Luca, Valeria, Elisabetta) In-Cul.Tu.Re. progetto vincitore del bando Miur “Smart Cities and Communities and Social Innovation” © 2015 Progetto In-Cul.Tu.Re. / MIUR ISBN 978-88-98289-46-2 www.inculture.eu PON04a3_00390 PON “Ricerca e Competività” (PON “R&C”) 2007 - 2013 Avviso D.D. 84/Ric del 2/3/2012 Asse II: “Sostegno all’Innovazione” - Ob. Op. 4.2.1.3 “Azioni Integrate per lo Sviluppo Sostenibile e la Diffusione Della Società Dell’Informazione”. Finito di stampare nel mese di Luglio 2015 da Edritrice Salentina - Galatina (Le) In-Cul.Tu.Re. Lecce, via S. Lupinacci, 1 73100 | [email protected] sommario Prefazione Graziano Vantaggiato 7 Premessa In-Cul.Tu.Re. 9 Introduzione Il Progetto In-Cul.Tu.Re e la chiesa di Santo Stefano: un percorso multidisciplinare di ricerca e valorizzazione Paola Durante, Sofia Giammaruco 13 contributi La chiesa di Raimondello 25 Rosa Lorusso Romito Indagini termografiche Monica Volinia 59 I dipinti murali: indagini mediante fluorescenza di Raggi X (XRF) per la caratterizzazione dei pigmenti. Giovanni Quarta, Davide Melica, Maurizio Masieri 65 Un’applicazione per la fruizione di dati eterogenei Francesco Gabellone, Ivan Ferrari, Francesco Giuri 79 tavole Schemi sulla lettura iconografica Nelle pagine precedenti: Soleto, Chiesa di Santo Stefano, facciata (ph. P. Colaiocco per In-Cul.Tu.Re, 2014). Soleto, Chiesa di Santo Stefano, particolare (ph. E. Floriddia & S. Cesari per In-Cul.Tu.Re, 2014). Prefazione Graziano Vantaggiato Sindaco di Soleto Molte volte quando facciamo ordine e pulizia tra i ricordi della nostra vita, solitamente ci accorgiamo di aver avuto vicino a noi, sotto i nostri occhi, delle cose importantissime, dei tesori. Presi dalla frenesia e dalle abitudini quotidiane, però, dimentichiamo di possederle, ammirarle, goderne e soprattutto di condividerle con gli altri. La quotidianità ci fa perdere il senso dell’importanza, la non conoscenza ci fa perdere il gusto del piacere. Per avere al meglio la contezza dei nostri tesori nascosti o dimenticati, talune volte bisogna avere gli occhi adatti, o avere qualcuno che ci insegni a guardare e comprendere meglio dove noi spesso non ne siamo capaci. Il lavoro di In-Cul.Tu.Re. ci predispone, ove lo si renda necessario, alla conoscenza e alla giusta attenzione, con uno sguardo consapevole, alle meraviglie che ogni giorno volutamente o no ignoriamo di avere. Lasciamoci accompagnare in questo meraviglioso viaggio di conoscenza, e soprattutto cerchiamo di condividerlo con gli altri. Alla fine di questo percorso, sicuramente saremo più ricchi e consapevoli del nostro immenso patrimonio. Un sentito ringraziamento ai ragazzi del progetto In-Cul.Tu.Re. per l’amore e la passione che hanno profuso in tale immensa attività. − 7 − premessa In-Cul.Tu.Re. In-Cul.Tu.Re. è un progetto di ricerca, vincitore del bando del Miur “Smart Cities and Communities and Social Innovation” (d.d. 84/Ric. del 02/03/2012), che ha iniziato le sue attività nell’agosto del 2012, individuando 12 “casi studio” nell’ambito del patrimonio culturale dell’Unione dei Comuni della Grecìa Salentina*. La scelta è ricaduta su quei beni che ben rappresentano la complessità e l’eterogeneità di un patrimonio a volte considerato “minore”, ma depositario di forti valori storico-identitari, e che offrono occasioni per innescare processi di riappropriazione da parte della collettività e di rigenerazione dei luoghi. Su ciascuno di essi sono state condotte attività di ricerca nei campi della diagnostica non distruttiva finalizzata alla conoscenza e al restauro, dell’efficienza energetica e dello sviluppo di strumenti Ict per la fruizione e la valorizzazione. Accanto alla ricerca scientifica, sono stati avviati diversi processi di comunicazione e promozione del patrimonio culturale, favorendo l’uso di pratiche artistiche con la realizzazione di reportage fotografici, mostre, installazioni, prodotti video e prodotti editoriali. Il team di progetto è stato supportato dai partner Ibam-Cnr di Lecce, Laboratorio di Diagnostica non Distruttiva del Politecnico di Torino, Istituto Superiore Mario Boella di Torino e cooperativa CRESCo, facendo della multidisciplinarietà il punto di forza del proprio approccio metodologico, coinvolgendo le comunità e le istituzioni locali, le realtà innovative esistenti intorno ai luoghi studiati, puntando alla promozione di buone pratiche replicabili anche in altri contesti. * Parco Archeologico di Apigliano (Martano), Chiesa di San Francesco (Martignano), Pozzelle di Pirro, Pozzelle di Apigliano e Cisterne di Masseria Gloria (Zollino), Cripta di San Sebastiano (Sternatia), Chiesa della Madonna degli Angeli (Sternatia), Castello De Gualtieriis (Castrignano Dei Greci), Molino Coratelli (Corigliano d’Otranto), Piazza San Giorgio (Melpignano), Chiesa di San Biagio e suo intorno (Calimera/ Melendugno), Chiesa di Santo Stefano (Soleto), l’Attività estrattiva e la produzione fittile nel tempo a Cutrofiano (Cutrofiano), Soleto archeologica (Soleto). − 9 − Per il caso studio della Chiesa di Santo Stefano a Soleto sono state condotte, con il Laboratorio di Diagnostica non Distruttiva del Politecnico di Torino e l’Istituto Ibam-Cnr di Lecce, indagini diagnostiche per la conoscenza e il monitoraggio dello stato di conservazione dell’opera. Sempre in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto Ibam-Cnr di Lecce e con la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Bari - BAT e Foggia (già Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Puglia), è stato progettato e sviluppato un sistema di visita alla chiesa in realtà aumentata, cioè un’applicazione per mobile e pc. L’applicazione e questa pubblicazione aggiungono un nuovo tassello nel racconto del contesto di riferimento del Progetto, in una logica complessiva che mira alla costruzione di una rete territoriale di valorizzazione dei beni culturali della Grecìa Salentina, arricchita dalla realizzazione di tre itinerari ciclo-turistici inediti, per esplorare a 360 gradi i luoghi indagati. La chiesa di Santo Stefano, come gli altri beni oggetto di studio, è stata quindi interessata da molteplici azioni di promozione, come il catalogo fotografico “Da qui non si vede il mare – Il paesaggio della Grecìa Salentina”, il reportage di Piero Marsili Libelli confluito nel calendario 2015 “Tra Visioni e Paradossi”, la realizzazione del cortometraggio “Deposizione in due atti” del regista Carlo Michele Schirinzi (selezionato al Torino Film Festival 2014, al Festival del Cinema Europeo 2015 di Lecce e al Toko Film Festival 2015 di Salerno), l’inserimento nelle App “Sherazade – Storymaker for travelling” e “InCulture – Caccia ai Tesori della Grecìa Salentina”. Francesco De Matteis Lavinia Donateo Paola Durante Sofia Giammaruco Gabriele Miceli Gabriele Montinaro Maria Federica Stifani Soggetti attuatori In-Cul.Tu.Re. − 10 − Introduzione Il Progetto In-Cul.Tu.Re e la chiesa di Santo Stefano: un percorso multidisciplinare di ricerca e valorizzazione Paola Durante ∙ Sofia Giammaruco 1. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno (ph. P. Colaiocco per In-Cul.Tu.Re, 2014) 2. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno (ph. P. Colaiocco per In-Cul.Tu.Re, 2014). Il Progetto In-Cul.Tu.Re., tra il 2012 e il 2015, ha avuto l’opportunità di condurre un percorso di ricerca scientifica sulla chiesa di Santo Stefano, grazie ad un protocollo d’intesa siglato con il Comune di Soleto, proprietario del bene culturale, e soprattutto in virtù della collaborazione con la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Bari - BAT e Foggia (già Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Puglia). Proprio con la Soprintendenza, che per la chiesa di Santo Stefano ha curato diversi interventi di restauro su finanziamenti del MiBACT (l’ultimo dei quali conclusosi nel 2012), il Progetto In-Cul.Tu.Re. ha cooperato con gli obiettivi di: approfondire il quadro conoscitivo sul bene, mediante studio storico-documentario, campagne di rilievo e indagini non distruttive; monitorare lo stato di conservazione – mediante diagnostica non invasiva – a conclusione dell’ultimo restauro; sviluppare e rendere fruibile un sistema di visita alla 1 chiesa in realtà aumentata, volto a promuovere la conoscenza e la comprensione dell’opera (Figg. 1, 2). L’approccio di In-Cul.Tu.Re. è stato quello di porre le basi del proprio operato su due concetti fondamentali e imprescindibili: la conoscenza e la ricerca, senza le quali – per dirla, tra gli altri, con Salvatore Settis e Tomaso Montanari – non può esserci tutela né valorizzazione, “perché valorizzare quel che non si conosce non si può: e una vera conoscenza/tutela/valorizzazione non si fa solo nei musei, ma sul territorio”1. Realizzare un percorso volto alla valorizzazione della chiesa di Santo Stefano di Soleto, bene culturale già ampiamente studiato e tutelato, ha significato, quindi, per il Progetto In-Cul.Tu.Re. partire dalla ricerca, collaborando prima di tutto con la Soprintendenza, organo territoriale del MiBACT, principale ente di riferimento per la tutela del patrimonio culturale (nello specifico con la funzionaria Dr.ssa R. Lorusso Romito). È stata quindi consultata la raccolta di documenti (carteggi, perizie, Settis S., Una cura da elefante, articolo pubblicato su La Repubblica, 2015. − 13 − 4. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, affreschi prima del restauro (Soprintendenza BeAP per le province di Bari - BAT e Foggia - Archivio Fotografico, n. neg. 58974 D, s.d.). 3. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, facciata durante i restauri (Soprintendenza BeAP per le province di Bari - BAT e Foggia - Archivio Fotografico, n. neg. 1473 B, 4 Maggio 1939). − 14 − progetti, elenco lavori, capitolati, rilievi, foto storiche, documentazione fotografica prima-durante-dopo gli interventi realizzati, risultati di tutte le precedenti campagne di indagini diagnostiche, articoli scientifici, ecc…) conservati presso l’Archivio e l’Archivio Storico (già Soprintendenza BSAE della Puglia) e l’Archivio Fo- tografico (Soprintendenza BeAP per le province di Bari - BAT e Foggia), il cui studio è stato fondamentale per ricostruire le vicende storiche e la sequenza degli interventi di restauro e analisi che hanno riguardato la chiesa a partire dal 1891 e fino ai nostri giorni (Figg. 3, 4). Sono stati consultati i taccuini − 15 − 5. Pietro Cavoti, Disegno di un capitello del protiro non più esistente della chiesa di Santo Stefano di Soleto (Inv.748r, Galatina, Museo civico “Pietro Cavoti”). dello studioso Pietro Cavoti, custoditi nel Museo Civico “Pietro Cavoti” di Galatina. I disegni dello studioso galatinese, risalenti alla fine del XIX secolo, hanno permesso non solo di individuare elementi oggi non più esistenti della chiesa di Santo Stefano (Fig. 5), scomparsi per fenomeni di degrado o cause antropiche (in particolare elementi decorativi del prospetto principale), ma hanno anche offerto informazioni su altri beni riconducibili alla committenza di Raimondello del Balzo Orsi- ni, Maria d’Enghien Brienne e del loro figlio Giovanni Antonio, come – accanto alla Guglia di Soleto, alla Basilica di Santa Caterina d’Alessandria di Galatina – la chiesa di Santa Lucia, un tempo esistente nel territorio di Soleto, scomparsa probabilmente nei primi anni del Novecento, e il cui disegno dei prospetti esterni rimanda ad alcuni elementi decorati dell’architettura che si ritrovano molto simili sulla facciata della chiesa di Santo Stefano e della Basilica di Santa Caterina (rosone, portali, − 16 − architravi, protiro, archetti pensili) (Fig. 6). Sulla chiesa di Santa Lucia, nel dicembre 1883, il De Giorgi scriveva: “minaccia rovina in molti punti; e tra pochi anni, se non si baderà a restaurarla, crollerà indubbiamente o sarà distrutta; e per meschino conforto ci resterà il solo disegno del Prof. Cav. Pietro Cavoti e la fotografia dell’egregio artista modenese, il signor Pietro Barbieri”2. Se il monito espresso dal De Giorgi non ha di fatto impedito la distruzione della chiesa di Santa Lucia, le sue parole in merito a Santo Stefano, “sarà un vero miracolo se ciò che resta potrà durare un altro secolo!”3, non hanno avuto poi riscontro nella storia di questo bene culturale, “squisito […] gioiello”4, il cui significato e la cui singolare importanza sono stati da sempre riconosciuti: “Cotesta cappella che costituisce uno dei più insigni monumenti medievali di Terra d’Otranto, è pregevolissima non solo per la sua antichità, rimandandone la costruzione ai secoli XIIIXIV, ma per gli affreschi che l’adorna- no e che, in gran parte, sono in buono stato di conservazione”5. Per la chiesa di Santo Stefano, all’opportunità di consultare le numerose fonti d’archivio conservate, si accosta la grande disponibilità di fonti bibliografiche6. Accanto ad esse vuole porsi questa pubblicazione, che mira ad offrire un contributo sulle più recenti ricerche condotte nell’ambito del Progetto In-Cul.Tu.Re. (da qui il sottotitolo di questo volume Indagini e approfondimenti), e che si arricchisce dell’apporto di chi ha partecipato agli ultimi interventi di restauro della chiesa e alle prime campagne diagnostiche effettuate su di essa, preliminari e conseguenti ai restauri stessi (si rimanda al capitolo La chiesa di Raimondello di R. Lorusso Romito). Se, infatti, gli interventi di restauro effettuati hanno permesso di approfondire la conoscenza dell’opera – analizzandone materiali, stato di conservazione, tecniche esecutive – il contributo presente in questa pubblicazione intende offrire, accanto a una lettura dei cicli affrescati e delle 2 De Giorgi C., La Provincia di Lecce. Bozzetti di viaggio, Vol. II, Congedo Editore, Galatina 1975, p.47. 3 Idem, p.49. Berger M., Jacob A., La chiesa di S. Stefano a Soleto. Tradizioni bizantine e cultura tardogotica, Argo editore, Lecce 2007, p.97. 4 5 Già Soprintendenza BSAE della Puglia – Archivio storico, (scritto datato 1927 dell’Avv. A. Foscarini all’On. le Ministro della Pubblica Istruzione - Direzione generale delle Belle Arti). 6 Tra le numerose fonti disponibili, le più significative per le ricerche condotte da In-Cul.Tu.Re. sono state: De Giorgi C., La Provincia di Lecce. Bozzetti di viaggio, Vol.II, Congedo Editore, Galatina 1975; Berger M., S. Stefano di Soleto e i suoi affreschi, in De Bernart A. (a cura di), Paesi e figure del vecchio Salento (collana Documentari. Luoghi Documenti e Artisti di Puglia, 6),Vol.II, Congedo Editore, Galatina 1980; Lorusso Romito R., Le rotte adriatiche del gotico in Puglia. Frequentazioni e modelli iconografici, in Adriatico. Un mare d’arte, storia, cultura, Atti del Convegno (Ancona, 20-22 maggio 1999), a cura di Cleri B., Ripatransone 2000; Cassiano A., Vetere B. (a cura di), Dal Giglio all’Orso: i principi d’Angiò e Orsini nel Balzo nel Salento, Congedo editore, Galatina 2006; Berger M., Jacob A., La chiesa di S.Stefano a Soleto. Tradizioni bizantine e cultura tardogotica, Argo editore, Lecce 2007; Manni L., La chiesa di Santo Stefano di Soleto. Epigrafia a cura di Francesco G. Giannachi (collana Biblioteca di Cultura Pugliese), Congedo Editore, Galatina 2010; Ortese S., Pittura tardogotica nel Salento, Congedo editore, Galatina 2014. − 17 − 6. Pietro Cavoti, Disegno della chiesa scomparsa di Santa Lucia di Soleto (Inv.842, Galatina, Museo civico “Pietro Cavoti”). 7. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord, Campagna di analisi mediante XRF (ph. S.Giammaruco, 2015). fasi esecutive, un quadro cronologico e un’ipotesi sugli ambiti geografici e culturali di appartenenza delle probabili maestranze che furono attive in Santo Stefano. Lo studio bibliografico e il confronto tra le varie fonti hanno permesso di elaborare gli schemi sulla lettura iconografica di seguito allegati, recanti la varie ipotesi interpretative offerte dagli studiosi in merito ai diversi cicli raffigurati nella chiesa. Importante mezzo di conoscenza - strumento già di per sé utile per la tutela del bene culturale - è stata la creazione di un modello tridimensionale della chiesa, punto di partenza nello sviluppo dell’App di visita in realtà aumentata, che i ricercatori dell’IT-Lab dell’Ibam-Cnr di Lecce hanno realizzato attraverso l’esecu- zione di campagne di rilievo interno ed esterno mediante laser scanner a tempo di volo e fotogrammetria digitale delle superfici interne ed esterne (mappatura ad alta risoluzione dei cicli pittorici). Le indagini diagnostiche, pianificate e condotte in collaborazione con il Laboratorio di Diagnostica non Distruttiva del Politecnico di Torino e l’Istituto Ibam-Cnr di Lecce, hanno avuto come obiettivi principali la valutazione dello stato di conservazione della chiesa (tramite Termografia all’infrarosso) e la caratterizzazione dei materiali impiegati negli affreschi (tramite Fluorescenza di raggi X, XRF). Le indagini termografiche all’infrarosso, che hanno interessato sia le pareti interne che quelle esterne della chiesa, sono state eseguite in campa- − 18 − 8. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord, Campagna di analisi mediante XRF (ph. S.Giammaruco, 2015). − 19 − gne stagionali e in condizioni metereologiche e orari differenti allo scopo di monitorare la presenza di un fronte di umidità di risalita capillare individuato nel sopralluogo preliminare. Esso è stato con molta probabilità già in passato la causa di degrado della parte inferiore degli affreschi delle pareti. Le indagini hanno consentito inoltre di individuare la presenza di ponti termici ed altre anomalie attribuibili a elementi tamponati o ai diversi materiali impiegati (si rimanda al capitolo Le Indagini termografiche di M.Volinia). La termografia all’infrarosso è una tecnica di indagine non distruttiva che permette di evidenziare fenomeni di degrado in atto senza alterare l’integrità materiale dell’oggetto esaminato, e nel caso della chiesa, bene recentemente restaurato, ha consentito di monitorare il suo stato di fatto nell’arco di un anno senza la necessità di prelievi e prove invasive. Si configura quindi come un utile strumento di prevenzione che può evitare pesanti interventi di recupero. La campagna di indagini di caratterizzazione sui cicli di affreschi presenti nella chiesa di Santo Stefano, svolta in collaborazione con i ricercatori dell’Ibam-Cnr di Lecce, ha previsto anche in questo caso l’impiego di un’indagine non distruttiva e non invasiva quale l’XRF portatile, analizzando circa 70 punti di misura (Figg. 7, 8). Per formulare un’ipotesi sulle aree da indagare si è tenuto conto dei risultati di tutte le indagini di caratterizzazione precedentemente effettuate, prima degli ultimi interventi di restauro, sugli affreschi7. Il principale obiettivo perseguito è stato quello di estendere la caratterizzazione dei pigmenti impiegati per le principali campiture cromatiche riscontrabili (blu, rosso, giallo, verde, bianco, nero, incarnato) anche alla parete Ovest, non ancora indagata, e ai registri superiori delle pareti Nord e Sud (si rimanda al capitolo I dipinti murali: indagini mediante fluorescenza di Raggi X (XRF) per la caratterizzazione dei pigmenti di G. Quarta, D. Melica, M. Masieri). Inoltre, in collaborazione con l’architetto F. Gabellone (IT-Lab dell’Ibam-Cnr di Lecce) e il suo team e sempre con la consulenza tecnico scientifica della Dr.ssa R. Lorusso Romito è stata progettata e sviluppata per la chiesa di Santo Stefano un’applicazione di realtà aumentata fruibile sia da mobile device che da remoto, che si propone come uno strumento immediato per la conoscenza e la comprensione dell’opera (Fig. 9). Organizzata in sezioni tematiche (Lettura iconografica, Tecniche esecutive, Indagini termografiche, XRF, Restauro virtuale), offre contenuti inediti, come le integrazioni di restauro digitale, la guida interattiva ai cicli di affreschi, i dati archeometrici esito delle indagini diagnostiche condotte nell’ambito del progetto. Ciò avviene sfruttando devices largamente diffusi (smartphone, tablet e pc) e consentendo quindi un avvicinamento del grande pubblico ad informazioni spesso non facilmente accessibili, per il loro carattere tecnico scientifico, ma che permettono di ampliare la conoscenza del bene culturale andando oltre il visibile con una modalità accattivante (si rimanda al capitolo Un’applicazione per la fruizione di dati eterogenei di F. Gabellone). Tale applicazione, che non si vuole sostituire alle visite tradizionali, ma semmai vuole offrire un contributo differente nell’approccio al bene, consente anche da pc e a distanza di fruire la chiesa e i suoi affreschi grazie al modello 3d, completamente esplorabile, realizzato dai ricercatori dell’IT-Lab dell’IbamCnr di Lecce. L’App si arricchisce anche di un filmato sulla chiesa che racconta il 9. Simulazione dell’App di visita in realtà aumentata alla chiesa di Santo Stefano. 7 Stea C., Soleto (Le): Chiesa di Santo Stefano. Analisi chimico mineralogiche e studio delle sequenze stratigrafiche degli affreschi interni del registro inferiore, Aprile 2003 (già Soprintendenza BSAE della Puglia – Archivio); Germinario G., Sulle tracce degli artisti di Soleto: studio e caratterizzazioni dei pigmenti della chiesa di S.Stefano di Soleto (Lecce), Tesi in Applicazioni mineralogiche e petrografiche ai beni culturali (Relatori: Laviano R., Vona F., Buccolieri G.), Università degli studi di Bari, a.a. 2004-2005 (già Soprintendenza BSAE della Puglia – Archivio); Lorusso R., Laviano R., Vona F., Bellantuono R., Longobardi F., Gli affreschi di Santo Stefano di Soleto (Lecce), in Scienza e Beni Culturali. Sulle pitture murali. Riflessioni, conoscenza, interventi, Atti del Convegno di Studi, Bressanone 13-15 Luglio 2005, Edizioni Arcadia Ricerche, MargheraVenezia 2005; Adduci F., Buccolieri A., Buccolieri G., Castellano A., Germinario G.M.R., Leo L.S., Lorusso R., Vona F., Il Restauro della Chiesa di Santo Stefano a Soleto (Le): studio dei pigmenti pittorici, in Atti del IV Congresso Nazionale di Archeometria, Pisa 1-3 Febbraio 2006, Pàtron editore s.r.l., Bologna 2007; Germinario G.M.R., Calò U., Vitti M., Monno A., Laviano R., Lorusso R., Indagini non distruttive e microanalisi eseguite per il restauro della chiesa di S. Stefano in Soleto (LE), Lecce 2010. − 20 − − 21 − contesto in cui essa si colloca intrecciando ai riferimenti storici sulla committenza, l’analisi delle peculiarità stilistiche e iconografiche dei suoi affreschi, e offrendo una panoramica su alcuni elementi decorativi ed architettonici ora non più esistenti. Se l’App dunque, si propone come uno strumento efficace per una fruizione interattiva e semplice della chiesa di Santo Stefano, questa pub- blicazione – ad essa legata – vuole approfondire il quadro conoscitivo sul bene, partendo dall’inquadramento storico e dall’analisi dell’opera, per poi avvicinare il lettore alle tematiche della diagnostica non distruttiva applicata ai beni culturali e della progettazione di nuovi sistemi ICT volti alla conoscenza e alla valorizzazione. Contributi − 22 − LA CHIESA DI RAIMONDELLO Rosa Lorusso Romito La chiesa di S. Stefano di Soleto con la vicina Basilica di S. Caterina di Galatina, giunte entrambe quasi totalmente integre ai nostri giorni, conservano gli episodi più alti della cultura figurativa tardogotica in Puglia. Insieme ad imprese altrettanto significative come la stessa Guglia soletana che si innalza a fianco della attuale chiesa matrice, sono il documento materiale superstite della singolare civiltà che maturò in seno alla di corte di Raimondello del Balzo Orsini, signore della Contea di Soleto e poi Principe di Taranto dal 1399 al 1406 anno della sua morte, il più importante feudatario non solo del Regno di Napoli in età angioina; della moglie Maria D’Enghien Brienne, contessa di Lecce, poi regina di Napoli avendo sposato in seconde nozze Ladislao di Durazzo (1406 - 1414), infine del figlio Giovanni Antonio, promotori di opere di grande qualità, in stretto rapporto con la Capitale del Regno e con le maggiori corti italiane. La chiesetta soletana dedicata al rito greco ed edificata sul modello di edifici bizantini di area balcanica e italomeridionale sorge nel nucleo storico della cittadina che fu un importante centro religioso e culturale italogreco dal XIII secolo alla fine del Cinquecento, come attestano la presenza documentata di amanuensi e pittori, nonché il gran numero di codici liturgici pervenuti fino a noi, prodotti da scriptoria locali. Intitolata inizialmente ai Santi Stefano e Sofia fu eretta con tutta probabilità già prima del matrimonio con la contessa di Lecce (1385), e dedicata al rito greco da Raimondo, poi noto come Raimondello, pronipote di Raimondo del Balzo di Courthezon, I conte di Soleto (†1375) con giurisdizione sui feudi di Galatina, Zollino, Sternatia e Cutrofiano. A sostegno di tale affermazione, a non voler considerare lo scudo in chiave all’archivolto in facciata – in effetti troppo degradato ed illeggibile già nelle più antiche foto per poterne azzardare una identificazione – resta lo stemma al sommo del rosone, altrettanto illeggibile oggi ma che, come documenta senza incertezze una vecchia foto dell’Archivio Alinari (N. 35454; Archivio Fotografico SBeAP – Bari, riprod. N. 8087/D), presentava lo − 25 − scudo inquartato con la stella dei del Balzo ed il corno d’Orange e al centro la losanga Orsini con la rosa. L’assenza, di contro, di qualsiasi riferimento, sia all’esterno che all’interno della chiesa, alla consorte Maria, le cui insegne viceversa appaiono numerose volte nella Basilica di Santa Caterina a Galatina, starebbe a conferma del ruolo particolare della chiesetta di S. Stefano, quasi oratorio privato del futuro Principe di Taranto, emblema della sua appartenenza alla più antica e prestigiosa stirpe provenzale, i de Baux de Provence, discendenti per antica tradizione dal re Mago Baldassarre (Berger). La contea di Soleto, pervenuta in mancanza di eredi diretti al nipote di Raimondo, Nicola degli Orsini di Nola (†1399), in realtà era stata programmaticamente destinata dallo stesso Raimondo ai discendenti della sorella Sveva del Balzo madre di Nicola, in particolare al figlio cadetto di questi, omonimo del Courthe- zon. Raimondo, poi Raimondello per distinguerlo dallo zio, fu cavaliere ed insigne uomo d’arme, ciambellano del Regno e capitano di guerra in Terra di Bari e Terra d’Otranto nel 1382 su nomina di Carlo III di Durazzo, balio dal 1383 del minorenne Ladislao futuro re di Napoli, che più tardi lo investirà del Principato di Taranto, signore di Lecce a seguito del matrimonio nel 1385 con Maria d’Enghien Brienne, Gonfaloniere della Chiesa e protettore delle bandiere papali nel Regno di Napoli, prima con Urbano VI, poi con Clemente IX, il più grande feudatario, infine, del Regno di Napoli. Finalità di questo contribuito è rivedere, anche alla luce delle indagini condotte in occasione dei restauri come in seno al Progetto In-Cul. Tu.Re., le coordinate relative alla committenza e alle possibili datazioni dei cicli dipinti a partire dalle peculiari soluzioni iconografiche e dagli esiti stilistici offerti dagli stessi. maticamente immagini devozionali preesistenti, quasi una sorta di colonne poste a reggere simbolicamente l’edificio sacro secondo una prassi diffusa nelle chiese bizantine tardomedievali. I Santi, appartenenti sia al mondo bizantino che alla chiesa d’Occidente, sono effigiati singolarmente entro i tradizionali tabelloni votivi rifiniti da cornici monocrome o decorate da cosmatesche, come nella più antica tradizione figurativa di chiese rupestri e subdivo, ovvero raggruppati entro nicchie archiacute o a tutto sesto, tri o polilobate, sorrette in genere da esili colonne con minuti capitelli fogliari che rinviano alle carpenterie di veri e propri dittici o trittici, o di dossali “veneti” trecenteschi. Alle “icone” della fase più antica (San Simone e San Giovanni Elemosiniere sulla parete settentrionale, San Giovanni Battista a lato della Crocifissione con la Madonna e san Giovanni sulla parete meridionale), si affianca- no senza soluzione di continuità Santi universali (Nicola di Mira, Michele Arcangelo, Gioacchino ed Anna), o della chiesa orientale (Antonio Abate, Onofrio, Giorgio), ovvero in connessione a culti propriamente occidentali (Margherita, Maria Maddalena); infine, Santi diaconi (Stefano, effigiato due volte, Lorenzo o Filippo). Tutte le raffigurazioni, ad esclusione del ciclo agiografico, sono accompagnate da iscrizioni in greco; i santi Simone apostolo e Giovanni Battista, come pure le frammentarie Annunciazioni, sono identificati anche da scritte bilingue ovvero con singolari commistioni col volgare (Safran). Una larga banda terminale ad eleganti motivi vegetomorfi doveva correre, infine, tutt’attorno ai muri perimetrali come mostrano gli scarsissimi lacerti superstiti che coronano la terminazione a cuspide della parete di controfacciata. PARETE NORD I cicli decorativi Lettura Iconografica Il programma iconografico che si dispiega senza soluzioni di continuità sui muri d’ambito della chiesa, pur nell’evidente successione di più fasi esecutive, dichiara la sostanziale conformità ad un progetto teologico unitario, cui rinviano le grandi rappresentazioni tratte dal Vecchio Testamento e dai Vangeli ad est, la Visione apocalittica in controfacciata, i cicli cristologico e stefaniano sui muri longitudinali, infine le raffigurazioni dei santi dei registri inferiori. Una teoria di santi e sante stanti, a grandezza naturale, occupa i registri inferiori senza soluzioni di continuità, inglobando e preservando program- − 26 − (v. Allegato, Tavola Parete Nord) Registro inferiore Teoria di Santi e Sante Al centro della parete l’apostolo Simone, appartenente alla fase più antica, è collocato entro una nicchia a sesto acuto decorata con un motivo musivo “a cosmatesche”, di tradizione ancora pienamente trecentesca, come già i pannelli coevi sul muro opposto. Lo affianca a sinistra un trittico incorniciato da colonnine in marmo e capitellini vegetomorfi che sorreggono archetti polilobati in scorcio, nelle cui nicchie sono allocate santa Tecla (su fondo rosso) e le sante Caterina d’Alessandria e Maria Maddalena, anch’essa aureolata, su fondo blu (Fig. 1). Se i culti delle prime due erano già noti in Salento, quello della Maddalena, di origini provenzali, è da ricon- − 27 − nettere alla diffusione di tale devozione nelle province del Regno ad opera della corte napoletana. Segue a destra San Michele Arcangelo, protettore dei defunti. Associato solitamente al Giudizio Universale, è rappresentato secondo l’iconografia occidentale in atto di trafiggere il drago. Dopo il varco tompagnato, che accoglie negli sguanci le sante Lucia e Margherita, quest’ultima versione occidentale della bizantina Marina, di dimensioni ridotte e in stato frammentario, sono effigiati nuovamente a misura d’uomo i Santi diaconi Filippo (?) e Stefano entro un dittico sempre su colonnine di marmo ed archi a tutto sesto. Nella nicchia è presente San Giovanni Elemosiniere, unica raffigurazione nel Salento del patriarca di Alessandria, il cui culto era molto radicato a Cipro, sua isola nativa (Berger-Jacob). Registro superiore Storie della vita di Gesù 2. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord, Cristo inchiodato alla croce. 1. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord, Trittico con Sante Tecla, Maria di Magdala e Caterina d’Alessandria. − 28 − Il ciclo della vita e della passione di Cristo tratto fondamentalmente dai Vangeli canonici, si dispiega su 3 registri orizzontali secondo una concatenazione narrativa a bande ancora pienamente trecentesca, composta da una sequenza di 22 piccoli riquadri di diversa larghezza, di sapore quasi miniaturistico, in cui su fondi alternati blu e rossi, spicca il mantello di Cristo ora rosso ed ora blu. Assente la rappresentazione vera e propria della Natività di Gesù, il ciclo si apre con il Viaggio dei Re magi a Betlemme guidati dalla stella (Mignozzi, Ortese) ovvero il Ritorno dei Re magi in Oriente (Berger), comunque certamente in riferimento al soggetto iconografico presente nella nicchia di Pròthesis che privilegia un particolare episodio della Adorazione dei Magi, la consegna di una fascia del Bambinello al re Baldassarre da parte di Maria (v. infra). Alcune raffigurazioni sono proprie del mondo bizantino, come la scena in cui la montagna si apre a celare entro una caverna Elisabet- − 29 − ta sfuggita con san Giovannino alla strage comandata da Erode (Miracolo della montagna), secondo la fantasiosa narrazione del Protovangelo di Giacomo; o come l’Entrata di Cristo a Gerusalemme per ottemperare al rito del viaggio alla Città santa connesso all’omonima grande Festa Liturgica mobile (perché senza data fissa) di antica origine gerosolimitana. In piena sintonia con le profezie veterotestamentarie sulla venuta del Messia e gli stessi racconti evangelici, l’immagine del Messia a cavallo di un puledro d’asina, cavalcatura del tempo di pace (Zaccaria 9,9) diversamente dal cavallo, utilizzato in tempo di guerra (Giudici 5,10), è fedele a moduli iconografici di antica tradizione, codificati già nel VI secolo. A queste si alternano rappresentazioni inconsuete sia in ambito bizantino che nell’arte italiana trecentesca, come Il bacio di Giuda o la caduta di Cristo sotto la croce, “raro esempio italiano” tra le rappresentazioni del Calvario, più frequente al di là delle Alpi dove diventa spunto come qui a Soleto per dare spazio alla brutalità degli aguzzini (Sandberg Vavalà). Altrettanto vale per il tableau recante Cristo in atto di essere inchiodato alla croce, modulato piuttosto su iconografie nordiche, cui pure rinvia la concezione spaziale della scena composta su di un piano inclinato, quasi una sorta di veduta a volo di uccello (Fig. 2), da riconnettere a miniature trecentesche di ambito lombardo (cfr. Libro d’ore di Bertrando de’ Rossi, Paris, Bibliotheque National, ms. lat. 757, ff. 188 e 207). La narrazione spesso si carica di accenti di marcato espressionismo che costituisce il carattere peculiare della pittura tardogotica pugliese. Pochissime ed essenziali le architetture, di stampo sostanzialmente trecentesco, prive di cuspidi e tabernacoli come nelle più ricche elaborazioni del tardogotico fiorito. Scene di vita quotidiana, di grande immediatezza narrativa, sono arricchite da singolari inserimenti di genere: si vedano le bardelle pieghevoli degli asini nella Fuga in Egitto come appunto nell’Ingresso a Gerusalemme, ancora in uso nel secolo scorso nel Salento (Berger-Jacob); i personaggi che assistono al miracolo della resurrezione di Lazzaro in atto di tapparsi il naso con il lungo becchetto dei cappucci a causa del cattivo odore; i dettagli di mode e fogge correnti, come i copricapi a turbante o a punta, le vesti maschili corti ed attillate, portate su eleganti calze bicrome, i mantelli ornati di frappe dei Magi, fino alle armature “di piastra”, che ritornano nel san Michele che pesa le anime del Giudizio Universale, nel cavaliere coronato del ciclo agiografico, nei soldati della Strage degli Innocenti, con pure gli elmetti a semicalotta sferica, vestimenti guerreschi in uso sin dall’ultimo ventennio del Trecento. Analogo riferimento, infine, a situazioni contemporanee − la violenta polemica antisemitica in atto all’epoca non solamente in tutto il Regno e nel Salento medioevale − è nella programmatica apposizione di una rotella di panno rosso sul petto degli autori del martirio di Stefano nel ciclo agiografico come nella scelta del vestito giallo "da fellone" per Giuda − 30 − (Berger) nella scena del tradimento, o per l’aguzzino di Cristo che si accanisce a stringere le funi nella citata scena dell’inchiodatura alla croce. L’uso della rotella (anche gialla o verde), imposto agli ebrei quale segno distintivo già dal IV Concilio Laterano del 1215 per controllare i nuclei ebraici presenti sul territorio, verrà ribadito in tutto il Principato di Taranto proprio da Maria d’Enghien negli Statuta del 1445, ulteriore testimonianza materiale della presenza di tali comunità anche nella contea di Soleto e di coabitazioni certamente non pacifiche. PARETE est (v. Allegato, Tavola Parete Est) Abside Cristo come Logos e Concelebrazione con i Santi Vescovi · Pentecoste L’abside conserva la fase decorativa più antica della chiesa insieme ai pochi tabelloni con San Simone a nord, San Giovanni Battista e la Crocifissione di Gesù con la Madonna e san Giovanni nel registro inferiore della parete sud. Le pitture della conca sono suddivise su due registri. In quello inferiore è presente l’Emanuele, Cristo adolescente rappresentazione del Logos - Sapienza, seduto dinnanzi ad una mensa in atto di concelebrare insieme a quattro santi vescovi che lo affiancano convergendo a due a due verso l’altare, campiti entro riquadri che alternano fondo rosso a fondo blu. La concelebrazione dei vescovi è raffigurazione frequente nei programmi absidali bizantini di Terra d’Otranto, in contesti sia subdivali che rupestri, ispirata all’Historia Mystagogica o Ecclesiastica, il commentario liturgico più diffuso tra il clero italo-greco di Terra d’Otranto con precipui scopi didattici (Jacob). Viceversa, l’iconografia dell’Emanuele, di lontana origine paleocristiana, tanto prossimo al mosaico con Cristo Creatore nella calotta del nartece di San Marco a Venezia da suggerire il riferimento di entrambi alla medesima fonte, costituisce “un unicum non solo nell’Italia meridionale ma più in generale nella pittura bizantina” (Berger-Jacob). Altri Santi vescovi ritornano sul paliotto dell’altare sottostante, analoghi per esecuzione e cronologia alle pitture dello strato più antico della parete absidale. Nella zona superiore del cilindro e nel catino è raffigurata la Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo sulla Madonna e gli Apostoli riuniti nel cenacolo, dove la SS. Trinità è rappresentata dall’Antico dei giorni recante in seno il Figlio e in atto di inviare la colomba dello Spirito San- − 31 − to. Il tema iconografico ricompare identico nell’ambulacro destro di S. Caterina di Galatina, se non per due importanti particolari: oltre a due angeli quasi svaniti ai lati della Trinità, a Soleto gli Apostoli ostentano tra le mani bianchi cartigli recanti i dodici articoli del Simbolo degli Apo- stoli (il Credo), antica formula di fede niceno-costantinopolitana. Ignoto alla chiesa bizantina ma conosciuto sin dal XIII secolo nel Salento, il testo soletano illustra una versione dell’Historia ecclesiastica, ancora in stretta adesione ai dettami ed alla spiritualità bizantini (Berger). Parete absidale - Registro inferiore Degli affreschi sulla porzione sinistra del muro absidale, quasi illeggibili, restano solo alcuni frammenti di intonaco dipinto all’interno della nicchia di protesi in cui, come anticipato, è stato riconosciuto un raro episodio del tema dell’Adorazione dei Magi, la consegna da parte della Madonna ad uno dei Magi (Baldassarre, secondo la tradizione capostipite dei de Baux - del Balzo) di una fascia del Bambinello, narrato da un Vangelo arabo-siriaco dell’Infanzia (Berger). Due veloci schizzi a pennello, poco sopra la nicchia, raffiguranti una testa femminile ed una figuretta probabilmente maschile rammentano, come già su piccole porzioni di muro dell’ambulacro destro di S. Caterina a Galatina, la consuetudine dei frescanti – forse anche gli apprendisti più giovani – di cimentarsi nelle pause offerte dal faticoso lavoro di cantiere in disegni velocemente abbozzati sui muri ancora da ricoprire di intonaco, sorta di divertissement spesso anche a soggetto irriverente. La porzione destra del muro absidale è campita da un palinsesto di due strati di intonaci dipinti recanti entrambi la raffigurazione di una Annunciazione. Eseguiti l’uno occultando espressamente il precedente, come mostrano le spicconature appositamente eseguite per far aderire sul vecchio l’intonaco nuovo, e certamente a breve distanza di tempo probabilmente per un cambiamento di gusto della committenza, di tali redazioni restano solo la Vergine Annunciata appartenente allo strato più recente, a destra, l’Angelo annunciante a quello più antico, a sinistra, insieme alle porzioni superstiti della banda decorativa che incorniciava il cilindro absidale. Parete absidale - Registro superiore Ascensione e Visione dei Profeti L’Ascensione di Cristo, raffigurato a mezzo busto entro un clipeo sorretto da quattro angeli in volo, è fusa in un’unica scena con la sottostante Madonna orante tra gli Apostoli e la superiore Visione teofanica dei profeti Daniele ed Ezechiele. Questi, rappresentati pure a mezzo busto e recanti bianchi cartigli, indicano l’Antico dei Giorni assiso sul trono sullo sfondo di un cielo stellato e circondato dai Quattro Viventi – il leone, il toro, l’angelo e l’aquila, successivo simbolo distintivo dei quattro evangelisti – da angeli musicanti, serafini, infine ruote intrecciate munite di occhi. Tema anche questo ben noto in Terra d’Otranto, dalla più antica rappresentazione nella cripta di S. Biagio a San Vito dei Normanni della fine del XII secolo, a quella che compare alla Favana a Veglie dei primi del XV. Un’inedita raffigurazione riemersa a seguito di un recentissimo restauro, al di sotto degli scialbi che la occultavano, sul muro absidale della chiesetta dell’Assunta a Botrugno (LE) insieme ad una rara Madonna Platytera a braccia levate, databili ai primi del Trecento, conferma la grande diffusione in area salentina del tema iconografico (Fig. 3). Ascensione e Visione Teofanica – preannuncio della seconda venuta di Cristo Giudice e del Giudizio Universale, dipinto in controfacciata – stanno a confermare l’organica costruzione del programma iconografico della chiesa, in cui ogni raffigurazione rinvia o ha elementi di connessione con la restante decorazione. 3. Botrugno, Chiesa dell’Assunta, parete absidale, Madonna con Bambino in trono (Platytera) e Antico dei Giorni circondato dai quattro Viventi, particolare. − 32 − − 33 − PARETE SUD (v. Allegato, Tavola Parete Sud) Registro inferiore Teoria di Santi e Sante 4. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Trittico con Cristo Logos - Sophia, Madonna con Bambino in trono e santo Stefano. 5. Pagina seguente: Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Dittico con Santi Antonio Abate e Nicola di Myra. Affiancano i più antichi riquadri con la crocifissione e i dolenti e con San Giovanni Battista, a sinistra, un trittico rifinito da una cornice dipinta a simulare una carpenteria lignea che accoglie entro nicchie terminanti a cuspide, quella centrale, ad arco trilobato e centinata le laterali, Cristo Logos - Sophia, la Madonna con Bambino in trono e santo Stefano dipinti su fondi alternati rosso e blu (Fig. 4); a destra, i Santi Antonio Abate e Nicola di Mira entro un dittico marmoreo incorniciato da colonnine con capitelli vegetomorfi a calice rovesciato e decori a cosmatesche (Fig. 5). − 34 − − 35 − Registro superiore Storie della vita di santo Stefano L'eccezionale ciclo agiografico dedicato al Protomartire, primo testimone di Cristo quale Figlio del Dio vivente e proclamatore della Sua seconda venuta per giudicare il mondo, è unico in Puglia per completezza ed estensione all’interno di un panorama figurativo prevalentemente rappresentato da santi isolati, dunque a carattere fondamentalmente votivo se non per rari cicli dedicati alla vita di Cristo. L’impianto compositivo è analogo al ciclo cristologico, ma qui la narrazione si sviluppa su 2 registri orizzontali suddivisi in 16 riquadri incorniciati da bande bianche su uniforme fondo blu, privi di iscrizione. Il racconto della vita e della passione del Protomartire, di cui vi è solo uno scarno resoconto negli Atti (7, 55-60), ripercorre alla lettera negli episodi della nascita la Fabulosa vita Sancti Stephani protomartyris rintracciata in un codice latino della fine dell’XI secolo conservato a Montecassino (Berger); per la vita pubblica ed il martirio il ruolo di fonte diretta è stato riconosciuto in una Passio leggendaria contenuta in un manoscritto italomeridionale del XII secolo oggi all’Escorial di Madrid (Strus). Ad onta di pareri diversi (Manni), restano tuttavia, come pure convengono Berger-Jacob ed Ortese, alcune scene di soggetto non imme- diatamente comprensibile, estranee alla tradizione iconografica canonica e che hanno dato adito ad ipotesi interpretative diverse. Si tratta, in particolare, dei tre riquadri che mostrano in successione un personaggio coronato, completamente bardato di armatura, a capo di un gruppo di armigeri a cavallo, rappresentato prima inginocchiato ai piedi del Santo, quindi denudato, la corona posata a terra in primo piano, in atto di essere battezzato dallo stesso Stefano (Fig. 6). Ipotizzato l’episodio quale frutto di un possibile “scambio iconografico” con un avvenimento connesso alla vita del diacono Filippo (Atti 8, 26-40), per il condottiero, anche “in considerazione della carnagione scura”, è stata avanzata l’identificazione con “l’eunuco etiope e alto funzionario della regina Candàce” di Etiopia - il sovrintendente ai tesori del Paese dei Mori” (Berger-Jacob), da quegli incontrato lungo la strada da Gerusalemme a Gaza, istruito e poi battezzato; ovvero, per le stesse motivazioni relativamente all’incarnato, con “il dignitario di un popolo pagano convertito al cristianesimo dal Santo diacono [Stefano]” (Ortese). Il supposto incarnato scuro, improbabile oltretutto in considerazione del colore dichiaratamente biondo dei capelli, è da considerarsi più semplicemente l’esito del- 6. Pagina seguente: Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Santo Stefano battezza il condottiero coronato (Vaik Re d'Ungheria?). − 36 − − 37 − riore elemento a sostegno di un possibile disvelamento dell’altrimenti misterioso condottiero. Dunque un omaggio alla corona di Napoli ed alle imprese balcaniche degli Angiò di Durazzo da parte di Raimondello o, come vedremo, di Raimondello e poi di Maria. Una più accostante vena narrativa e di costume affiora in questo ciclo nelle notazioni di vita domestica, ove ricorrono espedienti ed invenzioni iconografici utilizzati dalla pittura gotica per rappresentare illusionisti- camente e con immagini accattivanti gli spazi del vivere quotidiano, come il regolo che sorregge una rondine ed un panno, con tanto di ombre di riporto, nella scena con il sogno dell’anziano dormiente nella piccola stanza organizzata come una sorta di “scatola” architettonica (Fig. 7), o le candele e gli orci collocati nelle nicchie, come pure a S. Caterina di Galatina, nell’Annunciazione e nelle Storie della Santa eponima nel presbiterio, ma presenti fin dalla seconda metà del Trecento in ambito re- 7. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Apparizione di un angelo ad un anziano dormiente (Antioco?), particolare. la caduta delle originarie finiture del volto e dell’emergere del tradizionale “verdaccio” di preparazione, come già per Stefano proprio nel riquadro della benedizione, nonché per il personaggio con copricapo e veste rossi che nella stessa scena è in atto di reggere lo stendardo, il cui volto, dichiaratamente scuro, nel riquadro successivo presenta viceversa l’incarnato chiaro. Anche la stessa foggia “a scodella” della capigliatura del condottiero, come la presenza della corona (perché mai ad un dignitario?), escludono ad avviso di chi scrive le identificazioni proposte. Ritorna ad essere ancora plausibile, pertanto, l’ipotesi già avanzata dalla sottoscritta della programmatica raffigurazione del fondatore della dinasta magiara, Vaik, figlio di Geza di Ungheria, conosciuto universalmente come Stefano primocoronato re di Ungheria, dal nome del protomartire assunto dopo il battesimo; canonizzato già nel 1083 per la grandiosa opera di cristianizzazione, ottenne per questo il glorioso titolo di miles Christi, ulte- − 38 − 8. Castellaneta, Chiesa di Santa Maria Assunta o del Pesco, Madonna con Bambino in trono, particolare. − 39 − 9. Conversano, Chiesa di Santa Maria dell'Isola, Madonna con Bambino in trono, particolare. 10. Olivuccio di Ciccarello, Opere di misericordia corporale. Dar da mangiare agli affamati, particolare, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana gionale: a Castellaneta, nella chiesa di S. Maria Assunta o del Pesco, un’asticciola con un panno steso sovrastante una Madonna con Bambino in trono accoglie anche una rondine stilizzata la cui ombra si proietta sul muro retrostante; o nella più tarda chiesa di S. Maria dell’Isola a Conversano sul regolo al di sopra della Madonna del Latte cammina in bilico un buffo palmipede (Figg. 8, 9). Espedienti comunque largamente diffusi in ambito Adriatico, tra i tanti brani citiamo il regolo che compare su un edificio di una delle tavolette di Olivuccio di Ciccarello da Camerino con le Opere di Misericordia (circa 1404), già in Santa Maria della Misericordia ad Ancona e oggi alla Pinacoteca Vaticana (Fig. 10) o nelle Storie di S. Eleuterio di Pietro Coleberti da Piperno nella Cattedrale di Velletri e nella scena della Conversione dell’Imperatrice a Roccantica. Spiccato appare il gusto per la raffinatezza degli ambienti nei preziosi tessuti d’arredo, come la biancheria e i copriletto damascati che rivestono i letti della puerpera e del vegliardo, o la bella tovaglia della tavola imbandita per il banchetto, con tanto di orlo perlinato (Fig. 11). Altrettanto intriganti sono alcune singolari notazioni di costume che impreziosiscono il racconto, come ancora la fasciatura in tessuto damascato del neonato Stefano, i fantasiosi copricapi maschili – si guardi quello indossato da uno dei pellegrini convenuti al banchetto offerto dai genitori – fino all’elegantissima acconciatura della fantesca intenta a filare, straordinario pezzo unico di alta moda di corte (Fig. 12). L’inusuale raffigurazione della crocifissione di Stefano, con la croce posata a terra diagonalmente circon- − 40 − 11. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Antioco e Perpetua offrono un banchetto di ringraziamento a due pellegrini. 12. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Nascita di santo Stefano. − 41 − data dagli aguzzini che, in piedi o in ginocchio, gli inchiodano mani e piedi (Fig. 13), ripropone puntualmente l’analoga scena con Cristo inchiodato alla croce presente nell’Offiziolo del cosiddetto “Maestro delle iniziali di Bruxelles” (ms. Add. 34247, c.125r, London, British Library) (Fig. 14), a conferma che taccuini e codici miniati furono un sicuro tramite di scambio tra botteghe di spunti ed invenzioni più noti. 13. Pagina precedente: Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Stefano inchiodato alla croce e intervento salvifico di un angelo. 14. 'Maestro delle iniziali di Bruxelles', Cristo inchiodato alla croce, dall’Offiziolo, ms. Add. 34247, c.125r, particolare, London, British Library. − 42 − − 43 − PARETE OVEST (v. Allegato, Tavola Parete Ovest) Registro inferiore Teoria di Santi e Sante A sinistra dell’ingresso sono rappresentati due tabelloni ove su fondi alterni rosso e blu sono dipinti i Santi Gioacchino e Anna con Maria Vergine Bambina, iconografia rara in Puglia; a destra, altrettanto su fondi a cromia alternata, compaiono Sant’Onofrio e un elegante San Giorgio in atto di uccidere un drago ormai illeggibile. Registro superiore Giudizio universale e Deesis Il monumentale Giudizio universale raffigura la seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi per giudicare i vivi ed i morti, preannunciata dai profeti nei libri veterotestamentari prima, quindi dall’evangelista Matteo e da san Paolo, infine da Giovanni nell’Apocalisse, ultimo libro del Nuovo Testamento che ne costituisce il nucleo essenziale. Il modello, di lontana origine paleocristiana, poi attestatosi tra X ed XI secolo a Costantinopoli e largamente rappresentato nelle province di Bisanzio, soprattutto dalla II metà del XIV secolo, in concomitanza con il periodo oscuro del grande scisma (1378-1417), ebbe una grande diffusione in tutto il mondo occidentale. La complessa narrazione, composta gerarchicamente dall’alto verso il basso, si articola in diverse scene desunte sia ancora dal mondo bizantino che da quello occidentale. Al sommo è la Deesis, Cristo giudice tra la Madonna e san Giovanni che intercedono per la salvezza del genere umano, raffigurazione solitamente campita nei catini absidali. A Soleto l’ignoto artista, in luogo della raffigurazione entro una “mandorla” luminosa di Cristo, adotta con singolare invenzione lo sguancio del rosone quale naturale disco luminoso per accogliere il gruppo Divino. In asse alla Deesis compaiono il Tribunale degli Apostoli; poco più in basso i Progenitori Adamo ed Eva in preghiera ai lati di un clipeo recante un altare con la croce e gli strumenti della passione (Etimasia), affiancati dalle Personificazioni della Terra e del Mare. Il sottostante Arcangelo Michele in atto di pesare le anime (Psicostasia) spartisce il Coro degli Eletti ed il Paradiso dalla raffigurazione dei dannati e dell’Inferno. Nel Coro degli Eletti è raffigurata una schiera di ecclesiastici e laici capeggiati da un pontefice con triregno, dove l’assenza delle aureole suggerisce un omaggio del committente alle gerarchie del clero secolare del tempo (Fig 15). L’Inferno, rappresentato come un grande banco roccioso, si articola in − 44 − 15. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete di controfacciata, Giudizio universale. Coro degli Eletti, particolare. 16. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete di controfacciata, Giudizio universale. Inferno, particolare. − 45 − piccole bolge fiammeggianti che accolgono figurette di dannati, individuate da scritte in greco, disposte attorno ad una terrifica rappresentazione di satana in pastiglia “relevata” reggente in seno un’animula pure in gesso, assiso su di una sorta di “faldistorio vivente”, un trono con due teste canine recanti tra le fauci dei dannati. Tra questi, nella variegata rappresentazione dei mestieri che distolgono l’uomo dall’osservanza del precetto domenicale, è stata individuata la singolare rappresentazione dei “dormiglioni della domenica” (Fig. 16), cioè di coloro che per pigrizia non osservano il precetto della santificazione del giorno festivo, assai diffusa nelle chiese bizantine e presente nel Giudizio Universale di Santa Maria del Casale a Brindisi (Berger). Tale interpretazione trova conferma nell’unica versione occidentalizzata del tema presente in Puglia, il Signore della Domenica, un’iconografia nota solo nell’Italia centrosettentrionale e Oltralpe. Infatti nella coeva cripta di S. Croce ad Andria, di committenza del duca Francesco I del Balzo, cugino di Raimondello, è presente un’inedita raffigurazione di Cristo in veste di Ecce Homo cui svariati strumenti di lavoro infliggono ferite su tutto il corpo (Fig. 17). Il cattivo stato di conservazione specie nella parte inferiore non consente di leggere il letto con i due personaggi addormentati, in riferimento al peccato di accidia (Genesi 2, 2–3), che invece compare, tra le tante, nell’analoga rappresentazione nella Pieve di S. Pietro a Feletto (TV) (Fig. 18). 17. Andria, Cripta di Santa Croce, Cristo della Domenica, particolare. 18. Feletto, Pieve di San Pietro, Cristo della Domenica, particolare − 46 − Cronologie e componenti linguistiche Le pitture sono concordemente assegnate dalla critica, anche sulla scorta dei palinsesti presenti sulle pareti absidale e longitudinale nord e dei rilievi stratigrafici effettuati sin dalle prime fasi dei restauri, sostanzialmente a tre fasi esecutive, per le quali restano invece ancora controversi i termini cronologici. Fondamentalmente appena affrontata resta invece la questione delle maestranze e degli ambiti geografici e culturali di appartenenza, risolvendosi gli ultimi interventi a rintracciare pur utili raffronti con altri cicli o frammenti di cicli ma sempre di ambito salentino. Ribadita la pertinenza della piccola chiesa soletana alla committenza di Raimondello, una ragionevole cronologia della sua decorazione pittorica non può non tener conto in via preliminare della concomitante erezione ad opera dello stesso Raimondello e della consorte Maria della vicinissima Basilica cateriniana – fulcro liturgico e dottrinario legato alla chiesa d’Occidente, dove come dichiarato nella Bolla di Urbano VI Piis votis fidelium (1385), si sarebbe celebrato esclusivamente in latino – conclusasi nel 1391 come documenta l’epigrafe sul portale; come dell’avvio e del completamento all’interno di buona parte dei cicli dipinti entro il 1406, anno di morte di Raimondello (Belli D’Elia, Cucciniello; di parere diverso De Becchis). Tali circostanze confermano l’ipotesi già avanzata da chi scrive di collocare l’impresa pittorica soletana, “chiara sintesi della cultura teolo- gica e liturgica della comunità greca di Terra d’Otranto” (Berger-Jacob), almeno in parallelo, se non già prima di quella galatinese, non avendo più senso che fosse perseguito ad oltranza un programma dottrinale ormai in dichiarato contrasto con l’operazione di “acculturamento latino” pervicacemente perseguito a Galatina. D’altronde le più antiche pitture dell’abside e della nicchia di prothesis dichiarano un linguaggio ancora fortemente intriso di bizantinismi, quali le rigidità delle figure, le lumeggiature a simulare i panneggi, gli incarnati scuri, le aureole profilate da perline, in cui è riconoscibile l’opera di uno o più frescanti locali probabilmente soletani, certamente le maestranze già convincentemente individuate da Berger-Jacob cui si devono l’effige di Papa Urbano V nella chiesa di S. Maria della Croce o di Casaranello (Fig. 19) e svariate pitture che compaiono nella chiesa di S. Maria della Lizza ad Alezio e nella cripta di S. Michele Arcangelo a Copertino, databili entro l’ultimo quarto del XIV secolo. Tali concordanze confortano l’ipotesi di ricondurre a non oltre gli inizi dell’ultimo decennio dello stesso secolo questa prima fase decorativa, anche in considerazione che già un decennio prima della morte del conte di Nola – e dunque della reale presa di possesso della contea di Soleto (1399) da parte di Raimondello –, c’era stato un riavvicinamento tra quegli ed il secondogenito e che nei numerosi documenti di conferma da parte − 47 − 19. Casarano, Chiesa di Santa Maria della Croce o di Casaranello, Papa Urbano V. 20. Galatina, Basilica di Santa Caterina d'Alessandria, Storie della vita di Cristo. Battesimo di Giovanni il Battista, particolare di Urbano VI della fondazione cateriniana, questi venga interpellato “generosus et strenuus miles Raymundus de Baucio de Ursinis”, avendo anteposto sin dal 1375 il nome dei del Balzo a quello del suo casato Orsini (Kiesewetter). I santi stanti del registro inferiore, realizzati singolarmente prima dei cicli dei registri superiori, dichiarano nei lineamenti marcati, nell’accentuazione di grafismi di sicura matrice “bizantina” come le sopracciglia arcuate, la forcella alla radice del naso, le rughe segnate ai lati degli occhi, le capigliature a chiocciola dei Bambinelli, certamente una consonanza con modelli pienamente trecenteschi veneziani, a corroborare la tradizione che vuole il veneziano Caterino impegnato nell’impresa galatinese (Lorusso Romito; Cucciniello). Restano altrettanto innegabili forti tangenze con coeve imprese pittori- che di ambito marchigiano e abruzzese. L’Arcangelo Gabriele sul muro absidale (frammento della più antica Annunciazione), o san Michele (sia in veste di pesatore delle anime, in controfacciata al centro del Giudizio, sia recante il globo crocesignato e in atto di trafiggere il drago nel registro inferiore della parete sinistra), gemelli di quelli che compaiono a più riprese in S. Caterina a Galatina, nell’elegante acconciatura di ciocche di capelli arrotolate ordinatamente all’indietro e trattenute da coroncine con piccole cuspidi dorate, dichiarano forti analogie con angeli ed arcangeli proto quattrocenteschi di Pietro di Domenico da Montepulciano come il frammentario San Michele nella chiesa di Sant’Agostino a Recanati, tra le massime espressioni del gotico fiorito “adriatico”. Altrettanto i profili delle nicchie archiacute, trilobate o polilobate dei Santi, come anche nel tempio − 48 − galatinese, rinviano allo stesso ambito di tardogotico marchigiano, si vedano le nicchie con il frammentario Arcangelo suddetto o con San Martino cavaliere nella stessa chiesa recanatese del riscoperto Olivuccio di Ciccarello da Camerino, in cui pure ritornano le stesse esili colonne decorate da identici capitellini fogliari. A ridosso del registro inferiore (e contrariamente alla prassi consolidata delle imprese pittoriche, eseguite solitamente dall’alto verso il basso), a brevissimo scarto di tempo, furono realizzati quelli superiori, certamente Il Giudizio finale in controfacciata. Qui, nella schiera degli eletti rappresentati da un gruppo di ecclesiastici e di laici alla cui testa compare un pontefice con triregno, all’estremità dell’ultima fila emerge tra tutte la testa di un anziano con barba bianca, contraddistinto da un voluminoso cappello. L’anziano è similissimo a quello che nel ciclo delle Storie di Cristo in Santa Caterina, nel riquadro del Battesimo di Gesù, tra gli astanti in primo piano, è effigiato di profilo in atto di trattenere affettuosamente il braccio di un adolescente che a sua volta lo addita indicando contemporaneamente Giovanni il Battista, in cui sono stati di recente, convincentemente riconosciuti i criptoritratti di Raimondello e del primogenito Giovanni Antonio (Cucciniello). La singolare rassomiglianza (Figg. 15, 20), se consente di ipotizzare anche qui a Soleto la presenza di un possibile ritratto di Raimondello, altrettanto starebbe a confermare una datazione del Giudizio soletano non oltre la morte del Principe (1406), scalzando del tutto l’ipotesi di un presunto ritratto di Giovanni Antonio e della madre nel precedente riquadro con Giovanni che battezza i neofiti (Ortese), dove peraltro i personaggi inginocchiati a sinistra del Battista appaiono essere dichiaratamente coetanei e tre e non due. Ulteriore indizio a favore ancora dell’intervento e della diretta volontà di Raimondello nell’impresa soletana è stato già letto nel ciclo agiografico dove la stella a sedici punte che “illumina” il volto di Stefano appena sbarcato per iniziare la sua missione evangelizzatrice, come recita l’ufficiatura bizantina della festa del santo (Berger-Jacob), ribadisce l’intento celebrativo della sua diretta discendenza dalla casa del Balzo – il cui stemma è appunto uno scudo d’argento a sedici punte su campo rosso –, intento sommesso come crediamo a tutta l’impresa decorativa. A tale circostanza va aggiunta la proposta, qui replicata, di leggere il misterioso cavaliere come possibile riferimento a Stefano coronato I re d’Ungheria, in considerazione della temporanea alleanza tra Ladislao e Raimondello, balio già nel 1383, come si è rammentato, dell’allora minorenne futuro re di Napoli. Alleanza, sancita come è noto dall’atto di sottomissione a Canosa nel marzo del 1399 in cambio dell’infeudazione del Principato di Taranto e della successiva concessione del “merum et mistum imperium” a Raimondello, che durò almeno fino a pochissimi mesi prima della sua morte. Sulla base di tali considerazioni ribadiamo l’ipotesi che l’episodio in esame possa leggersi come un vo- − 49 − luto omaggio al sovrano napoletano ed alle sue pretese dinastiche in Ungheria e che l’impresa, alla sua morte, probabilmente sia stata compiuta dalla sola Maria che, acconsentendo alle successive nozze con Ladislao, come è noto tenne fortemente al titolo di regina di Napoli, di Gerusalemme e, appunto, d’Ungheria almeno fino alla morte dello stesso Ladislao nel 1414, comunque termine post quem non per il ciclo stefaniano. Nel ciclo cristologico la narrazione procede con esiti alterni, come mostrano le partiture spaziali non sempre salde, l’assenza il più delle volte di sfondi o quinte architettoniche coerenti, non ultimo, come rilevato in passato, l’affastellamento delle figure su piani di posa privi di profondità; la generale concezione compositiva, ancora pienamente trecentesca, caratterizzata a volte da una conduzione approssimativa, si avvale di gruppi di astanti disposti a mò di quinte, individuati da testine sovrapposte di personaggi che affollano le singole scene. A connotare un linguaggio modulato sulle novità del gotico resta il marcato espressionismo d’area padovana, certamente attraverso la mediazione di codici miniati, che ritorna pure nelle architetture di scorcio e nei paesaggi a gradoni rocciosi con alberelli. A tale circostanza va forse riferita la peculiarità principale del ciclo, l’inedita sequenza nelle storiette dei fondi alternativamente rossi e blu. Alternanza cromatica inusuale nelle decorazioni murali tanto da aver fatto pensare, prima dell’avvio della pulitu- 21. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord, Guarigione del sordomuto e Resurrezione di Lazzaro, particolare. − 50 − 22. Lorenzo e Jacopo Salimbeni (attr. a), Storie della Passione di Cristo, dal Messale ms. 3.209, c.113v, iniziale I, Cesena, Biblioteca Malatestiana, Raccolta Piana. ra, alla possibile caduta dell’azzurrite che avrebbe messo in luce il rosso di preparazione. Ipotesi contraddetta dalla pulitura che ha evidenziato di contro l’alternanza del manto ora blu ed ora rosso di Cristo rispetto al fondo (ed esclusa del tutto dalle analisi dei pigmenti effettuata in sede di restauro) (Fig. 21). Tale peculiarità, invero già presente nella conca absidale e nei dittici o nei trittici dei registri inferiori, e che ritorna nei tabelloni extraciclici di Galatina nonché in più tarde imprese salentine, va in una direzione diversa dalla consuetudine della pittura veneta di utilizzare i fondi rossi, lontano retaggio bizantino. A voler rintracciare analoghi episodi nell’ambito della pittura monumentale sovvengono al momento più tarde imprese decorative, ormai della metà del XV secolo, relative ai soffitti di dimore gentilizie sempre di area lombarda rivestiti con tavolette a soggetto zoomorfo su fondi alternati rossi e blu, come quelle conservate nel Museo civico di Crema. Più utile appare pertanto il rinvio a codici miniati sempre di area lombardo-padana, come la miniatura di Andrè Beauneveu con Il Duca Jean de Berry e i suoi patroni Giovanni ed Andrea innanzi alla Madonna in trono con Bambino (in Les Très Belles Heures du Duc de Berry, Brussels, Bibliothèque Royale, ms. 11060-1), o quelle del Messale Piana con profeti a mezzo busto che si alternano entro loggette rosse e blu, come le scenette dalla Genesi o infine le storiette della Passione di Cristo su sfondi altrettanto alternati (Cesena, Raccolta Piana, ms. 3.209, c7r; c.113v, iniziale I) (Fig. 22) attribuito di recente ai fratelli Salimbeni (Marchi) − 51 − lità, con composizioni elaborate di più risentita eleganza formale. Veri e propri ritratti di tre quarti o di profilo dalle fisionomie intense come, tra i convenuti al banchetto offerto dai genitori di Stefano, l’uomo che porta un boccone alla bocca, o il singolare personaggio rivolto allo spettatore nella scena della predica di Stefano. Note di costume di grande finezza si colgono nelle straordinarie elegantissime acconciature, nei gorghi svolazzanti della tunica del bellissimo angelo in volo nell’annuncio della nascita di Stefano (Fig. 24), o sulla parete absidale, negli analoghi manti dei Profeti e nei panneggi ridondanti degli Apostoli che affiancano la Madonna orante (Figg. 25, 26). L’ignoto Maestro appare più evoluto nella padronanza del sistema narrativo e spaziale, a conoscenza della miniatura di area padana e probabilmente della pittura trecentesca lombarda e non del tutto immemore delle eleganze del gotico internazionale alla Salimbeni. Una sorta di ambasciatore del gotico internazionale nella regione, già da chi scrive individuato come presenza nuova e caratterizzante nell’ambito della pittura salentina del primo Quattrocento accanto ai più noti filoni espressionistico e più genericamente cortese, come ribadito recentemente da Ortese. Tale linguaggio resterà in realtà una meteora – a parte una probabile episodica comparsa nella cappella della Maddalena nel Castello di Copertino e nella cattedrale di Nardò – sostanzialmente senza eco già nella stessa maggiore impresa galatinese. 23. "Maestro del polittico di Torre Palme" (Pietro di Niccolò da Venezia?), Madonna dell'Umiltà, angeli, Dio Padre e Spirito santo, santi Michele Arcangelo e Paolo. Fano, Pinacoteca Civica. debitori, in quanto a formazione, insieme a reminiscenze veneto-lombarde, della miniatura emiliana di fine Trecento (Minardi). Resta fondante, per quanto al momento unico, il confronto col trittico del Maestro del Polittico di Torre Palme (Pietro di Niccolò da Venezia?), documentato dal 1365 al 1399, raffigurante la Madonna dell’Umiltà, Dio Padre con lo Spirito Santo e i santi Michele Arcangelo e Paolo, della Pinacoteca civica di Fano (De Marchi), i cui tre scom- parti presentano sfondi alternati blurosso-blu, confronto che conferma la componente propriamente veneta quale principale tassello in relazione agli apporti esterni alla formazione del linguaggio tardogotico salentino (Fig. 23). Nelle storie di Stefano, come nella Visione Teofanica della parete absidale, la disomogeneità del tessuto pittorico dichiara la presenza di più maestranze. Prevalgono tuttavia alcuni brani di più alta e raffinata qua- − 52 − 24. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud, Un angelo preannuncia a Perpetua il nome del nascituro, particolare. − 53 − 25. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete absidale, Visione Teofanica, il Profeta Ezechiele, particolare. 26. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete absidale, Madonna orante e Apostoli, particolare. Referenze fotografiche La chiesa è stata oggetto nel tempo di diversi lotti di restauro su finanziamenti del MiBACT e a cura della già Soprintendenza per i beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Puglia, di cui l’ultimo concluso nel 2012. Tali interventi, come ogni restauro filologico, hanno inteso recuperare non solo la ”materia” dell’opera d’arte, quanto la corretta lettura d’insieme delle pitture, acquisendo preliminarmente tutte le informazioni utili alla migliore conoscenza dell’importante ciclo pittorico, attraverso rilievi ed indagini diagnostiche non distruttive relativamente sia alle patologie di degrado in atto, che ai materiali e alle tecniche esecutive (presenza di palinsesti, successione delle giornate di lavoro, caratterizzazione degli strati pittorici e delle finiture, che saranno oggetto di un successivo approfondimento). − 54 − Per tutte le immagini, ove non diversamente specificato: Soprintendenza BeAP delle province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia - Archivio Fotografico (Beppe Gernone). Fig. 10 - da Pittori del Quattrocento a Camerino, a cura di A. De Marchi, Milano 2002, fig. 13 a, p. 139 Fig. 14 - da Il Tramonto del Medioevo a Bologna. Il cantiere di San Petronio. Catalogo della Mostra (Bologna, ottobre-dicembre 1987), a cura di R. D’Amico e R. Grandi, Bologna 1987, fig. s.n., p. 170 Fig. 18 - da http://www.comune.sanpietrodifeletto.tv.it/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/ index/idservizio/20028/idtesto/145 Fig. 22 - da Gentile da Fabriano e l’altro Rinascimento. Catalogo della Mostra (Fabriano, aprileluglio 2006), Milano 2002, scheda n. IV-6 , fig. 113v., p. 199 Fig. 23 - da Fioritura tardogotica nelle Marche, Catalogo della Mostra (Urbino, luglio-ottobre 1998), a cura di P. Dal Poggetto, Milano 1998, scheda n. 6, p. 78 − 55 − Referenze bibliografiche Strus A., Una haggada familiare sulla passione e morte di S. Stefano protomartire, in “Salesianum”, a. LX, n. 3 (1998), pp. 81-96 De Giorgi C., Il Giudizio Universale dipinto a fresco nella cappella di S. Stefano di Soleto, in “Rassegna Pugliese di Scienze, Lettere ed Arti”, I, n. 4, 1884, pp. 81-83 Lorusso Romito R., Le rotte adriatiche del gotico in Puglia. 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Stefano in Soleto (LE), Lecce 2010 Indagini termografiche Germinario G.M.R., Calò U., Vitti M., Monno A., Laviano R., Lorusso R., Non destructive testingard microanalysis for restoration in S. Stefano in Soleto (LE), in "ART'11 - 10th International Conference on non-destructive investigations and microanalysis for the diagnostics and conservation of cultural and environmental heritage" (Florence, 13-15 april 2011), AIPnD, 2011 Monica Volinia Mignozzi M., Il viaggio dei Magi: origine e fortuna di un motivo iconografico, in “Agiografia e iconografia nelle aree della civiltà rupestre”, a cura di E. Menestò, Atti dei Convegni della Fondazione San Domenico, 5, Savelletri di Fasano 2013, pp. 199-221 Cucciniello A., Galatina, Basilica di S. Caterina di Galatina. “Dagl’intendenti ammirata”. La decorazione pittorica, in S. Ortese, Pittura tardogotica nel Salento, Galatina 2014, pp. 3-71 Ortese S., Soleto, Chiesa di Santo Stefano. Note aggiuntive al saggio “Sequenza del lavoro in Santo Stefano di Soleto”. Pittura tardogotica nel Salento, con un saggio di A. Cucciniello, Galatina 2014, pp. 72-129 Safran L. The Medieval Salento. Art and Identity in Southern Italy, Philadelphia 2014 − 58 − Le campagne di indagine termografica condotte a Soleto, aventi come oggetto la Chiesa di Santo Stefano, rientrano nelle attività svolte dal Laboratorio di Restauro del Politecnico di Torino nell’ambito del Progetto “IN-CUL.TU.RE. INnovazione nella CULtura nel TUrismo e nel REstauro"; tale Progetto ha visto il coinvolgimento della nostra Struttura per la prestazione di una consulenza sullo stato di conservazione di Beni della Grecìa Salentina attraverso l’applicazione di tecniche diagnostiche non distruttive, termografia all’infrarosso in particolare. La scelta di impiegare la tecnica termografica per la conoscenza dei Beni interessati dal Progetto è derivata dall’esigenza di effettuare rilievi non invasivi, a carattere globale, ripetibili nel tempo, che potessero anche configurarsi come monitoraggi atti a controllare l’evoluzione di eventuali degradi rilevati. La termografia all’infrarosso permette di effettuare ispezioni senza entrare in contatto con le superfici, rilevando telemetricamente il calore che da queste viene emesso. Lo stru- mento utilizzato - la termocamera IR (telecamera dotata di ottiche sensibili all’infrarosso termico) - consente l’acquisizione delle mappe di temperatura (termogrammi) degli oggetti inquadrati, poi convertite in immagini in falsi colori nelle quali ad ogni intervallo di temperatura selezionato è associato un colore. Nell’analisi del dato ottenuto occorre tenere in considerazione che la rappresentazione della distribuzione della temperatura su di una superficie è influenzata dalle proprietà fisiche e ottiche dei materiali costituenti (conducibilità, emissività, calore specifico, …) nonché dal loro spessore. La tecnica IR viene impiegata per evidenziare eventuali differenze di temperatura su di una superficie. Le disuniformità di temperatura rilevate a parità di sollecitazione termica, possono indicare la presenza di anomalie o discontinuità anche non riscontrabili mediante un’analisi visiva diretta e ciò in funzione delle caratteristiche fisiche dei materiali componenti. Le informazioni che si possono trarre dall’indagine all’infrarosso sono diversificate e, tra le varie appli- − 59 − cazioni, è possibile leggere sotto l’intonaco i materiali impiegati e la loro geometria, ottenere indicazioni sulla stratificazione storica di un edificio o sulla sua efficienza energetica. La tecnica all’infrarosso è inoltre di fondamentale ausilio per la mappatura del degrado (distacchi d’intonaco non palesi, problemi legati all’umidità, ecc.) e, più in generale, per il monitoraggio del costruito. Le indagini termografiche condotte nella Chiesa di Santo Stefano hanno interessato, nello specifico, le superfici affrescate dell’aula absidata, la facciata e i prospetti laterali. Le ispezioni all’infrarosso sono state pianificate con l’obiettivo di verificare l’eventuale presenza (o la persistenza) di un fronte di umidità di risalita che potrebbe essere stato la causa del degrado e della conseguente perdita dell’affresco nel registro inferiore dell’aula. Dato il recente intervento di restauro, si è deciso di utilizzare la tecnica IR in modalità passiva, escludendo pertanto l’applicazione di protocolli d’indagine - di tipo attivo - che presuppongono il riscaldamento artificiale e la ventilazione forzata dell’ambiente. Quando la logistica lo ha permesso si è fatto ricorso alla ventilazione naturale dell’ambiente tramite l’apertura degli infissi. La prima campagna d’indagine conoscitiva - condotta per comprendere la risposta termica delle superfici, è stata effettuata nella primavera 2013 (6 maggio 2013, primo pomeriggio, cielo sereno). Le successive battute termografiche sono state programmate in periodi stagionali, orari e condizioni climatiche differenziati: in autunno (6 e 7 novembre 2013, orario serale e di mezzogiorno, acquisizioni a seguito di eventi piovosi) e a fine periodo estivo (24 settembre 2014, orario serale, cielo sereno). Le indagini sono state effettuate con la termocamera Thermacam SC660 (Flir Systems) di proprietà del Laboratorio di Restauro (ora Laboratorio di Diagnostica non Distruttiva) del Politecnico di Torino. 1. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, facciata, acquisizioni termografiche. facciata (Fig. 1) Le riprese all’infrarosso condotte dopo alcuni giorni di maltempo (novembre 2013), hanno evidenziato palesi discontinuità termiche [a] in corrispondenza delle superfici prossime agli spioventi, nelle zone attorno all’arco della lunetta e al portale. Nei rilievi effettuati a seguito di stabilità meteorologica (settembre 2014) e in coerenza con quanto già acquisito in fase preliminare (maggio 2013), tali discontinuità non sono più state evidenziate; sono pertanto da relazionarsi alla presenza di umidità dovuta a imbibizione a seguito di pioggia battente e al ruscellamento delle acque meteoriche; le residue minime variazioni di temperatura leggibili sulla superficie, sono da ascriversi alle differenti caratteristiche fisiche e di finitura del materiale impiegato nella costruzione. − 60 − − 61 − Interno (Figg. 2, 3, 4) Durante la prima campagna d’indagine (maggio 2013) i rilievi IR dell’aula hanno evidenziato, lungo tutto il perimetro interno della chiesa, la presenza di un fronte evaporativo [b] che interessa, a partire da terra, una fascia di altezza pari a circa 20 cm. In accordo con le acquisizioni autunnali, le riprese all’infrarosso effettuate a fine periodo estivo 2014 non hanno invece confermato la presenza di anomalie termiche attribuibili alla risalita capillare. Anche il segnale all’infrarosso rilevato sui fronti esterni accessibili (pareti nord, sud e ovest) ha evidenziato l’assenza di fenomeni evaporativi significativi in atto al momento delle riprese. Risulta di dubbia interpretazione solo un’area circoscritta [b’], rilevata dall’interno dell’edificio e localizzata nella parte bassa della parete meridionale, in cui il segnale potrebbe essere compatibile con una sacca di umidità residua, di dimensioni ridotte. Durante le acquisizioni IR le condizioni termoigrometriche dell’ambiente, controllate con l’ausilio di 3 data logger, sono risultate ampiamente compatibili con i vincoli imposti al rilievo IR passivo ai fini della lettura dell’evaporazione superficiale. Sarebbe utile verificare con ulteriori monitoraggi se il fronte evaporativo riscontrato durante la prima battuta termografica è da riferirsi a un fenomeno in esaurimento o se presenta, invece, un andamento periodico la cui evidenza è legata alla variazione delle condizioni ambientali. Dall'analisi dei dati acquisiti nelle campagne d’indagine condotte si è verificata inoltre la presenza di ponti 2. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno, parete ovest, acquisizioni termografiche. − 62 − 3. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno, angoli sud-ovest e nord-ovest, acquisizioni termografiche. − 63 − termici [c] all’intersezione tra le pareti dell’edificio, ma soprattutto tra le pareti e la pavimentazione. Sul fronte sud risulta inoltre evidente un segnale termico circoscritto [d] presumibilmente ascrivibile al tamponamento di un'apertura e coincidente con la zona in cui è presente una lacuna. Anche sulla parete nord si riscontra un’alterazione di segnale [d] di natura compatibile rispetto alla precedente, ma di intensità minore; l’anomalia risulta però collocata ad una quota più bassa. Le immagini all’infrarosso evidenziano inoltre l’orditura [e] del solaio di calpestio. Si sottolinea che in tutte le campagne di indagine non sono state individuate infiltrazioni meteoriche dalla copertura. I dipinti murali: indagini mediante fluorescenza di Raggi X (XRF) per la caratterizzazione dei pigmenti. Giovanni Quarta ∙ Davide Melica ∙ Maurizio Masieri premessa Si riportano in questo capitolo i risultati delle analisi chimiche mediante fluorescenza di Raggi X (XRF) realizzate sui dipinti murali della Chiesa di Santo Stefano a Soleto (LE) con lo scopo di implementare lo stato delle conoscenze sui pigmenti utilizzati in modo da definire in maniera puntuale la tavolozza pittorica già parzialmente nota da studi precedenti. la tecnica xrf 4. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno, angoli nord-est e sud-est, acquisizioni termografiche. − 64 − Nella spettroscopia XRF il campione, o il punto oggetto di analisi, viene colpito da un fascio di raggi X che causa l’espulsione di elettroni dagli orbitali interni per effetto fotoelettrico; le vacanze che si generano sono colmate istantaneamente mediante transizioni di elettroni esterni con conseguente emissione di raggi X specifici per ogni elemento chimico presente. Poiché l’energia delle radiazioni emesse è minore di quella incidente, si parla di fluorescenza X o XRF (X-Ray fluorescence). L'energia delle radiazioni emesse permette di riconoscere qualitativamente gli elementi presenti nel punto irraggiato, mentre l’intensità delle radiazioni è correlabile alla loro con- centrazione e ciò consente di valutarne l’abbondanza relativa. Durante le analisi la testa di misura dello strumento viene posizionata a circa 1 cm di distanza dalla superficie pittorica. Un computer portatile collegato allo strumento consente la memorizzazione e la rappresentazione grafica dei risultati e l’elaborazione dei dati acquisiti. Ogni punto analizzato ha un’area di 3-4 mm2. I risultati vengono espressi sottoforma di una curva (spettro) caratterizzata da una serie di picchi molto stretti posizionati in corrispondenza di precisi valori di energia sull’asse delle ascisse. I picchi identificano uno o più elementi presenti nel pun- − 65 − to di misura; la loro altezza (o meglio l’area) è proporzionale alla quantità dell’elemento che li ha generati. La campagna di analisi è stata eseguita in situ in modo completamente non invasivo, cioè senza ricorrere al prelievo di campioni, mediante un dispositivo portatile Bruker modello ARTAX 200. Lo strumento è composto da un generatore di raggi X con anodo al molibdeno, raffreddato ad aria, e da un rivelatore al silicio (SDD) con raffreddamento Peltier, avente una risoluzione di circa 150 eV a 5,9 KeV e 10x103 cps. Sono stati facilmente rilevati gli elementi più pesanti dell’Argon (Z>18), con maggiore difficoltà quelli compresi tra il Silicio e l’Argon (14<Z<18) e per nulla quelli al di sotto del Silicio (Z<14). I picchi registrati sono relativi alle linee energetiche Kα e Kβ eccetto il Piombo per il quale è possibile rivelare solo le linee energetiche L. I risultati ottenuti sono puramente qualitativi poiché non si dispone di standard di riferimento validi per le misure su intonaco. La tecnica XRF presenta alcune limitazioni intrinseche che la rendono complementare ad altre tecniche e non indipendente nell’identificazione dei materiali; tali limitazioni vengono descritte di seguito: a. gli elementi con numero atomico basso, al di sotto del Silicio, hanno energie di fluorescenza bassissime e quindi non rivelabili; pertanto non è possibile identificare tutti i composti organici (ad esempio i pigmenti neri di natura carboniosa, i coloranti e le lac- che) come pure quelli inorganici contenenti elementi leggeri (ad esempio il lapislazzuli, un silicato riconoscibile per la presenza di Sodio); insufflando Elio è possibile invece rivelare atomi con numero atomico compreso tra il Silicio e l’Uranio; b. non è possibile eseguire corrette determinazioni di tipo quantitativo, cioè sulla concentrazione degli elementi, per due motivi: • nonostante il fascio incidente sia molto sottile, la misura interessa una regione la cui composizione resta in parte sconosciuta per la presenza di elementi leggeri non rivelabili; • la zona oggetto della misura interessa uno spessore dell’ordine di circa 100 micron. I raggi X di eccitazione (in entrata) e quelli di fluorescenza (in uscita) sono in parte attenuati dallo spessore del materiale attraversato per cui la loro intensità non è mai quella originale. rilevati, tenendo anche conto del colore della superficie analizzata. Nonostante l'XRF restituisca un'informazione elementare, questa tecnica viene comunemente utilizzata per identificare i pigmenti in base alla presenza di uno o più elementi “chiave”. I vantaggi della tecnica sono comunque indiscutibili: • Non vengono minimamente alterate le condizioni dell’opera; • è possibile eseguire un numero illimitato di misure; • Ogni misura si ottiene in un breve intervallo di tempo (60-100 sec.); • Lo spettro di fluorescenza è immediatamente visibile sul monitor del PC; • L’impiego di un fascio molto sottile di raggi X a bassa energia non richiede particolari precauzioni in relazione alla salute degli operatori. campionamento La localizzazione dei punti di misura viene riportata nelle seguenti figure, su rilievi fotogrammetrici (Bellantuono, 2011 - già Soprintendenza BSAE della Puglia - Archivio). c. in presenza di stesure pittoriche sovrapposte non è possibile discriminare i diversi strati a causa del potere penetrante dei raggi X. I dati ottenuti spesso si riferiscono ad uno spessore di materiale superiore a quello dello strato più superficiale e ciò richiede un’analisi critica del risultato; d. non è possibile individuare direttamente i composti presenti; ad essi si risale associando opportunamente gli elementi chimici − 66 − 1. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete sud: ubicazione dei punti di misura. − 67 − risultati 2. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete ovest: ubicazione dei punti di misura. 3. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete est: ubicazione dei punti di misura. I dati analitici, relativi ai 70 punti di misura eseguiti sui cicli pittorici delle singole pareti, riportano gli elementi chimici rilevati negli spettri XRF. Le successive elaborazioni dei dati ottenuti, hanno previsto per ciascun punto, la formulazione di interpretazioni sui composti di appartenenza di tali elementi chimici e di conseguenza la loro possibile assegnazione al rispettivo pigmento o miscele di pigmenti impiegati. A titolo esemplificativo del processo sopra descritto, condotto per i 70 punti di misura, si riportano di seguito la localizzazione, la fotografia di dettaglio, lo spettro XRF e un estratto dei dati analitici con le diverse fasi del processo di interpretazione e assegnazione per i punti 1, 22 e 36. 4. Soleto, Chiesa di Santo Stefano, parete nord: ubicazione dei punti di misura. − 68 − − 69 − Punto 1 Punto 1 | Localizzazione Punto 22 Punto 1 | Fotografia di dettaglio Punto 22 | Localizzazione Punto 1 | Spettro XRF n° punto di misura 1 Punto 22 | Fotografia di dettaglio Punto 22 | Spettro XRF colore elementi chimici rilevati blu Si, S, Cl, K, Ca, Ti, Mn, Fe, Cu interpretazione possibili pigmenti calcite, terre naturali con impurezze di ilmenite nero di vite (?), ocre, e di pirolusite, tracce di tracce di pigmenti contenenti rame, azzurrite tracce di gesso e di cloruri − 70 − n° punto di misura colore elementi chimici rilevati interpretazione possibili pigmenti 22 verde/blu Si, S, Cl, K, Ca, Ti, Cr, Fe calcite, terre naturali con impurezze di ilmenite, tracce di gesso terra verde − 71 − Si riporta di seguito una tabella di sintesi nella quale, per ciascuna cromia degli affreschi indagata, sono indicati i pigmenti o le miscele di pigmenti impiegate e i punti di misura in cui queste sono state riscontrate. Punto 36 colore Blu Punto 36 | Localizzazione Punto 36 | Fotografia di dettaglio Bianco Rosa Verde Punto 36 | Spettro XRF n° punto di misura colore 36 giallo chiaro elementi chimici rilevati interpretazione Pb, Ca, Fe, Si, K pigmento a base di piombo, calcite, terre naturali − 72 − possibili pigmenti massicot, ocre Giallo possibili pigmenti o miscele di pigmenti n° punto di misura nero di vite ?, ocre, tracce di azzurrite nero di vite ?, terra verde ? 1, 3, 8, 65 nero di vite ?, terra verde, tracce di azzurrite azzurrite, ocre nero di vite ?, ocre nero di vite ?, tracce di ematite e di azzurrite 70 11, 44 71 2, 28, 33, 35, 43, 56, 58, 60 18 blu di Prussia ?, ocre bianco di San Giovanni, ematite (dal supporto ?) bianco di San Giovanni, ocre (dal supporto ?) 32, 40, 41 ematite 9 ocra rossa 19, 30, 34, 64 ocre 4 terra verde 10, 14, 22, 29, 31, 42, 46, 69, 72 terra verde, biacca ? 47 terra verde, biacca e/o massicot e/o litargirio, tracce di malachite blu di Prussia ?, biacca ?, terra verde, malachite ? biacca e/o massicot, terra verde 23 54, 66 ocra gialla 15, 17, 26, 53, 59 ocre, barite 16 massicot, ocre 36, 37 − 73 − 57 7, 13 24 colore Rosso Grigio Nero possibili pigmenti o miscele di pigmenti n° punto di misura ocra rossa 12, 21, 27, 45, 52, 61,62 ocra rossa, cinabro 67 cinabro, ematite, minio ? ocra rossa, cinabro, tracce di biacca e/o massicot e/o litargirio 68 ocre 50 pigmento nero carbonioso ?, ocre 20, 39, 48 pigmento nero carbonioso ?, ocre pigmento nero carbonioso ?, (terra verde, massicot e/o litargirio dal supporto ?) 49 pigmento nero carbonioso ?, (ocre, tracce di cinabro, tracce di minio e/o massicot e/o litargirio dal supporto ?) 63 25 55 considerazioni conclusive I risultati ottenuti dalle analisi chimiche mediante XRF rappresentano certamente un dato fondamentale da cui partire per poter avviare un’ipotesi plausibile sull’uso dei pigmenti e delle tecniche pittoriche impiegate nei dipinti murali della Chiesetta di Soleto. è ovvio, ma purtroppo non sempre ciò accade, che la lettura dei dati debba essere coerente con l’opera e con il suo contesto spaziale e temporale e che venga eseguita da esperti con competenze trasversali, che spaziano nell’ambito delle discipline scientifiche e storico-artistiche. E’ noto dalla letteratura che alcuni pigmenti sono più o meno compatibili con una o con l’altra tecnica pit- torica, ma talvolta gli artisti trascendevano dal ricettario ufficiale. Per definire la tecnica pittorica la prassi vuole che vengano sufficientemente caratterizzati dal punto di vista composizionale sia i pigmenti sia i leganti, potendo così stabilire se si tratta di una tecnica a fresco o a tempera. Naturalmente anche nell’ambito di ognuna di esse vi sono incertezze derivanti dall’uso di tecniche miste; ad esempio la tempera a calce (il cosiddetto mezzo fresco) poteva essere “personalizzata” dal singolo artista mediante l’aggiunta di composti organici naturali. L’impossibilità, per l’indagine XRF, di verificare il grado di compenetrazione dei pigmenti con l’in- − 74 − tonaco di supporto, e la mancanza di informazioni su eventuali leganti organici, non consentono di stabilire se la tecnica adottata sia a fresco o a mezzo fresco, come pure se vi siano stesure a tempera. In assenza di questi dati non si possono avanzare certezze ma solo ipotesi, anche se, come riportato in letteratura (Lorusso et. al. 2005), è già stato accertato che i dipinti sono stati realizzati sia a fresco che con stesure a secco. è bene precisare, tuttavia, che la superficie pittorica è stata verosimilmente modificata da restauri antichi e recenti. Su questo aspetto occorre richiamare il limite della tecnica che non consente di discriminare il contributo degli elementi chimici appartenenti a strati pittorici diversi e pertanto di stabilire con assoluta certezza se il pigmento a base di un determinato elemento chimico sia realmente ascrivibile allo strato pittorico originale oppure a quello di un successivo restauro. Dalla lettura dei dati risulta che le campiture più frequenti, con cromie rosse, gialle e verdi, sono state realizzate con pigmenti tradizionali tipici della pittura murale, come l’Ocra rossa, l’Ocra gialla e la Terra Verde. Nelle misure effettuate su tali campiture i deboli segnali generati dal Manganese e dal Titanio sono stati riferiti a impurezze di pirolusite (MnO2) e di ilmenite (FeTiO3) che confermano l’uso di terre naturali. Negli incarnati è stato spesso registrato un picco più intenso del Ferro, che è stato associato ad Ematite, mentre nel caso della veste di San Simone, sulla parete nord, i segnali del Ferro e del Man- ganese suggeriscono la presenza di Terra d’Ombra. In merito alle cromie bluastre degli sfondi e di alcune vesti, nella maggior parte dei casi non sono stati individuati elementi chimici indicativi di pigmenti blu e pertanto si ipotizza che queste colorazioni siano state ottenute con il Nero di Vite, un pigmento carbonioso capace di impartire sfumature bluastre se mescolato alla calce. Un discreto contenuto di Rame, ascrivibile ad Azzurrite è stato registrato solo sullo sfondo blu di San Nicola, nel registro inferiore della parete sud. In altre campiture blu o verdi il Rame compare invece in concentrazioni molto modeste, da riferire verosimilmente a tracce di Azzurrite o di Malachite. Gli intensi segnali del Ferro in corrispondenza di tre distinte campiture blu della parete nord (la veste verde della figura a sinistra nel Trasporto della croce, il manto rosso-blu di Cristo nella Resurrezione di Lazzaro, le integrazioni del fondo blu del riquadro con l’Arcangelo Michele) fanno ipotizzare la presenza di ridipinture contenenti Blu di Prussia (ferrocianuro ferrico), un pigmento artificiale in uso dalla prima metà del XVIII secolo. Altri elementi chimici riconducibili a pigmenti meno diffusi in pittura murale sono il Mercurio ed il Piombo; il primo viene riferito a Cinabro (solfuro di Mercurio) mentre il secondo, in assenza di altri elementi chimici ad esso associabili, può derivare dalla presenza di Biacca (carbonato basico di Piombo), di Massicot o di Litargirio (ossidi di Piombo). Tali pigmen- − 75 − ti non sono indicativi di un periodo storico ben definito e pertanto non aiutano a dare una collocazione cronologica agli strati che li contengono. Rossi a base di Cinabro sono stati individuati sulla veste della Santa Martire nel registro inferiore della parete sud, e sul fondo dell’Annunciazione sulla parete est. Stesure pittoriche verdi o gialle ricche di Piombo sono state rinvenute sull’ala dell’Arcangelo Michele nel Giudizio Universale della parete ovest, sulla veste della figura a sinistra (Pietro ?) nella Resurrezione di Lazzaro e sulla veste dell’Arcangelo Michele sulla parete nord, sull’ala dell’angelo dell’Annunciazione sulla parete est. Per la cromia bianca delle vesti è stato impiegato un pigmento a base di carbonato di Calcio, come il Bianco di San Giovanni. Per sciogliere le riserve su alcuni pigmenti e sui leganti delle pitture, oltre che per una scrematura dei dati ottenuti, sarebbe auspicabile un approfondimento analitico con tecniche integrate (microscopia ottica, microscopia elettronica ESEM-EDS, spettroscopia infrarossa FT-IR, gascromatografia/spettrometria di massa GC-MS) su un numero minimo di campioni da prelevare in corrispondenza di alcune porzioni significative dei vari registri pittorici. Lorusso R., Laviano R., Vona F., Bellantuono R., Longobardi F., Gli affreschi di Santo Stefano di Soleto (Lecce), in Scienza e Beni Culturali. Sulle pitture murali. Riflessioni, conoscenza, interventi, Atti del Convegno di Studi, Bressanone 13-15 Luglio 2005, Edizioni Arcadia Ricerche, Marghera-Venezia 2005 Adduci F., Buccolieri A., Buccolieri G., Castellano A., Germinario G.M.R., Leo L.S, Lorusso R., Vona F., Il Restauro della Chiesa di Santo Stefano a Soleto (Le): studio dei pigmenti pittorici, in Atti del IV Congresso Nazionale di Archeometria, Pisa 1-3 Febbraio 2006, Pàtron editore s.r.l., Bologna 2007 Referenze bibliografiche Gettens R.J., Stout G.L., Painting Materials: A Short Encyclopaedia, Dover Publications, New York 1966 Feller R.L. (a cura di), Artists’ Pigments: A Handbook of their History and Characteristics, Vol.1, National Gallery of Art and Oxford University Press, Washington 1986 Ashok R. (a cura di), Artists’ Pigments: A Handbook of their History and Characteristics, Vol. 2, National Gallery of Art and Oxford University Press, Washington 1993 Fitzhugh E.W. (a cura di), Artists’ Pigments: A Handbook of their History and Characteristics, Vol. 3, National Gallery of Art and Oxford University Press, Washington 1997 Seccaroni C., Moioli P., Fluorescenza X. Prontuario per l'analisi XRF portatile applicata a superfici policrome, Nardini Editore, Firenze 2002 Stea C., Soleto (Le): Chiesa di Santo Stefano. Analisi chimico mineralogiche e studio delle sequenze stratigrafiche degli affreschi interni del registro inferiore, Aprile 2003 (già Soprintendenza BSAE della Puglia – Archivio) Eastaugh N., Walsh V., Chaplin T., Siddal R., The Pigment Compendium: A Dictionary of Historical Pigments, Elsevier-Butterworth Heinemen, Amsterdam 2004 Germinario G., Sulle tracce degli artisti di Soleto: studio e caratterizzazioni dei pigmenti della chiesa di S.Stefano di Soleto (Lecce), Tesi in Applicazioni mineralogiche e petrografiche ai beni culturali (Relatori: Laviano R., Vona F., Buccolieri G.), Università degli studi di Bari, a.a. 2004-2005 − 76 − − 77 − Un’applicazione per la fruizione di dati eterogenei Francesco Gabellone ∙ Ivan Ferrari ∙ Francesco Giuri Attraverso uno studio sistematico, ‘tracciabile’ nella sua evoluzione, possibilmente ‘trasparente’ ed intelligibile, l’archeologia virtuale si propone di consegnare al pubblico dei risultati interpretativi su monumenti ed opere d’arte la cui figuratività sia stata danneggiata o compromessa. In questo processo di studio, tutte le informazioni emerse dalle diverse discipline della ricerca archeologica e storica convergono in un “modello di conoscenza” che può essere iden- tificato come una ‘sintesi’ dei dati raccolti. Come spesso accade però, lo studio ricostruttivo o la presentazione digitale di un monumento antico risente fortemente di lacune informative, errata trascrizione delle fonti, errata traduzione o peggio ancora, di interpretazioni soggettive che possono compromettere drasticamente il risultato finale, portando a ricostruzioni ed interpretazioni anche notevolmente diverse tra di loro. L'obiettivo di fondo, da perse- 1. La piattaforma per la fruizione basta su modello 3D. − 79 − guire sempre, è perciò l’elaborazione di studi ricostruttivi condotti filologicamente, che evidenzino non solo i risultati conseguiti, ma soprattutto consentano di tracciare in forma chiara quel percorso complesso dal quale prende forma la proposta di ricostruzione o presentazione del bene culturale. L’insieme di dati eterogenei raccolti su un'opera sono in genere disponibili solo singolarmente, su pubblicazioni specifiche, in forma cartacea, generalmente troppo complessi e dettagliati per il visitatore che intende iniziare un percorso di conoscenza su quel bene. È in quest’ottica che, all’interno del progetto In-Cul.Tu.Re., sono stati sviluppati output di visualizzazione che siano adeguati ad una consultazione da smartphone, privilegiando principalmente logiche di fruizione efficiente on-site grazie all’adozione di tecnologie basate sulla Realtà Aumentata (AR). Queste consentono la creazione di una sovrapposizione tra l’esperienza reale e gli elementi informativi virtuali (informazioni multimediali, dati geolocalizzati, dati analitici, storici, archeometrici, ecc.) in un ambiente nel quale gli elementi multimediali che "aumentano" le informazioni sulla realtà possono essere aggiunti e visualizzati attraverso dispositivi mobile, come i telefoni cellulari di ultima generazione. Esistono diversi approcci per una visualizzazione in modalità AR. La forma più classica prevede una semplice sovrapposizione di informazioni direttamente sull'oggetto inquadrato. Nelle ultime implementazioni di librerie grafiche, è possibile una sovrapposizione di modelli tridimensionali semplificati che aiutino la comprensione di strutture archeologiche, o contesti di interesse culturale e turistico, direttamente sul sito reale. L'uso di queste librerie risente però fortemente dei limiti computazionali dei diversi device, compromettendo di fatto la fruizione su molti apparecchi scarsamente performanti. Una soluzione a questo limite è data da una modalità ibrida di AR, nella quale vengono mixate ricostruzioni tridimensionali ultrarealistiche ad alta resa in panorami VR sferici ad alta risoluzione. All'interno di questo processo, particolare attenzione viene rivolta all'illuminazione della scena ed alla realizzazione di un setup che ricrea le stesse condizioni di luce presenti nella ripresa fotografica 2. Modello 3D della chiesa con quadro sinottico delle pareti. − 80 − − 81 − 3. Ricostruzione dell’anfiteatro di Lecce integrata nel tessuto urbano attuale. reale per offrire un risultato convincente, perfettamente sovrapposto al sito reale. Questo processo permette quindi di visualizzare i vari monumenti nel loro contesto originario, ma anche una gestione "ottimizzata" ed efficiente dei sistemi di visualizzazione in condizioni ambientali particolarmente complesse. Un caso emblematico è rappresentato da ricostruzioni sovrapposte ai contesti attuali, dove l'adozione di un modello 3D semplificato, senza ombre, radiosità e textures a bassa risoluzione comporterebbe una scarsa integrazione ed una resa qualitativamente inaccettabile. Per la chiesa di Santo Stefano a Soleto sono state utilizzate tecnologie che potremmo definire di semiAR, dove al centro della navigazione è posta non la semplice restituzione fotografica dello stato di fatto, ma un modello tridimensionale al quale sono “agganciati” contenuti eterogenei. L’utilità di questo approccio presenta elementi di interesse perché, attraverso un panorama basato su un modello3D, è possibile riprendere la chiesa, senza difficoltà, da punti di vista inusuali, difficili da riprodurre nella realtà. In linea generale questa tecnica può risultare adeguata laddove sussista la necessità di un controllo efficace dell’impatto ambientale di un intervento, poiché la sua visione “diretta”, da un punto di vista reale, permette di valutare facilmente eventuali sproporzioni volumetriche, di controllare il reale contributo spaziale e l’armonizzazione con l’insieme. Indubbiamente l’adozione di tecnologie di facile portabilità, come scene 3D basate su panorami VR sferici, rappresentano per piccoli spazi architettonici come S. Stefano una soluzione efficace. Qui l’uso di un’alternativa basata completamente su un − 82 − modello 3D navigabile in tempo reale non avrebbe aggiunto funzionalità rilevanti, ma al contrario avrebbe aumentato la complessità della piattaforma, diminuendone l’usabilità. I contenuti accessibili dalla piattaforma riguardano principalmente i temi figurativi delle pitture, ma l’aspetto più originale è sicuramente legato alla lettura di dati archeometrici all’interno dell’ambiente virtuale. Molte informazioni di carattere scientifico, provenienti da osservazioni IR, XRF, possono sicuramente definirsi fuori dalla sfera del visibile e necessitano di tools appropriati per una corretta interpretazione e visua- lizzazione. Questi dati sono generalmente disponibili all’interno di relazioni tecniche specialistiche ed in nessun caso sono oggetto di diffusione per l’utenza generica, quel target di utilizzatori definito “general pubblic”. Da qui nasce l’idea di associare questo bagaglio di informazioni ad una piattaforma di fruizione virtuale che permetta di “vedere l’invisibile”, di guardare oltre la superficie dell’oggetto, per svelare la presenza di cavità, di oggetti nascosti, di osservare il comportamento dei materiali al sollecitamento termico, di evidenziare fratture o distacchi, di enfatizzare e visualizzare alcuni fenomeni di de- 4. Finestre a comparsa che permettono la lettura dei temi figurativi. − 83 − contesto di appartenenza. Lo spazio virtuale accelera e potenzia le capacità cognitive, diventa cioè capace di generare processi ‘virtuosi’ di apprendimento estremamente efficaci, basati su metafore del mondo reale, perciò facili da usare e comprendere. Questi sistemi di visita migliorano quindi la comprensione delle opere di interesse culturale e si avvantaggiano del contributo interdisciplinare di diversi studiosi, che a vario titolo concorrono nel tracciarne le valenze storiche, archeometriche e culturali. La tecnologia è qui intesa come strumento indispensabile, soprattutto per rappresentare una visione complessa e diacronica del monumento, in cui trovano posto script articolati su linguaggi multipiattaforma, come JavaScript, che forniscono soluzioni avanzate, ma richiedono adeguate competenze nella programmazione. Malgrado questo, la creatività e la capacità 5. Pop-up per la lettura delle tecniche esecutive di rispondere ai problemi concreti suggeriscono alcune risposte interessanti, come ad esempio la rappresentazione delle fasi prima e dopo il restauro di alcuni particolari pittorici presenti sulle pareti della chiesa. La soluzione sperimentata è basata su una libreria open jQuery, una fondazione senza scopo di lucro per gli sviluppatori web. JQuery è una libreria JavaScript veloce, intelligente e ricca di funzionalità. Essa rende molto più semplice la gestione degli eventi in un documento HTML rispetto ad una normale API, è facile da usare e funziona bene su un gran numero di browser. Con una combinazione di versatilità ed estensibilità jQuery ha cambiato il modo in cui milioni di persone scrivono JavaScript. Il risultato implementato nella piattaforma di fruizione realizzata per la chiesa di Santo Stefano ha permesso di ottenere una comparazione interattiva che restituisce in forma ancora più 6. Pop-up per la lettura dei dati analitici (analisi XRF) grado. Un’applicazione di questo tipo permette di trasferire in forma immediata e semplice informazioni tecnico-scientifiche verso un’utenza non sempre preparata alla lettura di dati archeometrici, seguendo modalità di lettura ramificate, in cui viene consultato solo ciò che realmente interessa. Un sistema di visita organizzato in questo modo aggrega le conoscenze storiche ed umanistiche con le discipline tecnico-scientifiche: l’oggetto, in quanto portatore di valori, viene analizzato nelle sue componenti mineralogico-petrografiche, chimiche, fisiche, ma anche nei suoi aspetti storici e formali, nei suoi rapporti con il − 84 − 7. Pop-up per la lettura dei dati analitici. Qui lo spettro IR è stato mappato sull’intera estensione delle pareti. La consultazione dei link permette la lettura delle varie interpretazioni delle anomalie riscontrate. − 85 − 8. Esempio di jQueryLybrary per la lettura interattiva degli interventi di restauro (immagini elaborate da Maida Leo, Accademia di Belle Arti di Lecce). “trasparente” e distinguibile l’intervento di restauro, rendendo consapevole l’utente del grande lavoro di recupero figurativo che l’operazione puramente conservativa sembrerebbe trascurare. L’output principale del progetto è una applicazione HTML5 compatibile con PC e smartphone, con funzionalità gyroscope attivabile on-site. Questo tipo di architettura permetterà ulteriori implementazioni sulla piattaforma anche in tempi successivi, con notevoli arricchimenti su ogni tipo di informazione necessaria alla comprensione delle caratteristiche del monumento e alle sue trasformazioni nel tempo. Parte delle ricerche presentate in questo articolo è stata realizzata nell’ambito di “Programmi di ricerca scientifica di rilevante interesse nazionale” (PRIN 2010-2011). − 86 − PON04a3_00390 Programma Operativo Nazionale “Ricerca e Competività” (PON “R&C”) 2007 - 2013 - Avviso D.D. 84/Ric del 2 marzo 2012 Asse II: “Sostegno all’Innovazione” - Obiettivo Operativo 4.2.1.3 “Azioni Integrate per lo Sviluppo Sostenibile e la Diffusione Della Società Dell’Informazione”. Conoscere e visitare la Chiesa di Santo Stefano, a Soleto (Le), andando oltre il visibile. Con questo obiettivo il Progetto In-Cul.Tu.Re. ha collaborato con la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Bari, BAT e Foggia, l’IBAM-CNR e il Laboratorio di Diagnostica non Distruttiva del Politecnico di Torino. Questa pubblicazione riporta i risultati del percorso di ricerca multidisciplinare sviluppato su questo bene culturale, offrendo − grazie al saggio di Rosa Lorusso Romito − nuove ipotesi su cronologie dei cicli pittorici e ambiti di appartenenza delle maestranze, e − negli altri contributi − dati tecnico-scientifici solitamente divulgati solo tra gli addetti ai lavori. Questi e altri contenuti inediti sono fruibili anche nell’App sviluppata con l’Arch. F. Gabellone (IBAM-CNR). in collaborazione con La chiesa di Santo Stefano a Soleto è uno dei casi studio individuati da In-Cul.Tu.Re. (progetto vincitore del bando Smart Cities and Communities and Social Innovation, finanziato dal Miur). Testimonianza della cultura figurativa tardogotica in Puglia, legata alla corte di Raimondello del Balzo Orsini, essa è stata nel tempo ampiamente studiata e oggetto di numerosi restauri curati dalla Soprintendenza. Il progetto In-Cul.Tu.Re. ha condotto sulla chiesa di Santo Stefano indagini e approfondimenti per la conoscenza e la conservazione dell’opera, ma anche per potenziarne la fruizione. ISBN 978-88-98289-46-2 In copertina: Soleto, Chiesa di Santo Stefano, interno (particolare da una foto di P. Colaiocco per In-Cul.Tu.Re, 2014).