...

«Usciamo, usciamo...» - La vita – Giornale Cattolico Toscano

by user

on
Category: Documents
17

views

Report

Comments

Transcript

«Usciamo, usciamo...» - La vita – Giornale Cattolico Toscano
Poste italiane s.p.a.
Sped. in a.p.
D.L. 353/2003 (conv. in
L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1,
DCB Filiale di Pistoia
Direzione, Redazione
e Amministrazione:
PISTOIA Via Puccini, 38
Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616
e_mail: [email protected]
www.settimanalelavita.it
Abb. annuo e 45,00
(Sostenitore e 65,00)
c/cp n. 11044518 Pistoia
clicca su
L’
7
dal 1897
La Vita è on line
www.settimanalelavita.it G
LaVita
Anno 117
I O R N A L E
ennesimo richiamo
di papa Francesco
alla missionarietà
della chiesa. Erede
del pensiero del
concilio Vaticano
II e dell’insegnamento dei papi postconciliari, il papa venuto da lontano
continua a ricordare con grande forza
e singolare incisività alla comunità
cristiana che essa deve uscire dai propri recinti e andare incontro alla gente, dove essa si trova, fino alle periferie più remote delle città, dei paesi e
dell’esistenza. La chiesa, quante volte
si deve ripetere?, non c’è per se stessa,
ma per il Regno di Dio, per il mondo,
per tutti coloro che aspettano anche
inconsapevolmente l’annuncio della
salvezza e della liberazione.
L’immagine dell’ebreo Franz Kafka
è quanto mai suggestiva. Il messaggio
dell’imperatore è partito, ma per gli
intralci della società, esso non riesce
ad arrivare. Intanto colui che lo deve
ricevere ancora a sera rimane alla
finestra in attesa della sua venuta. È
sera, è notte, è buio e per questo l’attesa si fa più spasmodica. L’uomo di
oggi e di sempre è come un mendicante che aspetta che qualcuno gli venga
incontro e sazi pienamente la sua sete
di felicità. La Sacra Scrittura aveva
già avvertito di questa necessità: “I
piccoli chiedevano il pane, ma non
c’era nessuno che glielo porgesse”.
“Usciamo, usciamo”, ripete papa
Francesco. È preferibile “una chiesa
accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che
una chiesa malata per la chiusura e la
comodità di aggrapparsi alle proprie
sicurezze. Non voglio – afferma – una
chiesa preoccupata di essere il centro
e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se
qualcosa deve santamente inquietarci
e preoccupare la nostra coscienza è
che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione
dell’amicizia con Gesù Cristo, senza
una comunità di fede che li accolga,
senza un orizzonte di senso e di vita”.
Appunto: i poveri bussano, ma non c’è
nessuno che apra loro la porta. Sono
parole dell’Evangelii gaudium, il documento che dovrebbe guidare il cammino della comunità cristiana, ma che
soltanto pochi hanno letto. La solita
sorte toccata a tutti i documenti che
ci sono arrivati in questi ultimi tempi.
La popolarità di papa Francesco non paga in termini di consenso
e di obbedienza. Una simpatia fine
a se stessa che non riesce a tradursi in atteggiamenti corrispondenti a
quelli che egli offre a tutti noi con il
suo esempio e i suoi insegnamenti. Il
papa ha anche l’abitudine di prendere di mira le ragioni che si ripetono
per giustificare la nostra pigrizia e la
nostra comodità. “Non si dica – afferma - che si è sempre fatto così”.
Forse questo non è del tutto vero, ma
anche se fosse vero, non ci si giustifica affatto ripetendo un errore che
abbiamo ereditato dal passato. Chi
C A T T O L I C O
23 FEBBRAIO 2014
T O S C A N O
e1,10
1,10
e
«Usciamo,
usciamo...»
ci ha abituato a vivere con sicurezza
all’interno delle mura della chiesa, al
di là delle intenzioni, ha reso un pessimo servizio alla causa del Vangelo.
Il quale dev’essere annunciato a tutti
e sappiamo in quale maniera: con la
testimonianza dell’intera comunità e
con la parola resa efficace, per parte
nostra, dall’esempio.
Sono cose che ripeteva già Paolo
VI, quando, nel 1975, pubblicava quel
bellissimo documento dedicato al
tema dell’evangelizzazione, dal titolo
Evangelii nuntiandi. Cinquanta anni
non sono sufficienti a far penetrare
nel popolo cristiano un tema così importante e fondamentale come quello
dell’evangelizzazione? Certo qualcosa
è stato fatto, ma si può contentare
solo chi non ha capito pienamente la
grandezza dell’impegno che spetta
alla chiesa in un momento così difficile come quello che stiamo attraversando. Papa Francesco parla di una
vera e propria conversione e questo
è il suo augurio: “Spero che tutte le
comunità facciano in modo di porre
in atto i mezzi necessari per avanzare
nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci
serve una ‘semplice amministrazione’.
Costituiamoci in tutte le regioni della
terra con uno ‘stato permanente di
missione’”.
“Una chiesa in uscita”, una chiesa
estroversa, una chiesa fuori le mura:
questo l’ideale che ci è posto dinanzi.
Una chiesa missionaria, ricordando
quanto affermava Paolo VI, che “la
EVANGELII GAUDIUM
IL GRIDO DI DOLORE
DEL POPOLO ITALIANO
Il ripetuto invito di Papa Francesco
rivolto alla comunità cristiana: bisogna
uscire fuori, incontro alla gente, alle
sue attese, ai suoi bisogni
SAN VALENTINO
IN VATICANO
chiesa o è missionaria o non è”, cioè
non è chiesa, non merita affatto questo nome. Certo, per fare questo è
necessario un tempo di preparazione
e di sperimentazione. Ma si tenga
presente che soltanto quando questo tempo sarà terminato, ci si potrà
chiamare chiesa. Senza questo dinamismo propulsore, l’uso di un termine
così nobile e impegnativo rimane un
vero e proprio abuso.
Il centro propulsore, con la chiesa
particolare guidata dal vescovo, sarà
la parrocchia. Il modo con cui essa potrà adempiere a questa sua vocazione
rimane l’argomento fondamentale dei
suoi pensieri, delle sue preoccupazioni e delle sue preghiere. Il resto viene
dopo.
Giordano Frosini
Chiunque sarà chiamato a governare
dovrà tenere presente i problemi che
gravano sulla nostra gente, soprattutto
la disoccupazione, la povertà e il peso
delle tasse
PAGINA 2
PAGINA 13
Venticinquemila fidanzati hanno festeggiato San Valentino con il Papa, che ha
esortato a non lasciarsi vincere
dalla cultura del provvisorio
PAGINA 4
il "nuovo
concordato"
ha trent'anni
Uomini di chiesa e dello Stato
hanno riflettuto
sul nuovo concordato
che prese l’avvio
il 18 febbraio 1984
PAGINA 5
CENTRAFRICA: UNA
STRADA TUTTA IN SALITA
Gli scontri non accennano a fermarsi
e la crisi umanitaria
si allarga sempre di più
PAGINA 15
2
primo piano
Continua la nostra
lettura delle parti
principali
del documento
di Papa Francesco,
che attende
impaziente una
conversione
completa della
Chiesa per quanto
riguarda l’impegno
missionario
n. 7 23 FEBBRAIO 2014
“EVANGELII GAUDIUM” DI PAPA FRANCESCO
L’
evangelizzazione obbedisce al mandato
missionario di Gesù:
«Andate dunque e
fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò
che vi ho comandato» (Mt 28,1920). In questi versetti si presenta
il momento in cui il Risorto invia i
suoi a predicare il Vangelo in ogni
tempo e in ogni luogo, in modo
che la fede in Lui si diffonda in ogni
angolo della terra.
Una Chiesa in uscita
Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di
“uscita” che Dio vuole provocare
nei credenti. Abramo accettò la
chiamata a partire verso una terra nuova (cfr Gen 12,1-3). Mosè
ascoltò la chiamata di Dio: «Va’, io
ti mando» (Es 3,10) e fece uscire
il popolo verso la terra promessa
(cfr Es 3,17). A Geremia disse:
«Andrai da tutti coloro a cui ti
manderò» (Ger 1,7). Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti
gli scenari e le sfide sempre nuovi
della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a
questa nuova “uscita” missionaria.
Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che
il Signore chiede, però tutti siamo
invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e
avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno
della luce del Vangelo.
La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei
discepoli è una gioia missionaria.
La sperimentano i settantadue
discepoli, che tornano dalla missione pieni di gioia (cfr Lc 10,17). La
vive Gesù, che esulta di gioia nello
Spirito Santo e loda il Padre perché la sua rivelazione raggiunge i
poveri e i più piccoli (cfr Lc 10,21).
La sentono pieni di ammirazione i
primi che si convertono nell’ascoltare la predicazione degli Apostoli
«ciascuno nella propria lingua» (At
2,6) a Pentecoste. Questa gioia
è un segno che il Vangelo è stato
annunciato e sta dando frutto. Ma
ha sempre la dinamica dell’esodo e
del dono, dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di
nuovo, sempre oltre. Il Signore dice:
«Andiamocene altrove, nei villaggi
vicini, perché io predichi anche là;
per questo infatti sono venuto!»
(Mc 1,38). Quando la semente è
stata seminata in un luogo, non si
trattiene più là per spiegare meglio
o per fare segni ulteriori, bensì lo
Spirito lo conduce a partire verso
altri villaggi.
La trasformazione
missionaria
della Chiesa
La Parola ha in sé una potenzialità che non possiamo prevedere. Il
Vangelo parla di un seme che, una
volta seminato, cresce da sé anche
quando l’agricoltore dorme (cfr Mc
4,26-29). La Chiesa deve accettare
questa libertà inafferrabile della
Parola, che è efficace a suo modo,
e in forme molto diverse, tali da
sfuggire spesso le nostre previsioni
e rompere i nostri schemi.
L’intimità della Chiesa con Gesù
è un’intimità itinerante, e la comunione «si configura essenzialmente
come comunione missionaria».
Fedele al modello del Maestro, è
vitale che oggi la Chiesa esca ad
annunciare il Vangelo a tutti, in tutti
i luoghi, in tutte le occasioni, senza
indugio, senza repulsioni e senza
paura. La gioia del Vangelo è per
tutto il popolo, non può escludere
nessuno. Così l’annuncia l’angelo
ai pastori di Betlemme: «Non temete, ecco, vi annuncio una grande
gioia, che sarà di tutto il popolo»
(Lc 2,10). L’Apocalisse parla di «un
vangelo eterno da annunciare agli
abitanti della terra e a ogni nazione,
tribù, lingua e popolo» (Ap 14,6).
Un improrogabile
rinnovamento
ecclesiale
Sogno una scelta missionaria
capace di trasformare ogni cosa,
perché le consuetudini, gli stili, gli
orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale
adeguato per l’evangelizzazione
del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle
strutture, che esige la conversione
pastorale, si può intendere solo
in questo senso: fare in modo che
esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in
tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti
pastorali in costante atteggiamento
di “uscita” e favorisca così la rispo-
sta positiva di tutti coloro ai quali
Gesù offre la sua amicizia. Come
diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi
dell’Oceania, «ogni rinnovamento
nella Chiesa deve avere la missione
come suo scopo per non cadere
preda di una specie d’introversione
ecclesiale».
La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una
grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono
la docilità e la creatività missionaria
del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’unica
istituzione evangelizzatrice, se è
capace di riformarsi e adattarsi
costantemente, continuerà ad essere «la Chiesa stessa che vive in
mezzo alle case dei suoi figli e delle
sue figlie». Questo suppone che
realmente stia in contatto con le
famiglie e con la vita del popolo e
non diventi una struttura prolissa
separata dalla gente o un gruppo
di eletti che guardano a se stessi.
La parrocchia è presenza ecclesiale
nel territorio, ambito dell’ascolto
della Parola, della crescita della vita
cristiana, del dialogo, dell’annuncio,
della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraverso
tutte le sue attività, la parrocchia
incoraggia e forma i suoi membri
perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità,
santuario dove gli assetati vanno a
bere per continuare a camminare,
e centro di costante invio missionario. Però dobbiamo riconoscere
che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha
ancora dato sufficienti frutti perché
siano ancora più vicine alla gente, e
siano ambiti di comunione viva e di
partecipazione, e si orientino completamente verso la missione.
Le altre istituzioni ecclesiali,
comunità di base e piccole comunità, movimenti e altre forme di
associazione, sono una ricchezza
della Chiesa che lo Spirito suscita
per evangelizzare tutti gli ambienti
e settori. Molte volte apportano
un nuovo fervore evangelizzatore e
una capacità di dialogo con il mondo che rinnovano la Chiesa. Ma è
molto salutare che non perdano il
contatto con questa realtà tanto
ricca della parrocchia del luogo, e
che si integrino con piacere nella
pastorale organica della Chiesa
particolare. Questa integrazione
eviterà che rimangano solo con una
parte del Vangelo e della Chiesa, o
che si trasformino in nomadi senza
radici.
Ogni Chiesa particolare,
porzione della Chiesa Cattolica
sotto la guida del suo Vescovo, è
anch’essa chiamata alla conversione missionaria. Essa è il soggetto
dell’evangelizzazione,[30] in quanto è la manifestazione concreta
dell’unica Chiesa in un luogo del
mondo, e in essa «è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo,
una, santa, cattolica e apostolica».
È la Chiesa incarnata in uno spazio
determinato, provvista di tutti i
mezzi di salvezza donati da Cristo,
però con un volto locale. La sua
gioia di comunicare Gesù Cristo si
esprime tanto nella sua preoccupazione di annunciarlo in altri luoghi
più bisognosi, quanto in una costante uscita verso le periferie del
proprio territorio o verso i nuovi
ambiti socio-culturali. Si impegna
a stare sempre lì dove maggiormente mancano la luce e la vita del
Risorto. Affinché questo impulso
missionario sia sempre più intenso, generoso e fecondo, esorto
anche ciascuna Chiesa particolare
ad entrare in un deciso processo
di discernimento, purificazione e
riforma.
Il Vescovo deve sempre favorire
la comunione missionaria nella sua
Chiesa diocesana perseguendo
l’ideale delle prime comunità cri-
Vita
La
stiane, nelle quali i credenti avevano un cuore solo e un’anima sola
(cfr At 4,32). Perciò, a volte si porrà davanti per indicare la strada e
sostenere la speranza del popolo,
altre volte starà semplicemente in
mezzo a tutti con la sua vicinanza
semplice e misericordiosa, e in
alcune circostanze dovrà camminare dietro al popolo, per aiutare
coloro che sono rimasti indietro
e – soprattutto – perché il gregge
stesso possiede un suo olfatto per
individuare nuove strade. Nella sua
missione di favorire una comunione dinamica, aperta e missionaria,
dovrà stimolare e ricercare la
maturazione degli organismi di
partecipazione proposti dal Codice di diritto canonico e di altre
forme di dialogo pastorale, con il
desiderio di ascoltare tutti e non
solo alcuni, sempre pronti a fargli i
complimenti. Ma l’obiettivo di questi processi partecipativi non sarà
principalmente l’organizzazione
ecclesiale, bensì il sogno missionario di arrivare a tutti.
Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli
altri, devo anche pensare a una
conversione del papato. A me
spetta, come Vescovo di Roma,
rimanere aperto ai suggerimenti
orientati ad un esercizio del mio
ministero che lo renda più fedele
al significato che Gesù Cristo
intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione. Il Papa
Giovanni Paolo II chiese di essere
aiutato a trovare «una forma di
esercizio del primato che, pur
non rinunciando in nessun modo
all’essenziale della sua missione,
si apra ad una situazione nuova».
Siamo avanzati poco in questo
senso. Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale
hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale. Il
Concilio Vaticano II ha affermato
che, in modo analogo alle antiche
Chiese patriarcali, le Conferenze
episcopali possono «portare un
molteplice e fecondo contributo,
acciocché il senso di collegialità si
realizzi concretamente». Ma questo auspicio non si è pienamente
realizzato, perché ancora non
si è esplicitato sufficientemente
uno statuto delle Conferenze
episcopali che le concepisca come
soggetti di attribuzioni concrete,
includendo anche qualche autentica autorità dottrinale. Un’eccessiva
centralizzazione, anziché aiutare,
complica la vita della Chiesa e la
sua dinamica missionaria.
La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il
comodo criterio pastorale del “si
è fatto sempre così”. Invito tutti ad
essere audaci e creativi in questo
compito di ripensare gli obiettivi,
le strutture, lo stile e i metodi
evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini
senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è
condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con
generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza
divieti né paure. L’importante è
non camminare da soli, contare
sempre sui fratelli e specialmente
sulla guida dei Vescovi, in un saggio
e realistico discernimento pastorale.
Vita
La
«
3
n. 7
IL TESTIMONE
23 FEBBRAIO 2014
Charles de Foucauld
fratello universale
Richiamo al genere di
vita che costituisce la
mia vocazione. Imitazione di Gesù a Nazaret.
Adorazione dell’Ostia santa esposta: santificazione silenziosa dei popoli infedeli, portando in mezzo ad
essi Gesù». Così Charles de Foucauld, negli appunti di un ritiro nel
maggio 1906, riassumeva la propria
vocazione, tutta tesa a condividere quella vita nascosta di Gesù a
Nazaret che, di fatto, è stato il periodo più lungo e quasi totalmente
a noi sconosciuto dell’esistenza
terrena del Figlio di Dio. In realtà,
quando scrive queste note, fratel
Charles è già nel deserto del Sahara, a Tamanrasset, dove troverà la
morte dieci anni dopo, il 10 dicembre 1916, per mano di quegli stessi
tuareg in mezzo ai quali ha deciso
di essere testimone silenzioso di
Cristo. E vi si trova proprio per vivere nel modo più pieno e radicale
quanto aveva finalmente scoperto,
dopo anni di ricerche, di crisi, gioie,
solitudini e attese, proprio a Nazaret, la città di Maria, dove era approdato nel 1897 poco meno che
quarantenne, per ritrovare le fila di
un esistenza avventurosa, sregolata
e inquieta, sfociata, infine, in un folgorante incontro con Cristo, a Parigi, nel 1886. Egli sarà, lo abbiamo
letto, nient’altro che un silenzioso
imitatore di Cristo per far arrivare
l’amore di Dio a tutti gli uomini,
«attraverso la mitezza, l’umiltà, il
perdono delle ingiurie, l’accettazione mansueta dei maltrattamenti
[…] attraverso la preghiera, la penitenza, la santificazione personale,
come Gesù a Nazaret» (in Ch. de
Foucauld, La mia fede Città Nuova,
Roma 2005 pp. 101 102).
L’
Scegliendo di imitare la vita nascosta
di Gesù a Nazaret, Charles de Foucauld
ha aperto la via per una comprensione
più piena del mistero dell’Incarnazione:
la fraternità universale è il solo stile
di vita veramente evangelico
di Alessandro Andreini
È a Nazaret che fratel Charles
scrive la maggior parte dei suoi
scritti, e dove si getta in un appassionante ricerca del mistero di Dio
dentro le scritture, trascorrendo
lunghissime ore, di giorno e soprattutto di notte, in adorazione
davanti all’eucaristia. Siamo al volgere di un secolo cruciale anche
per il futuro della chiesa: e sembra
di cogliere, in questa singolare inquietudine del futuro fondatore dei
Piccoli Fratelli di Gesù, cui appar-
8 marzo si celebra
la giornata internazionale della donna,
questa celebrazione
che fu istituita per la prima volta
in Italia nel 1922, vuole ricordare
a tutti sia le conquiste sociali e
politiche della donna, sia le violenze e gli atti discriminatori cui
essa, ancora oggi e in molte parti
del mondo, è fatta oggetto. La violenza sulle donne è diventato un
problema di tali dimensioni che
nessuna persona civile può far
finta di non conoscere e sbaglia
anche chi, superficialmente, pensa
che un fenomeno che occupa
quasi quotidianamente le cronache dei giornali, si identifichi unicamente con lo stupro o l’omicidio
consumato. Non è così. Queste
nefandezze sono spesso il tragico
epilogo di anni e anni di vessazioni consumate nei confronti del
proprio partner, che quasi sempre
rimane incapace di reagire. Sono
reati e sono puniti con la legge.
Sovente ci sono però anche altri
esempi di violenza, subdola, sottile,
non facilmente identificabile, che
non riveste propriamente la forma
di aggressione fisica e che spesso
terranno Carlo Carretto e Arturo
Paoli, quasi l’ansia per un domani
della chiesa di fronte alle provocazioni della modernità, il bisogno
di uno spogliamento radicale di
tutte le sovrastrutture e di tutti gli
orpelli che ci allontanano piuttosto
che avvicinarci al mistero dell’Incarnazione e di quella sconvolgente
comunione con tutti gli uomini e
con tutto l’uomo che Gesù ha voluto realizzare. In una meditazione
del novembre 1897 scritta alcuni
mesi dopo l’arrivo a Nazaret e
giustamente riconosciuta come
uno dei testi fondamentali del suo
itinerario spirituale, fratel Charles
sembra addirittura riferire le parole stesse del suo Maestro: «Io sono
stato povero operaio, che viveva
del lavoro delle sue mani, sono passato per ignorante, illetterato [...].
Come ogni povero, ero esposto
al disprezzo, e fu perché non ero,
agli occhi del mondo, altri che un
povero “Nazareno” che sono stato
perseguitato, maltrattato nella mia
vita pubblica» (ivi, pp. 91-92).
Imitare la vita di Gesù a Nazaret per entrare in dialogo, silenzioso e umile, con tutti gli uomini del
mondo, per prendersi cura delle
loro povertà, delle loro attese più
segrete, della loro stessa cultura.
Per immergersi nel modo più
pieno e profondo nel cuore della
condizione umana, senza freni e
senza filtri. Solo un discepolo di
Cristo potrebbe davvero immaginare e realizzare un progetto
simile, immaginando e sperimentando che l’annientamento di sé è
la via non tanto o prima di tutto
per l’incontro con il divino, ma per
la scoperta di una vera e commovente fraternità. Fratel Charles lo
scriveva dal deserto, il 5 luglio 1905
all’abbé Huvelin, colui che lo aveva
accompagnato nel suo ritorno verso Dio: «Nazaret è il luogo dove
c’è molta umanità, molta pace,
comprensione. La vita di Nazaret si
può vivere dappertutto: conducila
in un luogo più utile per il prossimo» (in J. Lahaye, Nel deserto con
Charles de Foucauld, Edi, Napoli
2005 p. 24). Autenticamente “condotto dallo Spirito nel deserto”
nascosto in quel nord Africa che
Un libro
sul femminicidio
di Alessandro Orlando
si nasconde dietro l’apparenza
tranquilla della normalità familiare. La minaccia, l’umiliazione,
l’aggressione verbale, la persecuzione, i ricatti economici sono
solo alcuni dei molteplici soprusi
spesso non tenuti nella dovuta
considerazione quasi avessero, in
questa terribile panoramica, un
ruolo minore. Una piccola casa
editrice pistoiese “Edizioni Atelier”,
con il libro “Il tacco spezzato”, ha
voluto affrontare il doloroso tema
del femminicidio proponendo, una
serie di racconti e di interviste.
Quest’ultime, curate dalla giornalista pistoiese Susanna Daniele,
sono state rivolte a chi ogni giorno
ha a che fare professionalmente
con donne maltrattate e uomini
maltrattanti (magistrati, direttori
di centri antiviolenza, psicologi,
una giornalista del Corriere della
Sera). Non è nemmeno un caso se
alcuni degli scrittori sono di sesso
maschile, infatti analizzando con
attenzione questa profonda ferita
sociale e culturale ne viene fuori
che il problema non è solo delle
donne ma anche, e soprattutto,
degli uomini. Ancora oggi infatti il
senso del dominio maschio/femmina mantiene radici profonde.
Questa piccola ma curata pubblicazione a metà fra l’inchiesta
giornalistica e l’antologia letteraria
diventa uno stimolo alla riflessione
ed un invito a progredire su di una
strada impervia e piena di ostacoli
verso la soluzione del problema.
Una strada non facile e intrapresa
purtroppo solo da poco. La politica, le Istituzioni, noi tutti abbiamo
il dovere di sentirci senza pace
finché questa barbàrie non avrà
fine. La prefazione è stata curata
dal giornalista della Giunta Regionale Toscana Mauro Banchini.
Bella anche la copertina, di un
arancione acceso che riporta una
foto, graficamente rielaborata, della scultura del Ratto di Polissena
che si trova sotto la Loggia dei
Lanzi a Firenze.
sarebbe divenuto, fino ai nostri
giorni, uno dei luoghi cruciali per la
realizzazione di un mondo più giusto e solidale, fratel Charles apriva
una via radicalmente nuova, e che
ancora attende di essere realmente
imboccata dai discepoli di Cristo: la
fraternità universale è il solo stile
di vita veramente evangelico.
Poeti
Contemporanei
A te Italia
nostra
Mia Italia del cielo azzurro
mia Italia così graziosa ed esile
distesa nelle fresche mattine
dei tuoi mari,
Italia dell’arancia e dell’uva
degli uliveti argentati nel vento
delle spighe dorate del tuo grano,
del sole sulle tue città che
come astri brillano
ognuna di luce propria,
mia Italia di Dante e di Raffaello
hai dimenticato quel tempo quando
per le tue strade, si incontravano
Leonardo e Michelangelo
e le tue primavere somigliavano
alla primavera fiorita di Botticelli.
Per una delle tue strade,
la via Appia,
camminò il Cristo Gesù
che prese la mano di Pietro
che fuggiva per riportarlo a Roma.
Mia Italia del Rinascimento
e del Risorgimento
che hai arricchito il mondo
con i fasti della Cappella Sistina
e con la povera tonaca
di San Francesco,
quanta gente da tutto il mondo
veniva a te per conoscerti,
s’incantava nella meraviglia
dei tuoi paesaggi,
nella bellezza
della tua antichissima civiltà
nella vivacità creativa di arte
e scienza del tuo popolo…
Ma che ne è oggi
di quella tua dignitosa bellezza?
È stata buttata via come un cencio,
calpestata dai tuoi stessi figli
che non ti amano
e che ti offendono e ti insultano
con la loro maniera di vivere
e di operare.
Non ti importa più
di far fiorire dalle tue Regioni
e dalle tue città
quelle capacità artistiche
e scientifiche
della tua gente,
anzi fai in modo che
la splendida intelligenza
di tanti tuoi figli
ti lasci per andare ad arricchire
di sapienza e bellezza
altri popoli.
So che ora la tua dignità
si è rifugiata nel cuore di Dio
da dove è sbocciato il prodigio
del tuo genio.
Ma adesso non voglio più farmi
sommergere
da chi ti disprezza,
non voglio più affondare
nell’amarezza per te.
Voglio aiutarti,
voglio credere in te,
voglio aspettare
un tuo nuovo Risorgimento
che porterà il tuo nobile spirito
a illuminare ancora
le oscurità del mondo.
Anna Tassitano
4
attualità ecclesiale
IL PAPA CON I FIDANZATI
Papa Francesco,
in Piazza San Pietro
con 25mila fidanzati, ha festeggiato
San Valentino
proponendo di rivisitare la preghiera
del Padre Nostro
ad uso e consumo
delle coppie che
hanno il coraggio
del “per sempre”
n. 7 23 FEBBRAIO 2014
“Dacci oggi
il nostro amore
quotidiano”
di M. Michela Nicolais
I
l segreto di un buon matrimonio?
“Il marito ha il compito di fare
più donna la moglie, la moglie
ha il compito di fare più uomo
il marito”. Perché “è bello, per
i figli, vedere un papà e una mamma
che sono cresciuti insieme”. Guarda
lontano, il Papa. E non ce la fa proprio
a rimanere nel testo che ha scritto:
“Vi devo dire una cosa, le domande
mi sono arrivate in anticipo, e così ho
avuto tempo per prepararmi”, confida
da subito alla piazza. Per un’altra delle
“prime volte” a cui ci ha ormai abituato
- non era mai accaduto che un Pontefice
“festeggiasse” san Valentino insieme con
oltre 25mila fidanzati, provenienti da
30 Paesi del mondo – Papa Francesco
sceglie di rispondere alle domande di
tre coppie. E lo fa attingendo a piene
mani dal vissuto quotidiano di chi si sta
preparando al matrimonio cristiano, ma
anche di chi il “grande salto” l’ha già
fatto. “L’amore quotidiano degli sposi è
il vero pane dell’anima”, dice a braccio,
consegnando come “vademecum” ai
fidanzati le tre parole già raccomandate
C
oraggio, speranza, fiducia,
formazione, testimonianza, credibilità e concretezza: sono queste le parole
chiave emerse alla fine del XIII convegno nazionale di pastorale giovanile (Genova, 10-13 febbraio) sul
tema “Tra il porto e l’orizzonte - le
direzioni della cura educativa nella
comunità cristiana”. Oltre 550 tra
educatori e operatori di pastorale
giovanile, provenienti da 150 diocesi
italiane, hanno riempito i saloni dei
‘Magazzini del cotone” del porto
antico del capoluogo ligure, e discusso su come suscitare nei giovani
un nuovo desiderio di vivere e su
quale contributo la comunità adulta
può offrire alle nuove generazioni
per educarle e accompagnarle nella
scoperta della propria vocazione.
Non solo ‘fare’, dunque, ma ‘essere’,
le azioni come conseguenza della
propria esistenza.
Guide credibili
E i primi ad esserne consapevoli
sono gli educatori che non si nascondono le responsabilità, come
Michele Tufo, del Servizio di pastorale giovanile della diocesi di Foligno: “Davanti ai tanti stimoli in cui i
giovani sono immersi, molti dei quali
contrastanti e ingannevoli, occorre
la capacità di indicare loro con
chiarezza, la direzione migliore. C’è
bisogno di guide credibili, siano esse
laici, religiosi, sacerdoti o vescovi.
Organizzare attività e iniziative non
basta”. Da tempo, aggiunge Tufo,
“nella nostra diocesi abbiamo scelto
alle famiglie: “permesso, grazie, scusa”.
Rispolvera parole antiche e sagge, come
cortesia e gratitudine – “la gratitudine
è un fior che cresce in terra nobile”,
gli hanno insegnato a Buenos Aires, “è
necessaria la nobiltà dell’animo, perché
cresca questo fiore”, suggerisce ancora
fuori testo. Fa un elenco dettagliato
delle occasioni, infinite, in cui in una
coppia occorre trovare il coraggio di dire
grazie e scusa. Chiede “sobrietà” nella
celebrazione del matrimonio. Non ha in
mente una “famiglia perfetta”, perché
una famiglia perfetta non esiste, figuriamoci una suocera perfetta, scherza
con i presenti. Infine, una proposta che
nella sua semplicità – profonda - appare
rivoluzionaria: riformulare il Padre nostro
proprio per i fidanzati e per gli sposi:
“Dacci oggi il nostro amore quotidiano”.
“Non dobbiamo
lasciarci vincere
dalla cultura del
provvisorio”
Rispondendo all’argomento della
prima domanda rivoltagli da una coppia
proveniente da Gibilterra, il Papa ha
spiegato che “non è solo una questione
di durata! Un matrimonio non è riuscito
solo se dura, ma è importante la sua
qualità. Stare insieme e sapersi amare
per sempre è la sfida degli sposi cristiani”. Oggi, invece, “tante persone hanno
paura di fare scelte definitive, per tutta
la vita, sembra impossibile. Oggi tutto
cambia rapidamente, niente dura a
lungo… E questa mentalità porta tanti
che si preparano al matrimonio a dire:
stiamo insieme finché dura l’amore”.
Il Padre Nostro
per gli sposi
“Gli sposi possono imparare a
pregare anche così: Signore, dacci oggi
il nostro amore quotidiano, insegnaci ad
amarci, a volerci bene! Più vi affiderete
a Lui, più il vostro amore sarà per sempre, capace di rinnovarsi, e vincerà ogni
difficoltà”. Per Papa Francesco, “come
l’amore di Dio è stabile e per sempre,
così anche l’amore che fonda la famiglia
vogliamo che sia stabile e per sempre”.
Tre parole. Ai fidanzati, il Papa ha
dato le stesse regole “regole” per il
“cammino di ogni giorno” che aveva già
PASTORALE GIOVANILE
Educatori consapevoli:
occorre il coraggio
di una proposta più alta
Tante voci dal convegno nazionale di Genova.
Emerge la consapevolezza che i giovani vivono una condizione
difficile alla quale non si risponde con il sentimentalismo,
ma con la forza di un cammino da fare insieme
di Francesco Rossi
di privilegiare un’azione sinergica
con altri uffici pastorali (famiglia,
lavoro, vocazioni, sport e tempo
libero) e movimenti per mettere
in moto sempre più talenti. Non
tante iniziative ma l’iniziativa”. Dello
stesso avviso anche Angela Marino,
educatrice della diocesi di Cassano
allo Jonio.“Le idee da concretizzare
anche in una realtà complessa e
difficile come quella calabrese sono
tante. Torniamo da Genova con la
consapevolezza di metterci in gioco con più fatti e meno parole ma
soprattutto con più testimonianza
di fede”. Le difficoltà sociali ed economiche del territorio si superano
con “il coraggio, quello che ti fa
essere della partita senza diventare
spettatore, e con la speranza. Se
non ci aggrappiamo alla speranza
sarà difficile venir fuori da situazioni
gravi e complesse come quelle in cui
viviamo. La principale è costruirsi
una vita e progetti come quello di
“Policoro”, ci dimostrano che da noi
è possibile. Una pastorale giovanile
che si rispetti deve dare ragione ai
giovani di questa speranza”.
Paura di osare
Uno dei punti principali emersi a
Genova, secondo Maria De Luca,
della diocesi di Benevento, è “la
formazione permanente degli educatori necessaria per poter offrire
ai nostri ragazzi i giusti aiuti. Perché
prendano il largo devono avere
fiducia o forza interiore. Spesso –
riconosce De Luca - proponiamo
tante attività ma non riusciamo a
trasmettere la fiducia. Dal convegno
arriva un forte stimolo a lavorare in
questa direzione. Dobbiamo essere i
primi testimoni di ciò che facciamo
e professiamo. Non possiamo più
nasconderci dietro frasi del tipo
‘i giovani sono stanchi, non hanno
voglia’. Credo sia un atteggiamento
che nasconde la paura di osare degli
educatori. Il giovane vuole avere da
noi non solo carezze o abbracci ma
anche delle regole che spesso tendiamo ad eliminare perché temiamo
che non le accettino e se ne vadano.
Alzare il livello della proposta per
affascinarli sempre più, per questo
bisogna puntare all’Alto”. Sulla paura
degli educatori si sofferma anche
don Emanuele Poletti, della diocesi
di Bergamo. “Il lavoro da fare è ancora tanto: in questi anni ci siamo
buttati sull’aspetto aggregativo per
paura di perdere i giovani; adesso
invece abbiamo la consapevolezza
che occorre dare profondità a que-
Vita
La
assegnato alle famiglie. Permesso, ha
spiegato, è “saper entrare con cortesia
nella vita degli altri”. A volte invece, “si
usano maniere un po’ pesanti, come certi scarponi da montagna”. Ma “l’amore
vero non si impone con durezza e
aggressività”. Grazie.“Sembra facile pronunciare questa parola, la insegniamo
ai bambini, ma poi la dimentichiamo”.
“Sapete ringraziare?”, ha chiesto il
Papa ai fidanzati: “Grazie non è una
parola gentile da usare con gli estranei,
per essere educati. Bisogna sapersi dire
grazie, per andare avanti bene insieme
nella vita matrimoniale”. Scusa. “Nella
vita facciamo tanti errori, tanti sbagli. Li
facciamo tutti. Forse non c’è giorno in cui
non facciamo qualche sbaglio. La Bibbia
dice che il più giusto pecca sette volte
al giorno”. “In genere ciascuno di noi è
pronto ad accusare l’altro e a giustificare
se stesso, ma questo è cominciato dal
nostro padre Adamo”, la denuncia del
Papa: “è una storia vecchia, è un istinto
che sta all’origine di tanti disastri. Impariamo a riconoscere i nostri errori e
a chiedere scusa”. L’elenco è lungo e
dettagliato.
Chi sopporta di più?
“Sappiamo tutti che non esiste la
famiglia perfetta, e neppure il marito
perfetto, o la moglie perfetta. Non
parliamo della suocera perfetta!”. Con
i fidanzati Papa Francesco ha usato
toni realistici e anche scherzosi. “Non
finire mai una giornata senza chiedersi
perdono”, il suo consiglio, perché “se
impariamo a chiederci scusa e a perdonarci a vicenda, il matrimonio durerà,
andrà avanti”. “Quando vengono nelle
udienze o a messa a S. Marta gli sposi
che fanno il 50° – ha infine rivelato il
Papa quasi confidenzialmente - io faccio
la domanda: chi sopporta di più? Tutt’e
due, mi rispondono, e quella è una bella
testimonianza”.
sti legami, non avendo paura della
radicalità nel vivere la fede. Non si
tratta di tornare a forme passate
– ancorché viste con nostalgia da
alcuni – ma portare i destinatari
della pastorale giovanile a vivere
una vita ‘migliore’, quella ‘vita buona’ che ci indicano i nostri vescovi.
Dobbiamo mostrare loro il Vangelo
vissuto e, quindi, siamo chiamati a
essere innanzitutto testimoni. Al
Nord è molto sviluppata la formula
dell’oratorio, che però non va proposto per le strutture che ha e ciò
che fa, quanto piuttosto per lo stile
educativo. Questo stile accomuna
tutti coloro che hanno a cuore
l’educazione dei più giovani, sia
che lavorino in parrocchia o negli
oratori, sia nelle associazioni o nei
movimenti. L’importante è che ci
siano criteri evangelici ed ecclesiali”.
Convertire i preti
Per Francesco Donvitto, di Bari,
“è importante collaborare tra
le diverse anime della Pastorale
giovanile, uscire dal ‘provincialismo’ che ancora si vive a livello
parrocchiale o associativo. Ora, più
che un contesto dove ritrovarsi
tutti, la Pastorale giovanile rischia
di essere una proposta ulteriore a
fianco di tante altre. Il nostro luogo
di riferimento è la parrocchia: è qui
che la comunità cristiana cresce e,
al suo interno, vi deve essere pure
la cura per le giovani generazioni.
Ma dobbiamo ‘convertire’ i nostri
preti perché troppo spesso si tende
a lavorare nel proprio orticello”.
Vita
La
23 FEBBRAIO 2014
Uomini di Chiesa
e dello Stato
hanno riflettuto
sul nuovo concordato
che prese l’avvio
il 18 febbraio 1984
di Luigi Crimella
L
a famosa foto del cardinale Agostino
Casaroli seduto accanto a Bettino Craxi
e Arnaldo Forlani, intenti, il 18 febbraio
1984 nella sala d’onore di Villa Madama, a firmare l’atto di revisione del Concordato
del 1929, ha campeggiato sulle locandine del
convegno “A trent’anni dal Nuovo Concordato
1984-2014”, promosso a Roma dalla “Fondazione
Socialismo”. Un evento non puramente commemorativo. Anzi, a giudicare dalle personalità intervenute, un tributo a uno dei passaggi nei rapporti
Stato-Chiesa più felici e innovativi, con il quale
sono state pressoché definitivamente superate le
antiche diffidenze tra una parte e l’altra del “Tevere”, un secolo e mezzo dopo le dolorose vicende
risorgimentali. Così infatti si sono concordemente
espressi monsignor Piero Parolin segretario di Stato
vaticano, e monsignor Nunzio Galantino, segretario
generale della Cei per il versante ecclesiastico; e
sul versante istituzionale il presidente del Senato
Pietro Grasso, accanto a storici, giuristi, sociologi
quali Carlo Cardia, Cesare Mirabelli, Gianni Long,
Agostino Giovagnoli, Francesco Margiotta Broglio
e Gennaro Acquaviva. Un “parterre” di personalità
di primo piano di area cattolica, laica, socialista,
unite nella positiva considerazione che il nuovo
Concordato sia un fatto di grande rilievo, che non
solo è stato ed è tuttora valido per l’Italia, ma che
ha fatto da esempio per altri accordi analoghi da
parte vaticana, e da parte dello Stato italiano con
altre confessioni religiose.
Il valore esemplare
dell’accordo
Il segretario di Stato mons. Piero Parolin ha
messo in luce come questo accordo rappresenti
“un modo nuovo e amichevole di guardarsi tra
Stato e Chiesa per il bene comune del Paese”.
Dalle trattative che avevano portato a questo
traguardo - ha sottolineato - “la collaborazione
per il bene del Paese acquisiva un particolare
P
ossiamo prendere, come tema per
la nostra meditazione nella settima
domenica del tempo ordinario,
anno A, l’invito che Dio, attraverso
Mosè, fa al popolo d’Israele: “Siate santi, perché
io, il Signore, vostro Dio, sono santo” (prima
lettura, Lv 19, 1-2. 17-18).Tanto più perché lo
stesso tema ci viene riproposto nella lettura
evangelica (Mt 5, 38-48) dalle parole di Gesù:
“Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro
celeste».
Come presupposto, la seconda lettura (1 Cor 3,
16-23) ci ammonisce che la santità non è un
optional per il cristiano, ma un obbligo ineludibile derivante da un evento meraviglioso che
il Battesimo ha prodotto in noi: « Fratelli, non
sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito
di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio
di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il
tempio di Dio, che siete voi».
Sia Mosè (prima lettura) che Gesù precisano
il modo con cui si giunge a questa santità che
è sinonimo di perfezione e di somiglianza con
il Signore nostro Dio, o, nella dimensione neotestamentaria, con Padre nostro celeste. Nel
Levitico troviamo già pienamente delineata
una via che Gesù farà sua, non tanto per il
comportamento, quanto per l’universalità di
esso, limitato, per un israelita, ai soli connazionali, ovverosia ai “figli del tuo popolo”. Colpisce
l’identità nell’ordine di realizzazione della perfezione nell’insegnamento di Mosè e di Gesù.
Ambedue cominciano non dalla considerazione
delle azioni, ma dei sentimenti del cuore che
le generano: «Non coverai nel tuo cuore odio
n. 7
attualità ecclesiale
18 FEBBRAIO 1984/2014
5
“Nuovo” Concordato
Trent’anni portati
benissimo
significato per l’Italia non ancora uscita del tutto
da una vicenda terroristica che aveva visto pagare
un alto prezzo”, in termini di vittime, da parte di
“significativi esponenti anche del mondo cattolico”.
Ha poi rilevato come il Concordato abbia assunto
alcuni dei contenuti salienti della “Gaudium et
Spes”, “dove si afferma che la comunità politica
e la Chiesa sono indipendenti e autonome nei
rispettivi ordini” e sono anche “entrambe al servizio
della vocazione personale e sociale a vantaggio
di tutti”. Dopo avere chiaramente ricordato che
questo accordo “ha costituito un paradigma per
ulteriori accordi della Santa Sede con altre realtà”,
ha anche ribadito che esso ripropone uno dei
compiti della Chiesa che consiste nell’”educare i
fedeli al senso dello Stato e ad essere sottomessi
ad ogni autorità per amore del Signore”, cioè - ha
aggiunto - “per attuare il comando ‘Date a Cesare
quello che è di Cesare’”.
La valorizzazione
del ruolo della Cei
“Con l’Accordo concordatario del 1984 ha
preso avvio una nuova stagione di relazioni tra la
Repubblica italiana e la Santa Sede, che rispetto
alla tradizionale prassi concordataria porta a valorizzare il ruolo e il contributo della Conferenza
episcopale italiana, alla quale significativamente
viene riconosciuta la personalità giuridica ex lege”.
Questa la sottolineatura proposta dal segretario
generale della Cei, mons. Nunzio Galantino. Dopo
aver definito tali accordi “un ‘ponte’ per il concreto
dispiegarsi dei rapporti fra Stato e Chiesa”, mons.
Galantino ha messo in evidenza che, in tema di
organizzazione interna della comunità ecclesiale,
“il Concilio e il Codice affermano chiaramente
l’importanza del ruolo svolto dalle Conferenze
episcopali, riconoscendone il molteplice e fecondo
contributo affinché il senso di collegialità si realizzi concretamente”. Sul ruolo della Chiesa nello
Stato sociale, ha poi citato “ambiti decisivi” come
ad esempio “quello dell’educazione, della sanità,
dell’assistenza agli ultimi”, cui si collega la “materia
del sostentamento del clero” e “del valore sociale
delle molteplici attività svolte dai nostri sacerdoti”
oltre che della “utilizzazione delle risorse devolute
dai contribuenti mediante la scelta dell’8 per mille”.
La Parola e le parole
VII Domenica del Tempo Ordinario
anno a
Messale
contro il tuo fratello».
Non è, questo precetto, esattamente uguale a
quello di Gesù? Gesù, infatti, precisa: «Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi,
adultèri, impurità, furti, false testimonianze,
calunnie» (Mt 15, 19). E alla fine della parabola dei due servitori, il primo dei quali non
ha verso l’altro la compassione che il padrone,
in maniera infinitamente più grande, ha avuto
verso di lui: «Non dovevi anche tu aver pietà
del tuo compagno, così come io ho avuto pietà
di te?». Sdegnato, il padrone lo diede in mano
agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto
il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà
con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno
al proprio fratello» (Mt 18,33-35).
La santità che ciascuno di noi deve perseguire
è, quindi il risultato dell’impegno di imitare
quella di Dio. È senza dubbio consolante sentirselo dire da Gesù, perché significa che si tratta
di un traguardo raggiungibile.Tutto parte dalla
considerazione di ciò che Dio stesso ha rivelato
di sé, una specie di biglietto da visita che torna
per ben nove volte nell’antico testamento e
che sfata l’idea, abbastanza diffusa in passato e dura a morire, di un Dio iroso che non
aspetta altro che fulminare i poveri peccatori
appena hanno avuto la disgrazia di sbagliare.
Niente di più falso. Se passiamo in rassegna,
raffrontandoli, questi nove passi, troviamo come
caratteristica comune, senza eccezioni, è il
primo posto che fra gli attributi del Signore
occupano la misericordia, la pietà e la lentezza
nell’ira. Ed è questo, per nostra fortuna, il vero
aspetto di Dio, perché ci viene rivelato dalle
Sacre Scritture.
Cominciamo dal Salmo responsoriale (102
[103], 8-12): «Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa
la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia.
Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira
e grande nell’amore. Non ci tratta secondo i
nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre
colpe. Quanto dista l’oriente dall’occidente, così
egli allontana da noi le nostre colpe». Stesso
concetto in altri due Salmi: «Ma tu, Signore,
Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco
di amore e di fedeltà» (Salmo 86,15); «Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e
grande nell’amore» (Salmo 145,8) .
Nell’Esodo (34,6), quando Dio si rivela a Mosè:
«Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il
Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso,
lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà.
Nei Numeri (14,18), quando Mosè supplica
il Signore che perdoni il peccato del popolo
Una “novità” apprezzata
dal mondo politico
Anche il mondo della politica plaude, a distanza
di trent’anni, al nuovo Concordato. Così infatti si è
espresso il presidente del Senato Pietro Grasso, che
nel suo discorso è partito da un evento recente:
“Nella sua prima visita al Quirinale, il Santo Padre
Francesco ha ricordato con un richiamo particolare
il trentesimo anniversario dell’Accordo di Revisione
del Concordato, il cosiddetto ‘Nuovo Concordato’
- ha detto -. L’idea di ‘novità’ coglie un aspetto
rilevantissimo: l’intervento della Costituzione repubblicana, che all’art. 7 fa specifico riferimento
ai Patti lateranensi e al tempo stesso contiene fra
i valori fondamentali dell’ordinamento il principio
di eguaglianza, all’art. 3 e la libertà religiosa all’art.
8”. L’accordo di revisione - ha aggiunto il presidente
Grasso - indicava così una rinnovata strada comune,
lungo la quale “il riconoscimento della dimensione
sociale e pubblica del fatto religioso” si accompagnava con la “saldatura delle istanze più profonde
e dei legami più stretti tra pensieri, ispirazioni,
progetti per la stessa convivenza e cittadinanza
democratica”.
d’Israele che ha adorato il vitello d’oro: «Il Signore è lento all’ira e grande nell’amore, perdona la colpa e la ribellione, ma non lascia senza
punizione; castiga la colpa dei padri nei figli
fino alla terza e alla quarta generazione».
Nei libri di tre dei profeti, cioè Gioele, Giona e
Naum: «Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore,
pronto a ravvedersi riguardo al male» (Gioele
2,13); «So che tu sei un Dio misericordioso e
pietoso, lento all’ira, di grande amore e che ti
ravvedi riguardo al male minacciato» (Giona
4,2); «Il Signore è lento all’ira, ma grande nella
potenza e nulla lascia impunito» (Naum 1,3).
È consolante sapere che è questo che il Padre
celeste vuole che pensiamo di lui e dobbiamo
gioirne, ma dobbiamo ripeterci in continuazione
che chi vuole essere perfetto come lui deve
mettere al primo posto, nelle sue relazioni con
il prossimo, proprio queste sue caratteristiche,
cioè “misericordia, pietà e lentezza all’ira”. Possiamo, poi, essere certi che chi ama il prossimo
benefica se stesso, prima ancora del prossimo
oggetto del suo amore, semplicemente perché è
questa l’unica via attraverso la quale si diventa
sicuramente santi della santità stessa di cui è
santo Dio.
Quando abbiamo la volontà, umile ma decisa,
di accettare la sfida di questa perfezione, possiamo davvero cantare con l’Antifona d’Ingresso:
«Confido, Signore, nella tua misericordia, Gioisca
il mio cuore nella tua salvezza, canti al Signore
che mi ha beneficato» (Sal 12,6).
Don Umberto Pineschi
6
N
ei giorni 3 e 4 febbraio
2014 si è riunita all’Eremo di Lecceto (Firenze)
la Conferenza episcopale
toscana. I vescovi hanno manifestato
gioia e gratitudine al Santo Padre per
la nomina di monsignor Stefano Manetti, attuale rettore del seminario di
Firenze, a vescovo di MontepulcianoChiusi-Pienza: insieme al loro augurio
fraterno a monsignor Manetti, hanno
rivolto anche a tutte le diocesi
toscane l’invito ad accompagnarlo
con la preghiera in vista della sua
ordinazione episcopale e dell’inizio
del suo ministero.
I vescovi toscani hanno espresso
gratitudine al Papa anche per aver
ricordato, nell’angelus di domenica
2 febbraio, le popolazioni interessate
dai gravi danni provocati da alluvioni,
frane e inondazioni, che hanno colpito in maniera pesante pure alcune
zone della Toscana. A tale proposito,
La conferenza episcopale toscana
ha espresso particolare vicinanza
alle persone che vivono situazioni
di disagio e preoccupazione, nei confronti delle quali si sono già attivate
le caritas diocesane della regione. I
vescovi invitano a non far mancare
sostegno e solidarietà alle popolazioni colpite, mentre richiamano
l’importanza della cura preventiva
del territorio, che merita attenzione
e investimenti adeguati da parte di
chi ne ha responsabilità.
Il cardinale Giuseppe Betori, presidente della conferenza episcopale
toscana, ha riferito poi sui recenti
lavori del consiglio episcopale permanente della Cei, e in particolare
sulle modalità individuate per recepire l’invito a una collaborazione
più partecipativa rivolto dal Santo
Padre ai vescovi italiani nella scorsa
assemblea generale. I vescovi toscani
hanno accolto le indicazioni emerse
e si sono pienamente riconosciuti
La campana
dedicata ai
caduti di guerra
C’è una campana a Pistoia che
ha un particolare incarico. Ricordare
con i suoi rintocchi i caduti in guerra
pistoiesi.
Non sono in molti in città a
sapere, anzi a ricordare, della sua
esistenza e dove si trova. È appesa al
campanile della chiesa di S. Francesco
a Pistoia.
È stata inaugurata il 16 maggio
del 1957 dal vescovo di allora.
I frati di S. Francesco vollero
dedicarla a tutti i caduti pistoiesi,
facendo incidere sul bordo questo
scritto in latino:
“S. Michaeli Arc. ut a Deo qui pro
Patria mortem in terris oppetiverunt
vitam in caelesti Patria consequantur
impetret, pietas me dicatam voluit”
Che così si può tradurre:
“La devozione degli uomini ha
voluto dedicare a me, San Michele
Arcangelo, questa campana, affinché
io ottenga da Dio che coloro, che
nella vita terrena affrontarono la
morte per la Patria abbiano la vita
nella Patria celeste.”
Questa campana avrebbe dovuto
suonare sempre almeno nelle giornate dedicate al ricordo dei nostri
caduti e invece per tanti anni ha
cessato di cantare per la precarietà
del Campanile che la sorregge.
Solo di recente il parroco di San
Francesco, padre Dino, ha pensato
n. 7 23 FEBBRAIO 2014
CONFERENZA EPISCOPALE TOSCANA
Vita
La
Comunicato finale dei
lavori del 3-4 febbraio
nella linea espressa dal consiglio
permanente.
Durante i lavori è stata espressa
anche la piena adesione dell’episcopato toscano all’iniziativa della
Conferenza episcopale italiana a
favore della scuola pubblica, sia statale
che paritaria. Scuola statale e scuola
paritaria, è stato sottolineato, non
devono essere messe in contrapposizione e sono ambedue da sostenere
per una crescita educativa delle
nuove generazioni secondo principi
di libertà. I vescovi toscani hanno
quindi rivolto il loro invito a tutte le
persone coinvolte nel mondo della
scuola (docenti e dirigenti, personale
scolastico, studenti con le loro famiglie) a partecipare all’incontro con il
Santo Padre nel pomeriggio di sabato
10 maggio prossimo.
Parlando della scuola, è emersa
pure la preoccupazione per i tentativi
di introdurre il tema della «valorizzazione delle differenze di genere» nei
percorsi formativi dei docenti e degli
studenti, secondo modalità ispirate
alla cosiddetta teoria del «gender».
Il rischio è che, per motivi ideologici,
venga propagata nelle scuole una
concezione lontana da quella della
famiglia naturale, subordinando la
stessa identità sessuale biologica a
quella culturale, per di più soggettivamente determinata. I vescovi hanno
quindi rivendicato la dignità culturale
di una visione antropologica fondata
sulla differenza e complementarietà
tra i sessi.
La conferenza episcopale toscana
ha incontrato il responsabile e l’assistente della delegazione regionale di
azione cattolica per una verifica di
fine triennio, ribadendo l’importanza
della presenza di Ac nelle diocesi e
Il Papa con i vescovi toscani
Lettere in redazione
che fosse giusto risentirne il suono.
E allora ha dotato il campanile di una
apparecchiatura che facesse muovere il batacchio lasciando ferma la
campana. Il costo è stato elevato, ma
ne valeva la pena! Ora il ricordo dei
nostri caduti sarà più forte!
Un grazie ai frati della chiesa di
S. Francesco.
Giancarlo Brusoni
Amore dove
andiamo per
san Valentino?
Da Papa Francesco
Una cena per due?
Un weekend fuori città?
Un gioiellino di Tiffany?
No, quest’anno i fidanzati hanno
avuto un modo tutto speciale di
trascorrere la festa di san Valentino:
incontrando Papa Francesco per
l’Udienza loro riservata.
Erano in tanti, anzi tantissimi, oltre ogni immaginabile partecipazione:
oltre 20.000 hanno ascoltato il Papa
parlare del desiderio che questo
amore duri per sempre e sia benedetto da Dio. Tutti ragazzi normali,
di età e interessi diversi, accomunati
dalla volontà di vivere un “fidanzamento cristiano”, mirato quindi ad un
futuro matrimonio e caratterizzato
da alcune scelte importanti, scelte
non facili e, spesso, controcorrente,
che potrebbero sembrare quasi vintage e moralistiche. Eppure abbiamo
sentito parlare di scelte.
Scelte che rendono più forti e
che aiutano tantissimo a non vivere
egoisticamente il rapporto con l’altro,
per poi girare le spalle alla prima
difficoltà.
Scelte che insegnano a conoscersi, a dialogare, ad accettare i
difetti propri e altrui per crescere
l’uno al fianco dell’altro nonostante
le diversità.
Scelte che fanno capire la differenza tra essere fidanzati ed essere
già sposati, ricordando che il fidanzamento è una fase di scoperta del
progetto di Dio sulla vita, e una ricerca di dialogo ed apertura reciproca
anche se non sempre è facile farlo.
La cosa fondamentale da fidanzati è
parlare per conoscere l’altra persona.
È importante sapere cosa pensa chi ti
sta accanto, conoscere i suoi valori, le
sue idee. Spesso, i matrimoni finiscono così in fretta, perché le persone
non si conoscono e, nel litigio, nella
difficoltà, non sanno trovare il vero
perdono, perché spesso per risolvere
un litigio si va a letto anziché parlare.
Scelte che spingono a rinunciare a
qualcosa, anche a sé stessi, per l’altro,
per dimostrare il vero amore che
rende la coppia salda e felice. E’ la
strada che porta al sincero desiderio
di sposarsi. La Chiesa, in diversi modi
e persone, è chiamata ad accompagnare i fidanzati nelle loro scelte,
facendoli contare sulla vicinanza dello
Spirito, quando si accorgono che le
loro forze non sono sufficienti. E’
lo Spirito che non si manifesta solo
nei pellegrinaggi o nelle Gmg, ma è
sempre presente nella vita, anche
quando, magari, si prende insieme un
aperitivo al bar, e col cuore in mano
si sente di amarsi e di non desiderare
nessun altro.
Scelte di sposarsi dopo aver vissuto un fidanzamento cristiano, che
significa vivere un fidanzamento in
cui ci si conosce per capire se quella
persona è veramente la persona
pensata da Dio; significa vivere da
fidanzati, appunto, e non da sposati
un periodo che serve a comprendersi
e ad esprimersi nella naturalezza e
nella verità.
Scelte che portano a saper aspettare per irrobustire il legame, non
facendo finte ‘prove’ di matrimonio,
ma attendendo quello ‘vero’ in cui
Dio suggella l’unione di un uomo e
una donna.
Sembrano pensieri fuori dal
quotidiano, ma sono pensieri di
coppie che, a dispetto dell’odierno
nelle parrocchie, soprattutto al fine
della formazione di un laicato cattolico maturo e consapevole. I vescovi
hanno anche invitato l’Azione cattolica a orientarsi decisamente verso
una prospettiva missionaria, valorizzando anche i movimenti di ambiente
e procedendo ad una semplificazione
delle strutture associative.
Durante l’incontro, l’arcivescovo
di Siena monsignor Buoncristiani,
delegato per la Via Francigena, ha
introdotto questo argomento. Si è
convenuto sulla importanza della
Via Francigena come percorso spirituale, sottolineando la necessità di
una maggiore attenzione su questo
punto da parte delle amministrazioni
pubbliche. Una collaborazione in ordine all’ adeguamento delle strutture
sia di culto che di accoglienza che si
trovano lungo il tragitto, potrebbe
contribuire a salvaguardare la natura
di questa antica via di pellegrinaggio.
Alla scadenza del quinquennio,
la conferenza episcopale toscana ha
infine proceduto, come da statuto,
all’elezione, del suo presidente, vice
presidente e segretario, confermando in tali cariche per altri cinque
anni, rispettivamente, l’arcivescovo di
Firenze cardinale Giuseppe Betori, il
vescovo di Pistoia Mansueto Bianchi
e il vescovo di San Miniato Fausto
Tardelli. Restano in carica ancora
per un anno gli altri due componenti
della presidenza, il vescovo di Fiesole
Mario Meini e il vescovo ausiliare di
Firenze Claudio Maniago.
tourbillon di precariato, incertezze,
crisi economica e di valori, ma anche
attacchi alla famiglia, divorzi-lampo,
convivenze, unioni civili, matrimoni
“a tempo determinato” e via dicendo, sentono ancora così viva la
voglia di formare una famiglia. Evidentemente, più della solita trafila di
raccomandazioni propinata da amici
e parenti (“Aspettate, siete ‘piccoli’,
godetevi la vita, pensate alla carriera,
costruitevi una sicurezza economica...”), è risuonata forte la voce di
Papa Francesco quando ha detto:
“Cari giovani, non abbiate paura di
fare passi definitivi nella vita.Abbiate
fiducia, il Signore non vi lascia soli!”.
Piero e Paola
Una canzone
per l’Expò
Caro direttore,
una nuova canzone per Milano
in occasione dell’esposizione universale Milano 2015? La proposta è
datata, risale al 1987 a conclusione
della prima rassegna di canzoni e
musica moderna dai paesi europei,
a Milano presso la grande fiera
d’aprile.
Nel 2011, e recentemente,
l’ideazione di un concorso internazionale per dare a Milano una
nuova canzone è stata riproposta
in più sedi con la collaborazione di
un’associazione di volontariato.
b.p.Barni
Pistoia
Sette
N.
7 23 FEBBRAIO 2014
CENTRO CULTURALE “J. MARITAIN”
È
FONDO
FAMIGLIA-LAVORO
Inchiesta su Maria
uscito da qualche
mese, terzo di una
fortunata serie, il
libro “Inchiesta su
Maria”, in cui Corrado Augias,
giornalista lontano da qualsiasi
fede religiosa, si propone di
sviscerare questioni storiche
e teologiche riguardanti la
figura della madre di Gesù,
spesso delicatissime, nella
forma del dialogo con Marco
Vannini, grande studioso di
mistica.
Ne risulta un’indagine
ricchissima di notizie, informazioni e riflessioni stimolanti, forse sconvolgenti per
le impostazioni più tradizionali
e devozionali: tuttavia, ad un
Augias che si avvicina alla
storia del culto mariano con
il piccone demolitore e un po’
superficiale della mentalità
illuministica, Vannini risponde con rispetto profondo e
amore per la figura di Maria
e quello che essa ha suscitato
nei secoli.
Vannini affronta i temi della verginità di Maria, della sua
assunzione in cielo, della vicinanza di questa figura ai miti
pagani della Grande Madre,
finanche delle apparizioni e
delle visioni mariane da un’interessante e per certi versi
sorprendente prospettiva, che
non ignora certo l’indagine
esegetica e storico-scientifica,
L’incontro-dibattito si terrà
venerdì 28 febbraio 2014 alle 21
presso il seminario vescovile, via
Puccini 36.
Introdurrà Marco Vannini, autore
del libro omonimo, e Lucetta Scaraffia dell’Università La Sapienza
di Roma
I
di Beatrice Iacopini
ma offre sempre al lettore diversi livelli di lettura, evitando
così la superficialità con cui
Augias – e con lui il normale
senso comune – liquiderebbe la faccenda. Per esempio,
tenendo in considerazione
anche le scoperte della psicologia del profondo, Vannini
fa notare come la costruzione
della figura della Madonna non
sia semplicemente il frutto di
una mentalità prescientifica
ormai superata, ma qualcosa
che è capace di far luce nel
profondo della nostra anima:
“la presenza benevola di Maria nel profondo della psiche
accompagna dall’inconscio
verso le regioni superiori,
verso il cielo”.
A livello spirituale, poi, i
dogmi mariani della verginità
e della maternità divina sono
letti come archetipi di ciò a
cui ogni uomo è chiamato:
all’umiltà e alla rinuncia totale di sé (la verginità) perché
nel vuoto del distacco dalla
propria egoica volontà possa
nascere lo Spirito (maternità
divina). «Vergine è l’anima che
ha rinunciato all’amore di sé,
ed è in essa che nasce immediatamente il divino, perciò la
verginità è, insieme, feconda».
Teresa di Lisieux alludeva a
questo scrivendo “Maria è
una di noi”.
Lucetta Scaraffia è professore associato di Storia
Contemporanea all’Università
La Sapienza di Roma. Studiosa
di storia delle donne e di
storia religiosa, ha dedicato
lavori a Santa Rita da Cascia, Santa Teresa d’Avila e a
Santa Francesca Cabrini; ha
pubblicato una ricerca sul
Sostenute
184 famiglie
santuario di Loreto e la costruzione dell’identità italiana
e un articolo sul santuario
de La Salette. Collabora con
Avvenire, Corriere della Sera,
Osservatore Romano.
Marco Vannini si dedica
da sempre allo studio della
mistica: il suo contributo
indubbiamente più grande è
stata la traduzione dell’intera
opera di Meister Eckhart; ha
curato, tra l’altro, le edizioni
del Pellegrino Cherubico di
Silesio e dello Specchio delle
anime semplici di Margherita
Porete ed ha diretto la collana “I Mistici” di Mondadori,
pubblicando così una trentina
di autori di ogni epoca. Ha
scritto, tra l’altro, una Storia
della mistica occidentale, che
va – come recita il sottotitolo – dall’Iliade a Simone Weil.
l fondo famiglia-lavoro, voluto fortemente dal vescovo
di Pistoia mons. Mansueto Bianchi, ad oggi ha sostenuto 184 famiglie e sono stati complessivamente erogati
410 mila euro.
Il progetto è stato portato avanti alla Caritas, dalla pastorale sociale e del lavoro, Misericordia e Acli.
Il fondo è stato
alimentato da varie
realtà come la Fondazione Caripit, con
un finanziamento nel
corso del 2013 pari
a 100 mila euro, dai
Fondi Cei otto per
mille, da privati e parrocchie.
Tra queste, la Caritas evidenzia in particolare la parrocchia di Santomato.
All’interno del suo percorso comunitario, la parrocchia
ha infatti costituito un gruppo caritas, dove volontari e volontarie creano dai materiali di scarto oggetti per la casa o
bomboniere.
Attraverso questo servizio sono stati raccolti più di otto
mila euro, devoluti al fondo famiglia-lavoro.
“Una bella esperienza di chiesa, scrive la Caritas diocesana, per questo intendiamo ringraziare tutta la comunità parrocchiale di santomato per il sostegno alle attività caritative
della Diocesi”.
Recentemente, la vita della comunità di Santomato è
stata colpita dalla morte di Chiara Bertocci, una donna che
attraverso la sua vita e il suo vivere la sofferenza, ha dato testimonianza di fede.
Per il suo funerale sono stati raccolti mille euro, devoluti
poi al fondo famiglia-lavoro.
M.N.
Associazione Amici di Lourdes 26 febbraio-3 marzo 2014
C
Esercizi spirituali
con padre Saverio Zampa
ome ogni anno
l’associazione
“Amici di Lourdes” promuove
un corso di esercizi spirituali,
che quest’anno si svolgerà dal
26 febbraio al 3 marzo e che
sarà guidato da padre Saverio
Zampa, già responsabile del
servizio giovani del Santuario
di Lourdes e ancora oggi impegnato a tenere incontri per
la formazione dei volontari
che si recano a Lourdes.
A spiegare il significato del
tema pastorale di questo appuntamento,“Lourdes, la gioia
della conversione”, è il responsabile dell’associazione, il
diacono Luciano Bani, insieme
al diacono Marco Baldi.
“Ad ogni pellegrino - afferma - Maria detta, come a
Bernadette, il proprio cammino di conversione. Tornare
da pellegrino a Lourdes e non
aver fatto nostro il proposito
di conversione per cercare di
metterlo in pratica è tradire
quello che Maria si aspetta
da noi. La conversione è gioia dell’incontro e promessa
di felicità, la conversione è
preghiera e solidarietà nella
dipendenza filiale alla grazia: è una pratica coraggiosa
per strapparsi da ciò che
disorienta la nostra vita. Il
culmine del pellegrinaggio è
la conversione”.
Ma quale aspetto del mes-
saggio di Lourdes si può proporre oggi ai giovani?
“Il messaggio di Lourdes
– spiega padre Zampa - lo
propongo sempre nella totalità. Ci sono delle cose che
sottolineo ai giovani e una
prima cosa è questa: si viene
a Lourdes per lasciarci guidare da Maria e molte volte
non si sa quello che accade.
Bernadette non sapeva quello
che sarebbe accaduto alla
grotta, però bisogna stare
lì alla grotta. Invito tutti a
farlo e lasciarci guardare da
Maria. Seconda cosa è fare un
cammino spirituale a Lourdes
come quello di Bernadette,
perché lei si è preparata alla
prima comunione durante
il periodo delle apparizioni. Un cammino che possa
portare all’incontro con Dio.
Altro aspetto fondamentale
del messaggio di Lourdes è
il segno dell’acqua, lavarsi,
bere, l’acqua alla sorgente.
Per i giovani può significare
talvolta accettare se stessi,
accettare la propria storia,
così come è andata perché è
un passo per costruire il futuro. E poi,ancora, un aspetto
che mi sembra importante è
l’esperienza di chiesa.
Non prendiamo i giovani
a parte, tirandoli fuori dalla
folla di Lourdes, bisogna immergerli nella folla di Lourdes
perchè scoprano anche che
quella folla è la chiesa.
Molte volte mi dicono al
di là delle frasi fatte: ‘io ho
ritrovato la mia fede’.
Un’altra risposta che danno è molto concreta e non a
parole, infatti si mettono al
servizio degli altri”.
Quello che si aspettano
i giovani dall’esperienza di
Lourdes, secondo padre Saverio Zampa, è l’autenticità.
Mentre dai giovani, Lourdes
attende ‘Cuore e braccia’:
“C’è bisogno di volontari
tuttavia, pensare solo questo
significherebbe strumentalizzarli, ma c’è dell’altro, metterci il cuore non solo fare ma
sopratutto essere al servizio
degli altri”.
Daniela Raspollini
In Cattedrale
Vespro
d'organo
con Wladimir
Matesic
Musiche di Johann Pachelbel, Keith
Chapman, Gaston Litaize, Claude
Balbastre, Flor Peeters e Comelis
De Wolf eseguite all'organo Costamagna (1969) della Cattedrale di
Pistoia da Wladimir Matesic, domenica 2 marzo alle 17, per il Vespro
d'organo promosso dall'Accademia
«Giuseppe Gherarderschi». Matesic, che dal 2009 è membro del
consiglio direttivo dell'Associazione
«Gherardeschi» di Pistoia, nel 2010
è stato nominato dal Capitolo di S.
Pietro organista co-titolare della
Cattedrale di Bologna. È docente di
organo e composizione organistica
al Conservatorio «Tartini» di Trieste
ed è direttore artistico della rassegna internazionale di musica sacra
«Voci e organi dell'Appennino».
8
comunità ecclesiale
Vita
La
n. 7 23 FEBBRAIO 2014
PITEGLIO
In ricordo di
Le esequie
don Giuseppe
di don Giuseppe Vignozzi:
A
il “vecchio rondone”
ha chiuso le ali
bbiamo voluto leggere tutto il testamento spirituale
di don Giuseppe perché queste ci sono sembrate
le parole più giuste per dire quello che lui è stato
in questi suoi 75 anni di sacerdozio.
Con la lucidità, l’intelligenza e la franchezza che lo hanno
sempre caratterizzato ha perfettamente delineato la figura
del sacerdote: un uomo che, pur con i suoi limiti e le sue
fragilità, è portatore di un grande mistero. È colui che solo è
capace, attraverso le sue mani, di far discendere Dio in un po’
di pane e di vino per donarlo agli altri; è colui che, con la sua
parola, può far rivivere le parole di Gesù e renderle attuali;
è ancora colui che, con un gesto e una frase “io ti assolvo
I
l giorno 15 febbraio
2014, alle 7,30 è deceduto nella sua abitazione di Piteglio il pievano
don Giuseppe Vignozzi.
La notizia ha destato, in tutto
il paese e nella vicinanze,
unanime rimpianto. Il vecchio
rondone ha chiuso le ali. Don
Giuseppe si firmava così con
il nome del volatile sul bollettino voci amiche organo di
informazione che, con grande
Monsignor Giuseppe
Vignozzi, canonico
onorario della Cattedrale, nato a Vitolini
il 26 settembre 1914,
ordinato sacerdote
il 29 giugno 1939, fu
nominato cappellano
a San Marcello Pistoiese dal 18 luglio
1939 al 23 settembre
1940. Fu nominato
parroco di Piteglio il
23 settembre 1940.
È morto il 15 febbraio 2014. Riposa nel
cimitero parrocchiale.
capacità, ha diretto per oltre
cinquanta anni. Il sacerdote in
questo 2014 era entrato in
cento anni di età di cui settantacinque al servizio della
chiesa e di questa comunità
montana. Orfano di guerra,
fu ordinato sacerdote nel
1939 dal vescovo di Pistoia
Giuseppe Debernardi. Dopo
l’ordinanza sacerdotale fu
inviato a san Marcello nella
veste di cappellano, nel ‘40
MOVIMENTO APOSTOLICO CIECHI
Giornate della
condivisione
Testimoni del Vangelo per una cultura
I
dell’incontro
l Movimento apostolico ciechi ha organizzato a Roma
dal 28 al 30 marzo 2014 le Giornate della Condivisione.
In questa occasione è prevista un’udienza con Papa
Francesco.
Venerdì 28 marzo
Nel pomeriggio arrivi e sistemazione nell’albergo
ore 19: sala delle conferenze dell’Hotel; saluto ai partecipanti
da parte del presidente nazionale del Mac e dei dirigenti locali;
momento di preghiera; presentazione del Tema “Testimoni del
Vangelo per una cultura dell’incontro”;
ore 20,30: cena, serata libera.
Sabato 29 marzo
ore 7,30:colazione; ore 8,30: partenza con il pullman; ore 9:
raduno in piazza San Pietro: a gruppi: breve itinerario guidato
tra arte e spiritualità nella basilica e professione di fede presso
la tomba di San Pietro
ore 11: momento di preghiera e professione di fede - Aula Paolo
VI; ore 12: Udienza del Santo Padre Francesco - Aula Paolo VI
ore 13,30: pranzo; ore 16: partenza con il pullman dall’albergo
ore 16,30: raduno nella Basilica dei SS. Ambrogio e Carlo al
centro di Roma, per una proposta di musica e testimonianze
da parte del gruppo “70 volte 7” e riflessione sul tema del
vescovo di settore monsignor Matteo Zuppi. A seguire breve
passeggiata nel centro città; ore 19: partenza con il pullman e
rientro all’Hotel; ore 20: cena. Dalle 21,30 alle 22,30 Musica e
canti internazionali.
Domenica 30 marzo
ore 7,30: colazione; ore 8,30: partenza con i pullman dall’Hotel
per la piazza di Santa Maria Maggiore; ore 9,30: preghiera e
breve presentazione della Basilica di Santa Maria Maggiore;
ore 10: Messa presieduta da cardinal Santos Abril y Castello’;
ore 11,30: partenza per rientro con i pullman all’albergo per il
pranzo, passando dalla stazione Termini per far scendere coloro
che partono immediatamente con il treno; ore 12,30: pranzo;
ore 14: partenza per la stazione ferroviaria di Roma Termini.
ebbe la nomina delle chiese
di Piteglio e Prataccio, degli
oratori della pieve vecchia
(chiesa Matildica) e Migliorini.
Il sacerdote fu anche animatore del cinema parrocchiale di
Piteglio, professore di scuola
media dove insegnò ai ragazzi
per un ventennio la religione.
Il momento clou della sua
vita sacerdotale lo ebbe nel
luglio del 1999 quando potè
celebrare, in occasione di
festeggiamenti ad anziani
sacerdoti, la Messa a CastelGandolfo con papa Giovanni
Paolo II. Fu canonico onorario
della cattedrale di San Zeno di
Pistoia e nel 2008 cappellano
di sua santità Benedetto XVI.
Addio don Giuseppe! I suoi
parrocchiani lo ricorderanno
così: basco in testa, la sciarpa
e una borsa nera dalla quale
uscirono sempre lezioni di
bontà e nella quale entrò
ben poco, e quando vi entrò
fu per il bene di tutti. Umile
e povero si congeda dalla vita
rimanendo lo stesso mentre
tutte le sue cose da oggi in
poi saranno per i giovani che
verranno perché il suo cuore
continuerà a battere con loro.
Lunedì 17 febbraio si sono
svolti i funerali. Erano presenti
oltre 25 sacerdoti. Ha ufficiato la cerimonia Mansueto
Bianchi, vescovo di Pistoia. Era
presente il vicario generale
don Paolo Palazzi e il comune
di Piteglio era rappresentato
dal Sindaco Claudio Gaggini.
I resti mortali di don
Vignozzi erano esposti in
chiesa e alla salma hanno reso
omaggio in devoto raccoglimento centinaia di persone
fra i quali anziani professori
che insegnarono con lui alle
scuole medie.
Giorgio Ducceschi
Da oltre un anno
don Vignozzi era
tornato ad abitare
la canonica, dopo i
lavori di restauro dei
locali e della copertura, per la quale la
Fondazione Cassa di
Risparmio di Pistoia
e Pescia aveva assegnato un cospicuo
contributo.
dai tuoi peccati”, è capace di ristabilire l’alleanza tra Dio e
l’uomo e di far circolare nuovamente, in quest’ultimo, la grazia
e l’amore del Padre celeste.
Don Giuseppe è sempre stato consapevole di questo suo
ruolo, ma non per questo si è inorgoglito. Ha sempre vissuto
in umiltà, gioendo se veniva compreso, soffrendo se non era
capito. La sua porta era sempre aperta a chiunque avesse
bisogno e non ha mai voluto sapere se chi chiedeva aiuto lo
faceva per necessità o per furbizia.
Il suo esempio era il santo curato di Ars e ad esso ha sempre
cercato di assomigliare anche se la sua personalità, molto
forte, a volte prendeva il sopravvento.
Certo lascerà un segno in questa parrocchia che ha vissuto
sotto le sue ali per moltissimi anni e che negli ultimi tempi ha
visto tanti cambiamenti e altri ancora ne vedrà.
La vita va avanti, al sacerdote che lo sostituirà e soprattutto
a noi laici il compito di raccogliere la sua eredità per non
disperdere i semi di bene che ha profuso tra noi.
Spetta a tutti noi fedeli delle comunità di Piteglio e Prataccio
essere attivi e partecipi alla realizzazione di quel regno di Dio,
già presente, in germe, sulla terra e che ora don Giuseppe
gode in pienezza per l’eternità.
Arrivederci, don Giuseppe. Non ti diciamo addio, ma a rivederci da Dio.
I parrocchiani
POPIGLIO
La scomparsa
di Ennio Vannacci
Noto industriale cartario, da sempre impegnato nel sociale, ha ricoperto numerosi
e importanti incarichi nelle istituzioni e associazioni del volontariato ed ecclesiali.
Per lunghi anni presidente del Circolo Mcl e vicepresidente della Misericordia
L’
intera montagna piange
la scomparsa di Ennio
Vannacci nato a Piteglio 87
anni fa.
Uomo di comprovate e indiscusse
capacità managerlali, impegnato nella
società civile e sociale, ha lasciato veramente un grande vuoto.
Fin da giovane impegnato nel settore cartotecnico lucchese, ha dato
prova della sua vocazione manageriale,
dando occupazione a decine e decine
di famiglie. Contemporaneamente nel
suo paese, Popiglio, e nel suo comune
ha ricoperto numerosi ed importanti
incarichi a livello sociale, culturale e di
volontartato.
Per tanti anni ha ricoperto l’incarico
di presidente del circolo Mcl, che insieme ad altri amici ha voluto che acquistasse sempre più un ruolo sociale ed
economico del paese: sono recenti le
innovazioni dello stesso che lo rendono
competitivo e all’altezza dei tempi.
Impegnato nella parrocchia, ha
sempre collaborato con i vari parroci,
dando il suo modesto ma necessario
contributo.Vicepresidente per lunghi
anni della locale Misericordia si è battuto perché questa fosse punto di riferimento e di aggregazione non venendo
mai meno agli impegni che si assumeva...
insomma non vi erano iniziative socialiculturali e religiose di cui lui non fosse
parte integrante.
Roberto Fini
Vita
La
23 FEBBRAIO 2014
comunità ecclesiale
n. 7
LAMPORECCHIO
9
L’antica pieve di Santo Stefano
e l’attuale grande chiesa monumentale
L
a mia nonna, Palmira Girali, nata
nel 1866, sposata
con mio nonno
Desiderio Desideri nato a
Lamporecchio nel 1864, mi
portava fin da bambino alla
messa, di mattina, al vespro
nel pomeriggio e tutte le domeniche o quasi fino alla sua
morte nel 1954.
E mi raccontava sempre
com’era la vecchia chiesa
demolita per far posto all’attuale.
L’antica Pieve di Santo
Stefano a Lamporecchio
fu costruita nel 1400 e si
presentava ad un’unica aula
con abside e portico sulla
facciata con 6 colonne che si
trovano murate nel palazzo
all’inizio di via Ventura Vitoni
n. 5 dove attualmente si
trova la ferramenta Bruni; si
vedono bene anche ora se si
osserva bene perché affiorano dai muri.
Nell’abside dell’antica
pieve si ergeva l’altare maggiore in legno dorato con un
tabernacolo grandioso. Suddetto altare è ora collocato
nella compagnia dove si svolge l’adorazione eucaristica,
inoltre erano presenti altri
4 altari laterali dedicati uno
alla Madonna, uno al Crocifisso, uno a Santo Stefano
l’altro, a sinistra dell’entrata,
era l’altare dei Della Robbia.
La mia nonna e le sue
coetanee mi raccontavano
che presso l’attuale altare
del Crocifisso c’era il cosiddetto “limbo” ovvero una
fossa comune coperta da
una lapide dove venivano
messi i bambini morti. A tal
proposito mia nonna mi raccontava un episodio un po’
macabro accaduto negli anni
‘90 del 1800 quando, in occasione di un funerale fatto
ad una bambina morte di peste, vide aprire questa botola
e gettare la piccola vestita di
bianco con una ghirlandina
di fiori in testa dentro al
“limbo” e tutti i presenti
sconvolti perché videro la
bimba riaffiorare dall’acqua
tutta sporca.
Tornando alla descrizione dell’antica Pieve, mia
nonna raccontava che erano
presenti affreschi in vari punti: nella navata e nell’abside
e che all’interno ci potevano
entrare fino a 500 o più persone ma che per la popolazione in crescita era piccola
a suo parere.
All’inizio della chiesa
vicino all’acquasantiera di
destra, entrando nella nuova
chiesa c’era la lastra tombale
di una suora, zia di Silvio Tesi,
nonno di Giorgio Tesi, ma ce
n’erano tante altre dentro e
fuori sotto il loggiato.
Dell’antica Pieve non so
dirvi altro, quindi passo a descrivere la nuova chiesa.
La sua prima pietra fu
posata nell’anno 1900 dopo
la demolizione della Pieve e
per le funzioni domenicali e
feriali rimase il locale della
compagnia e il campanile
sotto di lato sinistro era
rimasto il fonte battesimale,
ingrandito e abbellito da don
Sabatino Ferrali quando era
proposto di Lamporecchio.
I materiali in parte ve-
nivano raccolti dai ragazzi e
dalla popolazione nei torrenti dopo la Messa.
Mio padre, dopo il catechismo, raccontava lui,
facevano i fioretti come tutti
i ragazzi della sua età e andavano a raccogliere sassi e
pietre mentre i mattoni venivano prodotti nella Fornace
di Mastromarco con stampi
rotondi fatti per le colonne e
la cupola. E i lavori andavano
avanti bene ma pochissimi
anni prima dell’inaugurazione
la cupola finita crollò a causa
di un terremoto; i 4 pilastri
che la sorreggevano erano
troppo deboli e così anche 4
archi erano deboli per reggere tamburo e cupola.
L’architetto Bernardini di
Pescia che aveva realizzato i
progetti dovette aggiungere
12 colonne e 6 controarchi
grandiosi.
Fu terminata nel 1920 e
fu inaugurata e benedetta dal
vescovo di Pistoia.
La chiesa fu poi abbellita
nel 1942 quando il proposto
Sabatino Ferrali fece terminare la facciata. Nel 1948
per il congresso eucaristico
zonale, fu abbellito anche
l’interno con aggiunta di tutti
finestroni con vetri colorati
che rappresentavano santi e
capitelli furono resi in stile
barocco e aggiunte 4 nicchie
per San Giuseppe a sinistra
entrando, Santa Teresa del
Bambin Gesù a destra, nel
transetto di sinistra per San
Francesco d’Assisi e a destra
a Santa Rita da Cascia. Inoltre sopra a ciascuna nicchia
furono appesi grandi quadri,
AZIONE CATTOLICA
Due appuntamenti
I
l 23 febbraio 2014
l’azione cattolica organizza un incontro di
formazione per tutti
gli educatori di azione cattolica, ma anche per catetichisti e coloro che si impegnano nel settore educativo. A
guidare l’incontro sarà don
Dino Pirri, assistente nazionale di azione cattolica settore ragazzi, che, attraverso
una letio sul brano “La parabola del banchetto nuziale”
Mt 22,1-14, aiuterà i partecipanti a riflettere sul mandato educativo che la chiesa
e l’azione cattolica ci invia.
Attraverso questo incontro
l’azione cattolica non vuole
soltanto offrire un momento
formativo, ma intende accompagnare ogni educatore
ad una scelta consapevale e
ad un impegno cocretamente educativo e di sostegno a
tutti i ragazzi e loro famiglie;
soprattutto in un periodo
storico dove la famiglia si
trova costretta ad avvalersi
anche dell’associazionismo
per poter accompagnare i
propri figli verso un’autentica
fede cristiana. L’incontro avrà
sede presso la parrocchia di
Vicofaro, grazie al sostegno e
all’ospitalità di don Massimo
Biancalani.
Per informazioni e prenotazioni per il pranzo (5 €):
Andrea 338 6730700
Giulia 338 2415255
Alice 335 7004402
Matteo 333 5014159
Veronica 340 7509967
Il 2 marzo 2014 si svolgerà l’assemblea diocesana di
azione cattolica. Come ogni
triennio le cariche, di cui la
presidenza, devono essere
rinnovate, pertanto durante
la giornata verranno chiamati alle urne i presidenti
e i responsabili parrocchiali
per il rinnovo di ogni consiglio. L’assemblea diviene
un momento importante
in senso associativo perchè
vede la fine di un mandato e
la rinascita e il rinnovamento
per un altro triennio. È il
momento in cui si fanno i
bilanci, si cerca di capire ciò
che è andato e ciò che è da
aggiustare.
Questa amplia riflessione verrà stimolata durante
l’intera mattina con gli
interventi del presidente
diocesano, Carla Alati Tilli
rappresentante della delegazione regionale e del professor Trionfini, vicepresidente
Nazionale. È attesa anche la
partecipazione del vescovo,
monsignor Mansueto Bianchi.
L’intera giornata con pranzo
incluso verrà svolta a Villa
Rospigliosi.
Valentina Raimondo
donati dalla famiglia Rospigliosi, altri 2 quadri furono
appesi poi nel coro, uno sopra la porta della sacrestia e
l’altro di fronte, quest’ultimo
del famoso pittore cinquecentesco Giovanni Bilivert.
Purtroppo fu ripreso dalle Belle Arti di Firenze con
la promessa che avrebbero
fornito una copia che però
non è mai arrivata.
Sulla controfacciata fu
installatol’organo della vecchia chiesa e nel 1948 fu
posto nel coro dietro l’altare
maggiore.
Dal 1948 la chiesa non
presenta nessun cambiamento.
Ciò che ho raccontato e
che risale a prima del 1950
è stato visto e “fotografato”
da occhi di persone semplici,
senza una cultura specifica,
perché come ben sappiamo nell’800 e agli inizi del
‘900 solo i signori potevano
studiare, tutto il resto delle
persone lavorava i campi,
solo i più fortunati, figli di
contadini, potevano arrivare
ad una terza elementare.
Ho voluto raccontare
questa breve storia di Lamporecchio, perché come avveniva una volta, non si perdano in futuro i racconti dei
nostri avi, dei nostri nonni.
Un grazie speciale va a
mia nonna Palmira, ai miei
zii e al mio babbo Giulio che
hanno tramandato a me queste conoscenze e mi hanno
dato così l’opportunità e di
tramandare alle future generazioni.
Desiderio Desideri
Appuntamenti
Parrocchia
di Santomato
Le donne
nella
chiesa
Mercoledì 26 febbraio, alle
21, nella chiesa parrocchiale
di Santomato, Serena Noceti teologa e ricercatrice
parlerà su:
“Le donne nella chiesa: la
parola in-audita”
In considerazione dell’argomento e dell’alto profilo
della studiosa la comunità
di Santomato invita le realtà
ecclesiali diocesane a partecipare all’incontro.
Cittadinanza
attiva
Prossimi
incontri
Nella vita di una città le relazioni umane si intersecano
con le vicende istituzionali.
Riteniamo sia importante
in questo tempo, discutere
insieme sulla qualità della
democrazia, il senso delle
responsabilità civili, le ragioni
di un impegno per la buona
politica della Casa comune.
Il comitato Cittadinanza attiva, con il patrocinio gratuito
del Comune di Quarrata
organizza alcuni incontri
pubblici che si svolgeranno
come semplici conversazioni.
Tutti gli appuntamenti ini-
zieranno alle ore 21,15 nei
locali gentilmente concessi
Pensare
la democrazia…
Giovedì 27 febbraio 2014
presso il parco Verde Olmi
Cosa intendiamo per democrazia? Quali sono i suoi
presupposti? Sono domande
di una riflessione che, a
partire dalla seconda metà
dell’Ottocento, ha visto la
realizzazione di determinati
sistemi politici e specifiche
esperienze di governo.
…e la politica
Giovedì 27 marzo presso il
circolo M.C.L. di Valenzatico
Dopo le tragedie umanitarie
dei conflitti bellici, il pensiero politico del Novecento
è stato caratterizzato dalla
ricerca di un metodo democratico, l’anelito di libertà ed
il riconoscimento della dignità di ogni persona.
Economia,
lavoro e società
Martedì 22 aprile presso il
circolo Mcl “La Tranquillona”
di Ferruccia
Conoscere lo sviluppo
dell’economia e dello stato
sociale nel nostro Paese permette di valutare gli orientamenti di politica del lavoro
ed i suoi effetti nella società
per una migliore qualità della
vita.
Partecipazione
Giovedì 29 maggio presso la
Casa del Popolo di Quarrata
Osservando il percorso
della democrazia italiana dal
secondo dopoguerra e dopo
la Costituzione, il ruolo di
Partiti, Sindacati e le difficoltà delle riforme, quali sono
le ipotetiche prospettive del
sistema politico odierno?
Info: [email protected] tel. 360
537752.
Nel cuore
dei giorni
La presentazione del libro
di Mazzolari Della fede a
cura di Mariangela Maraviglia
avvenuta il 15 febbraio nel
corso della trasmissione
“Nel cuore dei giorni”, è
reperibile al link seguente:
https://www.youtube.com/
watch?v=hkDxG7AGqbo.
Don Puglisi:
il vangelo
contro
la mafia
Il Comune di Quarrata, la
Casa della Solidarietà-Rete
Radiè Resch di Quarrata
organizzano per venerdì 21
febbraio alle 21presso il palazzo comunale di Quarrata
la presentazione del libro:
“Don Puglisi: il Vangelo contro la Mafia”. Parteciperanno:
Mario Lancisi, autore del
libro; Davide Mattielo, Libera
Piemonte e deputato del Pd.
V
10 comunità e territorio
La ita
n. 7 23 FEBBRAIO 2014
MISERICORDIA DI PISTOIA
ALLUVIONI
Messa in sicurezza
idraulica della piana
pistoiese
C
Il presidente
della Toscana,
Enrico Rossi,
annuncia
interventi a breve
per diversi milioni
di Patrizio Ceccarelli
«
I cittadini hanno ragione di essere arrabbiati
perché qui il fiume ha
allagato quattro volte
negli ultimi mesi». Così
il presidente della Toscana Enrico
Rossi, incontrando i cittadini e i
comitati a Ferruccia, nel comune
di Quarrata (Pistoia) sul ponte che
attraversa l’Ombrone. A proposito
degli interventi per il fiume, Rossi ha
annunciato che la Regione destinerà
8 milioni per interventi finalizzati
alla riduzione del rischio idraulico.
«Noi abbiamo riattivato i cantieri
dormienti delle opere necessarie
e già finanziate - ha spiegato il governatore -, alla Querciola infatti i
lavori sono ripresi e entro l’estate
inizieranno quelli per la realizzazione
della cassa di espansione dei laghi
Primavera a Pistoia, ma la Regione, da
sola, non può fare tutto.Abbiamo subito un taglio alla nostra capacità di
spesa del 25%, passando da 2,5 a 1,6
miliardi di euro, ma nonostante que-
Cure ed esami
gratis per
gli indigenti
sto anche nel 2014 destineremo 50
milioni di euro alla difesa del suolo e
altri 8 in particolare alla riduzione del
rischio idraulico lungo l’Ombrone».
Tra i lavori che verranno effettuati
figurano interventi per 1,5 milioni
di euro per la riduzione del rischio
idraulico lungo l’asta dell’Ombrone,
i cui progetti devono essere ultimati
entro aprile e i lavori dovranno iniziare entro il prossimo mese di giugno.
Stessa tempistica anche per la messa
in sicurezza del torrente Calice fino
alla confluenza con l’Agna, un intervento da 1 milione di euro. Oltre
800.000 euro sono invece destinati
a finanziare lavori lungo la Brana, in
varie località dei comuni di Pistoia
e Agliana in seguito ai danni subiti
nell’alluvione del 20 e 21 ottobre
scorsi. Un milione di euro è destinato
invece alla realizzazione della cassa
di espansione sul torrente Stella a
Pontassio nel comune di Quarrata.
Il progetto dovrà essere realizzato
entro giugno e i lavori dovrebbero
partire entro la fine di settembre.
Infine all’intervento sull’Ombrone
tra le località Ferruccia e Caserana
sono destinati 1,248 milioni di euro
con progetti redatti entro la metà di
giugno e l’inizio dei lavori entro il 20
ottobre prossimo. «A noi serviranno
altri 4 o 5 anni di interventi costanti
- ha concluso Rossi - ma il Governo
deve metterci almeno altrettante
risorse di quelle stanziate ogni anno
dalla Regione. Con 50 milioni della
Regione e altri 50 da Roma, sarebbero 100 milioni di investimenti che
nel giro di alcuni anni alzerebbero
in modo significativo il livello di
sicurezza. Non escludo di invitare i
cittadini della Toscana a sostenere
e sottoscrivere una petizione per
chiedere al Governo un impegno di
questo genere, perché non possiamo
affogare per Maastricht».
on una crisi economica
sempre più atroce e che,
simile ad una piovra, ha
invaso con i suoi tentacoli tutti gli aspetti della vita sociale,
sono cresciute le persone in gravi
difficoltà economiche. Addirittura
rinunciano a curarsi, anteponendo
l’alimentazione, lo studio dei figli e
il pagamento dell’affitto o della bolletta della luce, dell’acqua e del gas.
Sostenere la spesa del ticket per un
esame o una visita medica che varia
dagli 80 ai 150 euro può costringere
una persona a rinunciarvi. Si evita di
andare dal medico proprio per paura
che gli vengano prescritte medicine e
visite troppo costose. Così facendo,
si corre il rischio di aggravare la propria condizione di salute. Prendendo
atto di questa drammatica situazione
la Misericordia e la Fondazione Cassa
di risparmio di Pistoia e Pescia hanno
deciso di mettere a disposizione
80mila euro (40mila ciascuna) per
permettere a persone in difficoltà
economiche di accedere alle cure, in
tempi brevi e senza dover presentare
l’Isee. La lodevole iniziativa porta il
nome di ‘Solidarietà e salute’. Sarà
il medico di famiglia a valutare se
un paziente potrà o meno usufruire
dell’accesso gratuito. Oggi i medici,
attraverso il sistema informatico della
Regione, possono verificare il reddito
dei propri pazienti, compilare un
apposito modulo, scaricabile anche
da internet, dopo di che il paziente
potrà avere la prestazione di cui ha
bisogno presso il Poliambulatorio
della Misericordia che dispone di un
ampio ventaglio di offerte. Gli stessi
medici hanno aderito all’iniziativa
con grande disponibilità e spirito di
solidarietà. Si calcola che potranno
essere soddisfatte dalle 4 alle 5mila
prestazioni l’anno.
L’iniziativa è stata presentata
la scorsa settimana presso la sede
della Misericordia, presenti il neo
presidente Sergio Fedi, il direttore
Roberto Fratoni, il medici Beppino Montalti ed Egisto Bagnoni in
rappresentanza della federazione e
dell’ordine dei medici, Giulio Masotti
per la Fondazione Caript e Marcello
Suppressa per la Caritas diocesana.
Tutti hanno sottolineato l’importanza
dell’iniziativa, che si propone nell’aiutare queste persone in difficoltà
anche di mantenere la dignità delle
persone che richiedono la prestazione. E’ stato anche sottolineato come
questa iniziativa sia innovativa e unica
nel suo genere in Italia. Come è stato
rilevato che la classe politica fa poco
o nulla in campo sanitario per aiutare
le persone in difficoltà economiche.
Molti discorsi e pochi fatti.
Enzo Cabella
CENTRALE 118
«A Pistoia solo
i trasporti non urgenti»
Lo ha detto il presidente Rossi in un incontro a Quarrata
suscitando molti malcontenti
P
istoia può concorrere
ad assicurarsi la presenza della centrale che si
occuperà dei trasporti
ordinari e sociali. Lo ha detto il presidente della Toscana Enrico Rossi, a
Quarrata, parlando della questione
del 118, dopo aver illustrato la scelta regionale in favore di due centrali
per ciascuna delle tre aree vaste,
«fatta per favorire le organizzazioni
del volontariato».
Quanto ai servizi in emergenza,
il governatore ha aggiunto che dovranno essere gestiti da personale
interno al Servizio sanitario regionale, sia infermieristico che medico.
«Sono convinto - ha detto Rossi - che attraverso una discussione
serena riusciremo a comporre an-
che la vicenda della localizzazione».
Pistoia però si aspettava di più,
ossia la sede di una delle centrali
operative di area vasta. Una scelta
quella annunciata da Rossi, che già
suscita i primi malcontenti, come
quello dell’onorevole Caterina Bini,
sempre in prima linea sulla questione 118, che si è limitata a definire
«sbagliata e sconcertante» la decisione annunciata da Rossi.
«Se questi orientamenti saranno confermati – afferma il consigliere regionale pistoiese Gianfranco
Venturi -, avremo modo di confrontarli in Consiglio, sede che credo
non possa solo limitarsi a ratificare
scelte già assunte, sia in merito alla
questione del riordino del servizio
118, sia più in generale sul Piano
Sociale e Sanitario». «Comunque
sia – aggiunge Venturi -, ricordo che
al riguardo è già presentata una
mozione in consiglio con firma di
sei consiglieri di maggioranza, tra
i quali lo stesso presidente della
competente commissione, che credo a questo punto sia interesse di
tutti discutere al più presto».
A Quarrata Rossi è intervenuto
a Villa La Magia per un’iniziativa sul
welfare. Parlando ai rappresentanti
delle organizzazioni del volontariato ha detto: «Dobbiamo dedicare
maggiore attenzione nei confronti
dei nuovi poveri. La Regione ha già
deciso, con il microcredito e con
il prestito sociale, di intervenire in
loro favore».
P.C.
Torna il Mercatac
Migliaia di studenti mobilitati per la
raccolta fondi da destinare all’oncologia interventistica
dell’ospedale San Jacopo
A
distanza di tre anni dalla sua ultima edizione torna in piazza Duomo a
Pistoia il Mercatac, il mercatino realizzato dal Comitato autonomo lotta
contro i tumori di Pistoia, con l’obiettivo di raccogliere fondi per donare
strumentazioni all’oncologia interventistica dell’ospedale San Jacopo di
Pistoia: un settore specialistico che accomuna competenze radiologiche, chirurgiche,
oncologiche per la diagnosi e la terapia mininvasiva dei tumori. L’iniziativa si svolgerà
sabato 17 maggio, dalle 16 alle 23 in piazza Duomo, ma i preparativi sono già
iniziatiti. Quest’anno la manifestazione è giunta alla diciottesima edizione, ed ha per
titolo “Se vuoi un amico dona l’amicizia”. Fino ad oggi hanno aderito 286 classi delle
scuole di Pistoia, Montale, Agliana e Quarrata per un totale di 5.000 studenti. Ogni
classe o scuola che aderisce all’iniziativa dovrà allestire una bancarella in piazza
Duomo nella quale potrà esporre prodotti di ogni tipo (anche oggetti usati purché
in buone condizioni). Il ricavato della vendita degli oggetti e altro sarà devoluto per
l’acquisto di dispositivi per la cura dei tumori. Per le scuole che ne faranno richiesta
al Calcit, sarà possibile devolvere fino al 30% del ricavato della giornata ad un
progetto della scuola che sia coerente con la tematica proposta dal Mercatac.
Gli interessati a partecipare a questa gara di solidarietà potranno contattare gli
organizzatori chiamando il numero 339-7609848, email [email protected].
Vita
La
n. 7
BRIGATA DEL LEONCINO
L’incanto colorato
di Aladino Sforzi
I
mpalpabili come sogni e al
contempo materici come
affreschi, evocazioni scaturite
tanto dalla fantasia, quanto
dall’anima autentica e contadina della
natia Spazzavento: questo, in estrema
sintesi, il mistero così incantato e
rarefatto – e allo stesso tempo tanto
pulsante di vita e di colore – della
pittura schietta e sincera di Aladino
Sforzi, artista pistoiese recentemente scomparso, ricordato e amato per
il temperamento cordiale e riservato,
buono e rispettoso verso tutti.
Rimasto finora ai margini della
critica artistica ufficiale, proprio per
la sua natura discreta e gentile, Aladino Sforzi merita, dunque, in pieno
il riconoscimento che gli amici della
Brigata del Leoncino – Domenico
Asmone e Siliano Simoncini fra tutti
– hanno voluto tributargli con la mostra “Impalpabile incanto”, inaugurata
sabato 15 febbraio nella Galleria di
Via degli Scalzi: solo il primo di una
serie di passi che l’associazione ha in
progetto di compiere per giungere
alla catalogazione completa dell’immensa produzione del pittore.
Una carriera lunga e prolifica,
quella di Sforzi (“Ci ha lasciato la
casa piena di opere, per fortuna
abbiamo tanto spazio”, ci ha raccontato scherzando, non senza un filo di
commozione, la moglie Anna; mentre
Giuseppe Gavazzi ne ha ricordato le
I
visite al proprio studio la domenica
mattina, interrotte solo pochi anni fa),
che ha visto l’artista, nato inizialmente come decoratore, passare prima
dal pennello e dalla pittura figurativa,
all’uso della spatola ed al graffito, per
poi tornare infine di nuovo ai colori
ad olio, pur nella metamorfosi, a quel
punto pienamente compiuta, dei
soggetti ritratti: non più il realismo
paesaggistico iniziale, quanto ormai
– per dirla con le parole di Siliano
Simoncini, curatore della mostra e
del catalogo – “un cosmo rarefatto”,
fuori dal tempo e dallo spazio.
Ecco dunque in mostra alla
Galleria, condensato in un breve
excursus che dalla fine degli anni
Cinquanta arriva fino al Duemila,
tutto il percorso artistico di Aladino
Sforzi: dalle primissime “Nevicate”,
così come dalle “Case coloniche” e
dai “Paesaggi”, fino ai classici temi del
“Profilo di Pistoia” e delle “Figure”
di arcaica memoria. Tradizione e
territorio, dunque, ma anche sogno
e fantasia.
“Ad Aladino piaceva sognare
della linea già esistente con terminale
Montemurlo. Il nuovo collegamento
è stato progettato e messo in atto
per rendere possibile una maggiore
interazione fra trasporto ferroviario
e trasporto su gomma, nonchè per
consentire ai cittadini di Montale,
in particolare lavoratori e studenti
pendolari diretti a Pistoia e a Firenze,
di raggiungere la stazione più agevolmente, senza dover per forza ricorrere alle auto per gli spostamenti. Le
corse, infatti, sono state modulate
in maniera tale da integrarsi con gli
orari dei treni in arrivo e in partenza
da e per Pistoia e Firenze, acquisendo
non una frequenza oraria ma
un orario cadenzato, con frequenze
maggiori negli orari di punta. Come
ha dichiarato Lucio Avvanzo, assessore all’urbanistica del Comune
di Montale, «con l’inaugurazione
di questo nuovo servizio, peraltro
atteso da molto tempo, crediamo di
essere riusciti a compiere un passo
in avanti nella mobilità montalese,
rendendo il sistema infrastrutturale
di Montale maggiormente integrato
non solo con il territorio comuale,
ma anche con i centri urbani e le
zone produttive limitrofe».
Andrea Capecchi
AGLIANA
Contro i furbi dei rifiuti
L’
intervista pubblicata sul catalogo
edito nel 2009 dal Comune di Pistoia,
interverrà sull’arte di Aladino Sforzi.
L’appuntamento successivo, infine, è
con la prossima mostra della Brigata
del Leoncino: a farla da protagonista
sarà, questa volta, l’arte di Sergio
Beragnoli.
Silvia Mauro
Arriva il test di
conoscenza della
lingua italiana
per i cittadini
stranieri
Al via il nuovo servizio
navetta
Collegamenti rapidi e frequenti con le aree limitrofe
partito in settimana il
nuovo servizio di mobilità
pubblica per i cittadini
con l’apertura del collegamento tra il centro di Montale,
Montemurlo, la stazione ferroviaria di
Montale-Agliana e la zona industriale
di Oste tramite autobus navetta. Un
servizio di trasporto pubblico integrato voluto dall’amministrazione
comunale di Montale e reso possibile
grazie alla collaborazione e l’impegno
della Provincia di Prato, del Comune
di Montemurlo e dell’Azienda Cap di
Prato, che ha consentito l’estensione
e la prosecuzione verso Montale
e, grazie alle sue opere, anche noi
possiamo farlo con lui”, ha concluso
Siliano Simoncini durante la presentazione.
La mostra è visitabile dal pubblico
il mercoledì, il venerdì e il sabato,
dalle 16 alle 19.30. In occasione
della giornata di chiusura, il 9 marzo, Maurizio Tuci, autore della bella
11
PREFETTURA DI PISTOIA
MONTALE-MONTEMURLO-AGLIANA
È
comunità e territorio
23 FEBBRAIO 2014
Amministrazione comunale aglianese ha
messo la Polizia Municipale in condizione
di controllare più efficacemente il territorio
con strumenti di videosorveglianza per contrastare il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti.
Dall’inizio di questa attività già si registrano i primi risultati positivi. Alcune zone, fra le più esposte a questa
pratica incivile, sono state messe sotto osservazione ed
il bilancio è stato complessivamente di 25 accertamenti
con l’elevazione di multe per quasi 4.000 euro. Fra i casi
accertati due hanno rilevanza penale e il Comando di
Polizia Municipale sta completando l’attività di indagine.
“Il rispetto da parte di tutti noi delle regole della raccolta differenziata e la salvaguardia del decoro urbano
- afferma il sindaco di Agliana Eleanna Ciampolini – sono
due questioni importanti spesso fra lo loro connesse. Il
nostro obiettivo è debellare il fenomeno dell’abbandono
dei rifiuti definitivamente e credo abbiamo imboccato la
strada giusta. I risultati della raccolta “porta a porta” sono
più che lusinghieri per il nostro Comune e ci devono far
sentire tutti orgogliosi, questo è un motivo in più per
considerare insopportabile che, a fronte del comportamento corretto di tanti cittadini, alcuni siano insensibili
alle regole condivise ed al decoro del territorio. Ciò
oltretutto comporta per la collettività il costo aggiuntivo
della raccolta dei rifiuti abbandonati per strada e quelli
della pulizia del luogo”.
M. B.
n arrivo un test per la conoscenza della lingua italiana. E’ questa, in
sintesi, la novità delle ultime settimane per coloro che richiederanno
il permesso di soggiorno per un periodo un po’ più lungo.
La Prefettura di Pistoia informa tramite una nota dell’ufficio stampa
che con la circolare n 716 del 03 febbraio 2014, il Ministero dell’Interno
ha comunicato che sono state apportate importanti novità alla procedura
di svolgimento del test.
“Con le modifiche entrate in vigore lo scorso 11 febbraio – si legge infatti
nel comunicato – è stata resa obbligatoria la compilazione del campo
indirizzo di posta elettronica ordinaria nel modulo di prenotazione on
line; pertanto il cittadino straniero dovrà prestare la massima attenzione
nell’indicare l’indirizzo di posta elettronica ordinaria ovvero anche quello
di posta elettronica certificata ove in possesso al fine di poter ricevere la
convocazione per lo svolgimento del test sulla lingua italiana.”
Per quanto riguarda invece la prenotazione del test il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha fissato alcuni limiti; per quanto riguarda
l’assenza ingiustificata l’interessato potrà inoltrare una nuova richiesta solo
dopo 90 giorni che decorreranno dalla data iniziale in cui avrebbe dovuto
svolgersi il test; l’assenza ingiustificata sarà accettata solamente per motivi
di salute certificati dal medico di base o da quello dell’Asl e il cui certificato
dovrà essere prodotto alla Commissione incaricata dello svolgimento del
test presso il Centro Territoriale Permanente; soltanto prima della data
fissata per l’effettuazione del test l’interessato potrà chiedere alla Prefettura lo spostamento in caso di impedimento infine nell’ipotesi di mancato
superamento del test non potrà essere richiesta una nuova prenotazione
se non dopo 90 giorni; questo perché si permetta al cittadino straniero in
questo lasso di tempo di accrescere il proprio livello di conoscenza della
nostra lingua.
Ricordiamo infine che in caso di assenza ingiustificata o di test non superato, i cittadini stranieri che avevano già presentato domanda per ottenere
il permesso per soggiornanti di lungo periodo riceveranno una sorta di
provvedimento di diniego per mancanza do conoscenza della lingua italiana.
Edoardo Baroncelli
PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE
Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633
- [email protected] - [email protected]
SEDE PISTOIA
Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected]
FILIALI
CHIAZZANO
Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]
PISTOIA
Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]
MONTALE
Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]
MONTEMURLO
Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]
SPAZZAVENTO
Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]
LA COLONNA
Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]
PRATO
Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]
S. AGOSTINO
Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]
CAMPI BISENZIO
Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]
BOTTEGONE
Via Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]
12
I
comunità e territorio
l Comune di Pistoia progetta
una piscina olimpionica nella
zona sud della città, ma si era
parlato addirittura di una cittadella dell’acqua già qualche anno fa.
L’associazione Nuotatori Pistoiesi, infatti, per voce del suo
presidente Giancarlo Lotti, aveva
proposto di donare all’ente locale
un nuovo impianto di nuoto, la questione era poi rimasta in sospeso diventando annosa. La necessità di una
piscina olimpionica, raccontava allora
alla stampa locale Lotti, era emersa
originariamente nel lontano 1969,
quando fu deliberata la costruzione
di una struttura includente una piscina all’aperto con corsie da 50 metri
ed una al chiuso con corsie da 25 m.,
il progetto però, già definito e finanziato, poi scomparve dalle intenzioni
dell’amministrazione comunale. Il
sodalizio incontrò l’allora sindaco
Lido Scarpetti consegnandogli una
petizione in merito firmata da 1.228
cittadini pistoiesi, sportivi e non, forti
anche dei suoi 600 soci. Durante il
primo mandato del sindaco Renzo
Berti l’associazione maturò l’intenzione di realizzare l’impianto da
sola, consegnando poi la proprietà al
Comune e mantenendo la gestione
per pagare i costi di costruzione.
La possibilità era data dal fatto
che nel 2004 l’ente locale aveva
destinato la zona di Vicofaro ad area
sportiva, prendendo poi contatti con
la Federazione Italiana Nuoto (Fin) la
Nuotatori Pistoiesi scopriva che per
tale operazione poteva accendere
un mutuo con il Credito Sportivo.
Da qui i contatti con l’amministrazione comunale affinché concedesse
il terreno ma nacquero problemi:
nella destinazione d’uso dell’area
era prevista anche l’edificazione di
un bocciodromo del valore di un
n. 7 23 FEBBRAIO 2014
Vita
La
Notizie dalla Montagna
L’odissea della
piscina olimpionica
P
a sud di Pistoia
di Giorgio Ducceschi
di Leonardo Soldati
miliardo di vecchie lire e la ristrutturazione di 2.200 metri quadrati di
fabbricati, con restauro conservativo
della fornace e destinazione d’uso
stabilita dal Comune.
I Nuotatori Pistoiesi chiesero
quindi di dividere i due interventi,
con un project financing a parte per
la ristrutturazione dei fabbricati e
la costruzione del bocciodromo,
la richiesta pareva accettata e la
relativa variante sembrava in via
di predisposizione. Nel 2006 però
veniva emesso il project financing in
cui i due lavori rimanevano uniti ed a
febbraio 2008 il bando andò deserto, a dimostrazione che non c’era
interesse a realizzare due opere
così diverse. Il Comune continuava
a dichiarare l’intenzione di realizzare
la piscina, i Nuotatori incontrarono
quindi l’assessore comunale allo
Sport Mario Tuci nel suo ufficio, il
giorno dopo la scadenza del bando,
presentando la proposta di variare
le modalità di realizzazione dell’impianto, visto anche nel frattempo era
cambiata la legge sul project financing non prevedendo più il diritto
di prelazione, cosicché una società
sportiva non poteva competere con
aziende strutturate per tali opere. I
Nuotatori volevano costruire una
vasca al chiuso con 8 corsie da 25
metri più una vasca di servizio da 10
metri per sedici con le tribune e le
infrastrutture necessarie, come bar,
palestra, sala massaggi ecc., mentre
all’aperto una vasca da 8 o 10 corsie
da 50 m. più una vasca per i bambini,
un parco verde ed un solarium. Una
sorta di cittadella dell’acqua, avvalendosi di tecnici specializzati della Fin.
Sembrava che il Comune, mostratosi
favorevole dicevano i promotori
alla stampa, avesse preso l’impegno
di dare una risposta entro marzo
2008, poi ufficialmente non arrivata
o non nei tempi previsti. Dopodiché
ai Nuotatori, rapportatisi di nuovo
con Palazzo di Giano, veniva detto
che i tecnici comunali ritenevano la
proposta irrealizzabile. L’associazione, almeno a quel tempo, si allenava
nell’impianto al Boario, all’interno
di una scuola, ritenuto obsoleto e
poco disponibile visto che almeno
allora vi si tenevano molti eventi e
le elezioni.
Tuci al riguardo dichiarava che
il Comune credeva nel progetto
ma che non disponeva delle risorse
proprie per realizzarlo, inoltre dalla
relazione tecnica della struttura
comunale risultava che l’opera, sul
modello di quella costruita a Roma
dall’allora sindaco Walter Veltroni,
non era realizzabile in città per la
diversità dei regolamenti comunali.
Come finirà? Vedremo finalmente
una piscina olimpionica nella zona
sud di Pistoia?
runetta nuovo crossodromo
Anno nuovo vita nuova anche per il crossodromo “La pineta” di Prunetta
che in questi giorni subirà dei lavori di ammodernamento: sarà migliorato
l’impianto antipolvere e il cancelletto di partenza sarà ampliato. Una delle
novità principali sarà quella che i centauri questo anno gireranno in senso
orario anzichè in senso antiorario come negli anni precedenti. Lungo il
tracciato, su disposizione della Fim (Federazione italiana motociclismo),
verranno diminuiti cunette e salti però i dossi avranno sempre una spettacolarità eccezionale. L’impianto è gestito dal patron Renzo Gualtieri che
sarà coadiuvato dal figlio Antonio, in passato campione di motocross.
Questo campo di gara si snoda in mezzo alla vegetazione ed è lungo 1800
m. Su questo anello girarono con Gualtieri i campioni del mondo Rinaldi,
Maddii e i fratelli Bartolini, noti corridori pistoiesi.
Oggi la pista serve per allenamenti collettivi e nell’arco dell’anno molti
corridori vengano a Prunetta per preparare gare nazionali e mondiali.
Presto la pista avrà il collaudo annuale della Federazione italiana motociclismo, dopo questo esame i giovani potranno salire a mille metri di Prunetta per dare sfogo alle loro velleità motoristiche.
Le Piastre - Sagra della polenta dolce
Domenica 23 febbraio dalle 14 in piazza della Chiesa delle Piastre, Pro
Loco e associazione Sport e Cultura, riscoprono la sagra della polenta
dolce.
All’interno dell’iniziativa si svolge questo anno per la prima volta il festival
dal titolo “Il naso in maschera”. È una manifestazione che può interessare
tutte quelle persone che ritengono di avere un naso “importante”.
L’idea è stata del presidente onorario della Pro Loco delle Piastre Giancarlo Corsini, fautore di tante altre importanti iniziate del luogo.
Spetterà ad una giuria selezionare le persone più “qualificate” suddividendole nelle categorie di bambini e adulti.
Nell’occasione della sagra saranno mestati molti kg di farina dolce.
L’iniziativa si perde nella notte dei tempi e risale al 1768; in quel periodo
il Granduca Leopoldo di Toscana era salito al passo montano in occasione
dell’inaugurazione del tratto di strada leopoldina Pistoia-Abetone. Il nobile
fiorentino pernottò alle Piastre in casa di Francesco Begliomini. Al mattino
gli fu offerto per colazione questo cibo: lo trovò gustoso e stabilì che fosse distribuito a tutto il suo seguito. I Piastresi, in ricordo del fatto, decisero
di offrire ogni anno, l’ultima domenica di Carnevale, la polenta a tutti i
partecipanti alla festa.
Gli organizzatori danno appuntamento qui sui monti che guardano Pistoia
per gustare “il pane di legno” annaffiato con vino di scoglio.
spor t pistoiese
SCHERMA
Agliana tra le più forti
d’Italia
L
o sport meno ricco – non minore, per carità,
che di cultura sportiva è più ricco – porta il
nome di Pistoia a giro per l’Italia, l’Europa, il
Mondo. Succede con il nuoto, ma pure con
la scherma. Sta collezionando risultati su risultati il
Club Scherma Agliana guidato dal maestro Agostino
Sanacore, ben coadiuvato dall’istruttrice Mabel Biagiotti.
La società della Piana pistoiese, infatti, sta vedendo i
propri schermidori conquistare sempre maggiori platee.
Lorenzo Francella e Matilde Biagiotti (nella foto con
Sanacore), ad esempio, hanno ottenuto la medaglia
di bronzo ai recenti Campionati Italiani under 20 di
fioretto. Al Pala Barnes di Udine i due erano giunti con
buone credenziali, visti i podi sui quali erano saliti Lorenzo nella prima prova e Matilde nella seconda. Biagiotti,
inoltre, arrivava in Friuli da campionessa italiana uscente della categoria cadette e forte del terzo
posto tra i giovani, suo anche l’anno passato, mentre Francella era reduce da una brillante quinta
posizione ottenuta in Coppa del Mondo, a Terrassa (Barcellona). La notevole tecnica di Biagiotti ha
potuto poco o niente contro la fisicità di Erica Cipressa, che si è aggiudicata l’assalto ed è andata ad
ammantarsi del tricolore. In semifinale, invece, Francella si è imbattuto nel leader della classifica di
Coppa del Mondo, Francesco Ingargiola: nonostante una buona partenza, si è arreso 15-12, aprendo
la strada per il titolo all’avversario. Buone notizie anche da un altro portacolori aglianese, Alessandro
Valori Ventura, classe ’98, che a Parigi, alla rinomata “Marathon de Fleuret”, si è classificato 5° su
221 partecipanti di ogni parte del mondo. La squadra under 12, inoltre, si è imposta nel Campionato Italiano, mentre quella under 14 ha preso un argento. Gli under 12, Maschietti/Giovanissimi, di
fioretto anni 2002 e 2003 si sono presentati con Giulio Lombardi,Yuri Kavaia,Tommaso Martini ed
Edoardo Pisaneschi, precedendo con merito altre 47 équipe; gli under 14, Ragazzi/Allievi, di fioretto
anni 2000 e 2001 hanno schierato Edoardo Chiti, Oliver Genovesi,Tommaso Lombardi e Duccio
Pileggi. A tutti loro elogi meritatissimi.
Gianluca Barni
Calcio - Basket
Tempi Supplementari
L
di Enzo Cabella
a Pistoiese ha dato l’ennesima dimostrazione della sua forza, della sua
superiorità su qualsiasi altra squadra
del campionato. A Scandicci, contro
una squadra in forma e che nelle ultime dodici
partite aveva perso una sola volta, gli arancioni
hanno dominato e dato spettacolo nel secondo
tempo dopo aver frantumato le ultime resistenze della formazione fiorentina. La squadra
ha incamerato 54 punti in 23 partite, ha vinto
16 volte, pareggiato 6 e perso una sola volta.
Con i tre gol segnati allo Scandicci è arrivata a
quota 58, secondo attacco di tutta la serie D.
Bravi i giocatori e bravissimo l’allenatore che in
estate li ha scelti costruendo un gruppo coeso,
nel quale tutti _ dai titolari alle riserve, dai più
esperti ai giovani _ si sono sentiti responsabilizzati nel progetto di puntare all’obiettivo massimo, la promozione in serie C. Pistoiese grandi
numeri, dunque. E i numeri testimoniano più
di qualsiasi discorso la forza della squadra,
costantemente protesa a segnare almeno un
gol in più dell’avversario, tenace e solida nel
respingere le insidie che gli avversari hanno
sempre e comunque portato pur di battere
la capolista per ottenere, oltre ai tre punti, un
risultato di prestigio. La corsa irresistibile della
squadra arancione ha permesso di mettere tra
essa e le immediate inseguitrici dei distacchi
molto rilevanti: otto punti sul Foligno, nove sulla
Pianese, dieci sull’Arezzo. E’ presto per cantare
vittoria in quanto mancano ancora ben undici
partite da giocare, ma è indubbio che se la
Pistoiese continuerà a giocare come ha fatto
finora, se il suo rendimento non conoscerà
flessioni, il risultato finale non può che esserle
favorevole.
Il Pistoia Basket ha fatto sognare i suoi tifosi
per 35 minuti, durante i quali è rimasta incollata alla super potenza dell’Armani Milano e
addirittura ad andare in vantaggio (65-55) nel
terzo periodo, aprendo i cuori alla speranza
di poter vincere. Negli ultimi minuti di gara,
invece, il caso fisico della squadra di Moretti,
il talento degli avversari, il roster ampio e di
assoluta qualità dell’Armani hanno rovesciato
il risultato. Pistoia, comunque, è uscita a testa
alta dal difficile confronto, Moretti e i suoi le
hanno provate di tutte per fare l’Impresa ma
non ci sono riusciti, ma meritano un caloroso
applauso e lasciando ancora una volta la
convinzione che la matricola pistoiese merita
di far parte dell’élite del basket nazionale.
I cinque americani che indossano la maglia
biancorossa hanno una volta di più dimostrato
di avere qualità tecniche e agonistiche di primo
piano.Wanamaker, Gibson,Washington (anche
se nella circostanza ha reso meno del previsto),
Daniel e Johnson non sono più delle meteore ma superbe realtà del nostro panorama
cestistico, non sfigurando al cospetto di tanti
celebrati campioni.
Vita
La
23 FEBBRAIO 2014
13
POLITICA
La cultura
dello scarto
Ascoltate il sussurro
del vostro popolo
di Paolo Bustaffa
Non è garantito il rispetto delle esigenze
delle persone disabili, quando come tutti
i cittadini, devono spostarsi, muoversi,
viaggiare anche con i mezzi pubblici:
l’Unione europea richiama l’Italia e chiede risposte entro due mesi. La notizia,
arrivata in questi giorni da Bruxelles, è
nelle pagine interne dei quotidiani. Una
collocazione che non esprime particolare attenzione per una realtà umana
e sociale le cui dimensioni sono sotto
gli occhi di tutti. Nulla di nuovo anche
perché in questi ultimi tempi le tirate
di orecchie da parte dell’Ue al nostro
Paese sono frequenti e assomigliano un
po’ a quelle della maestra severa nei
confronti di alunni monelli. Sono richiami
che per alcuni hanno il sapore dell’ingerenza e così le risposte, nonostante ne
siano fissate le scadenze, rischiano di
essere messe in lista d’attesa in nome
di una crisi che impone altre priorità.
Difficile muovere obiezioni sul piano
economico, o meglio contabile, tuttavia
l’ammonimento Ue di questi giorni che
si aggiunge a quelli sulle carceri e sulle
immigrazioni, pone qualche interrogativo
a un Paese che ha sempre testimoniato
ed “esportato” in tutto il mondo una
grande sensibilità umana. Su un’altra
crisi, più profonda di quella economica, si
è dunque chiamati a riflettere. I richiami
Ue negli ambiti della emarginazione e
della vulnerabilità, anche quando riguardano aspetti particolari come quello del
trasporto pubblico delle persone disabili,
possono essere intesi come un bussare
alla coscienza di un popolo. Coloro che
vivono in specifiche situazioni difficili non
sono in attesa di trattamenti di favore.
Neppure contrappongono le proprie
esigenze a emergenze drammatiche
quali sono i giovani senza lavoro e le
famiglie esposte al rischio della povertà.
Pongono domande di civiltà, di giustizia,
di solidarietà. Si può anche discutere, in
una sede più titolata, se l’Ue abbia o non
abbia autorità per avanzare certi richiami ma la realtà non può essere taciuta
e questa realtà dice del rischio di tenere
solo nell’ambito dell’assistenza ciò che
appartiene all’ambito del diritto di ogni
persona di vedersi riconosciuta tale
quando la disabilità diventa compagna
di vita. È vero, il volontariato è sul campo a testimonianza della cultura della
solidarietà di un popolo ma è proprio
questa presenza di gratuità a richiamare
la cultura, la politica e le istituzioni al
dovere di includere i più deboli e i più
indifesi nei pensieri i e negli impegni per
il bene comune soprattutto quando la
strada per raggiungerlo diventa impervia. Non ci sono pretese irragionevoli, non
si pone il tema dei diritti dimenticando
quello dei doveri e dei sacrifici. Allora,
se è difficile dare risposte risolutive e
immediate non devono però mancare
alcuni segnali per dire con i fatti che le
persone più fragili sono ancora nel cuore
della politica e delle istituzioni. Proprio
nei momenti più difficili bisogna evitare
che abbia “razionalmente” la meglio
quella cultura dello scarto contro la
quale un Papa non si stanca di mettere
in guardia credenti e non credenti .
Nei momenti più difficili la differenza
cristiana si manifesta in un soprassalto
di umanità e di civiltà. Si esprime con
una risposta credibile all’egoismo e alla
paura di chi di fronte alla gravità di una
crisi vorrebbe motivare la cultura dello
scarto. Anche un richiamo dell’Ue può
essere una salutare provocazione.
dall’Italia
n. 7
Chiunque oggi sia chiamato a governare
il Paese dovrebbe tenere a cuore i poveri,
il lavoro, le famiglie e la scuola.
Poi viene tutto il resto, dall’architettura
dello Stato alla legge elettorale,
dall’iniziativa economica alla tassazione
di Domenico Delle Foglie
Q
uella che sino a pochi giorni fa sembrava una legislatura nata morta per mancanza di vincitore certo, si
sta palesando come una legislatura di lungo, se non lunghissimo
corso. Tutto merito di Matteo Renzi
e di Giorgio Napolitano? Difficile
dirlo. Di sicuro, noi cittadini elettori
stiamo assistendo a un fatto politico
nuovo, del quale dobbiamo decifrare
ancora tutte le conseguenze. Non ci
aiutano, di certo, le analisi che stanno
accompagnando la nascita del nuovo
governo. Il non detto sembra prevalere sull’affermato pubblicamente,
le ombre delle stanze di decisione
sembrano avere la meglio sulla luce
delle pratiche pubbliche, le battaglie
private concluse sembrano avere il
sopravvento sulla tregua pubblica
sottoscritta. Difficile sottrarsi, al
netto delle speculazioni di parte del
Movimento Cinque Stelle e della
Lega, alla sensazione sgradevole di
qualche interferenza sulla scena
pubblica italiana.
Perché prevale tanto ottimismo?
Da dove emerge tutta la voglia di
andare in soccorso del vincitore?
Dove era nascosta tanta maturità
della classe politica italiana? Dov’è
S
tiamo ai numeri, la crisi
economica che conosciamo da sei anni, e che ci
martella brutalmente dal
2011, starebbe attenuandosi. La
caduta del Prodotto interno lordo sta
rallentando, forse la produzione di
ricchezza si assesterà nel corso di
questo 2014 e, facendo gli scongiuri,
addirittura crescerà di un niente. Il
forte impoverimento di questi anni
potrebbe essere alle nostre spalle.
Ma non guardiamo al Pil per averne
prove. Ci sono altri indizi, piccoli ma
sempre più numerosi, che ci fanno
intravvedere che forse c’è luce in
fondo a questo tunnel. Le aziende
stanno reintegrando le scorte, buon
segnale; alcuni beni di consumo –
vedi le automobili – tornano ad essere acquistati; la discesa dei valori
immobiliari sta probabilmente toccando il suo punto minimo e sono
in crescita le compravendite immobiliari. In certe province del Nord c’è
saldo positivo tra nuove assunzioni
e perdite di posti di lavoro; siamo a
pochi mesi da un’Expo che potrebbe
dare la scossa al sistema-Paese; in
complesso le esportazioni sono in
lieve calo, ma cresce il numero delle
aziende che si affacciano ai mercati
maturata tutta la consapevolezza di
queste ore che fa convergere pensosi
consensi e garanzie di “opposizione
responsabile”? Non vivessimo in
Italia, dove sino a qualche giorno
fa, sembrava dovessimo tutti noi
(cittadini e istituzioni) portare i libri
in Tribunale, verrebbe da gridare “al
miracolo”. Forse, ma è solo un’illazione, in tanti hanno capito di essere
arrivati a lambire l’orlo del baratro. E
prima di precipitare – ancora forse
– in molti, nelle stanze che contano, hanno fatto due conti e hanno
deciso di scommettere su Renzi e
Napolitano. Una scommessa fatta
persino a occhi chiusi e dita incrociate. Comunque, una scommessa da
“la va o la spacca”. Magari annusando
l’aria di una vaga ripresa economica
accompagnata dalla speranza che
in Europa accada qualcosa. Che la
paura dei populismi arrembanti in
ogni angolo del Continente spinga i
potenti d’Europa (Mekel in primis) a
guardare all’Italia come un fratellino
da aiutare, piuttosto che come uno
scolare indisciplinato da relegare
dietro la lavagna. Fuor di metafora,
meglio rivedere il vincolo del 3%
sul rapporto Deficit-Pil che venire
travolti dalla vandea populista. Non
possiamo dire quanto contino tutte
queste motivazioni, in ogni caso ci
prepariamo a una stagione politica
nuova che si annuncia interessante.
Almeno per chi deve decifrarla e
raccontarla.
Altre invece saranno le valutazioni sul piano della fisiologia dello
scontro democratico, sulla necessità
di intervenire vigorosamente sull’architettura dello Stato, sull’opportunità (sino a ieri un mantra) di mettere
mano alle riforme costituzionali e alla
definizione di una nuova legge elettorale, sull’urgenza di snellire tutte
le procedure pubbliche che frenano
la libera iniziativa economica e rendono impossibile la vita delle famiglie
e delle imprese, sulla revisione dei
livelli di tassazione che ormai tolgono fiato agli onesti e ai produttori.
L’elenco potrebbe continuare, ma ci
fermiamo qui.
Sommessamente esponiamo
solo le nostre di urgenze. Di noi
semplici cittadini elettori. Siamo
ben consapevoli che contano poco
o niente e non abbiamo la pretesa
di rappresentare nessuno, anche
perché come dice Papa Francesco
non bisogna avere “l’assurda pretesa di trasformarsi in ‘voce’ dei
popoli, pensando forse che essi non
la abbiano. Tutti i popoli ce l’hanno,
magari ridotta a volte a un sussurro
a causa dell’oppressione. Bisogna
aguzzare l’udito e ascoltarla, ma
non voler parlare noi al loro posto”.
Dunque, nella consapevolezza di non
interpretare e di non rappresentare
nessuno, se non noi stessi, ci permettiamo di suggerire al nuovo governo
di tenere a cuore i poveri, il lavoro,
le famiglie e la scuola. E facciamo
ai governanti un semplice augurio:
ascoltate il sussurro del vostro
popolo. In quel sussurro c’è tutta la
sua sovranità.
economia
Sì, crescere ora si può
Non solo Pil. Indizi positivi: forse siamo fuori dal tunnel
di Nicola Salvagnin
esteri per fare fatturato. La crisi delle
banche è arrivata ad un punto di
svolta: finiti giochi e giochetti, ora la
situazione viene affrontata di petto e
ci sono buone probabilità che il futuro regali maggior credito ad aziende
e famiglie.Volendo, questo è il mezzo
bicchiere pieno.
La parte vuota del bicchiere è deprimente da esaminare, quindi la guarderemo di sfuggita. Di base, l’assenza di una vera ripresa non intacca la
montagna della disoccupazione, e il
sistema-Italia non è cambiato di una
virgola in questi anni in cui si poteva
approfittare per scrostare la ruggine
che lo ha paralizzato. Gli operatori
economici stranieri giudicano l’Italia
un Paese bloccato, immobile. Non
solo loro, a dire il vero.
Sta arrivando una nuova fase politica, ha l’opportunità di dare una scos-
sa. Gli ultimi anni ci hanno insegnato
che i piccoli correttivi – tanti o pochi
che siano – non sono serviti a nulla.
Il malato-Italia è così grave (unica
economia occidentale sostanzialmente in recessione) che una pioggia di
aspirine non ha mosso di uno zero
virgola il Pil. In nessun altro Paese
in crisi economica, in questi anni, la
cura è stata blanda. Ovunque si è
usato o l’elettroshock o la chirurgia
invasiva proprio perché il dopo non
fosse come il prima.
In verità la riforma Fornero sulle
pensioni è stata scioccante, ma
anche un pugno lo è e non sempre
fa del bene. Fatta in emergenza, ha
prodotto tante e tali controindicazioni da dar ragione ai somministratori
di aspirine, ma c’è sempre una terza
via tra due errori. Quella da imboccare oggi, in realtà è conosciuta dai più:
cura dimagrante per la spesa pubblica, efficientamento della stessa,
riduzione della fiscalità, temporaneo
smarcamento dalle ottuse politiche
di rigore imposteci dall’Europa.
La crisi, se è veramente finita, ci lascia con una società italiana che ha
perso un 15% della propria ricchezza, con un costo del lavoro in diminuzione, con un milione e mezzo di
posti bruciati soprattutto in aziende
deboli di costituzione, mentre altre si
sono irrobustite se non cresciute. Con
un Mezzogiorno che può diventare
il nostro West: il tessuto economico è
ormai deserto, possiamo solo ricolonizzarlo.
Buon lavoro a tutti, perché è proprio
col lavoro – e non con le svalutazioni,
o con la lira, o con nuovo debito, o
con aiutini esterni – che potremo
tornare a crescere. Ci piaccia o no.
14 dall’italia
Smart
working?
Almeno
parliamone
di Andrea Casavecchia
Il lavoro è in una fase critica nel
nostro Paese. L’attenzione nei dibattiti,
soprattutto quelli politici, si concentra
sulle regole dei rapporti tra dipendenti
e datori di lavoro. Certo i diritti sono
essenziali, ma per concentrarsi sul problema e avviarci verso una soluzione
forse bisognerebbe agire anche su sue
altre dimensioni. Con “Noi Italia”, la
fotografia dell’Istat che fornisce alcuni
indicatori per capire il nostro Paese,
possiamo cogliere l’occasione per
riflettere su due ulteriori dimensioni:
dove ci sono possibilità occupazionali
e come si organizza il lavoro.
L’istituto di ricerca ci dice che il
60% delle persone tra 20 e 64 anni
risultano occupate. La fascia d’età
che aumenta il tasso di occupazione è
quella più anziana (55-64 anni), mentre
la nota dolente sono i giovani, tra i
quali si contano oltre 2 milioni di scoraggiati che rinunciano a impegnarsi
nella ricerca di lavoro.
Il mondo lavorativo è molto
frammentato: in particolare, nota
l’Istat, tra i lavoratori il 13,8% ha un
contratto a tempo determinato e il
17,1% è assunto a tempo parziale. Si
aggiunge poi che si valuta che il lavoro
irregolare circa il 12% del totale (ecco
l’importanza di insistere sui diritti).
Altro dato interessante riguarda la
dimensione delle nostre imprese che
è molto piccola: in media contano solo
3,9 addetti.
Rispetto a questo quadro, per
valutare le risorse possiamo poi intercettare alcuni settori dove ci sono
possibilità occupazionali. Scopriamo
tra i vari indicatori che il maggior
incremento di posti di lavoro negli
ultimi 15 anni è stato tra “le unità di
lavoro che partecipano al processo di
produzione di beni e servizi a carattere culturale, ricreativo e sportivo”:
il 15,1%. Altra crescita si registra tra
quelli impegnati in servizi di cura alle
persone, nel turismo tra gli esercizi
extra alberghieri e nella filiera della
nostra agricoltura.
C’è poi la possibilità di innovazione organizzativa, che richiede anche
un cambio culturale. Un esempio
è lo “smart working”, a Milano è
stata celebrata qualche giorno fa “la
giornata del lavoro agile”. Si tratta di
introdurre orari elastici e affiancarli
alle innovazioni digitali per realizzare
efficacemente il “telelavoro”. Una
ricerca del Politecnico di Milano ha
evidenziato che inserire tale innovazione organizzativa, permetterebbe
alle aziende di “salvare” 37 miliardi
di spese improduttive perché aumenterebbe la produttività delle persone
ed eviterebbe una serie di costi
indiretti. Inoltre lo “smart working”
avrebbe un’incidenza positiva per gli
insediamenti urbani con la riduzione
del traffico, dello smog, e allevierebbe
i carichi dei mezzi pubblici, senza
contare le diverse condizioni per la
conciliazione tra famiglia e lavoro.
Per il lavoro agile però serve una
nuova cultura del lavoro che investa
sul rapporto di fiducia tra lavoratori
e loro datori, come sulla programmazione dei compiti e degli obiettivi,
oltre che investimenti strutturali per
rendere possibili e realistiche le connessioni digitali.
n. 7 23 FEBBRAIO 2014
I CONSUMI FOTOGRAFATI DALL’ISTAT
Vita
La
Paniere più tecnologico
ma meno democratico
L’attuale strumento di misurazione
appare datato e forse richiederebbe un
ruolo più attivo da parte dei cittadini.
Per non parlare dell’esigenza di costruire
più panieri corrispondenti alla reale
stratificazione socioeconomica del Paese
di Giuseppe Del Signore
L’
Istat rimodula il paniere dei consumi degli
italiani e noi tutti ci
riscopriamo sempre
più tecnologici e sempre meno
cittadini consapevoli. Nell’aggiornamento 2014 l’istituto di statistica
ha congedato la riparazione degli
apparecchi audiovisivi e informatici
per aprire a quotidiani online e altri
prodotti quali sacchetti biologici
per la differenziata, caffè in cialde,
formaggio grattugiato e spalmabile,
sigaretta elettronica. La rilevazione è
sia indicatore economico sia indicatore sociale e la scelta di valorizzare
certi prodotti a discapito di altri non
è esente da considerazioni politiche.
Cercasi interprete
“Il paniere è attendibile - afferma
Luigino Bruni, docente della facoltà
di Economia della Lumsa di Roma
e tra i teorici dell’economia di
comunione - Il problema è come
interpretare i calcoli e le previsioni a
partire dal paniere, ho l’impressione
che i metodi degli economisti siano
poco adeguati ai tempi. Il paniere è
fatto come si fa in tutto il mondo,
I
segnali non sono mancati. In
tanti Comuni della Sardegna
nelle scorse settimane gli
elettori avevano manifestato
la volontà di non votare, restituendo in alcuni casi le tessere
elettorali. È il caso di Uras, uno dei
paesi più colpiti dall’alluvione dello
scorso novembre, dove 1 cittadino
su 3 ha disertato le urne in segno
di protesta contro il silenzio delle
istituzioni davanti alle richieste di
aiuto delle famiglie colpite dalla
furia del fango. A Teulada, paese nel
cuore del Sulcis, solo 1 elettore su
5 ha inserito nell’urna la scheda
per eleggere il nuovo Consiglio
regionale.
I numeri dei votanti in Sardegna
parlano chiaro: appena il 52,23%
degli aventi diritto (1.480.409
elettori, di cui 725.331 uomini e
755.078 donne, distribuiti in 1.836
sezioni) si è recato ai seggi, contro
il 67,57% delle analoghe consultazioni del 2009. In sintesi, domenica
16 febbraio la metà dei sardi ha
scelto di non esprimere il proprio
voto.
L’arcivescovo di Oristano, Ignazio
Sanna, attraverso le colonne del
settimanale diocesano “L’Arborense”, aveva auspicato che i cittadini
sentissero il dovere di esercitare
il diritto di contribuire a scegliere
ma in un mondo online, sempre più
veloce, questa contabilità nazionale
che prosegue un modello degli anni
Trenta non funziona più”. Il problema interpretativo è il primo da
affrontare anche secondo Leonardo
Becchetti, ordinario di economia
all’Università degli studi di Roma
‘Tor Vergata’: “Bisogna valutare spiega - se il paniere può produrre
modifiche nel calcolo dell’inflazione.
Più beni tecnologici e più settori
ad alta concorrenza fanno sì che le
dinamiche dei prezzi siano ridotte
e rallentate”. Lungo questo crinale
la valutazione economica cede facilmente il passo alla politica, tanto
che secondo Bruni,“in questa nuova
composizione è evidente che il governo ha tutto l’interesse politico
di far vedere che c’è una ripresa. Si
punta meno sui beni in crisi e più su
quelli che vanno bene. Il paniere è
uno strumento usato per stabilire
il Pil, ma il segno del Pil e l’entità
della variazione dipendono molto
da elementi politici. Bisogna pensare
a come si pesano i beni, non è così
oggettivo e la scelta non è solo
tecnica”.
Vuoto di potere
Spostando l’attenzione dal versante
economico a quello politico, non
si tratta più di consumatori, ma di
cittadini e non più di accesso ai prodotti, ma di esercizio democratico.
“Ci vorrebbe - sostiene Bruni - un
comitato di cittadini con esperti e
famiglie che si riuniscono e valutano.
Il fatto che questi studi si facciano
nelle sale dei tecnici senza alcun
dialogo secondo me indebolisce
la democrazia. C’è un problema
enorme di democratizzazione delle
istituzioni economiche. Oggi con
un’economia che arriva dappertutto e condiziona il benessere in
modo enorme, se non avviciniamo
le istituzioni alla gente, perdiamo
quote di democrazia e di sovranità”.
Con il rischio di distorsioni nella
raffigurazione della realtà, sotto o
sovra stimando determinati fattori
e tacendone altri.
Il tablet bene
di prima necessità
Ma, fatte tutte queste analisi
sul mezzo, quale è l’immagine
dell’italiano che emerge? “Un fatto
oggettivo - commenta Becchetti è che i beni dell’elettronica sono
diventati una necessità. Sono
sempre più importanti, un tipo
di consumo a cui non si rinuncia
anche se il reddito scende, a tutti
gli effetti sono un bene di prima
necessità”. Eppure, non tutti acquistano prodotti informatici e vi
è una notevole varietà diatopica
(gli acquisti sono diversi tra centro e periferia e tra nord, centro
e sud Italia), diastratica (varia il
ceto sociale varia la tipologia di
consumo), diacronica (a età diverse prodotti diversi).“Il paniere
- riconosce Bruni - dice poco su
diseguaglianza, disoccupazione e
povertà”.
ASTENSIONISMO DI PROTESTA
Inascoltati, i sardi
fuggono dalle urne
Un elettore su due ha disertato il voto. Una disaffezione causata dalla mancata
sintonia delle classi dirigenti con la popolazione. Occorre ripartire proprio
dai “non elettori”, maggioranza che urla attraverso il suo silenzio elettorale
di Marco Piras
democraticamente gli amministratori della cosa pubblica. Purtroppo
il suo appello non è stato raccolto
da tutti gli elettori. “L’alto astensionismo - dice oggi monsignor Sanna
- deve far riflettere. La disaffezione
dei cittadini nei confronti della
classe politica è molto forte e non
accenna a diminuire, perché non si
vede in questa né capacità di ascolto, né prospettiva di miglioramento. Se manca l’esemplarità dall’alto,
cessa la pazienza e aumenta l’indignazione. Si spera in una svolta, anche se nel vocabolario politico dei
candidati erano assenti la famiglia e
la persona”.
Per don Giulio Madeddu, responsabile dell’Ufficio per la pastorale
sociale e il lavoro della Conferenza
episcopale sarda (Ces), la bassa af-
fluenza al voto è il segno inequivocabile di una precisa collocazione
antipolitica. “Si tratta - spiega - di
una presa di distanza da un sistema politico e amministrativo che,
al di là degli schieramenti che si
alternano, non si mostra capace
di rispondere efficacemente ai
problemi del popolo sardo. Nel
‘non voto’ molti cittadini hanno
ritenuto di far sentire ancor di più
la loro voce, la voce di chi vive,
ormai, uno scoraggiamento profondo e non intravede vie d’uscita
dalla crisi sempre crescente”. Chi
governerà la Sardegna, spiega don
Madeddu, “dovrà partire proprio
dai ‘non elettori’. Perché questi,
di fatto, sono la maggioranza. Una
maggioranza che urla attraverso il
suo silenzio elettorale”.
Proprio l’Ufficio per i problemi sociali e del lavoro della Ces, subito
dopo le elezioni regionali del 2004,
aveva inviato una lettera ai nuovi
governanti. “Si ha la sensazione
- affermava il documento - che
la gente si senta sempre meno
rappresentata e sempre meno
ascoltata da coloro che hanno una
responsabilità politica.Vorremmo
vedere la classe politica regionale
più impegnata ad ascoltare, a dare
risposte concrete, a svolgere un
servizio segnato dall’imparzialità”.
Sono passati dieci anni e, nonostante questo, l’esigenza dei sardi è
sempre la stessa: avere una classe
politica onesta e preparata, capace
di servire e non di servirsi degli
elettori per interessi personali e
di partito.
Vita
La
23 FEBBRAIO 2014
dall’estero
n. 7
AFRICA
Gli scontri non
accennano
a fermarsi e la
crisi umanitaria
si allarga
sempre di più
di Angela Carusone
N
on è un Paese
nuovo a colpi di
Stato e dittatori:
basti pensare al
vecchio Jean Bedel Bokassa,
che si fece proclamare addirittura imperatore. Ma le
violenze che attraversano
ora il Centrafrica sembrano
superare ogni immaginazione,
rinviando alle barbarie del
lontano conflitto in Ruanda
e Burundi.
Da quando, a fine marzo, il
potere è passato nuovamente
di mano, la tensione è cresciuta in modo esponenziale, con
l’uccisione a sangue freddo di
numerosi civili e le rappresaglie degli ex ribelli.“L’intenzione – osserva l’analista Maria
Malagardis – è probabilmente
quella di far scoppiare una
guerra di religione in un Paese
a maggioranza cristiana (il 70
per cento della popolazione),
dove fino ad ora le comunità
hanno sempre convissuto
senza problemi”.
A fine marzo un’eterogenea coalizione ribelle chiamata Seleka (Alleanza) ha
rovesciato Francois Bozizé, al
potere da dieci anni. “Anche
lui aveva preso il potere con
“L’
Africa
comincia
ad essere considerata un
nuovo spazio economico e
politico e non rappresenta
più un continente ‘ai margini’.
Però tanto lavoro è ancora
da compiere. Ci vuole una
comunità internazionale che
capisca e non strumentalizzi
l’Africa e occorre che le multinazionali non guardino più
ad essa come a un monopolio
da conquistare ma ad un
mercato da sviluppare”: è
stata questa la tesi di fondo
espressa da Romano Prodi,
invitato a parlare all’Accademia nazionale dei Lincei
a Roma nella sua qualità
di presidente della “Fondazione per la Collaborazione
tra i Popoli”. Sono passati
ormai 50 anni dalla fine del
colonialismo e il processo di
“decolonizzazione” con la nascita dei 54 Stati africani ha
visto, spesso, le superpotenze
e gli ex-colonialisti accordarsi
per tracciare confini artificiali
sulle mappe. Questo, in diversi
casi, senza tener conto delle
realtà etniche e culturali tra
le popolazioni coinvolte, e
innescando così addirittura
le premesse per successive
guerre interetniche. La storia
dell’Africa contemporanea
Una strada
tutta in salita
la forza – viene ricordato – e,
corrotto e autoritario, non
ha lasciato dietro di sé un
buon ricordo, ma l’attuale
presidente Michel Djotodia,
proveniente dalle fila dei ribelli, non è riuscito a riportare un
minimo di stabilità nel Paese”.
E così sono arrivati, e
continuano ad arrivare, i militari francesi, con il difficile
compito di disarmare i gruppi
armati. La popolazione locale è
divisa, viene ricordato: da una
parte si sente sollevata per il
dispiegamento dei soldati francesi, dall’altra è terrorizzata
dall’idea che i gruppi armati
possano commettere rappresaglie. “Non è certo con gioia
che assistiamo all’intervento dell’ex potenza coloniale
per impedire che uno Stato
africano sprofondi nel caos –
scrive il politologo Boubacar
Sanso Barry – tanto più se si
considera che sono passati
sessant’anni dall’indipendenza.
Ma quello che sta succedendo
nel Paese – aggiunge – è fin
Nigeria: oltre 100 morti nel villaggio di Izghe, nello Stato nordorientale di Bomo dopo un attacco attribuito ai miliziani del
movimento islamico Boko Haram e avvenuto nella notte tra il
15 e il 16 febbraio 2014
troppo chiaro. Le istituzioni
africane hanno fallito ed è
meglio mettere da parte le
rivendicazioni di sovranità e
additare il vero responsabile,
cioè l’elite africana nel suo
complesso”.
E oggi, in un Paese ricco di
risorse naturali, un paradiso
verde dove cresce di tutto e
il sottosuolo racchiude grandi
tesori, come oro, uranio e
diamanti, è in corso una crisi
umanitaria sempre più grave
che imporrebbe maggiore
impegno della comunità internazionale. In Centrafrica c’è
circa un milione di sfollati e più
della metà della popolazione,
oltre due milioni e mezzo
di persone, necessita di aiuti
umanitari.
“Il Paese è fermo da marzo”, avvertono gli osservatori,
quando è cominciata la spirale
di violenze settarie. La coalizione di ribelli musulmani
Seleka, per lo più mercenari
provenienti dal Ciad e dal
Sudan, per mesi ha regnato
razziando e dando alle fiamme
centinaia di villaggi, torturando
e uccidendo la popolazione a maggioranza cristiana.
Che ha a sua volta reagito
creando milizie anti-balaka,
(anti-machete) formate da
cristiani a animisti. “Ora ogni
parte ha i suoi morti e li vuole
vendicare”, sottolineano gli
osservatori.
Quindi i Seleka hanno
cominciato a fuggire lasciando
i civili musulmani a scontare
i loro crimini, e i musulmani
lasciano il Paese perché se non
lo fanno vengono uccisi. Ma,
viene spiegato, non è solo una
guerra di religione: a essere
perseguitati – è stato scritto –
sono ricchi commercianti invidiati dalla povera maggioranza
cristiana, o allevatori nomadi
in conflitto da generazioni con
gli agricoltori cristiani. “Un
risentimento antico, quello
tra cristiani sedentari e musulmani nomadi che – viene
sottolineato – ha intensificato
le violenze”.
È evidente che occorre
fermare subito gli scontri in
Sudafrica, scontri che per
giunta rischiano di coinvolgere
i Paesi vicini, per nulla solidi
nelle loro istituzioni e pronti
ad accendersi anch’essi alla
più piccola miccia. Il perdurare
delle violenze, inoltre, rende
sempre più difficile la ricomposizione pacifica tra la popolazione e prolunga i traumi
civili. Ma il Centrafrica sembra
essere ancora lì, al centro del
continente, ma sempre troppo
lontano dagli occhi del mondo.
CONTINENTE IN CORSA
Guardare all’Africa come
un nuovo spazio economico
La ricetta di Romano Prodi illustrata all’Accademia nazionale dei Lincei.
Uno sguardo non convenzionale sul futuro di un continente avvolto nelle contraddizioni
di Luigi Crimella
è infatti segnata da uno stillicidio di guerre e conflitti di
difficile definizione, con bilanci
di vittime a 6 cifre, violenze
inaudite, utilizzo di “bambinisoldato” che hanno scioccato il
mondo intero. E negli anni più
recenti è sopraggiunta un’altra
piaga per l’Africa: la diffusione
del terrorismo di matrice per
lo più islamica radicale.
Mentre si è affievolita l’influenza di Usa e Urss, oltre
che dei Paesi “colonialisti”
europei più presenti, quali
Francia, Gran Bretagna e
Germania, è intanto aumentata decisamente la presenza
cinese.
Soprattutto in Africa i cinesi
hanno applicato una strategia
politica continentale, basata su
diversi fattori. Anzitutto hanno
avviato rapporti diplomatici
con tutti i Paesi africani, non
ponendo condizioni di tipo
“democratico” , cosa che invece gli Usa ancora fanno in ma-
niera molto selettiva. La Cina
di fatto tratta i nuovi rapporti
con ciascuno Stato, caso per
caso, adattandosi alla realtà
verso la quale vuole aprirsi e
offrendo assistenza tecnica, infrastrutture, credito e banche,
scambio di studenti e di figure
professionali e culturali, oltre
ad alcuni “regali” ad effetto
che risultano particolarmente
graditi all’opinione pubblica
africana. Ciò naturalmente in
cambio di quanto alla Cina
stessa manca: petrolio, energia, materie prime, minerali,
terre dove avviare coltivazioni
intensive.
Su questa strada segnata
dalla crescita, il Pil medio del
continente cresce a un livello
di oltre il 4% annuo, superiore
persino a quello dei famosi
“Bric” , ma certo partendo da
livelli molto più bassi. Così se
si intravvede la nascita di una
prima “classe media”, ecco
che si è avviato comunque un
primo mercato di massa di
beni durevoli. Primo fra tutti
quello dei cellulari, posseduti
ormai dal 60% della popolazione, con tariffe stracciate e
il miracolo di trovare telefonini
persino nei villaggi di capanne
delle savane.
Chi fermerà l’Africa, nei prossimi decenni, quando si calcola
che la popolazione potrebbe
raddoppiare nel giro di 20
anni? L’età media in alcuni
Paesi è di 18 anni, in Europa
di 44: un abisso, noi sempre
più vecchi, loro giovanissimi, col
cellulare e il coraggio di attraversare il Sahara per “salire”
in Europa! Hanno il problema
dell’acqua, pur nella ricchezza
di terre che però sono aride
e non producono abbastanza
cibo. I cinesi le comprano per
pochi spiccioli e con le tecnologie di irrigazione ne faranno
un vero business. Si prevedono
“guerre per l’acqua”, e manca
una forza di pace sovranna-
zionale che garantisca le popolazioni dalle scorribande dei
violenti e mercenari che già si
combattono. L’Unione Africana
non decolla e il Consiglio di
sicurezza dell’Onu non guarda
con simpatia a quell’armata
“brancaleone” di piccoli Paesi
in perenne ebollizione e senza
strutture parlamentari e amministrative, oltretutto preda di
una corruzione gigantesca. La
“terribile distribuzione del reddito” nel continente, con l’1%
della popolazione che detiene
il 40% delle ricchezze, potrebbe rallentare se non frenare
il trend di crescita delle classi
medie occidentalizzate, unica
vera risorsa per uno sviluppo
trasversale dei Paesi del continente nero. L’Europa può continuare a giocare un suo ruolo
di “donatore”, ma - di fronte a
queste prospettive - dovrebbe
assumere una iniziativa più
forte in termini di strategia politica bilaterale di intervento
15
Dal mondo
Tra Bulgaria
e Turchia
Per fronteggiare l’aumento
vertiginoso del numero
di profughi siriam che si
spingono irregolarmente
in Bulgaria dopo avere
traversato l’Anatolia, a fine
gennaio è iniziata la costruzione della recinzione che
dividerà la Bulgaria dalla
Turchia, barriera che alta
tre metri e lunga oltre 30
chilometri “convoglierà i
profughi verso i punti ufficiali di frontiera” in realtà,
essa chiuderà ai profughi le
porte dell’Europa, costerà
5 milioni di euro e sarà
ultimata in un paio di mesi.
L’Alto commissariato Onu
per i rifugiati Acnur aveva
già disapprovato la decisione bulgara di erigere un
muro fra il paese balcanico
e la Turchia: tali barriere
gettano i profughi nelle
mani dei trafficanti.
Australia,
la sua storia
Acquisito dalla galleria
“Les Enluminures” di New
York, un manoscritto portoghese databile fra 1580
e 1620 potrebbe fare luce
sulla storia dell’Australia: la
scoperta del continente è
assegnata all’olandese Willem Janszoon nel 1606, ma
i navigatori lusitani potrebbero essere giunti prima.
I documenti attestanti la
primogenitura portoghese
sull’Australia potrebbero
essere stati distrutti dal
terremoto che devastò
Lisbona nel 1755; esistono
però mappe degli anni quaranta del XVI secolo che
figurano un territorio a sud
dell’Indonesia e della Papua
Nuova Guinea, dato su cui
lo storico Peter Trickett
nel 2007 ha determinato
che i portoghesi raggiunsero l’Australia nel 1521-’22.
Cina, missione
di pace
Per la prima volta la Cina
continentale schiera le
truppe, in Africa, nella sua
prima missione militare.
Sul piano economico, già
Pechino considera l’Africa come propria sfera
d’influenza primaria: oltre
all’investimento di centinaia
di miliardi di dollari nel
continente, ora allestisce
un corpo di spedizione destinandolo al Mali; si tratta
di 245 militari, avanguardia
di un insieme armato formato da un totale di 500
uomini, che affiancano il
contingente delle Nazioni
Unite (150 unità) presente
a Gao, nel settentrione del
territorio dilianato dalla
bellicosità dei ribelli tuareg
e degli islamisti. Pechino
manifesta così una vocazione, dalla cui pratica il mondo trarrà beneficio.
16 musica e spettacolo
A 90 anni
dalla nascita
il 23 febbraio
Sautet, l’incompiutezza
della vita
di Francesco Sgarano
D
imostrando di essere stato anche
un grande critico,
prima che un regista straordinario, Francois
Truffaut, che aveva sempre
un occhio di riguardo per
i colleghi francesi, scrisse
che i film di Claude Sautet
raccontano la vita. Affermazione secca, apparentemente
banale, che però banale non
è. I lavori di questo regista
parigino, che si era fatto le
ossa come assistente di regia
di Jacques Becker (altro genio,
di cui ci occuperemo presto)
e nei cortometraggi, sono
tutti impregnati dei lati oscuri della vita, soprattutto sul
versante dei rapporti umani,
l’amore in particolare. Sautet
canta sempre un amore labile, sdrucciolevole, quando è
percorribile, talvolta -e sono
i suoi esiti migliori- addirittura
si confronta con l’amore negato o, altrimenti, soffocato,
nascosto, frenato. E’ il caso
dei suoi ultimi due film, “Un
cuore in inverno” e “Nelly e
monsieur Arnaud”, capolavori
in ogni senso di un cinema
fatto di silenzi e sguardi, di
dialoghi dosati col contagocce
e di personaggi perfettamente
scolpiti, un cinema concepito
per sottrazione e non per
aggiunta, di cui è protagonista
Emmanuelle Beart, che parla
sempre commossa di Sautet
come di un padre, non solo
artistico. Basta guardare que-
Vita
La
n. 7 23 FEBBRAIO 2014
CINEMA
ste due perle per accorgersene: coccolata -che dico- amata
dalla cinepresa, nel primo lei è
una violinista che si innamora
dell’amico e socio del suo
compagno, un liutaio timido
e represso che non ricambia i
suoi sentimenti perchè rivela
di “non averne accesso” -è il
“cuore in inverno” del titolo.
Lei non si rassegna e ci diventa
quasi matta ma il gelo che
avvolge l’animo del ragazzo
è impenetrabile. Il finale con
lui che, forse tardivamente
consapevole di aver perduto
l’occasione di amare, la guarda
partire col fidanzato e resta
a bere mestamente un caffè
in un bar, è tra i più tristi del
cinema recente; in “Nelly”
Sautet, servendosi ancora
della penna precisissima dello
sceneggiatore Jacques Fieschi,
si cimenta con il ritratto di un
uomo che Morando Morandini ha definito, con espressione
felice quant’altre mai, “un
cuore in inverno in disgelo”: la
storia di un ex magistrato in
pensione, divenuto poi uomo
d’affari, che stringe un tenero,
complice rapporto con una
giovane e bella dattilografa,
con la quale naturalmente non
può però provare le gioie del
sesso, di una relazione completa. S’insinua nei due, tra
gelosie, dichiarazioni velate di
affetto profondo, dubbi, ripensamenti, un amore trattenuto,
consapevole dell’impossibilità
di una vera realizzazione per
la troppa differenza d’età. E lo
sguardo della Beart, che a una
festa, osserva fianco a fianco
Arnaud e il suo attuale amante, un editore, proiettando
sull’anziano uomo i desideri
che fisicamente soddisfa col
più giovane, è un pezzo di
cinema -pochi secondi- che
va annoverato tra i momenti
più alti di tutta la storia di
quest’arte. Ed è -giova osservarlo- un momento muto,
così come muto è lo sguardo che il giudice posa sulla
schiena nuda di Nelly, rimasta
a dormire per caso da lui, o
quello, sperduto nel vuoto
rivolto pensando a lei, nella
confusione di un aereoporto.
E’ un film perfetto, dove non
c’è un particolare sbagliato
-insomma un autentico miracolo cinematografico- cui
Michel Serrault dà una forza
incommensurabile, un’interpretazione che ha pochi
paragoni, girato tutto quasi
in interni, che però, di tanto
in tanto, lascia intravedere le
strade piene di vita di Parigi,
coi suoi viavai di gente, i suoi
bistrot e brasserie, le sue luci.
Parigi, amatissima da Sautet,
torna sempre nei suoi film,
anche in quello che è un altro
capolavoro assoluto, però dei
Settanta e non focalizzato su
uno o due persanaggi ma film
corale, “Tre amici, le mogli e
(affettuosamente) le altre”,
giostra di amicizie e amori, cui
prestano il volto quattro moschettieri incomparabili: Yves
Montand (che gira per Sautet
anche il molto tenero “Cesar
e Rosalie” -in italiano l’orrendo “E’ simpatico ma gli romperei il muso”), Michel Piccoli,
Serge Reggiani e un giovanissimo Gerard Depardieu. Ed
anche qui la scena dove una
fotografia, in cui Montand si
guarda mentre balla con l’ex
moglie, prende vita e comincia
a muoversi, commentata da
un jazz romanticissimo, resta
un momento straordinario di
cinema e questo film uno dei
più belli del cinema francese.
In altre due opere compare
la bella e sfortunata Romy
Schneider, protagonista assoluta di “Una donna semplice”,
invece a fianco di Piccoli nel
celebre “L’amante”, film cui,
secondo chi scrive, è toccata
una fama superiore ai meriti,
forse per un finale realmente
toccante che però solo parzialmente riscatta un racconto
di una relazione travagliata
non sempre efficace. Con
quattro-cinque titoli Sautet,
morto a Parigi nel 2000, ha
lasciato un segno importante
nella storia del cinema.
Sostieni
LaVita
Abbonamento 2014
Sostenitore 2014
2014
Amico euro
45,00
euro 65,00
euro 110,00
c/c postale 1 1 0 4 4 5 1 8
I vecchi abbonati possono effettuare il bollettino postale preintestato, e chi non l’avesse ricevuto può richiederlo al numero
0573.308372 (c/c n. 11044518) intestato a Settimanale Cattolico
Toscano La Vita Via Puccini, 38 Pistoia.
Gli abbonamenti si possono rinnovare anche presso Graficamente
in via Puccini 46 Pistoia in orario di ufficio.
DENTRO LA TV
“Le iene” della discordia
Non è giornalismo televisivo, ma le indagini spesso hanno grande spessore
F
ra i programmi televisivi di
lunga data, un posto di rilievo
spetta a “Le Iene”, se non altro
proprio per la longevità televisiva: la trasmissione firmata da Davide
Parenti è in onda dal 22 settembre 1997
e sembra non aver ancora esaurito la sua
verve per le stagioni a venire. Il format
- versione italiana dell’argentino “Caiga
quien caiga” - prende il titolo dall’omonimo film di Quentin Tarantino, ma le uniche
citazioni effettive della celebre pellicola
sono gli abiti di inviati e conduttori e la
scritta della sigla, identica a quella della
locandina italiana del film.
Alla guida della prima edizione fu chiamata una Simona Ventura allora all’apice
del successo, che passò poi il testimone ad
Alessia Marcuzzi - affiancata da Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu - quando la prima
andò a lavorare in Rai. Fra una girandola
di conduttrici e conduttori, si è arrivati alla
versione attuale, che vede in studio Ilary
Blasi e Teo Mammucari e in regia la Gialappa’s Band che interagisce con i due in
voce fuori campo.
Più di qualche protagonista ha trovato
in questa trasmissione un trampolino di
lancio per la sua carriera nel mondo dello
spettacolo: Luca e Paolo, Marco Berry, Ales-
di Marco Deriu
sandro Sortino, Peppe Quintale, Fabio Volo,
Marco Maccarini, Max Laudadio, Nicola
Savino, Pif, Alessandro Cattelan, Andrea
Pellizzari, Debora Villa, Claudio Bisio, Fabio
Canino, Enrico Bertolino, Fabio De Luigi.
Con il passare degli anni, le rubriche e i
servizi si sono fatti sempre più incisivi dal
punto di vista “giornalistico”. Spesso capita
che le telecamere documentino truffe, raggiri, irregolarità e malcostumi di vario segno, aprendo la strada alle inchieste giudiziarie e all’accertamento delle responsabilità dei colpevoli. Il che ci può anche stare,
a patto di non confondere il programma di
Parenti con una testata giornalistica televisiva: molti inviati non sono professionisti
dell’informazione, anche se va loro riconosciuta una pervicacia investigativa degna
dei migliori reporter d’assalto.
L’altro filone che affianca le inchieste è
quello delle provocazioni, che negli anni
sono passate dalle domande incomprensibili di Mammucari, alle interviste lasciate
a metà durante le risposte, all’organizzazione di scherzi anche pesanti ai danni dei
vip, agli assalti a base di “twerking” che
sono una delle novità di quest’anno. E qui
si esce dall’ordinario, per andare a scadere nella risata greve se non, addirittura,
volgare.
Una terza pista consolidata, ma dagli esiti
discutibili, è quella che porta a cavalcare
i casi di cronaca e di attualità in modo
speculativo, con un occhio sempre rivolto
all’audience, e che sotto il pretesto della
denuncia o della lotta in favore dei deboli
nasconde in realtà ideologie pericolose. È
l’esempio del caso Stamina, che proprio
“Le Iene”, nella persona di Giulio Goria,
avevano sollevato sposando senza riserve
la terapia del “professor”Vannoni rivelatasi
poi una bufala.
Non di rado è capitato che alcuni servizi
troppo al di là delle regole e, soprattutto,
della tutela della privacy siano stati bloccati o censurati, mentre miglior sorte hanno avuto alcune “rubriche” che anche altre
trasmissioni hanno imitato nel corso degli
anni, come per esempio l’intervista doppia,
le classifiche della settimana, le incursioni
a sorpresa per smascherare i malandrini, i
litigi provocati ad arte.
Alcune “perle” sono entrate nella storia,
dai reiterati insulti di Vittorio Sgarbi al Trio
Medusa alle ciniche interviste di Enrico
Lucci, dalle botte prese da Luca Barbareschi e da qualche personaggio famoso
arrabbiati all’imbarazzo dei parlamentari
nostrani di fronte alle domande di cultura
generale di Sabrina Nobile.
LaVita
Settimanale cattolico toscano
Direttore responsabile:
Giordano Frosini
STAMPA: Tipografia GF Press Masotti
IMPIANTI: Palmieri e Bruschi Pistoia
FOTOCOMPOSIZIONE:
Graficamente Pistoia tel. 0573.308372
e-mail: [email protected] - [email protected]
Registrazione Tribunale di Pistoia
N. 8 del 15 Novembre 1949
e-mail: [email protected]
sito internet: www.settimanalelavita.it
CHIUSO IN TIPOGRAFIA: 19 FEBBRAIO 2014
Fly UP