«Usciamo, usciamo...» - La vita – Giornale Cattolico Toscano
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«Usciamo, usciamo...» - La vita – Giornale Cattolico Toscano
Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616 e_mail: [email protected] www.settimanalelavita.it Abb. annuo e 45,00 (Sostenitore e 65,00) c/cp n. 11044518 Pistoia clicca su L’ 7 dal 1897 La Vita è on line www.settimanalelavita.it G LaVita Anno 117 I O R N A L E ennesimo richiamo di papa Francesco alla missionarietà della chiesa. Erede del pensiero del concilio Vaticano II e dell’insegnamento dei papi postconciliari, il papa venuto da lontano continua a ricordare con grande forza e singolare incisività alla comunità cristiana che essa deve uscire dai propri recinti e andare incontro alla gente, dove essa si trova, fino alle periferie più remote delle città, dei paesi e dell’esistenza. La chiesa, quante volte si deve ripetere?, non c’è per se stessa, ma per il Regno di Dio, per il mondo, per tutti coloro che aspettano anche inconsapevolmente l’annuncio della salvezza e della liberazione. L’immagine dell’ebreo Franz Kafka è quanto mai suggestiva. Il messaggio dell’imperatore è partito, ma per gli intralci della società, esso non riesce ad arrivare. Intanto colui che lo deve ricevere ancora a sera rimane alla finestra in attesa della sua venuta. È sera, è notte, è buio e per questo l’attesa si fa più spasmodica. L’uomo di oggi e di sempre è come un mendicante che aspetta che qualcuno gli venga incontro e sazi pienamente la sua sete di felicità. La Sacra Scrittura aveva già avvertito di questa necessità: “I piccoli chiedevano il pane, ma non c’era nessuno che glielo porgesse”. “Usciamo, usciamo”, ripete papa Francesco. È preferibile “una chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio – afferma – una chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita”. Appunto: i poveri bussano, ma non c’è nessuno che apra loro la porta. Sono parole dell’Evangelii gaudium, il documento che dovrebbe guidare il cammino della comunità cristiana, ma che soltanto pochi hanno letto. La solita sorte toccata a tutti i documenti che ci sono arrivati in questi ultimi tempi. La popolarità di papa Francesco non paga in termini di consenso e di obbedienza. Una simpatia fine a se stessa che non riesce a tradursi in atteggiamenti corrispondenti a quelli che egli offre a tutti noi con il suo esempio e i suoi insegnamenti. Il papa ha anche l’abitudine di prendere di mira le ragioni che si ripetono per giustificare la nostra pigrizia e la nostra comodità. “Non si dica – afferma - che si è sempre fatto così”. Forse questo non è del tutto vero, ma anche se fosse vero, non ci si giustifica affatto ripetendo un errore che abbiamo ereditato dal passato. Chi C A T T O L I C O 23 FEBBRAIO 2014 T O S C A N O e1,10 1,10 e «Usciamo, usciamo...» ci ha abituato a vivere con sicurezza all’interno delle mura della chiesa, al di là delle intenzioni, ha reso un pessimo servizio alla causa del Vangelo. Il quale dev’essere annunciato a tutti e sappiamo in quale maniera: con la testimonianza dell’intera comunità e con la parola resa efficace, per parte nostra, dall’esempio. Sono cose che ripeteva già Paolo VI, quando, nel 1975, pubblicava quel bellissimo documento dedicato al tema dell’evangelizzazione, dal titolo Evangelii nuntiandi. Cinquanta anni non sono sufficienti a far penetrare nel popolo cristiano un tema così importante e fondamentale come quello dell’evangelizzazione? Certo qualcosa è stato fatto, ma si può contentare solo chi non ha capito pienamente la grandezza dell’impegno che spetta alla chiesa in un momento così difficile come quello che stiamo attraversando. Papa Francesco parla di una vera e propria conversione e questo è il suo augurio: “Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una ‘semplice amministrazione’. Costituiamoci in tutte le regioni della terra con uno ‘stato permanente di missione’”. “Una chiesa in uscita”, una chiesa estroversa, una chiesa fuori le mura: questo l’ideale che ci è posto dinanzi. Una chiesa missionaria, ricordando quanto affermava Paolo VI, che “la EVANGELII GAUDIUM IL GRIDO DI DOLORE DEL POPOLO ITALIANO Il ripetuto invito di Papa Francesco rivolto alla comunità cristiana: bisogna uscire fuori, incontro alla gente, alle sue attese, ai suoi bisogni SAN VALENTINO IN VATICANO chiesa o è missionaria o non è”, cioè non è chiesa, non merita affatto questo nome. Certo, per fare questo è necessario un tempo di preparazione e di sperimentazione. Ma si tenga presente che soltanto quando questo tempo sarà terminato, ci si potrà chiamare chiesa. Senza questo dinamismo propulsore, l’uso di un termine così nobile e impegnativo rimane un vero e proprio abuso. Il centro propulsore, con la chiesa particolare guidata dal vescovo, sarà la parrocchia. Il modo con cui essa potrà adempiere a questa sua vocazione rimane l’argomento fondamentale dei suoi pensieri, delle sue preoccupazioni e delle sue preghiere. Il resto viene dopo. Giordano Frosini Chiunque sarà chiamato a governare dovrà tenere presente i problemi che gravano sulla nostra gente, soprattutto la disoccupazione, la povertà e il peso delle tasse PAGINA 2 PAGINA 13 Venticinquemila fidanzati hanno festeggiato San Valentino con il Papa, che ha esortato a non lasciarsi vincere dalla cultura del provvisorio PAGINA 4 il "nuovo concordato" ha trent'anni Uomini di chiesa e dello Stato hanno riflettuto sul nuovo concordato che prese l’avvio il 18 febbraio 1984 PAGINA 5 CENTRAFRICA: UNA STRADA TUTTA IN SALITA Gli scontri non accennano a fermarsi e la crisi umanitaria si allarga sempre di più PAGINA 15 2 primo piano Continua la nostra lettura delle parti principali del documento di Papa Francesco, che attende impaziente una conversione completa della Chiesa per quanto riguarda l’impegno missionario n. 7 23 FEBBRAIO 2014 “EVANGELII GAUDIUM” DI PAPA FRANCESCO L’ evangelizzazione obbedisce al mandato missionario di Gesù: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,1920). In questi versetti si presenta il momento in cui il Risorto invia i suoi a predicare il Vangelo in ogni tempo e in ogni luogo, in modo che la fede in Lui si diffonda in ogni angolo della terra. Una Chiesa in uscita Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di “uscita” che Dio vuole provocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a partire verso una terra nuova (cfr Gen 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: «Va’, io ti mando» (Es 3,10) e fece uscire il popolo verso la terra promessa (cfr Es 3,17). A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Ger 1,7). Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo. La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria. La sperimentano i settantadue discepoli, che tornano dalla missione pieni di gioia (cfr Lc 10,17). La vive Gesù, che esulta di gioia nello Spirito Santo e loda il Padre perché la sua rivelazione raggiunge i poveri e i più piccoli (cfr Lc 10,21). La sentono pieni di ammirazione i primi che si convertono nell’ascoltare la predicazione degli Apostoli «ciascuno nella propria lingua» (At 2,6) a Pentecoste. Questa gioia è un segno che il Vangelo è stato annunciato e sta dando frutto. Ma ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre. Il Signore dice: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (Mc 1,38). Quando la semente è stata seminata in un luogo, non si trattiene più là per spiegare meglio o per fare segni ulteriori, bensì lo Spirito lo conduce a partire verso altri villaggi. La trasformazione missionaria della Chiesa La Parola ha in sé una potenzialità che non possiamo prevedere. Il Vangelo parla di un seme che, una volta seminato, cresce da sé anche quando l’agricoltore dorme (cfr Mc 4,26-29). La Chiesa deve accettare questa libertà inafferrabile della Parola, che è efficace a suo modo, e in forme molto diverse, tali da sfuggire spesso le nostre previsioni e rompere i nostri schemi. L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, e la comunione «si configura essenzialmente come comunione missionaria». Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno. Così l’annuncia l’angelo ai pastori di Betlemme: «Non temete, ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo» (Lc 2,10). L’Apocalisse parla di «un vangelo eterno da annunciare agli abitanti della terra e a ogni nazione, tribù, lingua e popolo» (Ap 14,6). Un improrogabile rinnovamento ecclesiale Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la rispo- sta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi dell’Oceania, «ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale». La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere «la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie». Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi. La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, e centro di costante invio missionario. Però dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione. Le altre istituzioni ecclesiali, comunità di base e piccole comunità, movimenti e altre forme di associazione, sono una ricchezza della Chiesa che lo Spirito suscita per evangelizzare tutti gli ambienti e settori. Molte volte apportano un nuovo fervore evangelizzatore e una capacità di dialogo con il mondo che rinnovano la Chiesa. Ma è molto salutare che non perdano il contatto con questa realtà tanto ricca della parrocchia del luogo, e che si integrino con piacere nella pastorale organica della Chiesa particolare. Questa integrazione eviterà che rimangano solo con una parte del Vangelo e della Chiesa, o che si trasformino in nomadi senza radici. Ogni Chiesa particolare, porzione della Chiesa Cattolica sotto la guida del suo Vescovo, è anch’essa chiamata alla conversione missionaria. Essa è il soggetto dell’evangelizzazione,[30] in quanto è la manifestazione concreta dell’unica Chiesa in un luogo del mondo, e in essa «è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica». È la Chiesa incarnata in uno spazio determinato, provvista di tutti i mezzi di salvezza donati da Cristo, però con un volto locale. La sua gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella sua preoccupazione di annunciarlo in altri luoghi più bisognosi, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio o verso i nuovi ambiti socio-culturali. Si impegna a stare sempre lì dove maggiormente mancano la luce e la vita del Risorto. Affinché questo impulso missionario sia sempre più intenso, generoso e fecondo, esorto anche ciascuna Chiesa particolare ad entrare in un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma. Il Vescovo deve sempre favorire la comunione missionaria nella sua Chiesa diocesana perseguendo l’ideale delle prime comunità cri- Vita La stiane, nelle quali i credenti avevano un cuore solo e un’anima sola (cfr At 4,32). Perciò, a volte si porrà davanti per indicare la strada e sostenere la speranza del popolo, altre volte starà semplicemente in mezzo a tutti con la sua vicinanza semplice e misericordiosa, e in alcune circostanze dovrà camminare dietro al popolo, per aiutare coloro che sono rimasti indietro e – soprattutto – perché il gregge stesso possiede un suo olfatto per individuare nuove strade. Nella sua missione di favorire una comunione dinamica, aperta e missionaria, dovrà stimolare e ricercare la maturazione degli organismi di partecipazione proposti dal Codice di diritto canonico e di altre forme di dialogo pastorale, con il desiderio di ascoltare tutti e non solo alcuni, sempre pronti a fargli i complimenti. Ma l’obiettivo di questi processi partecipativi non sarà principalmente l’organizzazione ecclesiale, bensì il sogno missionario di arrivare a tutti. Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato. A me spetta, come Vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione. Il Papa Giovanni Paolo II chiese di essere aiutato a trovare «una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova». Siamo avanzati poco in questo senso. Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale. Il Concilio Vaticano II ha affermato che, in modo analogo alle antiche Chiese patriarcali, le Conferenze episcopali possono «portare un molteplice e fecondo contributo, acciocché il senso di collegialità si realizzi concretamente». Ma questo auspicio non si è pienamente realizzato, perché ancora non si è esplicitato sufficientemente uno statuto delle Conferenze episcopali che le concepisca come soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale. Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria. La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale. Vita La « 3 n. 7 IL TESTIMONE 23 FEBBRAIO 2014 Charles de Foucauld fratello universale Richiamo al genere di vita che costituisce la mia vocazione. Imitazione di Gesù a Nazaret. Adorazione dell’Ostia santa esposta: santificazione silenziosa dei popoli infedeli, portando in mezzo ad essi Gesù». Così Charles de Foucauld, negli appunti di un ritiro nel maggio 1906, riassumeva la propria vocazione, tutta tesa a condividere quella vita nascosta di Gesù a Nazaret che, di fatto, è stato il periodo più lungo e quasi totalmente a noi sconosciuto dell’esistenza terrena del Figlio di Dio. In realtà, quando scrive queste note, fratel Charles è già nel deserto del Sahara, a Tamanrasset, dove troverà la morte dieci anni dopo, il 10 dicembre 1916, per mano di quegli stessi tuareg in mezzo ai quali ha deciso di essere testimone silenzioso di Cristo. E vi si trova proprio per vivere nel modo più pieno e radicale quanto aveva finalmente scoperto, dopo anni di ricerche, di crisi, gioie, solitudini e attese, proprio a Nazaret, la città di Maria, dove era approdato nel 1897 poco meno che quarantenne, per ritrovare le fila di un esistenza avventurosa, sregolata e inquieta, sfociata, infine, in un folgorante incontro con Cristo, a Parigi, nel 1886. Egli sarà, lo abbiamo letto, nient’altro che un silenzioso imitatore di Cristo per far arrivare l’amore di Dio a tutti gli uomini, «attraverso la mitezza, l’umiltà, il perdono delle ingiurie, l’accettazione mansueta dei maltrattamenti […] attraverso la preghiera, la penitenza, la santificazione personale, come Gesù a Nazaret» (in Ch. de Foucauld, La mia fede Città Nuova, Roma 2005 pp. 101 102). L’ Scegliendo di imitare la vita nascosta di Gesù a Nazaret, Charles de Foucauld ha aperto la via per una comprensione più piena del mistero dell’Incarnazione: la fraternità universale è il solo stile di vita veramente evangelico di Alessandro Andreini È a Nazaret che fratel Charles scrive la maggior parte dei suoi scritti, e dove si getta in un appassionante ricerca del mistero di Dio dentro le scritture, trascorrendo lunghissime ore, di giorno e soprattutto di notte, in adorazione davanti all’eucaristia. Siamo al volgere di un secolo cruciale anche per il futuro della chiesa: e sembra di cogliere, in questa singolare inquietudine del futuro fondatore dei Piccoli Fratelli di Gesù, cui appar- 8 marzo si celebra la giornata internazionale della donna, questa celebrazione che fu istituita per la prima volta in Italia nel 1922, vuole ricordare a tutti sia le conquiste sociali e politiche della donna, sia le violenze e gli atti discriminatori cui essa, ancora oggi e in molte parti del mondo, è fatta oggetto. La violenza sulle donne è diventato un problema di tali dimensioni che nessuna persona civile può far finta di non conoscere e sbaglia anche chi, superficialmente, pensa che un fenomeno che occupa quasi quotidianamente le cronache dei giornali, si identifichi unicamente con lo stupro o l’omicidio consumato. Non è così. Queste nefandezze sono spesso il tragico epilogo di anni e anni di vessazioni consumate nei confronti del proprio partner, che quasi sempre rimane incapace di reagire. Sono reati e sono puniti con la legge. Sovente ci sono però anche altri esempi di violenza, subdola, sottile, non facilmente identificabile, che non riveste propriamente la forma di aggressione fisica e che spesso terranno Carlo Carretto e Arturo Paoli, quasi l’ansia per un domani della chiesa di fronte alle provocazioni della modernità, il bisogno di uno spogliamento radicale di tutte le sovrastrutture e di tutti gli orpelli che ci allontanano piuttosto che avvicinarci al mistero dell’Incarnazione e di quella sconvolgente comunione con tutti gli uomini e con tutto l’uomo che Gesù ha voluto realizzare. In una meditazione del novembre 1897 scritta alcuni mesi dopo l’arrivo a Nazaret e giustamente riconosciuta come uno dei testi fondamentali del suo itinerario spirituale, fratel Charles sembra addirittura riferire le parole stesse del suo Maestro: «Io sono stato povero operaio, che viveva del lavoro delle sue mani, sono passato per ignorante, illetterato [...]. Come ogni povero, ero esposto al disprezzo, e fu perché non ero, agli occhi del mondo, altri che un povero “Nazareno” che sono stato perseguitato, maltrattato nella mia vita pubblica» (ivi, pp. 91-92). Imitare la vita di Gesù a Nazaret per entrare in dialogo, silenzioso e umile, con tutti gli uomini del mondo, per prendersi cura delle loro povertà, delle loro attese più segrete, della loro stessa cultura. Per immergersi nel modo più pieno e profondo nel cuore della condizione umana, senza freni e senza filtri. Solo un discepolo di Cristo potrebbe davvero immaginare e realizzare un progetto simile, immaginando e sperimentando che l’annientamento di sé è la via non tanto o prima di tutto per l’incontro con il divino, ma per la scoperta di una vera e commovente fraternità. Fratel Charles lo scriveva dal deserto, il 5 luglio 1905 all’abbé Huvelin, colui che lo aveva accompagnato nel suo ritorno verso Dio: «Nazaret è il luogo dove c’è molta umanità, molta pace, comprensione. La vita di Nazaret si può vivere dappertutto: conducila in un luogo più utile per il prossimo» (in J. Lahaye, Nel deserto con Charles de Foucauld, Edi, Napoli 2005 p. 24). Autenticamente “condotto dallo Spirito nel deserto” nascosto in quel nord Africa che Un libro sul femminicidio di Alessandro Orlando si nasconde dietro l’apparenza tranquilla della normalità familiare. La minaccia, l’umiliazione, l’aggressione verbale, la persecuzione, i ricatti economici sono solo alcuni dei molteplici soprusi spesso non tenuti nella dovuta considerazione quasi avessero, in questa terribile panoramica, un ruolo minore. Una piccola casa editrice pistoiese “Edizioni Atelier”, con il libro “Il tacco spezzato”, ha voluto affrontare il doloroso tema del femminicidio proponendo, una serie di racconti e di interviste. Quest’ultime, curate dalla giornalista pistoiese Susanna Daniele, sono state rivolte a chi ogni giorno ha a che fare professionalmente con donne maltrattate e uomini maltrattanti (magistrati, direttori di centri antiviolenza, psicologi, una giornalista del Corriere della Sera). Non è nemmeno un caso se alcuni degli scrittori sono di sesso maschile, infatti analizzando con attenzione questa profonda ferita sociale e culturale ne viene fuori che il problema non è solo delle donne ma anche, e soprattutto, degli uomini. Ancora oggi infatti il senso del dominio maschio/femmina mantiene radici profonde. Questa piccola ma curata pubblicazione a metà fra l’inchiesta giornalistica e l’antologia letteraria diventa uno stimolo alla riflessione ed un invito a progredire su di una strada impervia e piena di ostacoli verso la soluzione del problema. Una strada non facile e intrapresa purtroppo solo da poco. La politica, le Istituzioni, noi tutti abbiamo il dovere di sentirci senza pace finché questa barbàrie non avrà fine. La prefazione è stata curata dal giornalista della Giunta Regionale Toscana Mauro Banchini. Bella anche la copertina, di un arancione acceso che riporta una foto, graficamente rielaborata, della scultura del Ratto di Polissena che si trova sotto la Loggia dei Lanzi a Firenze. sarebbe divenuto, fino ai nostri giorni, uno dei luoghi cruciali per la realizzazione di un mondo più giusto e solidale, fratel Charles apriva una via radicalmente nuova, e che ancora attende di essere realmente imboccata dai discepoli di Cristo: la fraternità universale è il solo stile di vita veramente evangelico. Poeti Contemporanei A te Italia nostra Mia Italia del cielo azzurro mia Italia così graziosa ed esile distesa nelle fresche mattine dei tuoi mari, Italia dell’arancia e dell’uva degli uliveti argentati nel vento delle spighe dorate del tuo grano, del sole sulle tue città che come astri brillano ognuna di luce propria, mia Italia di Dante e di Raffaello hai dimenticato quel tempo quando per le tue strade, si incontravano Leonardo e Michelangelo e le tue primavere somigliavano alla primavera fiorita di Botticelli. Per una delle tue strade, la via Appia, camminò il Cristo Gesù che prese la mano di Pietro che fuggiva per riportarlo a Roma. Mia Italia del Rinascimento e del Risorgimento che hai arricchito il mondo con i fasti della Cappella Sistina e con la povera tonaca di San Francesco, quanta gente da tutto il mondo veniva a te per conoscerti, s’incantava nella meraviglia dei tuoi paesaggi, nella bellezza della tua antichissima civiltà nella vivacità creativa di arte e scienza del tuo popolo… Ma che ne è oggi di quella tua dignitosa bellezza? È stata buttata via come un cencio, calpestata dai tuoi stessi figli che non ti amano e che ti offendono e ti insultano con la loro maniera di vivere e di operare. Non ti importa più di far fiorire dalle tue Regioni e dalle tue città quelle capacità artistiche e scientifiche della tua gente, anzi fai in modo che la splendida intelligenza di tanti tuoi figli ti lasci per andare ad arricchire di sapienza e bellezza altri popoli. So che ora la tua dignità si è rifugiata nel cuore di Dio da dove è sbocciato il prodigio del tuo genio. Ma adesso non voglio più farmi sommergere da chi ti disprezza, non voglio più affondare nell’amarezza per te. Voglio aiutarti, voglio credere in te, voglio aspettare un tuo nuovo Risorgimento che porterà il tuo nobile spirito a illuminare ancora le oscurità del mondo. Anna Tassitano 4 attualità ecclesiale IL PAPA CON I FIDANZATI Papa Francesco, in Piazza San Pietro con 25mila fidanzati, ha festeggiato San Valentino proponendo di rivisitare la preghiera del Padre Nostro ad uso e consumo delle coppie che hanno il coraggio del “per sempre” n. 7 23 FEBBRAIO 2014 “Dacci oggi il nostro amore quotidiano” di M. Michela Nicolais I l segreto di un buon matrimonio? “Il marito ha il compito di fare più donna la moglie, la moglie ha il compito di fare più uomo il marito”. Perché “è bello, per i figli, vedere un papà e una mamma che sono cresciuti insieme”. Guarda lontano, il Papa. E non ce la fa proprio a rimanere nel testo che ha scritto: “Vi devo dire una cosa, le domande mi sono arrivate in anticipo, e così ho avuto tempo per prepararmi”, confida da subito alla piazza. Per un’altra delle “prime volte” a cui ci ha ormai abituato - non era mai accaduto che un Pontefice “festeggiasse” san Valentino insieme con oltre 25mila fidanzati, provenienti da 30 Paesi del mondo – Papa Francesco sceglie di rispondere alle domande di tre coppie. E lo fa attingendo a piene mani dal vissuto quotidiano di chi si sta preparando al matrimonio cristiano, ma anche di chi il “grande salto” l’ha già fatto. “L’amore quotidiano degli sposi è il vero pane dell’anima”, dice a braccio, consegnando come “vademecum” ai fidanzati le tre parole già raccomandate C oraggio, speranza, fiducia, formazione, testimonianza, credibilità e concretezza: sono queste le parole chiave emerse alla fine del XIII convegno nazionale di pastorale giovanile (Genova, 10-13 febbraio) sul tema “Tra il porto e l’orizzonte - le direzioni della cura educativa nella comunità cristiana”. Oltre 550 tra educatori e operatori di pastorale giovanile, provenienti da 150 diocesi italiane, hanno riempito i saloni dei ‘Magazzini del cotone” del porto antico del capoluogo ligure, e discusso su come suscitare nei giovani un nuovo desiderio di vivere e su quale contributo la comunità adulta può offrire alle nuove generazioni per educarle e accompagnarle nella scoperta della propria vocazione. Non solo ‘fare’, dunque, ma ‘essere’, le azioni come conseguenza della propria esistenza. Guide credibili E i primi ad esserne consapevoli sono gli educatori che non si nascondono le responsabilità, come Michele Tufo, del Servizio di pastorale giovanile della diocesi di Foligno: “Davanti ai tanti stimoli in cui i giovani sono immersi, molti dei quali contrastanti e ingannevoli, occorre la capacità di indicare loro con chiarezza, la direzione migliore. C’è bisogno di guide credibili, siano esse laici, religiosi, sacerdoti o vescovi. Organizzare attività e iniziative non basta”. Da tempo, aggiunge Tufo, “nella nostra diocesi abbiamo scelto alle famiglie: “permesso, grazie, scusa”. Rispolvera parole antiche e sagge, come cortesia e gratitudine – “la gratitudine è un fior che cresce in terra nobile”, gli hanno insegnato a Buenos Aires, “è necessaria la nobiltà dell’animo, perché cresca questo fiore”, suggerisce ancora fuori testo. Fa un elenco dettagliato delle occasioni, infinite, in cui in una coppia occorre trovare il coraggio di dire grazie e scusa. Chiede “sobrietà” nella celebrazione del matrimonio. Non ha in mente una “famiglia perfetta”, perché una famiglia perfetta non esiste, figuriamoci una suocera perfetta, scherza con i presenti. Infine, una proposta che nella sua semplicità – profonda - appare rivoluzionaria: riformulare il Padre nostro proprio per i fidanzati e per gli sposi: “Dacci oggi il nostro amore quotidiano”. “Non dobbiamo lasciarci vincere dalla cultura del provvisorio” Rispondendo all’argomento della prima domanda rivoltagli da una coppia proveniente da Gibilterra, il Papa ha spiegato che “non è solo una questione di durata! Un matrimonio non è riuscito solo se dura, ma è importante la sua qualità. Stare insieme e sapersi amare per sempre è la sfida degli sposi cristiani”. Oggi, invece, “tante persone hanno paura di fare scelte definitive, per tutta la vita, sembra impossibile. Oggi tutto cambia rapidamente, niente dura a lungo… E questa mentalità porta tanti che si preparano al matrimonio a dire: stiamo insieme finché dura l’amore”. Il Padre Nostro per gli sposi “Gli sposi possono imparare a pregare anche così: Signore, dacci oggi il nostro amore quotidiano, insegnaci ad amarci, a volerci bene! Più vi affiderete a Lui, più il vostro amore sarà per sempre, capace di rinnovarsi, e vincerà ogni difficoltà”. Per Papa Francesco, “come l’amore di Dio è stabile e per sempre, così anche l’amore che fonda la famiglia vogliamo che sia stabile e per sempre”. Tre parole. Ai fidanzati, il Papa ha dato le stesse regole “regole” per il “cammino di ogni giorno” che aveva già PASTORALE GIOVANILE Educatori consapevoli: occorre il coraggio di una proposta più alta Tante voci dal convegno nazionale di Genova. Emerge la consapevolezza che i giovani vivono una condizione difficile alla quale non si risponde con il sentimentalismo, ma con la forza di un cammino da fare insieme di Francesco Rossi di privilegiare un’azione sinergica con altri uffici pastorali (famiglia, lavoro, vocazioni, sport e tempo libero) e movimenti per mettere in moto sempre più talenti. Non tante iniziative ma l’iniziativa”. Dello stesso avviso anche Angela Marino, educatrice della diocesi di Cassano allo Jonio.“Le idee da concretizzare anche in una realtà complessa e difficile come quella calabrese sono tante. Torniamo da Genova con la consapevolezza di metterci in gioco con più fatti e meno parole ma soprattutto con più testimonianza di fede”. Le difficoltà sociali ed economiche del territorio si superano con “il coraggio, quello che ti fa essere della partita senza diventare spettatore, e con la speranza. Se non ci aggrappiamo alla speranza sarà difficile venir fuori da situazioni gravi e complesse come quelle in cui viviamo. La principale è costruirsi una vita e progetti come quello di “Policoro”, ci dimostrano che da noi è possibile. Una pastorale giovanile che si rispetti deve dare ragione ai giovani di questa speranza”. Paura di osare Uno dei punti principali emersi a Genova, secondo Maria De Luca, della diocesi di Benevento, è “la formazione permanente degli educatori necessaria per poter offrire ai nostri ragazzi i giusti aiuti. Perché prendano il largo devono avere fiducia o forza interiore. Spesso – riconosce De Luca - proponiamo tante attività ma non riusciamo a trasmettere la fiducia. Dal convegno arriva un forte stimolo a lavorare in questa direzione. Dobbiamo essere i primi testimoni di ciò che facciamo e professiamo. Non possiamo più nasconderci dietro frasi del tipo ‘i giovani sono stanchi, non hanno voglia’. Credo sia un atteggiamento che nasconde la paura di osare degli educatori. Il giovane vuole avere da noi non solo carezze o abbracci ma anche delle regole che spesso tendiamo ad eliminare perché temiamo che non le accettino e se ne vadano. Alzare il livello della proposta per affascinarli sempre più, per questo bisogna puntare all’Alto”. Sulla paura degli educatori si sofferma anche don Emanuele Poletti, della diocesi di Bergamo. “Il lavoro da fare è ancora tanto: in questi anni ci siamo buttati sull’aspetto aggregativo per paura di perdere i giovani; adesso invece abbiamo la consapevolezza che occorre dare profondità a que- Vita La assegnato alle famiglie. Permesso, ha spiegato, è “saper entrare con cortesia nella vita degli altri”. A volte invece, “si usano maniere un po’ pesanti, come certi scarponi da montagna”. Ma “l’amore vero non si impone con durezza e aggressività”. Grazie.“Sembra facile pronunciare questa parola, la insegniamo ai bambini, ma poi la dimentichiamo”. “Sapete ringraziare?”, ha chiesto il Papa ai fidanzati: “Grazie non è una parola gentile da usare con gli estranei, per essere educati. Bisogna sapersi dire grazie, per andare avanti bene insieme nella vita matrimoniale”. Scusa. “Nella vita facciamo tanti errori, tanti sbagli. Li facciamo tutti. Forse non c’è giorno in cui non facciamo qualche sbaglio. La Bibbia dice che il più giusto pecca sette volte al giorno”. “In genere ciascuno di noi è pronto ad accusare l’altro e a giustificare se stesso, ma questo è cominciato dal nostro padre Adamo”, la denuncia del Papa: “è una storia vecchia, è un istinto che sta all’origine di tanti disastri. Impariamo a riconoscere i nostri errori e a chiedere scusa”. L’elenco è lungo e dettagliato. Chi sopporta di più? “Sappiamo tutti che non esiste la famiglia perfetta, e neppure il marito perfetto, o la moglie perfetta. Non parliamo della suocera perfetta!”. Con i fidanzati Papa Francesco ha usato toni realistici e anche scherzosi. “Non finire mai una giornata senza chiedersi perdono”, il suo consiglio, perché “se impariamo a chiederci scusa e a perdonarci a vicenda, il matrimonio durerà, andrà avanti”. “Quando vengono nelle udienze o a messa a S. Marta gli sposi che fanno il 50° – ha infine rivelato il Papa quasi confidenzialmente - io faccio la domanda: chi sopporta di più? Tutt’e due, mi rispondono, e quella è una bella testimonianza”. sti legami, non avendo paura della radicalità nel vivere la fede. Non si tratta di tornare a forme passate – ancorché viste con nostalgia da alcuni – ma portare i destinatari della pastorale giovanile a vivere una vita ‘migliore’, quella ‘vita buona’ che ci indicano i nostri vescovi. Dobbiamo mostrare loro il Vangelo vissuto e, quindi, siamo chiamati a essere innanzitutto testimoni. Al Nord è molto sviluppata la formula dell’oratorio, che però non va proposto per le strutture che ha e ciò che fa, quanto piuttosto per lo stile educativo. Questo stile accomuna tutti coloro che hanno a cuore l’educazione dei più giovani, sia che lavorino in parrocchia o negli oratori, sia nelle associazioni o nei movimenti. L’importante è che ci siano criteri evangelici ed ecclesiali”. Convertire i preti Per Francesco Donvitto, di Bari, “è importante collaborare tra le diverse anime della Pastorale giovanile, uscire dal ‘provincialismo’ che ancora si vive a livello parrocchiale o associativo. Ora, più che un contesto dove ritrovarsi tutti, la Pastorale giovanile rischia di essere una proposta ulteriore a fianco di tante altre. Il nostro luogo di riferimento è la parrocchia: è qui che la comunità cristiana cresce e, al suo interno, vi deve essere pure la cura per le giovani generazioni. Ma dobbiamo ‘convertire’ i nostri preti perché troppo spesso si tende a lavorare nel proprio orticello”. Vita La 23 FEBBRAIO 2014 Uomini di Chiesa e dello Stato hanno riflettuto sul nuovo concordato che prese l’avvio il 18 febbraio 1984 di Luigi Crimella L a famosa foto del cardinale Agostino Casaroli seduto accanto a Bettino Craxi e Arnaldo Forlani, intenti, il 18 febbraio 1984 nella sala d’onore di Villa Madama, a firmare l’atto di revisione del Concordato del 1929, ha campeggiato sulle locandine del convegno “A trent’anni dal Nuovo Concordato 1984-2014”, promosso a Roma dalla “Fondazione Socialismo”. Un evento non puramente commemorativo. Anzi, a giudicare dalle personalità intervenute, un tributo a uno dei passaggi nei rapporti Stato-Chiesa più felici e innovativi, con il quale sono state pressoché definitivamente superate le antiche diffidenze tra una parte e l’altra del “Tevere”, un secolo e mezzo dopo le dolorose vicende risorgimentali. Così infatti si sono concordemente espressi monsignor Piero Parolin segretario di Stato vaticano, e monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei per il versante ecclesiastico; e sul versante istituzionale il presidente del Senato Pietro Grasso, accanto a storici, giuristi, sociologi quali Carlo Cardia, Cesare Mirabelli, Gianni Long, Agostino Giovagnoli, Francesco Margiotta Broglio e Gennaro Acquaviva. Un “parterre” di personalità di primo piano di area cattolica, laica, socialista, unite nella positiva considerazione che il nuovo Concordato sia un fatto di grande rilievo, che non solo è stato ed è tuttora valido per l’Italia, ma che ha fatto da esempio per altri accordi analoghi da parte vaticana, e da parte dello Stato italiano con altre confessioni religiose. Il valore esemplare dell’accordo Il segretario di Stato mons. Piero Parolin ha messo in luce come questo accordo rappresenti “un modo nuovo e amichevole di guardarsi tra Stato e Chiesa per il bene comune del Paese”. Dalle trattative che avevano portato a questo traguardo - ha sottolineato - “la collaborazione per il bene del Paese acquisiva un particolare P ossiamo prendere, come tema per la nostra meditazione nella settima domenica del tempo ordinario, anno A, l’invito che Dio, attraverso Mosè, fa al popolo d’Israele: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo” (prima lettura, Lv 19, 1-2. 17-18).Tanto più perché lo stesso tema ci viene riproposto nella lettura evangelica (Mt 5, 38-48) dalle parole di Gesù: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Come presupposto, la seconda lettura (1 Cor 3, 16-23) ci ammonisce che la santità non è un optional per il cristiano, ma un obbligo ineludibile derivante da un evento meraviglioso che il Battesimo ha prodotto in noi: « Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi». Sia Mosè (prima lettura) che Gesù precisano il modo con cui si giunge a questa santità che è sinonimo di perfezione e di somiglianza con il Signore nostro Dio, o, nella dimensione neotestamentaria, con Padre nostro celeste. Nel Levitico troviamo già pienamente delineata una via che Gesù farà sua, non tanto per il comportamento, quanto per l’universalità di esso, limitato, per un israelita, ai soli connazionali, ovverosia ai “figli del tuo popolo”. Colpisce l’identità nell’ordine di realizzazione della perfezione nell’insegnamento di Mosè e di Gesù. Ambedue cominciano non dalla considerazione delle azioni, ma dei sentimenti del cuore che le generano: «Non coverai nel tuo cuore odio n. 7 attualità ecclesiale 18 FEBBRAIO 1984/2014 5 “Nuovo” Concordato Trent’anni portati benissimo significato per l’Italia non ancora uscita del tutto da una vicenda terroristica che aveva visto pagare un alto prezzo”, in termini di vittime, da parte di “significativi esponenti anche del mondo cattolico”. Ha poi rilevato come il Concordato abbia assunto alcuni dei contenuti salienti della “Gaudium et Spes”, “dove si afferma che la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome nei rispettivi ordini” e sono anche “entrambe al servizio della vocazione personale e sociale a vantaggio di tutti”. Dopo avere chiaramente ricordato che questo accordo “ha costituito un paradigma per ulteriori accordi della Santa Sede con altre realtà”, ha anche ribadito che esso ripropone uno dei compiti della Chiesa che consiste nell’”educare i fedeli al senso dello Stato e ad essere sottomessi ad ogni autorità per amore del Signore”, cioè - ha aggiunto - “per attuare il comando ‘Date a Cesare quello che è di Cesare’”. La valorizzazione del ruolo della Cei “Con l’Accordo concordatario del 1984 ha preso avvio una nuova stagione di relazioni tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, che rispetto alla tradizionale prassi concordataria porta a valorizzare il ruolo e il contributo della Conferenza episcopale italiana, alla quale significativamente viene riconosciuta la personalità giuridica ex lege”. Questa la sottolineatura proposta dal segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino. Dopo aver definito tali accordi “un ‘ponte’ per il concreto dispiegarsi dei rapporti fra Stato e Chiesa”, mons. Galantino ha messo in evidenza che, in tema di organizzazione interna della comunità ecclesiale, “il Concilio e il Codice affermano chiaramente l’importanza del ruolo svolto dalle Conferenze episcopali, riconoscendone il molteplice e fecondo contributo affinché il senso di collegialità si realizzi concretamente”. Sul ruolo della Chiesa nello Stato sociale, ha poi citato “ambiti decisivi” come ad esempio “quello dell’educazione, della sanità, dell’assistenza agli ultimi”, cui si collega la “materia del sostentamento del clero” e “del valore sociale delle molteplici attività svolte dai nostri sacerdoti” oltre che della “utilizzazione delle risorse devolute dai contribuenti mediante la scelta dell’8 per mille”. La Parola e le parole VII Domenica del Tempo Ordinario anno a Messale contro il tuo fratello». Non è, questo precetto, esattamente uguale a quello di Gesù? Gesù, infatti, precisa: «Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adultèri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie» (Mt 15, 19). E alla fine della parabola dei due servitori, il primo dei quali non ha verso l’altro la compassione che il padrone, in maniera infinitamente più grande, ha avuto verso di lui: «Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?». Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello» (Mt 18,33-35). La santità che ciascuno di noi deve perseguire è, quindi il risultato dell’impegno di imitare quella di Dio. È senza dubbio consolante sentirselo dire da Gesù, perché significa che si tratta di un traguardo raggiungibile.Tutto parte dalla considerazione di ciò che Dio stesso ha rivelato di sé, una specie di biglietto da visita che torna per ben nove volte nell’antico testamento e che sfata l’idea, abbastanza diffusa in passato e dura a morire, di un Dio iroso che non aspetta altro che fulminare i poveri peccatori appena hanno avuto la disgrazia di sbagliare. Niente di più falso. Se passiamo in rassegna, raffrontandoli, questi nove passi, troviamo come caratteristica comune, senza eccezioni, è il primo posto che fra gli attributi del Signore occupano la misericordia, la pietà e la lentezza nell’ira. Ed è questo, per nostra fortuna, il vero aspetto di Dio, perché ci viene rivelato dalle Sacre Scritture. Cominciamo dal Salmo responsoriale (102 [103], 8-12): «Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia. Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe». Stesso concetto in altri due Salmi: «Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Salmo 86,15); «Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore» (Salmo 145,8) . Nell’Esodo (34,6), quando Dio si rivela a Mosè: «Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà. Nei Numeri (14,18), quando Mosè supplica il Signore che perdoni il peccato del popolo Una “novità” apprezzata dal mondo politico Anche il mondo della politica plaude, a distanza di trent’anni, al nuovo Concordato. Così infatti si è espresso il presidente del Senato Pietro Grasso, che nel suo discorso è partito da un evento recente: “Nella sua prima visita al Quirinale, il Santo Padre Francesco ha ricordato con un richiamo particolare il trentesimo anniversario dell’Accordo di Revisione del Concordato, il cosiddetto ‘Nuovo Concordato’ - ha detto -. L’idea di ‘novità’ coglie un aspetto rilevantissimo: l’intervento della Costituzione repubblicana, che all’art. 7 fa specifico riferimento ai Patti lateranensi e al tempo stesso contiene fra i valori fondamentali dell’ordinamento il principio di eguaglianza, all’art. 3 e la libertà religiosa all’art. 8”. L’accordo di revisione - ha aggiunto il presidente Grasso - indicava così una rinnovata strada comune, lungo la quale “il riconoscimento della dimensione sociale e pubblica del fatto religioso” si accompagnava con la “saldatura delle istanze più profonde e dei legami più stretti tra pensieri, ispirazioni, progetti per la stessa convivenza e cittadinanza democratica”. d’Israele che ha adorato il vitello d’oro: «Il Signore è lento all’ira e grande nell’amore, perdona la colpa e la ribellione, ma non lascia senza punizione; castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Nei libri di tre dei profeti, cioè Gioele, Giona e Naum: «Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male» (Gioele 2,13); «So che tu sei un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore e che ti ravvedi riguardo al male minacciato» (Giona 4,2); «Il Signore è lento all’ira, ma grande nella potenza e nulla lascia impunito» (Naum 1,3). È consolante sapere che è questo che il Padre celeste vuole che pensiamo di lui e dobbiamo gioirne, ma dobbiamo ripeterci in continuazione che chi vuole essere perfetto come lui deve mettere al primo posto, nelle sue relazioni con il prossimo, proprio queste sue caratteristiche, cioè “misericordia, pietà e lentezza all’ira”. Possiamo, poi, essere certi che chi ama il prossimo benefica se stesso, prima ancora del prossimo oggetto del suo amore, semplicemente perché è questa l’unica via attraverso la quale si diventa sicuramente santi della santità stessa di cui è santo Dio. Quando abbiamo la volontà, umile ma decisa, di accettare la sfida di questa perfezione, possiamo davvero cantare con l’Antifona d’Ingresso: «Confido, Signore, nella tua misericordia, Gioisca il mio cuore nella tua salvezza, canti al Signore che mi ha beneficato» (Sal 12,6). Don Umberto Pineschi 6 N ei giorni 3 e 4 febbraio 2014 si è riunita all’Eremo di Lecceto (Firenze) la Conferenza episcopale toscana. I vescovi hanno manifestato gioia e gratitudine al Santo Padre per la nomina di monsignor Stefano Manetti, attuale rettore del seminario di Firenze, a vescovo di MontepulcianoChiusi-Pienza: insieme al loro augurio fraterno a monsignor Manetti, hanno rivolto anche a tutte le diocesi toscane l’invito ad accompagnarlo con la preghiera in vista della sua ordinazione episcopale e dell’inizio del suo ministero. I vescovi toscani hanno espresso gratitudine al Papa anche per aver ricordato, nell’angelus di domenica 2 febbraio, le popolazioni interessate dai gravi danni provocati da alluvioni, frane e inondazioni, che hanno colpito in maniera pesante pure alcune zone della Toscana. A tale proposito, La conferenza episcopale toscana ha espresso particolare vicinanza alle persone che vivono situazioni di disagio e preoccupazione, nei confronti delle quali si sono già attivate le caritas diocesane della regione. I vescovi invitano a non far mancare sostegno e solidarietà alle popolazioni colpite, mentre richiamano l’importanza della cura preventiva del territorio, che merita attenzione e investimenti adeguati da parte di chi ne ha responsabilità. Il cardinale Giuseppe Betori, presidente della conferenza episcopale toscana, ha riferito poi sui recenti lavori del consiglio episcopale permanente della Cei, e in particolare sulle modalità individuate per recepire l’invito a una collaborazione più partecipativa rivolto dal Santo Padre ai vescovi italiani nella scorsa assemblea generale. I vescovi toscani hanno accolto le indicazioni emerse e si sono pienamente riconosciuti La campana dedicata ai caduti di guerra C’è una campana a Pistoia che ha un particolare incarico. Ricordare con i suoi rintocchi i caduti in guerra pistoiesi. Non sono in molti in città a sapere, anzi a ricordare, della sua esistenza e dove si trova. È appesa al campanile della chiesa di S. Francesco a Pistoia. È stata inaugurata il 16 maggio del 1957 dal vescovo di allora. I frati di S. Francesco vollero dedicarla a tutti i caduti pistoiesi, facendo incidere sul bordo questo scritto in latino: “S. Michaeli Arc. ut a Deo qui pro Patria mortem in terris oppetiverunt vitam in caelesti Patria consequantur impetret, pietas me dicatam voluit” Che così si può tradurre: “La devozione degli uomini ha voluto dedicare a me, San Michele Arcangelo, questa campana, affinché io ottenga da Dio che coloro, che nella vita terrena affrontarono la morte per la Patria abbiano la vita nella Patria celeste.” Questa campana avrebbe dovuto suonare sempre almeno nelle giornate dedicate al ricordo dei nostri caduti e invece per tanti anni ha cessato di cantare per la precarietà del Campanile che la sorregge. Solo di recente il parroco di San Francesco, padre Dino, ha pensato n. 7 23 FEBBRAIO 2014 CONFERENZA EPISCOPALE TOSCANA Vita La Comunicato finale dei lavori del 3-4 febbraio nella linea espressa dal consiglio permanente. Durante i lavori è stata espressa anche la piena adesione dell’episcopato toscano all’iniziativa della Conferenza episcopale italiana a favore della scuola pubblica, sia statale che paritaria. Scuola statale e scuola paritaria, è stato sottolineato, non devono essere messe in contrapposizione e sono ambedue da sostenere per una crescita educativa delle nuove generazioni secondo principi di libertà. I vescovi toscani hanno quindi rivolto il loro invito a tutte le persone coinvolte nel mondo della scuola (docenti e dirigenti, personale scolastico, studenti con le loro famiglie) a partecipare all’incontro con il Santo Padre nel pomeriggio di sabato 10 maggio prossimo. Parlando della scuola, è emersa pure la preoccupazione per i tentativi di introdurre il tema della «valorizzazione delle differenze di genere» nei percorsi formativi dei docenti e degli studenti, secondo modalità ispirate alla cosiddetta teoria del «gender». Il rischio è che, per motivi ideologici, venga propagata nelle scuole una concezione lontana da quella della famiglia naturale, subordinando la stessa identità sessuale biologica a quella culturale, per di più soggettivamente determinata. I vescovi hanno quindi rivendicato la dignità culturale di una visione antropologica fondata sulla differenza e complementarietà tra i sessi. La conferenza episcopale toscana ha incontrato il responsabile e l’assistente della delegazione regionale di azione cattolica per una verifica di fine triennio, ribadendo l’importanza della presenza di Ac nelle diocesi e Il Papa con i vescovi toscani Lettere in redazione che fosse giusto risentirne il suono. E allora ha dotato il campanile di una apparecchiatura che facesse muovere il batacchio lasciando ferma la campana. Il costo è stato elevato, ma ne valeva la pena! Ora il ricordo dei nostri caduti sarà più forte! Un grazie ai frati della chiesa di S. Francesco. Giancarlo Brusoni Amore dove andiamo per san Valentino? Da Papa Francesco Una cena per due? Un weekend fuori città? Un gioiellino di Tiffany? No, quest’anno i fidanzati hanno avuto un modo tutto speciale di trascorrere la festa di san Valentino: incontrando Papa Francesco per l’Udienza loro riservata. Erano in tanti, anzi tantissimi, oltre ogni immaginabile partecipazione: oltre 20.000 hanno ascoltato il Papa parlare del desiderio che questo amore duri per sempre e sia benedetto da Dio. Tutti ragazzi normali, di età e interessi diversi, accomunati dalla volontà di vivere un “fidanzamento cristiano”, mirato quindi ad un futuro matrimonio e caratterizzato da alcune scelte importanti, scelte non facili e, spesso, controcorrente, che potrebbero sembrare quasi vintage e moralistiche. Eppure abbiamo sentito parlare di scelte. Scelte che rendono più forti e che aiutano tantissimo a non vivere egoisticamente il rapporto con l’altro, per poi girare le spalle alla prima difficoltà. Scelte che insegnano a conoscersi, a dialogare, ad accettare i difetti propri e altrui per crescere l’uno al fianco dell’altro nonostante le diversità. Scelte che fanno capire la differenza tra essere fidanzati ed essere già sposati, ricordando che il fidanzamento è una fase di scoperta del progetto di Dio sulla vita, e una ricerca di dialogo ed apertura reciproca anche se non sempre è facile farlo. La cosa fondamentale da fidanzati è parlare per conoscere l’altra persona. È importante sapere cosa pensa chi ti sta accanto, conoscere i suoi valori, le sue idee. Spesso, i matrimoni finiscono così in fretta, perché le persone non si conoscono e, nel litigio, nella difficoltà, non sanno trovare il vero perdono, perché spesso per risolvere un litigio si va a letto anziché parlare. Scelte che spingono a rinunciare a qualcosa, anche a sé stessi, per l’altro, per dimostrare il vero amore che rende la coppia salda e felice. E’ la strada che porta al sincero desiderio di sposarsi. La Chiesa, in diversi modi e persone, è chiamata ad accompagnare i fidanzati nelle loro scelte, facendoli contare sulla vicinanza dello Spirito, quando si accorgono che le loro forze non sono sufficienti. E’ lo Spirito che non si manifesta solo nei pellegrinaggi o nelle Gmg, ma è sempre presente nella vita, anche quando, magari, si prende insieme un aperitivo al bar, e col cuore in mano si sente di amarsi e di non desiderare nessun altro. Scelte di sposarsi dopo aver vissuto un fidanzamento cristiano, che significa vivere un fidanzamento in cui ci si conosce per capire se quella persona è veramente la persona pensata da Dio; significa vivere da fidanzati, appunto, e non da sposati un periodo che serve a comprendersi e ad esprimersi nella naturalezza e nella verità. Scelte che portano a saper aspettare per irrobustire il legame, non facendo finte ‘prove’ di matrimonio, ma attendendo quello ‘vero’ in cui Dio suggella l’unione di un uomo e una donna. Sembrano pensieri fuori dal quotidiano, ma sono pensieri di coppie che, a dispetto dell’odierno nelle parrocchie, soprattutto al fine della formazione di un laicato cattolico maturo e consapevole. I vescovi hanno anche invitato l’Azione cattolica a orientarsi decisamente verso una prospettiva missionaria, valorizzando anche i movimenti di ambiente e procedendo ad una semplificazione delle strutture associative. Durante l’incontro, l’arcivescovo di Siena monsignor Buoncristiani, delegato per la Via Francigena, ha introdotto questo argomento. Si è convenuto sulla importanza della Via Francigena come percorso spirituale, sottolineando la necessità di una maggiore attenzione su questo punto da parte delle amministrazioni pubbliche. Una collaborazione in ordine all’ adeguamento delle strutture sia di culto che di accoglienza che si trovano lungo il tragitto, potrebbe contribuire a salvaguardare la natura di questa antica via di pellegrinaggio. Alla scadenza del quinquennio, la conferenza episcopale toscana ha infine proceduto, come da statuto, all’elezione, del suo presidente, vice presidente e segretario, confermando in tali cariche per altri cinque anni, rispettivamente, l’arcivescovo di Firenze cardinale Giuseppe Betori, il vescovo di Pistoia Mansueto Bianchi e il vescovo di San Miniato Fausto Tardelli. Restano in carica ancora per un anno gli altri due componenti della presidenza, il vescovo di Fiesole Mario Meini e il vescovo ausiliare di Firenze Claudio Maniago. tourbillon di precariato, incertezze, crisi economica e di valori, ma anche attacchi alla famiglia, divorzi-lampo, convivenze, unioni civili, matrimoni “a tempo determinato” e via dicendo, sentono ancora così viva la voglia di formare una famiglia. Evidentemente, più della solita trafila di raccomandazioni propinata da amici e parenti (“Aspettate, siete ‘piccoli’, godetevi la vita, pensate alla carriera, costruitevi una sicurezza economica...”), è risuonata forte la voce di Papa Francesco quando ha detto: “Cari giovani, non abbiate paura di fare passi definitivi nella vita.Abbiate fiducia, il Signore non vi lascia soli!”. Piero e Paola Una canzone per l’Expò Caro direttore, una nuova canzone per Milano in occasione dell’esposizione universale Milano 2015? La proposta è datata, risale al 1987 a conclusione della prima rassegna di canzoni e musica moderna dai paesi europei, a Milano presso la grande fiera d’aprile. Nel 2011, e recentemente, l’ideazione di un concorso internazionale per dare a Milano una nuova canzone è stata riproposta in più sedi con la collaborazione di un’associazione di volontariato. b.p.Barni Pistoia Sette N. 7 23 FEBBRAIO 2014 CENTRO CULTURALE “J. MARITAIN” È FONDO FAMIGLIA-LAVORO Inchiesta su Maria uscito da qualche mese, terzo di una fortunata serie, il libro “Inchiesta su Maria”, in cui Corrado Augias, giornalista lontano da qualsiasi fede religiosa, si propone di sviscerare questioni storiche e teologiche riguardanti la figura della madre di Gesù, spesso delicatissime, nella forma del dialogo con Marco Vannini, grande studioso di mistica. Ne risulta un’indagine ricchissima di notizie, informazioni e riflessioni stimolanti, forse sconvolgenti per le impostazioni più tradizionali e devozionali: tuttavia, ad un Augias che si avvicina alla storia del culto mariano con il piccone demolitore e un po’ superficiale della mentalità illuministica, Vannini risponde con rispetto profondo e amore per la figura di Maria e quello che essa ha suscitato nei secoli. Vannini affronta i temi della verginità di Maria, della sua assunzione in cielo, della vicinanza di questa figura ai miti pagani della Grande Madre, finanche delle apparizioni e delle visioni mariane da un’interessante e per certi versi sorprendente prospettiva, che non ignora certo l’indagine esegetica e storico-scientifica, L’incontro-dibattito si terrà venerdì 28 febbraio 2014 alle 21 presso il seminario vescovile, via Puccini 36. Introdurrà Marco Vannini, autore del libro omonimo, e Lucetta Scaraffia dell’Università La Sapienza di Roma I di Beatrice Iacopini ma offre sempre al lettore diversi livelli di lettura, evitando così la superficialità con cui Augias – e con lui il normale senso comune – liquiderebbe la faccenda. Per esempio, tenendo in considerazione anche le scoperte della psicologia del profondo, Vannini fa notare come la costruzione della figura della Madonna non sia semplicemente il frutto di una mentalità prescientifica ormai superata, ma qualcosa che è capace di far luce nel profondo della nostra anima: “la presenza benevola di Maria nel profondo della psiche accompagna dall’inconscio verso le regioni superiori, verso il cielo”. A livello spirituale, poi, i dogmi mariani della verginità e della maternità divina sono letti come archetipi di ciò a cui ogni uomo è chiamato: all’umiltà e alla rinuncia totale di sé (la verginità) perché nel vuoto del distacco dalla propria egoica volontà possa nascere lo Spirito (maternità divina). «Vergine è l’anima che ha rinunciato all’amore di sé, ed è in essa che nasce immediatamente il divino, perciò la verginità è, insieme, feconda». Teresa di Lisieux alludeva a questo scrivendo “Maria è una di noi”. Lucetta Scaraffia è professore associato di Storia Contemporanea all’Università La Sapienza di Roma. Studiosa di storia delle donne e di storia religiosa, ha dedicato lavori a Santa Rita da Cascia, Santa Teresa d’Avila e a Santa Francesca Cabrini; ha pubblicato una ricerca sul Sostenute 184 famiglie santuario di Loreto e la costruzione dell’identità italiana e un articolo sul santuario de La Salette. Collabora con Avvenire, Corriere della Sera, Osservatore Romano. Marco Vannini si dedica da sempre allo studio della mistica: il suo contributo indubbiamente più grande è stata la traduzione dell’intera opera di Meister Eckhart; ha curato, tra l’altro, le edizioni del Pellegrino Cherubico di Silesio e dello Specchio delle anime semplici di Margherita Porete ed ha diretto la collana “I Mistici” di Mondadori, pubblicando così una trentina di autori di ogni epoca. Ha scritto, tra l’altro, una Storia della mistica occidentale, che va – come recita il sottotitolo – dall’Iliade a Simone Weil. l fondo famiglia-lavoro, voluto fortemente dal vescovo di Pistoia mons. Mansueto Bianchi, ad oggi ha sostenuto 184 famiglie e sono stati complessivamente erogati 410 mila euro. Il progetto è stato portato avanti alla Caritas, dalla pastorale sociale e del lavoro, Misericordia e Acli. Il fondo è stato alimentato da varie realtà come la Fondazione Caripit, con un finanziamento nel corso del 2013 pari a 100 mila euro, dai Fondi Cei otto per mille, da privati e parrocchie. Tra queste, la Caritas evidenzia in particolare la parrocchia di Santomato. All’interno del suo percorso comunitario, la parrocchia ha infatti costituito un gruppo caritas, dove volontari e volontarie creano dai materiali di scarto oggetti per la casa o bomboniere. Attraverso questo servizio sono stati raccolti più di otto mila euro, devoluti al fondo famiglia-lavoro. “Una bella esperienza di chiesa, scrive la Caritas diocesana, per questo intendiamo ringraziare tutta la comunità parrocchiale di santomato per il sostegno alle attività caritative della Diocesi”. Recentemente, la vita della comunità di Santomato è stata colpita dalla morte di Chiara Bertocci, una donna che attraverso la sua vita e il suo vivere la sofferenza, ha dato testimonianza di fede. Per il suo funerale sono stati raccolti mille euro, devoluti poi al fondo famiglia-lavoro. M.N. Associazione Amici di Lourdes 26 febbraio-3 marzo 2014 C Esercizi spirituali con padre Saverio Zampa ome ogni anno l’associazione “Amici di Lourdes” promuove un corso di esercizi spirituali, che quest’anno si svolgerà dal 26 febbraio al 3 marzo e che sarà guidato da padre Saverio Zampa, già responsabile del servizio giovani del Santuario di Lourdes e ancora oggi impegnato a tenere incontri per la formazione dei volontari che si recano a Lourdes. A spiegare il significato del tema pastorale di questo appuntamento,“Lourdes, la gioia della conversione”, è il responsabile dell’associazione, il diacono Luciano Bani, insieme al diacono Marco Baldi. “Ad ogni pellegrino - afferma - Maria detta, come a Bernadette, il proprio cammino di conversione. Tornare da pellegrino a Lourdes e non aver fatto nostro il proposito di conversione per cercare di metterlo in pratica è tradire quello che Maria si aspetta da noi. La conversione è gioia dell’incontro e promessa di felicità, la conversione è preghiera e solidarietà nella dipendenza filiale alla grazia: è una pratica coraggiosa per strapparsi da ciò che disorienta la nostra vita. Il culmine del pellegrinaggio è la conversione”. Ma quale aspetto del mes- saggio di Lourdes si può proporre oggi ai giovani? “Il messaggio di Lourdes – spiega padre Zampa - lo propongo sempre nella totalità. Ci sono delle cose che sottolineo ai giovani e una prima cosa è questa: si viene a Lourdes per lasciarci guidare da Maria e molte volte non si sa quello che accade. Bernadette non sapeva quello che sarebbe accaduto alla grotta, però bisogna stare lì alla grotta. Invito tutti a farlo e lasciarci guardare da Maria. Seconda cosa è fare un cammino spirituale a Lourdes come quello di Bernadette, perché lei si è preparata alla prima comunione durante il periodo delle apparizioni. Un cammino che possa portare all’incontro con Dio. Altro aspetto fondamentale del messaggio di Lourdes è il segno dell’acqua, lavarsi, bere, l’acqua alla sorgente. Per i giovani può significare talvolta accettare se stessi, accettare la propria storia, così come è andata perché è un passo per costruire il futuro. E poi,ancora, un aspetto che mi sembra importante è l’esperienza di chiesa. Non prendiamo i giovani a parte, tirandoli fuori dalla folla di Lourdes, bisogna immergerli nella folla di Lourdes perchè scoprano anche che quella folla è la chiesa. Molte volte mi dicono al di là delle frasi fatte: ‘io ho ritrovato la mia fede’. Un’altra risposta che danno è molto concreta e non a parole, infatti si mettono al servizio degli altri”. Quello che si aspettano i giovani dall’esperienza di Lourdes, secondo padre Saverio Zampa, è l’autenticità. Mentre dai giovani, Lourdes attende ‘Cuore e braccia’: “C’è bisogno di volontari tuttavia, pensare solo questo significherebbe strumentalizzarli, ma c’è dell’altro, metterci il cuore non solo fare ma sopratutto essere al servizio degli altri”. Daniela Raspollini In Cattedrale Vespro d'organo con Wladimir Matesic Musiche di Johann Pachelbel, Keith Chapman, Gaston Litaize, Claude Balbastre, Flor Peeters e Comelis De Wolf eseguite all'organo Costamagna (1969) della Cattedrale di Pistoia da Wladimir Matesic, domenica 2 marzo alle 17, per il Vespro d'organo promosso dall'Accademia «Giuseppe Gherarderschi». Matesic, che dal 2009 è membro del consiglio direttivo dell'Associazione «Gherardeschi» di Pistoia, nel 2010 è stato nominato dal Capitolo di S. Pietro organista co-titolare della Cattedrale di Bologna. È docente di organo e composizione organistica al Conservatorio «Tartini» di Trieste ed è direttore artistico della rassegna internazionale di musica sacra «Voci e organi dell'Appennino». 8 comunità ecclesiale Vita La n. 7 23 FEBBRAIO 2014 PITEGLIO In ricordo di Le esequie don Giuseppe di don Giuseppe Vignozzi: A il “vecchio rondone” ha chiuso le ali bbiamo voluto leggere tutto il testamento spirituale di don Giuseppe perché queste ci sono sembrate le parole più giuste per dire quello che lui è stato in questi suoi 75 anni di sacerdozio. Con la lucidità, l’intelligenza e la franchezza che lo hanno sempre caratterizzato ha perfettamente delineato la figura del sacerdote: un uomo che, pur con i suoi limiti e le sue fragilità, è portatore di un grande mistero. È colui che solo è capace, attraverso le sue mani, di far discendere Dio in un po’ di pane e di vino per donarlo agli altri; è colui che, con la sua parola, può far rivivere le parole di Gesù e renderle attuali; è ancora colui che, con un gesto e una frase “io ti assolvo I l giorno 15 febbraio 2014, alle 7,30 è deceduto nella sua abitazione di Piteglio il pievano don Giuseppe Vignozzi. La notizia ha destato, in tutto il paese e nella vicinanze, unanime rimpianto. Il vecchio rondone ha chiuso le ali. Don Giuseppe si firmava così con il nome del volatile sul bollettino voci amiche organo di informazione che, con grande Monsignor Giuseppe Vignozzi, canonico onorario della Cattedrale, nato a Vitolini il 26 settembre 1914, ordinato sacerdote il 29 giugno 1939, fu nominato cappellano a San Marcello Pistoiese dal 18 luglio 1939 al 23 settembre 1940. Fu nominato parroco di Piteglio il 23 settembre 1940. È morto il 15 febbraio 2014. Riposa nel cimitero parrocchiale. capacità, ha diretto per oltre cinquanta anni. Il sacerdote in questo 2014 era entrato in cento anni di età di cui settantacinque al servizio della chiesa e di questa comunità montana. Orfano di guerra, fu ordinato sacerdote nel 1939 dal vescovo di Pistoia Giuseppe Debernardi. Dopo l’ordinanza sacerdotale fu inviato a san Marcello nella veste di cappellano, nel ‘40 MOVIMENTO APOSTOLICO CIECHI Giornate della condivisione Testimoni del Vangelo per una cultura I dell’incontro l Movimento apostolico ciechi ha organizzato a Roma dal 28 al 30 marzo 2014 le Giornate della Condivisione. In questa occasione è prevista un’udienza con Papa Francesco. Venerdì 28 marzo Nel pomeriggio arrivi e sistemazione nell’albergo ore 19: sala delle conferenze dell’Hotel; saluto ai partecipanti da parte del presidente nazionale del Mac e dei dirigenti locali; momento di preghiera; presentazione del Tema “Testimoni del Vangelo per una cultura dell’incontro”; ore 20,30: cena, serata libera. Sabato 29 marzo ore 7,30:colazione; ore 8,30: partenza con il pullman; ore 9: raduno in piazza San Pietro: a gruppi: breve itinerario guidato tra arte e spiritualità nella basilica e professione di fede presso la tomba di San Pietro ore 11: momento di preghiera e professione di fede - Aula Paolo VI; ore 12: Udienza del Santo Padre Francesco - Aula Paolo VI ore 13,30: pranzo; ore 16: partenza con il pullman dall’albergo ore 16,30: raduno nella Basilica dei SS. Ambrogio e Carlo al centro di Roma, per una proposta di musica e testimonianze da parte del gruppo “70 volte 7” e riflessione sul tema del vescovo di settore monsignor Matteo Zuppi. A seguire breve passeggiata nel centro città; ore 19: partenza con il pullman e rientro all’Hotel; ore 20: cena. Dalle 21,30 alle 22,30 Musica e canti internazionali. Domenica 30 marzo ore 7,30: colazione; ore 8,30: partenza con i pullman dall’Hotel per la piazza di Santa Maria Maggiore; ore 9,30: preghiera e breve presentazione della Basilica di Santa Maria Maggiore; ore 10: Messa presieduta da cardinal Santos Abril y Castello’; ore 11,30: partenza per rientro con i pullman all’albergo per il pranzo, passando dalla stazione Termini per far scendere coloro che partono immediatamente con il treno; ore 12,30: pranzo; ore 14: partenza per la stazione ferroviaria di Roma Termini. ebbe la nomina delle chiese di Piteglio e Prataccio, degli oratori della pieve vecchia (chiesa Matildica) e Migliorini. Il sacerdote fu anche animatore del cinema parrocchiale di Piteglio, professore di scuola media dove insegnò ai ragazzi per un ventennio la religione. Il momento clou della sua vita sacerdotale lo ebbe nel luglio del 1999 quando potè celebrare, in occasione di festeggiamenti ad anziani sacerdoti, la Messa a CastelGandolfo con papa Giovanni Paolo II. Fu canonico onorario della cattedrale di San Zeno di Pistoia e nel 2008 cappellano di sua santità Benedetto XVI. Addio don Giuseppe! I suoi parrocchiani lo ricorderanno così: basco in testa, la sciarpa e una borsa nera dalla quale uscirono sempre lezioni di bontà e nella quale entrò ben poco, e quando vi entrò fu per il bene di tutti. Umile e povero si congeda dalla vita rimanendo lo stesso mentre tutte le sue cose da oggi in poi saranno per i giovani che verranno perché il suo cuore continuerà a battere con loro. Lunedì 17 febbraio si sono svolti i funerali. Erano presenti oltre 25 sacerdoti. Ha ufficiato la cerimonia Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia. Era presente il vicario generale don Paolo Palazzi e il comune di Piteglio era rappresentato dal Sindaco Claudio Gaggini. I resti mortali di don Vignozzi erano esposti in chiesa e alla salma hanno reso omaggio in devoto raccoglimento centinaia di persone fra i quali anziani professori che insegnarono con lui alle scuole medie. Giorgio Ducceschi Da oltre un anno don Vignozzi era tornato ad abitare la canonica, dopo i lavori di restauro dei locali e della copertura, per la quale la Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia aveva assegnato un cospicuo contributo. dai tuoi peccati”, è capace di ristabilire l’alleanza tra Dio e l’uomo e di far circolare nuovamente, in quest’ultimo, la grazia e l’amore del Padre celeste. Don Giuseppe è sempre stato consapevole di questo suo ruolo, ma non per questo si è inorgoglito. Ha sempre vissuto in umiltà, gioendo se veniva compreso, soffrendo se non era capito. La sua porta era sempre aperta a chiunque avesse bisogno e non ha mai voluto sapere se chi chiedeva aiuto lo faceva per necessità o per furbizia. Il suo esempio era il santo curato di Ars e ad esso ha sempre cercato di assomigliare anche se la sua personalità, molto forte, a volte prendeva il sopravvento. Certo lascerà un segno in questa parrocchia che ha vissuto sotto le sue ali per moltissimi anni e che negli ultimi tempi ha visto tanti cambiamenti e altri ancora ne vedrà. La vita va avanti, al sacerdote che lo sostituirà e soprattutto a noi laici il compito di raccogliere la sua eredità per non disperdere i semi di bene che ha profuso tra noi. Spetta a tutti noi fedeli delle comunità di Piteglio e Prataccio essere attivi e partecipi alla realizzazione di quel regno di Dio, già presente, in germe, sulla terra e che ora don Giuseppe gode in pienezza per l’eternità. Arrivederci, don Giuseppe. Non ti diciamo addio, ma a rivederci da Dio. I parrocchiani POPIGLIO La scomparsa di Ennio Vannacci Noto industriale cartario, da sempre impegnato nel sociale, ha ricoperto numerosi e importanti incarichi nelle istituzioni e associazioni del volontariato ed ecclesiali. Per lunghi anni presidente del Circolo Mcl e vicepresidente della Misericordia L’ intera montagna piange la scomparsa di Ennio Vannacci nato a Piteglio 87 anni fa. Uomo di comprovate e indiscusse capacità managerlali, impegnato nella società civile e sociale, ha lasciato veramente un grande vuoto. Fin da giovane impegnato nel settore cartotecnico lucchese, ha dato prova della sua vocazione manageriale, dando occupazione a decine e decine di famiglie. Contemporaneamente nel suo paese, Popiglio, e nel suo comune ha ricoperto numerosi ed importanti incarichi a livello sociale, culturale e di volontartato. Per tanti anni ha ricoperto l’incarico di presidente del circolo Mcl, che insieme ad altri amici ha voluto che acquistasse sempre più un ruolo sociale ed economico del paese: sono recenti le innovazioni dello stesso che lo rendono competitivo e all’altezza dei tempi. Impegnato nella parrocchia, ha sempre collaborato con i vari parroci, dando il suo modesto ma necessario contributo.Vicepresidente per lunghi anni della locale Misericordia si è battuto perché questa fosse punto di riferimento e di aggregazione non venendo mai meno agli impegni che si assumeva... insomma non vi erano iniziative socialiculturali e religiose di cui lui non fosse parte integrante. Roberto Fini Vita La 23 FEBBRAIO 2014 comunità ecclesiale n. 7 LAMPORECCHIO 9 L’antica pieve di Santo Stefano e l’attuale grande chiesa monumentale L a mia nonna, Palmira Girali, nata nel 1866, sposata con mio nonno Desiderio Desideri nato a Lamporecchio nel 1864, mi portava fin da bambino alla messa, di mattina, al vespro nel pomeriggio e tutte le domeniche o quasi fino alla sua morte nel 1954. E mi raccontava sempre com’era la vecchia chiesa demolita per far posto all’attuale. L’antica Pieve di Santo Stefano a Lamporecchio fu costruita nel 1400 e si presentava ad un’unica aula con abside e portico sulla facciata con 6 colonne che si trovano murate nel palazzo all’inizio di via Ventura Vitoni n. 5 dove attualmente si trova la ferramenta Bruni; si vedono bene anche ora se si osserva bene perché affiorano dai muri. Nell’abside dell’antica pieve si ergeva l’altare maggiore in legno dorato con un tabernacolo grandioso. Suddetto altare è ora collocato nella compagnia dove si svolge l’adorazione eucaristica, inoltre erano presenti altri 4 altari laterali dedicati uno alla Madonna, uno al Crocifisso, uno a Santo Stefano l’altro, a sinistra dell’entrata, era l’altare dei Della Robbia. La mia nonna e le sue coetanee mi raccontavano che presso l’attuale altare del Crocifisso c’era il cosiddetto “limbo” ovvero una fossa comune coperta da una lapide dove venivano messi i bambini morti. A tal proposito mia nonna mi raccontava un episodio un po’ macabro accaduto negli anni ‘90 del 1800 quando, in occasione di un funerale fatto ad una bambina morte di peste, vide aprire questa botola e gettare la piccola vestita di bianco con una ghirlandina di fiori in testa dentro al “limbo” e tutti i presenti sconvolti perché videro la bimba riaffiorare dall’acqua tutta sporca. Tornando alla descrizione dell’antica Pieve, mia nonna raccontava che erano presenti affreschi in vari punti: nella navata e nell’abside e che all’interno ci potevano entrare fino a 500 o più persone ma che per la popolazione in crescita era piccola a suo parere. All’inizio della chiesa vicino all’acquasantiera di destra, entrando nella nuova chiesa c’era la lastra tombale di una suora, zia di Silvio Tesi, nonno di Giorgio Tesi, ma ce n’erano tante altre dentro e fuori sotto il loggiato. Dell’antica Pieve non so dirvi altro, quindi passo a descrivere la nuova chiesa. La sua prima pietra fu posata nell’anno 1900 dopo la demolizione della Pieve e per le funzioni domenicali e feriali rimase il locale della compagnia e il campanile sotto di lato sinistro era rimasto il fonte battesimale, ingrandito e abbellito da don Sabatino Ferrali quando era proposto di Lamporecchio. I materiali in parte ve- nivano raccolti dai ragazzi e dalla popolazione nei torrenti dopo la Messa. Mio padre, dopo il catechismo, raccontava lui, facevano i fioretti come tutti i ragazzi della sua età e andavano a raccogliere sassi e pietre mentre i mattoni venivano prodotti nella Fornace di Mastromarco con stampi rotondi fatti per le colonne e la cupola. E i lavori andavano avanti bene ma pochissimi anni prima dell’inaugurazione la cupola finita crollò a causa di un terremoto; i 4 pilastri che la sorreggevano erano troppo deboli e così anche 4 archi erano deboli per reggere tamburo e cupola. L’architetto Bernardini di Pescia che aveva realizzato i progetti dovette aggiungere 12 colonne e 6 controarchi grandiosi. Fu terminata nel 1920 e fu inaugurata e benedetta dal vescovo di Pistoia. La chiesa fu poi abbellita nel 1942 quando il proposto Sabatino Ferrali fece terminare la facciata. Nel 1948 per il congresso eucaristico zonale, fu abbellito anche l’interno con aggiunta di tutti finestroni con vetri colorati che rappresentavano santi e capitelli furono resi in stile barocco e aggiunte 4 nicchie per San Giuseppe a sinistra entrando, Santa Teresa del Bambin Gesù a destra, nel transetto di sinistra per San Francesco d’Assisi e a destra a Santa Rita da Cascia. Inoltre sopra a ciascuna nicchia furono appesi grandi quadri, AZIONE CATTOLICA Due appuntamenti I l 23 febbraio 2014 l’azione cattolica organizza un incontro di formazione per tutti gli educatori di azione cattolica, ma anche per catetichisti e coloro che si impegnano nel settore educativo. A guidare l’incontro sarà don Dino Pirri, assistente nazionale di azione cattolica settore ragazzi, che, attraverso una letio sul brano “La parabola del banchetto nuziale” Mt 22,1-14, aiuterà i partecipanti a riflettere sul mandato educativo che la chiesa e l’azione cattolica ci invia. Attraverso questo incontro l’azione cattolica non vuole soltanto offrire un momento formativo, ma intende accompagnare ogni educatore ad una scelta consapevale e ad un impegno cocretamente educativo e di sostegno a tutti i ragazzi e loro famiglie; soprattutto in un periodo storico dove la famiglia si trova costretta ad avvalersi anche dell’associazionismo per poter accompagnare i propri figli verso un’autentica fede cristiana. L’incontro avrà sede presso la parrocchia di Vicofaro, grazie al sostegno e all’ospitalità di don Massimo Biancalani. Per informazioni e prenotazioni per il pranzo (5 €): Andrea 338 6730700 Giulia 338 2415255 Alice 335 7004402 Matteo 333 5014159 Veronica 340 7509967 Il 2 marzo 2014 si svolgerà l’assemblea diocesana di azione cattolica. Come ogni triennio le cariche, di cui la presidenza, devono essere rinnovate, pertanto durante la giornata verranno chiamati alle urne i presidenti e i responsabili parrocchiali per il rinnovo di ogni consiglio. L’assemblea diviene un momento importante in senso associativo perchè vede la fine di un mandato e la rinascita e il rinnovamento per un altro triennio. È il momento in cui si fanno i bilanci, si cerca di capire ciò che è andato e ciò che è da aggiustare. Questa amplia riflessione verrà stimolata durante l’intera mattina con gli interventi del presidente diocesano, Carla Alati Tilli rappresentante della delegazione regionale e del professor Trionfini, vicepresidente Nazionale. È attesa anche la partecipazione del vescovo, monsignor Mansueto Bianchi. L’intera giornata con pranzo incluso verrà svolta a Villa Rospigliosi. Valentina Raimondo donati dalla famiglia Rospigliosi, altri 2 quadri furono appesi poi nel coro, uno sopra la porta della sacrestia e l’altro di fronte, quest’ultimo del famoso pittore cinquecentesco Giovanni Bilivert. Purtroppo fu ripreso dalle Belle Arti di Firenze con la promessa che avrebbero fornito una copia che però non è mai arrivata. Sulla controfacciata fu installatol’organo della vecchia chiesa e nel 1948 fu posto nel coro dietro l’altare maggiore. Dal 1948 la chiesa non presenta nessun cambiamento. Ciò che ho raccontato e che risale a prima del 1950 è stato visto e “fotografato” da occhi di persone semplici, senza una cultura specifica, perché come ben sappiamo nell’800 e agli inizi del ‘900 solo i signori potevano studiare, tutto il resto delle persone lavorava i campi, solo i più fortunati, figli di contadini, potevano arrivare ad una terza elementare. Ho voluto raccontare questa breve storia di Lamporecchio, perché come avveniva una volta, non si perdano in futuro i racconti dei nostri avi, dei nostri nonni. Un grazie speciale va a mia nonna Palmira, ai miei zii e al mio babbo Giulio che hanno tramandato a me queste conoscenze e mi hanno dato così l’opportunità e di tramandare alle future generazioni. Desiderio Desideri Appuntamenti Parrocchia di Santomato Le donne nella chiesa Mercoledì 26 febbraio, alle 21, nella chiesa parrocchiale di Santomato, Serena Noceti teologa e ricercatrice parlerà su: “Le donne nella chiesa: la parola in-audita” In considerazione dell’argomento e dell’alto profilo della studiosa la comunità di Santomato invita le realtà ecclesiali diocesane a partecipare all’incontro. Cittadinanza attiva Prossimi incontri Nella vita di una città le relazioni umane si intersecano con le vicende istituzionali. Riteniamo sia importante in questo tempo, discutere insieme sulla qualità della democrazia, il senso delle responsabilità civili, le ragioni di un impegno per la buona politica della Casa comune. Il comitato Cittadinanza attiva, con il patrocinio gratuito del Comune di Quarrata organizza alcuni incontri pubblici che si svolgeranno come semplici conversazioni. Tutti gli appuntamenti ini- zieranno alle ore 21,15 nei locali gentilmente concessi Pensare la democrazia… Giovedì 27 febbraio 2014 presso il parco Verde Olmi Cosa intendiamo per democrazia? Quali sono i suoi presupposti? Sono domande di una riflessione che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, ha visto la realizzazione di determinati sistemi politici e specifiche esperienze di governo. …e la politica Giovedì 27 marzo presso il circolo M.C.L. di Valenzatico Dopo le tragedie umanitarie dei conflitti bellici, il pensiero politico del Novecento è stato caratterizzato dalla ricerca di un metodo democratico, l’anelito di libertà ed il riconoscimento della dignità di ogni persona. Economia, lavoro e società Martedì 22 aprile presso il circolo Mcl “La Tranquillona” di Ferruccia Conoscere lo sviluppo dell’economia e dello stato sociale nel nostro Paese permette di valutare gli orientamenti di politica del lavoro ed i suoi effetti nella società per una migliore qualità della vita. Partecipazione Giovedì 29 maggio presso la Casa del Popolo di Quarrata Osservando il percorso della democrazia italiana dal secondo dopoguerra e dopo la Costituzione, il ruolo di Partiti, Sindacati e le difficoltà delle riforme, quali sono le ipotetiche prospettive del sistema politico odierno? Info: [email protected] tel. 360 537752. Nel cuore dei giorni La presentazione del libro di Mazzolari Della fede a cura di Mariangela Maraviglia avvenuta il 15 febbraio nel corso della trasmissione “Nel cuore dei giorni”, è reperibile al link seguente: https://www.youtube.com/ watch?v=hkDxG7AGqbo. Don Puglisi: il vangelo contro la mafia Il Comune di Quarrata, la Casa della Solidarietà-Rete Radiè Resch di Quarrata organizzano per venerdì 21 febbraio alle 21presso il palazzo comunale di Quarrata la presentazione del libro: “Don Puglisi: il Vangelo contro la Mafia”. Parteciperanno: Mario Lancisi, autore del libro; Davide Mattielo, Libera Piemonte e deputato del Pd. V 10 comunità e territorio La ita n. 7 23 FEBBRAIO 2014 MISERICORDIA DI PISTOIA ALLUVIONI Messa in sicurezza idraulica della piana pistoiese C Il presidente della Toscana, Enrico Rossi, annuncia interventi a breve per diversi milioni di Patrizio Ceccarelli « I cittadini hanno ragione di essere arrabbiati perché qui il fiume ha allagato quattro volte negli ultimi mesi». Così il presidente della Toscana Enrico Rossi, incontrando i cittadini e i comitati a Ferruccia, nel comune di Quarrata (Pistoia) sul ponte che attraversa l’Ombrone. A proposito degli interventi per il fiume, Rossi ha annunciato che la Regione destinerà 8 milioni per interventi finalizzati alla riduzione del rischio idraulico. «Noi abbiamo riattivato i cantieri dormienti delle opere necessarie e già finanziate - ha spiegato il governatore -, alla Querciola infatti i lavori sono ripresi e entro l’estate inizieranno quelli per la realizzazione della cassa di espansione dei laghi Primavera a Pistoia, ma la Regione, da sola, non può fare tutto.Abbiamo subito un taglio alla nostra capacità di spesa del 25%, passando da 2,5 a 1,6 miliardi di euro, ma nonostante que- Cure ed esami gratis per gli indigenti sto anche nel 2014 destineremo 50 milioni di euro alla difesa del suolo e altri 8 in particolare alla riduzione del rischio idraulico lungo l’Ombrone». Tra i lavori che verranno effettuati figurano interventi per 1,5 milioni di euro per la riduzione del rischio idraulico lungo l’asta dell’Ombrone, i cui progetti devono essere ultimati entro aprile e i lavori dovranno iniziare entro il prossimo mese di giugno. Stessa tempistica anche per la messa in sicurezza del torrente Calice fino alla confluenza con l’Agna, un intervento da 1 milione di euro. Oltre 800.000 euro sono invece destinati a finanziare lavori lungo la Brana, in varie località dei comuni di Pistoia e Agliana in seguito ai danni subiti nell’alluvione del 20 e 21 ottobre scorsi. Un milione di euro è destinato invece alla realizzazione della cassa di espansione sul torrente Stella a Pontassio nel comune di Quarrata. Il progetto dovrà essere realizzato entro giugno e i lavori dovrebbero partire entro la fine di settembre. Infine all’intervento sull’Ombrone tra le località Ferruccia e Caserana sono destinati 1,248 milioni di euro con progetti redatti entro la metà di giugno e l’inizio dei lavori entro il 20 ottobre prossimo. «A noi serviranno altri 4 o 5 anni di interventi costanti - ha concluso Rossi - ma il Governo deve metterci almeno altrettante risorse di quelle stanziate ogni anno dalla Regione. Con 50 milioni della Regione e altri 50 da Roma, sarebbero 100 milioni di investimenti che nel giro di alcuni anni alzerebbero in modo significativo il livello di sicurezza. Non escludo di invitare i cittadini della Toscana a sostenere e sottoscrivere una petizione per chiedere al Governo un impegno di questo genere, perché non possiamo affogare per Maastricht». on una crisi economica sempre più atroce e che, simile ad una piovra, ha invaso con i suoi tentacoli tutti gli aspetti della vita sociale, sono cresciute le persone in gravi difficoltà economiche. Addirittura rinunciano a curarsi, anteponendo l’alimentazione, lo studio dei figli e il pagamento dell’affitto o della bolletta della luce, dell’acqua e del gas. Sostenere la spesa del ticket per un esame o una visita medica che varia dagli 80 ai 150 euro può costringere una persona a rinunciarvi. Si evita di andare dal medico proprio per paura che gli vengano prescritte medicine e visite troppo costose. Così facendo, si corre il rischio di aggravare la propria condizione di salute. Prendendo atto di questa drammatica situazione la Misericordia e la Fondazione Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia hanno deciso di mettere a disposizione 80mila euro (40mila ciascuna) per permettere a persone in difficoltà economiche di accedere alle cure, in tempi brevi e senza dover presentare l’Isee. La lodevole iniziativa porta il nome di ‘Solidarietà e salute’. Sarà il medico di famiglia a valutare se un paziente potrà o meno usufruire dell’accesso gratuito. Oggi i medici, attraverso il sistema informatico della Regione, possono verificare il reddito dei propri pazienti, compilare un apposito modulo, scaricabile anche da internet, dopo di che il paziente potrà avere la prestazione di cui ha bisogno presso il Poliambulatorio della Misericordia che dispone di un ampio ventaglio di offerte. Gli stessi medici hanno aderito all’iniziativa con grande disponibilità e spirito di solidarietà. Si calcola che potranno essere soddisfatte dalle 4 alle 5mila prestazioni l’anno. L’iniziativa è stata presentata la scorsa settimana presso la sede della Misericordia, presenti il neo presidente Sergio Fedi, il direttore Roberto Fratoni, il medici Beppino Montalti ed Egisto Bagnoni in rappresentanza della federazione e dell’ordine dei medici, Giulio Masotti per la Fondazione Caript e Marcello Suppressa per la Caritas diocesana. Tutti hanno sottolineato l’importanza dell’iniziativa, che si propone nell’aiutare queste persone in difficoltà anche di mantenere la dignità delle persone che richiedono la prestazione. E’ stato anche sottolineato come questa iniziativa sia innovativa e unica nel suo genere in Italia. Come è stato rilevato che la classe politica fa poco o nulla in campo sanitario per aiutare le persone in difficoltà economiche. Molti discorsi e pochi fatti. Enzo Cabella CENTRALE 118 «A Pistoia solo i trasporti non urgenti» Lo ha detto il presidente Rossi in un incontro a Quarrata suscitando molti malcontenti P istoia può concorrere ad assicurarsi la presenza della centrale che si occuperà dei trasporti ordinari e sociali. Lo ha detto il presidente della Toscana Enrico Rossi, a Quarrata, parlando della questione del 118, dopo aver illustrato la scelta regionale in favore di due centrali per ciascuna delle tre aree vaste, «fatta per favorire le organizzazioni del volontariato». Quanto ai servizi in emergenza, il governatore ha aggiunto che dovranno essere gestiti da personale interno al Servizio sanitario regionale, sia infermieristico che medico. «Sono convinto - ha detto Rossi - che attraverso una discussione serena riusciremo a comporre an- che la vicenda della localizzazione». Pistoia però si aspettava di più, ossia la sede di una delle centrali operative di area vasta. Una scelta quella annunciata da Rossi, che già suscita i primi malcontenti, come quello dell’onorevole Caterina Bini, sempre in prima linea sulla questione 118, che si è limitata a definire «sbagliata e sconcertante» la decisione annunciata da Rossi. «Se questi orientamenti saranno confermati – afferma il consigliere regionale pistoiese Gianfranco Venturi -, avremo modo di confrontarli in Consiglio, sede che credo non possa solo limitarsi a ratificare scelte già assunte, sia in merito alla questione del riordino del servizio 118, sia più in generale sul Piano Sociale e Sanitario». «Comunque sia – aggiunge Venturi -, ricordo che al riguardo è già presentata una mozione in consiglio con firma di sei consiglieri di maggioranza, tra i quali lo stesso presidente della competente commissione, che credo a questo punto sia interesse di tutti discutere al più presto». A Quarrata Rossi è intervenuto a Villa La Magia per un’iniziativa sul welfare. Parlando ai rappresentanti delle organizzazioni del volontariato ha detto: «Dobbiamo dedicare maggiore attenzione nei confronti dei nuovi poveri. La Regione ha già deciso, con il microcredito e con il prestito sociale, di intervenire in loro favore». P.C. Torna il Mercatac Migliaia di studenti mobilitati per la raccolta fondi da destinare all’oncologia interventistica dell’ospedale San Jacopo A distanza di tre anni dalla sua ultima edizione torna in piazza Duomo a Pistoia il Mercatac, il mercatino realizzato dal Comitato autonomo lotta contro i tumori di Pistoia, con l’obiettivo di raccogliere fondi per donare strumentazioni all’oncologia interventistica dell’ospedale San Jacopo di Pistoia: un settore specialistico che accomuna competenze radiologiche, chirurgiche, oncologiche per la diagnosi e la terapia mininvasiva dei tumori. L’iniziativa si svolgerà sabato 17 maggio, dalle 16 alle 23 in piazza Duomo, ma i preparativi sono già iniziatiti. Quest’anno la manifestazione è giunta alla diciottesima edizione, ed ha per titolo “Se vuoi un amico dona l’amicizia”. Fino ad oggi hanno aderito 286 classi delle scuole di Pistoia, Montale, Agliana e Quarrata per un totale di 5.000 studenti. Ogni classe o scuola che aderisce all’iniziativa dovrà allestire una bancarella in piazza Duomo nella quale potrà esporre prodotti di ogni tipo (anche oggetti usati purché in buone condizioni). Il ricavato della vendita degli oggetti e altro sarà devoluto per l’acquisto di dispositivi per la cura dei tumori. Per le scuole che ne faranno richiesta al Calcit, sarà possibile devolvere fino al 30% del ricavato della giornata ad un progetto della scuola che sia coerente con la tematica proposta dal Mercatac. Gli interessati a partecipare a questa gara di solidarietà potranno contattare gli organizzatori chiamando il numero 339-7609848, email [email protected]. Vita La n. 7 BRIGATA DEL LEONCINO L’incanto colorato di Aladino Sforzi I mpalpabili come sogni e al contempo materici come affreschi, evocazioni scaturite tanto dalla fantasia, quanto dall’anima autentica e contadina della natia Spazzavento: questo, in estrema sintesi, il mistero così incantato e rarefatto – e allo stesso tempo tanto pulsante di vita e di colore – della pittura schietta e sincera di Aladino Sforzi, artista pistoiese recentemente scomparso, ricordato e amato per il temperamento cordiale e riservato, buono e rispettoso verso tutti. Rimasto finora ai margini della critica artistica ufficiale, proprio per la sua natura discreta e gentile, Aladino Sforzi merita, dunque, in pieno il riconoscimento che gli amici della Brigata del Leoncino – Domenico Asmone e Siliano Simoncini fra tutti – hanno voluto tributargli con la mostra “Impalpabile incanto”, inaugurata sabato 15 febbraio nella Galleria di Via degli Scalzi: solo il primo di una serie di passi che l’associazione ha in progetto di compiere per giungere alla catalogazione completa dell’immensa produzione del pittore. Una carriera lunga e prolifica, quella di Sforzi (“Ci ha lasciato la casa piena di opere, per fortuna abbiamo tanto spazio”, ci ha raccontato scherzando, non senza un filo di commozione, la moglie Anna; mentre Giuseppe Gavazzi ne ha ricordato le I visite al proprio studio la domenica mattina, interrotte solo pochi anni fa), che ha visto l’artista, nato inizialmente come decoratore, passare prima dal pennello e dalla pittura figurativa, all’uso della spatola ed al graffito, per poi tornare infine di nuovo ai colori ad olio, pur nella metamorfosi, a quel punto pienamente compiuta, dei soggetti ritratti: non più il realismo paesaggistico iniziale, quanto ormai – per dirla con le parole di Siliano Simoncini, curatore della mostra e del catalogo – “un cosmo rarefatto”, fuori dal tempo e dallo spazio. Ecco dunque in mostra alla Galleria, condensato in un breve excursus che dalla fine degli anni Cinquanta arriva fino al Duemila, tutto il percorso artistico di Aladino Sforzi: dalle primissime “Nevicate”, così come dalle “Case coloniche” e dai “Paesaggi”, fino ai classici temi del “Profilo di Pistoia” e delle “Figure” di arcaica memoria. Tradizione e territorio, dunque, ma anche sogno e fantasia. “Ad Aladino piaceva sognare della linea già esistente con terminale Montemurlo. Il nuovo collegamento è stato progettato e messo in atto per rendere possibile una maggiore interazione fra trasporto ferroviario e trasporto su gomma, nonchè per consentire ai cittadini di Montale, in particolare lavoratori e studenti pendolari diretti a Pistoia e a Firenze, di raggiungere la stazione più agevolmente, senza dover per forza ricorrere alle auto per gli spostamenti. Le corse, infatti, sono state modulate in maniera tale da integrarsi con gli orari dei treni in arrivo e in partenza da e per Pistoia e Firenze, acquisendo non una frequenza oraria ma un orario cadenzato, con frequenze maggiori negli orari di punta. Come ha dichiarato Lucio Avvanzo, assessore all’urbanistica del Comune di Montale, «con l’inaugurazione di questo nuovo servizio, peraltro atteso da molto tempo, crediamo di essere riusciti a compiere un passo in avanti nella mobilità montalese, rendendo il sistema infrastrutturale di Montale maggiormente integrato non solo con il territorio comuale, ma anche con i centri urbani e le zone produttive limitrofe». Andrea Capecchi AGLIANA Contro i furbi dei rifiuti L’ intervista pubblicata sul catalogo edito nel 2009 dal Comune di Pistoia, interverrà sull’arte di Aladino Sforzi. L’appuntamento successivo, infine, è con la prossima mostra della Brigata del Leoncino: a farla da protagonista sarà, questa volta, l’arte di Sergio Beragnoli. Silvia Mauro Arriva il test di conoscenza della lingua italiana per i cittadini stranieri Al via il nuovo servizio navetta Collegamenti rapidi e frequenti con le aree limitrofe partito in settimana il nuovo servizio di mobilità pubblica per i cittadini con l’apertura del collegamento tra il centro di Montale, Montemurlo, la stazione ferroviaria di Montale-Agliana e la zona industriale di Oste tramite autobus navetta. Un servizio di trasporto pubblico integrato voluto dall’amministrazione comunale di Montale e reso possibile grazie alla collaborazione e l’impegno della Provincia di Prato, del Comune di Montemurlo e dell’Azienda Cap di Prato, che ha consentito l’estensione e la prosecuzione verso Montale e, grazie alle sue opere, anche noi possiamo farlo con lui”, ha concluso Siliano Simoncini durante la presentazione. La mostra è visitabile dal pubblico il mercoledì, il venerdì e il sabato, dalle 16 alle 19.30. In occasione della giornata di chiusura, il 9 marzo, Maurizio Tuci, autore della bella 11 PREFETTURA DI PISTOIA MONTALE-MONTEMURLO-AGLIANA È comunità e territorio 23 FEBBRAIO 2014 Amministrazione comunale aglianese ha messo la Polizia Municipale in condizione di controllare più efficacemente il territorio con strumenti di videosorveglianza per contrastare il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti. Dall’inizio di questa attività già si registrano i primi risultati positivi. Alcune zone, fra le più esposte a questa pratica incivile, sono state messe sotto osservazione ed il bilancio è stato complessivamente di 25 accertamenti con l’elevazione di multe per quasi 4.000 euro. Fra i casi accertati due hanno rilevanza penale e il Comando di Polizia Municipale sta completando l’attività di indagine. “Il rispetto da parte di tutti noi delle regole della raccolta differenziata e la salvaguardia del decoro urbano - afferma il sindaco di Agliana Eleanna Ciampolini – sono due questioni importanti spesso fra lo loro connesse. Il nostro obiettivo è debellare il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti definitivamente e credo abbiamo imboccato la strada giusta. I risultati della raccolta “porta a porta” sono più che lusinghieri per il nostro Comune e ci devono far sentire tutti orgogliosi, questo è un motivo in più per considerare insopportabile che, a fronte del comportamento corretto di tanti cittadini, alcuni siano insensibili alle regole condivise ed al decoro del territorio. Ciò oltretutto comporta per la collettività il costo aggiuntivo della raccolta dei rifiuti abbandonati per strada e quelli della pulizia del luogo”. M. B. n arrivo un test per la conoscenza della lingua italiana. E’ questa, in sintesi, la novità delle ultime settimane per coloro che richiederanno il permesso di soggiorno per un periodo un po’ più lungo. La Prefettura di Pistoia informa tramite una nota dell’ufficio stampa che con la circolare n 716 del 03 febbraio 2014, il Ministero dell’Interno ha comunicato che sono state apportate importanti novità alla procedura di svolgimento del test. “Con le modifiche entrate in vigore lo scorso 11 febbraio – si legge infatti nel comunicato – è stata resa obbligatoria la compilazione del campo indirizzo di posta elettronica ordinaria nel modulo di prenotazione on line; pertanto il cittadino straniero dovrà prestare la massima attenzione nell’indicare l’indirizzo di posta elettronica ordinaria ovvero anche quello di posta elettronica certificata ove in possesso al fine di poter ricevere la convocazione per lo svolgimento del test sulla lingua italiana.” Per quanto riguarda invece la prenotazione del test il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha fissato alcuni limiti; per quanto riguarda l’assenza ingiustificata l’interessato potrà inoltrare una nuova richiesta solo dopo 90 giorni che decorreranno dalla data iniziale in cui avrebbe dovuto svolgersi il test; l’assenza ingiustificata sarà accettata solamente per motivi di salute certificati dal medico di base o da quello dell’Asl e il cui certificato dovrà essere prodotto alla Commissione incaricata dello svolgimento del test presso il Centro Territoriale Permanente; soltanto prima della data fissata per l’effettuazione del test l’interessato potrà chiedere alla Prefettura lo spostamento in caso di impedimento infine nell’ipotesi di mancato superamento del test non potrà essere richiesta una nuova prenotazione se non dopo 90 giorni; questo perché si permetta al cittadino straniero in questo lasso di tempo di accrescere il proprio livello di conoscenza della nostra lingua. Ricordiamo infine che in caso di assenza ingiustificata o di test non superato, i cittadini stranieri che avevano già presentato domanda per ottenere il permesso per soggiornanti di lungo periodo riceveranno una sorta di provvedimento di diniego per mancanza do conoscenza della lingua italiana. Edoardo Baroncelli PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633 - [email protected] - [email protected] SEDE PISTOIA Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI CHIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected] PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected] MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected] MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected] SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected] LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected] PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected] S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected] CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected] BOTTEGONE Via Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected] 12 I comunità e territorio l Comune di Pistoia progetta una piscina olimpionica nella zona sud della città, ma si era parlato addirittura di una cittadella dell’acqua già qualche anno fa. L’associazione Nuotatori Pistoiesi, infatti, per voce del suo presidente Giancarlo Lotti, aveva proposto di donare all’ente locale un nuovo impianto di nuoto, la questione era poi rimasta in sospeso diventando annosa. La necessità di una piscina olimpionica, raccontava allora alla stampa locale Lotti, era emersa originariamente nel lontano 1969, quando fu deliberata la costruzione di una struttura includente una piscina all’aperto con corsie da 50 metri ed una al chiuso con corsie da 25 m., il progetto però, già definito e finanziato, poi scomparve dalle intenzioni dell’amministrazione comunale. Il sodalizio incontrò l’allora sindaco Lido Scarpetti consegnandogli una petizione in merito firmata da 1.228 cittadini pistoiesi, sportivi e non, forti anche dei suoi 600 soci. Durante il primo mandato del sindaco Renzo Berti l’associazione maturò l’intenzione di realizzare l’impianto da sola, consegnando poi la proprietà al Comune e mantenendo la gestione per pagare i costi di costruzione. La possibilità era data dal fatto che nel 2004 l’ente locale aveva destinato la zona di Vicofaro ad area sportiva, prendendo poi contatti con la Federazione Italiana Nuoto (Fin) la Nuotatori Pistoiesi scopriva che per tale operazione poteva accendere un mutuo con il Credito Sportivo. Da qui i contatti con l’amministrazione comunale affinché concedesse il terreno ma nacquero problemi: nella destinazione d’uso dell’area era prevista anche l’edificazione di un bocciodromo del valore di un n. 7 23 FEBBRAIO 2014 Vita La Notizie dalla Montagna L’odissea della piscina olimpionica P a sud di Pistoia di Giorgio Ducceschi di Leonardo Soldati miliardo di vecchie lire e la ristrutturazione di 2.200 metri quadrati di fabbricati, con restauro conservativo della fornace e destinazione d’uso stabilita dal Comune. I Nuotatori Pistoiesi chiesero quindi di dividere i due interventi, con un project financing a parte per la ristrutturazione dei fabbricati e la costruzione del bocciodromo, la richiesta pareva accettata e la relativa variante sembrava in via di predisposizione. Nel 2006 però veniva emesso il project financing in cui i due lavori rimanevano uniti ed a febbraio 2008 il bando andò deserto, a dimostrazione che non c’era interesse a realizzare due opere così diverse. Il Comune continuava a dichiarare l’intenzione di realizzare la piscina, i Nuotatori incontrarono quindi l’assessore comunale allo Sport Mario Tuci nel suo ufficio, il giorno dopo la scadenza del bando, presentando la proposta di variare le modalità di realizzazione dell’impianto, visto anche nel frattempo era cambiata la legge sul project financing non prevedendo più il diritto di prelazione, cosicché una società sportiva non poteva competere con aziende strutturate per tali opere. I Nuotatori volevano costruire una vasca al chiuso con 8 corsie da 25 metri più una vasca di servizio da 10 metri per sedici con le tribune e le infrastrutture necessarie, come bar, palestra, sala massaggi ecc., mentre all’aperto una vasca da 8 o 10 corsie da 50 m. più una vasca per i bambini, un parco verde ed un solarium. Una sorta di cittadella dell’acqua, avvalendosi di tecnici specializzati della Fin. Sembrava che il Comune, mostratosi favorevole dicevano i promotori alla stampa, avesse preso l’impegno di dare una risposta entro marzo 2008, poi ufficialmente non arrivata o non nei tempi previsti. Dopodiché ai Nuotatori, rapportatisi di nuovo con Palazzo di Giano, veniva detto che i tecnici comunali ritenevano la proposta irrealizzabile. L’associazione, almeno a quel tempo, si allenava nell’impianto al Boario, all’interno di una scuola, ritenuto obsoleto e poco disponibile visto che almeno allora vi si tenevano molti eventi e le elezioni. Tuci al riguardo dichiarava che il Comune credeva nel progetto ma che non disponeva delle risorse proprie per realizzarlo, inoltre dalla relazione tecnica della struttura comunale risultava che l’opera, sul modello di quella costruita a Roma dall’allora sindaco Walter Veltroni, non era realizzabile in città per la diversità dei regolamenti comunali. Come finirà? Vedremo finalmente una piscina olimpionica nella zona sud di Pistoia? runetta nuovo crossodromo Anno nuovo vita nuova anche per il crossodromo “La pineta” di Prunetta che in questi giorni subirà dei lavori di ammodernamento: sarà migliorato l’impianto antipolvere e il cancelletto di partenza sarà ampliato. Una delle novità principali sarà quella che i centauri questo anno gireranno in senso orario anzichè in senso antiorario come negli anni precedenti. Lungo il tracciato, su disposizione della Fim (Federazione italiana motociclismo), verranno diminuiti cunette e salti però i dossi avranno sempre una spettacolarità eccezionale. L’impianto è gestito dal patron Renzo Gualtieri che sarà coadiuvato dal figlio Antonio, in passato campione di motocross. Questo campo di gara si snoda in mezzo alla vegetazione ed è lungo 1800 m. Su questo anello girarono con Gualtieri i campioni del mondo Rinaldi, Maddii e i fratelli Bartolini, noti corridori pistoiesi. Oggi la pista serve per allenamenti collettivi e nell’arco dell’anno molti corridori vengano a Prunetta per preparare gare nazionali e mondiali. Presto la pista avrà il collaudo annuale della Federazione italiana motociclismo, dopo questo esame i giovani potranno salire a mille metri di Prunetta per dare sfogo alle loro velleità motoristiche. Le Piastre - Sagra della polenta dolce Domenica 23 febbraio dalle 14 in piazza della Chiesa delle Piastre, Pro Loco e associazione Sport e Cultura, riscoprono la sagra della polenta dolce. All’interno dell’iniziativa si svolge questo anno per la prima volta il festival dal titolo “Il naso in maschera”. È una manifestazione che può interessare tutte quelle persone che ritengono di avere un naso “importante”. L’idea è stata del presidente onorario della Pro Loco delle Piastre Giancarlo Corsini, fautore di tante altre importanti iniziate del luogo. Spetterà ad una giuria selezionare le persone più “qualificate” suddividendole nelle categorie di bambini e adulti. Nell’occasione della sagra saranno mestati molti kg di farina dolce. L’iniziativa si perde nella notte dei tempi e risale al 1768; in quel periodo il Granduca Leopoldo di Toscana era salito al passo montano in occasione dell’inaugurazione del tratto di strada leopoldina Pistoia-Abetone. Il nobile fiorentino pernottò alle Piastre in casa di Francesco Begliomini. Al mattino gli fu offerto per colazione questo cibo: lo trovò gustoso e stabilì che fosse distribuito a tutto il suo seguito. I Piastresi, in ricordo del fatto, decisero di offrire ogni anno, l’ultima domenica di Carnevale, la polenta a tutti i partecipanti alla festa. Gli organizzatori danno appuntamento qui sui monti che guardano Pistoia per gustare “il pane di legno” annaffiato con vino di scoglio. spor t pistoiese SCHERMA Agliana tra le più forti d’Italia L o sport meno ricco – non minore, per carità, che di cultura sportiva è più ricco – porta il nome di Pistoia a giro per l’Italia, l’Europa, il Mondo. Succede con il nuoto, ma pure con la scherma. Sta collezionando risultati su risultati il Club Scherma Agliana guidato dal maestro Agostino Sanacore, ben coadiuvato dall’istruttrice Mabel Biagiotti. La società della Piana pistoiese, infatti, sta vedendo i propri schermidori conquistare sempre maggiori platee. Lorenzo Francella e Matilde Biagiotti (nella foto con Sanacore), ad esempio, hanno ottenuto la medaglia di bronzo ai recenti Campionati Italiani under 20 di fioretto. Al Pala Barnes di Udine i due erano giunti con buone credenziali, visti i podi sui quali erano saliti Lorenzo nella prima prova e Matilde nella seconda. Biagiotti, inoltre, arrivava in Friuli da campionessa italiana uscente della categoria cadette e forte del terzo posto tra i giovani, suo anche l’anno passato, mentre Francella era reduce da una brillante quinta posizione ottenuta in Coppa del Mondo, a Terrassa (Barcellona). La notevole tecnica di Biagiotti ha potuto poco o niente contro la fisicità di Erica Cipressa, che si è aggiudicata l’assalto ed è andata ad ammantarsi del tricolore. In semifinale, invece, Francella si è imbattuto nel leader della classifica di Coppa del Mondo, Francesco Ingargiola: nonostante una buona partenza, si è arreso 15-12, aprendo la strada per il titolo all’avversario. Buone notizie anche da un altro portacolori aglianese, Alessandro Valori Ventura, classe ’98, che a Parigi, alla rinomata “Marathon de Fleuret”, si è classificato 5° su 221 partecipanti di ogni parte del mondo. La squadra under 12, inoltre, si è imposta nel Campionato Italiano, mentre quella under 14 ha preso un argento. Gli under 12, Maschietti/Giovanissimi, di fioretto anni 2002 e 2003 si sono presentati con Giulio Lombardi,Yuri Kavaia,Tommaso Martini ed Edoardo Pisaneschi, precedendo con merito altre 47 équipe; gli under 14, Ragazzi/Allievi, di fioretto anni 2000 e 2001 hanno schierato Edoardo Chiti, Oliver Genovesi,Tommaso Lombardi e Duccio Pileggi. A tutti loro elogi meritatissimi. Gianluca Barni Calcio - Basket Tempi Supplementari L di Enzo Cabella a Pistoiese ha dato l’ennesima dimostrazione della sua forza, della sua superiorità su qualsiasi altra squadra del campionato. A Scandicci, contro una squadra in forma e che nelle ultime dodici partite aveva perso una sola volta, gli arancioni hanno dominato e dato spettacolo nel secondo tempo dopo aver frantumato le ultime resistenze della formazione fiorentina. La squadra ha incamerato 54 punti in 23 partite, ha vinto 16 volte, pareggiato 6 e perso una sola volta. Con i tre gol segnati allo Scandicci è arrivata a quota 58, secondo attacco di tutta la serie D. Bravi i giocatori e bravissimo l’allenatore che in estate li ha scelti costruendo un gruppo coeso, nel quale tutti _ dai titolari alle riserve, dai più esperti ai giovani _ si sono sentiti responsabilizzati nel progetto di puntare all’obiettivo massimo, la promozione in serie C. Pistoiese grandi numeri, dunque. E i numeri testimoniano più di qualsiasi discorso la forza della squadra, costantemente protesa a segnare almeno un gol in più dell’avversario, tenace e solida nel respingere le insidie che gli avversari hanno sempre e comunque portato pur di battere la capolista per ottenere, oltre ai tre punti, un risultato di prestigio. La corsa irresistibile della squadra arancione ha permesso di mettere tra essa e le immediate inseguitrici dei distacchi molto rilevanti: otto punti sul Foligno, nove sulla Pianese, dieci sull’Arezzo. E’ presto per cantare vittoria in quanto mancano ancora ben undici partite da giocare, ma è indubbio che se la Pistoiese continuerà a giocare come ha fatto finora, se il suo rendimento non conoscerà flessioni, il risultato finale non può che esserle favorevole. Il Pistoia Basket ha fatto sognare i suoi tifosi per 35 minuti, durante i quali è rimasta incollata alla super potenza dell’Armani Milano e addirittura ad andare in vantaggio (65-55) nel terzo periodo, aprendo i cuori alla speranza di poter vincere. Negli ultimi minuti di gara, invece, il caso fisico della squadra di Moretti, il talento degli avversari, il roster ampio e di assoluta qualità dell’Armani hanno rovesciato il risultato. Pistoia, comunque, è uscita a testa alta dal difficile confronto, Moretti e i suoi le hanno provate di tutte per fare l’Impresa ma non ci sono riusciti, ma meritano un caloroso applauso e lasciando ancora una volta la convinzione che la matricola pistoiese merita di far parte dell’élite del basket nazionale. I cinque americani che indossano la maglia biancorossa hanno una volta di più dimostrato di avere qualità tecniche e agonistiche di primo piano.Wanamaker, Gibson,Washington (anche se nella circostanza ha reso meno del previsto), Daniel e Johnson non sono più delle meteore ma superbe realtà del nostro panorama cestistico, non sfigurando al cospetto di tanti celebrati campioni. Vita La 23 FEBBRAIO 2014 13 POLITICA La cultura dello scarto Ascoltate il sussurro del vostro popolo di Paolo Bustaffa Non è garantito il rispetto delle esigenze delle persone disabili, quando come tutti i cittadini, devono spostarsi, muoversi, viaggiare anche con i mezzi pubblici: l’Unione europea richiama l’Italia e chiede risposte entro due mesi. La notizia, arrivata in questi giorni da Bruxelles, è nelle pagine interne dei quotidiani. Una collocazione che non esprime particolare attenzione per una realtà umana e sociale le cui dimensioni sono sotto gli occhi di tutti. Nulla di nuovo anche perché in questi ultimi tempi le tirate di orecchie da parte dell’Ue al nostro Paese sono frequenti e assomigliano un po’ a quelle della maestra severa nei confronti di alunni monelli. Sono richiami che per alcuni hanno il sapore dell’ingerenza e così le risposte, nonostante ne siano fissate le scadenze, rischiano di essere messe in lista d’attesa in nome di una crisi che impone altre priorità. Difficile muovere obiezioni sul piano economico, o meglio contabile, tuttavia l’ammonimento Ue di questi giorni che si aggiunge a quelli sulle carceri e sulle immigrazioni, pone qualche interrogativo a un Paese che ha sempre testimoniato ed “esportato” in tutto il mondo una grande sensibilità umana. Su un’altra crisi, più profonda di quella economica, si è dunque chiamati a riflettere. I richiami Ue negli ambiti della emarginazione e della vulnerabilità, anche quando riguardano aspetti particolari come quello del trasporto pubblico delle persone disabili, possono essere intesi come un bussare alla coscienza di un popolo. Coloro che vivono in specifiche situazioni difficili non sono in attesa di trattamenti di favore. Neppure contrappongono le proprie esigenze a emergenze drammatiche quali sono i giovani senza lavoro e le famiglie esposte al rischio della povertà. Pongono domande di civiltà, di giustizia, di solidarietà. Si può anche discutere, in una sede più titolata, se l’Ue abbia o non abbia autorità per avanzare certi richiami ma la realtà non può essere taciuta e questa realtà dice del rischio di tenere solo nell’ambito dell’assistenza ciò che appartiene all’ambito del diritto di ogni persona di vedersi riconosciuta tale quando la disabilità diventa compagna di vita. È vero, il volontariato è sul campo a testimonianza della cultura della solidarietà di un popolo ma è proprio questa presenza di gratuità a richiamare la cultura, la politica e le istituzioni al dovere di includere i più deboli e i più indifesi nei pensieri i e negli impegni per il bene comune soprattutto quando la strada per raggiungerlo diventa impervia. Non ci sono pretese irragionevoli, non si pone il tema dei diritti dimenticando quello dei doveri e dei sacrifici. Allora, se è difficile dare risposte risolutive e immediate non devono però mancare alcuni segnali per dire con i fatti che le persone più fragili sono ancora nel cuore della politica e delle istituzioni. Proprio nei momenti più difficili bisogna evitare che abbia “razionalmente” la meglio quella cultura dello scarto contro la quale un Papa non si stanca di mettere in guardia credenti e non credenti . Nei momenti più difficili la differenza cristiana si manifesta in un soprassalto di umanità e di civiltà. Si esprime con una risposta credibile all’egoismo e alla paura di chi di fronte alla gravità di una crisi vorrebbe motivare la cultura dello scarto. Anche un richiamo dell’Ue può essere una salutare provocazione. dall’Italia n. 7 Chiunque oggi sia chiamato a governare il Paese dovrebbe tenere a cuore i poveri, il lavoro, le famiglie e la scuola. Poi viene tutto il resto, dall’architettura dello Stato alla legge elettorale, dall’iniziativa economica alla tassazione di Domenico Delle Foglie Q uella che sino a pochi giorni fa sembrava una legislatura nata morta per mancanza di vincitore certo, si sta palesando come una legislatura di lungo, se non lunghissimo corso. Tutto merito di Matteo Renzi e di Giorgio Napolitano? Difficile dirlo. Di sicuro, noi cittadini elettori stiamo assistendo a un fatto politico nuovo, del quale dobbiamo decifrare ancora tutte le conseguenze. Non ci aiutano, di certo, le analisi che stanno accompagnando la nascita del nuovo governo. Il non detto sembra prevalere sull’affermato pubblicamente, le ombre delle stanze di decisione sembrano avere la meglio sulla luce delle pratiche pubbliche, le battaglie private concluse sembrano avere il sopravvento sulla tregua pubblica sottoscritta. Difficile sottrarsi, al netto delle speculazioni di parte del Movimento Cinque Stelle e della Lega, alla sensazione sgradevole di qualche interferenza sulla scena pubblica italiana. Perché prevale tanto ottimismo? Da dove emerge tutta la voglia di andare in soccorso del vincitore? Dove era nascosta tanta maturità della classe politica italiana? Dov’è S tiamo ai numeri, la crisi economica che conosciamo da sei anni, e che ci martella brutalmente dal 2011, starebbe attenuandosi. La caduta del Prodotto interno lordo sta rallentando, forse la produzione di ricchezza si assesterà nel corso di questo 2014 e, facendo gli scongiuri, addirittura crescerà di un niente. Il forte impoverimento di questi anni potrebbe essere alle nostre spalle. Ma non guardiamo al Pil per averne prove. Ci sono altri indizi, piccoli ma sempre più numerosi, che ci fanno intravvedere che forse c’è luce in fondo a questo tunnel. Le aziende stanno reintegrando le scorte, buon segnale; alcuni beni di consumo – vedi le automobili – tornano ad essere acquistati; la discesa dei valori immobiliari sta probabilmente toccando il suo punto minimo e sono in crescita le compravendite immobiliari. In certe province del Nord c’è saldo positivo tra nuove assunzioni e perdite di posti di lavoro; siamo a pochi mesi da un’Expo che potrebbe dare la scossa al sistema-Paese; in complesso le esportazioni sono in lieve calo, ma cresce il numero delle aziende che si affacciano ai mercati maturata tutta la consapevolezza di queste ore che fa convergere pensosi consensi e garanzie di “opposizione responsabile”? Non vivessimo in Italia, dove sino a qualche giorno fa, sembrava dovessimo tutti noi (cittadini e istituzioni) portare i libri in Tribunale, verrebbe da gridare “al miracolo”. Forse, ma è solo un’illazione, in tanti hanno capito di essere arrivati a lambire l’orlo del baratro. E prima di precipitare – ancora forse – in molti, nelle stanze che contano, hanno fatto due conti e hanno deciso di scommettere su Renzi e Napolitano. Una scommessa fatta persino a occhi chiusi e dita incrociate. Comunque, una scommessa da “la va o la spacca”. Magari annusando l’aria di una vaga ripresa economica accompagnata dalla speranza che in Europa accada qualcosa. Che la paura dei populismi arrembanti in ogni angolo del Continente spinga i potenti d’Europa (Mekel in primis) a guardare all’Italia come un fratellino da aiutare, piuttosto che come uno scolare indisciplinato da relegare dietro la lavagna. Fuor di metafora, meglio rivedere il vincolo del 3% sul rapporto Deficit-Pil che venire travolti dalla vandea populista. Non possiamo dire quanto contino tutte queste motivazioni, in ogni caso ci prepariamo a una stagione politica nuova che si annuncia interessante. Almeno per chi deve decifrarla e raccontarla. Altre invece saranno le valutazioni sul piano della fisiologia dello scontro democratico, sulla necessità di intervenire vigorosamente sull’architettura dello Stato, sull’opportunità (sino a ieri un mantra) di mettere mano alle riforme costituzionali e alla definizione di una nuova legge elettorale, sull’urgenza di snellire tutte le procedure pubbliche che frenano la libera iniziativa economica e rendono impossibile la vita delle famiglie e delle imprese, sulla revisione dei livelli di tassazione che ormai tolgono fiato agli onesti e ai produttori. L’elenco potrebbe continuare, ma ci fermiamo qui. Sommessamente esponiamo solo le nostre di urgenze. Di noi semplici cittadini elettori. Siamo ben consapevoli che contano poco o niente e non abbiamo la pretesa di rappresentare nessuno, anche perché come dice Papa Francesco non bisogna avere “l’assurda pretesa di trasformarsi in ‘voce’ dei popoli, pensando forse che essi non la abbiano. Tutti i popoli ce l’hanno, magari ridotta a volte a un sussurro a causa dell’oppressione. Bisogna aguzzare l’udito e ascoltarla, ma non voler parlare noi al loro posto”. Dunque, nella consapevolezza di non interpretare e di non rappresentare nessuno, se non noi stessi, ci permettiamo di suggerire al nuovo governo di tenere a cuore i poveri, il lavoro, le famiglie e la scuola. E facciamo ai governanti un semplice augurio: ascoltate il sussurro del vostro popolo. In quel sussurro c’è tutta la sua sovranità. economia Sì, crescere ora si può Non solo Pil. Indizi positivi: forse siamo fuori dal tunnel di Nicola Salvagnin esteri per fare fatturato. La crisi delle banche è arrivata ad un punto di svolta: finiti giochi e giochetti, ora la situazione viene affrontata di petto e ci sono buone probabilità che il futuro regali maggior credito ad aziende e famiglie.Volendo, questo è il mezzo bicchiere pieno. La parte vuota del bicchiere è deprimente da esaminare, quindi la guarderemo di sfuggita. Di base, l’assenza di una vera ripresa non intacca la montagna della disoccupazione, e il sistema-Italia non è cambiato di una virgola in questi anni in cui si poteva approfittare per scrostare la ruggine che lo ha paralizzato. Gli operatori economici stranieri giudicano l’Italia un Paese bloccato, immobile. Non solo loro, a dire il vero. Sta arrivando una nuova fase politica, ha l’opportunità di dare una scos- sa. Gli ultimi anni ci hanno insegnato che i piccoli correttivi – tanti o pochi che siano – non sono serviti a nulla. Il malato-Italia è così grave (unica economia occidentale sostanzialmente in recessione) che una pioggia di aspirine non ha mosso di uno zero virgola il Pil. In nessun altro Paese in crisi economica, in questi anni, la cura è stata blanda. Ovunque si è usato o l’elettroshock o la chirurgia invasiva proprio perché il dopo non fosse come il prima. In verità la riforma Fornero sulle pensioni è stata scioccante, ma anche un pugno lo è e non sempre fa del bene. Fatta in emergenza, ha prodotto tante e tali controindicazioni da dar ragione ai somministratori di aspirine, ma c’è sempre una terza via tra due errori. Quella da imboccare oggi, in realtà è conosciuta dai più: cura dimagrante per la spesa pubblica, efficientamento della stessa, riduzione della fiscalità, temporaneo smarcamento dalle ottuse politiche di rigore imposteci dall’Europa. La crisi, se è veramente finita, ci lascia con una società italiana che ha perso un 15% della propria ricchezza, con un costo del lavoro in diminuzione, con un milione e mezzo di posti bruciati soprattutto in aziende deboli di costituzione, mentre altre si sono irrobustite se non cresciute. Con un Mezzogiorno che può diventare il nostro West: il tessuto economico è ormai deserto, possiamo solo ricolonizzarlo. Buon lavoro a tutti, perché è proprio col lavoro – e non con le svalutazioni, o con la lira, o con nuovo debito, o con aiutini esterni – che potremo tornare a crescere. Ci piaccia o no. 14 dall’italia Smart working? Almeno parliamone di Andrea Casavecchia Il lavoro è in una fase critica nel nostro Paese. L’attenzione nei dibattiti, soprattutto quelli politici, si concentra sulle regole dei rapporti tra dipendenti e datori di lavoro. Certo i diritti sono essenziali, ma per concentrarsi sul problema e avviarci verso una soluzione forse bisognerebbe agire anche su sue altre dimensioni. Con “Noi Italia”, la fotografia dell’Istat che fornisce alcuni indicatori per capire il nostro Paese, possiamo cogliere l’occasione per riflettere su due ulteriori dimensioni: dove ci sono possibilità occupazionali e come si organizza il lavoro. L’istituto di ricerca ci dice che il 60% delle persone tra 20 e 64 anni risultano occupate. La fascia d’età che aumenta il tasso di occupazione è quella più anziana (55-64 anni), mentre la nota dolente sono i giovani, tra i quali si contano oltre 2 milioni di scoraggiati che rinunciano a impegnarsi nella ricerca di lavoro. Il mondo lavorativo è molto frammentato: in particolare, nota l’Istat, tra i lavoratori il 13,8% ha un contratto a tempo determinato e il 17,1% è assunto a tempo parziale. Si aggiunge poi che si valuta che il lavoro irregolare circa il 12% del totale (ecco l’importanza di insistere sui diritti). Altro dato interessante riguarda la dimensione delle nostre imprese che è molto piccola: in media contano solo 3,9 addetti. Rispetto a questo quadro, per valutare le risorse possiamo poi intercettare alcuni settori dove ci sono possibilità occupazionali. Scopriamo tra i vari indicatori che il maggior incremento di posti di lavoro negli ultimi 15 anni è stato tra “le unità di lavoro che partecipano al processo di produzione di beni e servizi a carattere culturale, ricreativo e sportivo”: il 15,1%. Altra crescita si registra tra quelli impegnati in servizi di cura alle persone, nel turismo tra gli esercizi extra alberghieri e nella filiera della nostra agricoltura. C’è poi la possibilità di innovazione organizzativa, che richiede anche un cambio culturale. Un esempio è lo “smart working”, a Milano è stata celebrata qualche giorno fa “la giornata del lavoro agile”. Si tratta di introdurre orari elastici e affiancarli alle innovazioni digitali per realizzare efficacemente il “telelavoro”. Una ricerca del Politecnico di Milano ha evidenziato che inserire tale innovazione organizzativa, permetterebbe alle aziende di “salvare” 37 miliardi di spese improduttive perché aumenterebbe la produttività delle persone ed eviterebbe una serie di costi indiretti. Inoltre lo “smart working” avrebbe un’incidenza positiva per gli insediamenti urbani con la riduzione del traffico, dello smog, e allevierebbe i carichi dei mezzi pubblici, senza contare le diverse condizioni per la conciliazione tra famiglia e lavoro. Per il lavoro agile però serve una nuova cultura del lavoro che investa sul rapporto di fiducia tra lavoratori e loro datori, come sulla programmazione dei compiti e degli obiettivi, oltre che investimenti strutturali per rendere possibili e realistiche le connessioni digitali. n. 7 23 FEBBRAIO 2014 I CONSUMI FOTOGRAFATI DALL’ISTAT Vita La Paniere più tecnologico ma meno democratico L’attuale strumento di misurazione appare datato e forse richiederebbe un ruolo più attivo da parte dei cittadini. Per non parlare dell’esigenza di costruire più panieri corrispondenti alla reale stratificazione socioeconomica del Paese di Giuseppe Del Signore L’ Istat rimodula il paniere dei consumi degli italiani e noi tutti ci riscopriamo sempre più tecnologici e sempre meno cittadini consapevoli. Nell’aggiornamento 2014 l’istituto di statistica ha congedato la riparazione degli apparecchi audiovisivi e informatici per aprire a quotidiani online e altri prodotti quali sacchetti biologici per la differenziata, caffè in cialde, formaggio grattugiato e spalmabile, sigaretta elettronica. La rilevazione è sia indicatore economico sia indicatore sociale e la scelta di valorizzare certi prodotti a discapito di altri non è esente da considerazioni politiche. Cercasi interprete “Il paniere è attendibile - afferma Luigino Bruni, docente della facoltà di Economia della Lumsa di Roma e tra i teorici dell’economia di comunione - Il problema è come interpretare i calcoli e le previsioni a partire dal paniere, ho l’impressione che i metodi degli economisti siano poco adeguati ai tempi. Il paniere è fatto come si fa in tutto il mondo, I segnali non sono mancati. In tanti Comuni della Sardegna nelle scorse settimane gli elettori avevano manifestato la volontà di non votare, restituendo in alcuni casi le tessere elettorali. È il caso di Uras, uno dei paesi più colpiti dall’alluvione dello scorso novembre, dove 1 cittadino su 3 ha disertato le urne in segno di protesta contro il silenzio delle istituzioni davanti alle richieste di aiuto delle famiglie colpite dalla furia del fango. A Teulada, paese nel cuore del Sulcis, solo 1 elettore su 5 ha inserito nell’urna la scheda per eleggere il nuovo Consiglio regionale. I numeri dei votanti in Sardegna parlano chiaro: appena il 52,23% degli aventi diritto (1.480.409 elettori, di cui 725.331 uomini e 755.078 donne, distribuiti in 1.836 sezioni) si è recato ai seggi, contro il 67,57% delle analoghe consultazioni del 2009. In sintesi, domenica 16 febbraio la metà dei sardi ha scelto di non esprimere il proprio voto. L’arcivescovo di Oristano, Ignazio Sanna, attraverso le colonne del settimanale diocesano “L’Arborense”, aveva auspicato che i cittadini sentissero il dovere di esercitare il diritto di contribuire a scegliere ma in un mondo online, sempre più veloce, questa contabilità nazionale che prosegue un modello degli anni Trenta non funziona più”. Il problema interpretativo è il primo da affrontare anche secondo Leonardo Becchetti, ordinario di economia all’Università degli studi di Roma ‘Tor Vergata’: “Bisogna valutare spiega - se il paniere può produrre modifiche nel calcolo dell’inflazione. Più beni tecnologici e più settori ad alta concorrenza fanno sì che le dinamiche dei prezzi siano ridotte e rallentate”. Lungo questo crinale la valutazione economica cede facilmente il passo alla politica, tanto che secondo Bruni,“in questa nuova composizione è evidente che il governo ha tutto l’interesse politico di far vedere che c’è una ripresa. Si punta meno sui beni in crisi e più su quelli che vanno bene. Il paniere è uno strumento usato per stabilire il Pil, ma il segno del Pil e l’entità della variazione dipendono molto da elementi politici. Bisogna pensare a come si pesano i beni, non è così oggettivo e la scelta non è solo tecnica”. Vuoto di potere Spostando l’attenzione dal versante economico a quello politico, non si tratta più di consumatori, ma di cittadini e non più di accesso ai prodotti, ma di esercizio democratico. “Ci vorrebbe - sostiene Bruni - un comitato di cittadini con esperti e famiglie che si riuniscono e valutano. Il fatto che questi studi si facciano nelle sale dei tecnici senza alcun dialogo secondo me indebolisce la democrazia. C’è un problema enorme di democratizzazione delle istituzioni economiche. Oggi con un’economia che arriva dappertutto e condiziona il benessere in modo enorme, se non avviciniamo le istituzioni alla gente, perdiamo quote di democrazia e di sovranità”. Con il rischio di distorsioni nella raffigurazione della realtà, sotto o sovra stimando determinati fattori e tacendone altri. Il tablet bene di prima necessità Ma, fatte tutte queste analisi sul mezzo, quale è l’immagine dell’italiano che emerge? “Un fatto oggettivo - commenta Becchetti è che i beni dell’elettronica sono diventati una necessità. Sono sempre più importanti, un tipo di consumo a cui non si rinuncia anche se il reddito scende, a tutti gli effetti sono un bene di prima necessità”. Eppure, non tutti acquistano prodotti informatici e vi è una notevole varietà diatopica (gli acquisti sono diversi tra centro e periferia e tra nord, centro e sud Italia), diastratica (varia il ceto sociale varia la tipologia di consumo), diacronica (a età diverse prodotti diversi).“Il paniere - riconosce Bruni - dice poco su diseguaglianza, disoccupazione e povertà”. ASTENSIONISMO DI PROTESTA Inascoltati, i sardi fuggono dalle urne Un elettore su due ha disertato il voto. Una disaffezione causata dalla mancata sintonia delle classi dirigenti con la popolazione. Occorre ripartire proprio dai “non elettori”, maggioranza che urla attraverso il suo silenzio elettorale di Marco Piras democraticamente gli amministratori della cosa pubblica. Purtroppo il suo appello non è stato raccolto da tutti gli elettori. “L’alto astensionismo - dice oggi monsignor Sanna - deve far riflettere. La disaffezione dei cittadini nei confronti della classe politica è molto forte e non accenna a diminuire, perché non si vede in questa né capacità di ascolto, né prospettiva di miglioramento. Se manca l’esemplarità dall’alto, cessa la pazienza e aumenta l’indignazione. Si spera in una svolta, anche se nel vocabolario politico dei candidati erano assenti la famiglia e la persona”. Per don Giulio Madeddu, responsabile dell’Ufficio per la pastorale sociale e il lavoro della Conferenza episcopale sarda (Ces), la bassa af- fluenza al voto è il segno inequivocabile di una precisa collocazione antipolitica. “Si tratta - spiega - di una presa di distanza da un sistema politico e amministrativo che, al di là degli schieramenti che si alternano, non si mostra capace di rispondere efficacemente ai problemi del popolo sardo. Nel ‘non voto’ molti cittadini hanno ritenuto di far sentire ancor di più la loro voce, la voce di chi vive, ormai, uno scoraggiamento profondo e non intravede vie d’uscita dalla crisi sempre crescente”. Chi governerà la Sardegna, spiega don Madeddu, “dovrà partire proprio dai ‘non elettori’. Perché questi, di fatto, sono la maggioranza. Una maggioranza che urla attraverso il suo silenzio elettorale”. Proprio l’Ufficio per i problemi sociali e del lavoro della Ces, subito dopo le elezioni regionali del 2004, aveva inviato una lettera ai nuovi governanti. “Si ha la sensazione - affermava il documento - che la gente si senta sempre meno rappresentata e sempre meno ascoltata da coloro che hanno una responsabilità politica.Vorremmo vedere la classe politica regionale più impegnata ad ascoltare, a dare risposte concrete, a svolgere un servizio segnato dall’imparzialità”. Sono passati dieci anni e, nonostante questo, l’esigenza dei sardi è sempre la stessa: avere una classe politica onesta e preparata, capace di servire e non di servirsi degli elettori per interessi personali e di partito. Vita La 23 FEBBRAIO 2014 dall’estero n. 7 AFRICA Gli scontri non accennano a fermarsi e la crisi umanitaria si allarga sempre di più di Angela Carusone N on è un Paese nuovo a colpi di Stato e dittatori: basti pensare al vecchio Jean Bedel Bokassa, che si fece proclamare addirittura imperatore. Ma le violenze che attraversano ora il Centrafrica sembrano superare ogni immaginazione, rinviando alle barbarie del lontano conflitto in Ruanda e Burundi. Da quando, a fine marzo, il potere è passato nuovamente di mano, la tensione è cresciuta in modo esponenziale, con l’uccisione a sangue freddo di numerosi civili e le rappresaglie degli ex ribelli.“L’intenzione – osserva l’analista Maria Malagardis – è probabilmente quella di far scoppiare una guerra di religione in un Paese a maggioranza cristiana (il 70 per cento della popolazione), dove fino ad ora le comunità hanno sempre convissuto senza problemi”. A fine marzo un’eterogenea coalizione ribelle chiamata Seleka (Alleanza) ha rovesciato Francois Bozizé, al potere da dieci anni. “Anche lui aveva preso il potere con “L’ Africa comincia ad essere considerata un nuovo spazio economico e politico e non rappresenta più un continente ‘ai margini’. Però tanto lavoro è ancora da compiere. Ci vuole una comunità internazionale che capisca e non strumentalizzi l’Africa e occorre che le multinazionali non guardino più ad essa come a un monopolio da conquistare ma ad un mercato da sviluppare”: è stata questa la tesi di fondo espressa da Romano Prodi, invitato a parlare all’Accademia nazionale dei Lincei a Roma nella sua qualità di presidente della “Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli”. Sono passati ormai 50 anni dalla fine del colonialismo e il processo di “decolonizzazione” con la nascita dei 54 Stati africani ha visto, spesso, le superpotenze e gli ex-colonialisti accordarsi per tracciare confini artificiali sulle mappe. Questo, in diversi casi, senza tener conto delle realtà etniche e culturali tra le popolazioni coinvolte, e innescando così addirittura le premesse per successive guerre interetniche. La storia dell’Africa contemporanea Una strada tutta in salita la forza – viene ricordato – e, corrotto e autoritario, non ha lasciato dietro di sé un buon ricordo, ma l’attuale presidente Michel Djotodia, proveniente dalle fila dei ribelli, non è riuscito a riportare un minimo di stabilità nel Paese”. E così sono arrivati, e continuano ad arrivare, i militari francesi, con il difficile compito di disarmare i gruppi armati. La popolazione locale è divisa, viene ricordato: da una parte si sente sollevata per il dispiegamento dei soldati francesi, dall’altra è terrorizzata dall’idea che i gruppi armati possano commettere rappresaglie. “Non è certo con gioia che assistiamo all’intervento dell’ex potenza coloniale per impedire che uno Stato africano sprofondi nel caos – scrive il politologo Boubacar Sanso Barry – tanto più se si considera che sono passati sessant’anni dall’indipendenza. Ma quello che sta succedendo nel Paese – aggiunge – è fin Nigeria: oltre 100 morti nel villaggio di Izghe, nello Stato nordorientale di Bomo dopo un attacco attribuito ai miliziani del movimento islamico Boko Haram e avvenuto nella notte tra il 15 e il 16 febbraio 2014 troppo chiaro. Le istituzioni africane hanno fallito ed è meglio mettere da parte le rivendicazioni di sovranità e additare il vero responsabile, cioè l’elite africana nel suo complesso”. E oggi, in un Paese ricco di risorse naturali, un paradiso verde dove cresce di tutto e il sottosuolo racchiude grandi tesori, come oro, uranio e diamanti, è in corso una crisi umanitaria sempre più grave che imporrebbe maggiore impegno della comunità internazionale. In Centrafrica c’è circa un milione di sfollati e più della metà della popolazione, oltre due milioni e mezzo di persone, necessita di aiuti umanitari. “Il Paese è fermo da marzo”, avvertono gli osservatori, quando è cominciata la spirale di violenze settarie. La coalizione di ribelli musulmani Seleka, per lo più mercenari provenienti dal Ciad e dal Sudan, per mesi ha regnato razziando e dando alle fiamme centinaia di villaggi, torturando e uccidendo la popolazione a maggioranza cristiana. Che ha a sua volta reagito creando milizie anti-balaka, (anti-machete) formate da cristiani a animisti. “Ora ogni parte ha i suoi morti e li vuole vendicare”, sottolineano gli osservatori. Quindi i Seleka hanno cominciato a fuggire lasciando i civili musulmani a scontare i loro crimini, e i musulmani lasciano il Paese perché se non lo fanno vengono uccisi. Ma, viene spiegato, non è solo una guerra di religione: a essere perseguitati – è stato scritto – sono ricchi commercianti invidiati dalla povera maggioranza cristiana, o allevatori nomadi in conflitto da generazioni con gli agricoltori cristiani. “Un risentimento antico, quello tra cristiani sedentari e musulmani nomadi che – viene sottolineato – ha intensificato le violenze”. È evidente che occorre fermare subito gli scontri in Sudafrica, scontri che per giunta rischiano di coinvolgere i Paesi vicini, per nulla solidi nelle loro istituzioni e pronti ad accendersi anch’essi alla più piccola miccia. Il perdurare delle violenze, inoltre, rende sempre più difficile la ricomposizione pacifica tra la popolazione e prolunga i traumi civili. Ma il Centrafrica sembra essere ancora lì, al centro del continente, ma sempre troppo lontano dagli occhi del mondo. CONTINENTE IN CORSA Guardare all’Africa come un nuovo spazio economico La ricetta di Romano Prodi illustrata all’Accademia nazionale dei Lincei. Uno sguardo non convenzionale sul futuro di un continente avvolto nelle contraddizioni di Luigi Crimella è infatti segnata da uno stillicidio di guerre e conflitti di difficile definizione, con bilanci di vittime a 6 cifre, violenze inaudite, utilizzo di “bambinisoldato” che hanno scioccato il mondo intero. E negli anni più recenti è sopraggiunta un’altra piaga per l’Africa: la diffusione del terrorismo di matrice per lo più islamica radicale. Mentre si è affievolita l’influenza di Usa e Urss, oltre che dei Paesi “colonialisti” europei più presenti, quali Francia, Gran Bretagna e Germania, è intanto aumentata decisamente la presenza cinese. Soprattutto in Africa i cinesi hanno applicato una strategia politica continentale, basata su diversi fattori. Anzitutto hanno avviato rapporti diplomatici con tutti i Paesi africani, non ponendo condizioni di tipo “democratico” , cosa che invece gli Usa ancora fanno in ma- niera molto selettiva. La Cina di fatto tratta i nuovi rapporti con ciascuno Stato, caso per caso, adattandosi alla realtà verso la quale vuole aprirsi e offrendo assistenza tecnica, infrastrutture, credito e banche, scambio di studenti e di figure professionali e culturali, oltre ad alcuni “regali” ad effetto che risultano particolarmente graditi all’opinione pubblica africana. Ciò naturalmente in cambio di quanto alla Cina stessa manca: petrolio, energia, materie prime, minerali, terre dove avviare coltivazioni intensive. Su questa strada segnata dalla crescita, il Pil medio del continente cresce a un livello di oltre il 4% annuo, superiore persino a quello dei famosi “Bric” , ma certo partendo da livelli molto più bassi. Così se si intravvede la nascita di una prima “classe media”, ecco che si è avviato comunque un primo mercato di massa di beni durevoli. Primo fra tutti quello dei cellulari, posseduti ormai dal 60% della popolazione, con tariffe stracciate e il miracolo di trovare telefonini persino nei villaggi di capanne delle savane. Chi fermerà l’Africa, nei prossimi decenni, quando si calcola che la popolazione potrebbe raddoppiare nel giro di 20 anni? L’età media in alcuni Paesi è di 18 anni, in Europa di 44: un abisso, noi sempre più vecchi, loro giovanissimi, col cellulare e il coraggio di attraversare il Sahara per “salire” in Europa! Hanno il problema dell’acqua, pur nella ricchezza di terre che però sono aride e non producono abbastanza cibo. I cinesi le comprano per pochi spiccioli e con le tecnologie di irrigazione ne faranno un vero business. Si prevedono “guerre per l’acqua”, e manca una forza di pace sovranna- zionale che garantisca le popolazioni dalle scorribande dei violenti e mercenari che già si combattono. L’Unione Africana non decolla e il Consiglio di sicurezza dell’Onu non guarda con simpatia a quell’armata “brancaleone” di piccoli Paesi in perenne ebollizione e senza strutture parlamentari e amministrative, oltretutto preda di una corruzione gigantesca. La “terribile distribuzione del reddito” nel continente, con l’1% della popolazione che detiene il 40% delle ricchezze, potrebbe rallentare se non frenare il trend di crescita delle classi medie occidentalizzate, unica vera risorsa per uno sviluppo trasversale dei Paesi del continente nero. L’Europa può continuare a giocare un suo ruolo di “donatore”, ma - di fronte a queste prospettive - dovrebbe assumere una iniziativa più forte in termini di strategia politica bilaterale di intervento 15 Dal mondo Tra Bulgaria e Turchia Per fronteggiare l’aumento vertiginoso del numero di profughi siriam che si spingono irregolarmente in Bulgaria dopo avere traversato l’Anatolia, a fine gennaio è iniziata la costruzione della recinzione che dividerà la Bulgaria dalla Turchia, barriera che alta tre metri e lunga oltre 30 chilometri “convoglierà i profughi verso i punti ufficiali di frontiera” in realtà, essa chiuderà ai profughi le porte dell’Europa, costerà 5 milioni di euro e sarà ultimata in un paio di mesi. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati Acnur aveva già disapprovato la decisione bulgara di erigere un muro fra il paese balcanico e la Turchia: tali barriere gettano i profughi nelle mani dei trafficanti. Australia, la sua storia Acquisito dalla galleria “Les Enluminures” di New York, un manoscritto portoghese databile fra 1580 e 1620 potrebbe fare luce sulla storia dell’Australia: la scoperta del continente è assegnata all’olandese Willem Janszoon nel 1606, ma i navigatori lusitani potrebbero essere giunti prima. I documenti attestanti la primogenitura portoghese sull’Australia potrebbero essere stati distrutti dal terremoto che devastò Lisbona nel 1755; esistono però mappe degli anni quaranta del XVI secolo che figurano un territorio a sud dell’Indonesia e della Papua Nuova Guinea, dato su cui lo storico Peter Trickett nel 2007 ha determinato che i portoghesi raggiunsero l’Australia nel 1521-’22. Cina, missione di pace Per la prima volta la Cina continentale schiera le truppe, in Africa, nella sua prima missione militare. Sul piano economico, già Pechino considera l’Africa come propria sfera d’influenza primaria: oltre all’investimento di centinaia di miliardi di dollari nel continente, ora allestisce un corpo di spedizione destinandolo al Mali; si tratta di 245 militari, avanguardia di un insieme armato formato da un totale di 500 uomini, che affiancano il contingente delle Nazioni Unite (150 unità) presente a Gao, nel settentrione del territorio dilianato dalla bellicosità dei ribelli tuareg e degli islamisti. Pechino manifesta così una vocazione, dalla cui pratica il mondo trarrà beneficio. 16 musica e spettacolo A 90 anni dalla nascita il 23 febbraio Sautet, l’incompiutezza della vita di Francesco Sgarano D imostrando di essere stato anche un grande critico, prima che un regista straordinario, Francois Truffaut, che aveva sempre un occhio di riguardo per i colleghi francesi, scrisse che i film di Claude Sautet raccontano la vita. Affermazione secca, apparentemente banale, che però banale non è. I lavori di questo regista parigino, che si era fatto le ossa come assistente di regia di Jacques Becker (altro genio, di cui ci occuperemo presto) e nei cortometraggi, sono tutti impregnati dei lati oscuri della vita, soprattutto sul versante dei rapporti umani, l’amore in particolare. Sautet canta sempre un amore labile, sdrucciolevole, quando è percorribile, talvolta -e sono i suoi esiti migliori- addirittura si confronta con l’amore negato o, altrimenti, soffocato, nascosto, frenato. E’ il caso dei suoi ultimi due film, “Un cuore in inverno” e “Nelly e monsieur Arnaud”, capolavori in ogni senso di un cinema fatto di silenzi e sguardi, di dialoghi dosati col contagocce e di personaggi perfettamente scolpiti, un cinema concepito per sottrazione e non per aggiunta, di cui è protagonista Emmanuelle Beart, che parla sempre commossa di Sautet come di un padre, non solo artistico. Basta guardare que- Vita La n. 7 23 FEBBRAIO 2014 CINEMA ste due perle per accorgersene: coccolata -che dico- amata dalla cinepresa, nel primo lei è una violinista che si innamora dell’amico e socio del suo compagno, un liutaio timido e represso che non ricambia i suoi sentimenti perchè rivela di “non averne accesso” -è il “cuore in inverno” del titolo. Lei non si rassegna e ci diventa quasi matta ma il gelo che avvolge l’animo del ragazzo è impenetrabile. Il finale con lui che, forse tardivamente consapevole di aver perduto l’occasione di amare, la guarda partire col fidanzato e resta a bere mestamente un caffè in un bar, è tra i più tristi del cinema recente; in “Nelly” Sautet, servendosi ancora della penna precisissima dello sceneggiatore Jacques Fieschi, si cimenta con il ritratto di un uomo che Morando Morandini ha definito, con espressione felice quant’altre mai, “un cuore in inverno in disgelo”: la storia di un ex magistrato in pensione, divenuto poi uomo d’affari, che stringe un tenero, complice rapporto con una giovane e bella dattilografa, con la quale naturalmente non può però provare le gioie del sesso, di una relazione completa. S’insinua nei due, tra gelosie, dichiarazioni velate di affetto profondo, dubbi, ripensamenti, un amore trattenuto, consapevole dell’impossibilità di una vera realizzazione per la troppa differenza d’età. E lo sguardo della Beart, che a una festa, osserva fianco a fianco Arnaud e il suo attuale amante, un editore, proiettando sull’anziano uomo i desideri che fisicamente soddisfa col più giovane, è un pezzo di cinema -pochi secondi- che va annoverato tra i momenti più alti di tutta la storia di quest’arte. Ed è -giova osservarlo- un momento muto, così come muto è lo sguardo che il giudice posa sulla schiena nuda di Nelly, rimasta a dormire per caso da lui, o quello, sperduto nel vuoto rivolto pensando a lei, nella confusione di un aereoporto. E’ un film perfetto, dove non c’è un particolare sbagliato -insomma un autentico miracolo cinematografico- cui Michel Serrault dà una forza incommensurabile, un’interpretazione che ha pochi paragoni, girato tutto quasi in interni, che però, di tanto in tanto, lascia intravedere le strade piene di vita di Parigi, coi suoi viavai di gente, i suoi bistrot e brasserie, le sue luci. Parigi, amatissima da Sautet, torna sempre nei suoi film, anche in quello che è un altro capolavoro assoluto, però dei Settanta e non focalizzato su uno o due persanaggi ma film corale, “Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre”, giostra di amicizie e amori, cui prestano il volto quattro moschettieri incomparabili: Yves Montand (che gira per Sautet anche il molto tenero “Cesar e Rosalie” -in italiano l’orrendo “E’ simpatico ma gli romperei il muso”), Michel Piccoli, Serge Reggiani e un giovanissimo Gerard Depardieu. Ed anche qui la scena dove una fotografia, in cui Montand si guarda mentre balla con l’ex moglie, prende vita e comincia a muoversi, commentata da un jazz romanticissimo, resta un momento straordinario di cinema e questo film uno dei più belli del cinema francese. In altre due opere compare la bella e sfortunata Romy Schneider, protagonista assoluta di “Una donna semplice”, invece a fianco di Piccoli nel celebre “L’amante”, film cui, secondo chi scrive, è toccata una fama superiore ai meriti, forse per un finale realmente toccante che però solo parzialmente riscatta un racconto di una relazione travagliata non sempre efficace. Con quattro-cinque titoli Sautet, morto a Parigi nel 2000, ha lasciato un segno importante nella storia del cinema. Sostieni LaVita Abbonamento 2014 Sostenitore 2014 2014 Amico euro 45,00 euro 65,00 euro 110,00 c/c postale 1 1 0 4 4 5 1 8 I vecchi abbonati possono effettuare il bollettino postale preintestato, e chi non l’avesse ricevuto può richiederlo al numero 0573.308372 (c/c n. 11044518) intestato a Settimanale Cattolico Toscano La Vita Via Puccini, 38 Pistoia. Gli abbonamenti si possono rinnovare anche presso Graficamente in via Puccini 46 Pistoia in orario di ufficio. DENTRO LA TV “Le iene” della discordia Non è giornalismo televisivo, ma le indagini spesso hanno grande spessore F ra i programmi televisivi di lunga data, un posto di rilievo spetta a “Le Iene”, se non altro proprio per la longevità televisiva: la trasmissione firmata da Davide Parenti è in onda dal 22 settembre 1997 e sembra non aver ancora esaurito la sua verve per le stagioni a venire. Il format - versione italiana dell’argentino “Caiga quien caiga” - prende il titolo dall’omonimo film di Quentin Tarantino, ma le uniche citazioni effettive della celebre pellicola sono gli abiti di inviati e conduttori e la scritta della sigla, identica a quella della locandina italiana del film. Alla guida della prima edizione fu chiamata una Simona Ventura allora all’apice del successo, che passò poi il testimone ad Alessia Marcuzzi - affiancata da Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu - quando la prima andò a lavorare in Rai. Fra una girandola di conduttrici e conduttori, si è arrivati alla versione attuale, che vede in studio Ilary Blasi e Teo Mammucari e in regia la Gialappa’s Band che interagisce con i due in voce fuori campo. Più di qualche protagonista ha trovato in questa trasmissione un trampolino di lancio per la sua carriera nel mondo dello spettacolo: Luca e Paolo, Marco Berry, Ales- di Marco Deriu sandro Sortino, Peppe Quintale, Fabio Volo, Marco Maccarini, Max Laudadio, Nicola Savino, Pif, Alessandro Cattelan, Andrea Pellizzari, Debora Villa, Claudio Bisio, Fabio Canino, Enrico Bertolino, Fabio De Luigi. Con il passare degli anni, le rubriche e i servizi si sono fatti sempre più incisivi dal punto di vista “giornalistico”. Spesso capita che le telecamere documentino truffe, raggiri, irregolarità e malcostumi di vario segno, aprendo la strada alle inchieste giudiziarie e all’accertamento delle responsabilità dei colpevoli. Il che ci può anche stare, a patto di non confondere il programma di Parenti con una testata giornalistica televisiva: molti inviati non sono professionisti dell’informazione, anche se va loro riconosciuta una pervicacia investigativa degna dei migliori reporter d’assalto. L’altro filone che affianca le inchieste è quello delle provocazioni, che negli anni sono passate dalle domande incomprensibili di Mammucari, alle interviste lasciate a metà durante le risposte, all’organizzazione di scherzi anche pesanti ai danni dei vip, agli assalti a base di “twerking” che sono una delle novità di quest’anno. E qui si esce dall’ordinario, per andare a scadere nella risata greve se non, addirittura, volgare. Una terza pista consolidata, ma dagli esiti discutibili, è quella che porta a cavalcare i casi di cronaca e di attualità in modo speculativo, con un occhio sempre rivolto all’audience, e che sotto il pretesto della denuncia o della lotta in favore dei deboli nasconde in realtà ideologie pericolose. È l’esempio del caso Stamina, che proprio “Le Iene”, nella persona di Giulio Goria, avevano sollevato sposando senza riserve la terapia del “professor”Vannoni rivelatasi poi una bufala. Non di rado è capitato che alcuni servizi troppo al di là delle regole e, soprattutto, della tutela della privacy siano stati bloccati o censurati, mentre miglior sorte hanno avuto alcune “rubriche” che anche altre trasmissioni hanno imitato nel corso degli anni, come per esempio l’intervista doppia, le classifiche della settimana, le incursioni a sorpresa per smascherare i malandrini, i litigi provocati ad arte. Alcune “perle” sono entrate nella storia, dai reiterati insulti di Vittorio Sgarbi al Trio Medusa alle ciniche interviste di Enrico Lucci, dalle botte prese da Luca Barbareschi e da qualche personaggio famoso arrabbiati all’imbarazzo dei parlamentari nostrani di fronte alle domande di cultura generale di Sabrina Nobile. LaVita Settimanale cattolico toscano Direttore responsabile: Giordano Frosini STAMPA: Tipografia GF Press Masotti IMPIANTI: Palmieri e Bruschi Pistoia FOTOCOMPOSIZIONE: Graficamente Pistoia tel. 0573.308372 e-mail: [email protected] - [email protected] Registrazione Tribunale di Pistoia N. 8 del 15 Novembre 1949 e-mail: [email protected] sito internet: www.settimanalelavita.it CHIUSO IN TIPOGRAFIA: 19 FEBBRAIO 2014