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FVG Mitteleuropa Orchestra Philipp von Steinaecker direttore Vivica Genaux mezzosoprano Mercoledì 14 novembre 2012 - h 20.45 MUSICA PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 1 12/11/12 12:31 FVG Mitteleuropa Orchestra Philipp von Steinaecker direttore Vivica Genaux mezzosoprano Benjamin Britten (1913-1976) Luciano Berio (1925-2003) Variazioni su un tema di Frank Bridge op.10 Introduction and Theme Variation 1: Adagio Variation 2: March Variation 3: Romance Variation 4: Aria Italiana Variation 5: Bourrée classique Variation 6: Wiener Waltzer Variation 7: Moto perpetuo Variation 8: Funeral March Variation 9: Chant Variation 10: Fugue and Finale Folk Songs 1. Black is the color (USA) 2. I wonder as I wander (USA) 3. Loosin Yelav (Armenia) 4. Rossignol et dubois (France) 5. A la femminista (Sicilia) 6. La donna ideale (Liguria) 7. Ballo (Italia) 8. Motettu de tristura (Sardegna) 9. Malurousqu’o uno fenno (Alvernia) 10. Lo fiolaire (Alvernia) 11. Azerbaijan love song (Azerbaijan) Benjamin Britten Benjamin Britten Folk Songs 1. The Salley Gardens 2. Eho! Eho! 3. O Waly, Waly 4. Quand j’étais chez mon père The Young Person’s Guide to the Orchestra op. 34 (Variations and Fugue on a Theme of Purcell) Theme: Allegro maestoso e largamente Variation A: Presto Variation B: Lento Variation C: Moderato Variation D: Allegro alla marcia Variation E: Brillante: alla polacca Variation F: Meno mosso Variation G: Variation H: Cominciando lento ma poco a poco accel. al Allegro Variation I: Maestoso Variation J: L’istesso tempo Variation K: Vivace Variation L: Allegro pomposo Variation M: Moderato Fugue: Allegro molto Manuel de Falla (1876-1946) Siete canciones populares españolas (orchestrazione di Luciano Berio) 1. El paño moruno 2. Seguidilla Murciana 3. Asturiana 4. Jota 5. Nana 6. Canción 7. Polo *** produzione: Teatro Nuovo Giovanni da Udine in collaborazione con Fondazione Bon PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 2 12/11/12 12:31 Benjamin Britten Folk Songs The Salley Gardens Melodia irlandese, testo di W.B.Yeats I giardini di salici Down by the salley gardens my love and I did meet; She passed the salley gardens with little snow-white feet. She bid me take love easy, as the leaves grow on the tree; But I, being young and foolish, with her did not agree. In a field by the river my love and I did stand, And on my leaning shoulder she placed her snow-white hand. She bid me take life easy, as the grass grows on the weirs; But I was young and foolish, and now am full of tears. Laggiù nei giardini di salici io e il mio amore ci incontrammo; Lei attraversò i giardini di salici con il suo piccolo piede bianco come la neve. Mi invitò a prendere l’amore in modo lieve, come le foglie crescono sugli alberi; Ma io, essendo giovane e sciocco, non accettai. In un prato lungo il fiume io ed il mio amore ci trovammo E sulla mia spalla lei posò la sua mano bianca come la neve Mi chiese di prendere la vita in modo lieve, come l’erba cresce sulla riva; Ma ero giovane e sciocco, e ora sono gonfio di lacrime. Eho! Eho! Canzone popolare Eiho Eho! Eho! Eho! Les agneaux vont aux plaines, Eho! Eho! Eho! Et les loups vont aux bois. Eiho! Eiho! Eiho! Gli agnelli stanno in pianura Eiho! Eiho! Eiho! E i lupi stanno nei boschi. Tant qu’aux bords des fontaines Ou dans les frais ruisseaux, Les blancs moutons s’y baignent, Y dansant au pré-au. I bianchi agnelli indugiano vicino alle fonti e ai ruscelli si bagnano e saltellano lietamente tutti attorno in cerchio. Mais queuq’-fois par vingtaine Y s’éloign’ des troupeaux, Pour aller sous les chênes, Aux herbages nouveaux. Ma qualche volta una ventina si allontanano dal gregge per andare sotto le querce in cerca di erba fresca. Et les ombres lointaines Leur-z’y cach’ leurs bourreaux, Malgré leurs plaintes vaines, Les loups mang’ les angneaux. Ma le ombre lontane nascondono i loro carnefici e nonostante i loro vani belati i lupi divorano gli agnelli. T’es mon agneau, ma reine. Les grand’ vill’ c’est le bois, Par ainsi Madeleine, T’en vas pas loin de moi! Tu sei il mio agnellino, mia regina, la grande città è il bosco, e dunque, Madeleine, non allontanarti da me. PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 3 12/11/12 12:31 O Waly, Waly Canzone tradizionale del Somerset O Waly, Waly The water is wide I cannot get o’er, And neither have I wings to fly. Give me a boat that will carry two, And both shall row, my love and I. Non posso attraversare il mare vasto, e non ho nemmeno ali per volare, datemi una barca dove ci sia posto per due e remeremo entrambi, il mio amore ed io. O, down in the meadows the other day, A-gathering flowers both fine and gay, A-gathering flowers both red and blue, I little thought what love can do. L’altro giorno, laggiù nei prati in fiore Colorati di gaia bellezza Dove il rosso si mescolava all’azzurro, Pensavo a che cosa può fare l’amore I leaned my back up against some oak Thinking that he was a trusty tree; But first he bended, and then he broke; And so did my false love to me. Mi sono appoggiato ad una quercia Pensando che potevo fidarmi di tale albero ma questo prima si è piegato e poi si è spezzato; e così ha fatto il mio falso amore. A ship there is, and she sails the sea, She’s loaded deep as deep can be, But not so deep as the love I’m in: I know not if I sink or swim. C’è una nave, che percorre il mare, che porta un carico che più non può ma non così grande come il mio amore non so se annegherò o potrò nuotare. O! love is handsome and love is fine, And love’s a jewel while it is new; But when it is old, it groweth cold, And fades away like morning dew. Oh, l’amore è bello, l’amore è attraente, l’amore è un gioiello prezioso quando è giovane; ma quando invecchia diventa freddo e svanisce come la rugiada del mattino. Quand j’étais chez mon père Canzone popolare Quando vivevo con mio padre Quand j’étais chez mon père, apprenti pastoureau, il m’a mis dans la lande, pour garder les troupiaux. Quando vivevo con mio padre, ero solo pastorello lui mi ha mandato sui prati a badare alle pecore. Troupiaux, troupiaux, je n’en avais guère. Troupiaux, troupiaux, je n’en avais beaux. Pecorelle, percorelle, Non ne avevo molte, Pecorelle, percorelle, Non ne avevo di belle. Mais je n’en avais guère, je n’avais qu’trois agneaux; et le loup de la plaine m’a mangé le plus beaux. Oh, non erano molte, avevo solo tre agnelli, perché il lupo divorava ogni giorno le più belle. Il était si vorace n’a laissé que la piau, n’a laissé que la queue, pour mettre à mon chapiau. Oh, il lupo era così ingordo, solo ossa rimanevano a terra, solo le code mi lasciava io le appendevo sul mio cappello PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 4 12/11/12 12:31 Mais des os de la bête me fis un chalumiau pour jouer à la fete, à la fêt’ du hamiau. Con le ossa delle bestie mi sono fatto un flauto per suonare alla sagra, alla fiera del villaggio. Pour fair’ danser l’village, dessous le grand ormiau, et les jeun’s et les vieilles, les pieds dans les sabiots. Farò danzare tutto il paese sotto il gran olmo sia le giovani che le vecchie con gli zoccoli ai piedi. Manuel de Falla - Luciano Berio Siete canciones populares españolas 1. El Paño Moruno Il drappo moresco Al paño fino, en la tienda, una mancha le cayó; Por menos precio se vende, Porque perdió su valor. ¡Ay! Sulla stoffa preziosa nella bottega, è caduta una macchia; A minor prezzo si vende. Perché ha perso il suo valore Ahi! 2. Seguidilla Murciana Seguidilla di Murcia Cualquiera que el tejado Tenga de vidrio, No debe tirar piedras Al del vecino. Arrieros semos; ¡Puede que en el camino Nos encontremos! Por tu mucha inconstancia Yo te comparo Con peseta que corre De mano en mano; Que al fin se borra, Y créyendola falsa ¡Nadie la toma! Chiunque abbia un tetto di vetro, non deve lanciare pietre su quello del vicino. Siamo carrettieri; può succedere che sulla strada ci incontriamo! Per la tua grande incostanza ti paragono a una moneta che passa di mano in mano; che alla fine si consuma, e credendola falsa, nessuno la prende! 3. Asturiana Asturiana Por ver si me consolaba, Arrime a un pino verde Por ver si me consolaba. Per vedere se mi consolava, Sono andata vicino a un pino verde, per vedere se mi consolava. Por verme llorar, lloraba. Y el pino como era verde, Por verme llorar, lloraba. Vedendomi piangere, piangeva. E il pino, che era verde, vedendo che piangevo, piangeva. PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 5 12/11/12 12:31 4. Jota Jota Dicen que no nos queremos Porque no nos ven hablar; A tu corazón y al mio Se lo pueden preguntar. Dicono che non ci amiamo Perché non ci vedono parlare; Al tuo cuore e al mio Lo possono domandare. Ya me despido de tí, De tu casa y tu ventana, Y aunque no quiera tu madre, Adiós, niña, hasta mañana. Aunque no quiera tu madre… Ora ti lascio e parto da te, dalla tua casa e dalla tua finestra, E anche se tua madre non vuole, addio bambina, a domani. Anche se tua madre non vuole… 5. Nana Ninna Nanna Duérmete, niño, duerme, Duerme, mi alma, Duérmete, lucerito De la mañana. Naninta, nana, Naninta, nana. Duérmete, lucerito De la mañana. Dormi bambino, dormi, dormi anima mia, dormi stellina del mattino. Ninna nanna, ninna nanna, dormi, stellina del mattino 6. Canción Canzone Por traidores, tus ojos, voy a enterrarlos; No sabes lo que cuesta, »Del aire« Niña, el mirarlos. »Madre a la orilla Madre« Poiché mi hanno tradito, i tuoi occhi, li sotterrerò; Non sai quanto costa, “nell’aria” bambina, guardarli. “Madre, sulla riva Madre” Dicen que no me quieres, Ya me has querido… Váyase lo ganado, »Del aire« Por lo perdido, »Madre a la orilla Madre« Dicono che non mi ami. Eppure mi hai amato… Se ne vada ciò che ho avuto, “nell’aria” Poiché è perduto, “Madre, sulla riva Madre” PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 6 12/11/12 12:31 7. Polo Polo ¡Ay! Guardo una, ¡Ay! Guardo una, ¡Ay! ¡Guardo una pena en mi pecho, ¡Guardo una pena en mi pecho, ¡Ay! Que a nadie se la diré! Ahimé! Ho un… Ahi! Ho un… Ahi! Ho un dolore nel mio petto, Ho un dolore nel mio petto, Ahi! Che non dirò a nessuno! Malhaya el amor, malhaya, Malhaya el amor, malhaya, ¡Ay! ¡Y quien me lo dió a entender! ¡Ay! Maledetto sia l’amore, maledetto, Maledetto sia l’amore, maledetto, Ahi! E chi me l’ha fatto conoscere. Ahi! Luciano Berio Folk Songs 1. Black is the color… Nero è il colore… Black is the color of my true love’s hair his lips are rosy fair the sweetest smile and the kindest hands; I love the grass whereon the stands. Nero è il colore dei capelli del mio amore le labbra ha di un bel rosa, il più dolce dei sorrisi e le mani più gentili; amo l’erba su cui poggia i piedi. I love my love and well he knows I love the grass whereon he goes if he no more on earth wilI be ‘twill surely be the end of me. Black is the colour… Amo il mio amore, e ben lo sa amo l’erba su cui cammina se non dovesse esser più a questo mondo per me certo sarebbe la fine. Nero è il colore… 2. I wonder as I wander… Mi meraviglio mentre vago… I wonder as I wander out under the sky how Jesus our Savior did come for to die for poor orn’ry people like you and like I I wonder as I wander out under the sky. Mi meraviglio mentre vago là fuori sotto il cielo come abbia potuto Gesù, il Salvatore, venir qua a morire per povera gente comune come te e me. Mi meraviglio mentre vago là fuori sotto il cielo. When Mary birthed Jesus ‘twas in a cow stall with wise men and farmers and shepherds and all, but high from the Heavens a star’s light did fall, the promise of ages it then did recall. Quando Maria mise al mondo Gesù era in una stalla, con re magi e contadini e pastori e così via, ma dall’alto dei Cieli cadeva la luce di una stella, ricordando le profezie antiche di secoli. If Jesus had wanted of any wee thing, a star in the sky or a bird on the wing, or all of God’s angels in Heav’n for to sing, he surely could have had it ‘cause he was the king. Se Gesù avesse voluto una cosa qualunque, una stella in cielo o un uccello in volo, o tutto gli angeli di Dio in Paradiso a cantare, l’avrebbe avuta di certo, poiché era il re. PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 7 12/11/12 12:31 3. Loosin yelav La luna è alta Loosin yelav ensaaretz saree parto gadareetz shegleeg megleeg yeresov porvetz kedneen loosni dzov. La luna è alta sulla collina proprio in cima alla collina con la sua luce rossa e rosea rischiara splendidamente la terra. Jan a loosin jan ko loosin ja ko golor sheg yereseen. Cara luna, cara la tua luce caro il tuo volto rotondo e roseo. Xavarn arten tchokatzav oo el kedneen tchogatzav loosni loosovhalatzvadz moot amberi metch monadz. Prima il buio regnava avvolgendo la terra il chiardiluna l’ha ricacciato fra le nuvole nere. Jan a loosin… Cara luna… 4. Rossignolet du bois Piccolo usignolo del bosco Rossignolet du bois, rossignolet sauvage, apprends moi ton langage, apprends-moi-z à parler, apprends-moi la manière comment il faut aimer. Piccolo usignolo del bosco, piccolo usignolo selvatico, insegnami la tua lingua, insegnami a parlare, insegnami il modo in cui si deve amare. Comment il faut aimer je m’en vais vous le dire, faut chanter des aubades deux heures après minuit, faut lui chanter: - La belle, c’est pour vous réjouir. Come si debba amare adesso vi dirò: cantando serenate due ore dopo mezzanotte, cantarle: - O carina, è per darvi gioia. On m’avait dit, la belle, que vous avez des pommes, des pommes de reinette qui sont dans vot’ jardin. que j’y mette la main. Mi avevan detto, carina, che avevate certe mele, mele renette che sono nel vostro giardino, lasciate che le tocchi. Non, je ne permettrai pas que vous touchiez mes pommes, prenez d’abord la lune et le soleil en main, puis vous aurez les pommes qui sont dans mon jardin. No, mai permetterò che tocchiate le mie mele, prima prendete la luna e il sole con le mani, poi avrete le mele che sono nel mio giardino. PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 8 12/11/12 12:31 5. A la femminisca Alla maniera delle donne E Signuruzzu miu faciti bon tempu ha iu l’amanti miu’mmezzu lu mari l’arvuli d’oru e li ntinni d’argentu la Marunnuzza mi l’av’aiutari, chi pozzanu arrivori ‘nsarvamentu. E comu arriva ‘na littra ma fari ci ha mittiri du duci paroli comu ti l’ha passatu mari, mari. E caro Signore, dateci il bel tempo, il mio innamorato è in mezzo al mare con l’albero d’oro e le vele d’argento la Madonnina me lo deve aiutare a giungere a salvamento. E se arriva una lettera, che ci metta due paroline dolci, come hai attraversato il mare. 6. La donna ideale La donna ideale L’omo chi mojer vor piar, de quatro cosse de’e spiar. La primiera è com’el è naa, l’altra è se l’é ben accostumaa, l’altra è como el è forma, la quarta è de quanto el è dotaa. Se queste cosse ghe comprendi, a lo nome di Dio la prendi. L’uomo che vuol prender moglie, di quattro cose di deve assicurare. La prima da che famiglia venga, poi se è ben educata, poi ancora che aspetto ha, la quarta quanti soldi porti. Se di queste cose ti accerti, prendila, in nome di Dio. Ballo La la la la la la… Amor fa disviare li più saggi e chi più l’ama meno ha in sé misura. Più folle è quello che più s’innamura La la la la la la… Amor non cura di fare suoi dannaggi co li suoi raggi mette tal calura che non può raffreddare per freddura. 8. Mottetu de tristura Canzone triste Tristu passirillanti comenti massimbilas. Tristu passirillanti e puita mi consillas a prangi po s’amanti. Passerotto triste quanti ricordi. Passerotto triste se puoi consolami piango per il mio amore. Tristu passirillanti cand’ happess interrada Tristu passirillanti aimi custa cantada cand’ happess interrada. Passerotto triste quando sarò sottoterra Passerotto triste canta per me questa canzone quando sarò sottoterra. PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 9 12/11/12 12:31 9. Malurous qu’o uno fenno Sfortunato chi ha moglie Malurous qu’o uno fenno, malurous qué n’o cat! Qué n’o cat n’en bou uno, qué n’o uno n’en bou pas! Tradèra ladèrida rèro… Sfortunato chi ha moglie, sfortunato chi non ce l’ha! Chi non ce l’ha, ne vuole una, chi ce l’ha non la vorrebbe! Trallallera… Urouzo lo fenno qu’o l’omé qué li cau! Urouz inquéro maito o quèlo qué no cat! Tradèra ladèrida rèro… Felice la donna Che ha un uomo che le piaccia! Felice ancor di più quella che non ce l’ha! Trallallera… 10. La fiolaire La filatrice Ton qu’èré pitchounèlo gordavè loui moutous. Lirou lirou lirou… Lirou la diri tou tou la Quand’ero piccina badavo le pecore. Lirù lirù lirù… Obio ‘no counoulhèto e n’ai près un postrou. Lirou lirou lirou… Avevo una conocchia e chiamai un pastore. Lirù lirù lirù… Per fa lo biroudèto mè domond’ un poutou. Lirou lirou lirou… Per far la guardia mi chiese un bacio. Lirù lirù lirù… E ièu soui pas ingrato: en lièt d’un nin fau dous! Lirou lirou lirou… E io non sono ingrata: invece d’uno glie ne diedi due! Lirù lirù lirù… 11. Azerbaijan Love Song Fatta eccezione per un passaggio in lingua russa, in cui l’amore viene paragonato ad una stufa, le parole di questa canzone sono nel dialetto asiatico dell’Azerbaijan. Furono trascritte sillaba per sillaba dalla famosa cantante Cathy Berberian, prima moglie del compositore, che non conosceva una parola della lingua azera, queste parole, a tutt’oggi, sfidano ogni traduzione (sono intraducibili). PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 10 12/11/12 12:31 | Britten - Variazioni Le Variazioni su tema di Frank Bridge op. 10 furono composte da Benjamin Britten in seguito alla richiesta del direttore Boyd Neel, che nel maggio del 1937 fu invitato con la sua orchestra dal Festival di Salisburgo, con l’esplicita richiesta di un programma di tre composizioni sinfoniche, una delle quali doveva essere in prima assoluta e di un autore britannico. Neel decise di contattare il giovane e talentuoso compositore che solo l’anno precedente aveva avuto l’occasione di conoscere (avendone diretto la colonna sonora per il film Love from a Stranger) e non ne fu deluso: Britten preparò l’abbozzo di getto, in soli dieci giorni, e ultimò la partitura completa il 12 luglio, consentendo a Neel pieno agio nella preparazione del concerto, giovatasi peraltro della supervisione dell’autore e del dedicatario dell’opera, Frank Bridge. La prima ebbe luogo, come stabilito, il 27 agosto; il successo arriso all’op. 10 fu risolutivo per la consacrazione di Britten sullo scenario internazionale, concorrendo alla (oggi stabilizzata) immagine che lo considera il massimo compositore inglese dai tempi di Henry Purcell. Per il significato che ricoprì merita un breve indugio il già ricordato dedicatario dell’opera, Frank Bridge, compositore e direttore d’orchestra e soprattutto apprezzato violista di diverse compagini quartettistiche (fra cui il rinomato English String Quartet). Tuttora saltuariamente reperibile, con le sue musiche, nei programmi concertistici, Bridge oggi è ricordato innanzitutto per aver contribuito allo sviluppo delle doti artistiche di Britten, del quale fu insegnante dal 1927. Dal canto suo, il compositore gli serbò a lungo intensa gratitudine: sembra che già nel 1932 egli avesse intrapreso il lavoro ad un ciclo di variazioni su un suo tema, ma solo con l’op. 10 riuscì a “sdebitarsi”: dedicata a Bridge «con affetto ed ammirazione», l’op. 10 costituisce un omaggio completo, sia per l’indiscutibile livello qualitativo dimostrato da Britten, sia perché essa è permeata interamente dell’immagine di Bridge. Le tracce del maestro si ritrovano difatti non solo nel tema (proveniente dal secondo dei PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 11 Tre idilli per quartetto d’archi op. 6 n. 2) ma anche in ciascuna delle variazioni, che costituiscono altrettanti segreti ritratti di Bridge, “dipinto” via via nelle diverse sfaccettature del carattere, come Britten gli testimoniò donandogli una copia della partitura con annotazioni che per rispetto della privacy furono poi omesse nell’edizione a stampa. Malgrado tali precauzioni, se n’è venuti comunque a conoscenza: di Frank Bridge l’Adagio rappresenta l’integrità, la Marcia l’energia, la Romanza il fascino, l’Aria italiana lo humour, la Bourrée la vocazione tradizionalista, il Valzer viennese l’entusiasmo, il Moto perpetuo la vitalità, la Marcia funebre la capacità simpatetica, il Canto il senso del rispetto, la Fuga (che contiene anche ulteriori rinvii a composizioni del maestro) l’abilità. Il Finale celebra invece l’affetto reciproco che unì allievo e maestro. In verità un termine testé impiegato, carattere, è ben lungi dall’esaurire il proprio senso nel nascosto rinvio ad una relazione privata, per quanto importante ed influente essa possa esser stata rispetto alla scrittura musicale. Nella storia della composizione la variazione caratteristica costituisce una possibilità sovente impiegata entro i cicli di variazioni, ma, in genere, un ciclo ne contiene tutt’al più una sola. Anche volendosi limitare ai titoli ufficiali (Adagio, March eccetera), è invece evidente che almeno otto dei dieci brani dell’op. 10 (escluse le due variazioni estreme) segnalano la propria natura di pezzi di carattere. È vero che in ciò l’op. 10 rinviava ad un’inclinazione che la musica inglese aveva sperimentato già prima di Britten (si pensi ad esempio alle Enigma Variations di Edward Elgar), ma è evidente che la tanto caratterizzata varietà espressiva delle diverse variazioni costituì un aspetto decisivo per gli ascoltatori del 1937, che non conoscevano la copia chiosata donata da Britten a Bridge, ma ovviamente potevano leggere i titoli delle variazioni ed ascoltarne la plurima, differenziata caratterizzazione. Essi poterono cioè identificare un fattore caratterizzante della musica del promettente giovane compositore nella molteplice varietà dei pezzi di carattere. Fin dall’inizio della sua carriera artistica Britten definì insomma la propria 12/11/12 12:31 personalità artistica - e fu capace di trasmetterne l’immagine - sotto il segno di un marchio distintivo il quale non a caso di lì in avanti non lo avrebbe mai più abbandonato: quello dell’eclettismo. Eclettismo è parola utile a definire non solo la molteplicità che caratterizza una composizione al proprio interno, ma anche l’intero opus di un compositore che, come Britten, abbia affrontato i più disparati generi musicali, spaziando magistralmente fra stili compositivi, ascendenti storici e tipi formali i più disparati. Il programma del concerto di questa sera ce ne offre due ulteriori esempi col modello della musica popolare, documentato dai pezzi vocali sui quali ci soffermeremo in seguito, e col caso rappresentato dalla Guida del giovane all’orchestra (o Variazioni su tema di Purcell), che offre un saggio eloquente dell’impegno di Britten nel settore della musica didattica: genere che costituisce l’oggetto di una frequentazione non assidua da parte dei compositori d’alto livello, ma che sbaglieremmo a considerare “minore” (tanto per richiamare qualche esempio significativo, esso annovera tesori come il Piccolo libro di Anna Magdalena Bach, alcune Sonate brevi di Beethoven, le Suites di Stravinskij e Pierino e il lupo di Prokof’ev). Durante il Novecento tale genere fu favorito dal clima di reazione antiromantica che sollecitò tanti compositori a prendere le distanze dall’ideale d’arte sublime, compartecipe di valori ultimi, che tanto ruolo aveva avuto nella produzione musicale fino al periodo a cavallo fra tardo Ottocento e primo Novecento. È abbastanza evidente il nesso che lega la musica didattica alla musica d’occasione, ovvero alla possibilità che l’impulso a comporre sia dettato da ragioni circostanziali anziché dalla vocazione, rispetto alla quale la mitologia romantico-ottocentesca definiva il compositore come preso da una sorta di fatale, predestinata necessità creativa, dettata da un irresistibile impulso interiore. Per Britten l’occasione fu invece totalmente “esteriore”; essa risedette nel desiderio di offrire «affettuosamente» una possibilità di «edificazione e intrattenimento» a Humphrey, Pamela, Caroline e Virginia: i figli di due suoi cari amici PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 12 - John Maude sua moglie, la pianista Jean Redcliffe -, oggi ricordati grazie all’importante concorso pianistico ad essi intitolato presso il Royal College of Music di Londra. Con tali premesse, Britten si accinse alla preparazione di un’opera che, forse per la piacevolezza e facilità d’ascolto che la caratterizza, sarebbe divenuta fra le più eseguite in assoluto dell’intera sua produzione: un’opera finalizzata a far conoscere i vari strumenti dell’orchestra e le rispettive “famiglie” attraverso l’ascolto di musica gradevole anziché tramite un trattato di strumentazione, fatalmente più arido. La struttura generale dell’opera è semplicissima: un sontuoso tema barocco (è il n. 2, Rondeau, delle musiche di scena composte nel 1695 da Henry Purcell per l’Abdelazer di Aphra Behn) viene sottoposto a successive variazioni, assai differenziate, al fine di mettere in luce uno specifico strumento od una particolare famiglia. L’esecuzione può essere accompagnata da un narratore (volendo, lo stesso direttore) che durante l’ascolto illustra le varie componenti della famiglia orchestrale; in genere, però, nelle pubbliche esecuzioni si preferisce impiegare la versione senza interventi narrativi approntata dallo stesso Britten. L’esposizione del tema di Purcell inizia dal tutti orchestrale per poi separare le principali famiglie strumentali: fiati (differenziati in legni e ottoni), archi e percussioni. Nelle successive variazioni l’ordine degli interventi solistici segue in generale la direzione dal più acuto al più grave separatamente per ciascuna famiglia. Si inizia con la famiglia dei legni: la variazione A è dedicata ai flauti ed all’ottavino, la B agli oboi, la C ai clarinetti e la D ai fagotti. Segue il turno degli archi, con i violini dalla variazione E ed, a seguire, viole, violoncelli e contrabbassi per le variazioni F, G e H. All’arpa, per l’affinità con gli archi (è uno strumento a corde), è dedicata la variazione I. Tocca quindi agli ottoni: corni (J), trombe (K), tromboni e basso-tuba (L). La variazione M è dedicata alle percussioni. La fuga conclusiva funge da ricapitolazione: inizia riproducendola sequenza d’ingresso degli strumenti nello stesso ordine seguito dalle variazioni; 12/11/12 12:31 terminata questa parte, mentre la fuga procede, il tema di Purcell rientra a valori larghi agli ottoni, conducendo l’ensemble all’apoteosi conclusiva. Anche nel caso di questo lavoro, nel carattere è individuabile un aspetto decisivo della personalità creativa di Britten: la sequenza degli strumenti ubbidisce in effetti ad un principio la cui metodicità ha, giocoforza, ben poco di creativo e molto di meccanico. Ma l’aspetto, per contro, più specificamente immaginifico della composizione - aspetto che ne garantiscela caratura artistica - consiste nella profonda differenza che intercorre fra le diverse variazioni: differenza funzionale a mettere in luce non semplicemente (e banalmente) il suono dei vari strumenti ma - al tempo stesso - il loro idioma musicale, ovvero, in definitiva, il loro carattere. | Canzoni popolari (Falla, Britten, Berio) La storia del rapporto fra musica popolare e musica d’arte ha inizio ben prima del Novecento, ma certo proprio nel secolo scorso conosce una fase nodale, volta al superamento delle superficiali modalità di recupero ed impiego dei tratti folklorici osservabile nel repertorio ottocentesco e capace di spingersi fino all’approccio scientifico di Béla Bartók (che fu al tempo stesso un rigoroso etnomusicologo ed un compositore capace di mettere a frutto gli stimoli creativi che il patrimonio folklorico studiato gli rivelava) .Questa nuova tendenza novecentesca appare come la risultante di due istanze fondamentali: da un lato la ricerca di nuovi orizzonti e di modalità espressive alternative rispetto allo stile musicale tardo romantico, dall’altro il desiderio di mantenere in vita repertori tramandati oralmente e sempre più insidiati dall’oblio in un mondo che, velocissimamente, andava assottigliando il peso e l’influenza delle tradizioni (non solo popolari) sotto la spinta di un - già allora in atto - potentissimo impulso globalizzatore. La casistica offerta dal concerto di questa sera, rappresentata da tre autori dalla personalità diversissima, illustra altrettante modalità significative(se non addirittura emblematiche) dell’atteggiamento PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 13 osservato, rispetto ai repertori folklorici, dai compositori in diverse fasi dello sviluppo storico-musicale novecentesco. Che le Siete canciones populares españolas (1714) siano frutto dell’invenzione di de Falla o di una trasposizione, da egli operata, di pezzi autenticamente popolari (nei commenti reperibili si possono trovare entrambe le affermazioni, ovviamente inconciliabili) è un aspetto tutto sommato secondario, che nella comprensione di questi brani dovrebbe cedere il passo al riconoscimento di un nodo ben altrimenti centrale: l’adesione effettiva al modello popolare. La caratterizzazione locale traspare nelle movenze chitarristiche dell’accompagnamento musicale (carattere che spinse Andrés Segovia a trascrivere per chitarra la parte pianistica) e nelle inflessioni melodiche (l’esempio più evidente è il gitano cantejondo dagli inquieti melismi nell’ultima canzone, Polo, ma assai frequente nei vari brani è anche la semplicissima ed altrettanto tipica cadenza frigia, di semitono discendente). Ma tale caratterizzazione emerge anche nelle atmosfere fascinosissimamente ispaniche dei brani (sublimi i due pezzi in tempo lento: con la dolcezza malinconica della Ninnananna e la magica, ipnotica, dolorosa tensione dell’Asturiana). Naturalmente le Sette canzoni costituiscono una delle testimonianze più significative in assoluto del cosiddetto spagnolismo musicale: fenomeno divenuto una vera e propria moda compositiva nel tardo Ottocento in seguito a lavori di amplissima risonanza quali Carmen (1875) di Bizet ed il Capriccio spagnolo (1887) di Rimskij-Korsakov, con degno seguito primo novecentesco in titoli - per limitarci ai massimi livelli - come Iberia (1907) di Claude Debussy e, di Maurice Ravel, Rapsodie espagnole (1908) e Boléro (1928). Senza nulla togliere agl’innegabili pregi ed alla meritatissima fama dei citati capolavori, al paragone con essi è da sottolineare che lo spagnolismo espresso da Falla nelle Sette canzoni (e nel quasi coevo El amor brujo, del 1915) è di tutt’altro tipo, indubitabilmente più autentico: la Spagna che egli ci presenta è vista e vissuta dall’interno, esibita in una nudità di contorni ed in una sec- 12/11/12 12:31 chezza di toni che pare una sorta di pendant iberico alla riproduzione delle musiche contadine realizzate all’incirca negli stessi anni da Bartók su modelli folklorici rumeni ed ungheresi. Nelle Sette canzoni Falla rifugge dagli sgargianti colorismi di Rimskij tanto quanto dal preziosismo estetizzante di Debussy e Ravel (dal quale peraltro de Falla non si astenne in assoluto, come dimostra la rigogliosa partitura delle Notti nei giardini di Spagna). Significativo in questo senso è che egli concepì le Sette canzoni per l’organico (cameristico) più ridotto e comune: voce solista e pianoforte; le due versioni orchestrali che sovente capita di ascoltare non sono infatti opera sua ma anonima la prima (del 1922, verosimilmente dovuta ad esigenze editoriali) e del 1978 quella (stasera in programma) approntata da Luciano Berio. I quattro Folk songs di Britten testimoniano ancora una volta il magistrale eclettismo di questo compositore. L’atteggiamento eclettico implica una considerazione fondamentalmente antistorica dei modelli prescelti (anche se, naturalmente, desunti dal repertorio storico), che vengono intesi come di per sé stessi validi ed attuali, senza la necessità di spiegarne la scelta al di là ed al di fuori di considerazioni strettamente legate al gusto personale (quello di Britten, naturalmente, ma anche quello dei potenziali ascoltatori) ed al pregio intrinseco dei brani (la loro musicalità). Precisamente a questa sensibilità è da rapportare la lunga e feconda frequentazione britteniana del repertorio musicale folklorico, che lo accompagnò fra il 1943 e l’anno della morte, il 1976, e precisamente a questo suo atteggiamento si possono far risalire le ragioni che gli garantirono vasta popolarità in un secolo quant’altri mai problematico sotto questo punto di vista. In prima istanza l’atteggiamento di fronte alla musica del pubblico medio è infatti quello di chi in quest’arte ricerca emozione e/o godimento e solo come eventuale seconda istanza si dedica al fine - intellettualizzato - di chi, della musica, cerca di “farsi una ragione” (ed una nozione) andando alla ricerca di notizie o di osservazioni su di essa. Tale atteggiamento è del tutto complementare a quello di PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 14 Britten, che come ovvio corollario all’individuazione di belle melodie popolari fa conseguire l’arrangiamento e la pubblica esecuzione, nella piena fiducia confermata dal riscontro ottenuto - che la musicalità intesa quale valore in sé sia un dato sufficiente. Che il fiuto di Britten avesse colto questo valore musicale delle melodie popolari è senz’altro dimostrato, entro il piccolo florilegio di questa sera, dalla semplice, gradevole bellezza ed espressività delle canzoni in programma. A suo modo, il destino della più celebre - «O Waly, Waly», tuttora ampiamente sfruttata, previo idoneo arrangiamento, ai più disparati fini: dal pop in stile Joan Baez alla newage, dalla musica devozionale cattolica a quella pubblicitaria (nello spot di un noto formaggio piemontese) - appare emblematico della modalità possibile di sopravvivenza, totalmente distaccata dal contesto sociale originario, che, nel mondo globalizzato, il patrimonio folklorico può ancora sperimentare. Naturalmente nel caso di Britten è da ricordare che la sua grande attenzione al repertorio vocale fu sempre legata ad un dato biografico - la volontà di produrre musiche per il compagno della sua vita, il grande tenore Peter Pears, insieme al quale egli stesso si esibiva - ma altrettanto certo è che, in lui, complementare fu la motivazione rappresentata dal gusto personale: il gusto di un uomo vissuto nel secolo che più di tutti ha reso attuale ogni tipo di repertorio musicale, di un secolo cioè che al tempo stesso si allontanava a passi da gigante dai periodi storici e dalle culture anteriori (anche popolari) ma al tempo stesso mai come altri si rivolgeva a studiarne e recuperarne i prodotti artistici. Pur rinnegando la storia, l’eclettismo di Britten era dunque un segno dei tempi, perché al tempo stesso, a suo modo, ad essa rendeva il supremo omaggio apprezzandone indiscriminatamente tutti i frutti e volgendosi ad un suo complessivo recupero nella prassi artistica. Di tale atteggiamento, che paradossalmente nega e riafferma la storia, il caso dei Folk Songs di Luciano Berio appare come un’ulteriore variante, un possibile approfondimento entro il contesto storico definitivamente globalizzato del secondo dopoguerra. 12/11/12 12:31 Si parlava, relativamente ai Folk Songs di Britten, dell’ascendente decisivo rappresentato, per la scelta, dal personale gusto del compositore. Almeno in parte, il caso dei Folk Songs di Luciano Berio ubbidisce ad un’istanza analoga, forse ancor più radicata nella dimensione intima, strettamente personale. Inequivoca in tal senso un’affermazione del compositore: «quando lavoro su questa musica sono sempre avvinto dall’emozione della scoperta». È pertanto da ridimensionare la notizia che intende proporci questi arrangiamenti come lavori in tutto e per tutto finalizzati a mettere in luce le non comuni capacità di Cathy Berberian, il mezzosoprano dalle camaleontiche doti vocali (celebre il suo recital Da Monteverdi ai Beatles) che Berio conobbe nel 1949, sposò nel 1950 e da cui divorziò nel 1964. Significativa dell’autonomo interesse coltivato da Berio verso le canzoni popolari è del resto la genesi di due dei Folk Songs (La donna ideale e Ballo) risalenti al 1947, cioè a due anni prima dell’incontro con Cathy. Riguardo all’estrema varietà dei modelli folklorici prescelti da Berio, è stato detto che essa dimostrerebbe la mancanza di un suo autentico interesse rispetto alle fonti. Diagnosi al tempo stesso vera e falsa: vera perché, come si è ragionato, Berio andava alla ricerca di risposte ad istanze interiori; falsa perché, come abbiamo letto, è Berio stesso a dichiarare il proprio massimo interesse verso quei repertori: interesse che, nel caso della canzone n.11, addirittura prese le mosse da una trascrizione “ad orecchio” da un disco a 78 giri d’origine azera posseduto da Cathy Berberian (che, non conoscendo la lingua, ha trascritto un testo intraducibile). La diagnosi è dunque, se non altro, un po’ semplicistica; perciò se ne può forse abbozzare un’altra. Ad un’astratta considerazione possono sembrare pochi i dodici anni che separano Berio (che con undici pezzi si rivolge al patrimonio musicale di otto differenti tradizioni popolari) da Britten (che con un numero assai più elevato di pezzi affronta solo due repertori, principalmente quello britannico e secondariamente quello francese). In verità, alla luce della cronologia storica, quei dodici anni rendono di fatto PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 15 i due autori esponenti di due epoche e culture nettamente differenziate: diversamente da Britten (che come abbiamo visto si lanciò sulla scena internazionale nel 1937), Berio fu esclusivamente un artista del secondo dopoguerra. Le immani catastrofi planetarie del Novecento, le due guerre mondiali, furono anche un’estrema conseguenza storico-politica di un fenomeno socio-culturale nato nel tardo Settecento - il nazionalismo - che, al tempo stesso, agì da catalizzatore del crescente interesse verso la musica popolare. Ma se per Britten il nazionalismo costituiva una solida base culturale, per forza di cose rafforzata dai terribili anni della guerra, negli ambienti intellettuali e politici del secondo dopoguerra esso era giudicato come uno dei motivi che avevano causato le orrende carneficine del ’15-’18 e del ’39-’45 (di qui, tanto per parlare di un fatto le cui conseguenze sono ben presenti nella vita quotidiana di tutti noi, l’idea di superare le contrapposizioni nazionalistiche unendo l’Europa). Conseguentemente la sola via che, di fronte all’idea del recupero folklorico, un artista come Berio, interessato a tale repertorio e maturato nei primi anni del secondo dopoguerra, poteva ragionevolmente concepire (per di più entro un mondo trasformatosi in “villaggio globale”) era quella di recepire tutte le sollecitazioni che la sua voce interiore definiva interessanti, valorizzando sì le differenziazioni geografiche - perché “villaggio globale” significa anche appiattimento, omologazione culturale - ma ripudiando al tempo stesso la componente xenofoba sentita come implicita nel sentimento nazionalista, esorcizzata attraverso una raccolta dal profilo, sia concesso il termine, meticcio. Per Britten e Berio, in definitiva, dedicarsi ai repertori popolari era senza dubbio testimonianza d’un’appartenenza culturale, ma con la fondamentale differenza che, per l’artista emerso dopo le catastrofiche “carneficine nazionaliste”, la patria non poteva che essere il mondo intero. Testi di Gianni Ruffin 12/11/12 12:31 Philipp von Steinaecker è cresciuto ad Amburgo ed ha iniziato i suoi studi presso la Musikhochschule di Lubecca. Durante il liceo ha fatto il suo debutto alla Musikhalle di Amburgo come violoncellista ed è stato membro sia dell’Orchestra Giovanile Tedesca che della Gustav Mahler Jugendorchester. Ha poi proseguito gli studi dedicandosi al violoncello barocco con Christophe Coin al CNSM di Parigi, con Wolfgang Herzer all’Universität für Musik di Vienna e con Harvey Shapiro alla Juilliard School di New York dove ha ricevuto sia il Bachelor che il Masters degree. Dedicatosi quindi alla direzione d’orchestra ha avuto come maestri Mark Stringer e Yuchi Yoasa alla Vienna Universität für Musik und Darstellende Kunst. Philipp von Steinaecker è stato membro fondatore della Mahler Chamber Orchestra e della Lucerne Festival Orchestra di Claudio Abbado ed è stato violoncello principale con gli English Baroque Soloists e l’Orchestre Révolutionaire et Romantique, con la Camerata Salzburg e l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta da Zubin Mehta. Ha inoltre fatto parte dei Wiener Philharmoniker a Vienna, in Europa, Nord e Sudamerica e al Festival di Salisburgo con i più grandi direttori del nostro tempo. Nel 2008 Philipp von Steinaecker vince il concorso di direzione Melgaard OAE Young Conductor Auditions a Londra in seguito al quale inizia la sua attività di assistente dell’Orchestra of the Age of Enlightenment lavorando con Sir Simon Rattle, Vladimir Jurowsky e Sir Roger Norrington. Ha poi collaborato con Sir John Eliot Gardiner per il Pelléas et Mélisande e Le Freischütz all’Opéra Comique di Parigi e con Daniel Harding con la Swedish Radio Orchestra e la London Symphony Orchestra. Dal 2010 ha poi diretto l’Orchestra della Toscana per il concerto di inaugurazione della stagione a Firenze, la Camerata Salzburg, l’Orchestra di Padova e del Veneto e la Haydn Orchestra di Bolzano, la Haydn Orchestra, l’Orchestra da Camera di Mantova, la New Japan Philharmonic a Tokyo, la Sinfonica Siciliana di Palermo, la Filarmonica di Torino, la Kristiansand Symphony Orchestra e, nell’ambito del “Schönberg Experience”, l’Orchestra del Teatro Comunale di PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 16 Bologna. Dal 2010 dirige inoltre i programmi d’orchestra della Gustav Mahler Academy di Bolzano. Philipp von Steinaecker ha fondato nel luglio 2008 l’orchestra su strumenti originali Musica Saeculorum con sede Bolzano, ensemble costituito da membri provenienti da tutta Europa con la quale ha diretto molti capolavori del Settecento barocco e classico ed ha inciso sia per la Radio austriaca che per l’etichetta ORF Alte Musik. 12/11/12 12:31 Carismatica ed accattivante, Vivica Genaux, mezzosoprano statunitense nativa dell’Alaska, è oggetto di costanti lodi per le sue straordinarie esibizioni su tutti i palcoscenici del mondo, non soltanto per il controllo tecnico e per la bellezza della sua voce inimitabile, ma anche per le sue interpretazioni così intriganti e caratterizzate. Viene sempre più riconosciuta come una delle più accreditate interpreti della musica barocca, anche grazie alla sua volontà di approfondire sempre di più l’interesse per l’esecuzione di questo repertorio. Grande interprete rossiniana e del bel canto italiano è abitualmente protagonista in Cenerentola, Gazza Ladra, Italiana in Algeri, Barbiere di Siviglia, La Donna del Lago, Semiramide, Tancredi, Lucrezia Borgia, Capuleti e Montecchi, nei più importanti teatri del mondo: Wiener, Deutsche e Bayerische Staatsoper, Dresden Festval, Teater an der Wien, Metropolitan of New York, Washington National S.Francisco e Dallas Operas, Théâtre des Champs Élysées, Opera de Paris, Grand Theatre de Ginevre, Festival di Stresa, Teatro Regio di Torino, Budapest Franz Listz Academy per citarne alcuni, ma è anche interprete dei grandi ruoli romantici come Carmen all’Opéra de Rouen Haute-Normandie e all’Opera di Fairbanks (USA). Ancora più imponente il repertorio barocco con 41 titoli di opere di Handel, Vivaldi, Hasse, Scarlatti interpretate nelle sedi più prestigiose (Konzerthause e Musikverein di Vienna, Festival Salzburg, Teatro Real de Madrid, Liceu di Barcellona, Herbst Teater di S.Francisco, New York City Opera, Carnegie Hall, Festival de Montpellier, BBC Proms,Ambronay ecc.), assieme ai più rinomati direttori specializzati nella musica del ‘700: N.Harnoncourt, F.Biondi, C.Rousset, R.Jakobs, Paul McCreesh e le più famose orchestre di strumenti originali: Akademie fur Alte Musik Berlin, La Cetra, Complesso Barocco, Concerto Italiano, Europa Galante, Venice Baroque Orchestra, I Barocchisti, Modo Antiquo, Accademia Bizantina, El Ayre Español, Concentus Musicus Wien,Concerto Köln, Freiburger Barockorchester, Les Violons du Roy, Les Talens Lyriques. Vivica Genaux ha realizzato una copiosa serie di re- PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 17 gistrazioni discografiche, in gran parte per l’etichetta Virgin Classic della EMI, che hanno riscosso notevole successo e positive recensioni. Fra queste “Bajazet” nominata al Grammy 2005, “Pyrotechnics Vivaldi Opera Arias” ed “Ercole sul Termodonte” di A.Vivaldi e “La Santissima Trinità” di A.Scarlatti dirette da F.Biondi con Europa Galante, “Handel – Hasse arias and Cantatas” diretta da B. Labadie, “Atenaide” di A.Vivaldi per Naive diretta da F.M.Sardelli, “Rinaldo” di G.F. Handel, Grammy nel 2003, e “Arias for Farinelli” per Harmonia Mundi dirette da R.Jakobs, “Arminio” di G.F. Handel diretta da A. Curtis per la Virgin che ha vinto nel 2002 l’International Handel Prize, ed ancora “Bel Canto Arias” con musiche di G.Rossini e G.Donizetti con Ensemble Orchestral de Paris diretto da J.Nelson. Usciranno nel 2013 le sue prime incisioni per le etichette Decca e Sony/Deutsche Harmonia Mundi, rispettivamente “Baroque Divas” e “A Tribute to Faustina Bordoni”, così come un’altra collaborazione con Fabio Biondi/Europa Galante per l’etichetta Virgin Classics “L’oracolo in Messenia” di Vivaldi. Il documentario biografico “A Voice out of the Cold” a lei dedicato è stato trasmesso dalle Televisioni di tutto il mondo. 12/11/12 12:31 La F.V.G. Mitteleuropa Orchestra è una compagine che nasce sotto l’egida della Fondazione Bon e con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, con la finalità di valorizzare i musicisti e le risorse culturali del territorio e con la volontà di interagire con gli organismi e gli enti che qui operano, al fine di richiamare positivamente l’attenzione di altri e più vasti ambiti territoriali, con un progetto di matrice europea, dinamico e innovativo e con l’ambizione di diventare un’istituzione musicale di riferimento per l’area mitteleuropea. Viene abitualmente invitata a partecipare al Mittelfest, alla Biennale Musica di Venezia, al Festival “Le Giornate del cinema muto” di Pordenone, alla rassegna regionale Carniarmonie e viene inserita nel cartellone musicale del Teatro Nuovo Giovanni da Udine, del Teatro Verdi di Pordenone, del Teatro Verdi di Gorizia, del Teatro Comunale di Monfalcone e della Società dei concerti di Trieste. Recentemente si è esibita nell’ambito dell’Emilia Romagna Festival in “Pierino e il lupo” di Prokofiev, con la partecipazione di Gigi Proietti, e ha eseguito il concerto all’alba, appuntamento esclusivo del Ravello Festival. L’orchestra è stata diretta da Luis Bacalov, Alfonso Scarano, Paolo Paroni, Pietari Inkinen, John Axelrod, Ola Rudner, André Bernard, Andrea Pestalozza, Pierre-André Valade, Filippo Maria Bressan, Andrea Marcon e Tiziano Severini collaborando con solisti quali Pietro De Maria, Roberto Cominati, Bruno Canino, Lilya Zilberstein, François-Joël Thiollier, Sergey Krilov, Nicola Benedetti, Giovanni Sollima, Mario Brunello, Federico Mondelci, Pepe Romero, Annamaria Dell’Oste e Luciana D’Intino. PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 18 12/11/12 12:31 Professori d’Orchestra Violini I Glauco Bertagnin** Olga Zakharova* Valentina Danelon Hanny Killaars Anna Apollonio Monica Cordaz Ingrid Shllaku Alessandra Vianello Verena Rojc Anna Del Bon Violini II Cecilia Micoli* Francesco Lovato Marco Toso Clementina Carluccio Chiara Antonutti Caterina Picotti Lucia Premerl Leopoldo Pesce Margherita Bulfone Viole Margherita Cossio* Elena Allegretto Francesca Bassan Laura Menegozzo Giovanni Boscarato Lucia Zazzaro Violoncelli Andrea Musto* Massimo Favento Mara Grion Lisa Pizzamiglio Jana Kulichova Antonio Merici Contrabbassi Paolo Mazzoleni* Mauro Zavagno Luca Zuliani Laura Soranzio Flauto Fosca Briante* Tiziano Cantoni PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 19 Ottavino Michela Gani* Oboi Enrico Cossio* Andrea Martinella Clarinetti Davide Argentiero* Elena Paroni Clarinetto basso Nicola Bulfone* Fagotti Dario Braidotti* Marina Zuliani Controfagotto Paolo Dreosto* Corni Andrea Liani* Mauro Verona Marco Cola Nikolay Novikov Trombe Stefano Flaibani* Luca Bastiancig Tromboni Antonio Jankovic* Francesco Nigris Giulio Dreosto Tuba Enrico Toso* Timpani Barbara Tomasin* Percussione Giorgio Fritsch Annamaria Del Bianco Alex Kuret Giacomo Salvadori Arpa Emanuela Battigelli* * Prima Parte ** Violino di Spalla 12/11/12 12:31 Lunedì 31 dicembre - h 18.00 MUSICA (fuori abbonamento) Strauss Festival Orchester Wien Peter Guth direttore e violino solista Lisa - Maria Jank mezzosoprano Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine Via Trento, 4. 33100 Udine - I Tel. 0432 248411. Fax 0432 248452 [email protected] - www.teatroudine.it PS_FVG_Mitteleuropa_Orchestra.indd 20 Biglietteria Tel. 0432 248418 [email protected] © studio novajra - ph.: Roberto Vuilleumier (immagine della FVG Mitteleuropa Orchestra), Christian Steiner (ritratto di Vivica Genaux), Deniz Saylan (ritratto di Philipp von Steinaecker) PROSSIMO APPUNTAMENTO STAGIONE MUSICA E DANZA 12/11/12 12:31