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RYAN GOSLING DENZEL WASHINGTON MERYL STREEP
MENSILE N.1-2 GENNAIO-FEBBRAIO 2013 € 3,50 fondazione ente™ dello spettacolo ZOMBIMANIA FEBBRE DA MOSTRI Un Golden Globe per l'interpretazione di Fantine, nel bel musical in sala dal 31 gennaio AL CINEMA PIU’ CHE ESANGUI, APPASSIONATI RYAN GOSLING DENZEL WASHINGTON MERYL STREEP Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano STEVEN SPIELBERG MA ANCHE KATHRYN BIGELOW rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Nuova serie - Anno 82 n. 1-2 gennaio-febbraio 2013 In copertina Anne Hathaway nei Miserabili di Tom Hooper Segui l’Ente dello Spettacolo anche su FACEBOOK Fondazione Ente dello Spettacolo: facebook.com/entespettacolo Tertio Millennio Film Fest: facebook.com/tertiomillenniofilmfest YOUTUBE www.youtube.com/EnteSpettacolo punti di vista TWITTER www.twitter.com/entespettacolo Segui la Rivista del Cinematografo su FACEBOOK Cinematografo.it: facebook.com/rdc.it Rivista del Cinematografo: facebook.com/rivistadelcinematografo DIRETTORE RESPONSABILE Dario Edoardo Viganò CAPOREDATTORE Marina Sanna Lasciamoci sorprendere REDAZIONE Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco CONTATTI [email protected] ART DIRECTOR Alessandro Palmieri HANNO COLLABORATO Luca Barra, Angela Bosetto, Orio Caldiron, Gabriele Carunchio, Anita Ceccarelli, Gianluigi Ceccarelli, Silvio Danese, Alessandro De Simone, Adriano Ercolani, Simona Falcone, Bruno Fornara, Antonio Fucito, Massimo Giraldi, Enrico Magrelli, Miriam Mauti, Massimo Monteleone, Franco Montini, Morando Morandini, Marta Morgante, Peppino Ortoleva, Luca Pellegrini, Marco Spagnoli REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA N. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007 STAMPA Tipografia STR Press S.r.l. - Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM) Finita di stampare nel mese di gennaio 2013 MARKETING E ADVERTISING Eureka! S.r.l. - Via L. Soderini, 47 - 20146 Milano Tel. 02-83427030 Fax: 02-83427032 - Cell. 335-5428.710 e-mail: [email protected] DISTRIBUTORE ESCLUSIVO ME.PE. MILANO ABBONAMENTI ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) 110 euro C/C 80950827 - Intestato a Fondazione Ente dello Spettacolo PER ABBONARSI [email protected] Tel. 06.96.519.200 PROPRIETA’ ED EDITORE PRESIDENTE Dario Edoardo Viganò DIRETTORE Antonio Urrata UFFICIO STAMPA [email protected] COMUNICAZIONE E SVILUPPO Franco Conta - [email protected] “Non sapete più sorprendervi!”, è il rimprovero che muove il radicale Tommy Lee Jones ai suoi compagni di partito, così assuefatti alle astuzie della politica da guardare con sospetto persino quel 13° emendamento che avrebbe abolito la schiavitù dalla costituzione degli Stati Uniti: praticamente il culmine delle loro battaglie. Lincoln di Steven Spielberg – sconfitto da Ben Affleck (Argo) ai Golden Globes: stavolta la meraviglia è nostra – è una solenne apologia della sorpresa. Pur raccontando fatti ben noti – la guerra civile americana, i tormenti della Casa Bianca e il braccio di ferro politico con i democratici per dare una svolta anti-razziale alla storia del proprio paese - e non essendo quindi strictu sensu sorprendente (come lo intendiamo banalmente oggi), il film sa e invita ancora a stupirsi. l’incontro casuale con qualcuno di speciale non cambierà tutto. D’altra parte, nella domanda che chiude Zero Dark Thirty – “E ora dove andiamo?”non vi è contenuto forse un appello, la richiesta di un cambio di rotta rispetto ai diktat e all’immaginario degli ultimi anni? Questa convergenza di temi a Hollywood non è casuale. Meglio di ogni altra forma espressiva, il cinema sa intercettare paure, desideri e pulsioni che attraversano l’ambiente socio-culturale. In un anno particolarmente felice come quello appena trascorso (di cui diamo ampio risalto nel nostro speciale sull’Oscar), la richiesta di un nuovo orizzonte storico, politico, umano si è fatta pressante ed è andata di Stupore di chi non si adagia pari passo con un’effervescenza sulla poltrona dell’ovvio ma sa Il cinema americano formale e narrativa che lascia ben rialzarsi sollevato dalla fiducia sta esprimendo forte la sperare. Non c’era modo migliore sul futuro. Il progresso della di salutare il nuovo anno. Che pure Storia dipende dopotutto da un richiesta di un nuovo non è iniziato benissimo per noi atto di fede infondato. Il tema orizzonte politico e italiani: se la flessione degli incassi di una seconda possibilità sociale non fa più notizia, la scomparsa di attraversa anche un altro dei Mariangela Melato ha suscitato film candidati all’Oscar: Silver ulteriore tristezza in un ambiente Linings Playbook, dove un uomo affetto da bipolarismo (Bradley Cooper), e già depresso. Se c’è un paese che avrebbe bisogno di un deciso scatto in avanti quello è il ossessionato dal desiderio di riconquistare la nostro. Un appello all’immaginazione contro il moglie, sembra condannato a perdere su tutti i realismo della rassegnazione. fronti – riavere la vecchia compagna, il lavoro all’università, una vita normale – finché COORDINAMENTO SEGRETERIA Marisa Meoni - [email protected] DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE Via G. Palombini, 6 - 00165 Roma - Tel. 06.96.519.200 Fax 06.96.519.220 - [email protected] Associato all’USPI Unione Stampa - Periodica Italiana Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale Cinema - Ministero per i Beni e le Attività Culturali La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 5 8 days of Persol Dimitri Coste - Director PO 649 persol.com Day 1: Inspiration n. 1-2 gennaio-febbraio 2013 SOMMARIO COVER STORY 24 Musical maestro Dal Discorso del re a Les Misérables: Tom Hooper rilegge il classico di Victor Hugo. E fa cantare le “stelle” SERVIZI 20 Berlino, “Terra promessa” Gus Van Sant e Wong Kar-wai. Seidl chiude la trilogia e Panahi in anteprima 31 And the Oscar goes to... Presidenti, schiavi e l’ossessione Bin Laden: viaggio americano tra le nomination. Major vs. indipendenti: chi la spunterà? 44 Spirito in volo Arriva Flight di Zemeckis: Denzel Washington straordinario pilota e uomo fragile, drogato e alcolizzato 44 48 Morti alla riscossa Bye Bye vampiri! Il 2013 è l’anno degli zombi: innamorati (Warm Bodies) e catastrofici (World War Z) 28 Anne Hathaway Sei minuti da Fantine per un Golden Globe: “Ho deciso di fare l’attrice quando ho visto mia madre recitare quel ruolo” FOTO PIETRO COCCIA PERSONAGGI DENZEL WASHINGTON In corsa per la statuetta con Flight 42 Ryan Gosling Ascesa inarrestabile: presto in sala con Gangster Squad, a Cannes con Only God Forgives 52 Meryl Streep Stavolta non c’è, ma la più amata dall’Academy è senz’altro lei: le mille maschere di un mito 31 Anche Sally Field in nomination per Lincoln 42 Ryan Gosling in Gangster Squad gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 7 SOMMARIO I FILM DEL MESE 54 56 58 58 60 61 62 62 63 64 65 65 66 66 68 54 THE MASTER The Master Frankenweenie Looper Upside Down Anna Karenina La migliore offerta Quello che so sull’amore Pazze di me Qualcosa nell’aria The Impossible Re della terra selvaggia Quartet In Darkness The Last Stand Gangster Squad LE RUBRICHE 10 Morandini in pillole Hiroshima mon amour nel cuore 12 Circolazione extracorporea Cult e fenomeni di massa: YouTube e l’estensione eccessiva 14 Glamorous 65 RE DELLA TERRA SELVAGGIA 72 PROMETHEUS News e tendenze: parole da Globes. Chi dice cosa? 18 Colpo d’occhio Negli States tutti guardano tutto. Da noi no 72 Dvd & Satellite Prometheus, Argo e ParaNorman in Blu-ray. In tv Homeland 2 e Revolution 78 Borsa del cinema Gli incassi sorridono in chiusura 2012: grazie ai film-evento 80 Libri Esplorare Lo Hobbit, guida alle reazioni-emozioni dello spettatore 58 LOOPER 82 Colonne sonore Ancora Jonny Greenwood per Paul Thomas Anderson gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 9 Morandini in pillole Quello che gli altri non dicono: riflessioni a posteriori di un critico DOC Fine pen(n)a mai a cura di Morando Morandini Fuori/uscite Cocaina – “Il settore che può vantare i più grandi aborti è, notoriamente, l’industria del cinema. Le sue tradizioni e le sue usanze sono, come sanno tutti coloro che ne fanno parte, barbariche. Ciò dipende presumibilmente dal fatto che i film sono smisuratamente costosi. Chi ha la disgrazia di pensare in immagini in movimento, deve tener conto di una serie di ostacoli di cui un saggista o un poeta non hanno la più pallida idea, dato che i costi di produzione del loro esile volumetto sono diecimila volte più bassi di quelli di un film di Hollywood. Come nel mercato globale dell’arte, le possibilità di successo nel cinema dipendono da un massiccio apporto di capitali. Il denaro è la cocaina di queste due branche”. (da l’introduzione al libro I miei flop preferiti di Hans Magnus Enzenberger, pubblicata su “la Repubblica” del 18 gennaio 2011. Il libro, uscito in Germania, è pubblicato da Einaudi). Hiroshima mon amour Sul film di Resnais scrissi: “Una delle opere più straordinarie che il cinema ha offerto in questi ultimi anni” Nella mia lunga vita di spettatore cinematografico anche uno come me che ha poca memoria, ma molti ricordi, le proiezioni che sono conficcate come pali nel laghetto della memoria sono una dozzina. La prima fu quando a 15-16 anni vidi a Genova - dov’ero arrivato in bicicletta da Pegli – Notte di Nozze (1935) di King Vidor, con Gary Cooper e Anna Sten. La seconda avvenne a guerra finita a Como con Paisà (1946) di Roberto Rossellini, seguita da Luci della ribalta di Charlie Chaplin a Milano. La quarta fu Hiroshima mon amour di Alain Resnais, che vidi a Cannes fuori concorso la mattina dell’8 maggio 1959. Cominciai la mia corrispondenza su “La Notte” così: “Poche altre volte nel nostro affascinante, anche faticoso e ingrato mestiere, ci siamo trovati così imbarazzati come di fronte a Hiroshima mon amour… E’ un imbarazzo che deriva da un groviglio di sentimenti contrastanti: perplessità e commozione, adesione e dissenso, ammirazione e incomprensione. Siamo sicuri di un fatto: può anche darsi che I 400 colpi di Truffaut vinca la Palma d’Oro, ma il festival di Cannes ’59 sarà ricordato tra qualche anno come il festival di “Hiroshima” che, discutibile fin che si vuole, a noi pare una delle opere più straordinarie e più libere che il cinema ha offerto in questi ultimi anni”. (Allora, per pudore, si scriveva col noi al posto dell’io). Quando uscì in ottobre a Milano gli diedi cinque stellette, dopo averlo visto almeno un’altra volta. VISIONI FORZATE E INDULTI CRITICI Caro membro dell’Academy, io ti capisco. STOP Capisco che mooolto wasp e mooolto maturo come sei (quasi tutti voi) non hai nulla da perdere, ma molto da mantenere. STOP E altrettanto (quasi tutti voi) da comprendere. STOP Ma io ti capisco. STOP Capisco che Lincoln, che guarda a Obama ma non ferisce nessuno, sia meglio di Zero Dark Thirty, che non guarda a nessuno e uccide qualcuno. STOP Capisco che Argo, che guarda a Tehran e al bel tempo che fu, sia meglio di Lincoln, che gioca il 16° ma scommette sul 44° (presidente). STOP Capisco che Silver Linings Playbook e Les Misérables siano meglio di Argo, perché commedia e musical – tu credi – non hanno mai ammazzato nessuno. STOP Ma io, caro membro dell’Academy, non ti capisco. STOP Non capisco perché non capisci The Master: l’hai masterizzato e buttato nello scantinato. STOP Non capisco perché tra il capire e il mare, quello filosofico di P. T. Anderson, non c’è di mezzo il tuo fare. STOP Dire, fare, baciare: l’Academy bacia i brutti, perché The Master lo bacian tutti? STOP Ma se non segui il maestro, come puoi non esser maldestro? STOP Fuori l’estro, fatto non fosti per giudicar come bruto, ma per votar amore e canoscenza… ALMOST (IN)FAMOUS: DALLE STALLE ALLE STARLETTE Django Unchained? Il bianco, il nero e il cattivo. #### Quando il musical canta la crisi: Les Misérables. #### Denzel Washington @ The Flight: agli Oscar per alzata di gomito. #### Remake hollywoodiano per Gabriele Muccino: C’eravamo tanto amati… #### Ben Affleck: “Fate l’Argo!” #### 1 fisso: Homeland straccia tutti ai Golden Globes. #### Pazze di me, protagonista Francesco Mandelli: ma Fausto Brizzi giura che non è fantascienza. Federico Pontiggia 10 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 ANTHONY HOPKINS HELEN MIRREN SCARLETT JOHANSSON TONI COLLETTE JESSICA BIEL A VOLTE PER ESSERE UN GENIO CI VUOLE UNA MOGLIE FOX SEARCHLIGHT PICTURES PRESENTA IN COLLABORAZIONE CON COLD SPRING PICTURES UNA PRODUZIONE MONTECITO PICTURE COMPANY/BBARNETTTE/ THAYER AEFEFFEFETTNETTITI SPHPEECCOIAI LILNI Y HOPKINS HELLEN MIRRREN “HITCHCOCK” SCARLETT JOHANSSON TONI COLLETTE DANNY HUUSTON JESSICA BIEL MICHAEL STUHLBARG RPRODUTTORI EGOOIRY NICOTERO MUSICHE DANN N Y E L F MPRPRODODODOTAOTOTTONTO COOSTSTUMUMUMII JULIE WEISS MOMONTNTNTAGAGA GGIIO PAMELLA MARTIN, A.C.E. SCSCENENOGGRARFIA JUDY BECKER DID TRUUCCCCOO H O WA R D B E RGEE R & GR DIRERETTOR DIDIR TTTORRE M THAYER ALAN BARNETTE DDEELLLA FOOTOOGRGRAFAFAFIAIA JEFF CRONENWETH, ASC ESECUTIVII ALI BELL RICHARD MIDDLETON DAA IVAN REITMAN TOM POLLOCK JOEE MEDJUCK TOM TRTRATATATTO DALL LIBROEDITO DA IL CASTOOROR BELLLO AL CINEMA SCCENENEGEGGGIGIATATATURU A JOHN J. MCLAUGHLIN REGIA SACHA GERVASI “HIHITCTCTCHCOCCK. L'INCREDIBILEE STORIA DI PSYCHO”D ” DI STEPHEEN REB COLONN OLON LON ONNNAS A SONO ASO S RAADISPONIBI DISPONIBI PONI LES LE SU RELEASED BY TWENTIETH CENTURY FOX ©2012 TWENTIETH CENTURY FOX FILM CORPORATION circolazione extracorporea Fruizioni multiple nell’era della riproducibilità a cura di Peppino Ortoleva Cosa rimane del cult YouTube e l’estensione (eccessiva?) dei fenomeni di massa I l ri-montaggio creativo delle scene tagliate di un film. Le gaffe di Antonella Clerici o le liti di Vittorio Sgarbi, ripetute in loop come nemmeno su Blob . I videoclip musicali di buffe band dai nomi e dai costumi ridicoli. Filmati creduti dispersi, riportati alla luce grazie a vecchie videocassette dai colori sbiaditi. Progetti curiosi e fuori da ogni standard editoriale come “Friday” di Rebecca Black (su cui ci siamo già soffermati tempo fa), “Call Me Maybe” di Carly Rae Jepsen o il tormentone “Gangnam Style” di Psy, che improvvisamente (quasi per serendipity) finiscono al centro della scena e non la lasciano più, così come le coreografie e cover amatoriali che si innestano su questi fenomeni. Sono solo alcuni degli oggetti che (con estrema generosità) 12 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 difficoltosa, su barriere all’ingresso che separano (proteggono, e spesso rendono migliori) dalla massa, su un rituale condiviso dalla comunità e costantemente ripetuto. YouTube porta invece tutto “in piena luce”, toglie oscurità e mistero, consente di cercare facilmente (e spesso di trovare con successo) qualsiasi lacerto audiovisivo, aiuta a condividerlo, ripeterlo, diffonderlo, farlo diventare di massa – quando non, addirittura, “nazional-popolare”. Se il comico Gabriele Cirilli rifà “Gangnam Style” per il pubblico di Raiuno, imitando in un programma di Carlo Conti le movenze del video e i tic del cantante coreano, e se questa esibizione si spalma in ogni anfratto della rete, dai blog alle home page dei quotidiani, abbiamo ancora a che fare con un cult? O siamo già altrove? E questo ci porta a un secondo punto: la sensazione che il concetto di cult, usato e abusato in lungo e in largo, diventi in rete poco più che un termine ombrello. Una coperta troppo corta, tirata da ogni lato, che finisce per squarciarsi (e per non avere più alcuna validità euristica). Un ampio contenitore, dove si trovano mescolati il camp “tra virgolette” della Sontag e lo sguardo annoiato degli hipster, la potenza virale dei meme satirici e lo scontato travaso dei divismi e delle comunità di fandom di media precedenti, ancora insuperati nella loro abilità di costruire un immaginario. Come se il web fosse capace di enfatizzare alcuni caratteri del cult – la ripetibilità e la comunità in primis – ma finisse poi per deformarlo, usurarlo, persino rovesciarlo. E al vecchio cult-ore forse non resta che ritornare agli scaffali polverosi e alle vecchie cineteche… Se il comico Gabriele Cirilli rifà "Gangnam Style" per il pubblico di Raiuno è evidente che siamo ormai in un altro ambito sono reputati “di culto” sul web, e in particolare in quel grande calderone, deposito quasi-infinito della memoria collettiva, che risponde al nome di YouTube. Ma basta questo elenco, breve eppure variegato, a sollevare delle questioni cruciali. In primo luogo, si può davvero qui parlare di “culti”? Il cult tradizionale, cinematografico o musicale, si basa – in modo più o meno esplicito – su una mancanza da colmare, su una ricerca LUCA BARRA Glamorous a cura di Gianluca Arnone Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze SPECIALE GOLDEN GLOBES Ragazza d’oro “Che cosa dovrei dire? Ho battuto Meryl”. Più stringata ed efficace di così Jennifer Lawrence non avrebbe potuto essere. L’attrice, non solo ha vinto il suo primo Golden Globe ai danni della Streep, ma si è divertita a punzecchiarla citando la battuta che Bette Midler pronuncia davanti all’Oscar nel Club delle prime mogli. Rito propiziatorio? Jodie Foster Ritirando il Cecil DeMille, Jodie Foster ha fatto una rivelazione coraggiosa e senza precedenti: “Ho l’urgenza di dire qualcosa che non avevo mai detto in pubblico: sono single”. L’Associazione delle Vecchie Zitelle però non ha gradito: “Poteva dirlo prima”. Daniel Day-Lewis “Sicuri ci sia abbastanza spazio per un altro ex presidente sul palco?”, ha chiesto Daniel Day-Lewis ritirando il Globe per il ruolo di Lincoln. Si riferiva ironicamente a Bill Clinton, seduto in platea. Qualcuno però si era già alzato per cacciarlo. Ben Affleck, modestamente “Non importa quale premio sia. Quando il tuo nome viene messo vicino a quelli di Spielberg, Tarantino, Bigelow e Ang Lee, hai già vinto”. Così il trionfatore dei Globes alla regia e al miglior film (Argo). Glamorous SPECIALE GOLDEN GLOBES Maledetta Jessica Chastain “So per certo che c’era una maledizione Chastain da cui mi sono finalmente liberata”, ha sostenuto convinta la migliore attrice drammatica ai Globes. La bravura non si discute. Ma non si sarà montata la testa? Hathaway Jackman I due miserabili attori, vincitori dei Globes, hanno idee diverse sul loro significato. Lei: “Questo premio sarà il veleno contro future depressioni”. Lui: “Andiamo, sono australiano! Ci berrò su”. Christoph Waltz Elegante e irriconoscibile, non protagonista ma vincitore, il flemmatico Christoph Waltz si è così espresso a proposito delle controversie razziali su Django: “Controverso è esattamente come volevamo che fosse”. Adele in the Sky “Posso dirla tutta? Non mi sarei mai aspettata di stare qui in mezzo a voi. Ho passato tutta la serata a scompisciarmi dalle risate. Ridevo di tutti voi” (Adele, Golden Globe per la canzone Skyfall). Hopeland Miglior attore tv (Homeland), Damian Lewis ha fatto una dedica alla defunta madre: “So che mi sta guardando da lassù e che in questo momento sta dicendo a tutti quanto bravo sia suo figlio a recitare”. 16 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 colpo d’occhio FE ST IVAL DE L M ES E di Massimo Monteleone Dal Sundance alla Berlinale, poi Rotterdam, Goteborg, la Puglia e Bologna TRIESTE FILM FESTIVAL 1 XXIV edizione del tradizionale GOTEBORG INTERNATIONAL 5 FILM FESTIVAL appuntamento con film e video dell’Europa centro-orientale. In concorso le opere recenti divise fra lungometraggi, “corti” e documentari. Previste retrospettive. Località Trieste, Italia Periodo 17-23 gennaio Tel. (040) 3476076 Web www.triestefilmfestival.it Mail [email protected] Resp. Annamaria Percavassi, Fabrizio Grosoli XXXVI edizione del più importante festival scandinavo, a carattere competitivo. Presenta una selezione di film internazionali e un approfondimento sulle produzioni dei paesi nordici. Località Goteborg, Svezia Periodo 25 gennaio - 4 febbraio Tel. (0046-31) 3393000 Web www.giff.se Mail [email protected] Resp. Mikael Fellenius SUNDANCE FILM FESTIVAL 2 XXIX appuntamento con la Non aprite quella sala D’autore o di genere, italiano o straniero, non fa differenza: il grande schermo non ci attira più L’AMERICA? Mai stata più lontana. Mentre lì si brinda ai numeri sbalorditivi del box office di fine anno - The Hobbit (242 mil $), Lincoln (137 mil $), Les Miserables (85 mil $), Django Unchained (83 mil $) - qui si mastica amaro a snocciolare i dati del consumo cinematografico. Da noi il cinema piange. La novità è che lo fa senza più differenze: d’autore o di genere, tricolore o straniero, la fuga dalla sala è come l’esodo d’Egitto. Certo, Lo Hobbit da noi non è andato male (al 30 dicembre incassati oltre 14 milioni di euro), ma è andato comunque peggio che in altri paesi europei (in Germania nello stesso periodo ha fatto oltre 44 milioni di euro, nel Regno Unito 18 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 43, in Francia 30). D’altra parte la classifica degli incassi in sala nel 2012 ci vede al 17° posto in Europa. Meglio di noi ha fatto pure la Turchia. E se un tempo si guardava agli spettatori americani per avere una proiezione attendibile anche del comportamento del nostro pubblico, oggi no. Un esempio? Le riviste d’oltreoceano danno per certo che il campione di febbraio sarà l’horror Non aprite quella porta 3D della Lionsgate (che ha speso 20 milioni di dollari solo in pubblicità), destinato a ripetere l’exploit dello scorso anno di The Devil Inside Me. Da noi l’unico film dell’orrore che abbia fatto proseliti negli ultimi anni è la visione della sala. Ecco G.A. perché scappano tutti. vetrina più importante della produzione indipendente americana. In concorso opere divise nelle categorie “fiction” e “documentario”, tra le quali Un giorno devi andare di Giorgio Diritti (nella foto). Anteprime del cinema internazionale. Località Park City-Salt Lake CityOgden, Sundance (Utah), USA Periodo 17-27 gennaio KIDFILM FESTIVAL XXIX edizione del festival non competitivo dedicato ai bambini, il più grande nel suo genere. In programma lungometraggi e “corti”, classici e novità, da tutto il mondo. Località Dallas (Texas), USA Periodo 26-27 gennaio Tel. (001-214) 8216300 Web www.usafilmfestival.com Mail [email protected] Resp. Ann Alexander 6 VISIONI ITALIANE 7 XIX edizione del festival che Tel. (001-435) 6583456 Web www.sundance.org/festival Mail [email protected] Resp. John Cooper SUDESTIVAL – SGUARDI DI CINEMA ITALIANO XIV edizione della vetrina pugliese per il cinema d’autore italiano, con particolare attenzione alle opere prime. Otto i film in concorso e una serata inaugurale con evento speciale. Località Monopoli - Polignano a Mare (Bari), Italia Periodo 18 gennaio – 15 marzo Tel. 3341310000 Web www.sudestival.org Mail [email protected] Resp. Michele Suma 3 INTERNATIONAL FILM FESTIVAL - ROTTERDAM XLII edizione dell’importante festival informativo e competitivo. Molti titoli in programma (film a soggetto, corti, documentari, video, film online, DVD, CD-Rom), comprese anteprime mondiali o europee. Località Rotterdam, Paesi Bassi Periodo 23 gennaio - 3 febbraio Tel. (0031-10) 8909090 Web www.filmfestivalrotterdam.com Mail [email protected] Resp. Rutger Wolfson prevede un concorso nazionale per cortometraggi, mediometraggi e documentari di vario formato. Prevista una sezione dal titolo: “Fare cinema a Bologna e in Emilia Romagna”. Il concorso a tema fisso s’intitola “Visioni ambientali”. Località Bologna, Italia Periodo 27 febbraio - 3 marzo Tel. (051) 2194835 Web www.visionitaliane.it Mail [email protected] Resp. Anna Di Martino INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE BERLIN LXIII edizione della Berlinale, fondamentale appuntamento europeo come Cannes e Venezia. In concorso per l’Orso d’Oro le novità d’oltreoceano e il grande cinema d’autore mondiale (lungometraggi e cortometraggi). Apertura, fuori concorso, con The Grandmasters di Wong Kar-wai. 8 4 Località Berlino, Germania Periodo 7-17 febbraio Tel. (0049-30) 259200 Web www.berlinale.de Mail [email protected] Resp. Dieter Kosslick eventi Colpo grosso a BERLINO Da The Grandmasters di Wong Kar-wai a Promised Land di Gus Van Sant e Parde di Panahi: sul red carpet tornano star e anteprime mondiali di Marina Sanna 20 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 Zhang Ziyi in The Grandmasters, sotto Matt Damon in Promised Land e la Binoche in Camille Claudel 1915 T HE GRANDMASTERS di Wong Kar-wai è una bella apertura per il 63° festival di Berlino (7-17 febbraio). Kar-wai (presente nella duplice veste di regista e Presidente di giuria) ha impiegato 5 anni per realizzarlo e altri 16 per svilupparlo, e sembra che abbia dato il meglio: un film altamente spettacolare e al tempo stesso fortemente autoriale, binomio difficilmente raggiungibile. Protagonista un uomo leggendario: il padrino di Bruce Lee nelle arti marziali (la storia è ambientata negli anni ’30). Sin dalle prime scene, si intravede la strada percorsa da Kar-wai: non solo combattimenti ad effetto, ma anche malinconia e reinterpretazione dei fatti, la teorizzazione che non esiste un unico “maestro”, con echi di In the Mood for Love. Era qualche anno che il festival di Dieter Kosslick non sfoderava tanti fiori all’occhiello: in anteprima mondiale c’è infatti Parde di Jafar Panahi, il grande assente di tutte le manifestazioni, vittima da tempo del regime iraniano. In concorso svettano poi: Promised Land di Gus Van Sant, con Matt Damon e Frances McDormand e Paradise: Hope, il terzo capitolo sulle virtù teologali dell’austriaco Ulrich Seidl, ambientato in una specie di campo di concentramento per bambini obesi. Troviamo anche Nobody’s Daughter Haewon del coreano Hong Sangsoo, assiduo frequentatore del festival di Cannes; Camille Claudel 1915 di Bruno Dumont con l’eroica Juliette Binoche, il nuovo lavoro di Danis Tanovic (An Episode in the Life of an Iron Picker ), sulla miseria e desolazione della Bosnia Erzegovina e, ancora Steven Soderbergh (ma non aveva promesso di lasciare il cinema?) con Side Effects, nel cast: Jude Law, Rooney Mara, Catherine Zeta-Jones, Channing Tatum. E un debutto Americano: The Necessary Death of Charlie Countryman di Fredrik Bond con Shia LaBeouf, Evan Rachel Wood e Mads Mikkelsen. Altre sorprese vengono dalla sezione Panorama: Don Jon’s Addiction, esordio alla regia del bravo attore Joseph Gordon-Levitt con Scarlett Johansson e Julianne Moore, e l’atteso Lovelace di Rob Epstein. Basato sulla biografia di Eric Danville The Complete Linda Lovelace, ripercorre differenti periodi della vita della pornostar, interpretata da Amanda Seyfried (nel film ci sono anche Peter Skarsgaard, Sharon Stone e Juno Temple). Non manca la questione palestinese con Rock the Casbah dell’israeliano Yariv Horowitz ambientato nel 1989; e il canadese Inch´Allah di Anaïs Barbeau-Lavalette, in cui una giovane dottoressa si divide tra Ramallah e Gerusalemme. Infine, tra i 10 giovani attori europei selezionati per i consueti Shooting Stars c’è il nostro Luca Marinelli (Premio Rivelazione Tertio Millennio 2011). gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 21 eventi Paradiso amaro “Cercando la felicità si può trovare l’inferno”, dice l’austriaco Ulrich Seidl. Alla Berlinale l’ultimo capitolo della sua trilogia: Hope di Federico Pontiggia Qui e sotto Paradise: Hope. A lato, il regista Ulrich Seidl A tto terzo: storia della 13enne Melanie. Mentre la madre Teresa è in Kenya, spende le vacanze in un diet camp per teenager obesi: sotto la supervisione di un trainer tatuato e un dottore da incubo, di giorno si fa sport, la notte ci si ubriaca. Tra educazione fisica e consigli nutrizionali, battaglie di cuscini e la prima sigaretta, Melanie si innamora di un dottore 40 anni più grande. E’ sempre Austria Infelix, e come potrebbe essere altrimenti se dietro la macchina da presa c’è Ulrich Seidl, che ha portato a Cannes Paradise: Love, a Venezia Paradise: Faith e ora alla Berlinale chiude la trilogia con Paradise: Hope. “Si chiama Paradiso perché racconta di persone che cercano di trovare il proprio: se poi arrivano all’inferno, beh, è un altro discorso. Le due sorelle (le protagoniste di Love e Faith) hanno una cosa in comune: l’amore. Entrambe non sono state capaci di trovare felicità nel loro matrimonio e cercano altre vie”. Ora tocca a Melanie, la figlia che vediamo nel primo capitolo: “E’ obesa, ma giovane, non ha perso la 22 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 speranza, crede ancora”, dice Seidl, che prende le virtù cristiane e volente o nolente non dimentica le sue radici: “Sono cresciuto in una famiglia cattolica molto devota, poi in gioventù mi sono ribellato, ma non riesco ad allontanarmi dai valori cristiani: mi rimane il senso di colpa, la cattiva coscienza”. Chiamatelo se volete Paradiso: “E’ un termine biblico che esprime uno stato di felicità, qualcosa che tutti noi cerchiamo nella vita. Certo, nella mia trilogia è diverso, ma volevo rappresentare questa ricerca con tre differenti storie e tre diverse protagoniste”. In principio non era così: “Avrebbe dovuto essere un unico film con tre episodi in parallelo, alla Dog Days, ma mi sono reso conto che era necessario fare tre film, perché c’era una tale intensità che per lo spettatore sarebbe stato molto difficile rimanere collegato emotivamente”. Uno, due e tre, Seidl continua a inseguire il miracolo dell’osceno nella storia e il miracolo della scena nella regia: esemplarità estrema nel turismo sessuale di Teresa (Love) e nella via crucis – minuscolo - di Anna Maria (Faith); stile documentaristico. Se lo scandalo non è più di questi tempi, risulta comunque difficile digerire queste immagini, perché è forte la sensazione che il peccato non sia nell’occhio di chi guarda: sadismo, furbizia, procedimento a tesi. Chissà, forse la “paradisiaca” trilogia di Seidl è nichilista, forse riecheggia René Girard: “La tendenza a cancellare il sacro, a eliminarlo interamente, prepara il ritorno surrettizio del sacro, in forma non più trascendente bensì immanente, nella forma della violenza e del sapere della violenza”. 5 NOMINATION AL PREMIO OSCAR ® TRA CUI MIGLIOR FILM MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE MIGLIORE ATTRICE JESSICA CHASTAIN “UN THRILLER AD ALTA TENSIONE” RICHARD CORLISS - TIME MAGAZINE +++++ KATEY RICH - GUARDIAN +++++ EASY LIVING +++++ HEAT +++++ TIME OUT “INTENSO, AVVINCENTE” ESQUIRE ++++ ++++ ++++ ++++ EMPIRE GLAMOUR ROLLING STONE TOTAL FILM DALLA SCENEGGIATRICE E REGISTA PREMIO OSCAR PER ® THE HURT LOCKER DA GIOVEDÌ 7 FEBBRAIO AL CINEMA ZERODARKTHIRTY-ILFILM.IT COVER STORY Un musical così possente mancava da tempo: con Les Misérables di Tom Hooper rivive il cinema popolare. Otto nomination all’Oscar e interpreti in stato di grazia di Luca Pellegrini 24 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 Hugh Jackman in una scena del film: per lui Golden Globe e nomination all’Oscar gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 25 COVER STORY U Les Misérables: sopra Hugh Jackman e Amanda Seyfried, a destra Russell Crowe e Anne Hathaway 26 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 Una manciata di minuti di dialogo e un profluvio di musica: cori e canzoni, duetti e terzetti nei quali si confessano odio, amore, disperazione e perdono, i peccati del potere e l’innocenza delle vittime, i soprusi dei violenti e il riscatto dei pentiti, l’afflato religioso che pervade i destini in collisione di un intero popolo, quello francese, e dei tanti “miserabili” che annaspano verso la libertà, la dignità, il pane, una condizione umana del vivere e una cristiana del morire. Le millecinquecento pagine del capolavoro di Victor Hugo sono una partitura possente di raccordi sentimentali già predisposti a diventare accordi strumentali e melodie dal sapore pucciniano. Il cinema ha da sempre amato Les Misérables: a Hollywood se ne contano molteplici versioni, a partire dal 1909, con ben quattro mute, e in tutto, comprese le europee, sono una ventina, ma la trasposizione sullo schermo nella forma entusiasmante del famoso musical, scritto da Alain Boublil e Claude-Michel Schönberg - adattamento inglese della loro precedente versione francese - le supera tutte. Capolavoro teatrale nato al Barbican Theatre di Londra l’8 ottobre 1985, ha ricevuto da allora e ovunque attestazioni di travolgente successo: visto da oltre 60 milioni di persone in 42 paesi e 21 lingue, dopo 27 anni ancora record ai botteghini. Forti del loro carisma e della loro voce, entrano nel travolgente dramma popolare molti interpreti superlativi. Anne Hathaway, dimagrita per il ruolo di Fantine di dodici chili e con vero taglio di capelli in scena, si aggrappa - apice della commozione, Golden Globe e nomina- Tra le numerose candidature ottenute dall’Academy, spiccano quelle a Hugh Jackman e Anne Hathaway tion Oscar per lei - ai sogni che non l’hanno salvata, il suo canto è tragicissimo (I dreamed a dream); Hugh Jackman con salda impostazione e acuti squillanti, le si fa protettore e declina con forti accenti la redenzione del galeotto Jean Valjean, dandone un ritratto forte e delicato. Li dirige Tom Hooper, che passa dalle parole del balbuziente Giorgio VI del pluripremiato Il discorso del re alle note del canto di questo kolossal musicale, che si apre con l’imponente scena girata ai docks di Portsmouth. Ha scelto i suoi interpreti con scrupoloso provino, li ha costretti a cantare in presa diretta per assicurare al pubblico un maggior realismo (e sicure lacrime), e a loro il coinvolgimento emozionale che un set di cinema avrebbe potuto affievolire. Vedere Russell Crowe, nei panni dell’ispettore Javert, affidare alla sua voce tenorile la follia di una sfida infinita ( Stars ) e certificare poi la sua sconfitta con uno spettacolare suicidio, è un’indubbia sorpresa, assai più che Amanda Seyfried, ben allenata da Mamma mia!, a cui stavolta è affidato il ruolo dell’innocente Cosette, lanciata in un romantico duetto d’amore (Everyday) con Eddie Redmayne, il giovane e appassionato Marius. Mancava da oltre quarant’anni una trasposizione così accurata e sfarzosa di un musical (nel 2004 Il Fantasma dell’opera non aveva riscosso unanimi plausi), ossia dai tempi di Oliver! diretto da Carol Reed, tratto dal lavoro teatrale a sua volta tratto dal romanzo dickensiano, che fece incetta di Oscar nel 1968 (combattendo ad armi pari con un altro famosissimo musical, Funny Girl ). Quelle erano storie di malaffare, sfruttamento e pietà nei bassifondi londinesi - rifugio del sottoproletariato assediato dalla rivoluzione industriale - ora è Parigi - tutta ricostruita in studio - a fare da sfondo agli ideali politici e sociali di Hugo, nel ventennio di storia compreso tra il 1815 e il 1833. Musica e canto avvolgono ogni sequenza e ogni sentimento, con Hooper che ha voluto personalmente intervenire sul lavoro teatrale chiedendo anche una nuova canzone, Spoken , e una nuova struttura rispetto all’originale, creando un grandioso affresco epico e popolare (2.200 gli splendidi costumi): la Parigi degli eroi e delle fogne, la taverna di Monsieur e Madame Thénardier (Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter, fantastica coppia di delinquenti), il convento e il palazzo. Hooper segue la partitura senza togliere nulla alla forza espressiva del testo delle canzoni, anzi amplificando il dramma fisico e morale, che nel finale trova una vera apoteosi con il travolgente Do you hear the people sing, voce di popolo e di speranza, quando vivi e morti, sulle barricate parigine, inneggiano alla luce, al sole e all’attesa di un radioso futuro. gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 27 COVER STORY I Il suo ruolo in Les Misérables si esaurisce nella prima parte del film, quasi del tutto, ma Anne Hathaway, che Tom Hooper ha voluto come Fantine, illumina tutto il film che vedremo dal 31 gennaio nelle sale italiane. Un musical con un cast perfetto, ma anche sorprendente. Se infatti eravamo certi delle doti canore di Hugh Jackman (Jean Valjean), chi avrebbe puntato su uno Javert interpretato da Russell Crowe? O sull’ex Catwoman Hathaway, che invece regala una performance da Oscar (dopo aver già conquistato il Golden Globe) nel ruolo di Fantine? La incontriamo a Londra, per l’anteprima mondiale del film, con i capelli cortissimi, tagliati in una delle scene più drammatiche di Les Misérables. “Mi avevano proposto di usare una parrucca, ma io sapevo che dovevano essere i miei capelli ad essere sacrificati. Dovevo provare quel che Fantine provava”. Lei per il film è dimagrita anche 12 chili, e ha voluto essere presente per molto tempo sul set... Si, sono stata talmente coinvolta, che sono rimasta anche dopo che le mie settimane di lavoro erano finite. E poi sono tornata nel finale. E anche quando ho dovuto lasciare il set per preparare il mio matrimonio e tornare in qualche modo alla mia vita, ho continuato a mandare email a Tom Hooper che mi teneva aggiornata su tutto. Perché è così legata a Les Misérables? Perché proprio vedendo mia madre cantare nel ruolo di Fantine, da ragazzina, ho deciso che volevo I DREAMED A DREAM Dimagrita, spelacchiata, sbalorditiva: nel kolossal da Hugo, in pochi minuti Anne Hathaway dà tutta se stessa . E colpisce al cuore di Miriam Mauti 28 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 fare questo mestiere. Anche se allora avrei voluto recitare Cosette (nel film Amanda Seyfreed, ndr). Questo musical per me e la mia famiglia significa molto e ora anche di più. Vedere mia madre, che amo moltissimo, in quel ruolo è stato il seme che mi ha permesso di recitare Fantine nel modo in cui l’ho recitata. E per la prima volta in un musical, Hooper vi ha fatto cantare dal vivo. Che esperienza è stata? Hugh Jackman ha detto che era come recitare nudi. In realtà per me è stato naturale. Prima di girare il film per due anni ho recitato La dodicesima notte a New York, una lezione su come ci si esprime in versi, parlare in musica con Les Misérables è stata la continuazione di quel lavoro con Shakespeare. Poi con canzoni come I Dreamed a Dream è tutta poesia. In un film puoi sussurrare, non come a teatro che devi urlare le battute. Il pubblico può sentire anche un bisbiglio. Per il personaggio di Fantine, più che rileggere Hugo lei ha cercato il suo personaggio su YouTube. Sì, ho cercato ogni documento possibile sulla prostituzione. Fantine è una donna che ha vissuto un trauma orrendo e deve cercare di sopravvivere, anche attraverso l’odio, per sua figlia, che diventa tutta la sua vita. E per raccontare le sofferenze di questa donna, accetti anche di tagliarti i capelli, di piangere per ore davanti a sconosciuti, è parte di questo strano lavoro che faccio. Ha preso lezioni di canto? Lo faccio da dieci anni... Volevo poter cantare ogni emozione che la scena richiedeva, saper fare un crescendo, nel modo giusto per il film. E non volevo che il canto distogliesse il pubblico dal viaggio emotivo di Fantine. Ed ora è pronta a nuovi musical? Veramente il mio prossimo film sarà con Spielberg - dice sorridendo - ma sono contenta di aver mostrato quel che so fare. E sono contenta anche che finalmente Hugh Jackman abbia avuto la possibilità di dimostrare chi è. E’ l’uomo più affascinante del mondo, a suo agio sia nel ruolo di Wolverine che in cilindro e cappello per Top Hat. Ha un talento incredibile e spero avrà ancora molte possibilità di dimostrarlo, possibilmente con me al suo fianco. Magari senza dover perdere tutti i chili che l’hanno portata al limite della denutrizione. Si, ci ho messo un po’ a rimettermi in forma. Ma ho imparato la disciplina con Christopher Nolan sul set di Batman. Fino ad allora non ero mai stata attenta alla forma fisica, poi mi sono dovuta esercitare sei mesi per fare una scena. E ho amato la sfida. Alla fine di quel film ero una persona diversa. Senza Batman non avrei potuto fare Les Misérables. Ma sono pronta alla prossima sfida. Se il regista è bravo e la parte è buona, sono una mercenaria disposta a tutto. “Ho deciso di voler fare questo mestiere quando, bambina, ho visto mia madre cantare nel ruolo di Fantine” Amanda Seyfried con Eddie Redmayne. Sopra Anne Hathaway e Hugh Jackman gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 29 PRESENTA INAS OCIAZIONECON UNAPRODUZIONE E COSTUMI DI SCENOGRAFIE DI DIRETTORE DEL A FOTOGRAFIA BASATO SUL LIBRO MUSICA DI DI PRODOTTO DA COPRODUTTORE PRODUTTORI ESECUTIVI NELRUOLODI MONTAGGIO DI E DIRETTO DA SCRITTO DA CHE OSCAR! Bigelow e Tarantino 5 a 5 mentre Spielberg tocca quota 12. Ma occhio ad Argo Binomio vincente Per 15 volte nelle ultime 22 edizioni, il titolo con il maggior numero di candidature ha vinto l'Oscar per il miglior film. L'ultimo in ordine di tempo è stato Il discorso del re nel 2011 (12 nomination). speciale oscar Diluvio di nomination (12) per il film perfetto di Steven Spielberg. Che restituisce a Lincoln il giusto posto nella Storia di Marina Sanna A bramo Lincoln: ovvero un grande presidente può essere Repubblicano. Oggi non ci crede nessuno, il ricordo del governo Bush è fresco, la verità sull’11 settembre un fantasma senza volto, i danni successivi ancora da stimare. Ma l’America, fin dalla sua nascita, ha dovuto fare leva su principi e uomini che sapessero incarnarli per tenere insieme milioni di persone di origini diverse. Chi avrebbe detto allora che proprio questa terra sarebbe diventata la superpotenza, l’ago della bilancia dell’ordine politico ed economico mondiale? Li vincesse tutti, Lincoln potrebbe battere il record Hanno lavorato alacremente per di Oscar ottenuti da un solo film, attualmente fermo arrivarci, dando nomi a speranze a 11 e condiviso da: Ben-Hur (1959), Titanic (1997) evanescenti, destinati a rimanere e Il Signore degli Anelli: Il ritorno del Re (2003). scolpiti nel tempo. Utilizzato simboli: il sogno è (e resta) “americano”; inventato “nuovi corsi”. Abilmente usato l’immaginario collettivo (vedere il doc Valentino’s Ghost di Michael Singh per comprendere quanto). Sono diventati i leader del mondo “libero” per autorizzare operazioni (mascherate) di contenimento (“endurance freedom”). Per fortuna il passato è anche glorioso, ma raccontarlo senza manipolarlo è una bella impresa. Non è certo una novità per Un altro record IL PRESIDENTE DI TUTTI 32 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 Daniel Day-Lewis è Lincoln: per lui Golden Globe e nomination E se fosse Argo? Un po’ a sorpresa Argo di Ben Affleck ha vinto i Golden Globes per miglior film e regia. Il film è interessante e ha qualche spunto di originalità ma aver dimenticato The Master di P.T. Anderson (capolavoro) è già un affronto, per non parlare di Lincoln e Zero Dark Thirty della Bigelow. Il nostro plauso va anche a una commedia, Silver Linings Playbook: Bradley Cooper e la Lawrence (Golden Globe) I registi che hanno vinto eccezionali. Si ride, più Oscar sono: Francissi si (6 balla. David O. Fordpiange, Coppola Oscar) Russell ha riscritto Federico Fellini (5) e un dai (5). tempi comici Clintcopione Eastwood perfetti. Eastwood è il regista più M.S. anziano mai premiato: a rivista del cinematografo gennaio-febbraio 33 75 anni2013 per Million Dollar Baby nel 2005. Director’s Top fondazione ente dello spettacolo speciale oscar Steven Spielberg, appassionato narratore insieme di fiabe e atrocità, che con Lincoln va ben oltre Salvate il soldato Ryan e Schindler’s List. L’America razzista, già evocata nel Colore viola e Amistad, è lo sfondo della vicenda: siamo nel 1865, in piena guerra di Secessione. Lincoln è al secondo mandato, sono i mesi più importanti, quelli in cui avviene il cambiamento: “Dobbiamo fermare questa emorragia – dirà -, che ci è costata 750.000 vite americane”. Come? Convincendo le frange oltranziste conservatrici ad approvare il 13° emendamento alla Costituzione, abolendo quindi la schiavitù. Una rivoluzione epocale per i Repubblicani, che intravedono la minaccia di un’uguaglianza di fatto e lo spettro del suffragio universale. Ci sono voluti dieci anni per trovare la storia giusta (Team of Rivals: the Political Genius of Abraham Lincoln di Doris Kearns Goodwin, dal 2005 un bestseller), e il modo di raccontarla. Spielberg si è concentrato sugli ultimi 4 mesi di vita del Presidente, i più emozionanti: “Lincoln ha guidato il nostro paese – racconta – attraverso i momenti più difficili e ha fatto sopravvivere la democrazia americana, ponendo fine allo schiavismo. Ma volevo mostrare qualcosa in più, evitando di incappare nel cinismo e nell’esaltazione eroica: Lincoln era uno statista e un leader militare, e un padre, un marito e un uomo fortemente incline all’introspezione”. Ci è riuscito in pieno. Aiutato dalla straordinaria performance di Daniel Day-Lewis, da Sally Field magnifica moglie e Tommy Lee Jones (con parrucchino) formidabile capo dei repubblicani radicali, Spielberg fa di Lincoln un gigante tra gli uomini. Capace di volare alto e invitare gli oppositori, dopo aver vinto le elezioni, a far parte del suo Gabinetto. Un politico intelligente e sensibile, costantemente attento all’equità e ai diritti civili: un uomo con una visione. La stessa, impossibile non cogliere l’analogia, che ha permesso a Obama di diventare presidente degli Stati Uniti. Per la prima volta Spielberg, con l’aiuto dello sceneggiatore Tony Kushner, tira dritto per oltre due ore, senza nessuna concessione all’enfasi o alla commozione (che alla fine strangola comunque lo spettatore), facendo prevalere il personaggio sulle immagini, svelando l’uomo dietro al mito. Seppure indovinato da Henry Fonda nel bel film di John Ford, Alba di gloria, è qui che Lincoln ritrova il suo posto nella Storia. Dodici nomination all’Oscar ne sono la conferma. SCHIAVI di Adriano Ercolani A parte il riferimento al titolo e un breve cammeo di Franco Nero, l’accostamento al film di Corbucci finisce qui S embrava inevitabile che prima o poi il cinema di Quentin Tarantino approdasse al western, ma ovviamente ciò non poteva avvenire in maniera convenzionale. Il più geniale e sfrontato degli autori americani contemporanei col suo nuovo Django Unchained non sceglie come referenti i classici di John Ford o Howard Hawks, non strizza l’occhio ai grandi revisionisti Sam Peckinpah e Clint Eastwood, non si accosta neppure allo spaghetti western esplosivo di Sergio Leone. Da sfacciato sostenitore del cinema di serie B, Tarantino sceglie invece di rendere omaggio a Sergio Corbucci e al suo cult Django, datato 1966. A parte il riferimento al titolo e un breve cammeo di Franco Nero, l’accostamento però finisce Academy Identity Composta per il 94% da bianchi e per il 77% da maschi, l’Academy consta di 5.765 membri. Il 33% di loro ha vinto o è stato nominato almeno una volta agli Oscar. Solo il 14% dei membri ha meno di 50 anni. La media età è di 62 anni (dati aggiornati a febbraio 2012). 34 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 Samuel L. Jackson e Kerry Washington in Django Unchained. Sopra e a sinistra Lincoln, a destra Jamie Foxx e Di Caprio DI TARANTINO Cinque candidature a Django Unchained: Quentin ribalta un’epoca attraverso i codici del western I magnifici... due qui. La storia scritta da Bastardi senza gloria, sta Tarantino è del tutto infatti contribuendo film Curioso il destino del originale: due anni dopo film a rendere più western, il ‘genere’ per prima dello scoppio elegante la fattura delle eccellenza del cinema della guerra civile immagini, come questo americano. Prima di americana il cacciatore nuovo western conferma. Balla coi lupi, premiato di taglie tedesco King Poi, ovviamente, ci sono gli come miglior film nel Schultz libera dalla attori, da sempre punto di 1992, solo un altro schiavitù Django forza del cinema di western ha ottenuto lo perché lo aiuti a Tarantino. Partiamo dalle stesso risultato in tutta catturare tre criminali “new entry” Jamie Foxx e la storia degli Oscar: il e riscuotere la Leonardo Di Caprio: il primo cupo I pionieri del West, consistente taglia. finalmente sembra aver nel lontano 1931. L’amicizia e il rispetto ritrovato lo smalto dei tempi reciproco che si di Collateral e Ray, biopic instaurano tra i due li porterà a tentare di che gli aveva addirittura regalato l’Oscar. liberare anche la moglie di Django, Leo invece conferma col personaggio di Broomhilda, che si trova in Mississippi Candie la sua incredibile versatilità. Lui schiava nella piantagione del proprietario che l’Academy Award l’ha soltanto sfiorato terriero Calvin Candie. Gli amanti del per tre volte, anche quest'anno è destinato cinema viscerale e citazionista di Quentin a rimanere a bocca asciutta. Accanto a Tarantino troveranno in Django Unchained loro Kerry Washington, fascinosa presenza femminile nei panni di tutti gli ingredienti del pulp che ha reso Broomhilda, anche lei al primo film col celebre il cineasta, miscelati però con una raffinatezza estetica sempre maggiore. La regista de Le iene. A completare il cast collaborazione col direttore della due vecchie conoscenze per gli fotografia Robert Richardson, cominciata appassionati del cinema di Tarantino: nel 2003 con Kill Bill e continuata con Christoph Waltz (Oscar in arrivo?), lanciato a livello internazionale dal personaggio del nazista Hans Landa in Bastardi senza gloria, e soprattutto Samuel L. Jackson, che interpreta il vecchio Stephen, il quale a forza di servire fedelmente il suo padrone Candie è diventato ancora più razzista e schiavista dell’uomo bianco. Le cinque nomination agli Oscar confermano che Django Unchained sarà uno dei protagonisti della stagione. Tarantino ha finora mancato l’Oscar per la regia nonostante le due candidature per Pulp Fiction e Bastardi senza gloria. E la sua versione scatenata dello Spaghetti Western non potrà regalarglielo, vista la mancata nomination tra i registi. gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 35 speciale oscar CINEMA PUNTO ZERO Dark Thirty della Bigelow e i nuovi modi di raccontare il nostro presente. Definitivo di Valerio Sammarco 36 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 Jessica Chastain in Zero Dark Thirty: anche lei in cinquina come migliore attrice protagonista ‘‘Q uesto aereo è tutto per lei: dove la porto?”. Il volto di Maya (Jessica Chastain) cede per la prima volta, dopo otto anni: la ricerca del nemico n. 1 è terminata, il corpo di Osama bin Laden giace in un sacco, Maya – e con lei l’America – si ritrova quasi svuotata di senso, incapace di percepire dove, nell’immediato, indirizzare i propri sforzi per garantire la sicurezza al paese. La metafora lampante con cui si chiude Zero Dark Thirty, 5 nomination agli Oscar (ma incredibilmente non alla regista), è forse l’unica concessione che Kathryn Bigelow regala dopo un’estenuante caccia all’uomo che, dall’attacco del settembre 2001 (rievocato in apertura su fondo nero e le reali chiamate al 911 degli intrappolati nel World Trade Center), ha condizionato per dieci anni il lavoro e l’esistenza degli agenti dell’intelligence della CIA. Il film, forse il più importante dell’intera carriera della filmaker premio Oscar, sintetizza questo decennio cruciale in 157’: il risultato è sbalorditivo, frutto dell’ormai collaudata collaborazione con Mark Boal e di un lavoro di ricerca che, non a caso, ha ingenerato discussioni e polemiche tanto durante la realizzazione dell’opera quanto a film concluso. La CIA, pur collaborando attraverso l’ufficio relazioni esterne “nei limiti del possibile”, a giochi fatti ha preferito (attraverso le parole del direttore operativo Michael Morell) prendere le distanze su alcune “licenze narrative” riscontrate durante la visione di Zero Dark Thirty: da una parte provando a spiegare quanto il successo finale sia arrivato grazie al lavoro di una squadra ben più nutrita di uomini e non solo per l’indefessa tenacia di un’unica agente, dall’altra riducendo l’importanza che avrebbero avuto alcuni metodi poco ortodossi (leggi: torture) nell’estorcere informazioni cruciali agli affiliati di Al Qaeda per giungere al nascondiglio definitivo di Bin Laden, ad Abbottabad, in Pakistan. Onestamente, la questione perde importanza di fronte ad un’opera che – attraverso i connotati del film-reportage – riesce a tracciare un solco profondissimo da cui il cinema dovrà ripartire per poter raccontare, intrattenendo, la storia dei nostri giorni. Profumo di donna Lina Wertmüller nel 1977 per Pasqualino Settebellezze è stata la prima regista donna ad ottenere la candidatura. Kathryn Bigelow nel 2010 per The Hurt Locker è stata invece la prima regista donna a vincere il premio. Quest’anno niente da fare. gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 37 speciale oscar Jessica Chastain e Jason Clarke. A destra Kathryn Bigelow sul set siano sentiti in obbligo di intervenire in maniera così esplicita su un film”. Che cos’è, dunque, Zero Dark Thirty? Facciamo finta sia solo un film, che per ragioni drammaturgiche e di mera immedesimazione restringe la caccia a Bin Laden a un piccolo gruppo di segugi, pragmaticamente e moralmente guidati da Maya: Bush nel fuoricampo, di Obama solo una comparsata elettorale, la politica latita, ma per scongiurare la maledizione dei film sul 9/11 si è puntato sulla cornice thriller e una sensazione data per assunto: “E’la caccia di una Nazione”. La morte del leader di Al Qaeda per mano dei Navy SEALs ad Abbottabad il 2 maggio 2011 è quasi un E ORA DOVE ANDIAMO? Se la morte di Bin Laden non esaurisce la missione: il pianto di Maya per l’America senza meta (e senza identità) di Federico Pontiggia N o, non è solo un film. Lo dice Michael Hayden, ex direttore della CIA dal 2006 al 2009: “Ogni riga di sceneggiatura ha una parte di verità. Gli interrogatori erano molto duri, ma grazie a questi l’agenzia ha ricavato informazioni rilevanti. E Maya (la tosta protagonista interpretata da Jessica Chastain, candidata all’Oscar, NdR) è stata una vera eroina”. Che cos’è Zero Dark Thirty: docu-fiction, film di finzione basato su eventi reali o resoconto più vero del vero? “Grossolanamente inaccurato e fuorviante” nel trattare la liaison pericolosa tra i metodi d’interrogatorio della CIA e la scoperta del rifugio di Osama Bin Laden: accusa diffusa, e amplificata dai senatori Dianne Feinstein, John McCain (sì, lui) e Carl Levin, che hanno deciso di avviare un’indagine ufficiale per far luce sulla cooperazione tra gli spioni di Langley e gli sceneggiatori Kathryn Bigelow e Mark Boal. Alla berlina i rapporti tra B&B e Michael Morell, l’Acting Director della CIA, che ha risposto in due tempi: prima, “il film non è realistico”; poi, “se furono in effetti decisive le tracce raccolte durante gli interrogatori, come suggerisce il film, è questione dibattuta che non può essere e non sarà mai appurata”. Non è pari e patta, anzi: “La cosa realmente preoccupante – stigmatizza Hayden - è che alcuni legislatori e gli attuali vertici della CIA si Le statuette degli attori Gli attori che hanno vinto più Oscar sono: Katharine Hepburn (4 Oscar), Meryl Streep (3), Jack Nicholson (3), Walter Andrew Brennan (3), Ingrid Bergman (3). 38 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 incidente di percorso per B&B: la Storia ha messo lì il climax, viceversa, Zero Dark Thirty mette a fuoco il prima – le tappe esplosive della guerra al terrore lunga un decennio – e ancor più il dopo. Singolarmente, la domanda è la stessa uscita a Nadine Labaki inquadrando lo “scontro di civiltà” di un Medio Oriente non meglio precisato: E ora dove andiamo? Mission accomplished, ora Maya è l’unica passeggera di un cargo militare, ma non sa che dire al pilota: per lei parlano le lacrime, un pianto a dirotto senza altra destinazione che l’America. Terminato il Most Wanted, ora gli States dove vanno? Piuttosto che rimestare sul waterboarding e le altre amenità degli interrogatori, bisognerebbe interrogarsi sulla meta di Maya e di un Paese tutto: l’Uomo Nero non c’è più, ma il futuro che colore ha? L’anticlimax è devastante e l’identità Usa, costruita per differenza su Bin Laden, tremebonda: “Lo sceicco del terrore è morto, lunga vita allo sceicco”. Non lo sentiamo, ma sa Dio quanto Maya vorrebbe. Compacta @BimFilm www.facebook.com/bimfilm speciale oscar UBI MAJOR... Cinque anni di dominio indie posson bastare: salvo sorprese, stavolta tocca agli studios? di Gianluca Arnone C hi ha assistito ai Governors Awards di dicembre si sarà fatto più di un’idea sull’andazzo dei futuri Oscar. Nel corso del regale banchetto a base di polpette di granchio e altre “prelibatezze”, mentre attempate signore e ingialliti gentleman razzolavano tutto quello che potevano, altri lavoravano ai fianchi i membri dell’Academy. Da una parte Steven Spielberg (Lincoln) passava in rassegna centinaia di tavoli per intrattenere i commensali con indicibili motti di spirito. Poco lontano, vicino all’ingresso dell’enorme salone dell’Hollywood and Highland Center, Alexander Desplat – che ha firmato tra gli altri la colonna sonora di Argo – salutava qualunque cosa passasse da lì, purché avesse due gambe. Jason Clarke, ira funesta dei quaedisti in Zero Dark Thirty, Gli attori che hanno remava tra la folla ricevuto più nomination sciorinando sorrisi di sono: per le attrici, Meryl pietra. Lì in mezzo si Streep (17 nomination); sono perse le tracce di per gli attori, Jack Robert Zemeckis Nicholson (12 (Flight) e Tom Hooper nomination). (Les Misérables). Dopo aver visto trionfare negli ultimi anni il cinema indie – da The Millionaire a The Hurt Locker, da The King’s Speech a The Artist -, le major hanno deciso che era ora di riportare l’ambita statuetta a casa. Ecco perché da qualche mese si sono tuffate in una campagna elettorale senza precedenti. Obiettivo? Reclutare quanti più votanti possibili. A fine novembre la Universal Pictures, la cui ultima nomination risale al 2010 con Inglorious Basterds, ha spedito una dozzina di copie di Les Miserables in alcune sale di New York e Jack & Meryl 40 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 L’unico vero dubbio sulle statuette riguarda l’abbondanza: troppi favoriti, nessun favorito Los Angeles insieme al regista Tom Hooper, incaricato di fare da cerimoniere ad ogni proiezione. Quasi in contemporanea la Sony organizzava tra Londra e gli States 100 awards-oriented-screenings di Zero Dark Thirthy (tipologia promozionale di cui ignoravamo l’esistenza) per capire le possibilità di vittoria del loro assistito. Qualcosa di simile hanno fatto la 20th Century Fox (Life of Pi), Dreamworks-Walt Disney (Lincoln) e Paramount Pictures (Flight). La Warner Bros. aveva giocato d’anticipo portando Argo nelle sale americane fin dallo scorso ottobre. Proprio la Warner è stata l’ultima major a vincere un Oscar per il miglior film: nel 2007, The Departed. Due anni prima aveva vinto con Million Dollar Baby e Quentin Tarantino. Sopra Michael Mann, Christopher Nolan, George Lucas, Steven Spielberg e Robert Zemeckis nel 2002 con Beautiful Mind,a suggellare un decennio di grandi soddisfazioni per gli studios, in cui ad accaparrarsi la statuetta più ambita erano stati i vari Titanic, Forrest Gump, Braveheart, Gli spietati. Il 2013, salvo sorprese (Amour?), dovrebbe essere nuovamente il loro anno. Gli studios si presentano agli Academy Awards piuttosto agguerriti, ciascuno con un titolo forte. Il problema semmai è l’abbondanza. Troppi favoriti perché ce ne sia davvero uno. Nulla di paragonabile al 2009 quando The Millionaire non aveva rivali, per la felicità della Fox Searchlight (la piccola divisione interna alla Fox specializzata in prodotti indie), che anche stavolta si gioca più di una chance: nel suo listino, tra i papabili, figura il sorprendente Beasts of the Southern Wild di Benh Zeitlin. Anche la Focus Features (piccola società che opera dentro i perimetri della Universal) ha qualche cartuccia da sparare: Anna Karenina. E i Weinstein? I dominatori delle ultime due edizioni speravano in The Master e Silver Linings Playbook, ma dovessero vincere qualcosa pure quest’anno sarà, crediamo, solo grazie agli attori. All’Oscar per il miglior film poteva invece ambire Django di Tarantino, se le accuse di razzismo mossegli da Spike Lee non avessero tacciato il film ad imperitura memoria. I signori dell’Oscar I film che hanno ricevuto più Oscar nella storia sono: Ben-Hur (1959), 11 Oscar su 12 nomination; Titanic (1997), 11 Oscar su 14 nomination; Il Signore degli Anelli: Il ritorno del Re (2003), 11 Oscar su 11 nomination. gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 41 personaggi “L’irresistibile ascesa di Faccia d’Angelo: da Gangster Squad all’atteso Only God Forgives di Nicolas Winding Refn, continua il suo sogno a mano armata di Angela Bosetto RyanRomanzo GOSLING criminale U no dei migliori interpreti in circolazione o un attore appena discreto che ha solo avuto la fortuna di azzeccare nello stesso anno un cult ( Drive), un film importante (Le idi di marzo) e una commedia di buon successo (Crazy, Stupid, Love)? Le due opinioni correnti su Ryan Gosling sono, come spesso capita, diametralmente opposte, ma c’è una qualità che tutti riconoscono a questo trentaduenne canadese: nonostante il cognome (“gosling” in inglese significa “papero”), riesce a essere cool senza fare il minimo sforzo, il che lo eleva comunque al di sopra della media. E se gli uomini ne apprezzano l’impassibilità da duro col cuore (forse, ma non è detto) tenero, il suo ormai famoso sguardo obliquo e penetrante (che il cineblogger e grafico Sebastiano Barcaroli, alias C&B, ha ribattezzato “sguardling”) ha mietuto così tante vittime da tramutarlo, a sua insaputa, nel testimonial femminista perfetto (si veda il tormentone “Hey Girl”, nato su Tumblr e culminato nel libro Feminist Ryan Gosling). Dopo il boom del 2011, come ogni attore tramutatosi di colpo in divo planetario, Ryan ha passato l’anno successivo a lavora- trambi polizieschi, ma ambientati in epoche diverse e con Gosling che passa da una parte all’altra della barricata. Nel primo, diretto da Ruben Fleischer ( Benvenuti a Zombieland), Ryan è il sergente Jerry Wooters (modi spicci, battute taglienti e “sguardling” a manetta), membro della task force che nel 1949 fece la guerra allo spietato gangster Meyer Harris Cohen (Sean Penn), detto “Mickey”, re del crimine di Los Angeles. Nel secondo, Gosling torna a collaborare con Derek Cianfrance ( Blue Valentine) per raccontare la storia contemporanea di uno stuntman motociclista che vive nella cittadina di Schenectady (in lingua mohawk “il luogo al di là delle pianure di pini”) e arrotonda i guadagni con le rapine per provvedere a moglie e figlioletto. In realtà, nessuno dei due personaggi sembra distaccarsi troppo da quelli che Ryan ha già interpretato nel 2011, quindi, il compito di metterne ancora alla prova le doti attoriali ritorna nelle mani del suo pigmalione, nonché regista del cuore (come dimenticare quel bacio “bromantico” a Cannes?): Nicolas Winding Refn. Il nuovo frutto del loro sodalizio, Only God Forgives, cronaca della sanguinosa lotta a colpi di Muay Thai tra un criminale (Gosling) e il poliziotto che gli ha ucciso il fratello, arriverà in Danimarca (patria natale del regista) a maggio – passando sicuramente da Cannes – e successivamente da noi. Solo allora potrebbe giungere la risposta alla grande domanda cinematografica degli ultimi due anni: fra gli attori trentenni della nuova generazione, meglio Ryan Gosling o Michael Fassbender? Nel dubbio, Terrence Malick, trovandosi a dover decidere il cast del prossimo film, li ha presi entrambi. Fra gli attori della sua generazione, meglio lui o Fassbender? Nel dubbio, Malick li ha presi entrambi re per rafforzare la propria posizione artistica e, in attesa di vederlo debuttare alla regia con il fanta-horror How to Catch a Monster, adesso è tempo di bilanci. A febbraio uscirà dunque Gangster Squad e a marzo The Place Beyond the Pines, en- 42 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 43 a testa alta 44 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 QUOTA quota Denzel Washington eroico e canaglia, misurato e debordante in Flight di Zemeckis. Non l’ennesimo film di “genere” ma il ritratto incredibile di un uomo (non qualunque) di Luca Pellegrini DIFFICILE CANTARE “NEL BLU DIPINTO DI BLU, FELICI DI STARE LASSÙ”. Perché volare può diventare un vero incubo. Arrivarono, infatti, i film sulle catastrofi aeree: la serie degli Airport anni ‘70, con jet sotto attacco, senza piloti, sprofondati nel mare o inseguiti da missili, e poi l’Air Force One che se la passa malissimo e un Jumbo con una bambina scomparsa e centinaia di vite in pericolo (Flightplan), sorte simile in Turbolence grazie a un galeotto psicopatico o per un disgustoso assalto di serpenti (Snakes on a Plane). Se si scorre la lista, sono decine e decine le variazioni sul tema. Per non parlare degli incidenti nelle lande perdute della terra con conseguenze orribili per i sopravissuti. Oppure le ricostruzioni di tragedie vere che non avremmo voluto subire. Flight di Robert Zemeckis prolunga la serie, ma il suo non è soltanto un film sulla paura dell’aria, la vulnerabilità della tecnica, la variabilità del caso, la debolezza dell’uomo - il pilota, in questo caso - che si trasforma in un coraggioso eroe. Flight è la perdita dell’innocenza di una categoria professionale importantissima, quella di chi sta alla cloche in una cabina di pilotaggio. Ed è, soprattutto, il ritratto della caduta e rigenerazione di un uomo - il comandante Whip Whitaker interpretato da un fragile Denzel Washington (candidato all’Oscar) - che alla guida del volo SouthJet 227 in partenza da Orlando in una tempestosa mattina riesce a portare a terra l’aereo grazie a una acrobatica operazione che si protrae per pochi, terri- gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 45 a testa alta Due candidature importanti agli Oscar: sceneggiatura originale e protagonista Denzel Washington. Sopra e a lato altre scene di Flight 46 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ficanti minuti. Girata da Zemeckis con attenzione ai dettagli grazie al suo brevetto di pilotaggio. “Per questo - racconta - non ho ricevuto lettere di protesta da parte dei piloti. Abbiamo voluto essere più accurati e realistici possibile, per rendere il disastro ancor più spaventoso. Tecnicamente, è stato difficilissimo girare quella scena: abbiamo letteralmente messo tutti a testa in giù”. Anche se capovolti, molti sopravvivono per le pronte decisioni di Whip, ben addestrato. Che però non riesce a vincere le sue dipendenze: la droga e l’alcol. Flight (con Don Cheadle, Kelly Reilly, John Goodman e Melissa Leo nel cast) diventa un thriller dai risvolti sociali, umani e morali che prevede un susseguirsi, anche impietoso, di falsità, di offuscamento della legge e dei regolamenti, di depistaggio delle indagini. Zemeckis, però, precisa: “Il film nasce per cercare quali sono i problemi che l’abuso di sostanze nasconde e sul modo di risolverli. Whip e Nicole, una fotografa da poco uscita dalla dipendenza della droga e che tenta di aiutarlo, nascondono difficoltà più profonde. Usano sostanze chimiche per affrontarle, ma avrebbero potuto usare anche col cibo o il gioco d’azzardo o il lavoro. Sentono il vuoto intorno a sé”. Whitaker, infatti, diventa l’eroe del quotidiano che non può scendere dal palcoscenico mediatico allestito per celebrare il suo eroismo e deve simulare una vita integerrima che non gli appartiene, anche se questo comporta far convergere le colpe su altri, naturalmente innocenti, per salvare un sistema, una azienda e se stesso. Pochi sanno gennaio-febbraio 2013 che lui, prima di ogni decollo, sniffa e beve a scapito del suo grado di concentrazione. Così, tutti vedono in lui l’eroe che sa di non essere. E questo è piaciuto a Washington: “Non mi interessano più i personaggi senza sfaccettature. Non ci sono assoluti. E’ stato bello intraprendere questo viaggio ed espormi andando a toccare le zone grigie della vita”. Ha studiato le tante immagini di alcolisti che si trovano su YouTube. “Ce ne sono centinaia. Mi sono esercitato a fare l’alcolizzato senza però esserlo, perché così pensa Whip. In rete quasi tutti dicono di essere soltanto tipi che bevono, persone che si fanno un drink una volta alla settimana, senza capire quanto sono andati lontano nel vizio del bere. Ho capito da quei filmati come funzionano le cose: c’è una scena nel film in cui sono completamente fuori di testa mentre sto guardando dei video di mio figlio. Cerco di farlo mettendo a terra la bottiglia che ho in mano, ma mi ci vogliono lunghissimi minuti, diventa una vera sofferenza”. Mantenere Whip un eroe oppure renderlo finalmente uomo, mettendolo a nudo davanti alla società, ai datori di lavoro, agli amici e alla famiglia? Sarà lui a decidere, alla fine di questo percorso che lo abbrutisce prima e lo libera poi, ricono- scendo che la verità è meglio di qualsiasi fama, applauso e denaro. Riconquistando così anche la stima perduta di un figlio. WARNER BROS. PICTURES PRESENTA BEPPE CASCHETTO Fabio VOLO Zoé FELIX PRESENTA Ennio FANTASTICHINI CON LA PARTECIPAZIONE DI Pino MICOL FOTO: LORIS ZAMBELLI studio illegale In amore vince chi inganna UN FILM DI Umberto CARTENI yahoo.it/studioillegale #studioillegale DAL 7 FEBBRAIO AL CINEMA WARNER BROS. PICTURES PRESENTA BEPPE CASCHETTO PRESENTA UNA PRODUZIONE WARNER BROS. ENTERTAINMENT ITALIA IBC MOVIE PUBLISPEI MADELEINE UN FILM DI UMBERTO CARTENI STUDIO ILLEGALE TRATTO DAL ROMANZO DI FEDERICO BACCOMO ‘DUCHESNE’ “STUDIO ILLEGALE” FABIO VOLO ZOE FELIX ENNIO FANTASTICHINI NICOLA NOCELLA JEAN MICHEL DUPUIS CON LA PARTECIPAZIONE DI PINO MICOL NEL RUOLO DI SEVERINO CARUGATO SOGGETTO E SCENEGGIATURA FRANCESCO BRUNI ALFREDO COVELLI FEDERICO BACCOMO UMBERTO CARTENI FOTOGRAFIA VLADAN RADOVIC SCENOGRAFIA ANDREA ROSSO COSTUMI ROBERTO CHIOCCHI CANZONI E MUSICHE MAXI TRUSSO WARNER BROS. ENTERTAINMENT ITALIA ©2013 Warner Bros. Ent. All Rights Reserved so in love Seppelliti i vampiri, è scattata l’ora degli zombi: innamorati, leali, appassionati di Angela Bosetto Frankenweenie di Tim Burton e Warm Bodies di Jonathan Levine 48 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 MORTO M gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 49 so in love Warm Bodies, Frankenweenie e, in basso, World War Z L’IDEA DELL’AMORE, di un amore capace di andare oltre la morte è da sempre croce per lui e delizia per lei. Inutile provarci: nella mente di un maschio medio (il tipo che, durante la visione di Ghost, borbotta “Non è romanticismo, è necrofilia!”) nessuno si risveglia dal sonno eterno per correre dalla sua dolce metà o cercarne una. I morti devono tornare indietro solo per dedicarsi a cose davvero importanti, tipo vendicarsi di chi li ha ammazzati (se fantasmi), fare sfrenate orge a base di sesso e sangue (se vampiri) o conquistare il mondo (se dotati di nuovi, infernali poteri). Ecco perché agli uomini piacciono tanto gli zombi: garantiscono un dignitoso tasso di gore e violenza, funzionano sia come metafora sociale, sia come motore drammatico e, soprattutto, sono immuni a quegli odiosissimi palpiti sentimentali che stanno rovinando tutte le figure classiche dell’horror. Correggiamo, “erano immuni”, perché, cari seguaci di Fulci e Romero, oggi grazie a Warm Bodies scopriamo che anche uno zombi può arrivare a considerare una bella ragazza qualcosa di più di uno spuntino e addirittura innamorarsene. Fermi e mettete giù il fucile che avete già caricato per ammazzare chiunque stia perpetrando tale sacrilegio: il regista del film è Jonathan Levine, quello di 50 e 50. Più Warm Bodies aggiorna il mito di Giulietta e Romeo strizzando l’occhio a Twilight: ma con più ironia 50 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 tranquilli? In fondo, se è riuscito a dirigere una commedia su un argomento spinoso come il cancro senza banalizzarlo, può farcela anche con questi nuovi Romeo e Giulietta. Solo che, anziché essere Montecchi e Capuleti, R (Nicholas Hoult) è morto, Julie (Teresa Palmer) no. Tuttavia, quando si vedono per la prima volta, il cuore di lui ricomincia incredibilmente a battere. Aspettate a riafferrare quel fucile, ci sono tre piccoli dettagli che ancora non conoscete. Primo, il padre di Julie (John Malkovich) è il generale che punta a sterminare i morti viventi. Secondo, in giro ci sono gli “ossuti”, creature ancora più feroci e pericolose dei cadaveri ambulanti. Terzo, R si è mangiato il fidanzato di Julie (d’altra parte, uno zombi mica può essere vegetariano). Aggiungete una buona dose di comicità dark e, almeno sulla carta, il rischio Twilight pare scongiurato, sebbene il bestseller da cui il film è tratto (Warm Bodies di Isaac Marion) appartenga a sua volta al filone “Young Adult”. Per la serie “corpi freddi, cuore caldo”, poco prima di Warm Bodies arriverà nelle nostre sale Frankenweenie di Tim Burton e anche lì l’amore, unito a un po’ di elettricità e chirurgia sperimentale, farà miracoli. 2013: l’anno dei walking dead “Zombi innamorati, vade retro!” Se anche voi fate parte dei puristi ai quali l’idea di vedere i non morti impegnati nel contendere ai vampiri la palma del neoromanticismo fa più paura di un’apocalisse, non temete: stanno per contagiare i nostri schermi sia il nuovo capitolo dell’infezione spagnola REC, REC 3 – La genesi (REC 4 lo stanno girando), sia la pandemia mondiale di World War Z, tratto dall’omonimo romanzo di Max Brooks. Per chi, invece, preferisce gli zombie in chiave comica, a maggio arriverà la satira cubana Juan de los Muertos (che ammicca apertamente all’inarrivabile Shaun of the Dead, da noi L’alba dei morti dementi), mentre l’estate americana sarà “ravvivata” da R.I.P.D., il cui titolo sta per Rest in Peace Department, la polizia speciale dei defunti, A.B. composta da agenti deceduti. 1°GRUPPO LINE-UP LE AVVENTURE DI FIOCCO DI NEVE Family Arrivato da cucciolo allo Zoo di Barcellona è diventato da subito l’animale più ammirato dai visitatori del parco, ma a causa del colore della sua pelliccia, gli altri gorilla non lo considerano parte del gruppo ed il suo unico vero amico è un panda rosso di nome Miguel. Fiocco di Neve decide di partire con Miguel per una fantastica avventura alla ricerca della Strega del Nord: vuole il suo aiuto per diventare un gorilla nero come tutti gli altri. Strada facendo scoprirà che essere speciali non è poi così male! 2013 GENNAIO REC 3 LA GENESI Horror Diego e Clara sono fatti l’uno per l’altra, ma nel giorno più felice della loro vita avranno contro… tutta la loro famiglia. Torna la saga horror zombie ideata da Paco Plaza e Jaume Balaguerò. L’infezione ha lasciato l’edificio ed invade la città, una realtà del tutto nuova, che ritorna alle origini e collega le trame dei primi due film svelando retroscena inquietanti. GENNAIO UPSIDE DOWN Romantico Sci-Fi Guardate verso il cielo e preparatevi a sgranare gli occhi: città, foreste e oceani, capovolti sopra le vostre teste. Due mondi - uno sopra, uno sotto - così vicini, eppure da sempre irraggiungibili… Fino a quando qualcuno, un giorno, ha osato sfidare la legge di gravità. Adam (Jim Sturgess) ed Eden (Kirsten Dunst) si amano e questa è l’unica cosa che conta. Fate un salto ed entrate nella realtà straordinaria di Upside Down, il nuovo film di Juan Solanas. FEBBRAIO GHOST ACADEMY Commedia Juan è un insegnante che qualche volta “vede la gente morta”. Ciò, oltre a costargli una fortuna con gli strizzacervelli, lo ha anche allontanato da tutte le scuole in cui ha insegnato. La situazione cambia quando viene chiamato a lavorare a Monforte, dove cinque studenti devono portare a termine con successo l’ultimo anno. Il compito però non sarà semplice: gli studenti sono fantasmi morti da oltre vent’anni. MARZO LE STREGHE DI SALEM Horror Dopo il dittico di Halloween, Rob Zombie è tornato a lavorare su una storia originale con “Le streghe di Salem”, sua prima escursione nell’horror sovrannaturale. La storia è quella di Heidi Hawthorne (Sheri Moon Zombie), una DJ radiofonica che vive a Salem, meglio conosciuta come la città delle streghe. Un giorno, Heidi riceve alla stazione radio un misterioso disco in vinile che, trasmettendo onde ipnotiche le farà progressivamente perdere il contatto con la realtà. Il rituale è ormai compiuto e le streghe non tarderanno ad arrivare… APRILE ATTACCO AL POTERE - Olympus Has Fallen Action Thriller APRILE Nell’attesissimo film diretto da Antoine Fuqua (“Training Day”), un ex-agente dei Servizi Segreti diventa suo malgrado l’ultima speranza dell’America quando la Casa Bianca viene attaccata da terroristi che prendono in ostaggio il Presidente appena insediato. Gerard Butler torna al thriller ad alta tensione affiancato da un gruppo di attori del calibro di Morgan Freeman, Aaron Eckhart e Ashley Judd. PLAN DE TABLE Commedia Il banchetto di nozze sta per iniziare. Un ragazzo ed una ragazza hanno fatto cadere inavvertitamente i segnaposto e in gran fretta li ripongono a casaccio sul tavolo. Per gli ignari invitati, seduti a quel tavolo, questa nuova disposizione farà la differenza. Come “Sliding Doors”, un’affascinante commedia sugli scherzi del destino e le sue trame sottili… Cosa accadrebbe se per errore l’ordine prestabilito delle cose cambiasse per una fortuita coincidenza? MAGGIO credits are not contractual BLOOD Thriller GIUGNO Una ragazza viene brutalmente assassinata e le accuse ricadono su Jason Buliegh, già condannato per molestie. Quando Jason viene rilasciato per mancanza di prove, i due fratelli poliziotti che avevano seguito le indagini decidono di farsi giustizia da soli e lo uccidono facendone perdere le tracce. Saranno costretti a mentire ai loro stessi colleghi, quando il vero responsabile dell’omicidio della ragazza verrà catturato e si apre la caccia ai giustizieri di un uomo innocente. Mentre il cerchio si stringe attorno ai due fratelli, rimane una sola e unica scelta… www.notoriouspictures.it Meryl per sempre D K Da Kramer contro Kramer a La mia Africa e The Iron Lady. Ecco le mille maschere della Streep di Orio Caldiron Meryl Streep. Pagina accanto, l’attrice nel Diavolo veste Prada e in una posa “plastica” 52 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 Q QUANDO TRA LA FINE DEGLI ANNI SETTANTA e l’inizio degli Ottanta si affaccia sullo schermo nessuno scommetterebbe su di lei. Nonostante le lezioni di canto, gli studi di recitazione, le esperienze teatrali, Meryl Streep – nasce il 22 giugno 1949 a Summit nel New Jersey - non è ancora la beniamina del pubblico che sarà di lì a poco. La prima prova importante è Kramer contro Kramer (1979) di Robert Benton dove la dolorosa intensità della moglie separata che si batte in tribunale per l’affidamento del figlio coincide con la puntigliosa efficacia della performance (premiata con l’Oscar da non protagonista). L’improvvisa popolarità le apre la strada al ruolo più prestigioso dell’inizio decennio che ne fa subito una star. Quello di Sara Woodruff in La donna del tenente francese (1981) di Karel Reisz in cui la tormentata storia dell’amour fou ottocentesco si alterna alla relazione tra i due attori che la impersonano sul set inaugurando la galleria di donne inquiete e passionali che coniugano le ragioni del cuore con la libertà individuale. S’immedesima totalmente nel personaggio difficile e problematico della profuga polacca di La scelta di Sophie (1982) di Alan J. Pakula che, scampata al lager nazista, nella Brooklyn del dopoguerra si dibatte tra gli assilli del presente e i fantasmi del passato. Quando la Academy Award le attribuisce il primo Oscar come protagonista – il secondo l’otterrà per The Iron Lady (2011) di Phyllida Lloyd, dopo sedici nomination e una pioggia di altri premi - i magazine fanno a gara nel raccontare il dietro le quinte della migliore attrice americana, impegnata durante la lavorazione a ingrassare e dimagrire secondo copione. Accanto ai riti maniacali della professionista, ritratti affiorano le immagini della sua vita privata, dall’adolescenza in una famiglia benestante al matrimonio con lo scultore Donald Gummer con cui avrà quattro figli, scegliendo di vivere l’assoluta normalità di una vita da diva antidiva nella sua grande casa nel Connecticut. La mia Africa (1985) di Sidney Pollack rappresenta una delle sfide più alte della carriera, quella di annullarsi in Karen Blixen, la grande scrittrice danese che trascorre quasi vent’anni nel Kenya. Il suo virtuosismo fa del ruolo uno dei più amati dal pubblico. Solenne come un blues, I ponti di Madison County (1995) le offre l’occasione di disegnare con vibrante emotività il personaggio di Francesca Johnson, la casalinga di origine italiana che, sola nella sperduta fattoria dell’Iowa mentre marito e figli sono lontani, incontra il fotografo Clint Eastwood, jeans con bretellone, Nikon a tracolla, Camel senza filtro in tasca, il sorriso che spunta tra le rughe. Ormai può fare di tutto. Sfoderare la grinta della ex hippie che canta e balla sui ritmi degli Abba (Mamma mia!), impersonare l’editor virginiawoolfiana che organizza la festa di addio per l’amico ammalato di Aids (The Hours), indossare i panni e i vezzi di Julie Child per scoprire i segreti della cucina francese (Julie & Julia). Nella commedia il successo arriva con Il diavolo veste Prada (2006) di David Frankel. La dispotica Miranda Priestly direttrice di “Runaway”, modellata sull’Anna Wintour di “Vogue”, spadroneggia con grande classe nell’universo della moda in cui dominano il glamour e la tentazione mefistofelica di giocarsi l’anima in una fantasmagoria di vestiti, giacche, borse, scarpe, stivali, cappelli che fanno status. - Ormai può fare di tutto, nella commedia il successo arriva con Il diavolo veste Prada gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 53 i film del mese OTTIMO BUONO SUFFICIENTE MEDIOCRE SCARSO Anderson scava nel cuore delle sette e trova l’America: nomination agli Oscar meritatissime per gli interpreti The Master in sala C’È UN MODO PER VEDERE la storia americana diverso dalle date e dagli avvenimenti della conquista, della guerra civile, del petrolio, dei grandi trust, del New Deal. Ovvero, che sia veramente incominciata alla fine della Seconda guerra mondiale, una volta messa a regime la formazione di un’egemonia culturale condivisa nel mondo, tra “un posto per tutti” e “tutti al loro posto”, che significa che, se non ci stai, “non c’è posto”.. Se non sei patria, famiglia, denaro, che cosa sei? Dunque, se non hai una guida, chi sarà la tua guida? Forse la vocazione, la proliferazione, nella cultura americana, di sette ha qualche ragione anche in questo vuoto, in questa inadempienza illegittima dell’identità. Se tu sei il problema, il tuo paese ha sempre una soluzione. Preso dall’alto, visione globale che ci 54 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 allinea allo sguardo allegorico di Anderson, Freddie apre il film abbandonato sulla torretta dell’incrociatore che torna a casa, tra due cannoni, sbracato e già finito, non allineato ad alcun futuro come agricoltore, benzinaio, impiegato, dirigente, commesso viaggiatore. Con un passato di squilibri e genitori malati di mente, l’ex marine Freddie dedito Regia Paul Thomas Anderson Con Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman Genere Drammatico, Colore Distr. Lucky Red Durata 137’ all’alcol e a furenti gesti di ribellione incontra Dodd, un intellettuale carismatico e mistificatore, (“un medico, uno scrittore, un filosofo teoretico, un fisico nucleare”), accolto nelle abitazioni borghesi a praticare para ipsnosi con balletti e canti liberatori non privi di promiscuità sessuale, in ascesa all’estero. A Dodd, il fragile Freddie permette di entrare nel suo passato per tentare un addomesticamento, e ne diventa il suo braccio destro, a volte violento, in un’America che riorganizza classi sociali e poteri. Più che una storia d’amore, è una storia di specchi, tra faccia a faccia snervanti e squarci di paesaggi metaforici. Dodd vede in Freddie il disordine che poteva essere la sua vita. Invece di corrispondere alle aspettative polemiche, la storia di Scientology, religione riconosciuta negli Stati Uniti, la più ambigua, costosa e criticata, emblema del settarismo di un’epoca (tra Guerra Fredda e razzismo), Anderson esplora il dispositivo che congiunge due persone di cui una è l’esempio, la soluzione, e l’altra il problema, ulteriore indagine, con Il petroliere e Magnolia sugli archetipi (Anderson sente Altman, usa da lontano Oliver Stone). Non si parla mai di Scientology, non compare il crocifisso modificato dalle spade incrociate, non si nomina il fondatore L. Ron Hubbard. Coincidono certe date, la fede nella trasmigrazione e quel mix di pseudo psicanalisi junghiana e artigianato psicosomatico in un training uno-a-uno che prevede sempre la maieutica come scienza religiosa. E’ un’opera rischiosa e potente, implicitamente filosofica, sul Maestro come principio, nel paradosso del problema: non c’è Dio senza fedele. Due interpreti di vertice, che tengono il film come le radici l’albero, vanno a un finale magistrale, il canto di Nausica di Dodd per trattenere la pecorella smarrita, mentre il marinaio Freddie torna al suo disordine. Non se ne trae una posizione esplicita nei confronti delle sette. La palla va allo spettatore. Ma avrebbe senso un film sul bisogno di dipendenza da ogni maieutica che prende una posizione? SILVIO DANESE Paul Thomas Anderson e Amy Adams. Sopra Joaquin Phoenix e, in apertura, Philip Seymour Hoffman gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 55 i film del mese Frankenweenie Regia in sala Tim Burton Genere Animazione, Colore Distr. Walt Disney Durata 87’ LA VOLONTÀ DI TORNARE ALL’ANTICO era esplicita già all’origine dell’operazione: riprendere il corto in stop-motion che Tim Burton ha realizzato nel 1984 e renderlo un lungometraggio. Stesso spunto di partenza – il bimbo incompreso ma geniale che riporta in vita il cagnolino trapassato alla maniera del dottor Frankenstein – stesso gusto cinefilo, stessa destrezza con la storica tecnica d’animazione che fortunatamente sta tornando di moda (vedi anche il lavoro di Henry Selick, che proprio con Burton ha collaborato ai tempi di Nightmare Before Christmas). Se un salutare tuffo nel passato poteva essere più che ben accetto, dopo aver visto il lavoro finito si ha però la malcelata impressione che Burton l’abbia fatto perché al momento sprovvisto di idee originali, come più o meno testimoniava il suo ultimo Dark 56 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 La magia della stop-motion: Burton fa rivivere il suo horror a misura di bambino Shadows. La riproposizione di Frankenweenie è infatti sorprendentemente piatta, soprattutto nella prima parte mancante di trovate realmente interessanti. Il lavoro sul ritmo narrativo è specifico e lodevole, ma forse anacronistico: la magnifica sequenza della rianimazione del cagnolino protagonista è infatti costruita sui tempi Il regista Tim Burton dei vecchi horror classici, il che la rende deliziosa per il pubblico più cinefilo ma probabilmente noiosa per tutto il resto degli spettatori. Anche la musica del fidato collaboratore Danny Elfman stavolta è ripetitiva, a metà strada tra due gloriose colonne sonore del passato come Batman e Edward mani di forbice, entrambi diretti da Burton. Il divertimento in Frankenweenie sta nell’ammirare gli innumerevoli omaggi al grande cinema dell’orrore dei tempi andati, ma non riesce ad andare oltre. Il finale tenta una virata verso il genere catastrofico e conseguentemente accelera il tono della narrazione, espediente che comunque non salva del tutto il risultato dell’operazione. Il già citato Nightmare Before Christmas e La sposa cadavere erano tutt’altro cinema. Tim Burton deve ritrovare la vena creativa dei tempi migliori. ADRIANO ERCOLANI Upside Down Looper Viaggi nel tempo, azione e tante citazioni. Intrigante e con un cast in gran spolvero Regia Rian Johnson Con Jason Gordon-Levitt, Bruce Willis Genere Sci-fi, Colore anteprima Dall’amore alla rivoluzione: l’ambizioso sci-fi di Juan Solanas fa un buco nell’acqua DUE MONDI CHE SI SFIORANO uno sopra all’altro, in cui le regole della gravità sono assolutamente opposte così come quelle della società civile. Questo l’ambizioso assunto di Upside Down, opera seconda di Juan Solanas, figlio di Fernando, favola fantascientifica con protagonisti Kirsten Dunst e Jim Sturgess, novelli Romeo e Giulietta divisi da Newton, ma soprattutto dalla lotta di classe. Solanas costruisce un impianto complesso e fragilissimo, in cui tutto è il contrario di tutto, non solo fisicamente, ma soprattutto intellettualmente, facendo di una storia d’amore contrastato una parabola della rivoluzione proletaria. Gli elementi sono quelli tipici del genere, dalla sperequazione sociale alla malvagia multinazionale che domina il pianeta. Peccato che Solanas non abbia il tocco di Andrew Niccoll e la capacità di gestione delle idee folli di Nolan. Ne viene fuori un film che vorrebbe essere romantico, rivoluzionario, intellettuale e cinefilo, ma che non riesce a sviluppare nessuna di queste ambizioni, partendo faticosamente e trascinandosi poi stancamente fino a un finale frettoloso e confuso, come i due protagonisti, entrambi molto poco convinti di guardare il mondo a testa in giù. ALESSANDRO DE SIMONE Regia Juan Solanas Con Kirsten Dunst, Jim Sturgess Genere Sci-Fi, Colore Distr. Notorious Durata 120’ 58 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 Distr. Walt Disney Durata 119’ IN UN FUTURO NON LONTANO, le organizzazioni criminali assolderanno killer per eliminare nel presente chi farà loro uno sgarbo nel futuro. Questi specialisti si chiameranno “looper” e ogni tanto potrebbero avere lo sgradito compito di uccidere loro stessi. Sembra intricato, ma l’assunto di base di Looper è molto semplice, classico schema di fantascienza basato sui paradossi temporali. Un film di genere che ne racchiude tanti, gioco cinematografico che piace molto al bravo Rian Johnson, scoperto a Venezia alcuni anni fa con l’intrigante teen noir Brick, anche lì protagonista l’ottimo Joseph Gordon-Levitt. Johnson costruisce un impianto dalle atmosfere rarefatte, senza perdere di vista la spettacolarità, il ritmo e le citazioni dai suoi padri putativi e dalla cultura pop. Terry Gilliam, James Cameron, ma anche Cronenberg, Akira e Stephen King, tutto ben mescolato con mélo, noir e horror. Servito allo spettatore come intrattenimento di ottimo livello, Looper è uno di quei film su cui ci si arrovella, piacevolmente, durante e oltre la visione. Cast tutto in forma, da Gordon-Levitt a Emily Blunt e specialmente un misurato Bruce Willis, che ricorda d’essere stato un attore di talento. ALESSANDRO DE SIMONE in uscita i film del mese COLPO DI FULMINE Anna Karenina Joe Wright coglie lo spirito del romanzo di Tolstoj, regalando alla Knightley un ruolo indimenticabile. Quattro nomination anteprima Regia Joe Wright Con K. Knightley, J. Law Genere Drammatico, Colore Distr. Universal Pictures Durata 129’ IL CINEMA DI JOE WRIGHT predilige storie avvolte, velate, messe in maschera, imprigionate dai costumi di epoche rese polvere dal tempo. Storie che resistono, immortali, tra le pagine dei libri, nei dipinti, nelle stampe, nelle foto che hanno fissato la volatilità, composta e raffredata, degli attimi nei quali persone e personaggi cartesianamente pensano di esistere: spesso sono gli sguardi e il pensiero degli altri a farli esistere, a interpretare quello che non sono. Ignorando che cosa potrebbero essere. In fondo quella 60 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo meravigliosa creatura che è Anna Karenina, ostaggio delle regole di una società, delle convenzioni ipocrite, delle leggi degli uomini, del volgare senso comune è una bella addormentata dondolata dal vagone che fa spola tra San Pietroburgo e Mosca. Interpreta bene il suo ruolo così come interpretano bene, senza consapevolezza, la loro parte tutte le figure scolpite nel ghiaccio da Lev Tolstoj. Felici tutti nello stesso modo e infelici, in una disperata solitudine e desolata assenza di libertà. La potenza del romanzo avrebbe potuto gennaio-febbraio 2013 spingere Wright ad una sontuosa e smorta illustrazione. Un bignami animato da attori e attrici eccellenti. Un campionario di Nel film anche Jude Law velette, trine, tappeti, stoviglie, carrozze, palchi, ventagli. Il regista deve aver pensato che se Scorsese con il meraviglioso e straziante L’età dell’innocenza era riuscito a rileggere il melodramma pensando a Visconti e a trovare una forma e uno stile abbaglianti, valeva la pena rischiare e non incagliarsi nelle secche dello sceneggiato. Anna Karenina non poteva che essere una irresistibile Keira Knightley, attrice acronica, passata attraverso l’orgoglio e il pregiudizio e l’espiazione, riletti dallo stesso Wright, e il La migliore offerta in sala Da Tornatore un thriller senza assassini né assassinati. Suspense al netto di vere emozioni dangerous method di Cronenberg, basculante tra un arcigno e cupo Jude Law (Karenin) e un solare Aaron Taylor-Johnson (Vronsky). Dilaniata dall’amore per i figli e dal desiderio per un altro uomo. Fragile, spezzata cifra di una femminilità non ancora irredimibile. Se il mondo del romanzo è una rutilante messa in scena, una scrittura drammaturgica di potere e relazioni affettive, un palcoscenico teatrale, polimorfo, componibile, diventa la scenografia pulsante e dinamica della tragedia di Anna. Passione, condanna, punizione, sacrificio e sogni etici, sentimentali, politici di una vita diversa innervano il romanzo adattato con intelligenza da Tom Stoppard, che ha un’antica consuetudine con la letteratura e il teatro russi (da Il gabbiano fino alla recente trilogia The Coast of Utopia). Joe Wright si concede momenti smaglianti di cinema teatrale, offre nuove bellissime immagini alla storia delle sequenze di ballo nel cinema e ricorda come Max Ophuls accarezzi i suoi personaggi, come li rinchiuda dentro un labirinto circolare. ENRICO MAGRELLI ANTIQUARIO e battitore d’asta di lunga esperienza, schivo nella vita privata, Virgil Oldman riceve la telefonata di una donna che lo prega di accettare l’incarico di procedere alla valutazione di mobili e opere d’arte contenuti nella grande villa di famiglia. Superata molta irritazione, l’uomo scopre che la ragazza si trova in una stanza della villa, dove si è chiusa per combattere una personale agorafobia. Virgil l’aiuta a cominciare una nuova vita. Ma, così facendo, forse condanna se stesso. Non è opportuno dire di più, e del resto Tornatore spiega che si tratta di “una storia d’amore raccontata attraverso la tessitura narrativa del thriller, ma senza assassini né assassinati, né tantomeno investigatori”. Le atmosfere anglosassoni segnano comunque a fondo una vicenda che fa appello più alla geometria della suspense che non ai sussulti dell’emozione. Sulle sfumature del rischioso incontro tra vero e falso corre questa nuova incursione del regista siciliano, che riprende temi già incontrati in Una pura formalità (1994) e La leggenda del pianista sull’oceano (1998). Girato in digitale, il film si colloca con bella padronanza nel cinema di “genere”, giusto e soddisfacente per ogni tipo di pubblico. MASSIMO GIRALDI Regia Giuseppe Tornatore Con Geoffrey Rush, Jim Sturgess Genere Thriller, Colore Distr. Warner Bros. Durata 124’ gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 61 Pazze di me Quello che so sull’amore Muccino arriva da Hollywood con una commedia sentimentale all-star. Prevedibile ma senza sbavature Regia Gabriele Muccino Con Gerard Butler, Jessica Biel Genere Commedia, Colore in uscita Risate zero e tanta noia: tra banalità e gag stanche, l'emancipazione dal matriarcato secondo Brizzi CI AVEVA VISTO LUNGO il padre di Andrea, anni prima, a mollare tutto nel cuore della notte: “Ed ora… sono ca..i tuoi”, il lascito a quel bambino che, tempo dopo, sarebbe diventato il “Cenerentolo” di casa Morelli. Vessato da mamma Vittoria, rinominata Sergente Hartman (Goggi), dalle sorelle Veronica (Zanella), affetta da profonda misandria, Beatrice (Francini), perfetta ed insopportabile, Federica (Rocco), svampita e stralunata, dalla nonna (Lucia Poli) e dalla di lei badante Bogdana (Minaccioni), Andrea (Mandelli) vede di volta in volta sfumare tutte le sue storie d’amore proprio a causa loro. Ma con la dolce veterinaria Giulia (Bilello) proverà a mischiare le carte in tavola: funzionerà, ma fino a quando? Puntuale come una bolletta, ecco il nuovo film di Fausto Brizzi (uno all’anno, dal 2009 ad oggi): commedia che ancora una volta ragiona sulla contrapposizione tra l’universo maschile e femminile, concentrandosi stavolta sul “matriarcato moderno”, Pazze di me fa di tutto per rendersi insopportabile, quasi quanto le varie caratterizzazioni che compongono casa Morelli. Funziona poco o nulla, dalla prevedibilità del soggetto allo sviluppo (?) dei personaggi, fatto salvo un miracolo cinematografico: a Maccarese (Fregene), l’acqua del mare è cristallina e, sì, spunta anche una suggestiva roccia dai fondali. Chapeau. VALERIO SAMMARCO Regia Fausto Brizzi Con Francesco Mandelli, Loretta Goggi Genere Commedia, Colore Distr. 01 Distribution Durata 94’ 62 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 Distr. Medusa Durata 106’ GEORGE DRYER (Gerard Butler) ha fallito più occasioni nella vita che in aria di rigore. Vecchia gloria del calcio caduta in disuso, marca stretto il figlio di 9 anni (Noah Lomax) e l’ex moglie (Jessica Biel), nel tentativo di riconquistarli entrambi. Ma se il bambino diffida, la seconda medita già di convolare a nozze con un altro. Missione impervia dunque, con George costretto a “passare” pure dalle forche caudine di un esercito di milf in fregola (Catherine Zeta-Jones, Uma Thurman e Judy Greer). E’ Quello che so sull’amore, terza prova americana di Gabriele Muccino, stavolta orfano di Will Smith. Voglia di leggerezza e desiderio di tornare a Hollywood suggeriscono al nosro una commediola sentimentale all-star, che gioca un primo tempo d’attesa e un secondo in difesa. Muccino non rischia e lascia in panchina cuore e personalità – pure se il tema dell’adulto bambino è suo - per affidarsi all’estro dei solisti (il migliore risulterà Dennis Quaid, marito geloso della Thurman) e agli schemi collaudati del cinema mainstream. Confezione impeccabile, poche sbavature e nessun autentico segnale di vita. Sarebbe l’ideale per una domenica pomeriggio in famiglia, ma alligna un pizzico di misoginia. GIANLUCA ARNONE in sala i film del mese Qualcosa nell’aria Regia Olivier Assayas Con Clément Metayer, Lola Créton Genere Drammatico, Colore Distr. Officine Ubu in sala Assayas getta la memoria oltre l’ostacolo: dopo il ’68, c’è (solo) il suo film. Formidabile Durata 122’ PER LEVARCI (un paio d’ore, una vita) dall’imbarazzante disgelo di certi anni, degradati, danneggiati, costantemente rispediti al mittente dal revisionismo di destra e di sinistra, anche nella rimozione scanzonata di canzonette pop e post (“sessantotto sì / sessantotto no / sessantotto proletario / sessantotto politico / sessantotto violento”, ma dove le prende Caparezza?) c’è un film. Un film, non un libro. E’ un “passaggio”, non un “pensiero”, lascia fisicamente traccia di facce, luoghi, situazioni, luce, conflitti, amori, e passando può diventare anche un pensiero su un’epoca attraversata. Come si attraversa un’epoca? Debord era del parere che si attraversa un’epoca come si passa la punta della Dogana, vale a dire piuttosto rapidamente. Quel titolo originale Après Mai (“Dopo maggio”) era perfetto, lanciava svelto tutto oltre la data mitica. 3 anni dopo. In 3 anni gli adulti del ’68 avevano stabilito per i giovani delle regole, anche come non averle o farle saltare in aria. Così, ambientato tra Parigi, Firenze e Londra, la visione sta un passo più in là, quando l’adolescenza borghese di una generazione incontrava le conseguenze dell’amore: per la rivoluzione, Il regista Olivier Assayas l’emancipazione sessuale, il maoismo, la classe operaia, l’Oriente, la controcultura, le droghe, una certa stagione del rock. E’ memoria non memorialistica, perché non è fondamentale, e nello stesso tempo è toccante, che si tratti delle cose della vita di Assayas, inevitabilmente destinate a confrontarsi con milioni di memorie. Gilles vive il tempo che precede le scelte, quando sembra che la nostra vita sia altrove (ma dove?). Diviso tra due coetanee, la tosta Christine, in jeans e T-shirt, e l’instabile, benestante Laure dai lunghi abiti bianchi, Gilles approda agli studi di Pinewood dove, in un cortometraggio, rivede per l’ultima volta, visione d’intensa “rêverie”, la suicida, liberata, Laurie. Con un cast formidabile di giovani e un sound track centrato (da Amazing Blondel ai Soft Machine) Assayas richiama, ritrova, la centralità della memoria. Alt, dogana. SILVIO DANESE gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 63 i film del mese The Impossible Regia J.A. Bayona Con Naomi Watts, Ewan McGregor Genere Drammatico, Colore Distr. Eagle Pictures in uscita Tsunami 2004: l’incredibile storia di una famiglia sopravvissuta. Bene l’inizio, poi troppa enfasi Durata 114’ UNA SCONVOLGENTE CATASTROFE naturale, lo tsunami più violento della storia che nel 2004 colpì la costa sudorientale dell’Asia, uccidendo 300.000 persone: The Impossible – come da titolo – racconta l’incredibile storia di una famiglia, Maria, Quique, Lucas, Tomas e Simon, miracolosamente scampata all’evento e, altrettanto miracolosamente, riuscita a ritrovarsi nel caos e nella devastazione, nel dolore e nelle ferite delle ore successive alla tragedia. Diretto da J.A. Bayona (che nel 2008 raccolse consensi con la ghoststory The Orphanage), The Impossible è il film che ha incassato di più nella storia del cinema spagnolo (quasi 40 milioni di euro): la vicenda, reale, è quella capitata a Maria Belon, al marito e ai tre figli. Il relax di un Natale trascorso in un lussuoso resort thailandese che senza preavviso si trasforma in un incubo dalla 64 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 portata inaudita: un ronzio in lontananza, la fuga degli uccelli, il boato di un’onda che travolge e spazza via, in un attimo, tutto quello che incontra. La donna (Naomi Watts, candidata all’Oscar) e Lucas, il maggiore dei tre bambini, si ritrovano in un fiume in piena, acqua e fango, detriti e tronchi: si mettono in salvo, ma Maria è ferita ad una gamba e Ewan McGregor in una scena del film al torace. Fin qui il film di Bayona è una macchina quasi perfetta che riesce a coniugare la spettacolarità del disaster movie al dramma di un immediato “dopo”, in cui la sorpresa di essere ancora vivo si mescola con la paura di aver perso i propri cari e con la consapevolezza di una distruzione che appare senza rimedio. Poco a poco, però, The Impossible cede il passo alle dinamiche che, quasi sempre, sul grande schermo da “reali” si fanno “inverosimili”: il limite di un cinema che, paradossalmente, è chiamato a togliere per farsi credibile e che l’eccezionalità di una storia vera non premia, mortificandone gli esiti. Non era facile, è vero, ma forse sarebbe bastato calcare un po’ meno la mano, senza sottomettersi all’enfasi che, giocoforza, finisce per caratterizzare ogni singola sequenza. Rendendo davvero impossibile la riuscita del film. VALERIO SAMMARCO Re della terra selvaggia Quartet Suona bene la prima volta alla regia di Dustin Hoffman: una casa di riposo andante con brio Regia Dustin Hoffman Con Maggie Smith, Tom Courtenay Genere Commedia, Colore In uscita Il migliore esordio della stagione: 4 nomination pesanti per il fantasy di Benh Zeitlin BENH ZEITLIN, 30 anni, newyorkese, regista. Appuntatevelo, ha un grande futuro e un più grande presente: Beasts of the Southern Wild (Re della terra selvaggia, da noi) è l’opera prima che rialza le sorti dell’indie americano e ci sbatte in faccia L”A” domanda: perché noi non ce la facciamo? Un milione e 800mila dollari di budget, il suo collettivo Court 13 nella crew, attori non professionisti nel cast, e una pièce, Juicy and Delicious di Lucy Alibar, per immaginifico punto di partenza. Delta del Mississippi, fusione panica con la Natura e raffinerie incombenti, una comunità bayou di emarginati, un padre e una figlia di sei anni, la sua “padrona” Hushpuppy (Quvenzhané Wallis, mesmerizzante), a scambiarsi la legge della giungla acquatica. All’orizzonte, un disgelo apocalittico e i preistorici uri al galoppo con le zanne a baionetta: il padre sta male, Hushpuppy cerca la madre perduta, noi troviamo un gioiellino sospeso tra il fantasy utopico e la realtà dei derelitti, con più contendenti, umani e animali, per la parte delle Bestie. Leopardi avrebbe gradito, Huck Finn se ne sarebbe andato a braccetto con Hushpuppy, noi contiamo i premi di Beasts e ci lecchiamo gli occhi: nel selvaggio Sud gli ultimi saranno i primi. Applausi. FEDERICO PONTIGGIA Regia Benh Zeitlin Con Quvenzhané Wallis, Dwight Henry Distr. BIM Durata 95’ MAGGIE SMITH, Tom Courtenay, Billy Connolly e Pauline Collins: il quartetto Hoffman. Scrive Ronald Harwood dalla sua opera teatrale, e in questa britannica casa di riposo per musicisti attempati e cantanti lirici ritirati si fondono amicizie, amori e rivalità. Grazie a un illustre conosciuto: “Dopo aver fatto tanti film fantastici – ha detto la soprano e interprete Dame Gwyneth Jones - Dustin ha sentito la necessità, l’urgenza di forgiare nuovi attori, e ci ha dato tantissimo”. Non è solo il ritorno sulla scena di quattro vecchie glorie, Quartet è la prima volta dietro la macchina da presa di Dustin Hoffman: sceneggiatura solidamente altrui, regia senza fronzoli, il suo touch sta principalmente in una magnifica direzione d’attori, e come altrimenti. Il 75enne attore losangelino gioca sul sicuro, non strafà, ovvero non fa quel che non sa (ancora), ma confeziona un piccolo film che senza grandi interpreti – e lui stesso – rimarrebbe tale. Invece no, in quella canterina Beecham House ci sentiamo tutti meglio, arzilli, leggeri e piacevolmente intrattenuti: già, le dimensioni e le intenzioni non contano, valgono le prospettive e gli esiti. Dustin Hoffman suona bene, Quartet è sold out. A quando il bis? FEDERICO PONTIGGIA in uscita Genere Fantasy, Colore Distr. Satine Film Durata 93’ gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 65 The Last Stand L’ultima sfida In Darkness Dalle fogne alla salvezza: la polacca Agnieszka Holland torna sull’Olocausto. Con merito Regia Agnieszka Holland Con Robert Wieckiewicz, Benno Fürmann Genere Drammatico, Colore in uscita Arnold Schwarzenegger is back: sceriffo di frontiera nell’ironico western di Kim Jee-woon GIOCA CON I GENERI The Last Stand - L’ultima sfida, film d’esordio in lingua inglese di Kim Jee-woon, regista di culto sud-coreano che firma una sorta di western ironico ambientato ai giorni nostri. Nel cast spicca Arnold Schwarzenegger, che torna protagonista dopo i dieci anni in politica. E’ lui lo sceriffo Ray Owens, che dopo un passato di azione a Los Angeles ha cercato tranquillità rifugiandosi a Sommerton, villaggio di frontiera, con voglia di pensione, alla guida di un manipolo di improvvisati difensori dell’ordine, nei quali ritroviamo i volti noti di Johnny Knoxville, Rodrigo Santoro e Luis Guzman. Sarà proprio questa formazione a doversi scontrare con un narcotrafficante messicano in fuga (Eduardo Noriega) che sceglie proprio quel lembo di deserto per sfuggire all’FBI, rappresentata dall’impeccabile agente Bannister (Forest Whitaker). Lo scontro sulla Main Street, le imboscate e persino il duello finale: gli elementi del vecchio west ci sono tutti, conditi da una buona dose di ironia sullo sceriffo alle prese con i segni dell’età. Dal regista che aveva già portato il West nell’estremo Oriente con Il Buono, il Matto e il Cattivo, un film di genere tra risate, inseguimenti e sparatorie. MIRIAM MAUTI Regia Kim Jee-woon Con A. Schwarzenegger, E. Noriega Genere Western, Colore Distr. Filmauro Durata 107’ 66 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 Distr. Good Films Durata 145’ LA VERA STORIA DI LEOPOLD SOCHA (Robert Wieckiewicz), operaio del sistema fognario e ladruncolo di Lvov, nella Polonia occupata dai nazisti. Dopo essersi imbattuto in un gruppo di ebrei nelle fogne, Socha accetta di nasconderli e sfamarli: tiene all’oscuro l’amico ufficiale ucraino Bortnik, corre più di un rischio, li sposta da un condotto all’altro, ma lo fa per il vil denaro. Eppure, iniziato come mera compravendita, il rapporto si evolve: Socha salva la vita all’ebreo Mundek (Benno Fürmann), aiutandolo a uccidere un miliziano ucraino, soccorre due bambini nelle fogne. E quando il denaro degli ebrei finisce, non smette di aiutarli, ma Bortnik lo scopre… E’ In Darkness di Agnieszka Holland, e arriva nelle nostre sale per la Giornata della Memoria: di film sull’Olocausto ne abbiamo visti a iosa negli ultimi anni, ma la regista polacca si chiede “com’è stato possibile questo crimine? Dove si trovava l’Uomo in quel periodo critico? Dov’era Dio?”. Interrogativi senza scadenza, affidati a una storia di umanissima sopravvivenza: sceneggiatura non claustrofobica nonostante la location, regia solida, ricostruzione accurata e bravi attori, nell’oscurità delle fogne filtra un raggio di solidarietà. FEDERICO PONTIGGIA in uscita «Un intenso Schoenaerts e una Cotillard straordinaria» La Stampa «Il film di Audiard ha l’intento di scuotere. E ci riesce» Rolling Stone IN VENDITA IN DVD DAL 20 FEBBRAIO Gangster Squad Regia Ruben Fleischer Con Ryan Gosling, Sean Penn, Emma Stone Genere Drammatico, Colore Distr. Warner Bros. anteprima Più che noir, un cine-popcorn tutto sparatorie. L’occasione sprecata di Ruben Fleischer Durata 105’ DIMENTICATE DE PALMA (Gli Intoccabili), Scorsese (Quei bravi ragazzi ) e Curtis Hanson (L.A.Confidential). Gangster Squad gira a largo dai numi tutelari del genere. Non sappiamo se per un eccesso di prudenza o per un peccato di vanità, in ogni caso il film di Ruben Fleischer non somiglia a nessuno dei grandi gangster-movie del passato, azzerando ogni componente psicologica, qualunque dimensione sociale, qualsiasi sottofondo romantico, che avevano informato negli anni uno dei filoni hollywoodiani più floridi. Ma Hollywood c’è, incombe, è l’insegna a fari accesi sulla vetta della città, il faro dell’imbroglio che luccica e ammonisce, segnaletica per il pubblico che dice: attenzione a quanto sta avvenendo alle pendici della “collina”, perché è finto. Pure se lo script di Will Beall è ispirato agli storici reportage di Paul Liberman 68 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 sul Los Angeles Times, e sul vero tentativo (riuscito) di una squadra speciale del LAPD di mettere fine all’ascesa criminale di Michey Cohen alla fine degli anni ’40. Ma tutto è imbevuto di fiction, dall’abbagliante decor all’esagerata violenza, dal primitivismo narrativo alla pedissequa applicazione degli stereotipi, tanto per Emma Stone e Ryan Gosling sprecare il più grande assortimento di star di recente memoria: a Sean Penn (che modificherà espressione solo quando gli cambieranno i connotati a furia di cazzotti) e Ryan Gosling, a Josh Brolin ed Emma Stone mancano solo i balloon per diventare fumetto a tutti gli effetti. Suonerebbe come una classica cialtronata postmoderna, ma manca la dovuta consapevolezza. Più irrisolto che irridente, Gangster Squad è invece una parodia senza humour, un mix tra i Magnifici sette e Shoot’em Up, che libera le pulsioni rozzamente hobbesiane del genere senza troppo preoccuparsi delle conseguenze. Sotto le mentite spoglie di un elegante noir d’epoca, si cela un cine-popcorn mordi e fuggi, dalla giustizia medievale e la morale di un bifolco. Misteriosamente divertente, come può esserlo il miglior Ellroy rimaneggiato dal peggior Borghezio. GIANLUCA ARNONE Homevideo, musica, industria e letteratura: novità e bilanci A cura di Valerio Sammarco Dvd e Blu-ray Argo e Prometheus da collezione Borsa del cinema Se il box office si affida ai film-evento Homeland Finalmente in Tv la seconda stagione del serial premiato ai Globes Libri Guida a Lo Hobbit e teoria delle emozioni Colonne sonore The Master: Jonny Greenwood telecomando Dvd e Blu-ray Prometheus Il nuovo inizio sci-fi di Ridley Scott in Collector’s Edition 3D L a Collector’s Edition Blu-ray 3D a 3 dischi di Prometheus include la versione cinematografica del film e, nel primo formato, anche il documentario dietro le quinte “Gli Dei Furiosi”, un inizio e un finale alternativi, scene estese ed eliminate, commenti del regista e degli sceneggiatori e altro ancora, per oltre 6 ore di extra. Il film, interpretato da Noomi Rapace, Michael Fassbender e Charlize Theron, è disponibile anche in DVD e Blu-ray. La Collector’s Edition Blu-ray 3D, acquistata online, sarà accompagnata da un libro fotografico in regalo, “Prometheus – The Art of the Film”: 32 pagine di foto, dietro le quinte e disegni del film di Ridley Scott. DISTR. 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT 72 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2012 Laclasse deiclassici a cura di Bruno Fornara Il sole splende alto Così Ford, senza indecisioni: “Il sole splende alto è, tra tutti i miei film, quello che preferisco. Amo vederlo e rivederlo”. Non fu amato dal pubblico e neppure da molti critici. Noi stiamo decisamente con Ford. Una cittadina del Kentucky, nel 1905. Ancora vivi i postumi della guerra civile. Una donna perduta torna lì a morire. Un generale tutto d’un pezzo. Due giovani si amano. Un giudice vota per se stesso e così vince le elezioni. I linciatori si convertono alla democrazia. Una sfilata di reduci, donne e neri. E soprattutto quel funerale della prostituta con il solo giudice,vestito di bianco, che si mette dietro il carro funebre, scandalizza benpensanti e bigotte, viene seguito da altri uomini, donne e neri, tutti ad affollare la chiesa con le pareti scure. Alla fine della parata i neri cantano che il sole splende sulle case di tutti e il giudice si ritira nell’ombra della sua casa a darsi una ‘scossettina’ al cuore con un buon sorso di whisky. Ford sa come farci commuovere. Regia John Ford Con Charles Winninger, Arleen Wheelan Genere Commedia (Usa, 1953) Distr. A & R Productions gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 73 telecomando Dvd e Blu-ray Là-bas • Educazione criminale Una delle opere prime italiane più significative degli ultimi anni: Guido Lombardi ci porta in quella che Saviano definì la “più africana tra le città europee” – Castel Volturno – e attraverso un percorso in cui fiction e verità si confondono, giunge all’infame strage del settembre 2008, quando un commando di camorristi uccise sei immigrati in una sartoria. “E’ un film sul bivio tra legalità e criminalità in cui si trova chi vive in condizioni disperate”, disse il regista, che nel 2011 vinse la SIC e il Leone del Futuro a Venezia. Extra: interviste a Lombardi e ai protagonisti, con backstage e scene tagliate. Argo DISTR. RAROVIDEO E’ stato il figlio L’esordio in solitaria di Daniele Ciprì, premiato all’ultima Mostra di Venezia per la miglior fotografia e per l’attore emergente Fabrizio Falco. E’ stato il figlio e il “ricordo”, nel racconto di una Sicilia seppiata e tragicamente grottesca: la famiglia Ciraulo e il sospirato risarcimento atteso per anni dallo Stato per i familiari di vittime della mafia. Un susseguirsi di promesse e attese, con i debiti in aumento e l’isteria fuori controllo. Poi la svolta, e la Mercedes, simbolo di ricchezza e rispetto. E con lei il dramma… Con Toni Servillo, Giselda Volodi e Alfredo Castro. Disponibile anche in Blu-ray, con il backstage del film negli extra. DISTR. FANDANGO 74 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 E’ stato uno dei film più interessanti dello scorso anno, Argo di Ben Affleck (Golden Globe miglior film e regia, 7 nomination agli Oscar): basato su fatti realmente accaduti, il thriller racconta l’azione segreta intrapresa per liberare sei cittadini Usa e svoltasi durante la crisi degli ostaggi in Iran (1979), mettendo a fuoco il ruolo centrale (e poco noto) della CIA, con il coinvolgimento addirittura di Hollywood nell’intera vicenda. Artefice dell’intera operazione il miglior specialista in azioni di esfiltrazione, Tony Mendez, ideatore di un piano così inverosimile che solo in un film sarebbe stato credibile… Disponibile anche in Blu-ray, con moltissimi extra: “Salvati da Teheran: Noi c’eravamo”, “Argo: Autenticità assoluta”, “Argo: Il legame tra la CIA e Hollywood”, “Fuga dall’Iran: L’opzione Hollywood”. DISTR. WARNER HOME VIDEO Fatherland ParaNorman Gli equilibristi E’ disponibile dal 6 febbraio, anche in Blu-ray 3D, il notevole lavoro in animazione stopmotion firmato dai realizzatori di Coraline e la porta magica (la Laika Production) e diretto da Chris Butler insieme a Sam Fell: ParaNorman – incentrato sul piccolo Norman che vede “le persone morte” – non fa mistero di trarre ispirazione dai grandi classici del filone horror/ghost-movie, tratteggiando atmosfere e personaggi – gli zombie, su tutti – capaci di suggestionare e al tempo stesso divertire. Attenzione ai contenuti speciali: “La sequenza preliminare animata”; “Sbirciando attraverso il velo: Il dietro le quinte di Paranorman”; Curiosità dal Set”. Arriva in homevideo il bel film di Ivano De Matteo (in Orizzonti a Venezia), interessante e attuale dramma su quello che lo stesso regista ha definito “equilibrismo economico”. Non un film sui separati, interpretati da Barbora Bobulova e Valerio Mastandrea, ma sull’escalation di difficoltà che possono abbattersi su un individuo convinto, fino a quel momento, di (soprav)vivere nel benessere. Costretto al doppio lavoro, finirà per dormire in macchina e mangiare alle mense per poveri. Duro e ottimamente recitato, con backstage e videoclip “Seguendo gli equilibristi” nei contenuti speciali, più un booklet di approfondimento: “Italia anno 0”. DISTR. UNIVERSAL PICTURES H.E. Quando Ken Loach seguì le gesta del cantautore dissidente della Rft: da recuperare Un film “inquieto”, lo definì Ken Loach. Che nel 1986 decise di allontanarsi dalla Gran Bretagna per realizzare Fatherland. La storia – scritta da Trevor Griffiths – è quella di Klaus Drittemann, cantautore d’opposizione nella Germania dell’Est che nel 1985 decide di rifugiarsi ad Ovest, come aveva fatto molti anni prima suo padre, anche lui musicista dissidente. Ma il capitalismo occidentale, capirà presto Klaus, non è meno oppressivo dei regimi comunisti. Continua il lavoro di “riscoperta” che Rarovideo ha già iniziato nei confronti di Ken Loach, rieditando Raining Stones e Ladybird Ladybird. Con booklet allegato, negli extra un’intervista con il giornalista Boris Sollazzo. DISTR. RAROVIDEO DISTR. MUSTANG ENTERTAINMENT Magic Mike VIDEOGAME UNO CONTRO TUTTI DEVIL MAY CRY Azione senza compromessi: per Ps3, Xbox 360 e PC Quale cosa migliore dopo le feste di un buon gioco per scaricare lo stress senza perdere troppo tempo con la trama o cose accessorie? Devil May Cry è un titolo d’azione che vede il protagonista principale, Dante, alle prese con demoni tra i più disparati, in un tripudio di combattimenti, sparatorie e ambientazioni improbabili. Il tutto con un tocco di umorismo che non guasta mai, e attraverso livelli dove il giocatore sfrutta le caratteristiche atletiche del protagonista principale per scampare ai numerosi pericoli che incontra sul proprio cammino, fino a fronteggiare dei nemici enormi in grado di distruggere interi edifici pur di avere la meglio. In uscita su PlayStation 3, Xbox 360 e PC. Per saperne di più visitate www.multiplayer.it Dopo il discreto successo ottenuto nelle sale, è disponibile in dvd e Blu-ray l’ultimo lavoro di Steven Soderbergh, commedia sul mondo degli spogliarellisti interpretata (e prodotta) da Channing Tatum. Adorato dalle fan, Magic Mike getterà nella mischia un giovane, promettente stripteaser, Adam (Alex Pettyfer), che poco a poco diventerà la nuova attrazione del club, con ammiratrici tutte per lui. Oltre al trailer, negli extra interviste al protagonista e agli altri attori (Matthew McConaughey, Alex Pettyfer, Joe Manganiello), poi il backstage del film e le scene estese: “l’ufficiale gentiluomo”, “la statua dorata”, “Ken”. ANTONIO FUCITO DISTR. LUCKY RED gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 75 telecomando serie tv REVOLUTION [CANALE 323, MEDIASET PREMIUM] Post-apocalisse senza energia elettrica. Episodio pilota diretto da Jon Favreau F uturo post-apocalittico. Quindici anni prima, un fenomeno sconosciuto interrompe la distribuzione di elettricità in tutto il pianeta e tutti gli apparati elettronici smettono di funzionare. La popolazione è costretta ad adattarsi ad un mondo senza elettricità. A causa del crollo del governo e dell’ordine pub- blico alcune aree sono messe sotto il controllo di signori della guerra e milizie. È Revolution, la serie sci-fi creata da Eric Kripke (Supernatural) e prodotta dalla Bad Robot Production di J.J. Abrams per la NBC: al centro del racconto la famiglia Matheson, che è in possesso di uno speciale dispositi- vo per scoprire non solo ciò che è successo quindici anni prima ma anche il modo per invertire il processo e riavviare l’elettricità. Sviluppata in 22 episodi (la puntata pilota è diretta da Jon Favreau, regista di Iron Man), Revolution arriva in esclusiva per l’Italia su Steel, a partire dal 15 gennaio, ogni martedì alle 21.15. filminorbita a cura di Federico Pontiggia 76 Homeland 2 Giorno della Memoria Fashion Addicted Fox Studio Universal Diva Universal Dal 30 gennaio ogni mercoledì alle 21.00, la seconda stagione della fuoriserie Usa. Forza Carrie! Il 27 gennaio I ragazzi venuti dal Brasile e il caso Priebke con la testimonianza del pm Antonino Intelisano. Ogni giovedì di febbraio fa moda: Diana Vreeland, Yves Saint Laurent, About Face e The September Issue. rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 Designed by Arch. Andrea Viviani Accomodatevi e g o d e te v i lo spettacolo Made in Italy THE COMFORT SHOW w w w. c i n e a r r e d o i t a l i a . c o m telecomando borsa del cinema QUAL BUON [E]VENTO Chiusura d’anno positiva grazie a qualche blockbuster. Ma il resto dell’offerta ottiene risultati sempre più modesti di Franco Montini ultimo capitolo di Twilight ha rastrellato in Italia quasi 19 milioni di euro: meglio di tutti i precedenti film della saga. Il nuovo 007 Skyfall, altra uscita autunnale, ha superato 12,7 milioni di euro, ottenendo un risultato molto superiore ai precedenti due film con Daniel Craig che, nel 2008 e 2007, avevano incassato 7 L’ 78 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 e 8 milioni di euro. Il cavaliere oscuro – Il ritorno, nelle sale italiane a fine estate, con 14,6 milioni di euro, ha funzionato molto meglio dei due precedenti film di Batman, che si erano fermati a 9,4 e 6,8 milioni di euro. Insomma, a giudicare dai risultati dei blockbuster, si potrebbe pensare che il mercato italiano sia in crescita ed invece il 2012 si è chiuso con una perdita di presenze del 10% rispetto al 2011, che aveva già fatto registrare un risultato negativo nei confronti dell’anno precedente. Questa apparente contraddizione dimostra che si è persa l’abitudine di andare al cinema e si acquista un biglietto solo per pochi film evento. Questa categoria di pro- dotto, numericamente limitata, fa registrare incassi in ascesa, mentre tutto il resto dell’offerta ottiene risultati sempre più modesti. I fattori che trasformano un film in evento stanno mutando: la presenza dell’attore vale ormai poco. Le star hanno un effetto richiamo sempre più debole e sono diventati intercambiabili, perché oggi conta più il personaggio che l’interprete. La conferma arriva da Robert Pattinson e Kristen Stewart: star ed elemento di richiamo quando interpretano Edward e Bella in Twilight, non rappresentano più alcun valore aggiunto quando si calano in altre storie o impersonano altri personaggi. La cosa non riguarda solo il cinema USA, ma anche le cose di casa nostra, dove i fenomeni divistici, anche i più clamorosi, pensiamo a Stefano Accorsi o Riccardo Scamarcio, si esauriscono ormai nello spazio di poche stagioni. Da un punto di vista commerciale i due attori citati hanno funzionato fin tanto che la loro immagine personale si è identificata con quella artistica. Nel momento in cui, anche per ragioni anagrafiche, sono stati costretti a “crescere”, e lo hanno fatto, soprattutto Scamarcio, anche artisticamente, abbandonando certi ruoli giovanilistici, il pubblico non li ha più seguiti. La determinazione di un film evento oggi nasce da altri elementi: il gigantismo, produttivo ed economico di certe imprese, come ad esempio Il signore degli anelli e Lo Hobbit; la ricchezza e la spettacolarità di effetti speciali e innovazioni tecnologiche, come in Avatar, film che tutti hanno visto ma di cui pochissimi sarebbero in grado di citare il nome del protagonista; la popolarità della matrice letteraria alle spalle del film, come nel caso di Harry Potter e del già citato Twilight. Il problema è che un mercato che vive solo di pochi film evento rischia di provocare la sparizione di tanto ottimo cinema medio e d’autore. Un mercato che vive solo di pochi film rischia di far sparire opere sperimentali e d’autore Cast & Crew a cura di Marco Spagnoli Il tempo di Miele Il produttore esecutivo Viola Prestieri: dalla Indigo all’esordio della Golino “HO FATTO TUTTA LA GAVETTA: da runner a segretaria di edizione, poi ispettore e direttore di produzione, organizzatrice e produttrice esecutiva. Mentre facevo il Centro Sperimentale nel 1994 già lavoravo e ho avuto la fortuna di incontrare prima Nicola Giuliano, con il quale sono cresciuta professionalmente, poi un regista come Paolo Sorrentino, con il quale ho collaborato per tutti i suoi film”. Colonna portante della Indigo Film, che produce Sorrentino e Molaioli, solo per citarne alcuni, Viola Prestieri adesso ha prodotto insieme a Valeria Golino e Riccardo Scamarcio il film di esordio come regista dell’attrice napoletana (Miele), fondando così la società di produzione Buena Onda. Qual è la qualità irrinunciabile di un produttore esecutivo? Chi, come me, ha un cattivo carattere, deve sforzarsi di stemperarlo un po’. Non bisogna essere accondiscendenti, ma saper essere dei bravi mediatori. E l’obiettivo principale di chi fa il suo mestiere? Fare un buon film con il budget a disposizione. Il lavoro di cui sono più soddisfatta è stato Il Divo: non avevamo la cifra giusta a disposizione per realizzare un film del genere, eppure ce l’abbiamo fatta. Un’enorme soddisfazione e per me una stelletta al merito. Perché, adesso, ha esordito anche alla produzione? Per l’amicizia con Valeria Golino e Riccardo Scamarcio e per la voglia di provare a fare delle belle cose che siano nostre. Un interesse nella libertà produttiva e nel poter scegliere lavori in cui crediamo, permettendoci di innamorarci di storie, progetti e del piacere di collaborare con alcuni registi. Viola Prestieri e Riccardo Scamarcio, anche lui tra i produttori di Miele gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 79 telecomando libri Hobbit-mania Brian Sibley Lo Hobbit. Un viaggio inaspettato. La guida ufficiale al film Bompiani Pagg. 168 € 17,90 Dal momento che mancano ancora due film, è troppo presto per fare paragoni definitivi fra Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit, ma l’avvento della seconda trilogia impone un nuovo volume che guidi i fan (e non solo) nel mondo nato dalla penna di J.R.R. Tolkien e filmato da Peter Jackson. Formula vincente non si cambia: stesso autore della prima guida cinematografica a Il Signore degli Anelli (nonché di Harry Potter. La magia del film), ampie interviste a tutti, spazio alle curiosità e un arcobaleno di immagini splendide. I bozzetti non sono molti, ma per gli appassionati di scenografia, costumi ed effetti speciali c’è l’apposito L’arte di un viaggio inaspettato (sempre Bompiani). Nella Terra di Mezzo Per non perdersi nei meandri della trilogia di Peter Jackson. 007 da collezione e altre letture ANGELA BOSETTO Bond capitale Paul Duncan The James Bond Archives Taschen Pagg. 600 € 150,00 Bondiani di tutto il mondo, quanto siete disposti a sborsare per amore di 007? Se per voi l’inglese non è un problema, mano al portafoglio perché il momento che sognavate è arrivato. Dopo due anni passati all’interno della EON Produc- 80 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo tions, vagliando milioni di foto, sfogliando centinaia di migliaia di pagine di materiale e intervistando oltre 150 persone, Paul Duncan ha assemblato il volume definitivo sulla carriera cinematografica del celebre agente segreto, un tomo da collezione che ne ripercorre l’intera filmografia, da Agente 007, licenza di uccidere a Skyfall. Brutte notizie, invece, per coloro che puntavano a una delle due Golden Edition del libro: nonostante il costo (750 euro) sono andate entrambe esaurite subito. ANGELA BOSETTO gennaio-febbraio 2013 Sguardi moderni Gian Paolo Caprettini Modernità all’italiana. Origini e forme dello spettatore globale Cartman Edizioni Pagg.131 € 16,00 Un testo che approfondisce i mutamenti che intercorrono tra media e cinema, ripercorrendo attraverso gli snodi e le questioni teoriche, caratterizzanti la storia del paese, alcuni tratti significativi della modernità. Nella prima parte del libro, l’autore si sofferma sull’analisi di “storie” – dallo sguardo della “piccola vedetta lombarda” narrato da De Amicis, dal corpo della donna-crisi dei primi anni Trenta alla “Contessa di Parma” di Alessandro Blasetti – incarnazione di quei simboli precursori di realtà contemporanee e indicatori di modelli e costanti. La seconda parte, invece, è un excursus teorico di considerazioni sull’uditore globale, nel quale si indagano le motivazioni che hanno reso l’utente-spettatore, artefice e divulgatore di immagini. SIMONA FALCONE te più sani di mente di chi si è costretto a dare una spiegazione. Partendo dai dirompenti e incompresi esordi artistici (Six Men Getting Sick – 1967) arrivando agli ultimi film cult (Inland Empire – 2006), si svolge il racconto di una vita di un uomo a cui piace descrivere lo sporco che sta sotto al tappeto, gli arabeschi della mente e la provincia del suo paese; scopriamo le difficoltà di essere un maestro dell’incubo che opera in un mondo che vuole dormire tranquillo. GABRIELE CARUNCHIO Parliamone L. Barnabé, A. Dall’Asta, A. Lavagnini, F. Monti (a cura di) Parlare di Cinema Edizioni San Paolo Pagg. 216 € 14,90 Capire Lynch Stefano Brenna A letto con David. Sogno e incubo nel cinema di Lynch Book Time Pagg. 199 € 16,00 L’autore è chiaro fin dalla prima riga: “Non capire David Lynch è una cosa normale”. Se quindi vi sentite parte dei tanti che rimangono stupiti – e instupiditi – davanti ai film del regista di Missoula non dovete allarmarvi: sie- Parole come “ascolto”, “confronto”, “dibattito” diventano, in questo volume, la chiave di lettura di un cinema visto come luogo di condivisione e comprensione reciproca, nella consapevolezza che etica ed estetica, nell’esperienza cinematografica, tendano a coincidere. Una raccolta di contributi – schede di approfondimento sulle pellicole più apprezzate delle ultime stagioni cinematografiche – basati sugli spunti elaborati dal pubblico dei sei cineclub del centro culturale San Fedele di Milano, in cui le diverse sezioni (dalle Note di regia ai Percorsi, da Pr eparar e lo sguardo a Spunti di lettura) diventano un valido strumento per gli operatori del settore e, più in generale, per chiunque desideri aprire un cineforum. ANITA CECCARELLI Tu chiamale, se vuoi, emozioni Dall’oggetto filmico alle reazioni dello spettatore: diverse prospettive di studio di Marta Morgante “Fin dalla sua nascita il cinema è riuscito a provocare reazioni affettive intense, coinvolgendo i suoi spettatori come nessun altro medium visivo e narrativo aveva fatto”. Questo il tema di Il cinema e le emozioni. Estetica, espressione, esperienza, curato da Giorgio De Vincenti ed Enrico Carocci. I saggi che compongono il volume, organizzati per sezioni – estetica, espressione ed esperienza appunto – , diversi per impostazioni, obiettivi e risultati, offrono al lettore una incredibile varietà di approcci per lo studio delle emozioni al cinema. Da interventi che indagano la natura del cinema e le funzioni delle emozioni all’interno di prospettive teoriche, si passa a una sezione concentrata su elementi specifici della composizione filmica, per arrivare ad Esperienza, che raccoglie i saggi focalizzati sul tema delle reazioni spettatoriali e le loro dinamiche. Da Münsterberg a Epstein, Benjamin ed Ejzenštejn, fino agli psicologi e agli intellettuali dell’Institut de Filmologie, per arrivare a studiosi più contemporanei, la riflessione verte sul tema della simulazione nell’esperienza dello spettatore, sull’empatia, e sul sentimentalismo. Con i temi e le questioni affrontate, il volume non pretende di esaurire le domande che l’orizzonte dell’emozione pone, ma il suo obiettivo è piuttosto quello di suggerire nuove prospettive di lavoro per gli studi sul cinema, la comunicazione e l’universo visuale. Giorgio De Vincenti, Enrico Carocci (a cura di) Il cinema e le emozioni. Estetica, espressione, esperienza Ed. FEdS – Collana Frames Pagg. 472 € 14,90 gennaio-febbraio 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 81 telecomando colonne sonore SPARTITO SCATENATO Il solito Tarantino, signore delle soundtrack. Se l’inedita Ancora qui di Elisa ed Ennio Morricone floppa, il resto (ri)suona alla grande: dal tema di Django di Luis Bacalov & Rocky Roberts, al tris di Morricone (The Braying Mule, Sister Sara’s Theme e Un Monumento), passando per Riz Ortolani (I giorni dell’ira). E come si potrebbe parlare di liberazione dalla schiavitù degli afroamericani senza rap? Ci pensano James Brown & 2Pac per Unchained, mentre John Legend canta Who Did That to You?. Suonala ancora Quentin! F.P. E’ ANCORA UN GRANDE GREENWOOD Al secondo lavoro per Paul Thomas Anderson dopo Il petroliere, Jonny Greenwood ostenta la maturità e la vena creativa del compositore per grande schermo più navigato. Il commento “classico” e la vena più sperimentale del chitarrista dei Radiohead raggiungono in The Master un equilibrio perfetto, trovando reciproca ragion d’essere nella loro coesistenza. Lo score non commenta in chiave estemporanea una vicenda contestualizzata nel passato (come spesso, e a tratti forzatamente, accadeva nel Petroliere), ma parte da una profonda, rigorosa base classica di piano, fiati e violini, sferzata via via da lampi di avanguardia in sezione ritmica (Able- Bodied Seamen) o da vertiginosi glissati di archi che sono veri e propri baratri di angoscia paranoica (Baton Sparks). La sintesi perfetta è l’utilizzo di grandi voci del passato (Ella Fitzgerald, Helen Forrest, Jo Stafford) e quella della giovane attrice Madisen Beaty in Don’t sit under the Apple Tree (With Anyone Else But Me). Voci di un passato puro e incontaminato, che emergono fantasmatiche da un sottofondo sempre più foriero di inquietudine. La sorprendente potenza evocativa della partitura a tratti rievoca il commento musicale di un film muto. Insindacabilmente, il complimento migliore che si possa fare a uno score dei nostri tempi. GIANLUIGI CECCARELLI 82 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2013 NON DIRE GATTO... Dopo Cosmonauta, Susanna Nicchiarelli riabbraccia i Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo per la veltroniana Scoperta dell’alba. E non si regola: “Se non ti piacciono i Gatto Ciliegia non capisci un ca**o di musica”, dice sullo schermo. Stonante con brio. F.P. MISERIA E NOBILTA’ Per i fan del musical di Boublil e Schönberg, la paura era sensibile: che fine faranno le 49 canzoni passando per l’ugola di Hugh Jackman, Russell Crowe e Anne Hathaway? Ebbene, Crowe fa di Stars e Javert’s Suicide delle chicche emozionali, e pazienza se non becca tutte le note, mentre il Valjean di Jackman rende onore alla celebre Bring Him Home, anche qui puntando sull’impatto emotivo. Ma il meglio deve ancora venire: l’inno alla sofferenza femminile di Anne Hathaway, I Dreamed a Dream, è puro incanto. F.P. www.deichmann.com