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DISCEPOLI E DISCEPOLE DI GESÙ CRISTO NEL NUOVO TESTAMENTO E NEI VANGELI APOCRIFI
2. Paolo, i Corinzi 15,3-5: “Infatti vi ho trasmesso all’inizio ciò che anch’io ho ricevuto: che Cristo
morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è stato risvegliato al terzo
giorno secondo le Scritture e che sì diede a vedere a Cefa e poi ai Dodici; in seguito si diede a
vedere a oltre cinquecento fratelli in una sola volta, dei quali i più restano in vita ancora oggi,
mentre certi si sono addormentati; in seguito si diede a vedere a Giacomo e poi a tutti gli apostoli”.
3. (a) Matteo 19,28: “siederete anche voi su dodici troni giudicando le dodici tribù d’Israele”; (b)
Luca 22,30: “siederete su dei troni giudicando le dodici tribù d’Israele”.
4. Mc 4,10-11: “e quando fu in disparte, coloro che erano intorno a lui, insieme con i Dodici, lo
interrogavano sulle parabole. E diceva loro: ‘A voi è stato dato il mistero del Regno di Dio, ma per
quelli di fuori tutto ha luogo in parabole”.
5. Apocalisse 21,14: “il muro della città ha dodici fondamenta, e su di esse (sono scritti) i nomi dei
dodici apostoli dell’Agnello”.
6. Giovanni 6,66-71: “molti dei suoi discepoli se ne tornarono indietro e non andavano più in giro
con lui. Disse dunque Gesù ai Dodici: ‘Volete forse andarvene anche voi?’ (... Pietro risponde di
no a nome di tutti ...) “rispose loro Gesù: ‘Non sono stato forse io a scegliere voi, i Dodici? Eppure
uno di voi è un diavolo’. Intendeva dire Giuda (figlio) di Simone Iscariota; questi infatti lo avrebbe
consegnato: uno dei Dodici”.
7. Salmi di Salomone 17,26: “E (il messia) riunirà un popolo santo che guiderà nella giustizia, e
giudicherà le tribù di un popolo santificato dal Signore suo Dio”.
8. Ascensione del profeta Isaia: in questo apocrifo, Isaia, salito in cielo, vede gli eventi della vita di
Gesù, tra i quali “il discepolato dei Dodici [così il greco; l’etiopico ha: la venuta dei suoi dodici
discepoli e l’istruzione]” (3,13); vede inoltre che, dopo la crocifissione, “i dodici che erano con lui
sarebbero stati scandalizzati da lui” (3,14).
Dopo la resurrezione, descritta come elevazione del Cristo dal sepolcro, seduto sulle spalle di due
angeli, questi “invierà i suoi [l’etiopico aggiunge: dodici] discepoli, e renderanno discepoli
[etiopico: istruiranno] tutti i popoli e ogni lingua circa la resurrezione del Diletto” (3,17-18).
Poi, dopo un periodo di fioritura della chiesa, avverrà che, all’avvicinarsi del ritorno di Cristo, “i
suoi discepoli abbandoneranno la profezia [così il greco; l’etiopico ha: l’insegnamento] dei dodici
apostoli, e la fede e il loro amore e la loro purezza” (3,21).
Poco oltre, si afferma che Nerone “perseguiterà la pianta che pianteranno i dodici apostoli del
Diletto, e (uno) dei dodici sarà consegnato nelle sue mani” (4,3). Infine, verso la fine del libro, in
un’altra descrizione della resurrezione e ascensione di Cristo, dovuta con ogni probabilità a un altro
autore, si legge: “e vidi quando inviò i dodici discepoli e ascese” (11,22).
9. Predicazione di Pietro: “Così dunque, nella Predicazione di Pietro il Signore dice ai discepoli
dopo la Resurrezione: ‘Ho scelto voi dodici, avendovi giudicato discepoli degni di me’ — quelli che
il Signore ha voluto — ‘e avendo considerato che siete apostoli fedeli, per inviarvi nel mondo ad
annunziare il vangelo agli uomini che sono su tutta la terra, perché sappiano che c’è un solo Dio,
per mezzo della fede in me’ il Cristo ‘mostrando loro l’avvenire, affinché coloro che avranno
ascoltato e creduto siano salvati, e quelli che non avranno creduto rendano testimonianza di avere
udito, non avendo la scusa di dire: Non abbiamo udito” (in Clemente di Alessandria, Stromati
6,6,48,1-2).
10. Lettera di Barnaba 5,9: “quando si scelse i propri apostoli, quelli che avrebbero predicato il
suo vangelo, persone che erano inique al di sopra di ogni peccato, per mostrare che non era venuto
a chiamare i giusti, ma i peccatori, allora manifestò di essere figlio di Dio”.
11. Erma, Il Pastore, similitudine 9,17,1: “Queste dodici montagne sono le dodici tribù che abitano
tutto il mondo. A queste il Figlio di Dio è stato annunziato per mezzo degli apostoli”.
12. Vangelo di Pietro: “E noi, i dodici discepoli del Signore, piangevamo e ci affliggevamo, e
ciascuno, affliggendosi a causa dell’accaduto, se ne andò a casa sua. E io, Simon Pietro, e Andrea
mio fratello, prese le nostre reti, ce ne andammo verso il mare; ed era con noi Levi di Alfeo, che il
Signore [...“ (qui termina il frammento). (59-60)
E LE N C O
D E I N OM I D E I
D OD I C I
N E L LE
T E S T I M ON I A N Z E S I N OT T I C H E
NOTE
- Ai fratelli Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, Gesù diede il nome di “Boanèrghes, cioè figli dei tuono” (Mc.
3,14).
- Forse “Taddeo” (Mt e Mc), o “Lebbeo” in alcuni manoscritti, è lo stesso di “Giuda di Giacomo” (Lc. e At.); secondo
altri si tratterebbe di una variazione di nome o addirittura di un cambiamento di persona tra gli apostoli.
- Luca e Atti chiamano Simone “Zelota” anziché “Cananeo” come scrivono Mt e Mc, ma è la stessa cosa: Zelota è
infatti una traduzione greca dell’aramaico “Qan’ana”.
- “Iscariota”, applicato a Giuda significa probabilmente “l’uomo di Keriot” (cfr. Gs 15,25), l’ipotesi sarebbe suffragata
dal fatto che in Gv. 6,71 e 13,2.26 si applica il soprannome al padre di Giuda, oppure potrebbe derivare dall’aramaico
sheqarja, “il mentitore, l’ipocrita”, ma sarebbe applicazione a posteriori; ancora c’è chi fa derivare dal latino “sicario”,
nome con cui i romani probabilmente si riferivano ad un gruppo di fanatici rivoluzionari che uccidevano i nemici con
il pugnale (sica) .
- “Giacomo” è un nome comune a 2 discepoli:
1. Giacomo “il maggiore”, figlio di Zebedeo e di Salome, fratello di Giovanni, apostolo forse fatto decapitare da
Agrippa nel 44, il suo corpo sarebbe stato trasferito a Compostela;
2. Giacomo “il minore” (Mc 15,40), figlio di Alfeo, apostolo, di cui si sa solo il nome;
3. Giacomo, figlio di Maria e “fratello” del Signore (come Giuseppe, Simone e Giuda, cf. Mc. 6,3 e Mt. 13,55),
fu discepolo di Gesù, ma non apostolo (Gal. 1,19 sembra dire il contrario) anche se fu tra quelli che videro il
risorto (I Co. 15,7); legato alle tradizioni giudaiche, fu una personalità di spicco nella comunità, nominato
primo vescovo di Gerusalemme (Eusebio, Storia Ecclesiastica, Rusconi, Milano 1979, 2, I, 2), e conosciuto
anche al di fuori dell’ambiente cristiano tanto che viene nominato anche da Giuseppe Flavio in Antichità
Giudaiche. Morì martire della fede presumibilmente nel 62 d.c. Alcuni lo identificano con Giacomo il minore,
ma la maggioranza li distingue e attribuisce a questo “fratello” del Signore, o a un suo discepolo, la lettera di
Giacomo del NT.
4. Giacomo, padre o forse fratello di Giuda di cui non sappiamo nient’altro.
- Il vangelo di Giovanni, che non dà una lista dei dodici, menziona solo Simon Pietro, Andrea, Filippo, Tommaso, i
due Giuda e Natanaele (1,35) che dal Medio Evo in poi venne identificato con Bartolomeo (sarebbe stato il suo
secondo nome).
- Mattia fu associato agli undici apostoli, prendendo il posto che Giuda Iscariota aveva abbandonato (At 1,24-26).
- La parola “apostolo” viene applicata nel NT anche ad altre persone oltre ai “dodici”: Paolo di Tarso si considera tale
(Gal. 1,1); Gesù è l’apostolo” o inviato di Dio (Ebr. 3,1); “apostoli” sono chiamati Barnaba (At. 14,14) e Andronìco e
una donna, Giunia (Rm. 16,7).
TERMINOLOGIA
APOSTOLO
Traslitterazione di un termine greco che significa “inviato’. Un apostolo è un messaggero o inviato
personale, incaricato di trasmettere il messaggio o altrimenti compiere le istruzioni dell’agente
commissionario.
Nei Vangeli del Nuovo Testamento il termine è comunemente associato con il particolare circolo
ristretto dei discepoli di Gesù, da lui scelti e incaricati di accompagnarlo durante il suo ministero, di
ricevere i suoi insegnamenti e osservare le sue azioni, e di seguire le sue istruzioni. Così essi soli sono
qualificati sia ad autenticare il suo messaggio sia a continuare il suo lavoro attraverso il ministero della
Chiesa.
Le liste apostoliche appaiono in Mt 10,2-4; Mc 3,16-19; Lc 6,13-16 e At 1,13. Ciascuna delle liste
contiene dodici nomi, ma non sempre gli stessi dodici. Il numero dodici probabilmente si riferisce agli
eletti di Dio, le dodici tribù d’Israele che si stanziarono in Canaan dopo l’Esodo. Se è così, allora il
dodici è un numero simbolico che significa l’attività salvifica di Dio in Gesù e nei suoi seguaci.
L’esatta natura dell’apostolato” nella Chiesa delle origini è oscura. In At 1,21-26, la qualifica di Mattia,
scelto come apostolo dopo la morte di Giuda, è quella di essere un testimone oculare: egli era presente
con Gesù dal tempo di Giovanni il Battista fino alla morte e resurrezione di Gesù. ‘Pietro e gli apostoli’,
stabiliti a Gerusalemme, sono i capi riconosciuti e la forza guida nello sviluppo della Chiesa secondo i
primi capitoli degli Atti.
Anche Paolo l’apostolo è un testimone oculare (1 Cor. 9,1), ma probabilmente solo del Gesù risorto,
non di quello terreno (vd. 1 Cor. 15,8). Un’ulteriore prova della sua condizione di apostolo derivò dalla
natura del ruolo che egli ebbe nella missione ed espansione della Chiesa tra i Gentili (At 9,15-16; 15,135; Gal 2,1-10). Sebbene gli Atti siano esitanti nel riferirsi a Paolo come a un apostolo (ma vd. 14,14),
egli stesso, nelle sue lettere, insiste sul titolo (specialmente in Gal. 1,1; cfr. vv. 11-12).
La designazione di Barnaba (At 14,14) e di Andronìco e Giunia (Rm. 16,7) come apostoli è più difficile
da spiegare se non in termini etimologici più generici. Già nel II secolo il termine non identificava più
un incarico nella Chiesa.
In Eb. 3,1 Gesù è l’“apostolo’, l’inviato di Dio.
DISCEPOLO
Apprendista o allievo la cui obbedienza è rivolta all’insegnamento e agli obblighi di un maestro o di un
movimento. In stretto parallelismo rispetto al costume rabbinico, la maggior parte dei riferimenti del NT
a “discepoli” designa i “seguaci” di Gesù, spesso un ampio gruppo che include sia i suoi compagni più
vicini (i Dodici) sia un più ampio numero di persone che lo seguiva con risposta mutevole (Lc 6,17).
(Voci da: il Dizionario della Bibbia, a cura di P.J. Achtemeier e della “Society of Biblical Literature”,
ed. it. a cura di P. Capelli, Zanichelli, Bologna 2003).
APOSTOLO
Il termine greco “apostolos”…significa uno che è mandato, un messaggero specialmente autorizzato ad
agire…secondo l’ordine ricevuto…
Nel senso generale di “messo” ritroviamo il termine anche nel N. T. in Giov. 13:16, in Il Cor. 8:23 e in
Fil. 2:25.
Nei Vangeli di Matteo, Marco e Luca (in Giovanni si trova soltanto ai cap. 13:16 col senso
generale di “messo”), il termine è riferito ai “dodici,” che Gesù costituì per “tenerli con sé e per
mandarli a predicare” (Mc. 3:14). Il termine è usato in Mc. 6:30 e in Mt. 10:2. Soltanto Luca attribuisce
a Gesù stesso la designazione dei dodici discepoli col nome di apostoli (Lc. 6:13). In altri quattro passi
ove Luca si serve del termine “apostoli,” si tratta dei “dodici.”
Negli Atti. In 24 delle 26 volte che torna il termine “apostoli,” sono indicati o gli “undici” (prima
della nomina di Mattia) o i “Dodici.” Ma in At. 14:4 e 14, Paolo e Barnaba sono chiamati “apostoli,”
sebbene in 9:27 essi fossero stati implicitamente distinti dagli “apostoli.”
Nell’epistolario paolino. Nelle epistole di Paolo il termine di apostolo è preso in due sensi
differenti. Paolo parla degli “apostoli delle Chiese,” dando al termine il significato generale di incaricati
di una missione (11 Cor. 8:23; Fu. 2:25; cfr. Il Cor. 11:5 e 13; 12:11), ma più sovente parla di “apostoli
di Cristo” (11 Cor. 11:13; I Tess. 2:6). Questa espressione è usata inoltre nell’intestazione di varie
epistole. Questi sono gli apostoli nel senso specifico della parola, quelli che occupano il primo posto
nella scala dei ministeri (I Cor. 12:8; Ef. 4:11).
Il titolo di “apostolo” non è più limitato ai “dodici” (cfr. specialmente I Cor. 15:5 e 7: “... poi ai dodici..,
poi a Giacomo, poi a tutti gli Apostoli”). E poiché qui Paolo si riferisce ad una tradizione ricevuta (3),
ciò mostra che l’abitudine di chiamare “apostoli” anche altri, oltre ai dodici, era corrente nella Chiesa
primitiva. E certo che Giacomo — il fratello del Signore — è considerato quale “apostolo” (Gal. 1:19);
così pure sono considerati apostoli Andronico e Giunia (Rom, 16:7).
Il fatto di parlare di “falsi apostoli” (II Cor. 11:13) starebbe pure ad indicare che il numero degli apostoli
era vasto. In recenti opere di esegeti e teologi si cerca di limitare al massimo questa estensione
dell’apostolato. D’altra parte va notato che se il cerchio degli apostoli fosse stato limitato veramente ai
“dodici” — almeno al momento della conversione di Paolo, — questi non avrebbe potuto avere l’idea di
chiamarsi “apostolo”…
Non è perfettamente chiaro che cosa distinguesse gli apostoli dagli altri predicatori dell’Evangelo;
Silvano e Timoteo erano anch’essi a Corinto a predicare Cristo, quando Paolo vi fondò la Chiesa (II Co.
1:19), ma né l’uno, né l’altro è mai chiamato “apostolo” (v. specialmente II Co. 1:1; Fil. 1:1; Rom.
16:21).
Dopo Paolo, la Chiesa, subito, cominciò a limitare il titolo di “apostolo” ai “Dodici.” Ad esempio
oltre che negli Atti, in Ap. 21:14 (i “dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello”) sono menzionati
come se non ci fossero stati altri apostoli. Si è venuta cosi precisando sempre più l’idea che l’apostolato
è un fatto unico nella storia della Chiesa, come la risurrezione di Cristo di cui gli apostoli rendono
testimonianza, e come l’incarnazione di cui la risurrezione è il compimento. E per questo — si dice —
che non vediamo sorgere altri apostoli nel momento in cui gli apostoli di Cristo scompaiono dalla storia.
Il caso di Mattia è unico, quello di Paolo è diverso.
L’apostolato, secondo quest’ordine di idee, è per definizione una istituzione legata alle origini della
Chiesa. L’apostolo-testimone (della risurrezione) non ha successori. Sussisteranno nel tempo
determinati ministeri come quelli di un Timoteo o di un Tito.
Tutto questo rientra in un problema ancora più vasto: nel N. T. vi sono due concezioni
dell’apostolato.
Il più antico che si riflette nelle epistole di Paolo è quello dell’apostolato-carisma; si fonda unicamente
su di una chiamata ed un dono di Dio e del Cristo, chiamata e dono che non sono subordinati ad alcuna
condizione esterna, né nel tempo, né quanto al numero. Vi possono essere in ogni momento tanti
apostoli, quanti piace a Dio di chiamarne.
Nei documenti invece della seconda generazione, specialmente negli Evangeli sinottici e negli Atti, vi è
una diversa concezione dell’apostolato, ed è quella che ha finito per prevalere e che viene caratterizzata
col termine apostolato-istituzione. Secondo questa concezione l’apostolato è strettamente legato alla
prima generazione, poiché per essere apostolo, bisogna essere stato testimone diretto del ministero
terrestre di Gesù, dal battesimo di Giovanni fino all’Ascensione (At. 1:21-22), ed essere stato
direttamente chiamato dal Cristo. Nel N. T. c’è la coesistenza di queste due forme di apostolato…
(Voce da: Dizionario Biblico, a cura di G. Miegge, Claudiana, Torino 1992)
BIBLIOGRAFIA
M. Adinolfi, L’apostolato dei Dodici nella vita di Gesù, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo
1985
H. Conzelmann, Le origini del cristianesimo, i risultati della critica, Claudiana, 1976
E. De Boer, Maria Maddalena. Oltre il mito, Claudiana, 2000
A. Di Grado, Giuda l’oscuro. Letteratura e tradimento, Claudiana, 2007
G. Miegge (a cura di), Dizionario Biblico, Claudiana, Torino 1992
E. Nofke, Il Vangelo di Giuda. La verità storica tra scoop e pregiudizi, Claudiana 2006
E. Pagels, I Vangeli Gnostici, Arnoldo Mondadori, 1981
R. Penna, Le prime comunità cristiane. Persone, tempi, luoghi, forme, credenze, Carocci
editore, 2011
P. Capelli (ed. it. a cura di), Il Dizionario della Bibbia, Zanichelli, Bologna 2003
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