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I nuovi cattivi

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I nuovi cattivi
Anno 7 numero 53.
Ottobre 2007.
€ 3,50
valori
Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
FRANCESCO COCCO / CONTRASTO
Fotoreportage > Cambogia
Dossier > La classifica delle cinquanta aziende irrresponsabili del pianeta
I nuovi cattivi
Finmeccanica > Arriva il manager licenziato per le tangenti sulle armi
Finanza > CalPERS, il fondo pensione che fa paura a Schwarzenegger
Nucleare > I grandi riarmano: altro che la Corea del Nord
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.
| editoriale |
Oltre le mode
contro i nuovi cattivi
di Andrea Di Stefano
BDL
SGR
V
IOLANO I DIRITTI DELL’UOMO. Spesso, troppo spesso, anche quelli dei bambini e delle donne.
Inquinano, pagano salari da fame (meno di 33 centesimi di dollaro l’ora), applicano
sanzioni corporali. Oppure tolgono dal mercato farmaci salvavita per chi è affetto
dall’Aids. Sono le decine di aziende alle quali la redazione di Valori ha deciso di affibbiare
il titolo di “nuovi cattivi”. Non perché i vecchi, cioè tanto per capirsi le più conosciute
Nike, Coca Cola, McDonald’s, Nestlé e annesse, siano diventate un paradiso della
correttezza, trasparenza e responsabilità sociale. Ma perché le campagne degli ultimi anni
hanno costretto le corporation più esposte al rischio di perdere reputazione a cambiare.
In molti casi si è trattato di operazioni d’immagine, di tentativi più o meno maldestri
di ripulirsi. Campioni in questo senso lo sono sicuramente le grandi compagnie
petrolifere che con incredibili operazioni di green washing si sono trasformate
in paladine del risparmio energetico e delle risorse rinnovabili: c’è persino chi è arrivato
a cambiarsi nome come la britannica BP che da British Petroleum oggi si firma Beyond
petroleum. Ma nel panorama mondiale dei grandi marchi comunque qualcosa
è cambiato. E in meglio. Oggi sappiamo quante aziende lavorano per la Nike, in quali
paesi e con quali condizioni. In molti casi sono stati rescissi contratti con chi violava
in modo più scoperto i minimi diritti umani. In altri il lavoro minorile è stato vietato,
almeno sino ai sedici anni. Per continuare una battaglia senza confine per il rispetto
della dignità umana, dei diritti sindacali, della giustizia sociale, dell’educazione
e della salute bisogna informarsi sempre di più, analizzare e capire chi fa che cosa
e perché. Quali sono i punti deboli sui quali è possibile impostare una campagna
di informazione e delle iniziative di boicottaggio.
In questo numero di Valori trovate la lista di cinquanta aziende “cattive”. Sul nostro
sito pubblicheremo a breve un piccolo profilo per ognuna e speriamo di riuscire
a continuare la nostra battaglia che è principalmente la nostra missione editoriale:
fare informazione, diffondere notizie, favorire il dibattito e il confronto, approfondire
il più possibile le problematiche, far emergere le contraddizioni. Perché a volte è troppo
semplice dire “chiudete quella fabbrica”: bisogna sapere quali sono le condizioni
di quell’area, cosa pensano e domandano i cittadini, cioè le donne, i bambini
e gli uomini che lì abitano oltreché lavorano.
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ANNO 7 N.53
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OTTOBRE 2007
| valori | 3 |
| sommario |
valori
www.valori.it
anno 7 numero 53
Registro Stampa del Tribunale di Milano
n. 304 del 15.04.2005
editore
Società Cooperativa Editoriale Etica
Via Copernico, 1 - 20125 Milano
promossa da Banca Etica
soci
Fondazione Culturale Responsabilità Etica,
Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti,
Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor,
Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Publistampa,
Federazione Trentina delle Cooperative,
Rodrigo Vergara, Circom soc. coop.
consiglio di amministrazione
Ugo Biggeri, Stefano Biondi, Pino Di Francesco
Fabio Silva ([email protected]), Sergio Slavazza
direzione generale
Giancarlo Roncaglioni ([email protected])
collegio dei sindaci
Giuseppe Chiacchio (presidente),
Danilo Guberti, Mario Caizzone
direttore editoriale
Ugo Biggeri ([email protected])
direttore responsabile
VENETO
BANCA
Andrea Di Stefano ([email protected])
redazione ([email protected])
Via Copernico, 1 - 20125 Milano
Cristina Artoni, Paola Baiocchi, Ilaria Bartolozzi,
Francesco Carcano, Paola Fiorio, Michele Mancino,
Sarah Pozzoli, Francesca Paola Rampinelli,
Elisabetta Tramonto
progetto grafico e impaginazione
Francesco Camagna ([email protected])
Simona Corvaia ([email protected])
Danilo Bellavia (impaginazione)
Vincenzo Progida (impaginazione)
Adriana Collura (infografica Numeri di Valori)
fotografie
Francesco Cocco, Stuart Franklin, Wayne Miller,
Alessandro Tosatto, Paolo Tre, Riccardo Venturi
(Contrasto/A3/Magnum Photos)
stampa
Publistampa Arti grafiche
Via Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento)
FRANCESCO COCCO / CONTRASTO
ottobre 2007
mensile
“Stung meanchey”, la discarica
di Phnom Penh, chiamata
anche la “montagna fumante”.
Cambogia, 1999
bandabassotti
7
fotoreportage. Cambogia
8
dossier. Nuovi cattivi
Nuovi e vecchi cattivi la lista deve essere aggiornata
Una nuova vita per le scarpe più cool
I nuovi cattivi secondo Valori
Disposti a tutto per una buona reputazione
La fabbrica Ethica della Regione Toscana
16
18
20
24
28
33
lavanderia
35
finanzaetica
CalPERS il fondo che batte Terminator
La ricetta di Chris per la pensione degli insegnanti
Le banche a Roma non danno credito alle periferie
36
38
40
42
bruttiecattivi
43
economiasolidale
Con la liberalizzazione l’energia diventa rinnovabile
Pallante rilancia: molta autoproduzione all’orizzonte
Zamagni presenta le giornate di Bertinoro
44
46
46
49
macroscopio
53
Adescoop ˜ Agenzia dell’Economia Sociale s.c.
Via Boscovich, 12 - 35136 Padova
internazionale
abbonamento annuale ˜ 10 numeri
Frontex. L’immigrazione secondo Bruxelles
La Corea del Nord nasconde il riarmo nucleare
54
56
62
utopieconcrete
65
gens
66
altrevoci
68
globalvision
74
numeridivalori
75
paniere
80
padridell’economia
82
abbonamenti, sviluppo e comunicazione
Euro 30,00 ˜ scuole, enti non profit, privati
Euro 40,00 ˜ enti pubblici, aziende
Euro 60,00 ˜ sostenitore
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Euro 55,00 ˜ scuole, enti non profit, privati
Euro 75,00 ˜ enti pubblici, aziende
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Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche
eseguite, non è stato possibile rintracciare
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disponibile ad adempiere ai propri doveri.
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di cloro, ottenuta da cellulosa proveniente
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I
LETTERE E CONTRIBUTI
RELAZIONI ISTITUZIONALI
E AMMINISTRAZIONE
INFO VALORI
ABBONAMENTI, PUBBLICITÀ,
SVILUPPO E COMUNICAZIONE
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e-mail [email protected] ˜ [email protected] ˜ [email protected]
orario Lun-Ven dalle 9.00 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 18.00
| bandabassotti |
Consob
Il controllore
esiste ancora
di Andrea Di Stefano
IQUIDARE LA CONTROLLANTE PER SALVARE LA CONTROLLATA, che altri non sarebbe che la Richard
Ginori, una delle prime industrie della storia italiana e uno dei marchi italiani più vecchi
e conosciuti al mondo. Ma intanto perché non liquidiamo la Consob, nel clamoroso caso
della trevigiana Pagnossin, società quotata e sospesa dal listino dal 6 dicembre 2006
(ripetiamo 6 DICEMBRE 2006) perché completamente paralizzata dalle non scelte del suo
azionista di riferimento, Carlo Rinaldini, il nostro sistema regolatorio ha superato il ridicolo.
Possiamo dire che è scaduto nel grottesco anche perché sembra impossibile potersi appellare
ad una qualche procura che possa accendere un faro sulla nebbia Pagnossin.
La Banca Antonveneta, che fa parte del gruppo olandese Abn Ambro, vanta un credito
di oltre 25 milioni da Pagnossin. Con la messa in liquidazione della società trevigiana,
che è la controllante di Richard Ginori, e con la cessione dei diritti da Rinaldini e Villa
per il controllo di Ginori, Banca Antonveneta rischia di vedere sfumata la possibilità
di recuperare il prestito a Pagnossin. Per questo ha deciso di presentare istanza al tribunale
di Padova per impugnare l’accordo fra Rinaldini e Villa che a luglio si sono accordati
per cedere i diritti ad eseguire l’aumento di capitale di Ginori, sottraendola dall’orbita
asfissiante di Pagnossin. Il ricorso è ex articolo
L’incredibile caso Pagnossin700, di urgenza. La notifica è indirizzata
Richard Ginori continua da quasi
Holding, la cassaforte finanziaria
due anni con centinaia di lavoratori adiRetma
Carlo Rinaldini, che era titolare dei diritti
sul lastrico e il rischio di cancellare sull’aumento di capitale e a Starfin candidata
uno dei marchi industriali italiani
a diventare azionista di maggioranza di Ginori.
più famosi al mondo
Dà notizia dell’azione di Antonveneta
l’ex presidente di Richard Ginori, Luca Fabrizio Sarreri, che da quando ha lasciato
la presidenza di Ginori, a luglio, ha continuato a muoversi da battitore libero per rientrare:
«Come Immobili Commerciali spa – dichiara - abbiamo presentato un’offerta ad Antonveneta
per garantire il concordato e offrire 19 milioni di euro, a condizione che dentro Pagnossin
sia presente il 57% di Richard Ginori».
La notizia dell’iniziativa di Antonveneta arriva dopo l’annuncio da parte di Borsa Italiana
che dal 24 settembre sono state ritirate dal listino le azioni ordinarie di Pagnossin.
Lo scenario che si apre per Ginori è complesso. Se Antonveneta si sente defraudata
dall’accordo Rinaldini-Starfin, cosa dire degli investitori che hanno acquistato azioni
Pagnossin e che si ritrovano con carta straccia? E quali riflessi l’iniziativa di Antonveneta
potrà avere sulla Consob, chiamata ad esprimere un parere su quel prospetto di aumento
di capitale che Antonveneta denuncia e che da luglio attende una risposta? Potrebbe
Antonveneta chiamare in causa responsabilità della stessa Consob nel caso in cui
l’approvazione dell’accordo Rinaldini-Starfin portasse Pagnossin ad essere nient’altro
che una scatola vuota? Interrogativi che gettano ombre inquietanti su una vicenda
della quale rischiano di far le spese centinaia di famiglie di lavoratori a Treviso e Firenze.
L
BERTINORO
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OTTOBRE 2007
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FRANCESCO COCCO / CONTRASTO
| fotoreportage |
> Cambogia
foto di Francesco Cocco / Contrasto
Un Paese che tenta faticosamente di uscire dalla povertà in cui l’ha lasciato la passata
e feroce dittatura dei Khmer rossi. Un Paese giovane, con una mortalità infantile
che sfiora il 75 per cento. Un Paese da sempre strategico per la sua posizione geografica.
Un Paese composto per l’80% da buddisti e riso. Benvenuti in Cambogia.
P
| 8 | valori |
ol Pot. Quando si pensa alla Cambogia, viene subito in mente questo nome.
Gli appassionati del grande schermo pensano anche al film “Urla nel silenzio” (del regista
inglese Roland Joffé). A quel nome, che sembra la marca di una gomma da masticare,
risponde uno tra i più feroci dittatori di tutta la storia dell’Asia. Quel nome oggi è un brutto
ricordo che a sua volta ha lasciato ai cambogiani una pesante eredità di miseria.
La dittatura in Cambogia durò dal 1975 al 1979. Pol Pot non era uno qualsiasi,
aveva studiato i meccanismi del sistema, partendo dal simbolo della grandeur
intellettuale del Vecchio Continente: la Sorbona di Parigi. Uno abituato a non guardare
in faccia a nessuno, come dimostrano gli omicidi compiuti dai khmer rossi che hanno
trucidato 1 milione e 700 mila persone.
I khmer distrussero fin da subito i legami famigliari e amicali. È così i bambini
diventarono delatori dei genitori, i fratelli più piccoli dei fratelli più grandi, i padri
dei nonni. La Cambogia si trovava di fronte a una nuova società e a un nuovo tempo
che il dittatore definì “anno zero”. La capitale Phnom Penh venne svuotata, due milioni
di persone furono costrette ad andare a lavorare nei campi di lavoro. Pol Pot vi deportò,
dove poi morirono, anche suoi due fratelli.
Il nemico erano gli intellettuali e i filoccidentali. Venne, così, azzerata un’intera
classe dirigente, con l’obiettivo di azzerare l’influsso di quella civiltà. Era sufficiente
portare un paio di occhiali per finire giustiziati a colpi di bastone (si risparmiavano
le palllottole). Bastava avere un’automobile parcheggiata sotto casa ed era la fine.
Fu un genocidio e il patrimonio umano di due generazioni è andato perduto per sempre.
A liberare la Cambogia dalla ditattura di Pol Pot sono stati Americani e Nord
Vietnamiti. Pol Pot è morto nel suo letto nel 1998. A settembre di quest’anno
le manette sono arrivate anche ai polsi di Nuon Chea, 82 anni, il più alto responsabile
ed ex numero due del regime cambogiano dei khmer rossi, arrestato per ordine
del tribunale del genocidio patrocinato dall’Onu, incaricato di giudicare in Cambogia
i crimini più gravi commessi negli anni della dittatura. L’uomo è stato prelevato
dalla polizia nella sua casa e subito dopo trasferito in elicottero nella capitale Phnom
Penh, dove il portavoce del tribunale ha annunciato che Nuon Chea, il cui vero nome
è Long Bunruot, è stato formalmente accusato di crimini contro l’umanità. Il “Fratello
numero due” aiutò Pol Pot a prendere il controllo del movimento comunista della
Cambogia negli anni ’50-60 ed è considerato l’ideologo del movimento. Oggi il Paese
è retto da una monarchia costituzionale, si produce riso e si pratica una pesca
nelle acque interne per sopravvivere. L’unica risorsa mineraria è il sale, mentre
l’analfabetismo è su livelli preoccupanti, sfiorando il 30 per cento della popolazione.
ANNO 7 N.53
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OTTOBRE 2007
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L’AUTORE
Francesco Cocco
è nato a Recanati nel 1960,
ma vive e lavora a Carpi. Ha iniziato
l’attività di fotografo nel 1989.
Le immagini di Cocco raccontano
il disagio di persone che vivono
e sopravvivono ai margini della società.
Le sue foto sono state pubblicate
su riviste nazionali e internazionali,
nonché esposte in mostre collettive.
La sua passione per la fotografia
e lo spiccato interesse per l’uomo
nel suo ambiente lo hanno spinto
a compiere numerosi viaggi in molti
luoghi del mondo, soprattutto
nei paesi asiatici. In Bangladesh
ha fotografato le condizioni di vita
dei bambini di strada e il lavoro
minorile, mentre in Vietnam, subito
dopo la riapertura delle frontiere,
ha realizzato un reportage
le cui immagini sono state
esposte nell’ambito della mostra
“Vietnam Oggi” (Modena, 1993).
Successivamente, in collaborazione
con l’associazione Emergency,
ha documentato il dramma
delle vittime delle mine antiuomo
in Cambogia, dove, con il supporto
dell’ong “New Humanity”, ha anche
affrontato il tema della prostituzione
minorile. In Brasile ha fotografato
i non vedenti dell’Istituto “Benjamin
Constant” di Rio de Janeiro
e lo sfruttamento dei bambini lavoratori
sull’isola di Marajoa in Amazzonia.
Nel 1999 una selezione
di sue foto sul tema dell’infanzia
traumatizzata dalle guerre è stata
esposta a Carpi nella mostra
“Ci sono bambini a zig-zag”.
Phnom Penh.
Colazione
per i bambini
che lavorano
alla discarica.
In Cambogia
si contano
più di 22.000
ragazzi di strada.
Cambgia, 1999
> Cambogia
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ANNO 7 N.53
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OTTOBRE 2007
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FRANCESCO COCCO / CONTRASTO
| fotoreportage |
A sinistra, la strada dei bordelli di Phnom
Penh. Da sopra, l’Afesip, centro di recupero
per giovani prostitute; i bambini che lavorano
alla discarica mentre sono a scuola;
l’ospedale militare della capitale.
Cambogia, 1999
> Cambogia
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ANNO 7 N.53
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OTTOBRE 2007
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ANNO 7 N.53
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OTTOBRE 2007
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FRANCESCO COCCO / CONTRASTO
| fotoreportage |
“Stung meanchey”,
la discarica di Phnom Penh
chiamata anche
la “montagna fumante”.
Cambogia, 1999
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ANNO 7 N.53
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OTTOBRE 2007
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ANNO 7 N.53
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FRANCESCO COCCO / CONTRASTO
| fotoreportage |
A destra, bambini si tuffano nel Tonle Sap.
Sopra, dall’alto in basso, Il festival dell’acqua
che si tiene sullo stesso lago; una doccia
arrangiata con delle pentole al “Pour Sourire
d’enfantes”, il centro fondato dalla suora laica
francese Anne Marie per assistere i bambini
che lavorano alla discarica; un bambino
vittima di una mina antiuomo gioca
a pallavolo alla “Lavala school”.
Cambogia, 1999
> Cambogia
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dossier
ROBERTO CACCURI / CONTRASTO
a cura di Baiocchi, Barolini, Isonio, Meggiolaro, Nardi e Tramonto
La lista deve essere aggiornata >18
Una nuova vita per le scarpe più cool >20
I nuovi cattivi secondo Valori >24-27
Disposti a tutto per una buona reputazione >28
La classifica integrale di Reptrak >31
La fabbrica Ethica della Regione Toscana >33
L’ingresso della scuola nella zona
di “Stung meanchey”, la discarica
della città. Una bambina guarda
dalla finestra. Molti dei bambini
che frequentano la scuola lavorano
anche alla discarica.
Cambogia, 1999
Nuovi cattivi
Oltre i grandi
marchi
la nostra lista nera
Le campagne delle Ong, i boicottaggi, la richiesta di trasparenza e diritti
hanno lasciato il segno solo su chi teme di perdere reputazione
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OTTOBRE 2007
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| dossier | nuovi cattivi |
| dossier | nuovi cattivi |
di Elisabetta Tramonto
A
AA cercasi un po’ di senso critico per stilare un nuovo elenco dei buoni e dei cat-
tivi nel mondo dell’industria e della finanza. Mc Donald’s, Nike, Adidas, Nestlé,
Coca Cola. La top ten delle multinazionali da boicottare è sempre la stessa da almeno dieci anni. I siti internet di organizzazioni contestatrici riportano spesso informazioni vecchie, dati imprecisi e non aggiornati per motivare le campagne no logo. E se nel frattempo fosse cambiato qualcosa? Andando a cercare informazioni più recenti potremmo
scoprire, magari, che quelli che abbiamo sempre considerato i grandi cattivi dell’economia globalizzata hanno anche fatto qualcosa di buono. Oppure potremmo trovare ulteriori conferme, aggiungendo alla nostra lista nuovi e ancor più gravi danni provocati dai
giganti della marca. O magari potremmo accorgerci che oggi c’è chi
si comporta anche peggio di Nike o Coca Cola. Aziende che non sono nel mirino delle campagne di protesta o che, peggio ancora, sono sempre state considerate impeccabili e possono, quindi, agire indisturbate. È il caso di Volkswagen (vedi SCHEDA a pag. 23), da
sempre vista come un modello di responsabilità sociale d’impresa,
per le ottime relazioni con le parti sociali, le condizioni di lavoro
invidiabili, l’impegno a tutela dell’ambiente. Peccato che siano saltate fuori tangenti pagate ai sindacalisti per comprare il loro consenso e diversi casi di corruzione tra i manager dell’azienda. O la casa di moda Armani (vedi SCHEDA a pag. 23), certificata SA8000,
denunciata dalla campagna Abiti Puliti per le condizioni di lavoro
disumane in alcune fabbriche in India.
Sotto pressione, i grandi marchi
voltano pagina
«Non si può certo dire che multinazionali come Adidas, Coca Cola
o Mc Donald’s siano improvvisamente diventate degli stinchi di
santo, ma hanno compiuto degli enormi passi in avanti», commenta Cristina Daverio responsabile della ricerca in Italia per l’agenzia di rating etico Vigeo. Mancanza di trasparenza, violazione dei
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Mancanza di trasparenza,
lavoro minorile, violazione
dei diritti umani: le corporation
sotto accusa non si comportano
più come prima
diritti umani nei luoghi di lavoro e alto impatto ambientale. Si possono raggruppare attorno a questi tre punti le principali accuse ai
grandi marchi. «Grazie alle pressioni di Ong, gruppi di investitori,
campagne di contestazione, le aziende più esposte e più sotto i riflettori dell’opinione pubblica, hanno iniziato a dotarsi di codici etici e standard ambientali, ad ammettere violazioni e ad adottare politiche di trasparenza. Le controversie restano, ma essere diventate
più trasparenti ha reso possibile verificare con mano che cosa accada al loro interno e se vengano mantenute le promesse fatte», conclude Cristina Daverio. Un’inversione di rotta, quindi, non certo
spinta da un improvviso spirito samaritano, ma dalla volontà di restituire al proprio marchio quella reputazione tanto preziosa persa
sotto il tiro incrociato delle campagne di denuncia.
Le grandi imprese oggi attribuiscono al consenso dell’opinione pubblica una tale importanza da arrivare a compiere azioni che
possono apparire assurde. È il caso di Wal Mart, il colosso statunitense del commercio al dettaglio, che si è messa a spiare una congregazione di suore. La rivelazione è arrivata all’inizio di quest’anno da un ex dipendente del dipartimento di sicurezza dell’azienda,
licenziato perché aveva preso la telefonata di un giornalista. Bruce
Gabbard, in un’intervista pubblicata lo scorso aprile dal Wall Street
Journal, ha rivelato che la comunità delle suore benedettine di
Boerne, in Texas, era inserita nella lista di Wal Mart delle organizzazioni pericolose. Il dipartimento di sicurezza dell’azienda, le teneva sotto stretta sorveglianza, raccogliendo informazioni, dati
elettronici, registrazioni audio-video e ogni tipo di comunicazione riguardanti le religiose. Il motivo di tanta preoccupazione?
Semplice: le suore avrebbero presentato una mozione insieme al
Centro Interreligioso sulla Responsabilità Sociale (Iccr) al successivo meeting aziendale di Wal Mart. E non è tutto. La catena americana l’anno scorso ha anche assunto una ex suora, Harriet Hentges, come responsabile della politica ambientale e di responsabilità
sociale dell’impresa. «È la dimostrazione di quanto prendiamo sul
serio il problema. Chi meglio di
una religiosa può assolvere a un
simile compito?», ha replicato
ai giornalisti la portavoce dell’azienda, Sarah Clark. Non
sempre, però, le multinazionali
scelgono queste strade.
Le buone azioni
dei vecchi cattivi
Prendiamo ad esempio Adidas,
insieme a Nike (vedi ARTICOLO a
pag. 20) ai primi posti della lista
dei marchi da boicottare nel
mondo dell’abbigliamento e delle calzature sportive. È già da
quattro anni che l’agenzia di rating etico Ethibel, oggi acquistata
da Vigeo, ha promosso l’azienda
sportiva tedesca nell’elenco dei
buoni. Dal 2001 Adidas impone ai propri fornitori il rispetto di codici etici basati sugli standard dell’Ilo (l’Organizzazione internazionale
del lavoro) e monitora costantemente gli stabilimenti. 839 i controlli
effettuati il primo anno, 32 i contratti rescissi con fornitori in Cina,
Taiwan, Tailandia, Honduras, Messico, Turchia e Bulgaria, che avevano violato i codici etici. Per ridurre l’impatto ambientale ha eliminato molte sostanze nocive dai processi produttivi, tra cui il Pvc. Diversi fornitori hanno anche ottenuto certificazioni ambientali.
Ma i punti oscuri non mancano. Nelle regole stabilite per la tutela dei lavoratori, ad esempio, è stato fissato a 60 ore il limite di lavoro
settimanale, con 24 ore di riposo. Meglio di niente, viene da pensare.
Ma sono sempre 12 ore di lavoro al giorno. Nonostante il dialogo avviato e la massima trasparenza dimostrata verso le Ong, non con tutte Adidas ha mantenuto buoni rapporti. Porte chiuse ad esempio a
Clean Clothes Campaign. E sono molte le contese aperte in diversi
paesi dove sono situate le fabbriche produttive, la maggior parte incentrate sulle condizioni di lavoro negli stabilimenti.
Il marchio Gap rientra a tutti gli effetti nella lista degli storici cattivi. Il copione è sempre lo stesso: abiti prodotti in 3.000 stabilimenti
situati in paesi a basso costo della manodopera, sfruttamento dei lavoratori, bambini in fabbrica, insomma condizioni di lavoro disumane e nessun rispetto per i diritti umani. Nel 2003 Gap ha dovuto
pagare 20 milioni di dollari per chiudere una class action lanciata da
un gruppo di operai del Saipan, nell’arcipelago delle Marianne nell’Oceano Pacifico. Le accuse? Le solite: troppe ore di lavoro, sottopagate, in condizioni disumane, fino a politiche di aborto forzato
per le dipendenti. Ma è proprio in quel periodo che è cominciata la
svolta del marchio californiano, che ha iniziato ad applicare un programma di monitoraggio dei fornitori e dei loro standard di lavoro
(vengono incoraggiati ad aderire agli standard SA8000). Dal 2003,
ogni anno, l’azienda pubblica i risultati dei controlli nelle fabbriche,
effettuati sotto la supervisione di organi esterni come le organizzazioni per la tutela dei diritti umani Verite e Social Accountability International, che nel 1997 ha lanciato gli standard SA8000. Nel
2003, ad esempio, è stato monitorato il 94% per cento dei fornitori e in 136 casi sono stati rescissi i contratti di fornitura. E
così ogni anno successivo. Anche per Gap le denunce non sono sparite del tutto. Risale all’anno scorso la notizia dei
lavoratori di una fabbrica in
Giordania dove bambini e adulti lavoravano per 109 ore alla
settimana, senza essere pagati
per sei mesi.
Le accuse contro Coca Cola
piovono da ogni dove. Violazioni dei diritti dei lavoratori, spreco di acqua potabile, soprattutto in paesi dove scarseggia,
Bambini rovistano fra l’immondizia
incentivazione dell’obesità innella discarica di Phnom Penh,
fantile. L’azienda sta cercando
chiamata anche “Stung
meanchey”, la montagna fumante.
di tamponare tutti e tre i fronti.
Cambogia, 1999
È stato recentemente siglato un
accordo con il WWF, con cui Coca Cola si impegna ad utilizzare in
maniera più responsabile l’acqua. Negli ultimi cinque anni, afferma la compagnia, a fronte di un incremento delle vendite del
14,6%, il consumo d’acqua è sceso del 5,6% e l’efficienza nel suo
utilizzo è aumentata del 18,6%. E dal 2010, Coca Cola s’impegna a
far sì che tutta l’acqua che utilizza nella produzione sia scaricata a
livelli di qualità tali da consentirne l’utilizzo in agricoltura e in acquacoltura. Un utilizzo, sempre a detta dell’azienda, che oggi rappresenta l’85% dell’acqua impiegata. Ma l’accusa più pesante rivolta alla Coca Cola, arriva dalla Colombia, dove si susseguono
dall’inizio degli anni ‘90 assassini di sindacalisti che lavoravano
ROBERTO CACCURI / CONTRASTO
Nuovi
e vecchi cattivi
La lista deve
essere aggiornata
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nelle fabbriche di imbottigliamento della multinazionale statunitense. Gli attivisti (vedi www.killercoke.org) da anni accusano l’azienda di essere la causa di queste morti e di torture e maltrattamenti di operai. Per la prima volta quest’anno Coca Cola ha
permesso all’Ilo di effettuare monitoraggi nella fabbriche colombiane e ha invitato le Ong a un confronto. Nella lotta all’obesità infantile, invece, Coca Cola, insieme ad altri dieci grandi produttori
alimentari (Cadbury Adams, Campbell Soup, General Mills, Hershey, Kellogg, Kraft Foods, Mars, McDonald’s, Pepsi e Unilever) si è
impegnata a limitare la pubblicità di bevande e alimenti diretta ai
minori di 12 anni. Tra le società che non hanno aderito all’iniziativa volontaria, vi sono Nestlé e Burger King.
Trovare il lato “buono” di Nestlé è un’impresa più ardua. Il no alla lotta all’obesità infantile è forse il minore dei problemi dell’azienda, che negli anni ha collezionato le accuse più disparate. Solo per citare le più recenti, nel luglio 2005 l’International Labor Rights Fund
ha denunciato negli Stati Uniti tre compagnie che importano cacao
dalle coltivazioni della Costa d’Avorio, accusandole di traffico di bambini, torture e lavoro forzato. Le tre società sono Nestlé, Archer Daniels
Midland (ADM) e Cargill. Il rapporto parla di 12.000 bambini ridotti
in stato di schiavitù nelle piantagioni di cacao della Costa d’Avorio,
284.000 quelli che usano il machete e 153.000 quelli che usano pesticidi senza protezione. Numerosi anche i casi di denuncia di violazione dei diritti dei lavoratori, in particolare in Colombia e nelle Filippine. Giudizi positivi, però, appaiono nei rapporti delle agenzie che
attribuiscono valutazioni etiche alle imprese, sul fronte del coinvolgimento dei lavoratori e della tutela ambientale, ad esempio.
Una vittoria del mondo ambientalista, Greenpeace in testa, è quella messa a segno con Apple. Quest’anno la compagnia di Steve Jobs
ha siglato un impegno a rimuovere alcuni composti tossici dai propri
prodotti e ad aumentare le pratiche di riciclo, passando dal 9,5% dei
prodotti venduti nel 2000 al 28% nel 2010, promettendo anche maggiore trasparenza e rapporti annuali. Greenpeace l’ha definita una
“svolta fondamentale”, che testimonia “come sia possibile raggiun-
gere grandi risultati attraverso la rete e la mobilitazione dal basso degli utenti”. Quelli elettronici e informatici sono tra i settori a più alto
rischio di violazione dei diritti umani e di inquinamento ambientale.
«La produzione è sbriciolata in una moltitudine di fasi e di fabbriche
a cui viene affidata la realizzazione dei singoli componenti. Gli stabilimenti sono situati tutti in paesi dove la tutela dei diritti umani è inesistente e sono talmente piccoli e numerosi che un monitoraggio delle condizioni di lavoro applicate in ciascuno è molto difficile», spiega
David Schilling dell’ICCR, il Centro Interreligioso sulla Responsabilità Sociale (vedi INTERVISTA a pag. 22). Per questo da qualche anno le Ong
locali e internazionali stanno prestando particolare attenzione a tale
settore. Da parte dei grandi marchi poi arriva l’impegno ad applicare
rigidi codici di condotta. Tre anni fa Cisco Systems, HP, Microsoft e Intel hanno creato un gruppo di lavoro per redigere l’Electronics Industry Code of Conduct (EICC, www.eicc.info), un insieme di regole a
tutela dei lavoratori e dell’ambiente a cui oggi aderiscono le principali aziende del comparto elettronico e informatico e i loro fornitori.
“PICCOLI CATTIVI” CRESCONO:
LA PANTHER RESOURCES IN VALDI NOTO
UNO SPAZIO IN UNA LISTA DI “APPRENDISTI CATTIVI” lo meriterebbe di certo la Panther
Resources Corporation. La multinazionale texana famosa in Italia per il progetto di trivellazioni
nel suggestivo Val di Noto, dichiarato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 2000. Il caso:
a giugno 2005 la giunta Cuffaro le rilascia una concessione per estrarre gas e petrolio.
Ventuno pozzi. Contro il progetto, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri lancia una petizione
che raccoglie 80mila adesioni. Risultato: la Panther rinuncia a trivellare. Vittoria? Non proprio.
Perché la rinuncia riguarda solo il centro storico di Noto, la riserva naturale di Vendicari e il sito archeologico di Noto antica:
86 km quadrati su 746. Per il resto, il progetto va avanti. A dimostrarlo, il ricorso al Tar di Catania per costruire un pozzo
di esplorazione. Accolto il 28 agosto perché la Regione non ha presentato in tempo la richiesta di valutazione d’impatto
ambientale. Come andrà a finire lo sapremo nei prossimi mesi. Ma un dubbio sorge subito: è più cattivo chi chiede autorizzazioni
per lucrare, deturpando un territorio indipendentemente dalla sua importanza storica e ambientale o le autorità pubbliche
che quelle autorizzazioni le concedono e non tutelano gli interessi dei cittadini? Uno scontro tra titani…
Un approccio nuovo
Ad essere cambiato è proprio l’approccio alla responsabilità sociale, alla tutela dell’ambiente e dei diritti umani: «dieci anni fa non
potevo neanche usare il termine “diritti umani” all’interno di
un’azienda. Non mi avrebbero ascoltato. Oggi, invece, è una parola chiave nel vocabolario delle principali imprese», racconta Christopher Avery, direttore del Business & Human Rights Resource
Centre (www.business-humanrights.org), un’organizzaizone non
profit indipendente che collabora con Amnesty International nella tutela dei diritti umani. Ed è cambiata l’estensione del concetto
di violazione dei diritti umani. «Dieci anni fa si pensava solo all’industria estrattiva e all’abbigliamento e solo ai paesi in via di sviluppo. Oggi invece è chiaro come il problema coinvolga tutte le
imprese in tutti i settori e in tutti i paesi. Discriminazioni di ogni
tipo, diritti dei lavoratori, salute e sicurezza, accesso ai medicinali
fondamentali, inquinamento, povertà». Sono sempre più nume-
rose le imprese impegnate a garantire il rispetto dei diritti umani.
«Peccato però che molte siano più brave a sottoscrivere politiche
per il rispetto dei diritti che a metterle in pratica e a farle applicare dai loro dipendenti». Christopher Avery porta un esempio: «Mi
è capitato più di una volta di chiedere a qualche azienda che pubblicizzava a gran voce la sua adesione alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, una copia della loro politica in tal senso. E, in risposta, non trovare nessuno che sapesse di che cosa stessi
parlando». Le denunce di abusi non sono certo terminate, anzi. Tra
Europa e Stati Uniti però c’è una grande differenza nella risposta
alle violazioni. Se circa il 75% delle imprese europee che producono in stati ad alto rischio hanno una politica di tutela dei diritti
dei lavoratori, la percentuale scende a meno del 40% negli Usa e a
circa al 15% in Asia. Sono i dati rilevati dall’ultimo rapporto sulla
responsabilità sociale e ambientale realizzato dall’agenzia di rating
etico Eiris. Molto migliori i dati sulla riduzione dell’impatto ambientale, con le imprese europee e giapponesi in prima linea. I primi della classe sono proprio Europa e Giappone dove oltre il 90%
delle grandi imprese ha sviluppato politiche di tutela dell’ambiente, contro il 75% di quelle australiane e neozelandesi, il 67%
delle statunitensi e, a enorme distanza, il 15% di Asia e Giappone.
Le campagne di contestazione contro le multinazionali sembrano,
quindi, aver dato risultati notevoli. I grandi marchi hanno capito
che scendere a patti è meglio, anche se spesso più costoso. Il World
Resources Institute (WRI, www.wri.org) lo ha dimostrato nelle società del settore minerario pubblicando un rapporto (disponibile
a: http://pdf.wri.org/development_without_conflict_fpic.pdf) in
cui dimostra, con tanto di dati economici, come convenga ottenere il consenso informato libero e preventivo da parte delle popolazioni locali, prima di cominciare a scavare.
.
Una
nuova
vita
per
le
scarpe
più
cool
al
mondo
Dopo aver subito anni di attacchi e aver sempre negato le proprie responsabilità, il colosso dell’abbigliamento sportivo diventa
e dell’ambiente. O almeno, quanto basta per salvarsi la reputazione.
paladino dei diritti umani
A BERSAGLIO NUMERO UNO DELLA CONTESTAZIONE NO GLOBAL,
simbolo dello sfruttamento del lavoro minorile, a modello di responsabilità sociale. Qualche dubbio che questa
svolta radicale sia reale è legittimo. L’immagine di un bambino coreano che cuce un pallodi Elisabetta Tramonto
ne Nike è difficile da cancellare. Eppure a testimoniare la svolta sono associazioni in prima linea nella
difesa dell’ambiente e dei diritti umani come Greenpeace, Clean Clothes Campaign, Fairlabor e agenzie di rating
etici come la belga Vigeo e la britannica Eiris.
D
Occhio non vede...
Il nocciolo del problema per Nike era oltreoceano, nelle
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fabbriche dove avveniva, e avviene tuttora, la produzione di scarpe, abiti, palloni di cuoio, accessori di ogni genere. Oltre 900 fabbriche, in 50 paesi, 660 mila lavoratori, soprattutto donne tra i 19 e i 25 anni (dati del 2004 dal
sito www.nike.com), e, almeno fino alla fine degli anni
‘90, anche molti bambini. Per oltre un decennio accuse
di sfruttamento di minori, maltrattamenti, abusi sessuali hanno travolto Nike. Che dire quindi di fronte a rapporti, come quello pubblicato dal New York Times nel
1997, che denunciava, prove alla mano, l’esposizione a
sostanze cancerogene degli operai negli stabilimenti in
Vietnam? Come giustificare il fatto che il 77% dei lavoratori di quelle fabbriche soffriva di gravi problemi respi-
ratori a causa della scarsa ventilazione e dei solventi tossici usati nella produzione di scarpe? La risposta di Nike
per anni è stata una sola: negare, negare, negare: “non
esistono abusi, violenze, sfruttamento minorile”. Oppure prendere le distanze: “le fabbriche non sono nostre.
Non abbiamo alcuna responsabilità per quanto accade al
loro interno e nessun potere di influenzare il livello dei
salari o le condizioni di lavoro”. Poi, improvvisamente,
l’atteggiamento di Nike è cambiato. Radicalmente.
Nel 1998 il Ceo dell’azienda Philip Knight annunciò
che in tutte le fabbriche che producevano scarpe e abbigliamento a marchio Nike, non avrebbero più lavorato
bambini, sarebbero stati applicati gli standard di sicurezza
in vigore negli Usa, consentiti controlli negli stabilimenti da parte di associazioni per la tutela dei diritti umani e
ambientali e rescissi i contratti con i fornitori che non rispettavano le nuove regole. Ma perché questa improvvisa assunzione di responsabilità? Semplice: gli anni di contestazioni, manifestazioni di protesta, campagne di
boicottaggio, avevano danneggiato gravemente il marchio Nike. E per un’azienda di quelle dimensioni il marchio è tutto. Non significa solo vendite, fatturato e profitti che, in alcuni casi, possono anche non subire cali. Il
marchio è immagine, reputazione, valori, che nel tempo
determinano il successo o l’insuccesso. Per un’impresa che
pretende di vendere sogni ed emozioni il marchio non
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Il manifesto
della campagna
contro Nike
sulla responsabilità
sociale.
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può essere associato a un lavoratore malato o a un bambino con le mani tagliate.
Pagella da prima della classe
TRASPARENZA. Come primo passo, Nike ha pubblicato
la lista di tutti i suoi fornitori e la localizzazione di ciascuno. «Una svolta notevole. Non è frequente che
un’impresa si esponga a tal punto. Nike è stata poi
imitata da Levi’s, Puma, Timberland, e Reebok», spiega Cristina
Daverio responsabile della ricerca
in Italia per Vigeo. «E trasparenza
significa anche denunciare quello
che non funziona». Nel rapporto
sociale del 2004, ad esempio, Nike
ammette che in 569 aziende controllate ci sono state
violazioni degli standard di tutela dei lavoratori.
APERTURA. Dalla fine degli anni Novanta, Nike ha avviato un fitto dialogo con i sindacati e con le associazioni di
tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente, aprendo
loro le porte delle fabbriche che prima erano bandite.
CONDIZIONI DI LAVORO. L’età minima dei lavoratori è salita a 18 anni nelle fabbriche di scarpe, a 16 in tutte le
altre. Sono stati introdotti codici di condotta basati sui
criteri dell’Ilo e sono state consentite ispezioni. Nike
ha formato un gruppo di 87 funzionari, il cui unico
compito è monitorare le condizioni dei lavoratori e
l’impatto ambientale della produzione. Operano in 18
stati tra cui Cina, Vietnam, Corea, Hong Kong, Filippine, Indonesia, Thailandia, Bangladesh, India e Sri
Lanka, con visite periodiche, da due a quattro volte
l’anno per ogni stabilimento: nel 2003 più di mille.
EDUCAZIONE. Nike ha introdotto programmi di formazione dei lavoratori, scolarizzazione dei bambini, so-
Dopo anni
di contestazioni
il cambio radicale
per contenere
i danni d’immagine
stegno alle micro-imprese.
IMPATTO AMBIENTALE. Nel 2001 ha aderito ai programmi del WWF per la misurazione e la riduzione delle
emissioni di gas inquinanti durante i processi produttivi e nel trasporto delle merci. Applica metodi di risparmio dell’acqua e di riduzione degli sprechi nella
progettazione dei capi e delle confezioni. Ricicla i rifiuti solidi, che vengono tritati e usati per la pavimentazione di campi sportivi, e impiega il più possibile materiali riciclati. Per la produzione del 95% delle
scarpe impiega adesivi a base di acqua.
Non solo rose e fiori
Ma è troppo presto per consegnare a Nike la targa di
impresa modello. Impegni, controlli, codici di condotta, sono passi avanti necessari, ma non trasformano
una fabbrica in Cina nel migliore dei mondi possibili.
Ancora oggi infatti compaiono denunce di maltrattamenti, violenze e abusi sessuali. Rapporti resi pubblici
dalla stessa Nike, in un’ottica di massima trasparenza,
a cui seguono sistemi di monitoraggio costante di quella fabbrica, addirittura corsi di rieducazione per i manager accusati di violenza sessuale. Non si può certo dire che il problema sia risolto e non è così chiaro come
si possa risolverlo. Nei casi, frequenti, in cui Nike ha rescisso contratti di fornitura con le aziende che non rispettavano i suoi codici etici, è stata accusata da molte
Ong di togliere lavoro a centinaia di persone e di non
risolvere comunque il problema. Un altro punto dolente sono i salari. In un rapporto di China Labor Watch si sottolinea come il salario minimo nella maggior
parte dei paesi asiatici sia al di sotto del minimo legale. E non sono certo cifre da capogiro: in media 33 centesimi di dollaro all’ora.
.
Missione possibile
convertire il peccatore Nike
Intervista a David Shilling che da anni segue il caso del colosso per conto di ICCR centro interreligioso sulla RSI.
portanti gruppi di pressione che negli ultimi 15 anni
Una
hanno combattuto perché Nike adottasse politiche di
missione allettante per un religioso, sotutela dei diritti dei lavoratori e di riduzione dell’imprattutto se il peccatore in questione è
patto ambientale.
un cattivo per eccellenza come Nike. Il
di Elisabetta Tramonto
reverendo
David
È davvero cambiata la politica di Nike? È diventata
Schilling da anni segue il caso del colosso dell’abbiun’impresa sostenibile?
gliamento sportivo per ICCR (www.iccr.org), il Centro
Nike è un caso esemplare di successo delle campagne
David Shilling
Interreligioso sulla Responsabilità Sociale, un’organizdi pressione da parte di Ong, gruppi di contestazione,
zazione con sede a New York che raggruppa 275 investitori istiopinione pubblica. C’è ancora molta strada da fare, ma i protuzionali e fondi pensione di stampo religioso. È uno dei più imgressi raggiunti sono molti, se si considera che fino alla fine de-
R
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IPORTARE I PECCATORI SULLA RETTA VIA.
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I NUOVI CATTIVI
VOLKSWAGEN ANNO ZERO
Ottime relazioni con i sindacati, attenzione all’ambiente,
investimenti nel sociale. Per anni Volkswagen è stata
in testa alle classifiche dell’etica nel settore automobilistico.
Poi, nell’estate del 2005, scoppiano una serie di scandali. Parcelle pagate
a politici per fantomatici servizi di consulenza, tangenti ai vertici sindacali,
viaggi di lavoro in mezzo mondo con visite a bordelli di lusso. Il tutto
a spese dell’azienda. A Praga Helmuth Schuster, boss di Skoda
(controllata da VW), maneggia una giungla di imprese fittizie per far girare
truffe milionarie. A Wolfsburg, sede della società, il manager Joachim
Gebauer compra l’assenso dei sindacati a suon di accompagnatrici
e notti folli. Mentre Klaus Volkert, sindacalista e direttore del Consiglio
Aziendale, riceve quasi 2 milioni di euro dal direttore del personale Peter
Hartz. Per dire sempre di sì. Il pasticciaccio Volkswagen ha gettato fango
su un marchio prestigioso e la casa tedesca è ora alla disperata ricerca
della reputazione perduta.
BAE SYSTEMS: CORRUZIONE SENZA SE E SENZA MA
Terzo produttore di armamenti
al mondo, primo in Europa.
Il gigante inglese Bae Systems viene regolarmente accusato
di corrompere i governi per portarsi a casa le forniture. Secondo
il quotidiano inglese Guardian, BAE avrebbe versato segretamente
12 milioni di dollari nel 2002 per una commessa in Tanzania,
uno dei Paesi più poveri del mondo. Sempre il Guardian, nel 2005,
ha svelato le trame del traffico clandestino di armi con il dittatore
cileno Pinochet. Accuse di corruzione anche per contratti in Qatar,
Repubblica Ceca, Romania e Sudafrica. Alla fine del 2006, in nome
dell’interesse nazionale, Tony Blair ha fatto interrompere l’inchiesta
per corruzione che il Serious Fraud Office stava conducendo
da due anni su BAE Systems: l’indagine riguardava mazzette pari
a 114 milioni di dollari pagate dalla compagnia per corrompere
dignitari dell’Arabia Saudita, pagando, tra l’altro, prostitute,
Rolls-Royce e vacanze in California. Sul bilancio sociale 2006
di BAE si legge: “continuiamo a respingere tutte le accuse.
Prendiamo molto seriamente i nostri obblighi di legge
e continueremo ad essere in linea con gli accordi internazionali”.
ARMANI: IL RE DEGLI ABITI SPORCHI
Il gruppo Armani è costituito da una quarantina
di società, che fanno capo al 100% a “re Giorgio”,
attraverso la Giorgio Armani spa. Ha un fatturato
di 1,5 miliardi di euro con una crescita media del 14% negli ultimi cinque
anni. Con 4.700 dipendenti e 250 negozi monomarca in 36 paesi
del mondo, è tra le aziende leader della fascia alta. Nonostante
le dimensioni, l’azienda non è quotata in borsa. È certificata SA8000.
La “Guida al vestire critico” (EMI, 2006) aveva già denunciato Armani
per l’uso di “terzisti localizzati in Bulgaria e Madagascar, paesi che
ostacolano fortemente la libertà sindacale”. Un rapporto di Greenpeace,
«Parfum de scandale», segnala come il profumo She di Armani contenga
flatati e muschi sintetici, sostanze pericolose e per la salute
e per l’ambiente. Per l’uso di pellicce nei propri capi, Armani è inserito,
dal dossier pellicce 2007 di Animalisti italiani, nella lista degli “stilisti
più cattivi”, preceduto da Cavalli e Dolce e Gabbana (noti per aver creato
nel 2004 una linea di pellicce per bambine). Ma gli “abiti sporchi”
di Armani sono emersi all’attenzione pubblica dopo la pubblicazione
in Italia all’inizio di quest’anno da parte della campagna Abiti Puliti
di un rapporto (www.abitipuliti.org:8080/abitipuliti/azioni/FFI/rappFFI)
delle condizioni di lavoro disumane nella fabbrica indiana Fibres
& Fabrics International e nella sua controllata Jeans knit Pvt Ltd.
Un elenco di violazioni che va dagli abusi fisici quando i lavoratori non
tengono il passo con i ritmi produttivi («Sono i supervisori e il direttore
del reparto a picchiarci a bastonate, a schiaffi, a calci, in qualsiasi parte
del corpo», hanno spiegato alcuni lavoratori) al clima militaresco:
al lavoro è vietato parlare, i bagni sono chiusi a chiave, alla minima
protesta scattano licenziamenti arbitrari. Armani ha risposto
con una lettera che intima di rimuovere le denunce dal sito
della campagna Abiti Puliti e del settimanale Carta, che aveva titolato
in copertina “Armani: collezione autunno-inferno”, in quanto
per la collezione 2007 non si rifornisce più dalla fabbrica indiana.
ABBOTT, LA MULTINAZIONALE CHE FA CAUSA AI MALATI
È il sesto produttore di materiale medico
e il nono gruppo farmaceutico del mondo.
Il fatturato per il 2007 è stimato in 23,6 miliardi di dollari, con un utile netto
di 4 miliardi. Ha sede negli Usa. Produce, tra gli altri, Dobutamina, Vercite,
Ferro-Grad, Froben. Nel 2003 ha improvvisamente aumentatodel 500%
il prezzo di un farmaco anti-Aids largamente diffuso, Norvir. La strategia
era mirata a spingere i pazienti adacquistare un nuovo medicinale prodotto
da Abbott, il Kaletra, che non necessita di pillole concorrenti. Secondo quanto
riportato dal Wall Street Journal, alla Abbott meditarono perfino di ritirare
dal mercato le scorte di pillole (fingendone un invio umanitario in Africa),
vendendo il farmaco solo in sciroppo. Tanto non lo comprerebbe nessuno –
spiegava un dirigente Abbott in una e-mail interna – perché “sa di vomito”.
Recentemente la Abbott ha scatenato le ire delle Ong, non
commercializzando in Thailandia la nuova versione termo-stabile (utilissima
in tutti i climi caldi) del Kaletra. Per protesta, lo scorso 26 aprile l’associazione
di sieropositivi Act Up-Paris ha sovraccaricato il sito internet dell’industria,
provocandone il blocco per qualche ora. La Abbott ha citato l’associazione
per 100mila dollari: è la prima volta che una multinazionale fa causa
ad un gruppo di attivisti malati di Aids.
PFIZER, SPERIMENTAZIONI SOSPETTE
È il più grande gruppo farmaceutico mondiale.
Produce l’8,2% delle medicine consumate nel mondo.
Nel 2006 ha fatturato 48 miliardi di dollari, con un utile
netto di 13 miliardi. Ha sede negli Stati Uniti. Produce, tra gli altri Viagra,
Reactine, Ribex, Cicatrene. Recentemente è stata accusata dal governo
nigeriano di aver sperimentato segretamente un farmaco (nel 1996)
su 200 bambini, col pretesto di portare soccorso alle popolazioni
della regione settentrionale di Kano, colpita da una gravissima epidemia
di meningite. Il farmaco in questione è il Trovan (trovafloxacina),
un antibiotico orale che per la Food and drug administration americana
presenta «rischi di tossicità epatica». Secondo il governo nigeriano,
la Pfizer selezionò i 200 bambini cavia (11 dei quali sono morti)
in un ospedale, senza neppure il nulla osta dai genitori.
ENI: UN FIORE ALL’OCCHIELLO CON MOLTI LATI OSCURI
Eni fiore all’occhiello dell’Italia nel mondo? Forse se ci si basa
sui bilanci (un utile netto di 9 miliardi l’anno scorso, a fronte
di un fatturato di 86). Molto meno se la si valuta su legalità,
ambiente e diritti umani. La sua attività estrattiva nell’Amazzonia
ecuadoriana è stata oggetto di denunce per i danni alla salute delle
comunità aborigene. Mentre in Nigeria, il tribunale federale ha
condannato Eni e altre compagnie a pagare 1,5 miliardi di dollari come
risarcimento per le fuoriuscite di petrolio. Più volte denunciate (con tanto
di interrogazione parlamentare) anche le connivenze con le forze di
polizia. L’ultimo episodio il 21 giugno: l’esercito ha “liberato” l’impianto
Agip di Ogboinbiri nel Delta del Niger. Una strage: 15 manifestanti uccisi.
“Se c’è un azienda che ha fatto tanto in Nigeria è l’Eni – replicano
sdegnati dalla compagnia – 97 milioni di euro in dieci anni per interventi
sociali e ambientali”. Tuttavia, l’Eni è stata esclusa dall’indice etico
FTSE4Good per lo scarso rispetto dei diritti umani.
PETROCHINA: LA NUOVA “SORELLA” DEL PETROLIO
La seconda compagnia petrolifera del mondo per valore
di mercato (41 miliardi di dollari di fatturato), uno sfidante
agguerrito per Exxon, Shell e BP. Il colosso China National
Petroleum Corporation e la controllata Petrochina testimoniano
il cambiamento nei rapporti di forza del mercato energetico mondiale.
Dietro l’inarrestabile crescita di Cnpc c’è una strategia spregiudicata
di accordi commerciali. A gennaio, ha firmato un accordo in Myanmar
per sfruttare i giacimenti di gas e petrolio. Pechino si è nel frattempo
opposta in Consiglio di Sicurezza Onu a sanzioni contro il regime militare
birmano. In Africa, la Cnpc si è aggiudicata immensi giacimenti in Sudan
e Nigeria. In cambio la Cina garantisce il saldo del debito, prestiti a fondo
perduto e sostegno politico ai regimi al potere. Cattive notizie anche
per l’ambiente: il 13 novembre 2005 un’esplosione in un suo
petrolchimico ha ucciso 5 persone e riversato nel fiume Songhua
100 tonnellate di liquami tossici. Le sostanze velenose hanno percorso
400 chilometri, raggiungendo la città di Harbin: oltre 4 milioni di persone
sono rimaste senza acqua potabile. Nuove potenze, vecchi metodi.
SANPAOLO-IMI, LA REGINETTA DELLE BANCHE ARMATE
Il gruppo Sanpaolo-IMI si
conferma per il secondo anno
consecutivo al primo posto nella classifica delle “banche armate”,
con il 29,9% di tutte le operazioni di incasso e pagamento relative
all’export di armi italiane. per un volume d’affari 2006 di 448,3 milioni
di euro, in crescendo di quasi tre volte rispetto ai 164 milioni del 2005.
Il gruppo Sanpaolo-IMI si è da poco fuso con Banca Intesa, che
ha registrato nel 2006 un boom in controtendenza con operazioni
per 46,9 milioni di euro, (solo 160 mila euro nel 2005) tra cui spicca
un’autorizzazione di 41 milioni dell’Agusta agli Emirati Arabi Uniti
per una “prima fornitura” di elicotteri CH-47C ammodernati
e altri equipaggiamenti per 58,9 milioni di euro.
ITALEASE: I FURBETTI DEL LEASING
Come il maggiore operatore
italiano del leasing può trasformarsi
da riferimento per migliaia di imprenditori, in incubo kafkiano;
l’ultimo degli scandali della finanza italiana è affiorato nelle indagini
sul gruppo Ipi di Danilo Coppola. I magistrati vogliono capire
con quali garanzie nel dicembre 2005 Italease abbia dato il via libera
alla vendita di tre palazzi del gruppo Ipi, su cui gravava un leasing
da 122 milioni di euro. La banca milanese in totale ha 190 milioni
di euro di crediti ex Coppola, garantiti da una fidejussione della Banca
Arner di Lugano. Chi garantisca per il garante svizzero è oggetto
dell’indagine. Ora la banca annaspa e chiede il conto ai clienti
sui derivati: proposti ad almeno 2000 investitori assieme al leasing,
per coprire i rischi dei tassi ne amplificano gli effetti a vantaggio della banca.
YUE YUEN: IL COSTO UMANO DELLE SCARPE
Registrata nelle Bermuda, fa capo alla società
taiwnaesePou Chen della famiglia Tsai: è il più grande
produttore mondiale di scarpe sportive, quasi il 17%
del mercato globale per quasi 200 milioni di paia di scarpe nel 2006.
Rifornisce oltre 30 grandi marche, tra cui Nike, Adidas/Reebok,
New Balance, Timberland, Asics. Ha stabilimenti giganti - vere e proprie
città-fabbrica - in Cina, Indonesia, Vietnam. È quotata alla borsa di Hong
Kong e ha un fatturato da 3,657 miliardi di dollari (2006), con oltre
280mila dipendenti (al 30 settembre 2006). Un recente rapporto
dell’ong statunitense National Labor Committee e di China Labor Watch
ha denunciato che nelle fabbriche cinesi di Yue Yuen le condizioni
di lavoro sono estremamente intensive (con turni che vanno dalle 11
alle 16 ore al giorno, 6 giorni alla settimana), la paga oraria è di 0,35dollari;
non sono ammessi sindacati e un complesso sistema di regole e multe
punisce chi commette la minima infrazione (da 5 minuti di ritardo
al lavoro al “disordine” nella propria camerata), oltre a riduzioni di salario
se gli obiettivi di produzione non sono raggiunti. Dongguan, a poca
distanza da Hong Kong, è più grande stabilimento con oltre 70.000
lavoratori, in gran parte donne immigrate da altre regioni della Cina.
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[ CHI SONO E PERCHÈ TENERLI D’OCCHIO – PER SAPERNE DI PIÙ: WWW.VALORI.IT ]
I NUOVI CATTIVI / 1
ENERGIA
AZIENDA
TRASPARENZA
IMPATTO AMBIENTALE
TUTELA DIRITTI UMANI
BP
Inquinamento del Rifugio Nazionale della Fauna Artica in Alaska
Tre esplosioni in raffinerie in 4 anni: 12 operai uccisi e 170 feriti
BRAZIL PETROBRAS
Danni a ecosistemi e agricoltura in Argentina e Amazzonia
PETROCHINA CNPC
Collusioni con la dittatura militare birmana
Nigeria, manifestazioni contro le trivellazioni represse nel sangue
CHEVRON
Scarti petroliferi nei fiumi amazzonici
100 tonnellate di rifiuti tossici nel fiume Songhua
EXXON
Alaska, incidente della Exxon Valdez
Torture, stupri e omicidi all’interno degli impianti petroliferi
ENEL
Investimento nel nucleare in Slovacchia e riconversione a carbone di 4 centrali
ENI
Gas flaring nel delta del Niger
15 morti nel blitz per liberare un impianto Agip in Nigeria
PETRONAS
Contaminazione idrica a causa dell’oleodotto Chad-Camerun
2 morti e 30 arresti per una manifestazione sindacale
SHELL
Gas flaring nel delta del Niger
Deportazione e lavori forzati in Birmania
TOTAL
Nigeria, 1,5 tonnellate di greggio riversate al suolo
Sotto processo in Belgio per crimini contro l’umanità, lavori forzati, torture in Birmania
ABBOTT
FARMACEUTICI
Multe da Antitrust e Commissione europea per politiche anticoncorrenziali
Ha fatto causa a un gruppo di attivisti che hanno bloccato per alcune ore il portale aziendale.
È il primo caso di richiesta di risarcimento da una multinazionale nei confronti di attivisti malati di Aids
Ha chiesto di brevettare un farmaco in India nonostante esso non sia un nuovo medicinale,
ma solamente la combinazione di due sostanza note
GILEAD SCIENCES
È coinvolta in un caso di conflitto di interessi per aver chiuso contratti con il governo USA
nonostante tra i suoi azionisti ci sia l’ex Segretario di Stato alla Difesa Donald Rumsfeld
Ha citato in giudizio il governo indiano per tentare di indurlo a cambiare la legge nazionale sui brevetti
in favore delle multinazionali
È accusata di produrre pesticidi altamente inquinanti
PFIZER
È accusata di aver sperimentato segretamente un farmaco su 200 bambini nigeriani
SCHERING-PLOUGH
È accusata di aver sperimentato un farmaco anti-Aids di seconda linea su pazienti
che non avevano mai assunto medicinali antiretrovirali
MERCK
È accusata di aver venduto per anni il farmaco Vioxx nonostante fosse a conoscenza di gravi effetti collaterali
GLAXOSMITHKLINE
È accusata di aver nascosto studi che dimostravano come il farmaco Paxil inducesse i pazienti al suicidio
ROCHE
Ha patteggiato una maximulta per elusione fiscale
ASTRAZENECA
Ha violato la legge americana sulla trasparenza nell’informazione sui farmaci
nel 2003. Oggi è di nuovo sotto processo con lo stesso capo d’accusa.
BAYER
Multata dalla Commissione europea per concorrenza sleale
Accusata di gravi sperequazioni nei prezzi fra Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo
Accusata di aver inquinato con mercurio e PCB l’area di Nova Iguacu in Brasile
SIEMENS (elettronica)
BENI DI CONSUMO
Tangenti a scienziati Onu per negare il global warming
Esclusa dagli indici per l’investimento responsabile Ftse4Good
Ha aumentato per ragioni commerciali il prezzo di un farmaco anti-Aids del 500%
NOVARTIS
RESPONSABILITÀ SOCIALE ED ETICA
Partecipa al consorzio per la costruzione di due nuovi reattori nucleari a Belene in Bulgaria.
In una zona sismica
BAE SYSTEMS (armi)
Scoperta a fine 2006 una cassa nera di oltre 420 milioni di euro per pagare tangenti
agli Stati e assicurarsi appalti pubblici.
YAHOO (internet)
Indagata per corruzione e riciclaggio di denaro per vendita di armi in Tanzaniam,
Arabia Saudita e nel Chile di Pinochet. Nel giugno del 2007 l’inchiesta sull’Arabia
viene insabbiata dal governo inglese.
FREEPORT McMORAN
Accusato di violare la Dichiarazione Universale dei diritti umani perché collabora
con la censura cinese. Yahoo!: ha aiutato la polizia a rintracciare il giornalista dissidente
Shi Tao, permettendone la condanna a dieci anni di reclusione, nel 2005
Nel 2003 l’impresa ha ammesso di aver pagato la polizia e i militari indonesiani
per tenere lontano dalle miniere i legittimi proprietari terrieri. Secondo il New York Times
sarebbero stati pagati 20 milioni di dollari tra il 1998 e il 2004
(industria mineraria)
HALLIBURTON
È l’impresa che ha maggiormente beneficiato della guerra in Iraq. Coinvolta in una serie di scandali
di corruzione, è stata accusata di applicare sovrapprezzi alle forniture per l’esercito americano.
Gestisce i contratti per la ricostruzione dell’industria petrolifera irachena.
(contractor)
FINMECCANICA (armi)
Le attività civili sul totale dei ricavi del Gruppo Finmeccanica sono passate dal 33 per cento del periodo
2002-2003 al 18 per cento del 2004-2005 e sono destinate, nelle intenzioni del management, ad essere
cedute. "Riconversione al contrario" per il secondo gruppo industriale italiano
LA MANCHA RESOURCES
L’impresa canadese è considerata un “highest offender” dei diritti umani dalla “Task Force
per il disinvestimento dal Sudan”. In joint venture con il governo sudanese per lo sfruttamento
delle miniere, contribuirebbe in modo decisivo al finanziamento del genocidio del Darfur
(industria mineraria)
gli anni ‘90 non voleva neanche assumersi la responsabilità di
quello che accadeva nelle fabbriche dove venivano realizzati i
suoi prodotti: violenze sessuali, punizioni corporali, condizioni
di lavoro disumane. Oggi invece l’impegno di Nike per il rispet-
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to dei diritti umani nelle fabbriche è esemplare.
Quali sono quindi queste nuove virtù dell’azienda?
La trasparenza, innanzitutto. Sul sito dell’azienda, www.nike.com,
Esclusa assieme ad altre sei imprese dal fondo previdenziale del governo norvegese perché sarebbe coinvolta
nella produzione di armi nucleari
si può trovare il rapporto sulla responsabilità sociale dell’azienda
“Innovate for better world” e la mappa delle fabbriche dove vengono prodotti abiti e scarpe a marchio Nike. È un passo molto importante perché in questo modo le associazioni locali di tutela dei
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diritti dei lavoratori e dell’ambiente possono verificare con mano
che cosa succede in tutte le fabbriche.
Ma com’è stato possibile un simile risultato?
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I NUOVI CATTIVI / 2
ABBIGLIAMENTO
BENI DI CONSUMO
AZIENDA
TRASPARENZA
IMPATTO AMBIENTALE
TUTELA DIRITTI UMANI
RESPONSABILITÀ SOCIALE ED ETICA
SUEZ
Privatizzazione dei servizi idrici nei Paesi del Sud del mondo (America Latina). Difficoltà di accesso all’acqua per le famiglie
povere in seguito ai rincari. Nel 2006 Suez è stato costretto a lasciare l’Argentina e la Bolivia
HUNTINGDON
LIFE SCIENCES
L’impresa inglese conduce test chimici e farmaceutici su 75.000 animali ogni anno. È la più grande società del genere
in Europa. A causa delle violente campagne di ecoterrorismo è stata costretta a posticipare il suo ingresso in borsa di 15 mesi
WAL MART
Nel 2006 Wal Mart ha annunciato piani per ridurre gli imballaggi e le emissioni di CO2. Ma il modello
di business della multinazionale è di per sé insostenibile perché dipende fortemente da catene
di approvvigionamento globali e si basa sullo spostamento di merci e clienti su lunghe distanze
Il più grande datore di lavoro del mondo continua ad essere considerato come una delle peggiori
multinazionali esistenti. Non paga i contributi sanitari a più della metà dei suoi dipendenti
ed è uno dei più noti trasgressori delle leggi sul lavoro e sui suoi standard minimi
YUE YUEN Inc.
Nel 2006 alcune fabbriche hanno ottenuto la certificazione ISO14001
Le denunce principali riguardano il management militaresco, straordinari obbligatori, paghe al di sotto
del minimo salariale, condizioni di lavoro insicure, contratti illegali, repressione dei sindacati
ARMANI
Uso di pellicce nei propri capi
Dopo il rapporto-denuncia della campagna Abiti puliti, ha rescisso il contratto con un fornitore
indiano che abusa dei lavoratori
VF CORPORATION (USA)
Sistema di controllo del codice di condotta interno
INDITEX (Spagna)
Pubblica un rapporto di sostenibilità sociale e ambientale, però povero
di informazioni rilevanti
Nel 2005 la Clean Clothes campaign denuncia le condizioni di lavoro in una fabbrica terzista in Bulgaria
per salari arbitrari, rifiuto di assunzione di donne incinte, salari sotto il livello di sussistenza, ambiente
di lavoro insalubre. L’11 aprile 2005, a Dhaka in Bangladeh, è crollato un edificio che ospitava due fabbriche
che lavoravano per Inditex, provocando la morte di 64 persone. Già prima della tragedia, la fabbrica
era stata teatro di incidenti gravi, per le condizioni di lavoro e di salario molto sotto il minimo legale
LVMH (Francia)
Il bilancio della controllante Christian Dior ha una sezione sui temi sociali
e ambientali, ma non sufficientemente dettagliata
Il rapporto “Parfum de scandale” di Greenpeace segnala che il profumo Poison di Dior contiene ftalati
e muschi sintetici, sostanze potenzialmente pericolose per la salute e l’ambiente
LEVI STRAUSS (USA)
Nel 2005 ha messo a disposizione del pubblico la lista dei suoi fornitori
PUMA (Germania)
Nel 2005 ha messo a disposizione del pubblico la lista dei suoi fornitori.
Pubblica un bilancio di sostenibilità, ma non entra nel dettaglio
FILA (USA)
Varie denunce circostanziate dall’associazione WRC per gli stabilimenti thailandesi (far East
Garment e First Apparel) per limitazione della libertà sindacale, violenzafisica, ambienti di lavoro
insalubri e insicuri. Altre denunce da FLA, dalla National Labora Committee, soprattutto rispetto
alle Zone economiche speciali di El Salvador e dello Sri Lanka
Ha filiali in paesi considerati paradisi fiscali dalla legislazione italiana (Hong Kong, Lussemburgo, Svizzera).
Compare tra i fornitori del Dipartimento della difesa USA
La capofila è certificata SA8000. Donna Karan Int.filiale statunitense di Lvmh, ha pagato
nel 2003 un indennizzo complessivo di 20 milioni di dollari a favore di 30.000 lavoratori
per violazione alle normative su salari, orari e altri diritti dei lavoratori, da parte di fornitori
localizzati a Saipan, isola del Pacifico sotto giurisdizione USA
Nel rapporto di sostenibilità 2004 si dice che sono state effettuate 2600 ispezioni indipendenti alle varie fabbriche,
ma non è precisato da parte di chi, né i risultati
Associazioni e sindacati stanno denunciando da anni le violazioni che riscontrano nelle fabbriche
che lavorano per Levi Strauss come terziste. Vari casi di abusi sono descritti in rapporti di WRC, e CCC
Nel 2003, due ex manager di Levi Strauss hanno accusato la multinazionale di falso in bilancio e transazioni fraudolente verso
filiali localizzate in paradisi fiscali per evitare le tasse
Puma fa produrre in conto terzi in paesi che vietano le libertà sindacali. Nello stabilimento
cinese Pou Tuen sono state riscontrate numerose violazioni: da straordinari sottopagati al clima
da caserma, dall’igiene precaria all’utilizzo di sostanze chimiche
Puma ha filiali a Hong Kong, Singapore e in Svizzera, considerati paradisi fiscali dalla legislazione italiana
Solitamente FILA non risponde agli appelli e sollecitazioni della società civile
e dei consumatori
Vari rapporti denunciano gravi violazioni in stabilimenti di terzisti in Cina e Indonesia: lavoro minorile,
salari sotto il minimo legale, condizioni igieniche precarie, mancato pagamento dei contributi sociali
Nel 2003 in USA,Jonathan Epstein, amministratore delegato di Fila USA si è riconosciuto colpevole e condannato
per falso in bilancio e false dichiarazioni. Fila hafiliali in paesi considerati paradisi fiscali dalla legislazione italiana
BASICNET (Italia)
Tende a evitare di discutere i temi contestati
Associazioni e sindacati denunciano da anni i salari al di sotto del minimo legale, mancato
rispetto delle libertà sindacali, insulti, intimidazioni e molestie
Ha filiali in Lussemburgo e Hong Kong, considerati paradisi fiscali dalla legislazione italiana
BATA (Canada)
È “avara” nella diffusione di informazioni. Non si conosce il bilancio consolidato
del gruppo
Ottiene parte dei suoi prodotti in paesi che ostacolano le libertà sindacali
È membro della Camera di Commercio Internazionale (IIC) e promuove attraverso la sua lobby la liberalizzazione
del commercio e degli investimenti
Secondo il suo stesso rapporto, Puma avrebbe attuato risparmi energetici e riciclaggio dei rifiuti
e l’eliminazione del PVC dai suoi prodotti. Secondo Greenpeace, le scarpe Puma contengono ftlati
e composti organostannici - potenzialmente pericolosi per l’uomo e l’ambiente
INTESA SAN PAOLO (Italia)
Nel 2005 e 2006 è stata la banca italiana maggiormente attiva nel commercio di armi
JP MORGAN CHASE
Finanzia i produttori di cluster munitions. Frode Fisco italiano per rimborsi d’imposta non dovuti
FINANZA
(USA)
CITIGROUP (USA)
Sostiene il nucleare.
KKR (USA)
Sostiene il nucleare.
Portale per i paradisi fiscali
UBS (Svizzera)
CARLYLE GROUP (USA)
Indagato per collusione nelle aste di acquisto e manipolazione dei bilanci
Controlla i produttori di armi e rifornisce l’esercito USA
HSBC (UK)
Appoggio finanziario a società attive nel taglio della foresta pluviale
BANCA ITALEASE (Italia)
Emissione di derivati ad alto rischio, proposti come protezione al rischio tassi
insieme ai contratti di leasing.
MONEY TRANSFER
Indagini in corso sulle movimentazioni dei money transfer per sospette attività
di riciclaggio di danaro e finanziamento al terrorismo
STANDARD & POOR’S,
MOODY’S (USA)
Certificazioni “generose” su titoli spazzatura
Merito delle enormi campagne di contestazione scoppiate a partire dai primi anni ‘90, che stavano danneggiando gravemente il
marchio Nike. Per salvarlo è stata disposta a cambiare la propria
politica e a investire molte risorse. Ma è stato un lavoro lungo.
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Finanzia i produttori di cluster munitions
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Nike ha iniziato ad imporre ai propri fornitori corsi di formazione
per la qualità e la sicurezza dei prodotti e per il rispetto dei diritti
umani dei lavoratori. Così non si limitava a intervenire ex-post,
ma ad agire sistematicamente sulla causa di quelle violazioni. E, ri-
Banca attiva nell’export italiano di armi
sultato importante, è stata coinvolta tutta l’azienda. Il concetto di
responsabilità sociale è stato esteso all’intero business.
Quindi non resta più niente per cui combattere?
Restano ancora delle questioni aperte: le ore di lavoro, i salari, il
coinvolgimento dei lavoratori nel processo decisionale, il diritto all’organizzazione collettiva. In molte fabbriche si lavora 18, 19 ore al
giorno. Non è sostenibile, né sano. Nike lo ha riconosciuto e ci sta
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CAMPIDOGLIO: ENI NELLA “BLACK LIST” DEGLI SPONSOR COMUNALI
È BENE PRECISARLO SUBITO: il suo parere non è vincolante. Ma la rilevanza politica
della decisione è evidente. Il Comitato etico del Comune di Roma ha consigliato
al Campidoglio di rifiutare sponsorizzazioni dal gruppo Eni Italgas. “Esistono – si legge
nel rapporto - circostanziate denunce relative a gravi violazioni in materia ambientale
da parte dei soggetti a cui partecipa il gruppo Eni in Nigeria”. In particolare,
il Comitato, presieduto dall’ex presidente della Corte costituzionale, Valerio Onida,
fa riferimento a una sentenza del novembre 2005 con la quale l’Alta Corte federale
nigeriana vieta all’Eni l’utilizzo del gas flaring (combustione diretta del gas dei pozzi
petroliferi). Una tecnica che provoca malattie respiratorie alle comunità del delta
del Niger, corrode i tetti delle case, danneggia i raccolti e devasta l’ecosistema.
Il dossier non si limita a inserire l’Eni nella “lista nera”. Propone, più in generale,
di rifiutare soldi da tutte le imprese petrolifere. Quello dell’oro nero è infatti “un settore
in cui è più facile e più frequente, a livello mondiale, che si verifichino scelte
e condotte discutibili dal punto di vista dei diritti umani e della tutela dell’ambiente”
lavorando. I salari poi sono ancora troppo bassi, non sono commisurati al costo della vita e ai bisogni essenziali delle famiglie, ma solo al minimo salariale del settore in quello stato. In molti paesi poi,
Usa compresi, non è garantito né rispettato il diritto all’organizzazione collettiva dei lavoratori.
Ma non vi preoccupate delle aziende più piccole? Possono provocare danni anche maggiori di una multinazionale, passando però inosservate…
È vero. Noi di Iccr ci occupiamo soprattutto delle aziende con
un’articolata catena di approvvigionamento, dove cioè la produzione viene in gran parte affidata all’esterno, a fabbriche situate
nei paesi dove la manodopera costa meno, Cina, Corea, Centro
Disposti a tutto
per una buona reputazione
America, e dove lavoratori e ambiente non vengono tutelati. Strutture del genere sono tipiche dei
grandi marchi. Ma cerchiamo di seguire anche le
aziende meno conosciute, che oggi possono essere
più pericolose dei grandi marchi. Ad esempio la
“Collective brand”, un’azienda americana di abbigliamento sportivo, con sede in Kansas. Ha 5000 outlet retail in tutti gli Usa e vende marchi piccoli, a prezzo medio-basso, che fa produrre per lo più
in Cina. Non ha codici di condotta, ma solo regole generali, come
“i dipendenti devono essere buoni cittadini” e “bisogna supportare programmi che migliorino la qualità della vita”. Regole così generali non significano niente. Aziende del genere dovrebbero essere sottoposte alla stessa pressione dei marchi leader.
.
Campagna “Il mio danaro. Senza
scrupoli?” di Netwerk Vlaanderen e altre
organizzazioni che cercano di spingere il
mondo finanziario e i risparmiatori verso
investimenti responsabili.
I grandi marchi farebbero qualsiasi cosa per guadagnarsi una buona reputazione. Quella di Barilla e Ferrero è ottima, tra le prime dieci al mondo, spiega Davide Ravasi della Bocconi
BARILLA HA LA REPUTAZIONE MIGLIORE AL MONDO.
Ha infatti conquistato il primo posto nella classifica
(vedi TABELLA a pag. 31) stilata dal Reputation Institute
di New York e pubblicata dalla rivista Forbes (novembre 2006), che valuta 300 tra le
di Elisabetta Tramonto
più grandi imprese di tutto il mondo in base alla loro reputazione. Un fattore che per le aziende
conta anche più delle vendite, perché determina il loro successo nel tempo. Per difenderla, o per ripulirla
dopo uno scandalo, i grandi marchi sono disposti a
spendere enormi risorse. Lo hanno fatto Nike, Adidas,
Coca Cola, McDonald’s e molti altri colossi, che hanno investito in sistemi di monitoraggio dei fornitori,
in nuovi impianti ecologici, in programmi di sostegno
ai paesi in via di sviluppo. Perché? Lo spiega Davide
Ravasi, professore associato di strategia al dipartimento di management dell’Università Bocconi di Milano.
L
A NOSTRA
Fino a che punto per un’azienda è importante
la propria reputazione?
Tanto più quanto più è sotto la lente della stampa, delle Ong, della campagne a tutela dei diritti umani e dell’ambiente. Più un’impresa ha visibilità, più è probabile che venga sottoposta a boicottaggi e a campagne
denigratorie.
Davide Ravasi,
professore associato
di stategia
all’Università Bocconi
di Milano.
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La si può misurare?
Sì, usando strumenti e metodi diversi, come la classifica delle Most Admired Companies della rivista Fortune, l’indice Reptrak sviluppato dal Reputation Institute. Quello che è più difficile misurare è il suo valore,
quanto esattamente contribuisce – in positivo o in ne-
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gativo – alle vendite, ai margini e ai profitti. Spesso il
valore della reputazione si manifesta nei differenziali
di prezzo o di vendite nel corso del tempo o tra imprese diverse. In America, ad esempio, una stessa macchina prodotta dalla Ford e dalla Toyota nello stesso
stabilimento, venduta poi con modifiche trascurabili
e sotto nomi diversi, ha un prezzo più alto e si deprezza meno quando porta il marchio Toyota. Perché
la Toyota ha una reputazione di maggiore affidabilità
e il cliente è, quindi, disposto a pagare di più. Molte
grandi imprese monitorano costantemente l’evoluzione della loro reputazione, cercando di correlare
l’andamento delle vendite, ma anche le reazioni dei
consumatori e dell’opinione pubblica, con le azioni
che compiono ogni giorno, con le decisioni prese.
Oggi conta più di ieri?
Da sempre le imprese hanno prestato attenzione alla
propria immagine. Oggi però è aumentata la sensibilità dei consumatori e l’attenzione della stampa, delle
Ong e dei gruppi di pressione sull’opinione pubblica.
Il tutto amplificato da Internet. Si diffonde sempre più
un concetto di consumo responsabile, anche se i valori assoluti non sono ancora elevatissimi.
Sempre più acquirenti cioè si pongono il problema
di come vengono realizzati i prodotti che acquistano;
dell’impatto sociale e ambientale delle loro scelte, non
solo di consumo ma anche di investimento. In Rete si
moltiplicano i siti che comparano i marchi, raccolgono le lamentele, denunciano violazioni. L’attività
comparativa della stampa, anche on line, rende più
trasparente ciò che un’azienda compie. Le imprese
sembrano avere acquisito maggiore consapevolezza
dei rischi che corrono nel non prestare attenzione alla propria reputazione.
Quali sono quindi i rischi di una cattiva reputazione?
Un danno all’immagine si può ripercuotere direttamente sulle vendite, ma non è l’unica preoccupazione di un’azienda. Ci vuole tempo e fatica per costruirne un marchio solido e riconoscibile. Campagne di
protesta, boicottaggi, denunce possono distruggere la
credibilità di un’azienda. Si pensi a Nestlé che sta pagando ancora oggi per le sue pratiche commerciali irresponsabili messe in atto trent’anni fa o più con la
vendita di latte in polvere nei paesi africani.
E, nonostante gli sforzi compiuti per ricostruire la
propria reputazione, basta un passo falso, come l’accusa di comportamenti collusivi nel settore del latte in
polvere o la controversia innescata con il governo dell’Etiopia per riavere indietro le proprie fabbriche nazionalizzate, per rilanciare proposte di boicottaggio. Ci sono poi casi estremi come la società di revisione Arthur
Andersen, che ha chiuso i battenti a cuasa dello scandalo Enron. Si può anche arrivare a, non rare, cause legali. Nike ha iniziato a effettuare rigidi controlli sui suoi
fornitori solo dopo aver perso una causa per informazione scorretta agli investitori, legata a rapporti sulla responsabilità sociale stilati in modo grossolano e poco
preciso, e aver pagato una multa molto consistente.
CATTIVI
SEMPRE PIÙ VELOCI
LE POLITICHE DEI GRANDI MARCHI sono in continua
e rapida evoluzione, mentre le battaglie per i diritti dei lavoratori
nella globalizzazione sono rimaste indietro agli anni 80 e 90.
Lo sostiene Susan George, del Transnational Institute, intervenuta al forum
per un’economia diversa organizzato dalla campagna Sbilanciamoci
a Marghera dal 6 al 9 settembre scorso.
Quali sono oggi le peggiori imprese transnazionali?
Sono senz’altro le grandi banche – che grazie alle continue acquisizioni
e fusioni hanno ormai dimensioni giganti e possono determinare le politiche
economiche di un paese – e i grandi fondi d’investimento, dagli hedge fund
in poi. Sono quasi totalmente non regolamentate e hanno lobby molto potenti
a Bruxelles e altrove, anche se oggi la Commissione Europea e in particolare
il Commissario per il commercio non hanno più bisogno di intermediari.
Sotto quale aspetto?
La nuova veste della cosiddetta Costituzione europea – bocciata da francesi,
danesi e sospesa negli anni scorsi, ma oggi ripresa sotto forma di emendamenti
al Trattato di Maastricht – è cucita sugli interessi delle imprese multinazionali,
sia per quanto riguarda i diritti dei lavoratori,
sia per la spinta ultraliberista. Il lavoro delle lobby
diventa quasi superfluo.
Dopo anni di campagne sulla responsabilità
sociale d’impresa, sono migliorate veramente
le condizioni dei lavoratori nei grandi gruppi
industriali?
In un certo senso sì: oggi chi lavora
per una multinazionale europea o statunitense
Susan George, ha un buon salario e un ambiente dinamico
del Transnational e stimolante. Generalmente i diritti sono rispettati
Institute.
e le “corporation” sono “buoni” datori di lavoro.
Il problema è che tutta la parte produttiva è fatta
da subfornitori in paesi dove le condizioni di lavoro sono pessime e inumane.
Ma questo non è il loro problema: quello che interessa alle multinazionali
è tenere il prezzo basso; come il fornitore riesca a garantirlo non li riguarda.
Quale deve essere allora il target delle campagne contro
gli “sweatshops” (aziende che sfruttano manodopera)?
Non ci sono più “sweatshops”! O meglio, sono nascosti alla nostra vista, sempre
più remoti, distanti. Si può continuare a puntare il dito sull’industria mineraria,
petrolifera, le cartiere e provare i loro danni ambientali. Ma le battaglie
per i diritti dei lavoratori nella globalizzazione sono rimaste indietro agli anni
80 e 90. Oggi il rischio reputazionale dei grandi marchi è salvaguardato
e provare gli abusi nelle grandi fabbriche in paesi a-democratici è diventato
molto difficile. Ci vuole tempo per organizzare le battaglie – nel frattempo,
i “cattivi” si sono spostati e sono anni avanti.
Jason Nardi
Come si può difenderla?
Con dei comportamenti coerenti, resi pubblici attraverso
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ASAQ. A come adattato. S come semplice. A come
accessibile. Q come di qualità. E, soprattutto, gratuito
(o quasi). Le Monde lo ha definito “sconvolgente”
per le multinazionali di tutto il mondo. Parliamo
di un medicinale anti-malaria prodotto dalla DNDi (Drugs
for Neglected Diseases
iniziative, ente non-profit
creato da Medici senza
frontiere nel 2003)
in collaborazione con una delle più grandi industrie
del farmaco, la francese Sanofi-Aventis. Tecnicamente
è una un combinazione in dose fissa dei due principi
attivi, l’artesunato e l’amodiaquina.
Storicamente può essere considerato una rivoluzione.
Perché il costo di un intero trattamento a base di Asaq
non supererà un dollaro per un adulto e 50 centesimi
per un bambino. Perché il medicinale consentirà
ai pazienti di assumere solamente due pillole al giorno
(contro le otto necessarie negli attuali trattamenti).
Ma, più di ogni altra cosa, perché la nuova formulazione
non sarà brevettata: chiunque potrà produrla liberamente
e ciò contribuirà ad abbassarne ulteriormente il prezzo.
Una rivoluzione per milioni di malati, sopratturo bambini.
«Asaq – sottolinea Christophe Fournier, presidente di Msf –
dimostra la validità di un nuovo approccio alla ricerca
medica, focalizzato sui bisogni dei malati». Al servizio,
per una volta, solamente della vita.
A.B.
CLASSIFICA REPUTAZIONE
INDICE REPTRAK 2006
una comunicazione trasparente. Puntare solo sulla comunicazione, senza che questa sia suffragata da comportamenti
concreti, è difficilmente sostenibile nel lungo periodo.
Comporta dei costi notevoli?
Certo, ma per molte aziende sono inferiori a quelli che
dovrebbe sostenere se la sua immagine fosse danneggiata o se fosse citata in giudizio. Questo non vale in
tutti i casi, naturalmente. Non sempre cioè i benefici
superano i costi. Dipende da quanto si è esposti a una
ritorsione pubblica.
Non per tutti la reputazione ha lo stesso peso, quindi?
No, per un’azienda conta la reputazione percepita da
chi ha la possibilità e l’interesse, direttamente o indirettamente, di penalizzarla. Ci sono imprese che compiono delle vere stragi ecologiche, ma non vengono
minimamente danneggiate perché la gente non lo sa
o, in altri casi, non ha gli strumenti per fare qualcosa.
Se ad esempio, la Nestlè ha una cattiva reputazione, i
consumatori possono decidere di non acquistare i suoi
prodotti e incidere quindi negativamente sulle sue
vendite. O, in altri casi, possono esercitare pressioni
sui governi nazionali perché non concedano autorizzazioni, ad esempio, nei paesi in via di sviluppo. Se invece è un’azienda che si occupa dell’estrazione di minerali ferrosi a compiere azioni socialmente
riprovevoli, è difficile che l’opinione pubblica lo venga a sapere ed è quasi impossibile poterla danneggiare
dal momento che il consumatore finale non ha modo
di rintracciare i prodotti dell’impresa all’interno dei
propri acquisti.
.
LIBRI
Felice Casson
La fabbrica dei veleni
Sperling & Kupfer,
2007
Ogni Petrolchimico
in Italia ha lasciato
dietro di sé uno
strascico di morti
che ancora aspettano
giustizia e di
devastazioni ambientali
di cui le imprese
non si sono assunte
la responsabilità.
Felice Casson,
pm nel processo
al Petrolchimico
di Marghera
ne ricostruisce
l’iter, le connivenze
e le difficoltà
di arrivare a sentenza.
Un altro
modello possibile
Mentre le certificazioni sociali sono sempre più richieste dai consumatori, le istituzioni europee sono in ritardo negli standard.
ratiche sleali verso la concorrenza e i consumatori,
discriminazione contro le donne, lavoro forzato, lavoro minorile, corruzione, nessuna libertà di associazione, ogni volta che si legge l’elenco dei diritti mancanti
di Paola Baiocchi
o delle vessazioni diffuse nel
mondo del lavoro vengono i brividi. Possibile che ancora esistano
pratiche del genere? Sì, ma non in tutto il mondo e comunque
molto è stato fatto, dice il rapporto 2007 sullo stato del business
responsabile di Eiris (Ethical Investment Research Services) l’organizzazione indipendente con sede a Londra che da 25 anni studia
l’impegno ambientale e sociale delle imprese e la loro governance:
P
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AZIENDA
Il logo della campagna
contro le banche
armate.
www.banchearmate.it
per le aziende la responsabilità sociale d’impresa (Corporate Social
Responsability) è passata dall’essere considerata un’attività filantropica, a far parte integrante dell’organizzazione societaria. Anche se sembra più facile conquistare il rispetto dell’ambiente che
quello dei diritti umani.
Cosa significa Csr (o in italiano Rsi, responsabilità sociale d’impresa) lo spiega la definizione del Libro Verde dell’Unione europea:
“La Csr è l’integrazione volontaria da parte di imprese (ma più in
generale enti, organizzazioni profit e non profit) delle problematiche sociali ed ecologiche nei rapporti con tutti i soggetti interessati, al di là delle prescrizioni legali e degli obblighi contrattuali”.
Un’idea dell’impresa che Adriano Olivetti nel secolo scorso
FONTE: REPUTATION INSTITUTE, 2006. I DATI SUL FATTURATO SONO CALCOLATI DA FORBES E RIFERITI AL 2005 O PUBBLICATI SUL SITO DELL’AZIENDA,
A PARTE QUELLE SEGNATE CON L’ASTERISCO. * FATTURATO 2005 DA HOOVERS.COM. ** FATTURATO 2004 DA HOOVERS.COM
MALARIA
UNA RIVOLUZIONE IN PILLOLE
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
13
17
18
19
20
23
27
31
33
34
36
38
41
42
47
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50
55
56
60
62
64
67
69
76
77
80
99
103
106
120
122
123
124
131
139
140
158
166
173
PAESE
SETTORE PUNTEGGIO REPTRAK 2006
Barilla Holding
Italy
Alimentare
LEGO Holding A/S
Denmark
Beni di consumo - giocattoli
Deutsche Lufthansa AG
Germany
Aereo e aerospaziale
IKEA International A/S
Sweden
Arredamento
Compagnie Generale des Etablissements Michelin
France
Automobilistico
Toyota Motor Corp.
Japan
Automobilistico
A.P. Moller-Maersk A/S
Denmark
Trasporti e logistica
Ferrero SpA
Italy
Alimentare
Samsung Electronics Co. Ltd.
South Korea
Elettronica
Kraft Foods Inc.
USA
Alimentare
Johnson & Johnson
USA
Farmaceutico
Tesco PLC
UK
Vendite alimentari al dettaglio
BMW AG
Germany
Automobilistico
Honda Motor Co. Ltd.
Japan
Automobilistico
Tata Group
India
Multinazionale
PepsiCo Inc.
USA
Bevande
Walt Disney Co.
USA
Informazione & Media
Luxottica Group
Italy
Beni di consumo - occhiali
Coop Italia
Italy
Vendite al dettaglio
Airbus S.A.S.
France
Aereo e aerospaziale
Robert Bosch GmbH
Germany
Elettronica
Canon Inc.
Japan
Elettronica
Nokia Corp.
Finland
Telecomunicazioni
Vestas Wind Systems A/S
Denmark
Pale eoliche
Sharp Corp.
Japan
Elettronica
3M Co.
USA
Prodotti per l’industria - chimica
L’Oreal S.A.
France
Beni di consumo - cosmetici
Groupe Danone
France
Alimentari
Bridgestone Corp.
Japan
Automobilistico - pneumatici
Heineken N.V.
Netherlands
Bevande
Carlsberg A/S
Denmark
Bevande
Sony Corp.
Japan
Elettronica
Siemens AG
Germany
Elettronica
Esselunga Group
Italy
Vendite al dettaglio
Intel Corp.
USA
Computer
Statoil ASA
Norway
Energia
Volvo AB
Sweden
Automobilistico
Motorola Inc.
USA
Telecommunications
Pirelli & Co.
Italy
Automobilistico - pneumatici
Coca-Cola Co.
USA
Bevande
Hewlett-Packard Co.
USA
Computer
Indesit Company
Italy
Elettronica - elettrodomestici
Peugeot S.A.
France
Automobilistico
Nestle S.A.
Switzerland
Alimentare e tabacco
Volkswagen AG
Germany
Automobilistico
Microsoft Corp.
USA
Computer
H & M Hennes & Mauritz AB
Sweden Vendite al dettaglio - abbigliamento
GlaxoSmithKline PLC
UK
Farmaceutico
Mediaset Group
Italy
Informazione & Media
Assicurazioni Generali S.p.A.
Italy
Finanza-assicurazione
FATTURATO 2005 ($MIL)
87.79
86.58
84.09
84.08
83.79
83.15
83.15
82.98
82.57
81.82
81.07
79.65
79.58
79.55
79.41
78.85
78.65
77.68
77.44
77.41
77.26
77.02
76.85
76.80
76.38
76.27
76.12
75.48
75.38
75.29
75.23
75.17
75.11
75.09
74.47
74.43
74.18
72.44
72.22
72.06
71.27
71.16
71.11
71.11
70.46
70.01
69.97
69.12
68.89
68.52
5,522**
1,380
21,353
18,088
18,428
179,024
33,058
5,664**
79,501
34,113
50,514
69,218
55,149
84,317
17,878*
32,562
31,944
5,578
15,000
28,313
49,759
31,798
40,415
4,243
23,803
21,167
17,178
15,395
22,796
12,761
6,160
63,616
90,679
5,200
38,826
57,808
30,233
36,843
5,803
23,104
86,696
3,830
66,509
69,153
112,610
44,282
7,569
37,216
4,695
90,895
Il Reputation Istitute ogni anno stila una classifica che misura la reputazione delle imprese. Per realizzarla sono state intervistate 30 mila persone in tutto il mondo. La reputazione è un fattore
fondamentale per la vita di un’impresa. In base ad essa un cliente decide se acquistare un prodotto e un investitore se investire in un azienda. Da non confondere con un giudizio etico. Una
buona reputazione non necessariamente coincide con un comportamento impeccabile.
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ANNO 7 N.53
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OTTOBRE 2007
| valori | 31 |
| dossier | nuovi cattivi |
ROBERTO CACCURI / CONTRASTO
| dossier | nuovi cattivi |
DAI 35 GIORNI ALLA FIAT
ALL’IMPEGNO SOCIALE PERMANENTE
“NON MI BASTA MAI” (FILM DOCUMENTARIO, ITALIA 2000)
Qual è la responsabilità sociale di una grande impresa quando decide
di “decapitare” le avanguardie sindacali? Lo raccontano Guido Chiesa
e Daniele Vicari in “Non mi basta mai”, il coinvolgente film-documentario
nato da un’idea di Pietro Perotti operaio comunista e filmaker
che durante i 35 giorni della lotta alla Fiat
del 1980 ha filmato tutto, anche la famosa
votazione sotto la pioggia in cui gli operai
bocciano l’ipotesi di accordo ma il sindacato
chiude lo stesso la vertenza, consentendo
Pietro Perotti
alla Fiat di mettere in cassa integrazione
e le sue sculture
per 3 anni 23mila operai.
di gommmapiuma.
Nel film ci sono le bellissime immagini
d’epoca girate da Perotti che si incrociano con il racconto delle strade
che hanno intrapreso ora i cinque che continuano tutti, a modo loro,
ad impegnarsi nel sociale; ma soprattutto nel film si individua bene
l’inizio dello sbriciolamento delle conquiste dei lavoratori, che hanno
portato all’attuale precarizzazione. Durante la cassa integrazione
dall’80 all’84 sono stati 149 gli operai che si sono suicidati, mentre
quasi nessuno dei 23mila è riuscito a tornare al proprio posto di lavoro
ma è stato assegnato a reparti confino o in rami d’azienda poi ceduti.
| 32 | valori |
ANNO 7 N.53
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OTTOBRE 2007
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aveva cominciato a realizzare, immaginando l’attività industriale
armonicamente inserita nel territorio e che al territorio restituisce
quanto gli sottrae. L’Olivetti arrivava ad intervenire per la conservazione delle case tipiche del canavese, la zona dove aveva sede,
ma soprattutto aveva capito l’importanza dell’apporto creativo di
ogni lavoratore, perfino in catena di montaggio e puntava alla loro valorizzazione, anche con le biblioteche di fabbrica e le pause
mensa lunghe per leggere. Un modello che aumentava la produttività e la qualità, ma venne fortemente osteggiato dalla Fiat e, più
in generale, dalla tradizionale concezione fordista del lavoro.
Le imprese europee dice, il rapporto Eiris, sono quelle che hanno più sviluppato pratiche di business responsabile, a casa propria
e con i fornitori extraeuropei, rispondendo alle richieste degli investitori, alle pressioni delle Ong e al quadro legislativo che ogni
nazione si è dato. Anche con il contributo delle lotte dei lavoratori, bisogna aggiungere; ne è un esempio l’articolo 41 della nostra Costituzione che per prima nel mondo mette al centro il lavoro e non la proprietà. Il sociale e non il profitto individuale.
É l’Europa dove sono maggiormente sviluppati gli investimenti
responsabili, anche se ci sono significative esperienze di questo tipo
in Nord America, in Australia/Nuova Zelanda e in Giappone: anche
nei mercati emergenti sono stati lanciati alcuni fondi di investimento responsabili. Eiris valuta che, l’ammontare complessivo di fondi
responsabili sia negli ultimi dieci anni di 4mila miliardi di dollari.
A fronte dell’interesse dei cittadini europei, le istituzioni delle
Ue a proposito di Csr, si stanno muovendo abbastanza lentamen-
IN RETE
AGENZIE DI RATING ETICO
www.eiris.org
www.vigeo.com
ORGANIZZAZIONI PER LA TUTELA
DEI DIRITTI UMANI E DELL’AMBIENTE
www.amnestyusa.org
(Amnesty International)
o www.amnesty.it (la sezione italiana)
www.oxfam.org
www.hrw.org (Human Rights Watch)
www.humanrightsfirst.org
www.sa-intl.org
(Social Accountability International)
www.verite.org
www.business-humanrights.org
www.stopcorporateabuse.org
www.iccr.org (Centro Interreligioso
sulla Responsabilità Sociale)
www.globalexchange.org
www.chinalaborwatch.org
www.mexicosolidarity.org
www.madeindignity.be
www.cleanclothes.org
www.banktrack.org
www.asyousow.org
www.cds.aas.duke.edu
(Student Action with Farmworkers)
www.studentsagainstsweatshops.org
(United Students Against Sweatshops)
www.sacom.hk (Students and Scholars
Against Corporate Misbehavior,
situate a Hong Kong)
www.goodelectronics.org
(rete internazionale per la tutela
dei diritti umani e dell’ambiente
nel settore elettronico)
www.eicc.info (Electronic Industry
Code of Conduct Implementation Group,
codice etico a cui aderiscono molte
imprese del settore elettronico)
www.greenpeaceusa.org
www.wri.org
www.foe.co.uk (Friends of the Earth)
Molto dibattito
sulla CSR-RSI
a livello
europeo
ma il rischio
della delega
alle imprese
è enorme.
Anche quando
esistono
formule
costituzionali
eccellenti
A sinistra, una bambina
nella sua casa a Phnom
Penh. Il paese asiatico
è privo di controlli e tutele
contro il lavoro minorile.
Cambogia, 1999
te. Il 13 marzo scorso il Parlamento europeo ha emesso una
risoluzione che contiene molte
osservazioni interessanti, per
esempio che la Csr deve “affrontare nuovi ambiti come
l’apprendimento lungo tutto
l’arco della vita, l’organizzazione del lavoro, le pari opportunità, l’inclusione sociale, lo sviluppo sostenibile e l’etica, così da fungere da strumento
supplementare per la gestione del cambiamento industriale e delle
ristrutturazioni”. Nello stesso documento riconosce “che molte
imprese effettuano già un intenso e crescente sforzo per ottemperare alle proprie responsabilità sociali” ma - visto che i mercati e le
imprese sono a livelli differenti - l’Europa ritiene che un “metodo
universale che cerchi di imporre alle imprese un unico modello di
comportamento non sia appropriato”. Insomma, si sceglie di mantenere le differenze nei diritti e nell’organizzazione del lavoro sia tra
il Nord e il Sud dell’Europa, che nel resto del mondo. Ancora oggi
l’articolo 41 della Costituzione italiana sembra un modello unico:
“l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza,
alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i
controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata
possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
.
LA FABBRICA DELL’ETHICA
ILCASO REGIONE TOSCANA
CON 576 IMPRESE CERTIFICATE, l’Italia è oggi il paese con il maggior
numero di imprese “socialmente responsabili” al mondo secondo
gli standard del sistema SA8000. Più di un terzo di queste aziende sono
toscane, frutto di sei anni di politiche di diffusione e incentivazione
alla responsabilità sociale d’impresa della Regione Toscana, attraverso
la sua Fabrica Ethica. L’iniziativa si avvale del lavoro di una squadra
dedicata, che offre un servizio di tutoraggio e accompagnamento
per le imprese che vogliono intraprendere il percorso di certificazione,
ma anche microcredito, interventi nelle scuole, incentivi e agevolazioni
specifiche e un ricco sito di riferimento – www.fabricaethica.it
Dopo l’emanazione di una legge regionale specifica (la n.17/06
“Disposizioni in materia di responsabilità sociale delle imprese”),
la Toscana ha introdotto il concetto di “tracciabilità sociale” e una
serie di agevolazioni che prevedono anche i bilanci di sostenibilità.
È stata ricostituita e allargata la Commissione Etica Regionale,
passata da 25 a 39 membri, includendo rappresentanti dell’università,
di associazioni ambientaliste e dei consumatori, con riunioni mensili
e gruppi di lavoro tematici. In sei anni e con un investimento
di 30 milioni di euro - che ha permesso di offrire incentivi che vanno
dall’abbattimento del 50% dei costi di consulenza e certificazione
(anche su ambiente e qualità) e di un abbattimento dell’IRAP del
0.50% - il numero di richieste di certificazione è esploso. In uno studio
che ha preso in considerazione 45delle aziende toscane certificate,
con l’analisi di 6 casi specifici, emerge che i settori rappresentati
sono abbastanza eterogenei, dall’azienda chimica alla pelletteria,
dalla ristorazione ai trasporti. “Sono, in generale, aziende stabili
o in espansione (considerando la forza lavoro impiegata negli ultimi
anni) e ottimiste (non prevedono flessione del proprio organico
nel prossimo futuro),” afferma il rapporto.
Tra le 186 imprese toscane “responsabili” figurano Gucci, Trenitalia
(relativo alla gestione toscana), Coop Italia, Ataf e altri enti di trasporto
pubblico e privato, Monnalisa (abbigliamento per teenager), un numero
rilevante di aziende della filiera della pelletteria, SAT (società che gestisce
l’Aereoporto di Pisa), fino al call center MetaMarketing Services srl.
C’è anche Roccastrada (GR), il primo comune toscano a certificare
il suo sistema di gestione del personale, del patrimonio e dei servizi erogati
per rispondere alle norme ISO 14001 e SA 8000.
In collaborazione con Mani Tese e altre Ong toscane che lavorano
con le scuole del territorio, è in programma un percorso che affianca
quello sui diritti umani, aggiungendo i diritti dei lavoratori e RSI, oltre
alla visita guidata alle aziende certificate, in particolare nei distretti
industriali attivati con Fabrica Ethica. Sono previsti interventi in oltre
30 scuole della regione. Di tutte queste imprese, la certificazione offre
un segnale importante, ma è debole su tutto l’aspetto della filiera lunga,
dove è difficile monitorare i comportamenti di fornitori e subfornitori.
Per questo servono altri strumenti. “Il marchio SA8000”, affermano
a Fabrica Ethica, “non è il punto di arrivo,ma solo l’inizio di una reale
responsabilità, da riconoscere e di cui farsi sinceramente carico”.
Jason Nardi
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ANNO 7 N.53
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OTTOBRE 2007
| valori | 33 |
| lavanderia |
Finmeccanica
Arriva il manager
delle tangenti
di Paolo Fusi
L MIGLIORE PESCE D’APRILE DEL 2007 È CERTAMENTE QUELLO DI FINMECCANICA.. Il gruppo guidato dall’emerito
Guarguaglini il primo aprile si è regalato, infatti, un manager di caratura internazionale, Steve Mogford.
L’annuncio è stato fatto in sordina, pur sottolineando la soddisfazione da parte degli italiani per il fatto
che uno dei manager più famosi al mondo nel mercato legale delle armi decidesse di passare alla guida
di un’industria italiana. Silenzio assoluto da parte dello Stato. Strano. Prima di venire a Finmeccanica,
per sei anni Steve Mogford è stato responsabile per le vendite di BAES British Aerospace System, una
delle tre più grandi industrie di morte del pianeta. Mogford ha lasciato la BAES perché è stato licenziato
in tronco. Poverino. Poverino sì, perché si tratta di una vittima sacrificale per salvare la pelle al Grande
Capo della BAES, Mike Turner, invischiato fino al collo in una serie di inchieste penali per corruzione
e traffico d’armi in Gran Bretagna, in Svizzera ed in Svezia. Una storia semplice ed esemplare di come
gli Stati vendano armi in questo secolo cinico e baro. La storia comincia negli anni ’80, quando la BAES,
attraverso la mediazione di Margaret Thatcher, firma un contratto ventennale che assicura alla fabbrica
inglese l’esclusiva sugli armamenti dell’aviazione Saudita. L’accordo, chiamato Al Yamamah, porta
nelle casse della BAES 100 miliardi di Euro. Roba da risanare l’Italia in un colpo solo. Ma non tutti questi
miliardi finiscono nelle casse della BAES. Una parte consistente (circa il 10%, parrebbe) viene pagato
in mazzette, mazzettine, regali e pensierini affettuosi. La cosa
Steve Mogford licenziato
salta fuori nel 2004, quando lo SFO Serious Fraud Office,
da Bae Systems per sospette
un’unità speciale di Polizia creata da Tony Blair e fortemente
tangenti è stasto assunto
controllata politicamente dal suo partito, apre un’inchiesta
dall’azienda pubblica senza
nessuna informazione sul ruolo per truffa e corruzione, minacciando la chiamata a correo
del cugino del Re dell’Arabia Saudita, lo sceicco Sultan.
reale che dovrà assumere
Gli Arabi minacciano ritorsioni economiche, Tony Blair blocca
l’inchiesta con l’avocazione del segreto di Stato. Il tutto, si capisce subito, è il frutto di una faida interna
al Partito Laburista. Ma non finisce qui. La SFO continua ad analizzare l’operato dell’uomo chiave
nel sistema di corruzione della BAES, per l’appunto Steve Mogford, e richiede aiuto alle autorità elvetiche,
le quali, con insolita celerità, raccolgono prove schiaccianti non solo sull’affare AlYamamah, ma anche
su altri scherzetti compiuti da Turner e Mogford. Salta fuori che Mogford lavora anche con Wafik Said
– un trafficante siriano che si nasconde a Montecarlo – e Sailesh Vithlani, un trafficante indiano che vive
a Dar-es-Salaam. Il dossier della Polizia Federale svizzera pare essere talmente scottante che le sutorità
inglesi decidono di non volerlo ricevere – con scorno e scherno degli svizzeri, un cui ministro commenta:
«E poi siamo noi quelli con gli scheletri nell’armadio che puzzano per la mancata indipendenza
della magistratura». Cosa diavolo tratta BAES con dei trafficanti d’armi? Mogford non ha voluto dirlo.
Per questo l’hanno cacciato via con disonore. Nel frattempo, però, le autorità svedesi, che non riescono
a vendere i loro aeroplani da guerra, hanno aperto un’inchiesta per concorrenza sleale ed hanno
richiesto il dossier elvetico. Ed hanno scoperto subito che Mogford ha corrotto metà della Tanzania
per far comprare loro un impianto radar che da oggi in poi impedirà agli UFO di attaccare il Parco
Nazionale. Il costo: metà del PIL della Tanzania. Ora stanno aprendo gli armadi chiamati Uruguay,
Turchia, Yemen, Iraq, Egitto, Liberia, Cechia, Qatar… ma Guarguaglini, almeno lui, gode?
I
CISL
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ANNO 7 N.53
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OTTOBRE 2007
| valori | 35 |
| inbreve |
| inbreve |
CalPERS: il fondo che batte Terminetor >38
La ricetta di Chris per la pensione degli insegnanti >40
Le banche a Roma non danno credito alle periferie >42
finanzaetica
APRE NEL CENTRO
DI PALERMO
LA FILIALE
DI BANCA ETICA
GREENSPAN
BOCCIA
LA FINANZA
DI BUSH
INVESTIMENTI
DISCUTIBILI
NELLA GIUSTIZIA
MILITARE
NELL’INSIDER
TRADING
C’È L’OMBRA
HEDGE FUND
IL SINDACO DI PARTINICO
ESCLUDE
DALL’AMMINISTRAZIONE
I COLLUSI CON LA MAFIA
“SCUOLA DELLA
REPUBBLICA”
BLOCCA I SOLDI
ALLE PRIVATE
Dal 18 settembre è attiva la filiale palermitana
di Banca Etica, al civico 24 di via Catania.
Banca Popolare Etica ha dedicato negli ultimi anni
sempre più risorse e attenzione al Sud Italia,
inserendolo tra i punti strategici dello sviluppo
dell’attività dell’istituto per i prossimi anni. Un impegno
particolare è quello di divulgare la cultura della legalità,
che trova in Sicilia la sua simbologia più riconosciuta.
«In una terra così martoriata, è necessario realizzare afferma Mario Crosta, direttore generale dell’unica
banca italiana ispirata alla finanza etica - opportunità
di lavoro, utilizzando strumenti finanziari che permettano
di sviluppare idee e valorizzare le risorse dell’isola.
E ci siamo adoperati per promuovere progetti
di microcredito imprenditoriale finalizzati a creare
piccole imprese nel campo del turismo sostenibile,
dell’agricoltura, della produzione e commercializzazione
dei prodotti biologici e dell’artigianato». Sull'isola
sono presenti circa 600 soci di Banca Etica organizzati
in due circoscrizioni, Sicilia Orientale e Occidentale.
All’attivo ci sono già 550 conti correnti
e una significativa propensione ai finanziamenti
al di là dell'entità della raccolta, a testimonianza
che l’impegno al Sud è una precisa scelta della banca.
Gli impieghi si concentrano maggiormente
nel finanziamento di cooperative sociali di tipo B
che operano sui terreni confiscati alla mafia, nel turismo
responsabile, nel sociale e nell'agricoltura biologica.
Si terrà il 15, 16 e 17 novembre l’inaugurazione
ufficiale della filiale con tre giorni di convegni
e di festa. «Parleremo alla città e alla regione
- dice Stanislao Di Piazza, il neo direttore - qualificando
la nostra presenza come un altro tassello della lotta
per la legalità e il benessere civile. Proprio in questo
periodo stiamo finalizzando una convenzione
con il comitato Addio Pizzo per sostenere la lotta
all’illegalità di cittadini coraggiosi».
Una mazzata che Bush
e i repubblicani non si aspettavano
è arrivata da Alan Greenspan,
repubblicano e fino al 2006
governatore della Fed. Greenspan
bacchetta e boccia le scelte fiscali
ed economiche del presidente
Bush e lo fa con un libro “The age
of turbolence”. L’ex numero
uno della Fed rimprovera al capo
della Casa Bianca di non aver
posto il veto a certe voci di spesa
per compensare i tagli fiscali,
un’azione necessaria al Paese
e non eseguita. E pensare che
il 9 novembre del 2005 Greenspan
riceveva dalle mani di Bush
la medaglia presidenziale
della libertà, la più prestigiosa delle
onorificenze civili americane.
Inoltre, “l’ex alleato” rimprovera
ai repubblicani di aver perso
la strada dei principi barattati
con il potere, meritando così
di perdere le elezioni del 2006.
Con le sue 81 primavere sulle spalle,
Greenspan può permettersi
di parlare e bacchettare
non risparmiando nessuno, nel bene
e nel male, compresi Dick Cheney
e Donald Rumsfeld. Sugli scenari
ed equilibri futuri del partito
repubblicano Greenspan
non promuove Rudy Giuliani,
mentre apre la strada al battagliero
Newt Gingrich che fu presidente
della Camera e stratega dell’ascesa
del partito nel controllo del senato.
La leva obbligatoria è stata abolita,
la magistratura militare no.
Anzi, a fronte di una diminuzione
del lavoro delle corti militari
il consiglio della magistratura
militare ha chiesto con urgenza
un ammodernamento del sistema
informativo degli uffici giudiziari
per un ivestimento totale di 583
mila euro iva esclusa, ora al vaglio
del ministero della Difesa.
I magistrati in servizio nei 9 tribunali
militari sono 103, 79 in primo
grado e 17 nelle corti di appello,
4 alla procura generale militare
presso la Cassazione, tre al tribunale
di sorveglianza militare di Roma.
Nel 2006 hanno emesso 1000
sentenze; 12.088 i processi
pendenti dal 1988, 2000 nell’ultimo
anno. L’unico detenuto è Erich
Priebke, condannato per la strage
delle Fosse Ardeatine, ma ora
agli arresti domiciliari. Ma proprio
tra gli interventi ritenuti urgenti,
indicati nella delibera, e che
giustificherebbero quindi la richiesta
di spesa, c’è proprio la necessità
di aggiornare l’elenco detenuti
con indicazione della loro posizione
attuale e quindi la predispozione
di progetti statitistici concernenti
l’attività dei magistrati
di sorveglianza, che in tutto
sono tre. Priebke ha superato
i 90 anni e si sorveglia da solo.
La Sec (Securities and Exchange
Commission), authority che controlla
la borsa americana, ha richiesto
ai gestori di numerosi fondi
informazioni dettagliate sui rapporti
di conoscenza, lavoro, parentela
e amicizia tra i manager di
una ventina di grandi hedge funds
e i dirigenti di società quotate
in borsa. Un controllo apparentemente
di routine, ma per la quantità
e minuziosità dei dati richiesti
fa pensare a un’offensiva
della Sec per stroncare qualsiasi
tipo di attività illegale. Negli ultimi
mesi infatti l’organo di controllo
ha rilevato un aumento considerevole
del volume di scambi in azioni
e opzioni azionarie di società
alla vigilia dell’annuncio
di una fusione o una acquisizione.
Il sospetto della Sec è che alcuni
manager societari, ma anche alcuni
loro consulenti e avvocati, scambino
informazioni con i gestori di hedge
funds, in cambio di facili profitti.
L’autority avrebbe individuato solo
nell’ultimo anno almeno 233 società
coinvolte in scambi e transazioni
in odore di insider trading.
Un funzionario comunale colluso con la mafia non può
ricoprire ruoli di responsabilità amministrativa.
Dovrebbe essere un principio normale, sacrosanto,
affermato e scontato. Eppure c’è un solo comune
dove è stato applicato, quello di Partinico, città
della provincia di Palermo, dove vivono 32 mila anime
e una storia che conferma l’alta densità mafiosa.
Un atto sancito da una delibera coraggiosa
della giunta guidata dal sindaco Giuseppe Motisi
(Margherita), subito colpito da una mozione di sfiducia
firmata da 28 consiglieri comunali su trenta, compresi
sei del suo schieramento. La delibera modifica
il regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi
che impedirà ai funzionari comunali indagati
di assumere incarichi con poteri di firma all’interno
dell’ente nel caso in cui, a seguito di uno scioglimento
per mafia, emergano collegamenti di pezzi
della burocrazia con l'organizzazione criminale.
Questi soggetti, grazie alla delibera, non potranno
ricoprire il ruolo di segretario comunale,
vice segretario, responsabile di settore, responsabile
di uffici, responsabile unico di procedimento,
componenti di organi di indirizzo e controllo
e ogni altro incarico di responsabilità.
Sullo sfondo la vicenda della costruzione
di un megacentro commerciale, affare già fiutati
dalle cosche mafiose. Naturalmente, l’ormai ex primo
cittadino ha dato parere contrario alla costruzione,
ma il consiglio comunale ha approvato il progetto
di lottizzazione su un’area che il prg attribuiva
a insediamenti artigiani.
L’associazione nazionale
per la “Scuola della Repubblica”,
ispirata all’art. 33 della Costituzione,
attacca il ministro Fioroni per aver
deciso di finanziare le scuole
private. «Il ministro Fioroni che pure
ha giurato di osservare la Costituzione
e quindi anche la norma prima
citata - scrivono i responsabili
dell’associazione - non solo
ha palesemente violato tale norma
costituzionale, ma ha dichiarato
che si propone di violarla ulteriormente,
regalando alle scuole private altri
60 milioni di euro, ovviamente
sottratti alle scuole statali: tagli
per le scuole statali e regali
alle scuole private». L’associazione
chiede il rispetto della costituzione
e l’impegno a destinare tutte
le risorse disponibili alla scuola
statale ma anche il ripristino
della legittimità.
L’associaizone chiede anche
una risposta sul terreno del ripristino
della legittimità, proponendo
a tutte le organizzazioni e a tutti
i cittadini che si sono indignati
per la proposta di Fioroni
di impegnarsi ad impugnare
con un ricorso collettivo davanti
al TAR del Lazio del decreto
del 21 maggio 2007 concernente
i contributi alle scuole paritarie
per l’anno scolastico 2007-20088.
L’associazione per la “Scuola
della Repubblica” sta pensando a
un ricorso collettivo su scala nazionale.
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CalPERS:
il fondo
che batte
Terminator
CALPERS - CARTA D’IDENTITÀ
NOME
L’ingresso della
sede principale di
CalPERS
250 miliardi di dollari di patrimonio. Il fondo dei dipendenti pubblici
californiani è il più grande del mondo. Da anni si batte
per migliorare la corporate America. Nell’interesse dei lavoratori.
S
Il Californian
Public
Employess
Retirement
System vale
metà del
risparmio
gestito italiano
Rob Feckner,
presidente di CalPERS
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re il sistema previdenziale californiano smantellando il fondo
pensione più grande e più potente del mondo. Ma la mossa di
Schwarzy non ha successo. Con la regia di Phil Angelides, uno dei
politici democratici più potenti in California, viene nominato alla guida di CalPERS Rob Feckner, un altro uomo del sindacato. E
il fondo risorge. Più forte che mai.
Il colosso delle pensioni
Oggi il Californian Public Employees Retirement System ha un patrimonio di quasi 250 miliardi di dollari (la metà dell’intero mercato del risparmio gestito italiano), 2.500 dipendenti e un milione
e mezzo di aderenti. Quasi il 70% del portafoglio è investito in
azioni, il resto in obbligazioni (24%) e immobili. Un colosso. Che
da sempre cerca di coniugare i rendimenti finanziari con l’azione
sociale e politica.
CalPERS nasce nel 1932, negli anni della Grande Depressione,
quando gli americani fanno la fila davanti alle mense pubbliche.
Lo fonda un gruppo di lavoratori che vogliono tornare a sperare
nel futuro. Negli anni ottanta parte il “corporate governance program”, con cui il fondo comincia a fare pressione sulle imprese
nelle quali investe per chiedere più trasparenza, più amministratori indipendenti, paghe più eque a tutti i livelli. Gli uomini di
CalPERS partecipano alle assemblee, fanno domande, presentano
mozioni. E le corporation, molto spesso, sono costrette a cedere.
«Il nostro primo obiettivo è garantire una pensione adeguata agli
aderenti», mi spiega Feckner. «Le imprese che sono governate male danno in genere profitti inferiori. È per questo che interveniamo per migliorarle: ne va dei rendimenti del fondo».
Lo stesso vale per l’ambiente e per il sociale: «nel lungo periodo», continua Feckner, «un’impresa che si preoccupa dei diritti
umani e dei cambiamenti climatici ha più probabilità di dare buoni risultati». Si spiega così l’embargo contro le società in affari con
INTERNET
SEDE
PRESIDENTE
ADERENTI
PATRIMONIO*
ALLOCAZIONE
DEGLI INVESTIMENTI* titoli azionari 66,2% (di cui private equity 7%)
titoli obbligazionari 25,2%
immobiliare 8,2%
cash 0,4%
TIPO DI FONDO
Defined benefit plan
Fondo a prestazione definita
*dati al 10 settembre 2007
il governo sudafricano, alla fine degli anni Ottanta. O la messa al bando delle imprese malesi, indonesiane, filippine e tailandesi nel 2002. «Per noi è una
questione di rischio, non di morale: se
un’impresa ha la sede in un Paese che
non tutela i diritti umani o la correttezza
delle transazioni finanziarie, è più sicuro
non investire nei suoi titoli».
Ma CalPERS non si limita ad escludere. «Investiamo circa 185 milioni di dollari nel solare, nell’eolico e in altre tecnologie ambientali», continua Rob Feckner.
«È un programma che abbiamo avviato
da poco. A questi investimenti aggiungerei anche i 600 milioni di dollari che impieghiamo per rendere più eco-efficienti
le nostre proprietà immobiliari. Nel 2006,
per esempio, abbiamo ridotto del 9% il
consumo di gas».
FONDO PENSIONE CALPERS
rendimenti storici
al 30 giugno
(al lordo della tassazione)
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
35,4%
24,6%
13,8%
3,9%
15,7%
9,7%
6,5%
12,5%
14,5%
2,0%
16,3%
15,3%
20,1%
19,5%
12,5%
10,5%
-7,2%
-5,9%
3,9%
16,7%
12,7%
12,3%
19,1%
Meno clamore,
più risultati
Feckner ha 49 anni e nella vita ha fatto di
tutto: l’autista di autobus, l’insegnante di
sostegno e, infine, il vetraio per le scuole
del suo distretto nella Napa Valley. Ancora oggi – dice - fissa vetri dalle 7 di mattina alle 3 del pomeriggio e dedica il resto del tempo a CalPERS. Il
suo mandato è iniziato e continua all’insegna dell’understatement: «l’unica cosa di appariscente che vedrete saranno le mie cravatte», ha dichiarato al Los Angeles Times appena eletto. «Non voFONTE: CALPERS
CHWARZENEGGER VOLEVA CHIUDERLO. Troppe grane per il
“governator” della California, troppi fastidi alle multinazionali americane. Troppi soldi sottratti alla previdenza privata. Era l’inizio del
2005. CalPERS, il fondo pensione
di Mauro Meggiolaro
dei dipendenti pubblici californiani, aveva appena mandato a casa il suo presidente, l’istrionico
Sean Harrigan. Sindacalista, democratico, ospite fisso nei talk
show, trascinatore delle folle nei comizi in tutti gli Stati Uniti,
Harrigan era diventato il paladino dell’etica contro i fasti di Wall
Street. Nelle assemblee delle società americane aveva guidato decine di campagne contro le paghe eccessive dei manager. Tra le
vittime più illustri Richard Grasso, presidente della borsa di New
York, costretto a dimettersi, nel 2003, proprio su pressione di CalPERS. Dopo l’uscita di scena di Harrigan scende il silenzio. Il “governator” ne approfitta per sferrare il suo colpo finale: privatizza-
CalPERS,
California Public Employees’
Retirement System
Fondo Pensione per i dipendenti
pubblici californiani
www.calpers.ca.gov
Sacramento, California, USA
Rob Feckner
1.504.103
246,7 miliardi di dollari
glio essere ricordato come uno che gira per gli Stati Uniti e ha le
mani in pasta dappertutto». La rottura con l’era Harrigan è chiara. «Non c’è stato nessun cambiamento di priorità», precisa Feckner. «È cambiato solo lo stile. Se dobbiamo intervenire per protestare contro l’esplosione delle remunerazioni dei manager lo
facciamo, ma senza urlare.
Ora operiamo dietro le quinte, sottotraccia. E otteniamo più risultati. Le imprese ci ascoltano di più, capiscono che facciamo anche il loro interesse perché vogliamo che migliorino». In effetti basta guardare ai dati del 2006/2007 per capire che Feckner ha
ragione: 33 mozioni presentate in assemblea, il doppio rispetto all’anno prima. In media hanno ottenuto il 60% dei voti degli azionisti. In genere si tratta di advisory resolutions, che non impegnano le imprese direttamente. «Sono consigli che diamo, ma se sono
supportati dal 60% degli azionisti, poi l’impresa è quasi obbligata
ad agire. Altrimenti torniamo in assemblea l’anno dopo, con mozioni cogenti. E lì non si scappa».
Assemblea permanente
Prima di programmare azioni di pressione sulle imprese vengono
consultati gli aderenti al fondo. «Li sentiamo regolarmente attraverso sondaggi. In genere chi partecipa a CalPERS è molto soddisfatto delle nostre attività», racconta il presidente. «E poi lo vedrà
anche lei oggi: i nostri Consigli di Amministrazione sono aperti a
tutti. Chiunque può intervenire per fare proposte e domande». Il
CdA inizia dopo pochi minuti in un auditorium da 300 posti. Tra
gli iscritti a parlare c’è J. J. Jones, un ex dipendente pubblico.
Chiede a Feckner di fare qualche sforzo in più per l’ambiente, per
le generazioni future. Poi interviene un pensionato. Si lamenta perché hanno calcolato male la sua rendita. Gli spetterebbe un’indennità come veterano di guerra, ma si sono dimenticati di includerla.
Per tutti arrivano risposte precise, puntuali. Più che un Consiglio di
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CALPERS: AZIONISTA SEMPRE PIÙ ATTIVO
RENDERE IL MERCATO UN LUOGO PIÙ DEMOCRATICO, stimolare
le imprese ad essere più trasparenti. Con questi obiettivi CalPERS
partecipa alle assemblee degli azionisti per presentare proposte,
mozioni, domande. Nell’anno fiscale 2006-2007 (terminato a fine
giugno) ne ha sottoposte oltre 30 all’attenzione delle grandi corporation
americane. Il doppio rispetto all’anno prima. Buona la risposta
degli altri azionisti: più del 60% in media hanno votato con il fondo
pensione californiano. “I fondi pensione pubblici sono più attivi
che mai nel proporre mozioni, organizzare campagne e puntare il dito
sugli amministratori per la loro scarsa attenzione alla governance”,
spiega Charles Valdes, presidente del Comitato Investimenti di CalPERS.
Una proposta per abbassare a un anno la durata del Board di Kellwood,
società americana che distribuisce marchi di abbigliamento,
M.M.
ha avuto il sostegno dell’88% degli azionisti.
Amministrazione sembra un’assemblea dei soci mensile.
Alla fine ci si connette in conferenza telefonica con Washington. Lì c’è un delegato di CalPERS che segue l’evoluzione della
normativa federale sui fondi pensione. Il corrispondente da Washington dice che la House of Representatives (Camera dei Rappresentanti) ha approvato due progetti di legge che permetterebbero ai fondi pensione e ai fondi comuni americani di disinvestire
da alcune imprese che fanno affari con il Sudan e l’Iran, senza il
rischio di incorrere in cause legali da parte degli investitori. Le leggi, se approvate, porterebbero alla creazione di una lista federale
di imprese “cattive” che investono nel settore energetico iraniano e in alcuni business in Sudan. «Ci vorrà del tempo», spiega il
delegato. «Ma è meglio muoversi in anticipo».
Fondi Usa per la pace
Alcuni fondi americani lo stanno già facendo. Nello Iowa il Fondo Pensione dei Dipendenti Pubblici potrebbe presto disinvestire
5,1 milioni di dollari da PetroChina e Misc Berhad (impresa petrolifera malese), che sostengono il governo sudanese (accusato di
crimini in Darfur), grazie a una nuova legge dello Stato. Il fondo
dello Iowa ha identificato un universo di 44 imprese che potrebbero avere attività in Sudan e ha contattato tutte le società “sospette” chiedendo di chiarire la loro posizione. Anche il fondo
pensione dei dipendenti pubblici del Colorado ha creato una “lista Sudan” che contiene 36 imprese, mentre due proposte di legge per creare “liste Iran” e “liste Sudan” sono state approvate dalla Camera dei Rappresentanti del Michigan.
A Chicago, nonostante il governatore dell’Illinois non abbia
ancora firmato la “Sudan divestment legislation”, il fondo pensione degli insegnanti ha chiesto ai gestori di uscire al più presto da
tutte le imprese che hanno attività rilevanti nel Paese africano. I
fondi pensione USA scendono in campo compatti per promuovere la pace e il rispetto dei diritti umani.
E Schwarzenegger? «Siamo riusciti a convincerlo che portiamo
benefici anche al bilancio dello Stato», spiega Feckner, «e ha capito che deve smetterla di dire che non siamo sostenibili economicamente. Nell’ultimo anno CalPERS ha reso il 19,13%, negli ultimi cinque anni in media il 12,5%».
.
CHE COS’È UNA MOZIONE?
CHI COMPRA LE AZIONI DI UN’IMPRESA diventa comproprietario
della società per la parte di azioni che possiede. Gli azionisti possono
partecipare all’assemblea annuale dei soci, votare i punti all’ordine
del giorno, intervenire nel dibattito o far votare loro stessi mozioni (nuovi
punti all’ordine del giorno). Negli Stati Uniti per far votare una mozione
basta possedere 2.000 dollari in azioni (in Italia serve il 2,5% del capitale).
Se la mozione ottiene almeno il 2% dei voti può essere riproposta l’anno
successivo. La prima mozione di carattere sociale presentata in America
risale al 1971. A finire nel mirino fu General Motors. La Chiesa Episcopale
votò per chiedere il ritiro di GM dal Sudafrica, dove vigeva la segregazione
razziale. Negli anni successivi oltre 200 imprese furono messe sotto
pressione per lo stesso motivo. Le mozioni, che non ottennero mai più
del 20% dei voti, influenzarono un numero sempre maggiore di persone.
L’azionariato attivo contribuì a rendere più efficace la lotta all’apartheid.
La pensione degli insegnanti: la ricetta di Chris
Come si gestisce uno dei fondi pensione più grandi del mondo? Lo abbiamo chiesto a Christopher Ailman, direttore investimenti di CalSTRS, il piano previdenziale degli insegnanti californiani.
STRS lo segue a poche lunghezze di distanza. La sigla sta
per California State Teachers’ Retirement System: Sistema Previdenziale per gli Insegnanti della California. Come CalPERS ha sede a Sacramento,
di Mauro Meggiolaro
la capitale dello Stato, e gestisce un patrimonio
di svariati miliardi di dollari. 171 per la precisione, versati da circa 800.000 aderenti: professoresse, maestri, insegnanti delle scuole pubbliche e delle Università. Il direttore investimenti è Christopher Ailman, uno dei più
noti gestori di fondi pensione negli Stati Uniti. Quando
entro nel suo ufficio, Chris sta bevendo una Diet Pepsi
mentre guarda sconsolato i grafici di Bloomberg: le borse stanno scendendo anche oggi (14 agosto, ndr).
Christopher Ailman,
direttore investimenti
di CalSTRS, il sistema
previdenziale
degli insegnanti
pubblici della California
Brutta giornata per chi investe quasi tutto in
azioni…
Sì, oggi non c’è proprio niente da ridere. CalSTRS investe quasi il 70% del suo patrimonio in capitale di rischio.
Ma è normale per i fondi pensione americani. Abbiamo
tutti una prospettiva di investimento di lunghissimo
termine: 30-40 anni. Su un orizzonte temporale del genere l’investimento azionario è l’alternativa migliore.
Come scegliete i vostri investimenti?
L’investimento azionario è dato in appalto a società di
asset management specializzate, selezionate in base ai
costi e ai rendimenti passati. Il team di CalSTRS è composto da 70 gestori, ma si occupa quasi solo di investimenti in titoli obbligazionari o nel settore immobi-
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liare. Buona parte del portafoglio azionario è investita
passivamente in indici molto ampi, come il Russell
3.000, che contiene appunto 3.000 titoli. A differenza
di quello che si pensa sui fondi pensione USA, deteniamo al massimo lo 0,3% - 0,5% del capitale di
un’impresa. Apparentemente non abbiamo un grande
potere come azionisti. Però noi diciamo alle imprese:
“il vostro 0,5% lo manteniamo in portafoglio per oltre 30 anni. Siamo investitori di lunghissimo termine.
E’ per questo che dovete ascoltarci”.
tiriciclaggio, buone prassi di governance, ecc..), 7 sono legati al rispetto dei diritti umani e delle libertà politiche, alla gestione ambientale e alla presenza di conflitti. I rischi vengono valutati per tutte le imprese che
ricavano una parte significativa del loro fatturato da
operazioni in Paesi “sensibili” ed entrano nella valutazione dei titoli.
Come valutate il rischio dei titoli? C’è spazio
per considerazioni sociali e ambientali?
L’anno scorso abbiamo approvato una “Geopolitical
Risk Policy” per valutare il rischio geopolitico delle
azioni. Abbiamo individuato 20 fattori di rischio connessi con i Paesi nei quali operano le imprese in cui
investe il fondo pensione. 13 fattori sono legati alla
trasparenza finanziaria e fiscale del Paese (norme an-
Fate anche investimenti etici?
La nostra attenzione alla responsabilità sociale e ambientale delle imprese non ha motivazioni etiche. Il
nostro obiettivo è assicurare il migliore rendimento a
chi aderisce al fondo. Se gli impatti socio - ambientali di una società sono considerati elevati, per noi questo rappresenta un rischio e preferiamo non investire
in imprese rischiose. Una piccola parte del nostro portafoglio in realtà è investita in modo socialmente responsabile: 350 milioni di dollari, che abbiamo affidato a quattro gestori esterni specializzati. Se rende
bene potremmo pensare di aumentare l’investimento.
CALSTRS - CARTA D’IDENTITÀ
In che modo vi fate ascoltare?
Come CalPERS facciamo sentire la nostra voce alle assemblee degli azionisti. Con alcune imprese c’è un dialogo che continua anche per due, tre anni. Nel 2003 abbiamo elaborato un “piano di lavoro” per cinque
società carenti sul fronte della corporate governance:
Compuware, Level 3, Sirius, Solectron e Unumprovident. Abbiamo scritto lettere, incontrato i manager e
siamo riusciti ad ottenere risultati importanti. Solectron, per esempio, un’impresa del settore elettronico,
su pressione di CalSTRS ha modificato i parametri in
base ai quali calcola la remunerazione del direttore generale, legandoli maggiormente alla performance finanziaria. Risultato: il salario del direttore è calato da
6,9 milioni di dollari nel 2005 a 1,6 milioni nel 2006.
Unumprovident è l’unica società che non ha risposto
alle nostre sollecitazioni. Tutte le altre hanno collaborato, tanto che stiamo preparando una nuova lista, un
nuovo “piano di lavoro”. Il dialogo continua.
NOME
INTERNET
SEDE
PRESIDENTE
ADERENTI
PATRIMONIO*
ALLOCAZIONE
DEGLI INVESTIMENTI*
TIPO DI FONDO
CalSTRS, California State
Teachers’ Retirement System
Fondo Pensione per gli insegnanti
delle scuole pubbliche californiane
www.calstrs.gov
Sacramento, California, USA
Dana Dillon
794.812
169,3 miliardi di dollari
titoli azionari 69,2%
(di cui private equity 6,9%)
titoli obbligazionari 20,9%
immobiliare: 9,7%
cash 0,2%
Defined benefit plan
Fondo a prestazione definita
*dati al 31 luglio 2007
FONTE: CALSTRS
S
E CALPERS È IL FONDO PENSIONE PIÙ GRANDE DEL mondo, Cal-
Sala direzione
investimenti della
CalSTRS, sistema
previdenziale
degli insegnanti
pubblici californiani.
La sua sede
è a Sacramento,
la capitale dello
stato. Gestisce
un patrimonio di 171
miliardi di dollari.
Quanto siete esposti ai subprime?
Pochissimo. Siamo intorno allo 0,7% del patrimonio:
non è nulla. In passato abbiamo deciso di non prenderci rischi aggiuntivi e questa strategia ha pagato.
Chris mi saluta guardando lo schermo della CNBC.
Wall Street è ancora sotto. La colpa, stavolta, è di una
cattiva notizia su Sentinel, una piccola impresa che ha
comprato e venduto commercial papers. Un business
sicuro. Prima del grande crash.
.
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| finanzaetica | credito e territorio |
| bruttiecattivi |
Le banche
a Roma:
poco credito
alle periferie
Derivati
Pesante multa
per Unicredit
di Andrea Di Stefano
ELENCO DI DIRIGENTI, CONSIGLIERI E SINDACI DI UNICREDIT BANCA D’IMPRESA È NUTRITO: 34 persone, per una multa
L’
Più della metà delle banche costituite in società per azioni presenti nella capitale hanno un solo sportello:
una presenza istituzionale, ma nessuna attenzione ai due milioni e messo di persone e a decine
di migliaia di piccole e medie imprese che sono insediate nei quartieri considerati parte delle periferie.
D
EI 1.206 SPORTELLI BANCARI ATTIVI A ROMA a fine 2006, ben
894, pari al 74%, sono concentrati nel centro della
città, uno sportello bancario ogni 442 abitanti. Al contrario, sono 312 quelli che servono
i 2,5 milioni di abitanti dei quartiedi Andrea Baranes
ri considerati, ai sensi della Legge
266/97, come parte delle periferie della capitale, con una media di
7.763 abitanti per sportello. Quest’ultimo dato è oltre quattro volte
superiore alla media nazionale, che vede 1.815 abitanti per sportello bancario. Le stesse indicazioni si ricavano riguardo ai servizi alle
imprese: uno sportello ogni 44 imprese al centro, uno ogni 370 nelle periferie di Roma.
Sono questi i dati più significativi emersi dalla ricerca “Periferie
e credito a Roma” condotta da RespEt , il centro per l’impresa Etica
e Responsabile del Comune di Roma.
Molti istituti bancari sembrano considerare la presenza nella capitale più una necessità istituzionale che non un’opportunità per interagire e contribuire allo sviluppo economico, in particolare nei
quartieri periferici. A conferma di questa considerazione, la ricerca
segnala che la metà delle 93 banche costituite in forma di S.p.A. censite a Roma hanno un solo sportello nel territorio della città.
Questa situazione si traduce in una notevole difficoltà di accesso al credito per gran parte dei cittadini e delle piccole e piccolissime imprese di Roma, difficoltà che si acuisce ulteriormente per le
donne, i giovani, i migranti. Il credito è uno dei motori fondamentali dello sviluppo del territorio e, in particolare nelle periferie, una
delle condizioni necessarie per rafforzare il tessuto sociale mediante
la creazione di piccole e piccolissime imprese, e in primo luogo di
quelle ad alto valore sociale.
Anche per questo, una parte della ricerca di RespEt è stata dedicata al rilevamento della percezione che le banche presenti a Roma
hanno della responsabilità sociale di impresa. Le risposte hanno evi| 42 | valori |
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denziato una buona conoscenza e utilizzo di strumenti quali il bilancio sociale o un codice etico interno. Molto meno sviluppata è
apparsa l’idea di una responsabilità intesa anche come radicamento
sul territorio, l’attenzione a soggetti quali le associazioni o le organizzazioni non governative o l’offerta di prodotti mirati a soddisfare particolari necessità, a partire dal diritto alla casa. Tra i prodotti finanziari specifici, sale l’attenzione al settore delle energie
rinnovabili, in primo luogo grazie alla rapida crescita del mercato e
ai suoi potenziali sviluppi futuri.
È la stessa ricerca a concludere che, tra le banche, “l’approccio
che potremmo definire di “marketing” sembra ancora prevalente.
Ciò vale, ad esempio, per la presenza sul territorio. Spesso le periferie vengono scelte perché il centro è già “coperto”, e comunque non
necessariamente in base a considerazioni di ordine sociale.”
Allargando lo sguardo, il problema dell’accesso al credito è di
grande rilevanza per la maggioranza degli abitanti del pianeta. I problemi evidenziati dalla ricerca sono gli stessi che, in diverse forme e
in diversa misura, colpiscono altre periferie, in primo luogo nei Paesi del Sud.
Una delle sfide maggiori per il sistema creditizio è quella di trovare la via di mezzo tra la necessità di garantire l’accesso al credito a
tutti i cittadini, e in particolare a quelli più svantaggiati, e il non innescare e sostenere spirali di indebitamento catastrofiche.
Anche per questo serve un approccio integrato alla responsabilità sociale di impresa, che non valuti unicamente le questioni sociali e ambientali ma anche il radicamento nel territorio e l’analisi
delle sue necessità. Un approccio che, secondo le conclusioni della
ricerca di RespEt, è ancora lontano dall’essere considerato dalla maggior parte delle banche italiane, ma che sarà necessario adottare al
più presto per rispondere alle sfide e ai bisogni dei cittadini, in particolare nelle aree periferiche, delle nostre città come nelle periferie
del pianeta.
.
complessiva comminata dalla Consob per 511mila euro. La sanzione più consistente (23.800 euro) è andata
a Mario Fertonani, presidente del consiglio d’amministrazione di UniCredit Banca d’Impresa all’epoca
dei fatti. Tra i multati, per 20mila euro, anche l’attuale amministratore delegato di UniCredit, Alessandro
Profumo, all’epoca dei fatti membro del comitato esecutivo di UniCredit Banca d’Impresa e l’ex direttore
generale Pietro Modiano (oggi in Intesa San Paolo) per un ammontare di 19.200 euro. È stato sanzionato
per 10.900 euro il Presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, per la sua carica di consigliere
di amministrazione tra il 2003 e il 2004. Per la stessa carica, ricoperta nel periodo 2003-2005, è stata multata
per 12.300 euro Diana Bracco, presidente di Assolombarda. Piero Gnudi ha ricevuto una ammenda
da 16.200 euro in quanto vice presidente del cda tra il 2003 e il 2005. Una multa da 8mila euro, infine,
è stata comminata a Luca Majocchi, nel cda fino alla metà di luglio del 2003, e attualmente amministratore
delegato di Seat Pagine Gialle. L’elenco delle sanzioni comprende Renzo Piccini (16.200), GiovanniDesiderio
(16.200), AlessandroRiello (20.000), Giampaolo Giampaoli (20.000), FrancoAndreetta (20.000), Francesco
Farinelli (12.400), Mauro Saviola (12.400), Giulio Sapelli (12.400), Giuseppe Pichetto (12.400), Girolamo
Marchi (12.400), Luigi Lunelli (12.400), CallistoFedon (12.400), Paolo Cavazzuti (12.400), RobertoNicastro
(11.700), MassimoCalearo (9.700), Mario Aramini (20.000), Paolo
Prodotti inadeguati, costosi
Bonamini (20.000), Giuseppe Benini (16.200), Michele Rutigliano
e venduti a clienti non idonei: (16.200), Vincenzo Nicastro (16.200), Federica Bonato (15.300),
le motivazioni delle maxi
Domenico Insenga (15.800), Fabio Bolognini (11.900), Eugenio Calini
sanzioni che hanno colpito
(16.200), Ferdinando Brandi (11.900), Carlo Scarenzio (12.400),
importanti membri del cda
Giorgio Bonavida (15.700). Quanto alle sanzioni in UniCredit Banca
Mobiliare (Ubm), queste hanno riguardato 17 manager e dirigenti per un totale di 268.500. Fra i sanzionati,
oltre a Profumo e Modiano, anche il vice presidente di UniCredit, Fabrizio Palenzona, e l’ex-commissario
Consob, Salvatore Bragantini, consigliere della società nel periodo. Nella lista i nomi di Attilio Leonardo
Lentati, Franco Bruni, Eugenio Caponi, Danilo Danielis, Marco Onado, Michele Rutigliano, Alessandro
Trotter, Michele Paolillo, Paola Pierri, Luca Fornoni, Davide Mereghetti, Ferdinando Samaria, Giuseppe
Aquaro. «Io penso – ha commentato al Sole24Ore il professor Giulio Sapelli – che noi come organismo
di controllo abbiamo fatto tutto il possibile a tutela del mercato. Detto questo, proprio per il rispetto
del mercato, parto dal principio che l’autorità di controllo abbia sempre ragione: il che significa che questa
sanzione sarà un incentivo a fare di più». L’oggetto della maxi-multa: i derivati costruiti ad arte e venduti
alle imprese clienti. Le delibere che motivano le sanzioni non vanno per il sottile: Unicredit Banca Mobiliare
è stata totalmente "bocciata" sulla costruzione vera e propria dei contratti derivati («ingegnerizzazione
di nuovi prodotti», la frase usata nella delibera 16069) e, tra le altre cose, per il costo effettivo delle operazioni
(«pricing»), spesso rilevatosi troppo oneroso per le aziende che hanno sottoscritto i derivati proposti
dall’istituto di credito. UniCredit Banca d’Impresa, invece, (cioè chi ha di fatto distribuito alle aziende
i contratti derivati ideati da Ubm) è stata bacchettata per la scelta degli strumenti finanziari derivati risultati
non idonei alle esigenze dell’imprenditore («selezione delle operazioni oggetto dell’attività di negoziazione
con la clientela») e per l’individuazione della clientela alla quale proporre i contratti derivati.
.
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| inbreve |
| inbreve |
Con la liberalizzazione l’energia diventa rinnovabile >46
Pallante rilancia: molta autoproduzione all’orizzonte >46
Zamagni presenta le Giornate di Bertinoro >49
economiasolidale
TARANTO
IN PRIMA FILA
SUL CONSUMO
ETICO
APPELLO IN INTERNET
PER FINANZIARE
IL FILM VERITÀ
SULL’11 SETTEMBRE
FARE
LA SPESA
GIUSTA
SI PUÒ
CRESCONO
I NUMERI
DEL COMMERCIO
EQUO
SALSA DI POMODORO
GUSTOSA E SAPORITA
PRODOTTA GRAZIE
ALLA LUCE DELSOLE
ITALIAN AMALA
E COBAT IN AIUTO
DEI BAMBINI
TIBETANI
Un ciclo di incontri sul Terzo Settore,
la solidarietà e il commercio equo
e solidale sono iniziati a settembre
e proseguiranno per tutto il mese
di ottobre nella Comunità Emmanuel,
centro di prima accoglienza
di Taranto. L’iniziativa “5 incontri
per il futuro: gli operatori del Terzo
Settore si incontrano per…”
è organizzata dalla circoscrizione
dei soci di Banca Etica. Tra gli
argomenti trattati c’è il commercio
equo e solidale, il condizionamento
pubblicitario rispetto alle scelte,
la realizzazione di nuovi marchi
che non rispettano i principi di equità
e giustizia nel lavoro, il ruolo invasivo
e mistificante del marketing.
«Se è vero che in paradiso bevono
una certa marca di caffè,
bisognerebbe chiedersi anche
come e dove vivono coloro
che producono quel caffè!
Purtroppo tutta la produzione
di beni provenienti da Paesi del Sud
del mondo è caratterizzata dallo
sfruttamento indiscriminato
di risorse sia naturali che umane»
scrivono gli organizzatori.
Il commercio equo aiuta
ad acquisire una diversa
consapevolezza: il prezzo trasparente,
che consente al consumatore
di sapere quanto di ciò che paga
va effettivamente al produttore;
campagne di informazione e
sensibilizzazione; il prefinanziamento,
che consente l’affrancamento
dallo sfruttamento finanziario;
il rispetto dell’uomo e dell’ambiente.
Il film dal titolo “Zero-Inchiesta sull’11 settembre”
(sito ufficiale www.zerofilm.it ) è stato ultimato.
La pellicola vede la partecipazione di Dario Fo,
Moni Ovadia, Lella Costa, Gore Vidal e decine
di esponenti del movimento per la verità sull’11
settembre da tutto il mondo e contiene novità
sul fronte dell’indagine. L’uscita nelle sale è prevista
per i primi di Novembre. C’è però un ultimo problema
da risolvere: dovranno essere acquistati i diritti
d’autore delle ultime immagini inserite nella
pellicola. È questo il motivo per cui gli autori del film
hanno lanciato un appello a tutti coloro che credono
in questo progetto per aiutarli con un contributo
personale di almeno 100 euro,
equivalente al costo di un secondo
di immagini. Chi verserà la somma
diventerà in quota parte proprietario
del film acquisendo il corrispondente
diritto di partecipare agli utili derivanti
dalla commercializzazione
della pellicola. In particolare
ad un contributo di 100 euro
corrisponde una partecipazione pari
allo 0,02% in considerazione del fatto che il budget
complessivo ammonta a 500 mila euro. La scorsa
settimana è uscito in libreria il volume di Giulietto
Chiesa “Zero - perché la versione ufficiale
sull’11/9 è un falso” (Edizioni Piemme) che vede
la partecipazione di molte firme prestigiose
del giornalismo e della cultura mondiale. Film e libro
hanno la stessa presentazione grafica e si integrano
vicendevolmente. Sono i due primi segmenti
di un’operazione multimediale e verranno seguiti
dalla produzione di un dvd, che conterrà il film
e le “note a pié di pagina”, cioè alcune ore
di materiali che non è stato possibile utilizzare
nel film ma che costituiscono un imponente corpo
di dimostrazione dell’assunto principale.
Per informazioni scirvere a: [email protected]
Dal 13 al 21 ottobre si terrà
la quarta edizione della settimana
nazionale per il commercio equo
e solidale. L’iniziativa, ideata
da Fairtrade Italia in collaborazione
con Le Librerie Feltrinelli, Banca
Etica e Lifegate coinvolgerà 3000
supermercati in tutta Italia, grande
distribuzione ma anche negozi
del dettaglio biologico. Si tratta
della più grande mobilitazione
nazionale per il commercio equo
e solidale che coinvolgerà 3000
supermercati le Librerie Feltrinelli
e le sedi di Banca Etica.
Sono previsti momenti
di promozione e di informazione
presso gli stessi punti vendita
(le insegne coinvolte saranno
Auchan, Carrefour, Conad, Crai,
Coop, Naturasì, B’io), incontri
culturali (nelle Feltrinelli di Roma,
Milano, Firenze e Bologna), incontri
con l’autore, colazioni ed aperitivi
all’insegna del commercio equo
(“Equobank” presso le filiali
di Banca Etica a Palermo, Firenze,
Padova, Mantova), serate
di sensibilizzazione che ospiteranno
alcuni produttori presenti durante
la settimana equa.
Nel 2006 sono cresciuti i numeri
del commercio equo in Italia
e in Europa. Il valore sul mercato
finale di prodotti certificati Fairtrade
(FT) nel Vecchio Continente
è stato di circa 1,6 miliardi di euro
al dettaglio. I paesi che stanno
segnando le migliori performances
sono Inghilterra, Francia e Germania
a livello di valori assoluti
con incrementi dal 30% al 40%
anno su anno già da un biennio.
Il consumo pro-capite più elevato
è quello della Svizzera (stima 18 euro
pro-capite anno, Italia 1,8 Euro).
In Italia l’anno scorso c’è stata
una crescita sul 2005del 45%
in volume e del 15% in valore,
con una grande incidenza della
frutta fresca. Sul mercato italiano
si stima un valore al dettaglio
di circa 100 milioni di euro così
distribuiti: 50 milioni sviluppati
da 480 Botteghe del Mondo
con circa 13.000 referenze
ed una sostanziale staticità
negli ultimi 2 anni; 50 milioni
sviluppati nel mercato tradizionale
con Food e non-food, con circa 120
referenze di cui circa 100 certificate
FT. In Italia 69 aziende utilizzano
il marchio FT; il valore al pubblico
“retail” nel 2006 è stato di circa
35 milioni di Euro; sono 55 i gruppi
di produttori del Sud del Mondo
per il mercato Italiano; circa
600.000 sono le persone nel Sud
del Mondo coinvolte nei progetti,
e 8.000.000 i lavoratori della terra
(cooperative e piantagioni).
La salsa pronto uso prodotta con l’ausilio
dell’energia solare. Una dimostrazione concreta
delle potenzialità delle fonti rinnovabili che ha visto
protagonista un’azienda artigiana, “Ricette
mediterranee”, specializzata nella produzione
di salse pronto uso di Massa Carrara che ha scelto
l’energia pulita installando 120 pannelli solari
sul tetto dell’edificio. “Ricette mediterranee”,
che produce per la grande catena di distribuzione
arrivando anche sui banchi di Germania, Francia
e Grecia, e molto presto (sono già in fase avanzata
importanti trattative) anche in Olanda e Spagna,
è la prima azienda artigianale che si affida, quasi
esclusivamente, all’energia pulita.
I KW garantiti sono 26 mila annui,
pari ad oltre tre quarti del fabbisogno
necessario (circa 30 mila) per produrre
le buonissime salse (pesto genovese
la più conosciuta, poi funghi, tartufo,
noci e quattro formaggi) che sono
tra le più apprezzate (e vendute)
del mercato italiano ed europeo con una produzione
complessiva mensile che si aggira tra i 70
e gli 80 quintali. Un gap di 4-5 mila kW accumulabile
al fabbisogno medio di una famiglia e un risparmio
in termini economici notevole. L’azienda, una pmi
artigianale a conduzione familiare (due titolari,
Pietro Chioni, che è anche presidente provinciale
Cna Alimentare, e Carlo Zoppi, e due dipendenti),
è in crescita costante registrando margini positivi
annuali, dal 1992, anno della sua nascita, a oggi,
tra il 5 e il 10%.
È giunto a destinazione il progetto
2007 del Cobat a sostegno
dei bambini del Ladakh, nel nordovest dell’India. Il Cobat, insieme
all’associazione Italian Amala
nella Regione del Ladakh,
ha organizzato questa spedizione,
partita l’8 agosto scorso, per aiutare
il villaggio di Choglamsar,
uno dei 10 Tibetan Children’s
Villane, villaggi che costituiscono
organizzazione autonoma
non governativa, ispirata dal Dalai
Lama per la difesa dei bambini
tibetani rifugiati in India.
La spedizione ha percorso circa
800 km da Nuova Delhi, attraverso
strade dissestate, spesso al di sopra
dei 5000 metri di quota e prive
di protezione laterale, così 550
colli, contenenti abiti, scarpe, stoffe,
macchine da cucire, cancelleria,
libri, giocattoli, attrezzi da lavoro
e occhiali da sole, sono giunti
a destinazione, su autocarri,
dopo circa 10 giorni di viaggio.
La spedizione è stata importante
anche per effettuare il primo
sopralluogo tecnico che consentirà
l’installazione di un impianto
fotovoltaico per la produzione
di energia elettrica. Un’operazione
complessa che consentirà
di migliorare la qualità della vita
del villaggio Choglamsar,
cuore del progetto Cobat 2007.
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Con la liberalizzazione
l’energia diventa
rinnovabile
Si apre il mercato dell’elettricità e sarà possibile scegliere tariffe che garantiscono energia verde.
Prezzi trasparenti e partecipazione con il progetto Co-energia del Distretto di economia solidale della Brianza.
ed essere certi che l’energia elettrica che illumina la vostra casa
viene totalmente da una fonte rinnovabile, anche se vivete
in un appartamento e non potete permettervi un impianto fortovoltaico sul tetto.
di Paola Fiorio
Dal primo luglio il mercato dell’energia
elettrica è stato liberalizzato e tra le molte offerte che si possono scegliere ce ne sono anche molte di verdi, come quelle di Sorgenia,
La220, LifeGate Energy e alcune ex municipalizzate. E a garanzia
che il cliente sta effettivamente comprando dell’energia prodotta
da fonti rinnovabili, ci sono i Certificati verdi, rilasciati da Gnrt
(Gestore nazionale della rete di trasmissione), e anche i Recs (Renewable Energy Certicate System), un certificato internazionale
I
MMAGINATE DI ACCENDERE LA LAMPADA DEL VOSTRO SALOTTO
che i fornitori di verde possono sottoscrivere in forma volontaria.
La scelta del gestore dell’energia elettrica si potrà quindi basare
non solo su un criterio economico, ma anche ambientale. «In termini di costi», spiega Renato Pellegatta di Re-Energy, «il risparmio,
grazie alla liberalizzazione, per un’utenza domestica non sarà significativo. Ciò che potrebbe far optare per un gestore piuttosto che un
altro è la fiducia in quel fornitore e l’origine dell’energia. Molti sono anche disposti a pagare qualcosa di più per avere la garanzia di
un’energia verde».
Il rischio, allora, è che dietro una società che fornisce elettricità da
fonti rinnovabili non ci sia una reale filosofia ecologica, ma piuttosto
un’operazione di trading? «Un soggetto puro che produce energia verde forse non c’è, o se c’è, è un soggetto sempre meno industriale e sem-
UNA RIVOLUZIONE ENERGETICA PER SALVARE IL PIANETA
SVILUPPARE L’ENERGIA VERDE, potenziare
le misure di efficienza energetica e abbandonare
fonti pericolose e inquinanti come nucleare
e carbone. Questa la ricetta di Greenpeace per tagliare
le emissioni globali di CO2 di quasi il 50 per cento
nei prossimi 43 anni. Per promuovere questa
nuova campagna, denominata Energy Revolution,
gli attivisti dell’organizzazione ecologista a fine 2006
hanno scalato i 250 metri della ciminiera della centrale
dell’Enel di Porto Tolle e hanno dipinto sulle pareti
la scritta “No Carbone”.
Azioni eclatanti, ma anche dati alla mano,
per dimostrare che è possibile contenere
il riscaldamento globale al di sotto dei due gradi
centigradi, soglia oltre la quale il processo rischia
di divenire irreversibile. Secondo le stime del rapporto
elaborato da Greenpeace assieme al Consiglio europeo
per le energie rinnovabili, oggi l’uomo immette
nell’atmosfera cira 23 miliari di tonnellate di CO2
all’anno. Una quota destinata a raddoppiare entro
il 2050 con circa 45 miliardi di tonnellate all’anno.
Intervenire sull’efficienza energetica e aumentare
il ricorso alle fonti rinnovabili permetterebbe,
invece, di dimezzare le emissioni attestandosi
sugli 11,5 miliardi di tonnellate all’anno. Entro il 2050,
infatti, circa il 75 per cento dell’elettricità potrebbe
pre più finanziario. Ci sono produttori che inquinano e che si danno
all’energia rinnovabile non per questioni ideologiche, ma perché devono assolvere all’obbligo del 2,7% di verde (vedi intervista a Pallante).
Oppure ci sono quelli che cavalcano l’onda dell’energia verde per la
sua valenza economica».
Per questo, il Wwf ha inviato delle lettere ai piccoli e grandi distributori di elettricità chiedendo che le tariffe verdi siano prodotte da
impianti di energia rinnovabile sostenibili e che ci sia un reinvestimento a favore dell’ambiente. Per essere sicuri che alla scelta del cliente corrisponda un impegno etico, ecologico e solidale da parte del fornitore, il distretto di economia solidale della Brianza (Des.Bri) ha avviato il progetto Co-energia. «Si tratta di applicare i criteri dell’economia solidale dei Gruppi di acquisto, i Gas, anche al settore dell’ener-
realmente essere prodotta da fonti rinnovabili
(soprattutto eolico e solare fotovoltaico), mentre
biomasse, collettori solari e geotermico potrebbero
fornire fino al 65 per cento del riscaldamento. Senza
contare che grazie a una migliore efficienza energetica
negli usi finali sarebbe possibile risparmiare circa
il 48 per cento di energia primaria a livello globale.
Insomma, ridurre l’effetto serra è possibile
ma, avverte Greenpeace, bisogna agire rapidamente
e avviare una vera e propria rivoluzione energetica
per abbattere le emissioni di anidride carbonica
del 30 per cento entro il 2020 e del 50 per cento
P.F.
entro il 2050.
gia, che necessita grandi numeri di acquisto», spiega Sergio Venezia,
coordinatore del Des.Bri. Comprare collettivamente l’energia rinnovabile permetterà di stabilirne il prezzo, che sarà trasparente e basato
sui costi reali d’impresa. Inoltre, La220, il fornitore che ha aderito al
progetto, si è impegnato a versare una parte dei guadagni, circa il 2%,
in un Fondo di solidarietà destinato al distretto, mentre chi sottoscrive il contratto contribuirà con un altro 2%.
Ma l’obiettivo finale del progetto è la cogenerazione di energia
elettrica da fonti rinnovabili con tante microproduzioni casalinghe
(fotovoltaico, eolico o biomasse) che vengano raccolte e acquistate
dallo stesso fornitore. «Si potrà così controllare anche la filiera commerciale dei prezzi, perché sapremo a quanto la vendiamo e a quanto la compriamo», conclude Venezia.
.
La produzione può essere anche molto compatibile
Maurizio Pallante: “l’energia verde è un mercato redditizio che fa gola alla finanza. Ma l’elemento nuovo è invece l’apertura a una miriade di piccoli autoproduttori domestici che potranno riversare energia in rete».
“T
di Paola Fiorio
UTTO CAMBIA PERCHÉ NON CAMBI NIENTE”. Maurizio Pallante,
consulente del Ministero per l’Ambiente ed esperto di risparmio energetico, cita Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa per spiegare l’interesse del mercato dell’energia
nei confronti delle fonti rinnovabili.
Al momento, pur con la liberalizzazione, tutti i
fornitori dovranno usare lo stesso canale di distribuzione. In che modo allora sarà possibile
una vera concorrenza di mercato?
Il canale di distribuzione appartiene a un distributore,
Terna, che è un soggetto terzo rispetto ai fornitori e quindi farà pagare una sorta di pedaggio a tutti. Perché la rete
ha un costo di messa in opera, manutenzione e trasmissione ed è bene che questo costo sia ripartito tra tutti i fornitori in egual misura. I margini di costo si avranno invece sulla capacità di rendimento degli impianti. Maggiore
è la redditività, minore è il costo dell’energia prodotta. La
concorrenza diventerà allora anche un stimolo per l’innovazione tecnologica, per diminuire le emissioni di
CO2. Finora, essendoci un unico produttore, questo sti-
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molo per rendere gli impianti più efficienti è mancato.
Quale risparmio si può ipotizzare per il consumatore finale?
Dipende dal mercato. La cosa interessante non è tanto
quella di passare da un monopolio a un oligopolio, che
comunque non consente grossi margini, e alla fine anche con più soggetti nel mercato le tariffe tendono a livellarsi. L’elemento nuovo di questa liberalizzazione è invece l’apertura del mercato a una miriade di piccoli autoproduttori domestici che potranno riversare nella rete
l’eccesso di energia, prodotta con fotovoltaico e micro
co-generazione, a prezzi più convenienti. Questo permetterebbe una reale concorrenza che l’oligopolio non
consente, perché con l’autoproduzione il risparmio non
è legato alla fonte, ma all’efficienza con cui la utilizzo.
La quota di produzione di energia verde è stata fissata al 2,7% nel 2001. Per incentivare le
energie rinnovabili perché non si pensa ad incrementarla?
Il decreto dei certificati verdi prevede un incremento
nella produzione di energia senza CO2 del 2% l’anno.
Che poi questo venga rispettato è tutto da vedere. Di fatto, poi, nel luglio 2004, il decreto è stato riemesso con le
stesse quote facendo decadere gli obblighi fissati nel
2001. In sostanza, l’incremento che non era stato rispettato è passato in cavalleria.
Sempre più gestori, anche quelli che inquinano di più, stanno preparando offerte di energia da fonti rinnovabili. Come si spiega questo interesse?
Si spiega col fatto che in un futuro nemmeno troppo
lontano le fonti fossili daranno problemi di approvvigionamento e che saranno quindi sempre più care. È
chiaro allora che le società che operano nel settore dell’energia si stiano attrezzando affinché, come diceva Il
Gattopardo, cambi tutto perché non cambi niente.
Cioè?
Indipendentemente dal tipo di fonte utilizzata per la pro-
duzione di energia elettrica, fossile, nucleare o verde, gli
utili per l’azienda non si modificano. Quello che veramente cambierebbe la situazione è la diminuzione dei
consumi che è un elemento strettamente legato all’autoproduzione. Perché se mi produco in casa l’energia avrò interesse a non sprecarla in modo da ridurre i kilowattora di
fabbisogno e contenere l’investimento dell’impianto. Allora sostituirò lo scaldabagno elettrico, userò elettrodomestici di classe A e lampadine a risparmio energetico.
Ci sono dei meccanismi incentivanti per chi distribuisce energia verde?
Sì, ci sono i certificati verdi per la produzione di energia
da fonti rinnovabili che danno diritto a dei contributi.
Maurizio Pallante,
consulente
del Ministero
per l’Ambiente
ed esperto
di risparmio
energetico.
Quello dell’energia verde allora è un mercato
redditizio?
Più che redditizio. E sono soldi della collettività, che vengano dalla bolletta o dalle tasse.
La scelta di proporre energia rinnovabile è più
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un affare che un criterio ambientale?
Penso proprio di sì. L’ingenuità degli ambientalisti è stata credere che la soluzione all’inquinamento e all’effetto
serra fosse tutta nell’energia da fonte rinnovabile. La strategia è invece in tre passaggi: riduzione dei consumi, progressiva sostituzione delle fonti fossili con fonti rinnovabili, autoproduzione con scambio delle eccedenze.
Perché sia veramente vantaggioso per l’ambiente non basta scegliere le fonti rinnovabili. Ci vuole una riduzione
della domanda di energia.
Vuol dire che scegliere una tariffa verde non è
abbastanza?
.
La finanza è diventata ecologista?
Se vanno avanti effetto serra e problemi di approvvigionamento delle fonti fossili è chiaro che occorrerà passare
all’energia verde e la finanza sta già seguendo questo filone. Oggi è redditizio per i contributi, domani lo sarà perché costerà meno e darà meno problemi di reperibilità.
Un new deal contro i danni
del surriscaldamento
Dopo la conferenza, la Camera approva interventi contro il global warming. Per far decollare un’industria da 1000 miliardi.
ER UNA VOLTA LE ISTITUZIONI ITALIANE mostrano di aver fatto
gioco di squadra. Il ministero dell’Ambiente lancia la sfida. Il Parlamento risponde. La Conferenza nazionale sul
clima di metà settembre a Roma si era
di Emanuele Isonio aperta con uno slogan: “È il momento di
agire”. Ovvero: basta con le parole, stop
ai dibattiti inconcludenti. «I cambiamenti climatici costituiscono un
problema nazionale. Le strategie per contrastarli vanno considerate
prioritarie per l’iniziativa del governo», si legge nel documento finale.
Che delinea poi cinque aree d’intervento: mitigazione dei cambiamenti; adattamento (per minimizzarne i danni); patto tra governo, enti locali e parti sociali; fondo europeo di sostegno ai Paesi
in via di sviluppo più colpiti; conferenze periodiche per monitorare i progressi conseguiti.
Lo stesso presidente del Consiglio, Romano Prodi aveva indicato nel suo intervento le mosse per contrastare il global warming e rispettare gli impegni presi con l’Ue (20% di riduzione dei gas serra
entro il 2020): «Incentivare le forme di risparmio energetico e sostenere lo sviluppo delle energie rinnovabili che sono un volano
(virtuoso) di crescita economica». Già oggi, il volume mondiale dell’industria ambientale ha raggiunto i mille miliardi di euro l’anno,
ponendosi al quarto posto tra i settori industriali e superando il tessile e il farmaceutico.
Il Parlamento, come detto, ha recepito l’invito: la Camera dei
deputati ha infatti approvato la relazione predisposta dalla Commissione Ambiente e Lavori pubblici. Non è un atto giuridicamente vincolante ma politicamente il passo avanti (per ora) è innegabile. Undici le proposte formulate.
Sul fronte del risparmio: incentivi per sostituire gli elettrodomestici “energivori”, per la bioedilizia, per i sistemi antidispersione
termica. E ancora, una nuova legge sugli appalti pubblici per premiare le ditte con migliori standard di risparmio energetico, tariffe
delle bollette che applichino il principio “chi più risparmia, meno
paga”, incentivi all’agricoltura sostenibile e miglioramento dell’efficienza idrica.
Sul fronte della riduzione delle emissioni: investimenti in favore
delle rinnovabili (dalle quali saranno finalmente escluse le controver-
P
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se “fonti assimilate”), sostituzione delle centrali più inquinanti, ulteriori liberalizzazioni nel settore dell’energia, leva fiscale in favore del
trasporto su rotaia e del car sharing. Proposto anche un piano per la
ricerca scientifica. Su solare ed eolico, ma anche sulle energie del futuro: idrogeno, celle di combustibile e nucleare (“da fusione fredda”).
Un fiume di interventi mirati. I dati presentati alla Conferenza di
Roma da climatologi, meteorologi, economisti in effetti non consigliano ulteriori indugi: in Italia le temperature sono aumentate in cento anni di 1,7 gradi (quasi il doppio della media europea).
Sono aumentate il numero e l’intensità delle ondate di calore. Le
precipitazioni sono calate del 5% (con punte del 9% in primavera).
Dal 1850, i ghiacciai alpini si sono dimezzati. E sugli Appennini sono scomparsi. Ma altri dati dimostrano, se ce ne fosse bisogno, che
il peggioramento delle condizioni ambientali significa un ingente
danno anche economico.
Qualche esempio: un solo grado in più di temperatura produrrà
una contrazione del Pil dello 0,12-0,16% nel 2050 e dello 0,9 -1,14%
nel 2100. Nella città di Roma il mancato adattamento alle variazioni
climatiche provocherà un danno di 280 milioni di euro (e 772 morti
in più per le ondate di calore). A Venezia, il solo settore turistico nel
2030 subirebbe un danno di circa 40 milioni. Mentre il fatturato del
turismo in Trentino Alto Adige e Friuli diminuirebbe del 15%.
Gli obiettivi dunque sono chiari. Le proposte sono state presentate. «Tutto ciò va ora sintetizzato e tradotto in misure concrete – spiega il ministro della Ricerca, Fabio Mussi – La Finanziaria e i
ddl collegati saranno il primo banco di prova per testare l’effettiva
volontà politica».
Il rischio è di perdere ulteriore terreno, non solo sul piano ambientale ma anche a livello economico, rispetto ad altri Stati europei.
«Germania e Gran Bretagna sono già partiti e hanno stabilito di rendere legalmente vincolanti gli obiettivi proposti» ha ricordato Ermete
Realacci, presidente della commissione Ambiente di Montecitorio.
Berlino ha deciso – unilateralmente – di ridurre del 40% le proprie
emissioni di gas serra entro il 2020. Il governo inglese, invece, prevede una riduzione del 25-30% in dieci anni e del 60% nel 2060. «Hanno dimostrato di sapere – prosegue Realacci – che quando c’è una cena è meglio essere tra i commensali che tra le pietanze».
.
Senza regole
si rischia di perdere
l’innovazione
Stefano Zamagni illustra i temi principali della settima edizione delle Giornate di Bertinoro che cadono in un
momento particolare con molte riforme che sono destinate a chiedere un nuovo sforzo di impegno e creatività.
N PASSAGGIO FONDAMENTALE VERSO LO SVILUPPO DEL TERZO SETTORE. Ma con molte incognite legate soprattutto al ruolo del regolatore. Sarà questo il tema principale della settima edizione delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile di AICCON, in un momento in cui si stanno tracciando i binari della futura economia civile in Italia.
Il titolo scelto per l’appuntamento spiega perché il tema vada affrontato in modo deciso: quello che è in gioco è la capacità dell’intero sistema di saper produrre innovazione sociale. Sembra arrivato il momento di compiere un salto importante, ma, dal riconoscimento sulla carta alla sua concreta messa in atto, la sussidiarietà
continua ad incontrare molti ostacoli. Ne parliamo con Stefano Zamagni, presidente della commissione scientifica di AICCON, ideatore delle Giornate e Presidente dell’Agenzia per le OnLUS.
U
di Alessia Vinci
Sopra, la passata
edizione delle
Giornate di Bertinoro.
imprese sociali necessitano
“Le
di un organismo di controllo
operativo invece
che di un controllo preventivo
”
Professore, le Giornate apriranno un autunno
importante per il terzo settore affrontando il tema della regolamentazione. Quali sono le questioni da affrontare?
Il terzo settore italiano sta vivendo una fase di accellerata transizione dal vecchio assetto giuridico a uno
nuovo. In particolare mi riferisco alla proposta di rifor|
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ma del libro 1 titolo 2 del codice civile, ormai licenziata dalla commissione Pinza, ma anche all’attesa delibera dei regolamenti attuativi della legge sull’impresa
sociale che dovrebbe avvenire entro ottobre.
AMPLIFICARE
LE RETI SOCIALI
DA SEMPRE SOSTENGO che la costituzione di Banca
Etica, nel 1999, non ha rappresentato un punto d’arrivo.
Piuttosto il punto di partenza per lo sviluppo
di un processo di ricerca, sia culturale che operativo,
per fare banca in modo innovativo, utilizzando il denaro
in modo responsabile, mettendo l’attività bancaria
al servizio di uno sviluppo sostenibile dal punto di vista
economico, sociale e ambientale.
Ma, la vivace sopravvivenza di Banca Etica,
in un mercato finanziario che tende ancora senza scrupoli
alla massimizzazione del profitto, rappresenta anche
una rottura laddove dimostra che si può cambiare rotta,
che puntare alla responsabilità sociale permette anche
di stare sul mercato.
Noi cerchiamo strade non ancora tracciate
e procediamo spediti da quando si è cominciato
a lavorare al sogno di una Banca Etica, nel 1994.
Ma non basta. Per innescare un cambiamento
profondo e durevole nella società dobbiamo percorrere
le strade nuove che stiamo progettando accanto
ad altri soggetti.
Dobbiamo costruire reti sociali sempre più forti
e collaborative per moltiplicare gli effetti dei processi
innovativi dei singoli nodi. Il coinvolgimento
degli stakeholder nell’attività di ciascuna impresa,
organizzazione o associazione è fondamentale
per creare un tessuto sociale impregnato di nuove
regole sociali, consapevoli che la trasparenza,
la giustizia e l’equità dei rapporti devono stare
alla base dello sviluppo della nostra società.
E per continuare ad operare quel contagio che notiamo
con soddisfazione nell’economia e finanza tradizionali,
costrette ad “imitare” seppur parzialmente noi pionieri,
introducendo elementi di responsabilità sociale in alcuni
dei loro prodotti e servizi.
Fabio Salviato
questione da affrontare
“La
riguarda l’alternativa
tra una legge quadro
e un testo unico. La seconda
ipotesi è preferibile
”
Il nodo non risiede nella
“forma
giuridica: un’impresa
di questo settore
può essere diversa
a prescindere dalla forma
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”
C’è la questione dei registri: in Italia sono 300
tra loro non coordinati. Come è possibile trovare il modo di metterli a sistema?
Sembra che ci sia qualcosa che frena un percorso di
evoluzione ormai atteso da tutti. Il problema di fondo
è che la macchina burocratica è datata: per questo
dobbiamo trovare una corsia specializzata per il terzo
settore, in un momento in cui questo gode di un consenso unanime.
Nessuno può più affermare che il terzo settore non
sia importante, tutti sono disposti a riconoscere il suo
ruolo e ad investire su di esso, ma quando si va a tradurre in pratica la volontà democratica del Paese si incontrano difficoltà e incongruenze.
Un altro esempio è la legge 328 del 2000, che riformava il welfare: era una legge veramente innovativa,
che ci invidiavano anche all’estero. Eppure, sono passati sette anni e non è stata applicata.
Come mai? In passato c’erano
delle resistenze politiche e culturali, oggi c’è un’ampia apertura di credito verso il terzo
settore ma incontriamo ancora
delle resistenze: tutti sottoscrivono il principio di sussidiaStefano Zamagni,
rietà, ma di fatto non si riesce
presidente
ad applicarlo.
della commissione
scientifica di AICCON.
Un altro punto ancora è il
disegno di legge che deve riformare le ONG e definire il loro ruolo in relazione alla costituzione dell’Agenzia della cooperazione.
Oggi non ci manca la forza numerica, nè le volontà, né le capacità, ma la possibilità di attuare a livello regolamentativo le norme che potrebbero consentire al terzo settore di avere delle ali finalmente agili. Per questo bisogna capire la natura della situazione
e offrire delle piste di soluzione. Altrimenti ne risentirà l’innovazione sociale.
CONTRIBUTO OCCUPAZIONALE DEL NON PROFIT PER SETTORI DI ATTIVITÀ
FORME GIURIDICHE
DIPENDENTI
TOTALE
ISTITUZIONI CON
LAVORATORI
CON CONTRATTO
DI COLLABORAZIONE
COORDINATA
E CONTINUATIVA
VOLONTARI
RELIGIOSI
OBIETTORI
14.365
Maschi e femmine
Associazione riconosciuta
116.553
7.312
3.523
22.745
1.107.498
27.018
50.674
5.414
1.138
4.333
63.226
1.372
834
102.423
10.121
9.938
39.378
1.931.590
36.432
6.779
767
148
46
1.000
38.743
287
194
Cooperativa sociale
121.894
26.345
871
7.558
19.119
560
2.995
Altra forma
139.615
14.175
2.030
4.926
61.009
30.379
2.621
Totale
531.926
63.515
17.546
79.940
3.221.185
96.048
27.788
Associazione riconosciuta
52.204
1.515
2.030
12.406
709.272
20.718
14.365
Fondazione
17.588
812
488
2.096
28.047
458
834
Associazione non riconosciuta
42.379
1.909
6.868
21.094
1.298.084
18.226
6.779
206
16
26
451
26.081
219
194
Cooperativa sociale
39.732
6.179
237
2.900
10.090
320
2.995
Altra forma
47.108
2.113
1.021
2.562
38.249
11.226
2.621
199.217
12.544
10.670
41.509
2.109.823
51.167
27.788
64.349
5.797
1.493
10.339
398.226
6.300
0
Fondazione
Associazione non riconosciuta
Comitato
Maschi
Comitato
Totale
Femmine
Associazione riconosciuta
Fondazione
33.086
4.602
650
2.237
35.179
914
0
Associazione non riconosciuta
60.044
8.212
3.070
18.284
633.506
18.206
0
Comitato
561
132
20
549
12.662
68
0
82.162
20.166
634
4.658
9.029
240
0
92.507
12.062
1.009
2.364
22.760
19.153
0
332.709
50.971
6.876
38.431
1.111.362
44.881
0
Cooperativa sociale
Altra forma
Totale
LIBRI
CONTRIBUTO OCCUPAZIONALE DEL NON PROFIT PER SETTORI DI ATTIVITÀ
ATECO 91
OCCUPATI
UFFICIALI 2001
OCCUPATI
NON PROFIT 1999
PERCENTUALE NON PROFIT
SU OCCUPATI TOTALI
Cultura, sport e ricreazione
92
164.926
45.155
27,38
Istruzione e ricerca
80
1.433.909
105.470
7,36
Sanità
851
906.253
121.389
13,39
Assistenza sociale
853
322.177
151.547
47,4
90
92.878
2.264
2,44
Ambiente
Quali possono essere le soluzioni per consentire un concreto processo di innovazione?
Sul fronte specifico dell’innovazione la questione da
affrontare riguarda l’alternativa tra una legge quadro
e un testo unico sul terzo settore: se c’è chi auspica una
legge quadro che comprenda tutto, c’è chi ritiene che
i tempi non siano maturi e che serva un testo unico
che razionalizzi le norme esistenti. Io ritengo che la seconda strada sia in questo momento quella preferibile, dato che la prima porta con sé il rischio di appiat-
DI CUI
A TEMPO PARZIALE
LAVORATORI
DISTACCATI
O COMANDATI
DA IMPRESE
E/O ISTITUZIONE
Sviluppo economico e coesione sociale
Tutela dei diritti e attività politica
n.a.
9.133+9.132
26.832
43.192*
10.175
Filantropia e promozione del volontariato
9.133
476
Cooperazione e solidarietà internazionale
9.133
908
Religione
9.131
11.553
Relazioni sindacali e rappresentanza di interessi
911+912
Roberto Cartocci
Fausto Marconi
Libro Bianco
sul Terzo Settore
Il Mulino 2006
57.010
23,56
45.430
79,69
* il dato si riferisce alla somma del settore e dei tre sottostanti
|
ANNO 7 N.53
|
Stefano Semplici
Il mercato giusto
e l’etica
della società civile
V&P 2005
OTTOBRE 2007
| valori | 51 |
| economiasolidale |
| macroscopio |
Malpensa
A CHE PUNTO SIAMO
ASSOCIAZIONI
Fondazioni Riforma Libro I Titolo 2 del Codice Civile.
Licenziata dalla Commissione Pinza è in attesa
della discussione parlamentare
Alla Camera sono state presentate le proposte
di Lucà – Presidente Commissione Affari Sociali
e di Isabella Bertolini
IL PROGRAMMA
“Regolamentazione del Terzo Settore e innovazione
sociale” è il titolo della VII edizione delle Giornate
di Bertinoro per l’Economia Civile di AICCON che avrà
luogo a Bertinoro i prossimi 12 e 13 ottobre.
Il dibattito, articolato in tre sessioni, partirà dall’analisi
dei percorsi di regolamentazione delle forme giuridiche
del terzo settore per poi affrontare il tema
dell’innovazione sociale. Tra le prime presenze
confermate Zamagni, Cafaggi, Lamandini, Fiorentini
per la sessione di apertura e Becchetti, Stefanini,
Salviato per la seconda sessione.
La sessione conclusiva sarà dedicata alla Riforma
IMPRESA SOCIALE
La legge, a un anno e mezzo dalla sua approvazione,
è in attesa dei decreti attuativi
ONG
Il ruolo delle ONG andrà definito in relazione
alla costituzione dell’Agenzia della Cooperazione
VOLONTARIATO
Sono stati presentati diversi disegni di legge di riforma
della legge sul volontarito: al Senato quello firmato
Magistrelli – Treu, oltre alla proposta di Laura Bianconi.
ISTITUZIONI E DIPENDENTI
ISTITUZIONI
DIPENDENTI
DATI ASSOLUTI
%
DATI ASSOLUTI
%
DIPENDENTI
PER
ISTITUZIONE
Ripartizioni geografiche
Nord
16.799
50,0
274.22
51,6
16
Centro
8.793
26,2
156.976
29,5
18
Mezzogiorno
Italia
8.009
23,8
100.73
18,9
13
33.601
100,0
531.926
100,0
16
Forme giuridiche
Associazione riconosciuta
8.339
24,8
116.553
21,9
14
Fondazione
1.334
4,0
50.674
9,5
38
15.696
46,7
102.423
19,3
7
247
0,7
767
0,1
3
Associazione non riconosciuta
Comitato
Cooperativa sociale
398
11,8
121.894
22,9
31
4.005
11,9
139.615
26,2
35
33.601
100,0
531.926
100,0
16
Cultura, sport e ricreazione
8.328
24,8
45.155
8,5
5
Istruzione e ricerca
5.586
16,6
105.47
19,8
19
Sanità
1.651
4,9
121.389
22,8
74
Assistenza sociale
5.624
16,7
151.547
28,5
27
264
0,8
2.264
0,4
9
Sviluppo economico e coesione sociale
1.576
4,7
26.832
5,0
17
Tutela dei diriti e attività politica
1.288
3,8
10.175
1,9
8
Altra forma
Totale
Settori di attività prevalente
Ambiente
Filantropia e promozione del volontariato
140
0,4
476
0,1
3
Cooperazione e solidarietà internazionale
202
0,6
908
0,2
4
Religione
1.171
3,5
11.553
2,2
10
Relazioni sind. e rappresent. di interessi
7.004
20,8
45.43
8,5
6
765
2,3
10.727
2,0
14
33.601
100,0
531.926
100,0
16
Altre attività
Totale
| 52 | valori |
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
|
del Libro I Titolo II del Codice Civile sulle Fondazioni
e le Associazioni con la partecipazione di rappresentanti
della Commissione Pinza, del Governo, del Forum
Permanente del Terzo Settore e della cooperazione,
tra cui Zamagni, Guidotti, Pezzotta e Poletti.
Si ripete inoltre l’appuntamento annuale con
le anteprime dei dati ISTAT sull’universo dell’Economia
Civile, quest’anno dedicati alla cooperazione sociale.
INFO
Per informazioni,
aggiornamenti
sul programma e iscrizioni
www.aiccon.it
www.legiornatedibertinoro.it
Segreteria AICCON
tel 0543 62327
tire la diversità che è la cifra distintiva del terzo settore nel nostro Paese.
Fare oggi una legge quadro significherebbe uniformare il terzo settore e questo sarebbe un male, dato
che la diversità è la forza che dinamicizza il sistema.
Una legge quadro in grado di eliminare le incongruenze, rivedendo e adeguando l’assetto dei diversi
soggetti del terzo settore, potrebbe invece consentire
una nuova fase di innovatività sociale.
Parlando di impresa sociale viene immediato
affrontare il nodo della sua forma giuridica?
Non importa la forma, mentre sino ad oggi l’operatività di un soggetto dipendeva dalla forma giuridica,
come a dire che se era una società per azioni non poteva
appartenere a questo contesto.
La novità che si sta delineando
è di rompere questa tradizione: un’impresa sociale può benissimo essere una Spa: la forma giuridica deve essere al servizio degli obiettivi che mi
prefiggo, come è stato fatto
La Torre di Bertinoro,
con la riforma societaria delle
dove si tiene
cooperative.
la conferenza
AICCON.
Ovviamente questo pone
dei rischi ed è per questo che io
chiederò con forza che l’Agenzia per le OnLUS assuma
il ruolo di una vera e propria Authority, un organismo
che controlli non tanto il rispetto formale ma l’attività
sostanziale, quello che
PER SAPERNE DI PIÙ
operativamente viene effettuato da un impresa
www.agenziaperleonlus.it
che vuole essere riconowww.forumterzosettore.it
sciuta come sociale.
.
Gli aeroporti
occasione perduta
di Walter Ganapini
MILANO, di quelli che vi hanno trascorso anni
tra i professionalmente migliori della vita, convinti di averli spesi nell’unica città italiana
dove si lavorava come in Europa. Si trattava della Milano degli anni ‘80 e ‘90, con tutte
le sue contraddizioni, i suoi problemi, i suoi sussulti.
Non voglio certo qui analizzare tali caratteri, ma solo contestualizzare un mio ragionamento
sull’attuale ‘querelle’ sullo scalo aeroportuale della Malpensa.
Uno dei fattori competitivi che rendevano Milano “porta italiana sull’Europa” era Linate:
grazie a tale infrastruttura, si era in grado di poter raggiungere Londra, Parigi, Bruxelles, Francoforte,
Bruxelles piuttosto che a Copenhagen essendovi operativi dalle 9 di mattina e potendo rientrare
in giornata alla base con comodi aerei che partivano tra le 19 e le 22.
Ho citato le città che maggiormente frequentavo per i rapporti che allora intrattenevo,
particolarmente in ambito comunitario.
Lo stesso valeva per le missioni a Roma: con il primo volo del mattino, alle 6.30, spesso arrivavo
ad essere quello che “apriva il Ministero dell’Ambiente”, perché, anche in assenza del treno
Fiumicino-Termini, l’atterrare alle 7.30 consentiva di anticipare l’ondata degli ingressi intasati
alla Magliana ed all’EUR, tipici dalle 8 alle 9. E si poteva
Un aggregato di interessi
lavorare a Roma fino a tardi, grazie all’ultimo volo
ha fatto spendere migliaia
di ritorno, tra le 23 e le 23.30. In altri termini, un milanese,
di miliardi di lire per un hub
anche se abitante a S.Siro, alzandosi attorno alle 5,
che ora contribuisce
aveva opportunità lavorative e di efficienza nella gestione
ad affossare i conti di Alitalia
del tempo e dei costi di missione che nessun
altro connazionale poteva permettersi. In occasione di Italia ‘90, quando vi sarebbe stata adeguata
disponibilità di risorse al riguardo, la potente lobby dei taxisti impedì la realizzazione di una
ferrotranvia che unisse Piazza 5 Giornate a Linate, così completando uno schema che sarebbe
risultato perfetto.
Alla Malpensa si andava per gli intercontinentali, ed era già un viaggio arrivarvi, ma diverso
era anche l’approccio alla trasvolata: solo parigini e londinesi, grazie al Concorde, potevano
presumere di andare e rientrare in giornata da New York.
Cominciarono allora ad intrecciarsi gli interessi finanziari, industriali e lobbistici
che intravedevano nella realizzazione di un hub, in mezzo ad un Parco, in un’area densamente
vocata alla nebbia, povera di infrastrutture di collegamento, una grande opportunità di business.
Alla fine quell’aggregato cementizio e di opere e servizi ha prevalso, generando spese
per migliaia di miliardi di vecchie lire e ponendo le basi per una delle concause non secondarie
del disastro Alitalia.
E mentre Malpensa si impantanava, tristemente Linate si spegneva, con il carico di opportunità
positive di cui era ricco. E tutto ciò, paradossalmente, mentre tutto il mondo rivalutava
enormemente il ruolo di fattore di successo nella competizione tra sistemi urbani che veniva svolto
dai “City Airports”, di cui Linate era l’antesignano.
A
PPARTENGO ALLA SCHIERA DEGLI AMANTI DI
.
|
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
| valori | 53 |
| inbreve |
| inbreve |
Frontex. L’immigrazione secondo Bruxelles >56
La Corea del Nord nasconde il riarmo nucleare >62
internazionale
NUOVA BOMBA
CONVENZIONALE
PIÙ DISTRUTTIVA
DELL’ATOMICA
LA GIUNTA MILITARE
IN BIRMANIA
SPARA SUI MONACI
IN MANIFESTAZIONE
I KAZAKI
VOGLIONO
“TENERSI”
ILGAS
INASPRIMENTO
DELLE PENE
PER I CINESI
CON PIÙ FIGLI
ARRESTATO ILPRESUNTO
MANDANTE DELL’OMICIDIO
DELLA GIORNALISTA
POLITKOVSKAJA
MUORE
VESCOVO
ARRESTATO
IN CINA
La notizia arriva da Mosca: è stata
sperimentata una nuova super
bomba convenzionale, potente
quanto un’atomica. Il nuovo ordigno
sperimentato è una “vacuum
bomb”, una bomba termobarica
che non viola accordi internazionali
sul controllo degli armamenti.
Secondo gli scienziati russi la bomba
è potente, efficiente e distruttiva
quanto una atomica ma non crea
inquinamento. Viene sganciata
con un paracadute, disperde
una nube di materiale esplosivo
sull’obiettivo da colpire e poi la fa
esplodere generando così un’onda
di pressione molto più devastante
delle bombe convenzionali, appunto
come un’atomica. Per fare
un raffronto con gli ordigni esistenti,
la nuova bomba è superiore
per distruzione all Gbu-43/b
di recente fabbricazione americana.
La spesa militare del Cremino
aumenta e il Paese si riarma.
I giornali russi parlano infatti
anche di un nuovo sottomarino
in costruzione, che dovrebbe
completare l’armamento
nucleare, già dotato di missili
e aviazione strategica.
La polizia nella Birmania ha caricato e sparato
su una manifestazione a Rangoon. In marcia
per le strade della capitale, 500 monaci buddisti
e alcuni giovani sostenitori stavano protestando
contro la giunta militare che governa il Paese.
I proiettili della polizia hanno lasciato sulla strada
quindici morti, tra cui un fotoreporter giapponese.
Una situazione incandescente che richiesto
la convocazione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza
dell’Onu. Le forze dell’ordine hanno isolato la celebre
pagoda di Shwedagon,
punto focale delle
manifestazioni contro
la giunta militare al potere
da 45 anni in Birmania,
picchiando i monaci
buddisti e usando
i gas lacrimogeni
per disperdere la folla che si era radunata.
Il gruppo di monaci in testa a questo corteo ha più
volte esortato i manifestanti che li accompagnavano,
perlopiù ragazzi, a non esporsi alle violenze,
esortando alla non-violenza nei rapporti con i militari:
«Noi li ricolmeremo di amabile gentilezza».
La giunta militare ha imposto il coprifuoco che vige
dalla 21 alle 5 di mattina e che rimarrà in vigore
per 60 giorni nelle città più importanti della Birmania.
Il provvedimento trasferisce all’esercito il controllo
diretto della sicurezza in tutto il Paese e proibisce
gli assembramenti e le riunioni di più di cinque persone.
Il Kazakhstan sceglie la via
del Venezuela. È stato infatti
presentato in parlamento
un emendamento per
la nazionalizzione dei giacimenti
di gas. Una decisione che mette
in crisi il negoziato con l’Eni
che punta ad estrarre le immense
riserve di petrolio e gas che giacciono
nel nord del Mar Caspio. I giacimenti
sono localizzati a 5000 metri sotto
il livello del mare, le temperature
raggiungono i meno 40 gradi
in inverno e i più 40 in estate.
La soluzione della situazione
dovrebbe arrivare entro il 22
ottobre, data indicata dal contratto.
Il maxiemendamento è stato
presentato dal partito unico
Nur e dopo la camera Bassa
del parlamento kazako, con
approvazione in seduta plenaria,
dovrà passare al senato.
La stagione invernale alle porte
non è rassicurante, perché in Italia
all’appello del metano di scorta
mancano 900 milioni di metri cubi.
In particolare, per il deposito
di Settala va chiesta la valutazione
di impatto ambientale, lo stesso
discorso vale per lo stoccaggio
di Fiume Treste. Solo nella primavera
del 2009 entrerà in attività
il metanodotto aggiuntivo
per collegare Algeria e Italia.
Il governo cinese ha annunciato
un inasprimento della legislazione
sul figlio unico. Multe salatissime
a chi sgarra la regola. Fino ad oggi
si rischiava una piccola ammenda
e al massimo il licenziamento
dal posto di lavoro. Quindi bastava
pagare una somma e il problema
del secondo figlio era risolto,
soprattutto per le famiglie
più benestanti. Con le nuove regole
la multa sarà commisurata
al reddito e sarà accompagnata
da altre misure come la riduzione
dell’accesso al credito. In pratica
le autorità di controllo sulla natalità
potranno intervenire sulle banche
affinché non concedano o limitino
l’accesso al credito ai trasgressori.
Inoltre c’è anche una moral suasion
per chi ricopre ruoli pubblici (partito
comunista, amministratori pubblici,
quadri statali) perché dovrebbero
dare il buon esempio. La politica
del figlio unico fu introdotta in Cina
nel 1979, una misura per contenere
l’esplosione demografica: oggi
ci sono circa 400 milioni di cinesi
in meno. In Cina però si assiste
a uno squilibrio demografico
tra i sessi: 118 uomini su 100
donne, perché le femmine vengono
soppresse. In una prospettiva futura
non è una situazione ottimale.
La magistratura russa insiste sulla pista cecena
nel ricercare autori e mandanti dell’omicidio della
giornalista Anna Politkovskaja, scomoda testimone
con i suoi reportage delle azioni delle truppe federali
russe in Cecenia. La Politkovskaja con i suoi articoli
aveva accusato, denunciato e scoperchiato una serie
di fatti, di persone e anche istituzioni russe.
Erano dunque molti ad avere interesse a eliminarla
per i motivi più disparati: vendetta, timore di imminenti
e nuove pericolose rivelazioni, come nel caso
del presidente ceceno Ramzan Kadyrov,
bersaglio di articoli ferocissimi della
giornalista. Oppure per dare un esempio
intimidatorio a tutti gli altri giornalisti
che facevano inchieste in Russia.
L’ultimo presunto mandante
del delitto, indicato dai magistrati
russi, è Shamil Buraev ex capo
dell’amministrazione della regione
cecena di Achkoj-Martan, che nel 2003
partecipò alle elezioni presidenziali nella repubblica
secessionista del Caucaso. A tirare fuori il nome
di Buraev sarebbe stato un ufficiale dei servizi
di informazione, l’ex Kgb sovietico, che a sua volta
avrebbe aiutato un clan ceceno a raccogliere
informazioni sulla giornalista.
Già ad agosto erano state arrestate undici persone
tutte sospettate di aver partecipato a vario titolo
all’assassinio della Politkoskaja, ma solo quattro
di questi sono stati incriminati formalmente. Secondo
gli inquirenti, il gruppo potrebbe essere coinvolto
in altre vicende criminali come l’assassinio di Paul
Khlebnikov, ex direttore dell’edizione russa della rivista
Forbes, avvenuto nel 2004 a Mosca .
Era stato sequestrato due anni
fa e di monsignor Giovanni Han
Dingxian, 68 anni arcivescovo
di Yongnian nella provincia cinese
di Hebei, non si era più saputo
nulla. La polizia ha comunicato
che il religioso è morto per un cancro
ai polmoni. Il suo corpo è stato
cremato e le sue ceneri seppellite
in un cimitero pubblico. Una
cerimonia celebrata in tutta fretta
senza dare la possibilità ai suoi
fedeli di dare l’ultimo saluto
al vescovo. La comunità religiosa
di Han Dingxian con oltre un milione
e mezzo di fedeli, è tra le più
numerose della Cina. Giovanni
Han Dingxian era stato arrestato
una prima volta nel 1960
con l’accusa di attività
antirivoluzionaria e per quel reato
condannato ai lavori forzati.
Liberato nel 1979 è diventato prete
nel 1986 e nel 1989 ordinato
vescovo di Yongnian. Nel 1999
era stato nuovamente arrestato
mentre conduceva un ritiro
spirituale con giovani e altri religiosi.
Fu imprigionato per quattro anni
e rapito nuovamente nel 2005.
| 54 | valori |
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
|
|
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
| valori | 55 |
| internazionale | Senegal e Mali |
| internazionale |
A oltre un anno dall’applicazione
del progetto Frontex, viaggio tra Senegal
e Mali per scoprire gli effetti della politica
di chiusura delle frontiere europee.
I drammi non diminuiscono
e il modello “militare” proposto
dall’Unione Europea non ha funzionato
sulle coste del Meditteraneo.
Uno sbarco di immigrati a Tarifa.
S
di Cristina Artoni
| 56 | valori |
ONO LE PERCENTUALI A CONTARE nei corridoi della sede del-
l’Unione Europea di Bruxelles. Il commissario alla giustizia e sicurezza Franco Frattini, infatti, le mostra con
soddisfazione ogni volta venga interpellato sul “dossier immigrazione”. Tra i massimi ideatori delle missioni per controllare con l’agenzia Frontex le Canarie
(operazione Hera) e le coste dell’Europa del Sud (Piano
Nautilus I e II), Frattini utilizza le percentuali per sostenere l’efficacia degli interventi militari nel bloccare
i flussi migratori. I risultati brillanti sarebbero un meno 40% di sbarchi dai primi controlli nel 2006, fino a
meno 50% nel corso del 2007.
A spingere per un impegno militare da parte di
Bruxelles era stato lo scorso anno il governo spagnolo di
Zapatero che nel chiudere una falla si era ritrovato a fare i conti con un fenomeno drammatico.
Dopo la chiusura della rotta di Ceuta e Melilla, enclave spagnola in territorio marocchino, per anni una delle
mete più battute per approdare all’Eldorado europeo, la
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
|
corsa infatti si era spostata verso le Canarie. Per tutto il
2006 l’emergenza è stata su quel tratto di mare che divide il continente africano dall’arcipelago spagnolo. Le cifre degli sbarchi hanno toccato quota 10 mila, senza però
contare chi ha perso la vita nel silenzio delle acque dell’Atlantico: «Il 40% delle barche che partono per le Canarie naufragano – spiega Ahmedou Ould Haye, coordinatore della Croce Rossa Mauritana – dal 2005 ai primi mesi del 2006 abbiamo calcolato tra i 1200 e i 1300 i morti.
Ma ora che le strade percorse sono sempre più numerose,
non siamo in grado di calcolare i “senzanome”».
Il fenomeno dell’immigrazione verso l’arcipelago era
cominciato tredici anni fa ma l’emergenza sbarchi era
scattata nel 2005, dalla Mauritania. In seguito dopo i
primi interventi di pattugliamento e controllo dei porti, la rotta si è spostata progressivamente sempre più a
sud. Prima di tutto in Senegal. Nell’ultimo anno invece
le imbarcazioni affrontano il mare anche dal Gambia e
dalla Guinea Bissau.
Ora dopo il piano di intervento di Frontex, l’agenzia europea per le frontiere, i controlli si sono fatti serrati. Lungo la costa di Lanzarote e dell’isola di Fuerteventura sono stati predisposti dei sistemi di sorveglianza (SIVE) in grado di intercettare a miglia di distanza le imbarcazioni in rotta verso l’arcipelago. A
Gran Canaria è stato invece installato su un camion
un solo radar che ha una capacità limitata di intervento. Dallo scorso anno il governo delle isole collabora in modo continuativo con le forze di sicurezza
mauritane e senegalesi per il pattugliamento delle acque. Al largo di Dakar e lungo tutto il tratto di mare,
le perlustrazioni sono affidate a un elicottero e due
pattuglie navali. Anche a Nouadhibou, nel nord della
Mauritania, i controlli sono affidati a una motovedetta e ad un elicottero. Un’imbarcazione, con un ruolo
soprattutto di salvataggio, è invece responsabile per
gli interventi intorno alle isole di Capo Verde.
A questi dispositivi si è aggiunto anche l’appoggio
dell’Italia. Da giugno una motovedetta italiana, appartenente alla missione Hera 2007 e coordinata dall’agenzia europea delle frontiere, si trova nelle acque
antistanti Dakar, per esercitare i controlli e contrastare le partenze. Poco prima il rappresentante del governo delle Canarie, José Segura aveva annunciato che
il Ministero dell’Interno aveva anche confermato la
presenza di altre due grandi imbarcazioni della Guardia Civil per operazioni di sorveglianza.
L’altra operazione di Frontex, Nautilus II, è fallita
a un mese dal suo inizio, annunciata tra l’altro con
grande enfasi. Non ha infatti funzionato la collaborazione militare tra i paesi che avrebbero dovuto essere
interessati all’azione di respingimento nelle acque del
Mediterraneo centrale tra Sicilia, Malta e Libia. Alla
missione prevista fino a ottobre, avrebbero dovuto
partecipare oltre all’Italia anche Grecia, Germania,
Francia, Spagna e Malta.
Ma i mezzi si sono rivelati limitati rispetto alle
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PAOLO TRE / A3 / CONTRASTO
Frontex
L’immigrazione
secondo
Bruxelles
PAOLO PELLEGRIN / MAGNUM PHOTOS
Spagna, 2001
Il commissario
europeo alla giustizia
e sicurezza,
Franco Frattini.
OTTOBRE 2007
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RETOUR-TRAVAIL-DIGNITÉ,
LA SPERANZA PER GLI ESPULSI
DALL’UNIONE EUROPEA
La raccolta
del cotone
a Sikasso.
Sotto, la tintura
manuale
delle stoffe.
RICCARDO VENTURI / CONTRASTO
Mali, 2006
«IL MALI È UNO DEI PIÙ GRANDI produttori di cotone
in Africa, lo si può considerare davvero come l’oro bianco.
Noi abbiamo pensato di rivalutare questa filiera talmente
minacciata, anche e soprattutto per ridare importanza
ai prodotti locali». Awa Meite mentre racconta quanto
preziosa è la sua terra, mostra i modelli che ha disegnato
e che sono diventati realtà attraverso il lavoro di decine
di lavoratori dell’associazione Retour-Travail-Dignité.
La giovane figlia stilista di Aminata Traoré, ex ministro
della cultura del Mali ed esponente dei Forum Sociali Mondiali,
porta avanti con il suo progetto l’impegno di dare occupazione
agli espulsi delle enclaves spagnole di Ceuta e Melilla.
«Per ora abbiamo fissato un salario mensile – spiega
Awa – anche se non abbiamo ancora venduto le collezioni
che abbiamo preparato. Rischio in prima persana, ma credo
sia importante che questi giovani possano ritrovare fiducia
qui dopo le esperienze che hanno vissuto».
Nata a Bamako nel 2005 proprio
grazie ad Aminata Traoré, dopo
le violenze scatenate dalle forze
di sicurezza spagnole e marocchine
contro i migranti che tentavano il salto
verso l’Europa, l’associazione contava
circa 200 persone. Dopo il primo anno
alcuni degli espulsi da Ceuta e Melilla
sono rientrati nelle regioni di origine.
Difficile portare avanti il progetto
a Bamako con i pochi finanziamenti
a disposizione. Ma nel corso dell’anno
l’associazione ha supportato
psicologicamente il gruppo
di rifugiati per superare lo choc
dell’odissea vissuta e sostenuto
la formazione attraverso diversi atelier
professionali. Ora un gruppo più ristretto,
di una trentina di persone partecipa
alla produzione delle collezioni disegnate
da Awa: «L’industria del Mali è minacciata
perchè si trasforma solo il 3 per cento
del cotone prodotto. Infatti la maggior parte delle persone
che sognano di partire verso l’Europa vengono dalle zone rurali,
e risentono della crisi dell’agricoltura. Ovviamente se fosse
sviluppato meglio il settore, molta meno gente avrebbe
voglia di partire: sono le famiglie cadute nella povertà
che vogliono partire. Quando si è felici a casa propria
non si abbandona tutto. Le responsabilità verso le proprie
famiglie spinge i giovani a partire».
Info: [email protected]
www.awameite.com
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OTTOBRE 2007
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aspettative e ad agosto la missione è stata sospesa. Il
commissario Frattini era convinto di poter contare su
risorse più numerose. Lo aveva annunciato lo scorso
14 maggio invocando la necessità di inviare subito
Frontex anche nel Mediterraneo: «Quest’anno avremo a disposizione oltre 50 navi da pattugliamento, 20
elicotteri e 25 aeroplani. È un numero molto consistente». Nemmeno venti giorni dopo, il 6 giugno Frattini si lamentava ed era costretto a ricredersi: «Delle
115 imbarcazioni promesse ce ne sono sì e no una
ventina disponibili. Dei 25 elicotteri ne ho due dalla
Germania, uno dalla Francia e uno dalla Spagna. Questo è un appello pubblico».
Agli stati dell’Unione Europea, Frattini ha quindi
ricordato: «L’effetto positivo avuto nelle Canarie dall’operato di Frontex, l’intercettamento di barche riportate in Guinea Conakry e in Senegal, non ha funzionato nel Mediterraneo dove dobbiamo aumentare
i pattugliamenti per far capire che non possiamo tollerare un indiscriminato afflusso di clandestini e per
salvare il maggior numero di vite in mare». Nel cuore
dell’estate invece tutta l’operazione Nautilus II è nafragata ma non certo l’idea di repressione militare che
è dietro i pattugliamenti navali.
È infatti in questa logica che rientra anche l’idea
dell’Unione Europea di esportare oltre le proprie frontiere i centri di permanenza temporanea.
In Mauritania il Cpt si trova a Nouadhibou, in una
distesa di sabbia rovente e pietre a un chilometro dal
mare. Dall’interno, oltre i muri contornati di filo spinato si può vedere la bidonville della periferia. Il centro, allestito dentro una ex scuola, può accogliere fino
a 300 persone, ma nei mesi caldi il sovraffollamento
ha toccato numeri impensabili: fino a 1600 persone.
Qualche traccia dei sogni bruciati si possono leggere
su uno dei muri del cortile: preghiere a Dio in arabo,
nomi e soprannomi e in francese una lunga scritta
“Vogliamo tornare a casa”.
L’esportazione dei Cpt
frenata dalle proteste
Madrid ha stipulato dallo scorso anno accordi con le
singole autorità locali per il rimpatrio degli immigrati
provenienti da Mauritania, Senegal e Mali. Dopo la
detenzione nei centri di permanenza nelle Canarie
vengono trasferiti a Nouadhibou e in seguito condotti nei paesi di origine. Anche in Senegal l’Unione Europea aveva l’intenzione di finanziare la costruzione
di un Centro di detenzione temporanea, ma poi il governo di Dakar ha frenato per evitare le proteste della
società civile: «Sarebbero scoppiate delle polemiche
incontrollabili qui da noi – racconta July Drop, caporedattore del quotidiano L’Observateur, giornale senegalese indipendente – il tema dell’immigrazione colpisce tutte le famiglie, direttamente o indirettamente.
Molte associazioni denunciano violazioni dei diritti
umani in queste espulsioni. Ci sono state manifestazioni e proteste. Un Cpt avrebbe scatenato sicuramente anche rabbia. Il governo ha preferito una linea
più morbida. Gli espulsi vengono trasferiti nelle sedi
delle Prefetture del paese. Poi gli viene allungata qualche banconota e li si lascia tornare a casa. In questo tipo di rimpatrio ovviamente non c’è nessuna differenza tra gli aspiranti migranti e i trafficanti, i passeurs».
Lo scorso anno aveva provocato grande scandalo il
rimpatrio dalle Canarie di 99 cittadini senegalesi,
sbarcati all’aereporto con le manette ai polsi. Il presidente Wade aveva dichirarato: «Il Senegal chiede il rispetto scrupoloso delle convenzioni internazionali
nel caso di espulsioni». Ma l’Occidente, così come le
grandi istituzioni economiche internazionali, avrebbe
gli strumenti per essere convincente, con la carta degli aiuti e dei finanziamenti. In particolare la Spagna,
uno dei paesi europei più colpiti dai flussi migratori ha
lanciato lo scorso giugno un’offensiva diplomatica
verso i paesi di origine degli immigrati. Sotto il nome
di Piano Africa, il dispositivo oltre a prevedere l’apertura di ambasciate in tre paesi dell’Africa dell’ovest
(Mali, Sudan e Capo Verde) puntava a cercare di sostenere dei progetti di sviluppo importanti per i governi locali in carica. Per vagliare le necessità nei diversi paesi, Madrid ha inviato immediatamente nella
regione una decina di diplomatici. L’iniziativa ha avuto subito un risultato: il presidente senegalese Wade
ha accettato il rimpatrio dei cittadini senegalesi sbar-
STUART FRANKLIN / MAGNUM PHOTOS
| internazionale |
Bamako. Un venditore davanti all’Hotel Amiti.
Mali, 2005
cati illegalmente alle Canarie. In cambio il governo
spagnolo ha promesso di finanziare i progetti di dighe
idrauliche che dovranno limitare il processo di desertificazione.
Il Piano Africa deve aver talmente rincuorato le
possibilità di manovra del governo spagnolo, che nel
mese di settembre ha addirittura proposto che le
espulsioni dei migranti, che abbiano cercato di fare resistenza, avvenga con l’uso di camicie di forza e con la
testa coperta da un casco. Le violenze nel corso delle
espulsioni dall’Unione Europea sono all’ordine del giorno.
Non è raro che si trasformino
in vere tragedie come nel caso
di un giovane nigeriano che la
scorsa primavera ha trovato la
morte su un volo Iberia. Osamuyia Aikpitanhi, di 23 anni, è
stato riportato a casa sotto
scorta da tre agenti di polizia. Il ragazzo era stato imbavagliato ed è morto probabilmente per aver ingerito il fazzoletto con il quale tentavano di tappargli la
bocca. L’amarezza per una politica di chiusura totale
da parte dell’Unione Europea la si legge facilmente
sulla stampa della regione, oltre che quella senegalese
o maliana, anche del Burkina Faso. È il caso del quotidiano Le Pays che nell’editoriale «Perchè i nostri giovani fuggono in Europa» sottolinea: «Il primo ministro spagnolo – si legge nell’articolo dello scorso luglio
– ha moltiplicato le visite nel continente, firmato ac-
Il governo spagnolo
ha proposto
che le espulsioni
dei migranti che
facciano resistenza
avvenga con camice
di forza e casco
| internazionale |
cordi, distribuito mezzi (e forse anche denaro) spostato la frontiera fino alle coste africane perchè alla fine
i dirigenti africani si occupino dei loro giovani. Evidentemente, è un impegno che ha dietro un calcolo:
fornire il necessario per contrastare le partenze senza
però offrire ai paesi coinvolti i mezzi per una reale autonomia economica».
Nuova cattedrale
nel deserto
Sembra andare nella stessa direzione un nuovo progetto sempre targato Unione Europea: la creazione di
un centro di gestione dell’immigrazione (CIGM) a Bamako, capitale del Mali. Lo scorso febbraio il commissario europeo Louis Michel ha annunciato che entro
la fine del 2007 il centro sarà attivo: «Il Mali – ha spiegato Michel – è considerato dall’Unione Europea come il paese ideale in Africa per la realizzazione di un
programma in favore del concetto di immigrazionesviluppo. Prima di tutto il Mali è un paese democratico e sicuro. Ma poi soprattutto le autorità maliane fanno dei grandi sforzi per occuparsi della questione immigrazione. Il Mali, infine non è solo un paese di partenza, ma anche di transito e di accoglienza di migranti». Il centro prevede la cooperazione su temi di
migrazione internazionale tra Unione Europea, il Mali e la Comunità economica degli stati dell’Africa dell’Ovest (CEDEAO). Il “progetto pilota”, come è stato
definito da Bruxelles dovrà «rinforzare le capacità del
governo maliano nella gestione dei flussi migratori,
dare sostegno all’immigrazione legale, la formazione
e il reinserimento dei migranti di ritorno e di valorizzare il capitale umano, finanziario e tecnico dei maliani all’estero». Uno dei punti però più chiari del progetto è che sarà accompagnato da un finanziamento
da capogiro: 40 milioni di euro per la precisione. Ma a
Bamako, dopo gli annunci iniziali, nessuno ha
ancora visto qualcosa di concreto sul centro.
Dall’entourage governativo c’è silenzio
stampa, mentre l’Unione Europea sostiene
siano in corso gli studi di
impatto nella regione. Le
MALI
associazioni che da anni
Superficie 1 240 190 kmq
sono impegnate nel setPopolazione
13,5 milioni
tore dell’immigrazione
Composizione
23 etnie
non sembrano essere statra cui
mandinga
te nemmeno contattate.
bambara
Lo conferma Aminata
malinké
diolas
Traoré, ex ministro della
Popolazione
urbana
26%
Cultura maliano, una delPrincipali
città
le intellettuali africane
Bamako 1 milione di abitanti
più attive nel movimento
Segou
106 mila
Sikasso
90 mila
new global: «Da anni laMopti
86 mila
voriamo sull’immigrazioDensità
10,9%
ne e abbiamo creato anSperanza
di
vita
47,8
che un’associazione per
Tasso
alfabetizzazione
26,4
sostenere gli immigrati
Crescita demografica
3%
espulsi da Ceuta e Melilla.
Religioni
L’abbiamo chiamata Remusulmana sunnita
94%
tour-Travail-Dignité (Ricattolica
4%
animista
2%
torno-lavoro-dignità. VeLingua ufficiale
francese
di box pag. 58). Da anni
Altre lingue
bambara
siamo qui a Bamako con
peul
dei progetti eppure nesMoneta
franco CFA
sun rappresentante delle
Crescita economica
autorità locali o straniere
annuale
4,8%
ha preso contatto con noi
Principali risorse
miglio
riso, cotone, arachidi
per conoscere o sostenere
Risorse
minerarie
oro
il nostro lavoro. Temo
argento, sale,
che siamo di fronte a un
ferro, diamanti
nuovo “bla-bla” che porTasso disoccupazione 14,6%
ta a far convogliare i soldi
Popolazione sotto
la soglia di povertà
64%
in tasche già conosciute».
Eppure il centro CIGM,
che a Bamako ancora nessuno sa indicare con certezza dove nascerà, dovrebbe nell’idea di Bruxelles infondere un’idea positiva dell’immigrazione.
Nella stessa Bamako l’operazione scatena molti
dubbi: «Bruxelles ci propone una nuova cattedrale nel
deserto – commenta Abdellah Fadih, un maliano
espulso nel 2005 dalla Francia dopo 6 anni di permanenza – cioè costruire un grande ufficio di collocamento nel cuore dell’Africa dell’ovest. È l’ennesima
umiliazione.Non abbiamo bisogno di consigli ma di
lavoro. Da quando sono stato espulso dalla Francia
con la nuova legge Sarkozy, sono disoccupato e senza
prospettive».
Mentre l’Unione Europea prosegue con un Piano
Africa lontano dalla richieste concrete che arrivano
dal continente, il business intorno al traffico di esseri
umani diventa sempre più florido. Le rotte infatti per
tentare il salto verso l’Europa aumentano e diventano sempre più rischiose, si cercano vie
alternative per cercare di evitare i controlli.
In Mali confluiscono da tutta l’Africa dell’ovest i giovani che hanno
deciso di rischiare la vita
SENEGAL
per entrare nell’Eldorado
Superficie
196 720 kmq
europeo. Si concentrano
Popolazione
11,6 milioni
poi a Kaye, la regione in
Composizione
assoluto che conta il più
Wolof
43,7%
alto tasso di emigrazione
Peuls
23,2%
di tutta l’Africa dell’ovest.
Serere
14,8%
Al confine con il Senegal
Popolazione urbana
43%
Principali città
e alle porte della MauritaDakar 1,9 milioni di abitanti
nia, Kaye è la città di
Thiès
320 mila
frontiera dove i traffici diKaolack
200 mila
Saint Louis
180 mila
ventano scivolosi: «La
Densità
59,3%
chiamano la città carSperanza di vita
55,6
refour – racconta Roger,
Tasso alfabetizzazione 38,3%
originario della Costa
Crescita demografica 2,4%
d’Avorio – qui non hai
Religioni
che l’imbarazzo della
musulmana
87%
scelta per la strada che
animista
7%
porta verso l’Europa. Occristiana
6%
corrono solo soldi e coLingua ufficiale
francese
L’80% parla wolof
raggio. Io sono qui da sei
Moneta
franco CFA
anni ed ho tentato cinCrescita economica
que volte, due dal Senegal
annuale
4,6%
con i cayucos verso le CaPrincipali risorse
arachidi
narie, altre due dal Mamiglio
rocco verso Ceuta e Melilcanna da zucchero
Risorse minerarie
fosfati
la. Infine, l’esperienza più
sale
tragica è stata verso la Liferro
bia e Malta. Ora ho deciTasso disoccupazione 48%
so di ricostruire la mia vigiovani nei centri urbani 40%
ta qui a Kaye. È già un miPopolazione sotto
la soglia di povertà
54%
racolo essere riuscito a sopravvivere».
I racconti in questa regione dalla terra rossa si assomigliano tutti e allo stesso tempo sono tutti differenti: la decisione di mettere in pericolo la propria vita pur di trovare un lavoro e aiutare la famiglia di origine. Poi l’odissea cambia in base ai passeurs cui ci si
affida per percorrere strade inacessibili e pericolose.
«Ho incontrato gente senza scrupoli – continua Roger
– che fossero tuaregs, saharawi, mauri o la polizia algerina e marocchina. Tutti puntano al denaro e il costo cambia in base ai chilometri che percorri. Insomma paghi a chilometro».
ALESSANDRO TOSATTO / CONTRASTO
| internazionale |
Aminata Traoré,
scrittrice, leader
politico, direttrice
di eventi culturali
e anche dottore
in psicologia sociale.
Mali, 2003
.
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OTTOBRE 2007
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| internazionale | Nucleare |
La Corea del Nord
è lo specchietto
che nasconde
la corsa al nucleare
Il programma americano Reliable Replacement Warhead (RRW) lanciato nel 2003 prevedeva
l’ammodernamento dell’arsenale con la giustificazione che il plutonio invecchia. Gli studi hanno evidenziato
che non è vero ma la spesa, 150 miliardi di dollari in 25 anni, non si è fermata.
grado di realizzare un ordigno che è tecnicamente imperfetto, ma è
PASSATO QUASI UN ANNO, ma l’eco della bomba atomica fatlo stesso in grado di distruggere una città.
ta esplodere dalla Corea di Nord il 9 ottobre 2006 non
La reazione che c’è stata ha focalizzato il problema sulla necessità
si è ancora spento. Gli aghi dei sismografi si sono mosdi mettere sotto controllo gli “stati canaglia” con il conseguente utisi all’1:35 individuando un corpo sismico nel nord-est del paese chializzo politico della vicenda nei confronti dell’Iran. Il problema è però
ramente non originato da un terremoto.
più generale e, se possibile, ancora più grave e riguarda complessivaLe prime analisi preliminari dell’edi Paolo Bartolomei
mente il crollo delle illusioni sorte alla fine della Guerra Fredda sulla
splosione rilevavano un’anomalia di
Ricercatore Enea
possibilità di arrivare al disarmo nucleare. Nei primi anni ‘90 ci fufondo, e cioè il fatto che la potenza era
rono segnali estremamente positivi come il trattato di riduzione delpiuttosto bassa , dell’ordine di circa 1 Kton (1 Kton corrisponde alle armi strategiche START-II, il bando dei test nucleari CTBT e la prola potenza di mille tonnellate di esplosivo tipo TNT), tant’è vero che
roga indefinita del Trattato di Non Proliferazione TNP. In particolare
nei primi giorni era insorto il dubbio che la Corea di Nord avesse proè stato sancito il principio del disarmo nucleare. Le
vato a far credere al mondo di avere capacità nucleaarmi nucleari, a differenza di quelle chimiche e biore facendo esplodere un’enorme quantità di sostanze
logiche non sono espressamente proibite dalla norchimiche. La questione è stata risolta dalla missione
mativa internazionale, anzi il TNP consente a cinque
di un aereo spia statunitense che, il 16 ottobre 2006,
Stati di detenerle legalmente, sia pure a termine; susha individuato la radioattività tipica di un’esplosione
siste però il citato impegno al disarmo previsto dalnucleare nei campioni d’aria prelevati nella zona.
l’art. VI del Trattato che è giuridicamente vincolante.
La spiegazione del fenomeno è quella di un guaDifficilmente gli Stati militarmente non nucleari
sto tecnico, probabilmente una pre-detonazione delavrebbero accettato di rinunciare a quest’arma senza
la bomba (in gergo tecnico un “fizzle”) che ha enorricevere in contropartita tale impegno.
memente ridotto la potenza dell’evento. La cosa inNel corso del tempo la situazione si è rovesciata.
teressante è che questi eventi si possono verificare
Il trattato di non proliferazione è stato eroso dall’eKim Jong Il, presidente della
solo con dispositivi al plutonio, quindi il tutto è
Corea del Nord. A destra,
sterno a causa di India Pakistan ed ora della Corea,
coincidente con le informazioni secondo le quali la
Hiroshima dopo l’esplosione
ma soprattutto dall’interno. In particolare nel 1995
della bomba atomica.
Corea del Nord non ha ancora acquistato una quanGiappone, 1945
erano stati concordati una serie di “principi ed obiettità significativa di uranio altamente arricchito, ma
tivi” in occasione del rinnovo a tempo indeterminato del TNP. Tali
può contare solo sulla centrale nucleare da 5 Mw di Yongbyon che
impegni sono stati ulteriormente ampliati dai “13 passi pratici“ sul
produce 5-7 chilogrammi di plutonio per anno.
disarmo definiti alla Conferenza di riesame del TNP del 2000. Il doPurtroppo così un altro paese è entrato nel club nucleare, ma stacumento del 2000 ribadiva inoltre la centralità del Trattato ABM (sui
volta ci sono differenze fondamentali. I paesi nucleari storici sono i
missili balistici) e promuoveva l’entrata in vigore del Trattato Start II
grandi della terra e quelli che si sono aggiunti in seguito (Israele, In(per la riduzione degli armamenti strategici) e la conclusione di un
dia e Pakistan) hanno risorse economiche e possiedono una tradinuovo Trattato strategico (Start III) e il CTBT per mettere al bando
zione tecnico scientifica di alto livello. La Corea del Nord è invece
tutti i test nucleari, compresi quelli sotterranei.
economicamente allo stremo, politicamente isolata, tecnicamente
Nel frattempo lo START-II è decaduto, il CTBT non è stato ratiarretrata e, comunque, con un piccolo impianto nucleare, è stata in
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WAYNE MILLER / MAGNUM PHOTOS
È
ficato, in primo luogo dagli Usa. La riduzione degli arsenali si è arenata (oggi si contano circa 26.000 testate, tra quelle schierate, operative, di riserva: poco meno della metà dei massimi storici) e l’ammodernamento degli arsenali procede speditamente. Il più importante tra tutti è il programma degli Stati Uniti con investimenti superiori a quelli dei peggiori anni della guerra fredda. È interessante
vedere come sia partito, nel 2003 il programma americano Reliable
Replacement Warhead (RRW) per l’ammodernamento dell’arsenale: l’argomento cruciale è, si diceva, che doveva servire semplicemente per rimpiazzare le testate più vecchie dato che il plutonio nel
corso del tempo si degrada e gli ordini potrebbero essere non più
affidabili dopo una ventina di anni. Nel 2006 si concluse il proget-
to che doveva studiare questa degradazione stabilendo che invece
il processo di invecchiamento del plutonio è molto più lento e occorrono almeno 75 anni perché sia significativo. Però nel frattempo l’RRW era stato approvato con delle stime di spese di oltre 150
miliardi di dollari nell’arco di 25 anni e ovviamente nessuno ha
pensato di tornare indietro; l’argomento della degradazione dei
materiale è stato retrocesso a “questione tecnica collaterale”. Gli interessi economici messi in atto sono stati tali da avere il sopravvento. La violazione del TNP è evidente: l’art VI sanciva che “ognuna delle Parti al Trattato si impegna a perseguire quanto prima negoziati in buona fede sulle misure effettive per la cessazione della
corsa agli armamenti nucleari e il disarmo nucleare…” mentre il
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| internazionale |
| utopieconcrete |
programma RRW sancisce che gli USA, in cattiva fede, hanno deciso di tenersi le bombe per sempre.
Ovviamente anche gli altri paesi nucleari hanno programmi di
ammodernamento degli arsenali, come la Gran Bretagna che vuole
sostituire i vecchi “trident” e per testare i nuovi sistemi ha effettuato,
nel febbraio di quest’anno, dei test nucleari subcritici (cioè provando
tutti i componenti dell’arma, ma senza arrivare all’esplosione vera e
propria) nel poligono americano nel deserto del Nevada. Nonostante
la fine della Guerra Fredda la proliferazione nucleare verticale quindi
va ancora avanti non più nel numero delle testate, ma nella qualità,
così come continua la competizione sui lanciatori. All’inizio del 2006
Putin si è vantato di possedere un nuovo missile ipersonico capace di
cambiare continuamente il percorso di volo. La Francia, da parte sua,
ha iniziato a collaudare un nuovo missile (il M-51) per il lancio delle
testate nucleari da sommergibile e quest’anno siamo arrivati alla vicenda della dislocazione dei sistemi antimissile della NATO. La proposta di Bush di piazzare questi sistemi in Polonia ha aperto la crisi poIL BUSINESS CIVILE
3 miliardi
65.000
di euro il costo della
«penale nucleare» pagata in
bolletta dagli italiani in 20 anni
tonnellate il consumo
annuo di uranio
1
27
centrale in costruzione
in Europa [Finlandia]
FONTE: LA STAMPA
le domande di
costruzione in Usa
442
le centrali nucleari
attive nel mondo
75%
0%
il contributo dell’energia
atomica in Francia
la quota dell’energia
nucleare in Italia
Peggio della Guerra Fredda:
non aumenta il numero
delle testate ma la potenza
dei lanciatori e degli arsenali
litica più grave degli ultimi 20 anni, che alcuni commentatori hanno
già chiamato “Euromissili-II”, ma presenta analogie anche con la crisi del 1962, quando Mosca schierò i missili a Cuba, a ridosso del territorio statunitense. La Russia ha minacciato di ritirarsi dal Trattato CFE
(Conventional Armed Forces in Europe) del 1990, che limitava i sistemi
di armi convenzionali che entrambe le parti possono schierare in Europa e sono ripresi i voli dei bombardieri strategici Russi. Un impressionante passo indietro nel tempo.
Alla ripetizione del vecchio scenario se ne aggiungono di nuovi. Lo
sviluppo di nuovi sistemi di armi, come le mini-armi nucleari e gli ordigni pentratori (bunker blaster), sta ponendo le armi nucleari su un piano di parità con gli altri sistemi offensivi e difensivi, in apparenza depotenziandole, ma in pratica legittimandone l’uso, come armi risolutive utilizzabili anche sul campo di battaglia. Del resto le recenti campagne in Afganistan e in Iraq ci hanno abituato all’uso sul campo di armamenti come le cosiddette bombe taglia-margherite in grado di devastare tutto nell’intorno di un chilometro e Putin ha annunciato, il 12
settembre di quest’anno di possedere un ordigno “convenzionale” di 5
Kton, quindi più potente di quello nucleare fatto esplodere dalla Corea.
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Siamo di fronte ad uno stravolgimento del concetto di deterrenza, che porta ad un pericolosissimo paradosso in quanto le maniacali (quanto unilaterali) denunce dei rischi di proliferazione delle
armi di distruzione di massa, la conseguente insistenza sulla minaccia e il possibile uso delle armi nucleari, nel quadro dalla strategia
della guerra preventiva, innescano effetti destabilizzanti ed aumentano anziché diminuire le ambizioni di altri Stati di sviluppare, o di
perfezionare, gli armamenti nucleari. E non si tratta solo degli “stati canaglia”, secondo il direttore dell’IAEA (l’agenzia delle Nazioni
Unite sull’energia atomica) sono 30 gli Stati che potrebbero dotarsi
in pochi armi di armamenti nucleari. Tra questi ci sono ovviamente la Germania e il Giappone, che possiedono sia il materiale fissile
che le capacità per assemblare la bomba in pochissimo tempo, ma
non hanno mai manifestato intenzione di farlo (anche se il revanscismo nazionalista montante in Giappone riduce sempre di più
questa sicurezza). Ma ci sono potenze economiche emergenti come
il Brasile, che ha voluto programmi di questo genere e il cui presidente Lula da Silva in campagna elettorale ha fatto
dichiarazioni in questa direzione e anche paesi come l’Ucraina in piena crisi economica, politica e so42.000
ciale che potrebbe utilizzare in senso politico la catonnellate
pacità nucleare ereditata dall’Unione Sovietica. Del
l’estrazione annua
resto, viste le inadempienze dei paesi del club nudel minerale
cleare rispetto agli impegni del Trattato di non proliferazione è sempre più difficile ancorare i paesi non
nucleari agli impegni presi.
Il rilancio dell’energia nucleare cui stiamo assistendo negli ultimi anni potenzia i rischi di un’ulte60
riore proliferazione nucleare orizzontale. La possibiquelle in cantiere
in Cina
lità del doppio uso degli impianti è evidente ed è una
questione che non è mai stata affrontata adeguatamente negli accordi internazionali. Lo stesso trattato
di non proliferazione, all’art. IV, sancisce il diritto inalienabile di ogni paese di ricorrere all’energia nucleare per fini pacifici. L’Iran si appella proprio a questo
articolo per sostenere i propri piani. Anche l’IAEA,
che dovrebbe effettuare i controlli di salvaguardia, ha la funzione di
promuovere l’utilizzo di questa fonte energetica. Il doppio ruolo di
controllore e promotore crea oggettivi problemi.
Il possesso delle armi nucleari ha coinciso con la potenza ed il prestigio del paese che le possiede, i cinque paesi nucleari erano anche
i cinque membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’ONU.
Quelli poi che si sono armati in maniera “illegale” non hanno di certo pagato pegno. Di sicuro non l’ha pagato Israele nei confronti del
quale sembra esista un patto internazionale generalizzato nel far finta di non vedere il centinaio di testate detenute in quel paese. India
e Pakistan hanno subito solamente un pletorico embargo nelle forniture di materiale utilizzabile che peraltro nei confronti dell’India è
già di fatto caduto grazie al recente accordo tra questo paese e gli Stati Uniti per la fornitura di tecnologia nucleare, ovviamente a fini pacifici. Ancora una volta le ragioni del business hanno prevalso.
Mohammed El Baradei ha detto: «Dobbiamo abbandonare la nozione che è moralmente biasimevole per alcuni paesi perseguire la strada delle armi di distruzione di massa mentre è accettabile per altri… se
il mondo non cambia il corso, noi rischiamo l’autodistruzione».
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Videogames
Incognite
new media
di Massimiliano Pontillo
IDEOGAME, TELEVISIONE, CELLULARI, INTERNET: un importante media mix nella formazione
e nell’educazione dei giovani. Oggi al centro dell’attenzione, e affiancato anche da un certo allarme,
per la crescente quantità di violenza nei contenuti. Occorre assolutamente riflettere e ragionare
insieme – mondo politico, istituzioni, imprese, associazioni, esperti – sulla necessità di offrire ai
ragazzi giusti strumenti per una crescita equilibrata, sia da un punto di vista psicologico che sociale.
Che impatto ha la violenza nelle immagini sui minori? Secondo una recente ricerca del Censis,
l’effetto imitativo è forte; e lo è sia nell’induzione di atteggiamenti violenti sia in termini
di assuefazione alla violenza.
Spesso gli adolescenti non sono consapevoli delle nuove tecnologie, che utilizzano
con la massima disinvoltura non conoscendone i rischi. Ma è anche necessario sensibilizzare
e educare i genitori, che spesso non parlano la loro stessa lingua.
La responsabilità è corale, però: non solo la famiglia, ma la scuola e i produttori e i distributori
di film e videogiochi. Su cui si rende indispensabile anche un’attività di formazione.
Il sistema di classificazione dei contenuti attualmente in voga in Europa è serio,
ma perfezionabile. In particolare, occorrerebbe una definizione più chiara della dignità umana.
Bisogna però non demonizzare sempre e comunque i nuovi media: sono strumenti che se usati
nel modo giusto hanno un grande potenziale. Sarebbe
Pentapolis e Anima lanciano
opportuno e utile, tra le altre cose, che i media stanziassero
un nuovo marchio, Crescere
parte degli utili alla realizzazione di pianificazioni
responsabile, per identificare
pubblicitarie di educazione permanente, o alla concessione
i contenuti che diffondono
di spazi per campagne di questo tipo.
cultura e negano la violenza
Lo scorso novembre, Anima e Pentapolis, due associazioni
che si occupano di diffondere la responsabilità sociale nelle imprese, si sono fatte promotrici
di un appello contro la violenza nei videogame, che ha raccolto circa 1200 firme nel mondo
politico, imprenditoriale e manageriale, nella pubblica amministrazione e nello spettacolo,
nella cultura e nel giornalismo, nell’associazionismo e nella società civile. Con l’obiettivo di aprire
un dibattito sugli indirizzi politici e di governo, per far luce sui provvedimenti realizzati e in itinere
in Italia e in Europa; allargando anzi il tema all’aspetto, più generale, della violenza nelle immagini
e nei linguaggi dei prodotti di entertainment video destinati ai più giovani. Per scardinare una
situazione che lascia i ragazzi molto spesso oggetto passivo delle incursioni di una televisione e una
pubblicità che non li rispetta e nella quale affondano le radici problemi come il bullismo o simili.
La stessa Pentapolis, tra l’altro, ha dato vita a un marchio, “Crescere responsabile”, per riportare
l’infanzia al centro delle attenzioni e dunque degli investimenti economici e politici del Paese.
Verrà presentato il prossimo 5 novembre all’interno del Premio Aretè, giunto alla sua quarta
edizione, che si svolgerà a Roma e che per la prima volta sarà dedicato alla comunicazione rivolta
ai minori. Affinchè anche gli operatori della comunicazione si sentano in dovere e abbiano
l’interesse professionale di proporre forme e contenuti con una reale funzione educativa
e che contribuiscano alla creazione di nuovi format nel rispetto delle regole della responsabilità.
V
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Vanderbilt
I padroni
del vapore
di Andrea Montella
Signori, avete voluto frodarmi. Non vi citerò, perché la legge
“
è troppo lenta. Vi manderò in rovina. Distinti saluti
”
Cornelius Vanderbilt (1794-1871)
e origini dei Vanderbilt vanno cercate nell’Olanda del 1600 quando il capostipite Jan Aertson
nel 1640 salpò per il Nuovo Mondo, lasciandosi alle spalle Bilt il suo villaggio situato nella provincia di Utrecht. Jan Aertson affrontò la traversata su una piccola nave della Compagnia delle Indie occidentali olandesi e impiegò due mesi prima di giungere a Fort Amsterdam, estremità inferiore dell’isola di Manhattan e, come molti di coloro che non possedevano nulla, firmò la rinuncia alla libertà
per tre anni e fece il servo a contratto presso i Wolpherson, una facoltosa famiglia di proprietari terrieri.
Jan Aertson van der Bilt, incoraggiato dai suoi padroni, trafficava in ogni genere di cosa: dai terreni alle
pelli da concia alle pellicce. Le vittime dei suoi traffici erano i poveri indiani a cui venivano dati in cambio collane di conchiglie. La maggior
parte delle ricchezze che i coloni sottraevano agli indiani finiva nelle capienti stive delle navi della Compagnia delle Indie in cambio di una
mucca o di un mulo. E quando gli indiani scoprivano che lo scambio era svantaggioso e che la giustizia
della famiglia, quella di Jeremias Vanderbilt di Brooklyn, che sottoera stata violata si ribellavano e in quel momento, per i coloni al serscrisse anche un documento pubblico di appoggio alla Dichiarazione
vizio della Compagnia delle Indie, iniziavano i problemi. Ma la Comd’indipendenza fatta dalle colonie, attirandosi le antipatie di tutti gli
pagnia delle Indie era organizzata anche per fornire assistenza miliinglesi conservatori.
tare ai coloni: arruolandoli e trasformandoli in soldati, con lo scopo
Il vero artefice della fortuna dei Vanderbilt fu Cornelius (1794di ristabilire la “pace” sconfiggendo i nativi per continuare così la pre1871) un uomo che recuperò delle sue origini olandesi le tradizioni
dazione di quel territorio. In questo contesto il capostipite dei Vanmarinare. Cornelius era nel contempo parsimonioso e feroce come
derbilt prosperò e visse abbastanza per affrancarsi dai Wolpherson e
potevano esserlo tutti coloro che erano cresciuti alla scuola dei docks
per stabilirsi nella zona di Long Island, veder crescere suo figlio Aris
e dei castelli di prua delle imbarcazioni che trafficavano nel porto di
e il definitivo arrivo su New Amsterdam (l’attuale New York) degli inNew York. Dotato di una forza eccezionale e di altrettanta abilità maglesi. Aris fece buoni affari nella zona di Brooklyn e fece crescere il panuale, era diventato un elemento di primo piano tra i padroni di battrimonio di famiglia parallelamente allo sviluppo della colonia.
telli fluviali e di piccolo cabotaggio. I primi anni della sua attività lo
Prima dell’arrivo degli inglesi gli olandesi acquistarono le terre
videro impegnato in uno scontro selvaggio contro il gruppo di nadi Staten Island, anche Jan Aertson acquistò la sua parte: 40 ettari.
vigazione Fulton Livingston. Quando capì che la navigazione a vaQuei terreni furono ricomperati, in seguito dal figlio di Aris, Jacob,
pore sarebbe diventata vantaggiosa fece costruire i migliori piroscaquando questi si sposò con la giovane Mary. Jacob in seguito acquifi e divenne leader del traffico oceanico e costiero.
stò altri 40 ettari di terreno nella regione che in seguito fu chiamata
Cornelius comprese l’importanza della corsa all’oro verso la CaNew Dorp e che divenne il rifugio dei seguaci di Giovanni Huss, il
lifornia e organizzò una linea che partiva dalla costa Nord dell’Aprotestante che spianò la strada alla Riforma.
tlantico arrivava a San Juan del Norte e risalendo il fiume San Juan
I discepoli di Huss fuggiti dall’Europa, seguirono gli Ugonotti e i
arrivava attraverso il lago Nicaragua fino a 12 miglia dalla costa del
Valdesi nel Nuovo Mondo dove presero il nome di Moravi e Jacob
Pacifico, tratto che veniva percorso con le diligenze per rimbarcarsi
van der Bilt ne divenne un fervente seguace. Jacob e Mary ebbero
e giungere a San Francisco. Fu una delle imprese dove Vanderbilt diben 11 figli e tra questi Cornelius (1764-1832) che americanizzò il
mostrò una determinazione e una durezza senza pari: organizzò persuo cognome in Van Derbilt. Un ulteriore modifica al cognome fu apsonalmente bastimenti e diligenze, superando difficoltà che andaportata durante il periodo della Rivoluzione americana da un ramo
vano dalle maree, alle rivolte degli indigeni, alle malattie tropicali,
L
A sinistra Cornelius, che ha costruito la fortuna
della sua famiglia sui traffici della Compagnia
delle Indie e sulla speculazione finanziaria.
Sopra, il panfilo Alva di Harold
S. Vanderbilt e la sede della vecchia
ditta di trasporti a Brooklyn.
Nella pagina a fianco, Harold con la moglie.
Con metodi da pirata Cornelius
Vanderbilt saccheggiò la borsa
giocando al ribasso e al rialzo
dei titoli delle sue società
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allo scontro con i filibustieri. Il percorso da lui praticato gli fece nascere l’idea della costruzione di un canale navigabile precorrendo
quello di Panama. Prese accordi con il governo nicaraguense a cui
avrebbe dato 10 mila dollari alla firma del contratto in cui si impegnava a scavare il canale e altri 200 mila dollari in azioni dell’impresa, più il 20 per cento dei proventi per vent’anni e in seguito il
25 per cento. Il governo nicaraguense accettò, ma trovò a sbarrargli
la strada la Corona inglese che sollecitata dagli interessi dei cittadini britannici in America centrale intervenì arrivando al trattato di
Clayton-Bulver del 1850 con il governo americano in cui gli inglesi
rinunciavano a gran parte dei diritti extraterritoriali nella zona e gli
americani non avrebbero costruito alcun canale.
Vanderbilt nonostante il tradimento ricevuto dal suo governo
non si arrese e scoprì che alcuni inglesi avevano un interesse non proprio fugace sul progetto e da lì ripartì per realizzare comunque una linea di trasporto che congiungesse l’Atlantico al Pacifico passando per
fiumi, laghi e terra, costruendo infine una strada asfaltata.
La ricchezza di Cornelius Vanderbilt si accumulò soprattutto tra
il 1850 e il ’60; in quel periodo aveva più di 100 navi e guadagnava
100.000 dollari al mese. Ma la sua ricchezza non era solo frutto del
sudore della fronte: al tempo degli scandali dei sussidi alle linee di navigazione, del 1858, risultò che Vanderbilt e Edward K. Collins della
Pacific Mail Steamship Line erano accusati delle principali truffe ai
danni dei contribuenti del proprio Paese: Collins ritraeva dal governo un sussidio per il trasporto della posta di 900 mila dollari all’an-
no, una cifra che doveva consentirgli di far pagare ai meno abbienti
viaggi a cifre popolari, invece quadruplicava i prezzi per i passeggeri
di terza classe e corrispondeva a Vanderbilt, che sapeva della truffa,
la ragguardevole somma di 56 mila dollari al mese per stare zitto.
Con questi metodi da pirata Cornelius Vanderbilt saccheggiò la
Borsa giocando al rialzo e al ribasso dei titoli delle sue società di navigazione e distrusse i suoi concorrenti praticando prezzi talmente
ridotti da portarli al fallimento. Ottenuto il monopolio nel settore
faceva risalire i prezzi a tali livelli da riprendersi con gli interessi la
quota di denaro a cui aveva dovuto rinunciare temporaneamente
per sconfiggere la concorrenza. Grazie a queste pratiche Cornelius
Vanderbilt nel 1853 poteva vantare una “fortuna” di 11 milioni di
dollari che aveva ovviamente investito al 25 per cento.
Erano tempi di lotte furibonde, senza esclusione di colpi si lottava per il potere e la legge era un intralcio al mercato capitalistico;
Vanderbilt aveva delle regole e della legge un’idea precisa: “Cosa me
n’importa della legge? Non ho forse il potere?”.
Comunque gli eredi di Cornelius non furono capaci di continuare la sua opera in quanto non compresero l’evoluzione che il sistema capitalistico, nel suo insieme, avrebbe imposto anche alla
borghesia. Una selezione che non derivava dalle lotte per il primato
nel mercato, ma che avveniva grazie all’introduzione di un sistema
fiscale molto efficace. Cosa che invece compresero benissimo famiglie come quelle dei Rockefeller che aggirarono l’ostacolo fiscale trasferendo i loro patrimoni alle fondazioni.
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economiaefinanza
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altrevoci
L’UOMO CHE GOVERNAVA
LA SICILIA E L’ECONOMIA
MAFIOSA CON I PIZZINI,
IL MIELE E LA CICORIA
GIUSTIZIA
GLOBALE
UN’ESIGENZA
DEL MONDO
FUTURO
SOSTENIBILE
E NUOVE
REGOLE
SARAJEVO
MEMORIA
DI UNA CITTÀ
APERTA
ANCHE
GLI SBIRRI
SONO STATI
GIOVANI
L’AMORE
E ALTRE
FORME
D’ODIO
Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia,
e Francesco La Licata, giornalista da sempre
in prima linea nella lotta alla mafia, hanno
scritto un libro che racconta Cosa Nostra.
Con la cattura del padrino Bernardo
Provenzano si chiude il capitolo del Novecento,
ma se ne apre anche uno nuovo. Cosa sarà
dell’economia e del potere mafioso dopo
la cattura dell’ultimo grande boss? Il racconto
di Grasso è «pretesto» per riaggiornare
le famose «lezioni di mafia» a suo tempo
scritte da Giovanni Falcone. Il procuratore
soddisfa le curiosità del lettore: lo stile
di vita di un boss che tutti immaginano come
un Re Mida e invece vive in una masseria
e si nutre di miele e cicoria; la capacità
di «governare» una regione intera (e forse
di più) da un buco medievale servendosi
di un ancestrale sistema di comunicazione,
quello dei “pizzini” scritti a fatica da un uomo
che «ha la seconda elementare non finita».
Provenzano era il rappresentante
di un sistema che includeva oltre a una rete
criminale anche una «borghesia mafiosa»
che annovera tra le sue fila professionisti,
imprenditori e politici. E ancora Palermo
e il suo ventre molle, l’appello inascoltato
di Grasso a non candidare inquisiti
o sospettati, il palazzo di giustizia, il passato
e il presente, gli errori dell’Antimafia,
le disattenzioni dei governi e della politica.
Il filosofo Habermas la definiva
“costellazione post-nazionale”.
Una definizione che indicava
una serie di questioni
che avevano negli squilibri
economici e nella diseguaglianza
sul fronte dei diritti i suoi limiti
macro. L’esigenza
di redistribuzione globale
della ricchezza, la riduzione
delle diseguaglianze tra Nord
e Sud del Mondo, la gestione
dei flussi migratori,
la protezione dai rischi
ambientali, la lotta contro
le reti transnazionali
del terrorismo, sono infatti
tutte questioni che travalicano
i confini nazionali.
A fronte del fenomeno
della globalizzazione occorre
ripensare i problemi della
giustizia e ridefinire criteri
di giudizio e di valutazione
etica non limitati a comunità
chiuse, ma validi al di là
dei confini statali. Tuttavia,
ancora oggi la discussione
sulla giustizia riguarda
principalmente le relazioni
tra cittadini di uno stato
nazionale.
Questo volume è il frutto
di due anni di dialogo
sul commercio eco-equo: una
fitta rete di consultazioni tra
esperti, politici, rappresentanti
di organizzazioni di contadini
di tutti i continenti.
La riforma delle regole
del commercio dei prodotti
agricoli è al centro dei
negoziati all’Organizzazione
mondiale del commercio (Wto).
Ma le piste seguite finora
non hanno dato i risultati
promessi, con rischi sempre
più gravi per gli agricoltori
e per l’ecosistema.
Così i due autori, Wolfgang
Sachs e Tilman Santarius,
entrambi ricercatori
del Wuppertal Institut
per il clima, l’ambiente
e l’energia, esplorano nuove
regole commerciali, mettono
al centro dell’attenzione
i problemi delle comunità rurali
e propongono prospettive
e strumenti politici per istituire
un sistema commerciale
e agricolo rispettoso dei diritti
e dell’ambiente.
«Vivo da 40 anni nello stesso
quartiere, a Sarajevo, a due
passi da un’antica chiesa
ortodossa e da una moschea
del XVI secolo. E salendo
appena, da casa mia,
raggiungo il seminario
cattolico. Prima della guerra,
quest’armonia, nata
dalla differenza, si ritrovava
nella vita d’ogni giorno...
Sarajevo m’ha aperto
gli occhi. Ero stupito nel vedere
una città così ricca di grandi
qualità umane, soprattutto
la tolleranza e la generosità».
La guerra, le figure fosche
di Milosevic, Karadzic e Mladic,
ma anche le contraddizioni
e i voltafaccia della componente
musulmana durante il conflitto
e i nazionalismi sorti dalla
devastazione bellica sono rivelati
e spiegati in un libro carico
di pathos destinato a finire
tra i grandi volumi di storia.
L’introduzione è del giornalista
Paolo Rumiz.
«Questo libro è l’ultimo,
in ordine di tempo,
che ho scritto sull’ispettore
Ferraro, ma in realtà dovrebbe
essere il primo». Chi è abituato
a leggere i romanzi di Gianni
Biondillo è anche abituato
ai colpi di scena. “Il Giovane
sbirro” ci riporta indietro negli
anni e nella vita dell’ispettore
Ferraro. Quasi tutte
le domande lasciate in sospeso
sul personaggio, in questo
libro trovano una risposta.
Quando si è separato
dalla moglie Francesca?
Quando ha deciso di entrare
in polizia? Quando ha visto
il primo morto nella sua storia
di poliziotto? In questo
romanzo troviamo i primi passi
nel commissariato di polizia,
i trasferimenti nelle valli
alpine, la nascita della figlia
Giulia, il ritorno a Milano
dove la geografia
antropologica è cambiata
per sempre e dove il vecchio
mondo criminale incrocia i
nuovi volti della malavita.
Luca Ricci ha solo 32 anni,
ma le storie che racconta
sembra che le abbia vissute
tutte. Nel chiuso delle villette
a schiera, dentro le camere
da letto matrimoniali, dietro
l’apparente tranquillità della
coppia si nasconde invece
un’aggressività che può
esplodere da un momento
all’altro incontrollata
e violenta. In ogni universo
domestico c’è un segreto
che preme nelle teste
e nelle esistenze delle persone.
Ventuno racconti brevi
dove l’autore mette a fuoco
il momento in cui il meccanismo
famigliare si inceppa. I giorni
tutti uguali si trasformano
in una lotta senza esclusione
di colpi. Di colpo la fantasia
lascia il posto al rancore,
la complicità alla rivalità,
l’erotismo al rifiuto. Un solo
momento infinito che
ti cambia la vita perché
«Quando le cose cominciano
a rotolare viene voglia
di seguirle, buttarsi con loro
a peso morto».
PIETRO GRASSO, FRANCESCO LA LICATA
PIZZINI, VELENI E CICORIA
Feltrinelli, 2007
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OTTOBRE 2007
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JOVAN DIVJAK
SARAJEVO, MON AMOUR
Infinito Edizioni, 2007
ISABEL TRUJILLO
GIUSTIZIA GLOBALE
WOLFGANG SACHS
TILMAN SANTARIUS
COMMERCIO E AGRICOLTURA
il Mulino, 2007
Emi, 2007
GIANNI BIONDILLO
IL GIOVANE SBIRRO
Guanda, 2007
narrativa
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UN ALBERO
CAPACE
DI AMARE
LA GENTE
NASCE IL NOIR SVIZZERO
ED È SUBITO
GRANDE SUCCESSO
EDITORIALE
Un albero che ama la povera
gente. Un albero cresciuto
a Brooklyn, un quartiere
per niente facile. Betty Smith,
figlia di immigrati tedeschi,
Parlare del genere noir in Canton Ticino è come in quel quartiere ci ha vissuto
parlare della marina militare nel lago di Lugano. a lungo. Anche lei ha imparato
Cioè, inesistente. Andrea Fazioli, giornalista
ad amare la povera gente
e giovane scrittore di Bellinzona, ha aperto
che, in cerca di fortuna,
la strada al genere in Svizzera. Il suo “Chi muore arrivava lì da tutto il mondo.
si rivede” in poco tempo è giunto alla quinta
Nel 1912 la vita non era facile
ristampa ed è stato già ridotto per uno sceneggiato a New York: si faticava
televisivo. «Anche se da noi non esiste
e si soffriva per costruire
la provincia intesa come entità territoriale,
un futuro. La piccola Francie
il Canton Ticino è come una grande provincia
Nolan conduce il lettore
sotto il cui apparente ordine si muovono
in quel mondo fatto di affetti
le trame di storie nere. Ciò che mi spinge
famigliari solidi e al tempo
a scrivere non è la cronaca, ma la possibilità
stesso tragici (il padre,
di descrivere sentimenti e tipi umani».
cameriere-cantante, morirà
La storia raccontata da Fazioli è ambientata alcolizzato a soli trent’anni)
tra Lugano, Bellinzona, Locarno con qualche
e di una mescolanza culturale
puntata nella Zurigo della Street Parade.
affascinante. L’autrice
L’inizio un po’ incerto della prima parte diventa
fa crescere la protagonista
ritmo incalzante man mano che si procede
e così la si segue all’università
con la lettura. Un morto ammazzato nel centro
e nella sua crescita di persona
di Lugano, un collier di diamanti ritrovato
adulta. Nonostante sia stato
in una soffitta, una famiglia piena di segreti.
pubblicato per la prima volta
A sbrogliare la matassa viene chiamato
nel 1943, questo è un romanzo
l’investigatore privato Elia Contini, un uomo
attualissimo per la sua
con le sue manie seduttive, le sue amicizie
capacità di trasmettere
un po’ bizzarre ma capace di districarsi
la ricchezza del melting pot .
in una storia complicata.
LUCA RICCI
L’AMORE E ALTRE FORME
D’ODIO
ANDREA FAZIOLI
CHI MUORE SI RIVEDE
BETTY SMITH
UN ALBERO CRESCE
A BROOKLYN
Einaudi, 2007
Armando Dadò Editore, 2005
Neri Pozza, 2007
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fotografia
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IL NONO
PIANO
VIVE
D’EROINA
AUTOSCATTO D’AUTORE
E NUDO INGENUO
FIRMATO DALLA MENTE
DI UWE OMMER
Il nono piano di un palazzo
a Mahattan. Un appartamento
dove un gruppo di eroinomani
si ritrova, compra e vende
droga, dorme, litiga, fa l’amore
e vive. Dietro la porta
c’è un mondo sconcertante
dove vigono altre regole e dove
le emozioni e gli affetti hanno
eccessi e vuoti impensabili.
In molti hanno fotografato
il dramma della droga, ma
la forza e la vicinanza emotiva
delle immagini di Jessica
Dimmock compongono
un racconto nuovo di senso,
intimo e partecipe. Per oltre
due anni Jessica ha seguito
le “storie” del nono piano
e dei suoi protagonisti. Senza
nessun intento morale ma solo
per conoscere e capire i ritmi
e i meccanismi di una vita così
vicina eppure così lontana
dalla sua, in cui distruzione,
dipendenza, ma anche
disperazione e amore,
sono i punti cardinali
tra cui si muove questo
inferno quotidiano.
Uwe Ommer è un fotografo tedesco. Nato
a Colonia nel 1943, vive a Parigi ormai
da molti anni, specializzandosi nella fotografia
pubblicitaria. Sostanzialmente è un freelance
e nel suo lavoro dimostra una spiccata
sensibilità nelle fotografie di nudo femminile.
Celebre il suo libro “Black ladies” pubblicato
da Taschen, un omaggio alla donna
africana, un viaggio nell’estetica femminile
carnale e toccante come solo sa esserlo
la bellezza esotica. Lo stesso discorso
vale per “Asian ladies”.
In “Do it yourself” la donna rimane
al centro della sua ricerca fotografica,
ma in questo caso cambia lo sguardo,
perché Uwe Ommer si spinge al limite. Ispirato
da una baby sitter che aveva sorpreso davanti
allo specchio intenta a fotografarsi
con una Polaroid, il fotografo ha deciso
di costruire un libro di autoritratti erotici
scattati da fotografe senza esperienza.
Ommer si è limitato a consegnare
alle modelle una fotocamera spiegandone
il funzionamento: molte hanno usato
uno specchio per riprendere le loro pose, altre
hanno puntato direttamente la fotocamera
su di sé. In molti casi non c’è stato bisogno
di alcun intervento da parte del fotografo.
in altri Ommer ha agito da assistente
fotografo preparando le luci e il set.
JESSICA DIMMOCK
IL NONO PIANO
Contrasto, 2007
EBRAISMO
E TRADIZIONE
EBRAICA
PER IMMAGINI
FOTOGRAFIA
E VERITÀ
LA REGOLA
DI RUFF
BLOGGER
MOBILITATI
PER
L’AMBIENTE
È il terzo volume della collana
“Dizionari delle religioni”.
Questo volume sull’ebraismo
è drammaticamente attuale
nel momento in cui la tensione
sta lacerando la terra
di Palestina. Questo dizionario,
affidato alla competenza
di due autevoli conoscitori della
materia, chiarisce molti dubbi
e risponde a molte domande
sull’ebraismo. Da Abramo
ai nostri giorni il volume indaga
i contenuti teologici e i principi
fondanti di questa antica
religione (la concezione
di Dio, del mondo, dell’uomo
e della comunità); la diffusione
della religione nel mondo
e nella storia; i testi sacri
e l’esegesi talmudica;
le diverse correnti di pensiero
(dalla kabbalà al sionismo),
i simboli e le pratiche rituali
(dalla menorà al maghen David,
dal bar mitzvà al kippur)
che animano le vicende
e le consuetudini del popolo
ebraico. In tutto 320 foto a colori
per percorrere una storia che
si perde nella notte dei tempi.
“The grammar of photography”
è un’importante monografia
antologica dedicata al tedesco
Thomas Ruff. Negli anni
questo fotografo ha dato
vita a una serie di lavori che,
fedeli alla tradizione tedesca,
indagano il mondo intorno
a noi riflettendo nel contempo
sull’uso del linguaggio
fotografico. La sua posizione
è però quella dello scettico
che non crede nella verità
della fotografia. Ruff espone
nei più importanti musei
di tutto il mondo.
Originario di un piccolo
paese del sud della Germania,
Thomas Ruff nel 1977 entra
alla Düsseldorf Art Academy.
L’anno successivo prende
parte al corso tenuto da Bernd
Becher, dopo aver già
apprezzato le serie prodotte
da questi con la moglie Hilla.
Con lui frequentano il corso
di Bernd Becher altri studenti
fra i quali Candida Höfer, Axel
Hütte, Thomas Struth. Oggi
il fotografo ha abbandonato
quella stessa cattedra
che un tempo era stata
del suo professore.
Nella home page del sito
risalta un conto alla rovescia.
Sono i giorni che separano
navigatori e blogger di tutto
il mondo dal “Blog action day”.
Il 15 ottobre, infatti,
tutti quelli che aderiranno
all’iniziativa scriveranno un post
(commento) per sostenere
le associazioni nella loro
lotta per la salvaguardia
dell’ambiente. Il tema
centrale su cui saranno
chiamati a pronunciarsi
è il surriscaldamento del pianeta.
Il cuore dell’iniziativa
è rappresentato da tre blogger:
Collis (NorthxEast),
Babauta (ZenHabits) e Cyan
(FreelanceSwitch).
All’evento hanno già dato
la loro adesione in 4.600,
tra siti internet e blog, numero
che cresce giorno dopo giorno.
Il sito riporta anche i nomi
dei siti e dei blog che hanno
aderito all’iniziativa, suddivisi
per data di adesione, con
tanto di link attivo. Tra questi
anche molti blogger italiani.
SONIA LUZZATI
ROBERTO DELLA ROCCA
EBRAISMO
Electa, 2007
UWE OMMER
DO IT YOURSELF
THOMAS RUFF
THE GRAMMAR
OF PHOTOGRAPHY
Nepente, 2006
WWW.BLOGACTIONDAY.ORG
CRITICALMAP
LA PROTESTA
VIAGGIA
SU DUE RUOTE
Il sito Critical Map è un progetto
di “ciclocartografia partecipata” e costituisce
una piattaforma comune che permette,
a chi si muove in bicicletta, di fissare
la propria visione dello spazio urbano
sulla mappa delle nostre città. Critical Map
da una parte fa riferimento all’esperienza
di Critical Mass; dall’altra fa riferimento
alla possibilità di fissare su una mappa
la visione “critica” ed onirica che un ciclista
ha della propria città e delle possibilità
che il suo territorio può offrire.
L’obiettivo è fornire una mappa a uso
e consumo dei ciclisti, utile per aver consigli
sui percorsi migliori da percorrere in bicicletta,
sulle zone da evitare, sui cantieri delle nuove
piste ciclabili. Inoltre si dà una
rappresentazione della nostra città ideale
in tema di mobilità sostenibile. Con Critical
Map si può, ad esempio, mostrare
alle amministrazioni locali quali sono
i punti critici in cui sarebbe utile intervenire,
dove servirebbero nuove piste ciclabili
e dove il traffico è fuori controllo.
Tutti possono partecipare alla creazione
delle mappe presenti su Critical Map.
È sufficiente registrarsi sul sito e iniziare
a postare segnalazioni e percorsi sulla mappa
della propria città. Una sorta di blog collettivo,
dove tutti gli utenti registrati hanno
la possibilità di pubblicare percorsi e contributi.
multimedia
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IN RETE
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A SCIVEE.TV
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DAL MAESTRO
ANTONIONI
Un sito creato dagli scienziati
per gli scienziati. SciVee.it
“libera” gli scienziati
dalle pubblicazioni della carta
stampata e dalle conferenze
sfruttando le potenzialità
di Internet come mezzo
di comunicazione. In questo
sito scienziati giovani e vecchi
hanno un posto e una voce
e possono condividere gli studi
e i progetti di ricerca.
Sul sito si possono
pubblicare lavori scientifici
con video di supporto, creare
il proprio profilo professionale
e partecipare a gruppi
di lavoro. Gli altri scienziati
possono consultare
liberamente le presentazioni
caricate sul sito e collegarsi
durante le discussioni virtuali
con l’autore e altri navigatori.
SciVee facilita la creazione
di gruppi di studiosi intorno
ad articoli specifici e parole
chiave. L’iniziativa è nata
dalla collaborazione
tra la Biblioteca pubblica
della scienza di San Francisco
(www.plos.org), il National
science foundation
(www.nsf.gov) e il Centro
del supercomputer
di San Diego (www.sdsc.edu).
Sono passati solo tre mesi
dalla sua morte e il mito
di Michelangelo Antonioni
genera le prime opere ricordo.
È in uscita per Feltrinelli
“Chung Kuo - Cina” (2 dvd
+ libro, euro 19,90) dedicato
al viaggio in Cina che il maestro
fece nella primavera del 1972
con una troupe cinematografica.
Migliaia di chilometri percorsi,
immagini di palazzi, fabbriche,
campagne, metropoli,
sedi di partito, ospedali
per raccontare il continente
del socialismo realizzato.
Lo sguardo critico di Antonioni,
così diverso dall’iconografia
ufficiale maoista, non piacque
alla sinistra di allora.
Il racconto del regista parte
da un punto di vista domestico
e interiore, un documento
ancora oggi insuperato
sulla Cina, le sue tradizioni
e la sua spinta verso il futuro.
“Chung Kuo - Cina” venne
trasmesso in bianco
e nero dalla Rai nel 1972
e replicato a colori nel 1979.
Poi è scomparso, mostrato
soltanto a pochi appassionati
nei festival e nelle rassegne
specializzate.
MICHELANGELO ANTONIONI
CHUNG KUO - CINA
WWW.SCIVEE.TV
Feltrinelli, 2007
WWW.CRITICALMAP.ORG
Taschen, 2007
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ANNO 7 N.53
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OTTOBRE 2007
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OTTOBRE 2007
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stilidivita
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SE VAI
CON L’OBESO
È PIÙ FACILE
INGRASSARE
TROPPI INCENDI
METTONO A RISCHIO
GLI IMPEGNI
PRESI A KYOTO
Chi ha amici in sovrappeso,
ha il 60 per cento di possibilità
in più di diventare a sua volta
obeso . Questa è la conclusione
a cui è giunta una ricerca
dell’Università di San Diego
e della Harward Medical
School di Boston. Secondo
l’Oms (Organizzazione
Mondiale della Sanità)
una persona è obesa se il suo
indice di massa corporea
(Bmi) supera il valore di 30.
Nell’ultimo quarto di secolo
negli Usa la percentuale di
Bmi over 30 si è duplicata,
passando dal 15 per cento
al 32 per cento. I ricercatori
hanno analizzato i dati
sul peso, raccolti dal 1971
per uno studio sulle malattie
cardiovascolari, mappando
la rete di relazioni
tra le persone coinvolte.
Questo è stato possibile
perchè i partecipanti
allo studio avevano fornito
una lista dei loro famigliari
e amici per aiutare i medici
a rintracciarli nel corso
degli anni, in caso di necessità.
In questo modo, i ricercatori
hanno ricostruito reti sociali
costituite complessivamente
da oltre 12 mila persone.
| 72 | valori |
ANNO 7 N.53
L’estate 2007 è stata una delle peggiori
degli ultimi anni sul fronte degli incendi.
Il bilancio delle foreste andate in fumo
potrebbe mettere in crisi le stime sulla riduzione
di anidride carbonica dovuta al riassorbimento
operato dagli alberi, sui quali si puntava
per risparmiare l’11 per cento delle emissioni
ai fini degli impegni presi a Kyoto.
Per fare i conti con Kyoto, infatti, bisogna
considerare sia l’aumento delle emissioni
conseguenti alla combustione, che la riduzione
dell’anidride carbonica dovuta alla perdita,
negli incendi, delle zone ricoperte di foreste.
Nel 2006 il numero degli incendi registrati
era sceso del 30 per cento, rispetto all’anno
precedente, e la dimensione delle aree andate
in fumo era diminuita del 40 per cento.
Quest’anno il numero dei roghi è quasi
raddoppiato: 7.164 contro i 4.270 avvenuti
nell’estate del 2006, ovvero ll 70 per cento
in più; 112.740 gli ettari andati in fumo,
contro i 27.496 del 2006. Un aumento
del 250 per cento.
Alla Calabria e alla Campania la maglia nera:
sono infatti le regioni più colpite e insieme
fanno registrare quasi la metà degli incendi.
L’Abruzzo, invece, in termini assoluti ha perso
la più estesa superficie boschiva.
|
OTTOBRE 2007
|
IN GB LA RETE
SPOPOLA
TRA DONNE
E ANZIANI
SCIOPERO
SECOND LIFE
NON PAGA
L’AVATAR
WIRELESS
LIBERO
DA RIPENSARE
NEGLI USA?
Si è sempre pensato che la rete
fosse una cosa da supergiovani,
perlopiù maschi. Invece,
secondo una ricerca di Ofcom,
l’autority britannica delle
telecomunicazioni, da qualche
anno le cose non stanno più
così. Secondo le informazioni
di Ofcom in Inghilterra sono
le donne i maggiori utilizzatori
di internet. Sono anche
in aumento i siti di interesse
femminile e lo shopping
on line. Nel 2006 le vendite
in rete hanno superato
gli 11 miliardi di sterline,
un trend che continua
a crescere. Solo nel mese
di luglio di quest’anno
i sudditi britannici
hanno acquistato on line
per 4 miliardi di sterline.
In media un inglese passa
36 minuti in rete al giorno.
Solo cinque anni fa la media
era di 14 minuti. Le donne
tra i 25 e i 49 anni passano
più tempo collegate alla rete
rispetto agli uomini. Mentre,
con le loro 42 ore mensili,
gli over 65 sono quelli
che passano più tempo
in rete, anche più dei ragazzini,
legati al telefono cellulare.
Lo sciopero e la protesta
virtuale vanno in onda su
Second Life. L’iniziativa è della
Rsu (rappresentanza sindacale
unitaria) della Ibm Italia
che ha annunciato l’iniziativa.
La protesta dovrebbe
concretizzarsi con un blocco
dei visitatori che vogliono
visitare gli insediamenti di Ibm
presenti nella realtà parallela,
dove big blue ha fatto
investimenti. A fare i picchetti
ci penserebbero gli avatar
dei dipendenti Ibm in protesta.
Il tam tam è già partito
attraverso siti e blog
e se dovesse essere raccolto
dai nove milioni di utenti che
colonizzano la realtà virtuale,
sarebbe un problema
per la grande multinazionale.
Non è la prima volta
che il popolo di Second Life
mette in scena proteste
virtuali. Era già accaduto
lo scorso luglio contro il sistema
di tassazione che la Linden
applica ai proprietari
delle costruzioni più ambiziose.
Una serie di sabotaggi
virtuali ha messo
sottosopra la realtà parallela.
Ma attenzione, perché
la Linden potrebbe presentare
il conto e a pagare non sarà
l’avatar, ma il soggetto reale.
Ad aprire il dibattito
sul ripensamento dell’offerta
wi-fi gratuita in molte città
statunitensi è la rivista
Wired che ha pubblicato
un reportage sulla difficoltà
dei gestori delle reti internet
libere di San Francisco,
Chicago e Saint Louis rispetto
ai pubblicizzati programmi
di connessione gratuita
“senza fili” nei centri urbani.
Secondo il reportage
a pesare sui bilanci sarebbero
stati una catena di errori
progettuali della parte finanziaria
con introiti pubblicitari
sovrastimati a fronte di costi
fissi imposti dalle municipalità
sottostimati. Spesso i provider
hanno dovuto pagare gli stessi
comuni per l’utilizzo dei pali
della luce dove venivano
posizionati gli hot spot.
A seguito di queste valutazioni
e di un diffuso clima di incertezza,
Earthlink ha per esempio
ottenuto a San Francisco
condizioni più favorevoli
rispetto alla trattativa iniziale,
aperta quando il tema del wi-fi
libero sembrava dover
conquistare molte città Usa.
In particolare è indicativo il dato
di utilizzo del sistema da parte
dei cittadini che ha raggiunto
la soglia del 2%, a fronte
di una previsione dei fautori
dell’iniziativa secondo cui
il wi-fi libero avrebbe interessato
il 15% della popolazione.
PSICOGEOGRAFIE
URBANE PER TRACCIARE
GLI SPOSTAMENTI
NELLA METROPOLI
Il tema della tracciabilità degli spostamenti
umani e della loro codifica in un sistema
di segnali attraversa i festival europei d’arte
elettronica. In attesa dell’evento classico
del nuovo Transmediale 2008 a Berlino
e dell’italiano NetMage, organizzato da Xing,
i festival che precedono l’autunno hanno
focalizzato la loro attenzione sul tema
della privacy nell’era digitale (Ars Electronica
di Linz) e sulla tracciabilità. Gli artisti chiamati
ad esporre i loro lavori e le loro performance
nel contesto di Conflux a New York hanno
allestito spazi e momenti creativi
per “avventurieri urbani” in cui sono protagonisti
gli strumenti della cartografia tradizionale
e quelli degli strumenti mobili, ad alta tecnologia
o consumer come cellulari e posizionatori Gps.
Attraverso la proposta di percorsi creati
da artisti visivi e sonori ci si pone l’obiettivo
da un lato di documentare sotto il profilo
socio-politico le dinamiche di sorveglianza
e controllo. Dall’altro, portando l’arte nelle
strade in modo non elitario ma creando forme
di vera e propria condivisione della performance
si crea un gesto di riappropriazione urbana
e di affetto verso la città e le sue contraddizioni.
La mappa diventa così da un lato politica,
dall’altro emotiva e sentimentale. Grande
peso nelle sviluppo di queste iniziative
viene dalla riappropriazione della tecnologia
usata per “mappare” i movimenti urbani
e quindi costruire una psicogeografia
urbana legata ad un vissuto concreto
e non ad una sua proiezione.
future
|
BICICLETTE
PUBBLICHE
NEL TRAFFICO
DI PARIGI
PUBBLICITARI
ALL’ASSALTO
DI PECHINO
2008
La municipalità di Parigi
ha offerto, a partire
dallo scorso luglio un servizio
di biciclette pubbliche
chiamato Velib. La sigla,
acronimo di “Vélo” (bicicletta)
e “Liberté” (liberta) indica
un servizio pubblico a costi
accessibili di noleggio biciclette,
con costi che variano da un euro
per una singola giornata
a 29 euro per l’abbonamento
annuale. Il progetto è stato
presentato dal Sindaco
di Parigi, Bertrand Delanoe,
con il dichiarato obiettivo
di fornire una alternativa
agli spostamenti veloci rispetto
all’utilizzo dell’automobile.
Sono state così messe
a disposizione oltre diecimila
biciclette appoggiate a oltre
settecento punti di raccolta
in tutta la città. Secondo
le stime della Municipalità
verranno messe a disposizione
entro il 2009 oltre ventimila
biciclette di cui potranno
usufruire a costi fortemente
agevolati rispetto al mercato
oltre il 20% della popolazione
cittadina. Un analogo progetto
è in corso da due anni a Berlino.
Grande attivismo nel mondo
pubblicitario internazionale
in vista delle Olimpiadi di Pechino
2008. Le multinazionali
dell’elettronica di consumo,
dello sport e della ristorazione
veloce sono da un biennio
impegnate a creare progetti
per conquistare il mercato
asiatico in occasione
dei Giochi Olimpici. Coca Cola
ha fatto allestire un numero
simbolico di fermate degli
autobus (2008) con manifesti
avviando la più vasta campagna
di affissioni esterne mai
realizzata in Cina. McDonald’s
è andata alla conquista della
Televisione di Stato ottenendo
un accordo per la promozione
del suo “China Mac”, versione
asiatica dell’occidentale panino
“Big” bersaglio del documentario
“Supersize Me”. Tra le chicche
dei futuri memoriabilia,
uno spot in cui gli atleti
delle Olimpiadi si trasformano
in ingredienti del panino.
Secondo le previsioni
di Mymarketing.it, la Cina sarà
nel 2008 il paese al mondo
in cui gli investimenti
pubblicitari verso il grande
pubblico avranno il maggiore
incremento (+24%), superiore
a quello degli Stati Uniti.
Molte delle iniziative previste
prevedono uno sfuttamento
commerciale di piattaforme
Web 2.0 come You Tube.
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ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
| valori | 73 |
| globalvision |
Mattel
PERDITA ECONOMICA ANNUA DERIVANTE DALL’USCITA DAL MERCATO DELLE STAZIONI SCIISTICHE PRIVE DI COPERTURA NEVOSA AFFIDABILE [milioni di euro]
La Cina non c’entra
le regole Usa sì
di Alessia Vinci
M
ILIONI DI GIOCATTOLI RITIRATI PERCHÉ CONTENEVANO PERICOLOSI MAGNETI DANNOSI PER I BAMBINI.
La Cina e le sue disastrose aziende sul banco degli accusati per scarsità di controlli e condizioni
di lavoro inqualificabili per qualsiasi processo di qualità. Ma era tutto falso. O meglio nel caso
specifico, quello della multinazionale statunitense Mattel, le condizioni di produzione e lavoro
del grande paese asiatico non c’entravano nulla. Il problema era tutto americano: non solo
degli errori di progettazione e design della Mattel, ma soprattutto dell’ente preposto alla difesa
del consumatore. Una vicenda che merita un’importante riflessione anche per il nostro futuro.
Come al solito gli Stati Uniti non erano arrivati tardi. Anzi. La Consumer product safety
commission, l’organismo federale che deve proteggere i consumatori da “irragionevoli rischi”
causati dai prodotti di più largo consumo, esiste dal 1973 e ha giurisdizione su oltre 15 mila prodotti.
Ma dagli inizi del 1980, dall’avvento della grande stagione della deregulation, dell’arretramento
dello Stato a favore del mercato e delle sue tautologiche capacità autoregolatorie, l’agenzia
viene continuamente deprivata di risorse e uomini. Le ispezioni ai giocattoli, tanto per restare
in tema, sono affidate ad un funzionario, uno solo, rinchiuso in un ufficio assolutamente
inadeguato alla periferia del Maryland.
Una struttura che la stessa presidente della Consumer product safety commission, Nancy Ford,
ha definito davanti al Congresso Usa «inefficiente
La lezione fondamentale
e nella quale neppure gli edifici rispettano le norme
dalla vicenda dei giocattoli:
di sicurezza». Dal 1980 ad oggi i dipendenti dell’agenzia
la colpa non era delle imprese
federale sono stati dimezzati, da 978 a 410, i fondi
asiatiche ma della carenza
ogni anno ad essere “ridimensionati”
di controlli dell’agenzia federale continuano
(nel 2007 il budget era di 62 milioni di dollari),
statunitense vittima
le multe incassate sempre meno anche per effetto
dei tagli del danaro pubblico
dei ricorsi delle grandi imprese che si possono permettere
di spendere decine di milioni di dollari in costosissime parcelle legali. I laboratori sono assolutamente
inadeguati e andrebbero ammodernati e per gran parte di quest’anno la commissione è rimasta
paralizzata perché Bush aveva cercato di nominare come commissario un ex lobbista
dell’associazione manifatturiera e il Congresso aveva bocciato la nomina. Solo durante l’estate,
nel pieno dello scandalo Mattel, è stato approvato un emendamento tampone, in un provvedimento
sulla sicurezza nazionale, che permette alla Consumer product safety commission di lavorare
eccezionalmente sino a fine anno con due soli commissari, la presidente repubblicana Nancy Ford
e il democratico Thomas Moore. Ovviamente ora fioccano le proposte di potenziamento e persino
la Toy Industry Association, l’associazione dei produttori di giocattoli, chiede nuovi test obbligatori.
Il regolatore serve. E molto. Per evitare danni gravissimi ai cittadini, che sono anche consumatori
e spesso lavoratori delle stesse aziende che si rendono responsabili di incredibili errori o di vere
e proprie truffe. Ma per avere agenzie e autorithy che funzionino servono fondi pubblici e strumenti
di controllo trasparenti delle strutture preposte. Altrimenti ci penserà il Dio Mercato a fare carne
da macello dei diritti dei consumatori.
.
| 74 | valori |
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
|
> 1650 (+1°C)
> 1800 (+2°C)
> 2100 (+4°C)
4.706
13.977
39.861
Piemonte
10.666
18.667
32.000
Alto Adige
23.762
92.081
139.607
Valle d’Aosta
numeri
Friuli Venezia Giulia
13.625
13.625
13.625
123
I cambiamenti climatici
devasteranno il turismo
ge l’aereo: aereo che risulta fino a quattro volte più inquinanHIACCIAI CHE SI SCIOLGONO. Deserti che avanzano.
te, ai fini dell’effetto serra, del trasporto automobilistico. È,
Litorali che arretrano davanti alla lima costante
d’altra parte, proprio quello relativo ai trasporti il maggiore
dell’erosione. Fiumi che evaporano, montagne su
contributo del turismo al climate change: esso rappresenta mecui sciare sono solo un ricordo del tempo che fu. Onde abnordiamente il 70 per cento sul totale delle emissioni mentre il remi e cicloni, troppa pioggia o troppo poca, caldo, caldissimo e
sto è più o meno equamente spartito fra alberghi, ristoranti e
poi, subito, il gelo. È cambiato il clima e ce ne accorgiamo sulaltre attività “di filiera”.
la nostra pelle, nell’esperienza quotidiana, anche senza guarDa un punto di vista economico, le statiche dell’Omt hanno
dare il “termometro” della Co2 che pure, nell’atmosfera, negli
appurato che nell’anno 2000 ogni arrivo in Europa ha generato,
ultimi 750 mila anni non è mai stata presente in percentuali
esclusi i trasporti, 580 euro, per un totale di 70 miliardi che, apcosì alte. Fra i settori maggiormente coinvolti dalle alterazioni
prossimando un credibile tasso di crescita al tre per cento, arriveclimatiche figura senz’altro quello del turismo benché la stretranno nel 2050 a 300 miliardi; è facile però prevedere che, quata correlazione fra dinamiche turistiche e climatiche non trovi
lora le variazioni del clima diminuiranno, come sembra
grande rilievo nell’acceso dibattito piuttosto che nella ricerca
probabile, bellezza e comfort delle mete, il tasso di crescita del tuscientifica e nell’agenda dei decisori politici. Eppure parliamo
rismo conoscerà una battuta d’arredella seconda industria del Pianeta
CONTRAZIONE DEL FATTURATO DIRETTO TURISTICO
sto: basterà così la diminuzione di
e di quel 1,56 miliardi di arrivi inun solo punto percentuale per dire
ternazionali che l’Omt, l’OrganizCONTRAZIONE %
MILIONI
RISPETTO AL BAU 2030
DI EURO
addio a 198 milioni di presenze e a
zazione mondiale per il turismo,
Piemonte
-10,2
-33,12
circa 110 miliardi di euro. Il probleprevede per il 2020: 720 milioni
Valle d’Aosta
-4,0
-14,30
ma è però più complesso di quanto
solo in Europa, con un tasso di creLombardia
-7,1
-29,11
non possa apparire: quello dei camscita del 4,4 per cento. Se in EuroTrentino Alto Adige
-14,1
-587,05
biamenti climatici è un fenomeno
pa e in America del Nord i veicoli
di lungo termine in cui, oltretutto,
privati costituiscono il mezzo preVeneto
-0,3
-2,46
gli effetti non possono essere preferito per lo spostamento dei turiFriuli Venezia Giulia
-15,7
-28,91
detti con precisione nel dettaglio.
sti, nel resto del Mondo si predili-
G
.
|
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
| valori | 75 |
| numeridell’economia |
| numeridell’economia |
La crescita economica
mai così forte per i PVS
manda di materie prime hanno una crescita media del 6,4%, contro il 2,4% dei Paesi
sviluppati, una situazione che non è mai
stata cosi positiva dall’inizio degli anni ‘70.
Il Prodotto interno lordo (Pil) procapite
dei Paesi in via di sviluppo ed emergenti è
aumentato di circa il 30% tra il 2003 e il
continuerà a crescere per il quinto
anno consecutivo, mentre il
tasso di crescita globale nel 2007 dovrebbe
stabilizzarsi tra il 3,4 e il 4%. Secondo il rapporto Unctad, i Paesi in via di sviluppo che
continuano a beneficiare di una forte doECONOMIA MONDIALE
L’
IMPATTI MACROECONOMICI NEL 2050 E NEL 2100
Settori produttivi più colpiti (riduzione della produzione) in caso di aumento di 0,93°C
+ 1,84%
Elettricità
2007, mentre quello dei paesi più industrializzati del G7 “solo” del 10%. La bilancia
commerciale è stata molto favorevole per i
PVS ma a trainare le esportazioni commerciali dei “poveri” sono stati soprattutto due
giganti: la Cina e l’India hanno segnato entrambe un più 160%.
Servizi
Petrolio
Cereali
Gas
-0,70% /-0,87%
- 1,45%
-1,84%
-3,56%
.
Diminuzione del Pil
in caso di aumento di 0,93°C
Diminuzione del Pil
in caso di aumento di 1,2°C
LE NAZIONI EMERGENTI
0,9% / 1,14%
PAESE
PIL
Cina
+10,4
India
+8,9
Indonesia
+5,2
Malesia
+5,9
Filippine
+5,5
Singapore
+7,1
Corea del Sud
+5,3
Taiwan
+4,6
Tailandia
+4,9
Argentina
+7,9
Brasile
+1,2
Cile
+4,5
Colombia
+6,0
Messico
+4,7
Perù
+9,2
Venezuela
+9,2
Egitto
+5,9
Israele
+6,2
Sud Africa
+3,6
Turchia
+7,5
Repubblica Ceca +6,2
Ungheria
+3,8
Polonia
+5,5
Russia
+7,4
III
II
II
II
II
III
II
II
II
II
II
II
II
II
II
I
II
II
II
II
II
II
II
PRODUZIONE INDUSTRIALE
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Agosto
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
Trimestre
+14,7
+11,4
+6,2
+3,6
-7,0
+7,6
+16,3
+2,1
+5,0
+6,6
+1,3
-2,6
+12,5
+5,0
+9,9
+12,7
+4,0
+8,1
+1,9
+4,0
+5,8
+11,8
+11,7
+4,1
Ott.
Sett.
Ago.
Sett.
Ago.
Sett.
Sett.
Sett.
Sett.
Sett.
Sett.
Sett.
Ago.
Sett.
Ago.
Ago.
2005
Ago.
Sett.
Sett.
Sett.
Sett.
Sett.
Sett.
DANNI ASSOCIATI ALLE ONDATE DI CALORE [STIMA PER LA CITTÀ DI ROMA]
MORTALITÀ ATTRIBUIBILE ALLE ONDATE DI CALORE
PER CAUSE CARDIOVASCOLARI E RESPIRATORIE
(N° DECESSI PER ROMA)
Fasce di età
DANNI MONETARI
IN ASSENZA DI ADATTAMENTO
PER ROMA
Anno 2000
Anno 2020
Anno 2020
<65 anni
165
211
281 milioni €*
>65 anni
440
561
281 milioni €*
* In assenza di adattamento, tale cifra corrisponde al costo di inazione
PREZZI AL CONSUMO
+1,4
+2,1
+6,3
+3,3
+5,4
+0,4
+2,1
-1,2
+2,8
+10,4
+3,3
+2,1
+4,2
+4,3
+1,9
+8,7
+9,6
+1,3
+5,3
+10,0
+2,7
+6,3
+1,2
+9,2
Ott.
Sett.
Sett.
Sett.
Ott.
Sett.
Ott.
Ott.
Ott.
Sett.
Ott.
Ott.
Ott.
Ott.
Ott.
Ott.
Sett.
Sett.
Sett.
Ott.
Sett.
Ott.
Ott.
Ott.
BILANCIA COMMERCIALE
+177,5 Dicembre
-48,8 Novemb.
+38,5 Novemb.
+28,6 Novemb.
-4,1
Agosto
+33,7 Settem.
+16,7 Dicembre
+21,3 Dicembre
+1,3 Novemb.
+12,0 Novemb.
+46,1 Dicembre
+22,1 Dicembre
+0,3
Ottobre
-5,9 Novemb.
+8,0
Settem.
+36,8 III Trimestre
-11,1 II Trimestre
-7,9 Dicembre
-9,6 Novemb.
-53,2 Novemb.
+2,0 Novemb.
- 2,8 Novemb.
-4,1 Novemb.
+140,8
Novemb.
3,10
7,98
6,20
5,37
6,13
3,06
4,97
2,08
4,97
10,19
13,19
5,16
6,71
7,05
4,45
10,00
9,67
4,60
9,35
19,60
2,57
8,05
5,18
11,00
BENEFICI DELL’ADATTAMENTO [STIMA PER LA CITTÀ DI ROMA]
EPISODIO
Ondate di calore
estate 2003
ADATTAMENTO
Sistemi di
avvertimento HHWs
1,02% / 1,28%
TASSI INTERESSE
PREVISIONE
SULLE VITE SALVATE
BENEFICI MONETARI
81 (> 65 anni)
134,47 milioni €*
Aumento della temperatura
nel 2050
+0.93°C
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
|
Aumento della temperatura
nel 2050
0,12% / 0,16%
2050
2100
+ 1,2°C
2100
LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI
PAESE
Australia
Austria
Belgio
Gran Bretagna
Canada
Danimarca
Francia
Germania
Italia
Giappone
Olanda
Spagna
Svezia
Svizzera
Stati Uniti
Area Euro
PIL
MIN/MAX 2006
MIN/MAX 2007
2,3/3,7
1,8/2,4
1,7/2,5
1,7/2,6
2,7/3,4
2,5/3,3
1,5/2,2
1,5/2,2
1,0/1,5
1,9/3,5
1,6/3,1
2,8/3,5
3,0/4,1
1,7/2,8
2,8/3,9
1,8/2,4
2,7/3,9
1,2/2,2
1,6/2,2
1,9/2,8
2,6/3,1
2,0/3,1
1,6/2,4
0,2/2,1
0,6/1,7
1,4/3,8
1,4/2,4
2,4/3,1
2,5/3,1
0,9/2,5
2,4/3,5
1,3/2,4
INFLAZIONE
MEDIA 2006
MEDIA 2007
3,2
2,3
2,4
2,4
3,2
2,7
2,0
1,7
1,3
3,0
2,2
3,3
3,6
2,8
3,4
2,2
3,3
2,0
2,0
2,5
2,9
2,3
2,0
1,3
1,1
2,4
2,1
2,8
2,9
2,0
2,7
1,8
2006
2,9
2,0
2,2
1,9
2,1
1,9
1,7
1,6
2,1
0,3
1,5
3,3
1,4
1,1
2,9
2,1
2007
BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL)
2006
2007
2,7
1,8
1,9
1,9
2,2
1,9
1,6
2,3
1,9
0,6
1,5
2,8
1,9
1,2
2,3
2,1
-5,4
+0,2
+2,2
-2,3
2,0
2,9
-1,3
3,9
-1,5
3,7
5,2
-6,9
6,7
13,1
-6,8
-0,1
-4,0
+0,2
2,3
-2,3
1,4
2,7
-1,1
3,9
-1,4
3,5
5,1
-7,0
6,3
12,4
-6,8
--------
COSTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI A VENEZIA NEL 2030 [MILIONI EURO/ANNO]
AMMONTARE DEL DANNO COMPLESSIVO DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
PER L’ITALIA ESPRESSO COME PERCENTUALE SUL PIL
Danni nel settore del turismo
[riduzione delle presenze]
[DANNO CUMULATO SCONTATO SU PIL CUMULATO SCONTATO, PERIODO DI RIFERIMENTO 2001-2100]
34,9 - 42,9
Danni nel settore della pesca
[riduzione produzione vongola]
10,4 - 16,5
Danni alla strutture edilizie
[pavimenti, pareti, porte, intonaci]
3,3 - 6,4
Danni della forzata chiusura e inaccessibilità delle attività commerciali
[una settimana di allagamento]
7,6 - 9,5
SCENARIO B1
[+0,93° NEL 2050]
DANNO QUADRATICO
NELLA TEMPERATURA
DANNO ESPONENZIALE
NELLA TEMPERATURA
Tasso di sconto: 3%
0.12%
0.14%
Tasso di sconto: 1%
0.18%
0.19%
* In assenza di adattamento, tale cifra corrisponde al costo di inazione
Danni sociali
[funzionalità urbana nel suo complesso]
| 76 | valori |
0,16% / 0,20%
2050
49,2 - 86,2
|
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
| valori | 77 |
|
indiceetico
| numeridivalori |
VALORI NEW ENERGY INDEX
NOME TITOLO
ATTIVITÀ
BORSA
Abengoa
Ballard Power
Biopetrol
Canadian Hydro
Conergy
EOP Biodiesel
Fuel Cell Energy
Gamesa
Novozymes
Ocean Power Tech
Pacific Ethanol
Phoenix Solar
Q-Cells
RePower
Solarworld
Solon
Südzucker
Sunways
Suntech Power
Vestas Wind Systems
Biocarburanti/solare
Tecnologie dell’idrogeno
Biocarburanti
Energia idroelettrica/eolica
Pannelli solari
Biocarburanti
Tecnologie dell’idrogeno
Pale eoliche
Enzimi/biocarburanti
Energia del moto ondoso
Biocarburanti
Pannelli solari
Pannelli solari
Pale eoliche
Pannelli solari
Pannelli solari
Zucchero/biocarburanti
Pannelli solari
Pannelli solari
Pale eoliche
Siviglia, Spagna
Vancouver, Canada
Zug, Svizzera
Calgary, Canada
Amburgo, Germania
Pritzwalk, Germania
Danbury, CT-USA
Madrid, Spagna
Bagsværd, Danimarca
Warwick, Gran Bretagna
Fresno, CA-USA
Sulzemoos, Germania
Thalheim, Germania
Amburgo, Germania
Bonn, Germania
Berlino, Germania
Mannheim, Germania
Konstanz, Germania
Wuxi, Cina
Randers, Danimarca
CORSO DELL’AZIONE
31.08.2007
RENDIMENTO
DAL 30.09.06 AL 31.08.2007
32,70 €
4,73 CAD
5,91 €
5,60 CAD
59,16 €
6,46 €
9,62 $
29,26 €
647,00 DKK
12,50 $
11,56 $
19,22 €
65,00 €
111,98 €
36,20 €
59,44 €
14,12 €
8,51 €
35,75 $
370,00 DKK
44,12%
-27,16%
-28,80%
3,36%
55,32%
-38,83%
17,56%
69,33%
44,36%
-19,83%
-23,43%
30,75%
101,24%
101,40%
67,09%
101,01%
-27,52%
13,16%
28,71%
135,91%
+32,39%
€ = euro, $ = dollari USA, £= sterline inglesi, CAN $ = dollari canadesi, DKK = corone danesi
Solare
con cautela
di Mauro Meggiolaro
E AZIONI DEL SOLE. Nell’indice virtuale di Valori ne abbiamo messe sette.
17,18%
Nei primi undici mesi di gioco hanno avuto tutte rendimenti positivi,
Amex Oil Index [in Euro]
in alcuni casi a tre cifre (+101% per Q-Cells e Solon). L’energia solare
32,39%
fa scintille in borsa, ma è meglio andarci piano. La produzione di silicio di grado
Valori New Energy Index [in Euro]
solare (il materiale con cui vengono costruite le celle fotovoltaiche) non riesce a
Rendimenti dal 30.09.2006 al 31.08.2007
star dietro alla richiesta di nuovi pannelli, le valutazioni dei titoli sono ancora troppo alte e il rischio bolla è sempre in agguato. Phoenix Solar,
Phoenix Solar
www.phoenixsolar.de
Sede
Sulzemoos – Germania
l’impresa in vetrina questo mese, è meno espoBorsa
FSE – Francoforte sul Meno
sta alla carenza cronica di silicio perché non proRendimento
30.09.06
– 31.08.07 30,75%
duce direttamente pannelli (come fa, per esemAttività
Fondata
nel 1999, Phoenix Solar nasce dalla Phönix Solarinitiative, un progetto del Bund
pio, Solarworld). Da sempre è specializzata nella
der Energieverbraucher (associazione dei consumatori di energia) per portare i pannelli solari
progettazione e costruzione di grandi centrali
nelle case delle famiglie tedesche. E’ specializzata nella pianificazione e costruzione
di grandi impianti fotovoltaici.
solari e nella rivendita all’ingrosso delle singole
Ricavi [Milioni di €]
Utile [Milioni di €]
Numero dipendenti
componenti (celle, inverter, accessori). Da inizio
2005
gioco ha reso il 30%, mentre l’indice verde di Va2006
118.994
111.116
lori ha chiuso settembre a +32,39%. 15 punti in
4.950
più dell’Amex Oil Index, che misura il rendi101
3.024
mento delle maggiori compagnie petrolifere
71
mondiali. Il sole e il vento battono il petrolio in
borsa. Ma la corsa è ancora lunga.
UN’IMPRESA AL MESE
L
.
in collaborazione con www.eticasgr.it
| 78 | valori |
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
|
CONTRASTO
| numeridivalori |
| numeridivalori |
PREZZO TRASPARENTE: DAL PRODUTTORE AL CONSUMATORE
VALORI NUTRIZIONALI MEDI
SUCCO D’ARANCIA CONVENZIONALE E SUCCO D’ARANCIA EQUO
SU 100G DI PARTE EDIB. (AL NETTO SCARTI)
CONVENZIONALE
EQUO
prezzo al produttore
0,10€
0,28€
intermediari
0,14€
costo di esportazione
0,03€
diritto di royalty del marchio Transfair
costo di importazione, lavorazione e distribuzione
prezzo di vendita al pubblico
parte edibile
acqua
100%
89,3g
NUTRIENTI ENERGETICI
0,03€
carboidrati (zuccheri)
proteine
lipidi
valore energetico
0,03€
NUTRIENTI NON ENERGETICI
0,30€
0,30€
da 1 a 1,35€
da 1,05 a 1,35€
fosforo
calcio
ferro 0,2mg
vitamina C
8,2g
0,5g
tracce
33kcal
17mg
15mg
44mg
FONTE: TABELLE DI COMPOSIZIONE DEGLI ALIMENTI, AGGIORN. 2000
ISTITUTO NAZIONALE DI RICERCA PER GLI ALIMENTI E LA NUTRIZIONE
paniere
FONTE: TRANSFAIR
|
QUANTO COSTA LA SPESA [IN GRASSETTO IL PREZZO AL KG]
BOTTEGA DEL MONDO
preparati con la neve dell’Etna,
lo zucchero di canna e il succo d’arancia, a presenza irrinunciabile nella moderna colazione degli americani,
la bevanda ha acquisito nel tempo un vadi Anna Capaccioli lore economico crescente, fino a diventare
una commodity quotata in borsa, soggetto anche per commedie come “Una poltrona per due”.
Un percorso interessante per un prodotto ricavato da
una pianta di origine asiatica inizialmente utilizzata a
scopi ornamentali o religiosi. Al valore economico
corrisponde un valore nutrizionale e salutistico: moderato apporto calorico ma buon contenuto di minerali e vitamine, associati ad un ruolo preventivo delle
cardiopatie vascolari, del cancro e dell’Alzheimer; recenti studi scientifici attribuiscono ai succhi al 100%
di frutta e verdura un’efficacia paragonabile a quella
dei prodotti freschi.
Il succo d’arancia confezionato è
il risultato di un processo di coltivazione e trasformazione altamente industrializzato
che richiede grandi quantità di acqua e di energia.
La resa in succo dipende, oltre che da specie
e varietà, dal grado di
maturazione, dalle
pratiche colturali, da
fattori meteorologici e
dal sistema di estrazione. L’arancia dolce (Citrus x sinensis) è il frutto di
un antico ibrido (tra pome-
D
| 80 | valori |
AI SORBETTI DEI CALIFFI,
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
|
lo e mandarino) che da secoli cresce come specie autonoma; pianta sempreverde alta fino a 12m, dalle foglie
allungate e carnose e dai fiori bianchi, fruttifica da novembre a giugno a seconda delle varietà, che si distinguono anche per la polpa bionda o rossa.
Due malattie batteriche degli agrumi, non pericolose per la salute umana ed animale, hanno attualmente
un notevole impatto economico a livello mondiale: il
cancro causato da Xanthomonas axonopodis pv. citri
(Xac) e la malattia d’inverdimento o Huanglongbing
(HLB). Xac è considerato un organismo da quarantena
in molti Paesi, tra cui gli Stati membri dell’Unione europea (UE), che esenti dalla malattia hanno imposto restrizioni commerciali. Un recente studio pubblicato dal
Servizio di ispezione per la salute animale e vegetale
(APHIS) del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati
Uniti (USDA) propone di modificare le attuali misure fitosanitarie per consentire la commercializzazione dei
frutti asintomatici provenienti da zone infette/contaminate. Su richiesta della
Commissione europea
un gruppo di esperti
scientifici sulla salute
delle piante (PLH) dell’Autorità europea per
la sicurezza alimentare (EFSA) ha valutato
lo studio e non ha ritenuto sufficiente la giustificazione scientifica
della richiesta.
.
MARCHIO1
SOLIDALE2
El Ceibo bio
Altromercato
13,00 €/kg
Perugina
Solidal
8,00 €/kg
Esselunga bio
e Ctm Altromercato
14,70 €/kg
10,00 €/kg
8,66 €/kg
Twinings
Earl Grey
38,50 €/kg
Tè nero Esselunga bio
e Ctm Altromercato
44,70 €/kg
Altromercato
tè nero Earl Grey
61,60 €/kg
Twinings
English breakfast
37,60 €/kg
Tè Solidal
Twinings
Lemon scented
38,00 €/kg
Tè nero al limone
Solidal
32,00 €/kg
MARCHIO
BIO E CTM ALTROMERCATO
CACAO AMARO
IN POLVERE
El Ceibo bio
Altromercato
12,00 €/kg
Perugina
Altromercato
tè nero Earl Grey
61,00 €/kg
36,57 €/kg
Altromercato
basmati
5,50 €/kg
Scotti
basmati
3,24 €/kg
Altromercato
basmati
5,50 €/kg
Altromercato
thai integrale
3,45 €
Suzi Wan
basmati
4,36 €/kg
Altromercato
thai aromatico bio
3,85 €
SUCCO
D’ARANCIA
100%
Altromercato
2,00 €/l
Santal
non zuccherato
1,50 €
Altromercato
ZUCCHERO
DI CANNA
Altromercato
Dulcita bio
3,70 €/kg
Demerara Sugarville
Toschi Mauritius
2,84 €/kg
CREMA
SPALMABILE
AL CACAO
Altromercato
Cajta con anacardi
e nocciole
6,25 €/kg
Ferrero Nutella
bicchiere 200g
7,45 €/kg
vaso 750g
4,52 €/kg
Altromercato
Esselunga
2,85 €/kg
1,69 €/kg
CIOCCOLATO
FONDENTE
TAVOLETTA 100G
Commercioalternativo
Antilla cacao 70%
15,50 €/kg
Perugina
Nero cacao 70%
12,00 €/kg
Altromercato bio
Mascao cacao 73%
15,50 €/kg
Fondentenero Novi
Solidal extra amaro
extra amaro cacao 72% bio cacao 70%
9,20 €/kg
9,80 €/kg
CIOCCOLATO
AL LATTE
TAVOLETTA 100G
Altromercato
Companera cacao 32%
11,00 €/kg
Lindt
Lindor al latte
13,20 €/kg
Altromercato bio
Mascao cacao 32%
15,50 €/kg
Novi
cacao 30%
8,50 €/kg
Solidal
bio cacao 39%
9,80 €/kg
CIOCCOLATINI
ASSORTITI
Altromercato
al latte ripieni
16,50 €/kg
Perugina
Fantasia Grifo
13,12 €/kg
Altromercato
al latte ripieni
16,50 €/kg
Perugina
al latte e fondenti
11,60 €/kg
Solidal
ripieni assortiti
11,00 €/kg
Altromercato
miscela pregiata
arabica 100%
11,00 €/kg
Lavazza
qualità oro
arabica 100%
11,16 €/kg
Solidal
arabica 100%
bio
9,60 €/kg
RISO
Il succo d’arancia è una bevanda dall’elevato valore economico e nutrizionale, con un importante
impatto ambientale in termini di risorse e di inquinanti. Le sue proprietà sono allo studio della comunità scientifica,
che indaga anche sulle problematiche delle coltivazioni di agrumi.
COOP
SOLIDALE
SOLIDALE
TÈ IN FILTRI
A qualcuno piace rosso
ESSELUNGA3
PRODOTTO
BANANE
Skipper Zuegg
senza zucchero
1,33 €
Solidal senza
zuccheri aggiunti
1,15 €
Altromercato
Dulcita bio
3,70 €/kg
Demerara
2,88 €/kg
Solidal
biologico
2,80 €/kg
Altromercato
Cajta con anacardi
e nocciole
Ferrero
Nutella
Solidal
con nocciole
6,25 €/kg
4,92 €/kg
5,00 €/kg
Chiquita
Solidal
biologico
2,70 €/kg
2,00 €/l
Esselunga bio
e Ctm Altromercato
3,38 €/kg
Solidal
thai profumato
2,80 €/kg
Esselunga bio
e Ctm Altromercato
2,85 €/kg
2,00 €/kg
Lindt
cioccolatini assortiti
24,32 €/kg
CAFFÈ MACINATO
PER MOKA
250G
Altromercato
bio caffè
13,00 €/kg
Compagnia Arabica
Colombia Medellin
arabica 100%
12,72 €/kg
Esselunga bio
e Ctm Altromercato
arabica 100%
12,60 €/kg
Altromercato
bio caffè
13,00 €/kg
[1] MEDIA DI PREZZI DI VENDITA APPLICATI IN PUNTI DI VENDITA IPERCOOP E COOP DIVERSI, IN PERIODI COMPRESI TRA FINE 2006 E APRILE 2007
[2] PREZZI MEDI NAZIONALI
[3] PREZZI RILEVATI NEL PUNTO DI VENDITA, NON SONO STATE FORNITE MEDIE NAZIONALI
IL SUCCO D’ARANCIA IN BORSA
IL CRB (COMMODITY RESEARCH BUREAU) è un indice
che rappresenta un paniere di 23 materie prime, tra le più
scambiate sui mercati, nel quale i Softs, che comprendono
il succo d’arancia, hanno una percentuale elevata:
23% Softs–coloniali (cacao, caffè, succo d’arancia e zucchero)
18% Energy (petrolio, gasolio e gas naturale)
18% Grains (mais, semi di soia e frumento)
17% Precious metals (oro, platino e argento)
12% Industrial (rame e cotone)
12% Livestock (bovini vivi e maiali)
Nel 1957 il Commodity Research Bureau costruì un indice
composto da 28 commodity che fece la sua prima comparsa
nel 1958 nel CRB Commodity Year Book. Da allora, l’Indice
viene aggiornato periodicamente per seguire il mercato
delle commodity in continua evoluzione e ha cambiato nome
in Reuters/Jefferies CRB nel 2005 dopo l’ultima revisione.
Agli indici corrispondono diversi strumenti finanziari,
per esempio gli ETC (Exchange Traded Commodities)
e gli ETF (Exchange Traded Funds); entrambi sono negoziabili
in borsa come delle azioni, ma gli ETC consentono di investire
su una singola materia prima a differenza degli ETF,
che devono garantire un certo grado di diversificazione.
|
ANNO 7 N.53
|
CRONOLOGIA
ESSENZIALE
I sec d.C.
Testi romani documentano
la coltivazione di un frutto
chiamato melarancia in Sicilia
IX sec.
Gli Arabi conquistano l’Italia
meridionale e diffondono
l’uso alimentare dell’arancia,
termine che deriva dall’arabo
n_ran_ (=frutto preferito
degli elefanti)
X sec.
I Saraceni introducono
la coltivazione dell’arancio
amaro nel Mediterraneo
XIV-XVI sec.
I Portoghesi introducono
la coltivazione dell’arancio
dolce in Europa; ancora oggi
in arabo la parola usata
per parlare delle arance
è burtuq_l (che indica
l’arancia dolce), che ha
soppiantato la parola n_ran_
(che indica l’arancia amara);
in molte lingue e dialetti per
questi frutti sono usati termini
che si riferiscono al Portogallo
1966
Il succo d’arancia fa parte
(insieme a cacao, caffè,
cotone e zucchero)
del gruppo dei beni
coloniali e tropicali quotati
in borsa e contrattati
sul mercato dei future
e delle opzioni di New York
1998
Dalla fusione di CSCE (Coffee,
Sugar & Cocoa Exchange),
dove venivano contrattati
il caffè, lo zucchero, il cacao
e il succo d’arancia, e NYCE
(New York Cotton Exchange),
che era la più vecchia borsa
merci di New York dove veniva
scambiato il cotone, nasce
il NYBOT (New York Board
of Trade)
2004-2005
Gli uragani che colpiscono
lo stato della Florida sono
decisivi nella diffusione del
cancro batterico degli agrumi,
riconosciuto impossibile
da eliminare dall’USDA
OTTOBRE 2007
| valori | 81 |
| padridell’economia |
Mensile di economia sociale,
A CA R I TA S I
TA L I A N A - O
RGANISMO
| 82 | valori |
ANNO 7 N.53
|
OTTOBRE 2007
|
> Cambogia
Fotoreportage
PA S T O R A L E D
ELLA CEI - A
NNO XL - NU
M E RO 8 - W W
W. CA R I TA
S I TA L I A N A . I T
ivi
I nuovi catt
to postale - D.L.
- Spedizione in abbonamen
353/2003 (conv.
4 n° 46) art. 1, comma
in L. 27/02/200
1, DCB Trento - Contiene
I.P.
Italia Caritas
/ CONTRASTO
FRANCESCO COCCO
N.46) ART.1 COMMA
2 DCB - ROMA
/ CONTRASTO
FRANCESCO COCCO
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onsabili del piane
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fica delle cinqua
Dossier > La classi
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fica delle cinqua
Dossier > La classi
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I nuovi catt
nti sulle armiegerer
per le tangea
rzenn
er licenziatoche
fa paura Schaw
ne
a > Arriva il manag
del Nord
Finmeccanic
RS, il fondo pensio
che la Corea
Finanza > CalPE
i riarmano: altro
Nucleare > I grand
Poste Italiane S.p.A.
A POSSIBILITÀ DI RISOLVERE PROBLEMI ANTICHI (ereditati dal passato, come disuguaglianza e povertà) e nuovi
.
finanza etica e sostenibilità
ottobre 2007
Poste Italiane S.p.A.
«L
Mensile di economia sociale,
e > Cambogia
FotoreMportag
ENSILE DEL
L
nti sulle armiegerer
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a > Arriva il manag
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Finmeccanic
RS, il fondo pensio
che la Corea
Finanza > CalPE
i riarmano: altro
Nucleare > I grand
(come il degrado dell'ambiente o il sovraffollamento) dipende innanzitutto dalla capacità di rafforzare
le diverse istituzioni a presidio delle differenti ma interrelate libertà. (...) In tal senso, il nostro futuro dipenderà
soprattutto dal successo nell'ampliamento delle rispettive libertà, ottenuto attraverso il rafforzamento
delle diverse istituzioni che sostengono e favoriscono le nostre capacitazioni umane. In questo, ritengo,
risiede la più importante indicazione per il nostro futuro».
Lo ha affermato Amartya Sen, professore indiano premio Nobel per l’economia nel 1998, spiegando
ancora che «la forza protettiva della democrazia è in effetti capace di fornire sicurezza in misura molto più
estesa di quanto riescano a farlo i tentativi di prevenzione delle carestie. Il povero nella Corea del Sud o in
Indonesia potrebbe non essersi preoccupato troppo per la democrazia nel periodo del boom economico,
quando le condizioni di vita di tutti sembravano migliorare nella loro totalità. Ma quando l'economia è entrata
in crisi, la democrazia e le libertà politiche e civili hanno cominciato a mancare disperatamente a chi vedeva
cambiare i propri mezzi economici e la propria vita in maniera del tutto inaspettata. Da un punto di vista
generale, una riduzione del Pil del 5 o del 10% non è certo una calamità, se fa seguito a decenni di tassi di
crescita annuali tra il 5 e il 10%. Se tuttavia la riduzione grava iniquamente sulle fasce più svantaggiate, queste
ultime potrebbero trovarsi in serio pericolo e aver bisogno di sostegno sociale.
L’economista indiano
La democrazia è diventata ora un tema centrale in Corea del Sud e in Indonesia.
ha utilizzato formule
Non vorremmo dover aspettare una crisi economica per apprezzare la forza
matematiche per
comprendere i problemi protettiva della democrazia.(...)».
Il professore è nato nel 1933 a Santiniketan nello stato del Bengala,
empirici legati alla
ha insegnato presso l’università di Calcutta, al Trinity College di Cambridge,
giustizia sociale
poi a Nuova Dheli, alla London School of Economics, a Oxford e,
successivamente, all’università di Harvard. Nel 1998, pur mantenendo la sua carica di docente ad Harvard,
ha fatto ritorno come rettore al Trinity College. Presidente della Economic Society, della International
Economic Association, della Indian Economic Association, ha scritto moltissimi testi tra cui Collective Choice
and Social Welfare (1971), On Economic Inequality (1973), Commodities and Capabilities (1985), Etica ed
Economia (1987), Inequality Reexamined (1992), Lo sviluppo è libertà (1999), Globalizzazione e libertà (2002).
Gli studi di Sen partendo da un esame critico dell'economia del benessere, hanno portato fra l'altro
alla definizione di un indice di povertà largamente usato in letteratura. Il professore indiano ha sviluppato
un approccio radicalmente nuovo alla teoria dell'eguaglianza e delle libertà. In estrema sintesi, Sen propone
di studiare la povertà, la qualità della vita e l'eguaglianza non solo attraverso i tradizionali indicatori
della disponibilità di beni materiali (ricchezza, reddito o spesa per consumi) ma soprattutto analizzando
la possibilità di vivere esperienze o situazioni cui l'individuo attribuisce un valore positivo.
Inoltre va sottolineato che Sen ha da sempre adoperato la logica formale come un mezzo e non come
un fine. Le sofisticate strutture matematiche che utilizza sono per lui essenzialmente lo strumento scientifico
per eccellenza per risolvere problemi sostanziali, che riguardano l'economia e l'etica. La scelta collettiva,
come branca della welfare economica, è in altre parole del tutto funzionale alla soluzione di dilemmi
che concernono l'eguaglianza, il benessere, il sottosviluppo, i diritti, la giustizia sociale.
finanza etica e sostenibilità
POSTALE - D.L.
353/2003 (CONV.
IN L.27/02/200
4
di Francesca Paola Rampinelli
valori
valori
finanza etica e sostenibilità
> Cambogia
Fotoreportage
/ CONTRASTO
FRANCESCO COCCO
La forza protettiva
della democrazia
valori
Mensile di economia sociale,
Anno 7 numero 53.
Ottobre 2007.
€ 3,50
Anno 7 numero 53.
Ottobre 2007.
€ 3,50
Anno 7 numero 53.
Ottobre 2007.
€ 3,50
POSTE ITALIANE
S.P.A. SPEDIZIONE
IN ABBONAMEN
TO
Amartya Sen
to postale - D.L.
- Spedizione in abbonamen
353/2003 (conv.
4 n° 46) art. 1, comma
in L. 27/02/200
1, DCB Trento - Contiene
I.P.
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Dossier > La classi
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I nuovi catt
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del Nord
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Nucleare > I grand
Poste Italiane S.p.A.
LA SICUREZZA, SOLO
to postale - D.L.
- Spedizione in abbonamen
353/2003 (conv.
4 n° 46) art. 1, comma
in L. 27/02/200
1, DCB Trento - Contiene
I.P.
UN FATTO
IL PARADOSSO DI DECORO E ORDINE PUBBLICO?
DEL LAVAVETRI
BADANTI LA “CUR
A GLOBALIZZATA”,
UNA
MALD
CATENA DI AFFET
IVE LA DROGA,
FLAGELLO
TI E DISAGI
KENYA LA LOTTA
DI AMINA, L’AIDS NEL PARADISO DEL TURISMO
NON SI VINCE SOLO
CON I FARMACI
Dieci numeri annui
di Valori
Dieci numeri annui
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Dieci numeri annui
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Undici numeri annui
di Nigrizia
a 47 euro
Dieci numeri annui
di Italia Caritas
a 40 euro
Nove numeri annui
di .eco
a 50 euro
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Leggo doppio
Leggo solidale
Novità 2007 per i lettori.
Valori a casa vostra, insieme a Nigrizia, l’unico mensile dell’Africa e del mondo nero,
oppure con IC, il mensile della Caritas Italiana, o con .eco, il mensile dell’educazione sostenibile.
Per capire meglio la società e il mondo che ci ruotano attorno, nel segno della solidarietà.
Alleanza di pagine e idee, a un prezzo conveniente.
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