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vademecum sul carcere per famigliari e volontari

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vademecum sul carcere per famigliari e volontari
VADEMECUM SUL CARCERE
PER FAMIGLIARI E VOLONTARI
Perché questo vademecum sul carcere?
La nostra principale preoccupazione nel fare questa guida era quella di essere d'aiuto nella
comprensione delle leggi penitenziarie italiane e delle regole che disciplinano il regime
penitenziario rendendo le informazioni comprensibili a tutti con parole semplici.
I testi normalmente a disposizione, infatti, trattano questi argomenti in maniera molto tecnica, con
un linguaggio adatto più agli addetti ai lavori o agli avvocati, che a persone comuni come un
famigliare, un amico o un conoscente di persone detenute.
•
La prima parte riguarda:
•
l’organizzazione del carcere;
•
i riferimenti di Uffici e Tribunali;
•
suggerimenti ed indicazioni pratiche su come funzionano le visite, i colloqui e le
modalità per comunicare all’esterno.
•
Nella seconda parte si spiegano le leggi che regolano il processo, i riti alternativi, i
ricorsi e, infine, l’ammissione ai benefici penitenziari ed alle misure alternative alla
detenzione.
•
La terza parte riguarda le conseguenze economiche della condanna: le multe, le
spese processuali, il risarcimento dei danni alla parte lesa.
•
La quarta parte l’abbiamo chiamata “Le parole del carcere” ed è un rapido
riassunto delle terminologia di uso frequente nel mondo carcerario.
CARITAS DIOCESANA VICENTINA - Contrà Torretti, 38 - 36100 VICENZA - tel. 0444/304986 - fax 0444-304990
c.f. 95002320240 - www.caritas.vicenza.it - [email protected]
BANCA POPOLARE ETICA- Filiale di Vicenza- EU IBAN – IT 53 I 05018 11800 000000 117100
c.c.p. n° 13824362 intestato a Diocesi di Vicenza – Caritas, Casella Postale 833 – 36100 VICENZA
Vademecum per famigliari e volontari
Pag 1
PRIMA PARTE
Com’è organizzato un carcere? Trattamento e sicurezza.
“… L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere
in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato…” (articolo
27 della Costituzione Italiana).
La Costituzione sottolinea la funzione rieducativa della pena. Ad essa si intrecciano altre funzioni,
sulle quali il dibattito giuridico e culturale è vivace: la prevenzione, la neutralizzazione (impedire il
ripetersi di reati), la retribuzione (il far pagare i danni provocati),…
L’organizzazione del sistema penitenziario rispecchia queste diverse funzioni.
La vita di ogni istituto penitenziario, ad esempio, è contrassegnata principalmente da due “aree”:
• l’area della sicurezza e
• l’area del trattamento.
Alla prima fa riferimento in particolare la Polizia Penitenziaria (ma non è la sua sola funzione), alla
seconda l’area pedagogica (educatori, psicologi…).
Negli istituti penitenziari si trovano sia le persone imputate, in attesa di giudizio, che quelle
condannate per aver commesso un reato (vd. differenza tra Case Circondariali e Case di
Reclusione).
L’organo dello Stato di riferimento è il Ministero della Giustizia, e in particolare il Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.), da cui dipendono i Provveditorati Regionali
dell’Amministrazione Penitenziara (P.R.A.P.).
Per Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige il Provveditorato si trova a Padova.
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Vademecum per famigliari e volontari
Pag 2
Aree e figure professionali
Il Direttore
Il direttore ha essenzialmente il ruolo di coordinare tre funzioni:
-AMMINISTRATIVA (gestione economica e patrimoniale dell’intera struttura).
-TRATTAMENTO DEI DETENUTI (coordinando l’area educativo - trattamentale, l’attività di polizia
penitenziaria, il servizio medico -tossicologico, quello dei volontari).
-SICUREZZA (sia per eventuali fughe, sia per l’incolumità degli stessi detenuti e agenti). Cura i
collegamenti con la magistratura, in particolare con quella di sorveglianza. Decide inoltre assieme a
una commissione sul regolamento interno e può concedere l’art. 21 (lavoro esterno).
Area Sicurezza
Con il decreto legislativo 146/2000 è subentrata come responsabile la figura del commissario, che
ricopre il ruolo di comandante di reparto, ruolo al momento spesso svolto da ispettori superiori,
visto l’esiguo numero di persone a disposizione per ricoprirlo. Ha la funzione di tutelare la sicurezza
all’interno dell’istituto con il controllo e il sostegno degli agenti di Polizia Penitenziaria (es.
esecuzione di provvedimenti restrittivi, mantenimento dell’ordine, servizio di traduzione,
piantonamento di detenuti…).
La legge 395/90 attribuisce anche un ruolo non meramente custodiale al Corpo, per renderlo
partecipe del percorso trattamentale. Il comandante di reparto coordina gli ispettori, i
sovrintendenti, gli assistenti e gli agenti. All’ “area sicurezza” fa riferimento l’Ufficio Matricola,
ufficio nel quale vengono registrati gli atti legislativi inerenti all’iter processuale delle persone
detenute.
Area Pedagogica
L’area pedagogica fa capo alla figura del Responsabile di area che coordina:
- gli EDUCATORI (che si occupano del trattamento rieducativo del detenuto individuale o di
gruppo, coordinando la loro azione con quella di tutto il personale impegnato nelle attività che
concernono la rieducazione);
- gli ASSISTENTI SOCIALI del U.E.P.E. Ufficio di Esecuzione Penale Esterna, che è incaricato
dall’istituzione penitenziaria di raccogliere informazioni sull’ambiente familiare e sociale di
provenienza della persona detenuta per l’eventuale concessione delle misure alternative (agli stessi
viene affidata l’osservazione all’esterno del percorso trattamentale delle persone detenute affidate
e semilibere);
- gli PSICOLOGI (che svolgono attività di osservazione e trattamento mirate alla valutazione della
personalità e delle capacità di recupero del condannato);
- le ATTIVITÀ EDUCATIVE all’interno dell’istituzione (quindi scuola e corsi vari che vengono attivati);
- il VOLONTARIATO;
- i MEDIATORI CULTURALI, se presenti;
- i RELIGIOSI. Molto importante è la figura del cappellano, che arriva a conoscere personalmente
molti detenuti, supportandoli psicologicamente e materialmente. Nel carcere possono entrare
anche rappresentanti di altre religioni oltre alla cattolica, come preti ortodossi e iman mussulmani.
Il VOLONTARIATO, sia laico che cattolico, si occupa del sostegno materiale e morale dei detenuti,
organizza corsi, progetta interventi, segue le persone detenute in giornate di permesso e altro.
Gli INSEGNANTI quindi fanno riferimento al Responsabile di area, presentando eventuali
problematiche, aspetti positivi e negativi del percorso scolastico, progetti e idee nuove..
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Pag 3
Area Sanitaria
Tutte le persone detenute, anche stranieri, hanno diritto all’assistenza sanitaria nazionale completa
e gratuita.
Ogni istituto è dotato di servizio medico e farmaceutico, di uno o più ambulatori, di attrezzature
diagnostiche e cliniche, e il personale viene coordinato dal direttore sanitario; a parte alcune
rarissime eccezioni, medici ed infermieri non sono dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria,
ma liberi professionisti con convenzioni; non tutti gli istituti hanno la presenza continuativa nelle 24
ore di un medico (dipende dal numero di reclusi).
Le persone detenute per l quali non sia possibile prestare assistenza in istituto a causa della
tipologia della malattia vengono ricoverate nelle normali strutture ospedaliere. Secondo le
disposizioni vigenti, in ogni ospedale dovrebbero essere presenti stanze riservate al ricovero dei
detenuti, ma ciò si verifica in pochissime strutture, pertanto gli stessi sono ospitati nelle corsie
ordinarie.
Un ruolo molto importante (soprattutto sulla base della tipologia dei reati, ascrivibili in buona
percentuale alla tossicodipendenza e a reati connessi con questa) viene svolto dal Ser.T (Unità
Funzionale Carcere), il servizio tossicologico del dipartimento delle dipendenze dell’ULS, composto
da medici, infettivologi, psicologi, educatori, infermieri. Il servizio prende in carico chiunque soffra
degli effetti di qualsiasi dipendenza (eroina, cocaina, farmaci, alcool), pianificando eventuali misure
alternative al carcere come l’inserimento in comunità terapeutiche o in cooperative di lavoro.
Area Amministrativo-Contabile
Ad essa è affidata l’amministrazione economica dell’istituto e l’organizzazione e a gestione in
genere di tutto il personale, sia dipendente che a contratto.
Ministero della Giustizia; Uffici e Tribunali di Sorveglianza, Uffici per
l’Esecuzione Penale Esterna
DAP - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria
Direzione Generale dei detenuti e del trattamento - Ufficio I
(Competente per i trasferimenti in ambito nazionale)
Largo Luigi Daga, 2 - 00164 Roma
Tel. 06.665911 - Fax 06.66165680
Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria per il Triveneto
(Competente per i trasferimenti nell’ambito del Triveneto)
Piazza Castello, 12 - 35014 Padova
Direttore: Felice Bocchino
Tel. 049.8242111 - Fax 049.8242154
Tribunale di Sorveglianza di Venezia
Via delle Messi - 30170 Venezia
Tel. 041.5298011 - Fax 041.5298009
Ufficio di Sorveglianza di Padova
Via Nicolò Tommaseo, 55 - 35131 Padova
Tel. 049.82361558 - Fax 049.8236148
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Ufficio di Sorveglianza di Verona
Corte Giorgio Zanconati, 1 - 37100 Verona
Tel. 045.8084011 - Fax 045.8007140
UEPE Padova
Viale della Navigazione Interna, 38/a - 35129 Padova
Tel. 049.7811911 - Fax 049.8076902
UEPE Venezia
Piazzetta Cesare Battisti, 17 - 30172 Venezia
Tel. 041.958266/958018 - Fax 041.958802
UEPE Verona
Via Don Tazzoli, 3 - 37121 Verona
Tel. 045.8003831 - Fax 045.8030758
UEPE Verona sede di Vicenza
Via Mercato Nuovo, 44/G 36100 - Vicenza
Tel. 0444 - 965522 fax: 0444 - 291429
Tribunali Penali
Bassano del Grappa
Via Marinali, 32 - 36061 Bassano del Grappa (VI)
Tel. 0424.528437 - Fax 0424.524839
Belluno
Via G. Segato - 32100 Belluno
Tel. 0437.947111 - Fax 0437.940971
Padova
Via Nicolò Tommaseo, 55 - 35121 Padova
Tel. 049.8236191 - Fax 049.8236214
Rovigo
Via G. Verdi, 2 - 45100 Rovigo
Tel. 0425.24504 - Fax 0425.23130
Treviso
Viale Verdi, 18 - 31100 Treviso
Tel. 0422.418111 - Fax 0422.418351
Venezia
Fabbriche Vecchie e Nuove - San Polo, 119 - 30100 Venezia
Tel. 041.2402375 - Fax 041.2402195
Verona
Corte Giorgio Zanconati, 1 - 37122 Verona
Tel. 045.8084011 - Fax 045.8010423
Vicenza
Contrà S. Corona, 26 - 36100 Vicenza
Tel. 0444.398111 - Fax 0444.398202
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I colloqui: documenti necessari
Alle persone detenute spettano sei colloqui visivi al mese, della durata di un’ora ciascuno, con
famigliari o conviventi. I colloqui possono durare anche più di un’ora: se non si fa colloquio spesso,
o se i parenti arrivano da lontano, quando questi ultimi arrivano all’ingresso del carcere possono
chiedere di riunire più ore, previste nel mese, in un solo colloquio.
In considerazione del fatto che i giorni e gli orari dei colloqui variano a seconda dell’assegnazione
alle diverse sezioni di alcune “tipologie” di detenuti, è opportuno che i famigliari chiedano
preventivamente in quale sezione si trova la persona che si desidera incontrare.
Per i cittadini italiani è sufficiente presentarsi al carcere con la carta d’identità e con uno stato di
famiglia dal quale sia rilevabile il grado di parentela con la persona detenuta, oppure con il
“certificato” che attesti la convivenza con la persona che si vuole incontrare, che si può richiedere
al Comune di residenza di chi si reca a colloquio.
I cittadini stranieri, invece, devono produrre la documentazione, rilasciata dal Paese di origine e
debitamente tradotta, attestante la parentela con la persona che si vuole incontrare.
Inoltre, i cittadini stranieri non comunitari potranno essere ammessi ai colloqui soltanto se in
possesso del permesso di soggiorno oppure del “visto di ingresso” nel territorio dello Stato italiano.
I colloqui “possono” essere consentiti anche con altre persone diverse dai famigliari o conviventi.
La persona detenuta deve fare richiesta, specificando i motivi per i quali richiede il colloquio,
tramite un’apposita domanda da rivolgere al direttore, indicando anche i dati anagrafici completi di
chi vuole incontrare. Solo alla fine dei controlli che verranno svolti dalla direzione del carcere, che
a volte comportano tempi abbastanza lunghi - anche un paio di mesi - verrà notificata alla persona
detenuta l’autorizzazione oppure il diniego ai colloqui. Una regola generale per tutti i colloqui è che
potranno essere presenti al massimo tre persone oltre al detenuto, anche se sono previste
eccezioni qualora ci siano bambini piccoli.
Le telefonate
Una volta alla settimana le persone detenute hanno diritto a telefonare ai propri familiari e
conviventi per la durata di dieci minuti - ma soltanto su utenza fissa e non verso i cellulari sempre dopo aver ottenuto la necessaria autorizzazione, che va chiesta dalla persona ristretta
all’autorità competente. A seconda della nazionalità del richiedente - per gli stranieri la procedura è
più lunga e difficoltosa - possono essere necessari diversi giorni prima di essere autorizzati.
Qualora il numero che si vuole chiamare risulti “riservato” - e cioè non sia rintracciabile sull’elenco
telefonico né tramite il gestore di telefonia che ha in carico l’abbonamento - al fine di velocizzare la
concessione dell’autorizzazione è preferibile allegare, limitatamente alla prima richiesta, una
bolletta telefonica dalla quale risulti il nome dell’intestatario dell’utenza.
Colloqui con “terze persone”
Le eventuali richieste a telefonare a terze persone, cioè diverse dai famigliari e conviventi,
potranno essere autorizzate per comprovati motivi.
I condannati per i reati previsti dal primo comma dell’articolo 4-bis dell’Ordinamento penitenziario
(ad esempio associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona a scopo di
estorsione, associazione dedita al traffico internazionale di stupefacenti e altro) hanno diritto
solamente a quattro colloqui e a due telefonate ogni mese. In questi casi, se si ha comunque la
necessità di avere ulteriori colloqui, la persona detenuta può farne richiesta al direttore dell’istituto,
specificando bene i motivi che potrebbero essere, ad esempio, il favorire il mantenimento dei
rapporti con la famiglia.
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Consegna “pacchi”
Le persone detenute possono ricevere al massimo quattro pacchi al mese, portati dalle persone
ammesse ai colloqui o ricevuti per posta o corriere, contenenti un numero limitato di generi
alimentari, vestiario e lenzuola personali, per un peso complessivo di 20 chilogrammi. Ogni plico
postale, contenente qualsiasi oggetto diverso dal materiale didattico, verrà contato (e pesato)
come pacco.
Le persone detenute possono ricevere libri, riviste e altro materiale didattico anche in eccesso al
peso previsto. Abiti e scarpe imbottiti potrebbero non essere ammessi, perché di difficile controllo
o perché non consentiti.
In ogni carcere esiste una lista, denominata “mod. 176 bis”, che è appesa all’ingresso della zona
colloqui e che elenca tutto ciò che si può ricevere tramite pacco e quello che, invece, non è
consentito. Inoltre, quando si arriva a colloquio, è preferibile che il materiale che si vuole
consegnare alla persona detenuta sia contenuto in una o più borse “semplici” e senza imbottiture,
ad esempio in tela, in modo che siano controllabili agevolmente.
Il denaro può essere inviato alle persone ristrette tramite conto corrente, oppure si può depositare
sul “conto” personale dei detenuti ogni qualvolta ci si reca a colloquio.
Quest’ultima operazione si effettua all’ingresso del carcere, all’apposito “sportello”, indicando il
nome del detenuto per il quale si intende depositare il denaro. Non si possono inviare somme di
denaro tramite lettera.
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SECONDA PARTE
Leggi di maggiore interesse penitenziario
Il Patrocinio a spese dello Stato (Gratuito Patrocinio)
I cittadini italiani o stranieri, in possesso di valido documento di identità, possono essere ammesso
al patrocinio a spese dello Stato e ottenere così di non pagare il difensore e le spese riguardanti il
proprio processo, come quelle per consulenti tecnici ed investigatori.
Per essere ammessi al gratuito patrocinio è necessario avere un reddito familiare inferiore a
10.628,16 Euro all’anno, reddito risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi.
Questo limite aumenta di 1.032,91 Euro per ogni famigliare convivente. Sono esclusi dal gratuito
patrocinio gli imputati e i condannati per il reato di evasione fiscale. Per avere il gratuito patrocinio
è necessario presentare una richiesta tramite il Direttore del carcere, che autentica la sua firma e
trasmette l’istanza al Giudice competente.
L’istanza deve contenere:
• l’indicazione delle generalità del richiedente e quelle di tutti i membri della sua famiglia
anagrafica;
• il codice fiscale di tutti;
• l’autocertificazione attestante la sussistenza delle condizioni di reddito, con specifica
indicazione del reddito complessivo del richiedente e degli eventuali altri componenti la
famiglia anagrafica.
Il richiedente deve inoltre impegnarsi a comunicare, entro trenta giorni dalla scadenza del termine
di un anno dalla presentazione dell’istanza, e fino a che il procedimento non sia definito, eventuali
variazioni di reddito rilevanti ai fini del beneficio.
Il richiedente straniero deve allegare all’autocertificazione sui redditi prodotti all’estero una
certificazione dell’Autorità Consolare, che confermi le sue dichiarazioni.
Il detenuto straniero può produrre il certificato dell’Autorità Consolare anche entro venti giorni
dalla presentazione dell’istanza (anche tramite il difensore o un proprio familiare).
Nel caso di impossibilità a produrre tale certificato, lo stesso può essere sostituito da una
autocertificazione.
Per quanto riguarda i redditi prodotti in Italia, basta la dichiarazione, anche se il Giudice può
chiedere di produrre i documenti che ne comprovino la consistenza: in caso di impossibilità a
produrre tale documentazione si può sostituirla con l’autocertificazione.
Cause giuridiche della restrizione in carcere prima della sentenza definitiva
È possibile essere messi in carcere anche prima di essere condannati con sentenza definitiva. La
restrizione in carcere può avvenire in casi di urgenza, senza l’intervento di un Magistrato, che
dovrà poi convalidare la misura, ovvero in caso di:
• arresto in flagranza del reato
• fermo di indiziato di delitto
oppure in caso di
• esecuzione di un’Ordinanza di custodia cautelare del Giudice.
Nei primi due casi il Giudice deve incontrare la persona entro 96 ore: o convaliderà l’arresto o il
fermo, oppure dispone che la persona venga rimessa in libertà.
Nel terzo caso il Giudice dovrà interrogare la persona entro cinque giorni. (Se si trova già in
custodia cautelare, il P.M. può interrogarla solo dopo che l’abbia interrogata il G.I.P.)
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Pag 8
La custodia cautelare è una misura cautelare che può essere applicata solo nei seguenti casi
("esigenze cautelari"):
• rischio di reiterazione del reato;
• concreto pericolo di fuga;
• rischio di inquinamento delle prove.
I termini massimi di durata della custodia cautelare sono di 3, 6 mesi o un anno (a seconda della
gravità del reato) a partire dal giorno dell’arresto fino al rinvio a giudizio (udienza preliminare).
(Per casi complessi e reati gravi i termini possono essere sospesi, durante lo svolgimento dei
processi, e prorogati, anche più volte).
Il tetto massimo della custodia cautelare, tenuto conto di tutte le fasi e le possibili proroghe e
sospensioni, non può superare i 2, 4 o 6 anni, a seconda della gravità del reato, dall’arresto alla
sentenza definitiva.
L’Ordinanza che dispone la custodia cautelare può essere impugnata presentando un’istanza al
Tribunale della Libertà entro dieci giorni dal momento in cui le è stata notificata.
Il processo e le varie forme di giudizio
Il giudizio abbreviato
All’udienza preliminare, invece di rinviare la persona a giudizio, il G.U.P. (Giudice Udienza
Preliminare) può decidere e chiudere subito il processo: in tal caso, la pena è diminuita di un terzo.
Il rito abbreviato bisogna chiederlo al G.U.P.: se il giudice ritiene di possedere abbastanza elementi
per decidere immediatamente, consentirà la celebrazione del rito abbreviato. Il giudizio abbreviato
può essere applicato anche ai reati che prevederebbero la pena dell’ergastolo senza isolamento
diurno.
Il "patteggiamento" (applicazione della pena su richiesta delle parti)
È l’accordo, tra l’imputato e il P.M., sulla pena da infliggere. Il patteggiamento è possibile quando,
tenuto conto delle attenuanti e della diminuzione per il rito, la pena non supera i due anni; deve
essere richiesto all’udienza preliminare: non è possibile proporlo al dibattimento.
Citazione diretta davanti al Giudice Monocratico
Per i reati per i quali non è prevista l’udienza preliminare, il rito abbreviato ed il patteggiamento
possono essere richiesti all’udienza dibattimentale, prima che inizi il dibattimento.
Il giudizio direttissimo
Quando c’è stato l’arresto in flagranza di reato, se non sono necessarie ulteriori indagini, entro 48
ore dall’arresto il P.M. può chiedere che si proceda, oltre che alla convalida dell’arresto, anche al
giudizio direttissimo. Se l’arresto è già stato convalidato, o in caso di confessione, il P.M. può
procedere a giudizio direttissimo entro 30 giorni:
• dall’arresto, nel primo caso;
• dall’iscrizione nel registro delle notizie di reato, nel secondo caso.
Durante questa fase la persona può chiedere, se ha interesse, il rito abbreviato o il
patteggiamento. In ogni caso può chiedere un termine, per preparare la difesa, non superiore a
dieci giorni.
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Pag 9
Il giudizio immediato
Se la prova appare evidente il P.M. può chiedere al G.I.P. il giudizio immediato entro 90 giorni
dall’iscrizione nel registro delle notizie di reato. Il decreto del G.I.P che dispone il giudizio
immediato deve essere notificato almeno 30 giorni prima della data del processo.
Entro 15 giorni dalla notifica del decreto che dispone il giudizio immediato, l’imputato può chiedere
il giudizio abbreviato o il patteggiamento. Trascorso questo termine non è più possibile chiedere né
abbreviato né patteggiamento.
Il giudizio ordinario (è la forma normale di celebrazione del processo)
Viene celebrato davanti al Tribunale, che può essere composto, a seconda dei casi, da uno o da
più giudici nella data che è stata fissata dal G.U.P. alla fine dell’udienza preliminare, o a seguito di
citazione diretta del P.M. per tutti quei reati nei quali non è prevista l’udienza preliminare. Iniziata
l’udienza, il P.M. e i difensori chiedono l’ammissione delle prove.
Vengono interrogati prima i testimoni contro l’imputato, poi quelli a favore dell’imputato. Se vuole
può chiedere di essere esaminato, o accettare il suo esame, se richiesto dal P.M. In questo caso,
dovrà rispondere alle domande dell’accusa, della difesa, ed eventualmente del Giudice. Può
comunque, in qualsiasi momento del processo, anche prima che il Giudice si ritiri per decidere, fare
delle dichiarazioni spontanee.
Terminata l’acquisizione delle prove inizia la discussione, che si concluderà con la sentenza.
Può impugnare le sentenze del rito ordinario e di quello abbreviato presentando appello alla Corte
d’Appello competente (la dichiarazione scritta di appello, a pena di inammissibilità, deve indicare il
provvedimento impugnato e la sua data, il Giudice che lo ha emesso, e i motivi di impugnazione)
oppure può fare ricorso alla Corte di Cassazione; quando c’è stato un patteggiamento è
possibile unicamente il ricorso alla Corte di Cassazione. I termini per presentare l’impugnazione
possono essere di 15, 30, 45 giorni, a seconda dei casi:
• 15 giorni, quando la motivazione della sentenza è stata letta immediatamente alla
conclusione del giudizio;
• 30 giorni, quando la motivazione della sentenza è stata depositata entro 15 giorni dalla
conclusione del giudizio;
• 45 giorni, quando la motivazione della sentenza è stata depositata oltre il quindicesimo
giorno dalla conclusione del giudizio.
I benefici penitenziari e le misure alternative alla detenzione
I permessi premio
Sui permessi decide il Magistrato di Sorveglianza. La persona detenuta può avere al massimo 45
giorni di permesso all’anno (massimo 15 giorni di seguito). Per ottenerli è importante il parere
favorevole del Direttore ed una relazione dell’equipe che li preveda nell’ipotesi trattamentale (a
conclusione del documento della "sintesi"). Inoltre la condanna deve essere definitiva e deve
essere scontata per almeno un quarto, se relativa a reati non gravi. Se, invece, la persona è stata
condannata per rapina, estorsione, omicidio, etc. può avere i permessi premio solo dopo aver
scontato metà della pena (ma, comunque, non oltre i dieci anni).
Per la pena non superiore ai tre anni, non è previsto un periodo minimo di pena da scontare per
ottenere il permesso.
CARITAS DIOCESANA VICENTINA - Contrà Torretti, 38 - 36100 VICENZA - tel. 0444/304986 - fax 0444-304990
c.f. 95002320240 - www.caritas.vicenza.it - [email protected]
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Non possono essere concessi permessi nei seguenti casi:
• per due anni, a coloro che sono imputati o condannati per un reato doloso commesso
mentre scontavano la pena;
• per 3 anni, ai condannati ai reati gravi (rapina, estorsione, omicidio, etc.) che sono evasi o
per chi ha avuto la revoca di una misura alternativa;
• per 5 anni, ai condannati per reati gravi (rapina, estorsione, omicidio, etc.) nei cui confronti
si proceda o sia pronunciata condanna per un delitto doloso punito con la pena della
reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, commesso durante il lavoro esterno, un
permesso premio, una misura alternativa o durante un’evasione.
La liberazione anticipata
Ogni sei mesi di detenzione, la persona detenuta può avere una riduzione di 45 giorni sulla pena
che le rimane da scontare se ha:
• mantenuto "regolare condotta"
• "partecipato all’opera di rieducazione",
La liberazione anticipata può essere ottenuta anche per i periodi trascorsi in custodia cautelare e
agli arresti domiciliari, ma deve essere chiesta soltanto dopo che la pena è diventata definitiva. La
richiesta, su apposito modulo, (disponibile presso la sezione) va rivolta al Magistrato di
Sorveglianza.
Il beneficio può essere revocato, nel caso la persona venga condannata per un delitto non colposo,
commesso prima di aver terminato di scontare la pena, anche in misura alternativa.
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 23.5.1995 ha stabilito che la liberazione
anticipata può essere revocata solo se la condotta della persona, in relazione alla condanna subita,
risulta incompatibile col beneficio concesso.
Il lavoro esterno (art. 21 O.P.)
Il Direttore del Carcere può dare alle persone detenute la possibilità di svolgere un lavoro
all’esterno, se la condotta regolare è inserita in un percorso trattamentale molto positivo e il
Gruppo di Osservazione ha formulato una proposta in tal senso.
"Lavorare all’esterno" significa essere avviati ad un’attività lavorativa fuori dell’Istituto, con la
sottoposizione a una serie di obblighi precisi, mantenendo altresì a tutti gli effetti la condizione di
detenuto.
Però, se la persona è stata condannata per un reato grave (rapina, estorsione, omicidio, etc.) può
essere ammessa al lavoro esterno solo dopo aver scontato un terzo della pena (comunque non
oltre cinque anni e dieci anni per i condannati all’ergastolo).
La semilibertà
È la possibilità di uscire dal carcere durante la giornata per svolgere una attività lavorativa, di
studio o di volontariato, rientrando poi in carcere la sera. Occorre osservare gli obblighi del
programma (orario di uscita e rientro, non allontanarsi dai luoghi indicati dal programma). Per
ottenere la semilibertà è necessario avere scontato metà della pena.
Nei casi in cui la persona potrebbe avere l’affidamento in prova ai servizi sociali (pena da scontare
non superiore ai tre anni) può essere ammesso alla semilibertà se il Tribunale ritiene che non ci
siano le condizioni per l’affidamento: in questo caso, non occorre aver scontato metà della pena.
Questa possibilità non è prevista per chi è stato condannato per reati particolarmente gravi (art. 4
bis O.P.: rapina aggravata, estorsione aggravata, traffico di stupefacenti aggravato, omicidio, etc.).
Inoltre per questi reati gravi la semilibertà si può ottenere solo se si è scontata la maggior parte
della pena (almeno i due terzi).
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Anche chi è stato condannato all’ergastolo può ottenere la semilibertà, ma deve avere scontato
almeno venti anni di pena. (Per calcolare quanta pena ha scontato, per richiedere la semilibertà,
aggiunga anche i giorni che ha avuto di liberazione anticipata).
L’affidamento in prova al servizio sociale
L’affidamento può essere richiesto mandando un’apposita istanza al Magistrato di Sorveglianza, il
quale può sospendere l’esecuzione della pena e scarcerare la persona che ne abbia fatto richiesta,
in attesa che il Tribunale di Sorveglianza prenda la decisione definitiva.
La sospensione della pena può essere concessa se il Magistrato ritiene che il richiedente abbia
buone probabilità di ottenere l’affidamento, che non ci sia pericolo di fuga e che la continuazione
della carcerazione costituisca un grave pregiudizio. Il Tribunale di Sorveglianza dovrebbe decidere
entro 45 giorni, a partire da quando gli perviene l’istanza, trasmessa dal Magistrato, ma tale
termine potrebbe non essere rispettato a causa del carico di lavoro dei Tribunali.
Anche se formalmente non è obbligatorio per la concessione dell’affidamento, però poi, di fatto, il
lavoro è un elemento indispensabile per ottenere l’affidamento in prova ai Servizi Sociali: quando si
propone l’istanza, perciò, è opportuno che allegare la documentazione relativa all’offerta di lavoro,
altrimenti le possibilità di averlo sono scarse.
Se l’istanza viene respinta la sospensione della pena è revocata e la persona deve tornare in
carcere, senza avere più la possibilità di chiederla nuovamente, nemmeno in relazione ad una
diversa misura alternativa. L’affidamento in prova al servizio sociale permette di scontare la pena
presso il proprio domicilio o in un luogo di accoglienza, ma è necessario il rispetto delle
prescrizioni imposte dal Tribunale di Sorveglianza.
Le prescrizioni più frequenti sono:
• non allontanarsi dal proprio comune o provincia, se non autorizzato dal Magistrato di
Sorveglianza;
• mantenere contatti quindicinali con l’Assistente sociale dell’U.E.P.E. (Ufficio Esecuzione
Penale Esterna);
• dedicarsi ad un lavoro stabile, oppure all’attività di volontariato o ancora ad attività
scolastiche o di formazione professionale;
• rispettare gli orari in cui dovrai rimanere presso la tua abitazione (di solito nelle ore
notturne);
• non frequentare pregiudicati;
• adoperarsi a favore delle vittime del reato.
L’affidamento può essere richiesto se rimane da scontare una pena compresa entro i tre anni.
In caso di condanna per associazione di stampo mafioso, sequestro di persona o associazione
finalizzata al traffico di stupefacenti l’affidamento può essere ottenuto soltanto in caso di
collaborazione con la giustizia.
In caso di condanna per rapina aggravata, estorsione aggravata, traffico di droga aggravato o
omicidio, l’affidamento può essere ottenuto soltanto se dalle informazioni del comitato provinciale
per l’ordine e la sicurezza pubblica non risultano elementi per far ritenere la sussistenza di
collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva.
Quindi, avere una positiva relazione "di sintesi" del Gruppo di Osservazione e rientrare nel limite di
pena previsto non basta per ottenere l’affidamento: è necessario corredare la richiesta con una
documentazione che dia garanzie sull’occupazione che la persona andrà a svolgere una volta
scarcerata:
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•
una richiesta di assunzione, fatta da un datore di lavoro in possesso della necessaria
affidabilità;
• oppure l’iscrizione ad una scuola, ad un corso professionale, ad una attività di volontariato,
etc.
Inoltre, in relazione a tutte le misure alternative (affidamento, semilibertà, detenzione domiciliare)
se non vengono rispettate le prescrizioni la misura alternativa può essere sospesa dal
Magistrato di Sorveglianza, il che comporta il rientro (provvisorio) in carcere.
Il Tribunale di Sorveglianza deciderà se revocare o meno la misura entro trenta giorni.
In caso di revoca, per tre anni non si potrà più richiedere alcun beneficio, neppure i permessi
premio. Infine, il Tribunale di Sorveglianza valuterà quanta parte del periodo trascorso in
affidamento possa essere considerato come pena espiata.
L’affidamento in prova in "casi particolari" (per tossicodipendenti e alcooldipendenti)
Se la pena, o il residuo della pena, è inferiore ai quattro anni ed è in corso un programma di
recupero dalla tossicodipendenza, oppure se la persona intende sottoporsi a questo programma,
può essere richiesto l’affidamento ai servizi sociali, per proseguire o intraprendere all’esterno il
programma.
Il programma di recupero deve essere concordato con gli operatori del Ser.T. (Servizio
Tossicodipendenze dell’A.S.L.).
La richiesta di ammissione all’affidamento va rivolta alla Procura della Repubblica che ha emesso
l’ordine di esecuzione della pena e deve essere accompagnata, a pena di inammissibilità, da una
certificazione, rilasciata da una struttura sanitaria pubblica, attestante lo stato di tossicodipendenza
o alcooldipendenza, il programma terapeutico da seguire e l’attestazione di idoneità dello stesso ai
fini del recupero.
L’ammissione alle misure alternative per condannati affetti da A.I.D.S. conclamata o da
grave deficienza immunitaria (Art. 47 quater O.P., introdotto dalla Legge n° 231/99)
A norma dell’art. 47 quater O.P. i condannati affetti da A.I.D.S. conclamata o da grave deficienza
immunitaria, i quali intendono intraprendere un programma di cura e assistenza, possono essere
ammessi all’affidamento in prova o alla detenzione domiciliare, qualsiasi sia la pena da scontare.
L’istanza deve essere corredata da certificato medico rilasciato dal servizio sanitario pubblico
competente, o dal servizio sanitario penitenziario che attesti le condizioni di salute e l’attuabilità del
programma di cura e assistenza presso strutture ospedaliere o altre strutture impegnate secondo i
piani regionali nella assistenza ai casi di AIDS. Le prescrizioni che riguardano la misura alternativa
conterranno anche quelle inerenti le modalità di esecuzione del programma di cura e assistenza.
La detenzione domiciliare
La detenzione domiciliare può essere chiesta quando la pena residua da scontare è compresa
entro i quattro anni. A tale beneficio possono ricorrere:
• le donne incinte o madri di bambini di età inferiore a dieci anni con esse conviventi;
• i padri di bambini di età inferiore a dieci anni con essi conviventi, quando la madre sia
deceduta o altrimenti impossibilitata ad assistere i figli;
• le persone in condizioni di salute particolarmente gravi, tali da richiedere costanti contatti
con i presidi sanitari presenti sul territorio;
• le persone di età superiore ai sessant'anni, se inabili, anche parzialmente;
• le persone di età inferiore ai ventun'anni, in presenza di comprovate esigenze di salute, di
studio, di lavoro e di famiglia.
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Se la pena residua da scontare non è superiore ai due anni, si può ottenere la detenzione
domiciliare se:
• non ricorrono i presupposti per concedere l’affidamento in prova al servizio sociale;
• il Tribunale ritiene che durante il periodo in detenzione domiciliare la persona non
commetterà altri reati;
• il reato per cui è stato condannato non è tra quelli compresi nell’art. 4 bis O.P..
L’istanza va rivolta al Magistrato di Sorveglianza.
In queste due ipotesi (pena non superiore ai quattro anni nelle particolari situazioni sopra descritte
e pena non superiore ai due anni) il Magistrato di Sorveglianza può applicare provvisoriamente la
misura, in attesa della decisione del Tribunale di Sorveglianza.
La detenzione domiciliare può essere concessa anche quando la persona si trova in una delle
condizioni che causano:
1. il differimento obbligatorio della pena (il giudice è tenuto a rimandare l’esecuzione della
pena)
• donna incinta;
• madre con figlio di età inferiore ad un anno;
• malato di AIDS o qualsiasi malattia particolarmente grave ed incompatibile con lo stato
di detenzione)
2. il differimento facoltativo della pena (il giudice può, a sua discrezione, rimandare la pena)
• presentazione di domanda di grazia;
• persona con grave infermità fisica;
• madre con figli di età inferiore a tre anni).
3. In questi casi, indipendentemente dall’entità della pena da scontare, la detenzione
domiciliare può essere concessa, per un periodo determinato e prorogabile.
4. La richiesta di "sospensione dell’esecuzione della pena" va rivolta al Magistrato di
Sorveglianza.
5. Se la persona si allontana dal luogo di detenzione domiciliare (abitazione privata o altra
struttura) commette il reato di evasione, e ciò comporterà la revoca di questo beneficio.
La legge n. 199/2010 (c.d. svuotacarceri)
La l. 26 novembre 2010 n. 199 cosiddetta “Svuotacarceri” è intitolata “Disposizioni relative
all’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno”.
Il provvedimento riguarda come era accaduto per l’indulto (e per l’‘indultino’ del 2003), due
categorie di persone:
1) condannati a pena detentiva in attesa di esecuzione della pena;
2) condannati a pena detentiva che stanno scontando la pena in carcere:
Nella prima ipotesi, la pena da eseguire non deve eccedere l’anno (la pena inflitta potrebbe anche
essere superiore: ad esempio quando la persona, avendo commesso il reato prima del 2 maggio
2006, abbia fruito dell’indulto in base alla legge n. 241 del 2006 o al caso in cui sia stato
sottoposto a custodia cautelare in carcere); nella seconda ipotesi, il limite massimo di un anno
riguarda la pena residua. Per l’una e per l’altra categoria di soggetti, si prevede che, in presenza di
alcune condizioni, la pena sia eseguita nel domicilio del condannato.
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Legge 17 febbraio 2012 n. 9 - pubblicata sulla “Gazzetta Ufficiale” del 20 febbraio 2012
n.42 - all’originario articolato del Dl 211/11, “Interventi urgenti per il contrasto della
tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”.
La legge mira a contrastare il sovrappopolamento degli istituti penitenziari e, per l'anno 2011,
autorizza la spesa di euro 57.277.063 per l'adeguamento, il potenziamento e la messa a norma
delle infrastrutture penitenziarie. Il provvedimento prevede inoltre l'innalzamento da dodici a
diciotto mesi della pena detentiva che la persona può scontare presso il domicilio anziché in
carcere, permettendo quindi di applicare la detenzione presso il domicilio introdotta dalla Legge 26
novembre 2010, n. 199 ("sfolla carceri") ad un maggior numero di detenuti. La detenzione presso
il domicilio non é applicabile quando:
- la persona è stata condannata per delitti gravi (terrorismo, mafia, traffico di stupefacenti,
omicidio, violenza sessuale di gruppo);
- la persona è stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza;
- la persona è sottoposta al regime di sorveglianza particolare;
- nei casi di concreta possibilità che la persona condannata possa darsi alla fuga;
- in presenza di specifiche e motivate ragioni per ritenere che la persona possa commettere
altri delitti;
- il domicilio non sia effettivo o comunque idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela
delle persone offese dal reato.
In sostanza il provvedimento introduce due modifiche nell'art. 558 del codice di procedura
penale.
Con la prima si prevede che, nei casi di arresto in flagranza, il giudizio direttissimo debba
essere necessariamente tenuto entro e non oltre, le quarantotto ore dall'arresto, non essendo
più consentito al giudice di fissare l'udienza nelle successive quarantotto ore.
Con la seconda modifica viene introdotto il divieto di condurre in carcere le persone arrestate
per reati di non particolare gravità, prima della loro presentazione dinanzi al giudice per la
convalida dell'arresto e il giudizio direttissimo. In questi casi la persona arrestata dovrà essere, di
norma, custodita dalle forze di polizia, salvo che ciò non sia possibile per mancanza di adeguate
strutture o per altri motivi, quali lo stato di salute dell'arrestato o la sua pericolosità. In tali casi, il
pubblico ministero dovrà adottare uno specifico provvedimento motivato.
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TERZA PARTE
Gestione dei rapporti economici con le istituzioni
La multa e l’ammenda (la conversione in libertà controllata o in lavoro socialmente utile)
Le pene pecuniarie possono chiamarsi "multe" o "ammende". Vengono stabilite al termine di un
processo e possono accompagnare la condanna alla detenzione, oppure costituire l’unica sanzione
inflitta. Molti reati prevedono sia la pena detentiva sia quella pecuniaria. Per esempio, per i reati di
droga e di contrabbando, sono previste multe molto severe.
Ma queste pene possono essere inflitte anche se si fa un ricorso in Cassazione e questo viene
riconosciuto infondato (dichiarato inammissibile).
Quando la persona condannata non è nelle condizioni economiche per pagare, multe e
ammende vengono convertite d’ufficio in una pena sostitutiva, che consiste nella libertà
controllata.
Ogni quota di 38,73 Euro, della pena pecuniaria non pagata, sarà sostituita con un giorno di libertà
controllata, o di lavoro socialmente utile, la cui durata non potrà comunque superare:
• 1 anno, se si sostituisce una multa;
• 6 mesi, se si sostituisce una ammenda.
La libertà controllata dovrà essere scontata al termine della detenzione e comporta alcuni obblighi
e divieti, che vengono decisi dal Magistrato di Sorveglianza: presentarsi tutti i giorni in caserma,
non uscire dal comune di residenza, etc. (Esiste la possibilità di far cessare in qualsiasi momento la
pena sostitutiva, pagando la multa o l’ammenda dovuta).
Se non si rispettano tutte le prescrizioni della libertà controllata o del lavoro socialmente utile, che
saranno indicate dal giudice, i giorni rimanenti della pena, così sostituita, saranno scontati in
carcere.
La sostituzione della pena pecuniaria con la libertà controllata o il lavoro socialmente utile obbliga
gli stranieri, anche se la sentenza di condanna prevede l’espulsione dal territorio italiano, a
soggiornare in Italia fino al termine della pena sostitutiva.
Se la persona intende pagare, anziché scontare la pena sostitutiva, ma al momento non ha soldi a
sufficienza per farlo, può chiedere di pagare a rate quanto è dovuto, rivolgendo un’apposita istanza
al Magistrato di Sorveglianza. Ogni rata non potrà, comunque, essere di importo inferiore ai 15,49
Euro e le rate possono essere, al massimo, trenta. Si può anche chiedere di rimandare il
pagamento per sei mesi, ulteriormente prorogabili, se si prevede di avere, in quel momento, il
necessario per versare la somma dovuta.
N.B. Per queste pene pecuniarie (multe e ammende) non è possibile chiedere, in nessun caso, la
remissione del debito.
Le spese processuali e di mantenimento in carcere
Se la persona ha una condanna definitiva (cioè verso la quale non è possibile ricorrere in Appello o
in Cassazione), è tenuto a pagare le spese del processo e quanto spetta all’avvocato (se non era
stato ammesso al gratuito patrocinio).
Alla persona condannata viene anche richiesto il pagamento di una quota per il mantenimento in
carcere, attualmente fissata in circa 1,80 Euro per ogni giorno di detenzione. Questa somma
comprende il costo dei pasti e quello dell’uso del corredo personale, fornito dall’amministrazione
penitenziaria (materasso, lenzuola, piatti, posate, etc.).
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Per la copertura di queste spese, la persona risponde con tutti i beni mobili e immobili che
possiede (eccetto una parte della retribuzione del lavoro, anche se svolto in carcere, e della
pensione, che non possono essere pignorati).
In caso di difficoltà economiche, si può chiedere che le spese processuali e di mantenimento
siano rimesse, cioè condonate. (Oltre ad essere in difficoltà economiche, è necessario che la
persona abbia tenuto una buona condotta durante la detenzione).
Per chiedere la remissione del debito è necessario presentare un’apposita richiesta al Magistrato di
Sorveglianza.
La domanda di remissione del debito, va presentata non appena si riceve l’avviso di pagamento e
comporta la provvisoria sospensione della procedura per il recupero delle somme dovute.
Quando terminerà la pena, il Magistrato di Sorveglianza valuterà se la persona si trova nelle
condizioni per ottenere la remissione effettiva del debito.
Se la richiesta verrà accolta, la persona non sarà più tenuta a pagare queste spese eccettuate le
spese di mantenimento solamente per i mesi di detenzione in cui ha lavorato, infatti, le persone
che hanno una condanna definitiva ricevono uno stipendio per il lavoro effettuato in carcere che
verrà però suddiviso tra il fondo disponibile (quattro quinti) e il fondo vincolato (un quinto).
I soldi del fondo vincolato verranno dati quando finisce la pena ma, in caso di necessità, si può
chiederne lo svincolo utilizzando l’apposito modulo, disponibile in sezione.
Nel modulo è necessario specificare il motivo della richiesta, che verrà accettata solo in presenza di
motivi particolari e sempre che il bisogno non possa essere soddisfatto dal fondo disponibile.
Il risarcimento del danno
Quando il reato per il quale vi è stata una condanna ha causato danni ad altre persone e queste si
sono costituite al processo come parte offesa, la persona condannata deve risarcirle. La somma
per il risarcimento, stabilita dal giudice, può essere recuperata con la vendita di beni, oppure con
trattenute sulla retribuzione, fino a un massimo dei due quinti (incluse le spese di mantenimento).
Così come le pene pecuniarie, anche queste somme, dovute per il risarcimento del danno, non
possono essere rimesse (condonate).
N.B. Il pagamento delle multe, delle spese processuali e di mantenimento e di eventuali
risarcimenti (per chi si trova nelle condizioni economiche per effettuarlo) costituisce un requisito
necessario per ottenere la liberazione condizionale, la grazia e la riabilitazione.
L’iscrizione al Collocamento (Sezione Circoscrizionale per l’Impiego)
Chi cerca un lavoro deve iscriversi nelle liste dei disoccupati, rivolgendo la richiesta alla Sezione
Circoscrizionale per l’Impiego della Provincia dove si trova detenuto. La domanda di iscrizione può
essere inviata per posta, allegando:
• l’apposito modulo di iscrizione, con firma autenticata dal Direttore del carcere (il modulo
deve richiederlo alla Sezione stessa);
• il certificato di detenzione;
• il libretto di lavoro.
Il libretto di lavoro verrà poi restituito. Entro il 30 novembre di ogni anno bisogna chiedere il
rinnovo dell’iscrizione, altrimenti il nominativo verrà cancellato dalle liste dei disoccupati; si può
però richiedere l’esonero dal rinnovo annuale, segnalando il perdurare dello stato di detenzione.
A fine pena è possibile recuperare l’anzianità di disoccupazione maturata, presentandosi al
Collocamento muniti di certificato attestante il periodo di detenzione, rilasciato dalla direzione del
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carcere. Chi possiede una qualifica (acquisita portando a termine un corso), può richiedere che
venga registrata sul libretto di lavoro, allegando copia degli attestati rilasciati dagli enti di
formazione professionale riconosciuti.
Il libretto di lavoro va richiesto al Comune di residenza, anche per posta e, in caso di smarrimento,
si può chiederne un duplicato, allegando la denuncia di smarrimento.
L’indennità di disoccupazione
Si tratta di un contributo temporaneo, corrispondente al 30 % del salario mensile, che viene
liquidato dall’I.N.P.S., e ne esistono due tipi: ordinaria e ridotta.
L’ordinaria spetta a chi ha lavorato per almeno 52 settimane nell’ultimo biennio ed è iscritto da
almeno due anni alla Previdenza sociale. Il termine della presentazione delle domande scade il 68°
giorno dal licenziamento, o al 98° dalle dimissioni.
L’indennità ridotta spetta a tutti i lavoratori stagionali e precari, quali sono in massima parte anche
i detenuti: occorre aver lavorato almeno 78 giornate effettive nell’anno solare, sempre con almeno
due anni di iscrizione all’I.N.P.S.
Questa domanda si presenta entro il 31 marzo dell’anno immediatamente successivo a quello di
lavoro, e non occorre essere disoccupati al momento in cui si fa la domanda.
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Vademecum per famigliari e volontari
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QUARTA PARTE
Le parole del carcere
È importante sapere, per chi entra in carcere, che gli interlocutori non sono né “agenti di
custodia”, né “guardie”, né tantomeno “secondini”. Sono “agenti di Polizia Penitenziaria”.
I molti nomi delle “carceri”
Carcere (o Istituto Penitenziario)
È il nome generico con il quale si indicano gli istituti di custodia preventiva, quelli per l’esecuzione
delle pene e quelli per l’esecuzione delle misure di sicurezza.
Casa Mandamentale
Istituti, ormai quasi tutti dismessi, nei quali sono detenute le persone in attesa di giudizio per reati
lievi, o condannate alla pena dell’arresto fino a un anno.
Casa Circondariale
Sono gli istituti più diffusi, presenti praticamente in ogni città sede di Tribunale. Vi sono detenute
le persone in attesa di giudizio e quelle condannate a pene inferiori ai cinque anni (o con un
residuo di pena inferiore ai cinque anni).
Casa di Reclusione (o Casa Penale)
Sono gli istituti adibiti all’espiazione delle pene. In molte Case Circondariali c’è una “Sezione Penale” e, in
alcune Case di Reclusione, c’è una “Sezione Giudiziaria” destinata alle persone in attesa di giudizio.
Carcere “Speciale” (o “Supercarcere”)
Istituti costruiti all’epoca del terrorismo e poi destinati anche ai detenuti della criminalità di tipo
mafioso. Oggi non esistono più carceri interamente riservate a questi detenuti, perché negli ultimi
anni è aumentata la presenza di condannati per reati di microcriminalità e tutti gli spazi disponibili
sono stati occupati. Le vere “Supercarceri”, pertanto, non esistono più.
Ospedale Psichiatrico Giudiziario (O.P.G.)
In questi istituti si trovano sia internati sia detenuti inviati in “osservazione” per motivi psichiatrici.
Centro Diagnostico Terapeutico (Centro Clinico)
In genere non sono istituti a sé stanti, ma sezioni autonome di Case Circondariali o di Reclusione.
In queste strutture i detenuti sono sottoposti alle cure che non possono essere prestate loro nelle
infermerie delle varie carceri.
Istituto a Custodia Attenuata per il Trattamento dei Tossicodipendenti
Sono istituti nati a partire dalle previsioni contenute nel Testo Unico sugli stupefacenti del 1990. Vi
si svolgono attività per la riabilitazione fisica e psichica dei tossicodipendenti in collaborazione con
Comunità Terapeutiche.
Istituto Penale Minorile (I.P.M.)
Sono istituti adibiti alla detenzione dei minorenni (dai 14 fino ai 21 anni), sia in custodia cautelare,
sia condannati alla pena della reclusione.
Casa di Lavoro
Alla Casa di Lavoro sono assegnate le persone dichiarate “delinquenti abituali, professionali o per
tendenza”, non per scontare una condanna, ma come “misura di sicurezza”. Il regime, in questi
istituti, è di normale detenzione e, spesso, manca pure la possibilità di lavorare.
Colonia Agricola
Alla Colonia Agricola sono assegnate le persone dichiarate “delinquenti abituali, professionali o per
tendenza”, una volta che abbiano scontato la pena alla reclusione.
Casa di Cura e Custodia
In questi istituti sono “ricoverati” (una volta scontata la condanna), per un periodo minimo di un
anno, i condannati che hanno usufruito di una diminuzione della pena a causa di una parziale
infermità mentale.
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Normativa e organi giudiziari che interessano il sistema carcerario
Ordinamento Penitenziario
(Legge 26 luglio 1975, n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure
privative e limitative della libertà”)
È la legge di riforma penitenziaria, intervenuta a modificare un regolamento che risaliva al 1931.
Introduce il principio della rieducazione del condannato, in linea con l’articolo 27 della Costituzione.
Oggi, a oltre 25 anni dalla nascita, questa legge denuncia inevitabilmente delle carenze.
Regolamento Penitenziario
(D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230: “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e
sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”)
Introdotto nel settembre 2000, prevede diverse modifiche organizzative e anche strutturali per gli
istituti di pena.
Testo Unico sugli stupefacenti
(D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309: “Testo Unico della legge in materia di disciplina degli stupefacenti e
sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”)
Questa legge ha modificato una normativa che risaliva al 1975, aggravando di molto le sanzioni
previste per il possesso e la cessione delle sostanze stupefacenti. Le condanne possono arrivare
fino ai 30 anni, nei casi più gravi.
Testo Unico sull’Immigrazione
(Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286: “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”)
Un Testo che riforma la cosiddetta “Legge Martelli”, rimasta in vigore dal 1991 al ‘98. La normativa
contiene luci ed ombre e, comunque, la sua entrata in vigore non ha prodotto sostanziali
cambiamenti nella presenza numerica degli immigrati nelle carceri italiane, da alcuni anni attestata
intorno al 30% della popolazione detenuta, ma che in realtà particolari, quali la Casa Circondariale
di Padova, supera il 90%. Ultimamente è stato modificato dalla Legge 189/2002 (Bossi-Fini), che,
tra le altre cose, ha introdotto l’espulsione come misura alternativa alla detenzione per le pene
inferiori ai due anni.
Legge Smuraglia
(Legge 22 giugno 2000 n. 193, “Norme per favorire l’attivita’ lavorativa dei detenuti”)
Questa legge prevede degli sgravi fiscali per le imprese che assumono i detenuti(sia all’interno
degli Istituti di pena, sia ammessi al lavoro esterno) e gli ex detenuti (nei sei mesi successivi alla
scarcerazione).
Legge Finocchiaro
(Legge 8 marzo 2001, n. 40, “Misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute
e figli minori”)
Legge che prevede la possibilità di ammettere alla detenzione domiciliare “speciale” le madri (e
anche il padre, in assenza della madre) di bambini di età inferiore ai 10 anni, dopo che hanno
scontato almeno un terzo della pena, o 15 anni in caso di ergastolo.
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Legge Gozzini
(Legge 10 ottobre 1986, n. 663, “Modifiche alla legge sull’ordinamento penitenziario e sulla
esecuzione delle misure privative e limitative della liberta”)
Legge che ha ampliato i benefici e le misure alternative previste dalla Riforma Penitenziaria del
1975. Nel 1991-92 sono intervenuti dei provvedimenti di contrasto alla criminalità organizzata che
poi, di fatto, hanno causato una restrizione delle possibilità d’accesso ai benefici per la maggior
parte dei condannati.
Legge Simeone - Saraceni
(Legge n. 165/1998: affidamento in prova ai Servizi Sociali)
Varata nel 1998, al termine di un lungo iter parlamentare, consente ai condannati che hanno una
pena o un residuo pena inferiore ai tre anni di poter essere ammessi all’affidamento in prova ai
servizi sociali, senza dover entrare in carcere (se sono in possesso di determinati requisiti: una
casa, un lavoro, etc.). Il limite di pena per poter essere ammessi, per i condannati
tossicodipendenti, anche in questo caso, è di quattro anni.
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I benefici e le misure alternative alla detenzione
Tribunale di Sorveglianza
È composto di tre giudici e inoltre si avvale del contributo di “esperti” (assistenti sociali, psicologi,
etc.). Decide in merito alla concessione e alla revoca delle misure alternative alla detenzione.
Insegnanti e operatori della formazione professionale forniscono stimoli per l’acquisizione o la
valorizzazione di requisiti utili per il reinserimento sociale.
Magistrato di Sorveglianza
È il magistrato che controlla il corretto svolgimento delle attività interne alle carceri e nella
cosiddetta “area penale esterna”. Ha competenza sulla concessione dei permessi di necessità, dei
permessi premio e dei giorni di liberazione anticipata (sconto di pena per buona condotta).
“Articolo 21”
Articolo 21 dell’Ordinamento Penitenziario. Si chiama anche “lavoro esterno”, perché prevede la
possibilità che i detenuti escano dal carcere per lavorare, o studiare. È la misura alternativa alla
detenzione i cui “termini” maturano più in fretta. Viene concessa dal Direttore dell’Istituto e
approvata dal Magistrato di Sorveglianza.
Affidamento in prova ai servizi sociali
Misura alternativa alla detenzione alla quale possono essere ammessi i condannati con una pena (o
un residuo di pena) inferiore ai tre anni (inferiore ai quattro anni quando si tratta di
tossicodipendenti o alcooldipendenti).
Arresti domiciliari
Misura cautelare alla quale possono essere sottoposti gli indagati e gli imputati. Rappresenta una
forma di controllo più blando rispetto alla carcerazione preventiva e, comunque, non può
prolungarsi oltre certi termini, commisurati alla gravità del reato contestato.
Arresti domiciliari ospedalieri
Misura cautelare simile agli arresti domiciliari alla quale possono essere assegnate le persone in
condizioni di salute tali da richiederne il ricovero.
Detenzione domiciliare
Misura alternativa alla detenzione alla quale possono essere ammessi i condannati con una pena (o
un residuo di pena) inferiore ai due anni e, in caso di particolari necessità famigliari, di lavoro, etc.,
i condannati con pena inferiore ai quattro anni.
Detenzione domiciliare speciale (v. Legge Finocchiaro).
Misura alternativa alla detenzione prevista dalla Legge Finocchiaro che prevede la detenzione
domiciliare “speciale” per le madri (e anche il padre, in assenza della madre) di bambini di età
inferiore ai 10 anni, dopo che hanno scontato almeno un terzo della pena, o 15 anni in caso di
ergastolo.
Liberazione anticipata (buona condotta)
È uno sconto di pena, pari a 45 giorni ogni semestre di condanna espiata, concesso ai detenuti
quale riconoscimento della “buona condotta” mantenuta. Può essere concesso anche a chi sconta
la pena in semilibertà o in detenzione domiciliare o in affidamento ai servizi sociali.
Liberazione condizionale
Può essere ammesso alla liberazione condizionale il condannato che ha scontato almeno metà
della pena inflitta (e almeno trenta mesi), quando la pena residua non supera i cinque anni. Chi è
ammesso alla liberazione condizionale trascorre in “libertà vigilata” tutto il periodo di pena che gli
rimane da scontare. Se rispetta gli obblighi della libertà vigilata la pena si estingue al termine di
questo periodo.
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Libertà controllata
È una sanzione sostitutiva che viene inflitta quando il reato addebitato risulta essere di modesta
entità, oppure deriva dalla conversione di una multa non pagata.
Libertà vigilata
Si tratta di una misura di sicurezza che viene sempre imposta, dopo la scarcerazione, ai condannati
a pene detentive superiori ai dieci anni. Viene imposta anche ai detenuti in permesso e in licenza.
Può essere imposta anche ai condannati recidivi e a persone incensurate segnalate all’autorità di
Pubblica Sicurezza. La libertà vigilata comporta il rispetto delle prescrizioni stabilite dall’autorità di
Pubblica Sicurezza.
Licenza
Le licenze possono essere concesse ai condannati ammessi alla semilibertà, oppure agli internati
negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. I semiliberi possono avere, al massimo, 45 giorni di licenza
ogni anno. Gli internati possono avere 45 giorni di licenza ogni anno e, inoltre, una licenza nei sei
mesi precedenti alla scadenza fissata per il riesame della pericolosità sociale.
Permesso di necessità
Può essere concesso ai detenuti (imputati o condannati) per motivi familiari di particolare gravità,
ad esempio per far visita a parenti ammalati.
Permesso premio
Può essere concesso ai detenuti condannati, dopo che hanno scontato una parte della pena (un
quarto, o metà, a seconda della gravità del reato e in ogni caso non oltre i dieci anni di
reclusione), per coltivare interessi familiari, culturali o di lavoro. Ogni anno si possono trascorrere,
al massimo, 45 giorni in permesso premio.
Rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena
L’esecuzione della pena detentiva è rinviata quando deve aver luogo nei confronti di una donna
incinta, o che ha partorito da meno di sei mesi. È rinviata anche quando a carico di un malato di
AIDS le cui condizioni di salute siano incompatibili con il carcere.
Rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena
L’esecuzione della pena detentiva può essere rinviata quanto deve aver luogo contro una donna
che ha partorito da più di sei mesi ma meno di tre anni. Può essere rinviata anche quando a carico
di una persona in condizioni di grave infermità fisica, oppure se è stata presentata domanda di
grazia.
Semilibertà
Misura alternativa che consiste nel trascorrere il giorno fuori dal carcere (per lavorare e curare le
relazioni famigliari e sociali) e la notte dentro al carcere. Possono ottenerla i condannati che
abbiano scontato almeno metà della pena (i due terzi, se detenuti per reati gravi).
Sospensione condizionale della pena
Può essere concessa, nel momento della prima condanna, quando la pena non supera il limite dei
due anni. Se nei cinque anni successivi non subentrano nuove condanne la pena si estingue, in
caso contrario va a sommarsi a quella nuova.
Sospensione di pena in attesa dell’affidamento
Può essere concessa, a coloro che hanno inoltrato richiesta di ammissione all’affidamento, se il
protrarsi dello stato di detenzione comporta un “grave pregiudizio” per la situazione personale o
familiare del condannato.
Amnistia
L’amnistia estingue il reato al quale si applica, quindi determina l’interruzione dei processi in corso
per questo tipo di reato, in qualsiasi grado si trovino ad essere. Se la condanna è già definitiva si
ha una “amnistia impropria” e, comunque, l’estinzione del reato rende irrevocabile il
provvedimento in amnistia.
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Indulto (o condono)
L’indulto condona, in tutto o in parte, la pena definitiva. Il provvedimento può essere revocato se
chi ne ha goduto commette un nuovo reato, punito con una pena superiore ai due anni, nel
quinquennio successivo.
Grazia
Anche la grazia, come l’indulto, condona la pena definitiva, oppure la trasforma in una pena di tipo
diverso. La differenza è che la grazia è a carattere individuale, mentre l’indulto riguarda tutti i
condannati per il tipo di reato condonato. Viene concessa dal Presidente della Repubblica.
Indultino (Legge 207/2003)
Sospensione condizionata dell’esecuzione della pena nel limite massimo di due anni. Si applica
soltanto ai condannati con pena “definitiva” prima dell’entrata in vigore della legge (agosto 2003) e
non responsabili di reati gravi.
Altri termini di uso comune in carcere
“4 bis”
Articolo 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario. Norma introdotta nel 1991, che rende più difficile
l’accesso ai benefici e alle misure alternative alla detenzione, previsti dalla legge penitenziaria, per
chi è condannato per reati gravi (rapina, estorsione, omicidio, traffico di droga) e lo impedisce a
chi è condannato per reati associativi (sequestro di persona, associazione finalizzata al traffico di
droga, associazione mafiosa).
“41 bis”
Articolo 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario. Regime di sospensione delle regole di trattamento
previste dall’Ordinamento Penitenziario. Conosciuto anche come “carcere duro”. Introdotto nel
1992, per contrastare la criminalità mafiosa, doveva rimanere in vigore fino al 1995 ma nel 2003 è
stato reso definitivo. Può essere applicato a tutti i condannati per reati inclusi nell’articolo 4 bis, se
vi sono “motivi di sicurezza” che lo richiedano.
“416 bis”
Articolo 416 bis del Codice Penale, che punisce il reato di associazione a delinquere di stampo
mafioso. Preclude l’accesso a tutti i benefici e le misure alternative, tranne nel caso che il
condannato collabori con la giustizia oppure che la sua collaborazione sia impossibile perché tutti i
fatti sono già stati accertati.
Alta Sicurezza (A.S.)
È una sezione del carcere in cui sono riuniti tutti i condannati per reati di tipo associativo (mafia,
traffico di droga, etc.), che sono sottoposti ad una sorveglianza più stretta rispetto ai detenuti
comuni.
Area penale esterna
Indica il complesso delle persone ammesse alle misure alternative alla detenzione, al lavoro
esterno ed ai benefici “extramurari”, ma anche le attività che queste persone svolgono, che sono
comunque modi di espiazione della pena.
Attività extramurale
È l’attività che i condannati possono svolgere all’esterno del carcere: i permessi premio, il lavoro
esterno, la semilibertà, etc.
Attività intramurale
È l’attività (scolastica, lavorativa, culturale, sportiva) che si svolge all’interno del carcere con
finalità di risocializzazione dei detenuti
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Attività trattamentale
Comprende sia l’attività intramurale sia quella extramurale (benefici e misure alternative) in un
progetto complessivo di rieducazione e risocializzazione.
Continuato
Questo è un provvedimento giuridico che consente di avere diminuzioni di pena, anche
sostanziose, nel caso in cui si siano commessi più reati della stessa natura in un arco di tempo
ristretto (ad esempio, il caso del tossicodipendente che rubava ogni giorno per comperarsi la
droga).
Cumulo
Il cumulo giuridico delle pene, invece, comporta la somma matematica di tutte le singole
condanne: chi ha compiuto, ad esempio, venti furti di modesta entità, giudicati in processi
separati, può ritrovarsi con una pena complessiva di 20 o 30 anni.
Essere nei termini
Significa aver scontato una parte sufficiente della pena per poter accedere ai benefici e alle misure
alternative della detenzione.
Misure alternative
Le misure alternative alla detenzione, introdotte dalla Riforma Penitenziaria del 1975 e da altri
provvedimenti successivi, sono: la semilibertà, l’affidamento in prova ai servizi sociali, la
detenzione domiciliare.
Rapporto
È un rilievo disciplinare a carico dei detenuti, di solito contestato da un agente. Produce l’avvio di
un procedimento disciplinare che può sfociare in una sanzione, tipo il richiamo o l’isolamento.
Inoltre il rilievo disciplinare comporta la mancata concessione dello sconto di pena per la buona
condotta. Le infrazioni più lievi (sanzionate dal richiamo) vengono giudicate dal Direttore, quelle
più gravi (sanzionate con l’isolamento) vengono giudicate dal Consiglio di disciplina, composto da
Direttore, Educatore e Medico.
Sintesi
È una sorta di parola magica per i detenuti. Si tratta di una relazione che nasce dall’acquisizione di
dati giudiziari e penitenziari, comportamentali, clinici, psicologici e sociali e che tende alla loro
valutazione con riferimento al modo in cui la persona ha vissuto le sue esperienze e alla sua
disponibilità a usufruire degli elementi del trattamento. Contiene anche un’indicazione su quello
che potrà essere il prosieguo del percorso detentivo (eventualmente anche in misura alternativa).
Viene stilata da un’equipe, presieduta dal direttore, che comprende educatore, assistente sociale,
psicologo, agenti di polizia penitenziaria.
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